Appunti dal libro “Promuovere salute nell`era della globalizzazione
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Appunti dal libro “Promuovere salute nell`era della globalizzazione
Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. Appunti dal libro “Promuovere salute nell'era della globalizzazione” di Patrizia Lemma. Capitolo 1: promuovere salute tra significato e senso. Il progresso delle scienze è garantito dall'alternarsi di periodi in cui si segue un paradigma e periodi in cui questo è messo in crisi. Le discipline che si occupano di salute negli anni '70 entrano in una fase di cambiamento, ovvero non si guarda più solo alla malattia e alla sua cura ma si comincia a parlare di promozione della salute. Questa espressione viene coniata nel 1974 dal ministro della salute e dell'assistenza del governo canadese nel suo rapporto, il rapporto Lalonde, dove sottolinea come all'aumentare dei fondi forniti ai servizi sanitari per la cura delle malattie non vi sia stato un sostanziale aumento dei livelli di salute. Si decide così di estendere l'intervento al complesso dei fattori che influenzano la malattia, di investire dunque nella promozione della salute. Si comincia a parlare di campi della salute, ovvero campi dalla cui reciproca influenza dipendono il persistere della salute o l'insorgere della malattia (fattori biologici, influenze ambientali, stili di vita individuali e capacità di risposta dei servizi sanitari). Per capire l'importanza del rapporto Lalonde bisogna pensare al momento storico nel quale è stato redatto, con esso infatti si rendeva manifesta la crisi dell'egemonia culturale della medicina clinica sulle altre discipline. La salute all'epoca era concepita come assenza di malattia, quest'ultima veniva curata per lo più considerando solo le cause biologiche, si seguiva il paradigma bio-medico della salute. Alla fine degli anni '70 si dimostra come i cambiamenti avvenuti nelle condizioni igieniche, nell'alimentazione e nel mutato assetto urbanistico abbiano avuto un importanza fondamentale nella riduzione della mortalità prima ancora della scoperta delle terapie. Mckeown nel suo testo “Il ruolo della medicina: sogno, miraggio o Nemesi?” (1976) descrive il forte declino osservato nella mortalità nel corso di quegli anni e lo associa ad alcuni aspetti che ne hanno condizionato l'andamento come per esempio l'incremento della vita media, dovuto alla diminuita probabilità di morire nei primi decenni della vita e alla diminuzione della mortalità negli anziani; oppure la riduzione della mortalità per malattie infettive. Proprio su quest'ultimo aspetto si è potuto sottolineare il ruolo secondario della terapia medica; infatti quando la medicina arriva ad avere gli strumenti per combattere una patologia il quadro epidemiologico è già mutato. Mckeown sostiene che il 40% della diminuzione della mortalità è dovuto al migliore stato nutrizionale, un altro 40% è ricondotto alle migliori condizioni igienicosanitarie e solo il 20% è attribuito ai trattamenti terapeutici (l'incremento oggi osservato nelle patologie cardiovascolari e tumorali come causa di morte è giustificato dall'invecchiamento della popolazione). Si comincia a sviluppare un nuovo paradigma di riferimento, quello socio-ecologico in cui si aggregano professionalità diverse che non sono più suddite della medicina. Si comprende inoltre che le malattie croniche sono patologie multifattoriali, ovvero le cause delle malattie vengono individuate in quei fattori la cui distribuzione si dimostra associata all'aumentare della presenza della patologia, si arriva così a parlare di fattori di rischio e di complesso causale sufficiente (= insieme di fattori che sono in grado di produrre la malattia). In questo momento nasce l'epidemiologia che studia la distribuzione delle patologie nella popolazione e i fattori che la determinano; diventa così possibile descrivere la storia naturale di alcune patologie. L'epidemiologia mostra come le differenze nella distribuzione delle patologie siano correlate con la mortalità all'interno delle classi sociali; il rapporto Black è il primo che descrive le differenze di salute esistenti tra le classi sociali. Queste differenze non sono una condanna biologicamente determinata ma una caratteristica delle nostre società; si stima che annullando le differenze di mortalità tra le classi sociali si otterrebbe in Italia per le patologie tumorali del sesso maschile una riduzione della mortalità del 24%. Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità con la dichiarazione di Alma Alta prima e poi con la Carta di Ottawa 1 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. comincia ad usare l'espressione “promozione della salute” affiancandola all'obiettivo della cura. Si auspica dunque ad una nuova sanità pubblica in cui lavorino diversi professionisti e nel quale al tradizionale obiettivo di prevenzione delle malattie si affiancano quelli dell'equità e dello sviluppo sostenibile. La branca della medicina che fin'ora aveva studiato l'influenza dei fattori ambientali sulla salute umana era quella dei medici igienisti che vengono a questo punto accusati di non ammettere che delle ricadute dei problemi ambientali e urbanistici se ne possono occupare anche dei professionisti al di fuori dell'area medica. Il rapporto Lalonde è considerato il documento che ha introdotto gli stili di vita all'interno delle discussioni tra malattia e salute, inizialmente però questo obiettivo era considerato come perseguibile solo dal medico che deteneva il sapere, vi era la convinzione che con interventi di tipo informativo il soggetto adulto sarebbe stato in grado di agire nel modo più favorevole alla sua salute modificando i comportamenti dannosi. Questo tipo di azione si basa sul presupposto che i comportamenti a rischio sono frutto di libere scelte, per questo si parla di stili di vita; si tratta invece di condizioni del vivere ovvero i comportamenti adottati dai soggetti sono atti a libertà vincolata poiché in gran parte sono condizionati dalle condizioni economiche, sociali e culturali in cui il soggetto vive. Nell'approccio socio-ecologico si incentra l'attenzione sul reale accesso agli elementi necessari a condurre i comportamenti positivi alla salute, si cerca di lavorare per modificare gli ambienti in modo da rendere più facili le scelte positive per la salute (carta di Ottawa), lo stesso rapporto Black sostiene come il livello e le risorse ambientali differenti sono in grado di spiegare le differenze di mortalità tra le classi sociali. Si apre così la prospettiva di interventi di tipo educativo e psicosociale. Nei tradizionali interventi di prevenzione un grande ruolo giocava la responsabilità individuale, nel caso della salute essa si esplicava nel seguire ciò che veniva raccomandato e nell'evitare ciò che era considerato come rischioso. Nell'approccio preventivo si parte dal presupposto che il soggetto adulto sia in grado di fare scelte corrette e che egli sia libero di compiere atti “pericolosi”, dunque la responsabilità individuale viene usata come strategia per ottenere i risultati voluti. Nell'approccio socio-ecologico si considera la possibilità che i soggetti non vivano nelle condizioni ambientali che li rendano liberi di scegliere, in esso si tende a ignorare il concetto di responsabilità individuale. Nell'approccio educativo invece la scelta volontaria e la partecipazione dei soggetti al processo di cambiamento è un obiettivo che da solo giustifica l'azione, in questo caso la responsabilità individuale si pone come obiettivo dell'intervento. Guttman riflettendo sul diverso utilizzo della responsabilità individuale individua 4 tipologie di interventi: – Ambientale, corrisponde all'approccio socio-ecologico, non si usa la responsabilità individuale né come obiettivo né come strategia e si propone di costruire un ambiente che conduca i soggetti all'assunzione di comportamenti utili alla salute. In questo caso è la società che si assume il compito di proteggere i soggetti spesso decidendo con scarsa partecipazione della popolazione. – Strumentale, esso usa la responsabilità individuale come strategia ed è usato più comunemente nella relazione tra medico e paziente, oppure nel campo della pubblicità. Il messaggio ha un carattere assoluto e presenta il comportamento individuale come una condizione sufficiente a causare il danno. – Invocativo, la responsabilità individuale diventa l'obiettivo dell'intervento, per ottenere le modifiche dei comportamenti si individuano azioni sul campo educativo, dunque gli interventi saranno volti al supporto delle capacità di discussione dei soggetti. – Deliberativo, la responsabilità individuale è sia obiettivo sia strategia, forte enfasi posta sullo sviluppo della coscienza critica dei soggetti adulti. 2 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. L'espressione promozione della salute ha diverse definizioni; nell'area culturale ovvero la più prossima all'area medica, questa è spesso usata come sinonimo di educazione sanitaria o educazione della salute. Green e Kreuter Educazione alla salute Promozione alla salute Insieme di interventi che, combinando diverse esperienze di apprendimento, sono progettati per facilitare le azioni volontarie che possono condurre i soggetti adulti verso una migliore salute. Interventi ambientali ed educativi progettati allo scopo di condurre un soggetto adulto o una comunità ad un migliore livello di salute, dunque azioni di tipo sociale, politico, economico... Organizzazione Mondiale della Sanità Insieme delle azioni volte non solo ad aumentare le capacità degli individui ma anche ad avviare cambiamenti sociali, ambientali ed economici in modo da aumentare realmente le capacità di controllo sulla distribuzione dei determinanti della salute. Dizionario Processo che attraverso la mobilitazione delle risorse umane e materiali mette gli individui e la comunità in grado di proteggere la propria salute. Il ruolo dei professionisti in questo caso è di garantire l'accesso