Il cancro e la sua storia
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Il cancro e la sua storia
Oncologia Il cancro e la sua storia Il male del secolo attraverso i secoli. a cura del Prof. Mario Belli - Presidente Lega Tumori Avellino La Medicina, nel suo primo sorgere, era teurgia-sacrale, era una prerogativa della casta sacerdotale e si praticavanei templi-scuola dedicati alle divinità guaritrici. Le malattie, sin dalle epoche più remote, si ritenevano una sorta di punizione inflitta dagli dei agli uomini. Per tale motivo gli ammalati erano affidati ai sacerdoti, perché questi ultimi si trovavano a più diretto contatto con le divinità considerate, al tempo stesso, patogene e guaritrici. Nel tempio-scuola di Cndo, ma soprattutto in quello di Cos, la medicina si emancipò, abbandonò il crudo empirismo e divenne più razionale. Le malattie non furono più considerate le manifestazioni dell’attività punitrice divina, ma la conseguenza di alterazioni delle leggi della natura, spiegabili con la razionalità dell’intelletto. II concetto teurgico-sacrale delle malattie non riusciva più a soddisfare quel desiderio e quel bisogno di conoscere che animava l’uomo, il quale voleva spiegarsi il perché di tutte le cose che cadevano sotto la sua osservazione, emancipandosi dalla fede che gli era imposta. Nacque l’amore per il sapere, si iniziò a delineare un nuovo atteggiamento del pensiero che poi sarà definito filosofia. Il filosofo doveva conoscere tutto quello che era compreso nella cerchia dei suoi sensi; egli era, al tempo stesso, matematico, Ippocrate 28 www.salutare.info fisico, astronomo, biologo e anche medico, quando il suo pensare era rivolto all’interpretazione dell’origine fisica e non divina delle malattie. Nella scuola di Cos, per merito di Ippocrate, i sacerdoti lasciarono definitivamente il tempio per far posto ai filosofi della natura che, avendo come oggetto delle loro meditazioni l’uomo ammalato e le malattie, divennero medici. Al semplice curatore inconsapevole subentrò il medico, questi, al pari dei filosofi, cercava anche lui un “αρκέ” che era quella della malattia, della sua origine e della sua evoluzione. Ai tanti perché il medico rispondeva con la ratio, ossia percorrendo quella strada che poi Aristotele indicherà con il termine: “ιογος”. Ippocrate di Cos (460-370 a.C.) sostenne, per primo, l’origine fisica e non divina della malattie e formulò la teoria umorale, che costituì la base della sua patologia e risentì dell’influsso della più antica concezione medica indiana e del pensiero alcmeoniano ed empedocleo. Il fondamento della medicina ippocratica era moralistico; la salute dell’uomo «crasi» derivava da un’armonica mescolanza tra i quattro umori: il sangue, che veniva dal cuore, la flegma o pituita, che originava nel cervello, la bile gialla e la bile nera che provenivano rispettivamente, dal fegato e dalla milza. Quando per l’intervento di particolari fattori l’equilibrio tra gli umori si rompeva e un umore tendeva a prevalere sugli altri si aveva la «discrasia», ossia lo stato di malattia. Ippocrate non deve essere considerato solo il padre della medicina, ma anche colui che tenne a battesimo l’oncologia. Egli utilizzò, per primo, il termine “καρκίνοµα” (carcinoma) per definire un tumore maligno. Καρκίνοµα deriva dal greco “καρκίνος” che significava granchio. La similitudine ippocratica con il granchio è poco comprensibile, forse dipendeva dall’aspetto del cancro costituito da una massa principale che corrispondeva al corpo dell’animale e da delle infiltrazioni neoplastiche che si sviluppavano a raggiera intorno ad essa, paragonate alle chele del granchio. Questa interpretazione, tuttavia, poteva reggere solo su delle basi anatomo-patologiche, che non possedevano né Ippocrate, né la Aristotele sua scuola. È molto verosimile che il paragone si basava soprattutto sul decorso e sull’esito della malattia, in quanto il cancro, al pari del granchio divorava i tessuti e li attanagliava in una morsa inesorabile. Non deve essere sottovalutata la somiglianza esistente tra i dolori acuti e terebranti che affligevano gli ammalati di cancro e quelli lamentati dai cercatori di granchi, morsi da questi animali. Ippocrate, negli aforismi, descrisse il καρκίνοµα o cancro ulcerato, lo “σκιρρος” (scirro), che era un cancro duro e infiltrato e “κρυπτος”, un cancro occulto e profondo. Egli sostenne che i tumori maligni erano provocati da un eccessivo accumulo, nei tessuti, di bile nera (atrabilis). La teoria morale del cancro, ribadita sette secoli più tardi da Galeno, fu seguita per lungo tempo sino all’epoca rinascimentale. Ippocrate consigliava, per il trattamento dei tumori esterni non ulcerati, il ricorso alle sostanze emollienti (grasso d’oca, miele, etc.), mentre suggeriva il ricorso alla cauterizzazione e all’applicazione di sostanze caustiche per la terapia dei cancri ulcerati, infine, per i tumori occulti sconsigliò qualsiasi cura, come egli stesso scriveva: «nei cancri occulti occorre non praticare alcuna terapia, perchè trattati con le medicine i pazienti muoiono più presto, mentre potranno vivere più a lungo, non adoperando alcun rimedio» (Aforismi, VI-38).