alle informazioni e di definire interventi ambientali in grado di sostenere tutti gli strati della comunità nei loro processi di scelta che dovranno essere favorevoli alla salute. Il ruolo dell'educazione diventa importantissimo poiché senza di questo la promozione alla salute si riduce ad un impresa di manipolazione sociale. Tones e Tilford hanno proposto una formula per rappresentare il rapporto tra educazione e promozione della salute: Promuovere salute = Educare alla salute x Applicazione di politiche pubbliche favorevoli alla salute Si sono individuate 3 aree che si occupano di promozione della salute, esse però non lavorano ancora come se perseguissero lo stesso obiettivo anche perché le discipline mediche si sono rifiutate per molto tempo di confrontarsi con le altre discipline sui metodi e gli strumenti da utilizzare nell'educazione e nella promozione della salute. Una nota rappresentazione grafica si propone di delineare i rapporti tra educazione alla salute, prevenzione e tutela della salute. 3 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. La prevenzione si occupa di individuare precocemente i casi o i probabili casi non sintomatici; • L'educazione alla salute si propone di aumentare le capacità dei soggetti di procedere verso migliori livelli di benessere; • La tutela alla salute si occupa invece di creare ambienti favorevoli alla salute. L'obiettivo proposto da questa rappresentazione è quella della collaborazione tra queste aree in modo da attivare le aree di sovrapposizione, questa proposta però è creata da una visione semplicistica della realtà poiché ognuna di queste aree poggia su fondamenti filosofici ed etici differenti. Infatti chi lavora nell'area della prevenzione ha come interesse fondamentale una società in cui i livelli di morbosità e mortalità siano i più bassi possibili, inoltre la loro tradizione filosofica è di tipo realista, l'uomo è un oggetto biologico. Coloro che operano nell'area della tutela della salute perseguiranno l'obiettivo del riconoscimento del diritto per tutti di accedere alle opportunità utili alla salute, la visione dell'uomo in questo ambito si estende agli aspetti del mentale e dell'interazione con l'ambiente sociale. Nell'area dell'educazione l'obiettivo si sposta sul pieno sviluppo del potenziale di ciascuno con alla base una concezione di uomo che è il prodotto di una sintesi biologica, psicosociale ma anche sostenuta dall'Io. In questa situazione è chiaro come il fatto di far prevalere l'attenzione su di un aspetto rispetto ad un altro sposti il quadro dei criteri di base in cui si stabiliscono le priorità. La riflessione a proposito della promozione della salute è una questione ancora aperta, sarebbe opportuno superare le divisioni disciplinari per poter riflettere su cosa sia la salute, quali siano i fattori che la determinano e cosa sia possibile fare per promuoverla. Anche il concetto stesso di salute si è modificato nell'ultimo secolo, infatti nel 1948 l'Organizzazione Mondiale della Sanità passa da una visione in negativo ad una in positivo: salute come uno stato di completo benessere fisico, psicologico e sociale. Questa definizione però descrive uno stato ideale che non può essere una condizione raggiungibile. Antonovsky ripropone così il continuum presente tra salute e malattia, il concetto di completo benessere è in questo modo sostituito da quello di equilibrio, infatti la salute è vista come la condizione di miglior equilibrio possibile (questo pensiero è rappresentato da due linee che si incrociano). Se si interrogano delle persone sul concetto di salute si otterranno 3 diverse tipologie di definizioni: – Salute nel vuoto, centrata sull'aspetto biologico. – Salute come riserva, si prendono in considerazione le diverse risorse di cui abbiamo bisogno, avere molte risorse diversificate vuol dire avere una riserva di salute. – Salute come equilibrio, ci si sente in equilibrio quando ci si sente in grado di fare ciò che dobbiamo e che si ritiene ci si aspetti da noi. L'Organizzazione Mondiale della Sanità parla in seguito a queste 3 definizioni della salute come della condizione in cui un soggetto è in grado di realizzare le proprie aspirazioni, soddisfare i bisogni e tenere testa con successo alle situazioni ambientali. Si comincia così a riflettere sul concetto di salutogenesi ovvero l'identificare fattori e delineare percorsi utili alla produzione della salute (il contrario della patogenesi). Antonovsky in questo frangente introduce poi il senso di coerenza come fattore che promuove il muoversi nella direzione della salute, esso fa vedere il mondo come comprensibile e governabile e ciò che lo costituisce sono le esperienze legate alla partecipazione alle decisioni all'interno del proprio ambiente sociale. Seedhouse riprende il concetto di risorse necessarie alla produzione di salute; secondo lui il livello di salute che una persona ha dipende dal grado con cui alcune condizioni si realizzano nella pratica, queste condizioni si compongono di 4 blocchi: 1. Necessità della risoluzione dei bisogni fondamentali. 2. Bisogno di accedere a tutte le informazioni che possono influenzare la propria vita. 3. Essere in grado di comprendere che le informazioni di cui si è in possesso possano essere strumenti per prendere decisioni ragionate. • 4 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. 4. Avere consapevolezza dei doveri che comporta il vivere in una comunità. In quest'ottica lavorare per la salute vuol dire rimuovere gli ostacoli che si contrappongono alla crescita del potenziale umano e rendere disponibili gli elementi fondamentali. Gli studi a proposito di salutogenesi sono pochi e poco si è riflettuto sui suoi determinanti. La carta di Ottawa. Il 21 novembre 1986 c'è stata la prima conferenza internazionale sulla promozione della salute; con la carta di Ottawa si decreta che l'incremento dei livelli di salute di una comunità non dipende solo dalle cure mediche ma che esso deve coinvolgere diversi professionisti. Si definisce che la promozione della salute è il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e di migliorarla. Sono 3 le azioni essenziali per poter promuovere salute: – Advocating: sostegno alle popolazioni perché riescano ad affermare il loro diritto alla salute. – Enabling: fornire agli individui i mezzi materiali, le conoscenze e le capacità per controllare e migliorare la propria salute, assicurando a tutti pari opportunità e risorse. – Mediate: mediare tra i diversi interessi della società al fine di raggiungere più elevati livelli di salute. Nella carta di Ottawa compaiono anche 5 attività strategiche che è necessario svolgere per poter condurre le azioni essenziali: • Costruire una politica pubblica per la salute, ovvero portare la salute pubblica all'ordine del giorno dei decisori politici di ogni settore. • Creare ambienti che favoriscano salute, ovvero ambienti in cui le scelte più facili siano quelle salutari. • Rafforzare l'azione della comunità, ovvero operare concretamente all'interno della comunità per raggiungere un migliore livello di salute. • Sviluppare le capacità personali, ovvero sostenere lo sviluppo individuale. • Riorientare i servizi sanitari. Capitolo 2: Quando il fattore di rischio è un comportamento. Esistono due culture che si approcciano in modo differente al problema di capire quali sono gli elementi che causano e sostengono, in alcuni soggetti e non in altri, i comportamenti considerati a rischio per la salute: la cultura epidemiologica che affronta il problema creando modelli di osservazione e analisi statistiche sempre più sofisticate per valutare la probabilità di incorrere in un danno esponendosi ad un rischio; e le discipline “psy” che seguono il paradigma realista provano a spiegare i meccanismi che generano quei comportamenti ritenuti rischiosi per la salute attraverso teorie che si susseguono nel tempo. I professionisti di matrice epidemiologica sono quelli che hanno maggiormente contribuito a fare luce sul peso che i comportamenti e le situazioni ambientali avevano sul variare della distribuzione di una malattia, inoltre questo approccio ha consentito la descrizione sia in termini qualitativi sia quantitativi del rischio. I rischi individuati dai professionisti via via che venivano calcolati e resi oggettivi venivano confrontati con le interpretazioni date dai soggetti della popolazione; ogni scostamento tra gli elementi veniva interpretato come una distorta percezione del rischio da parte della popolazione e dunque della sua incapacità di adottare le opportune strategie di protezione individuate dagli esperti. Good descrive ironicamente l'affinità tra medicina e il fondamentalismo religioso, ovvero entrambe si affidano al concetto di “falsa credenza”; infatti spesso i medici sono convinti che educando la gente sui rischi e facendo loro credere le cose giuste il problema si risolverà. I professionisti si sono interessati a questo punto di indagare sulle regole che governano la 5 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. divergenza tra le loro opinioni e quelle dei cittadini, questi studi hanno permesso di affermare che i professionisti valutano un rischio attraverso le stime dei danni che esso può provocare, mentre la popolazione giudica un rischio attraverso diverse categorie come per esempio il suo potenziale catastrofico, l'accettazione di un rischio, l'accettabilità, il beneficio che consegue al correre un rischio oppure la volontarietà all'esposizione. La distorsione della percezione del rischio si può rappresentare graficamente attraverso due assi che si incontrano, il primo rappresenta la capacità di un rischio di creare terrore, l'altro asse rappresenta il carattere sconosciuto delle conseguenze. La massima lontananza tra le opinioni della popolazione e degli esperti la si trova nei quadranti opposti, ovvero ciò che la popolazione teme di più è sovrastimato per gli esperti e ciò che la popolazione invece teme di meno è secondo gli esperti sottostimato. Questa operazione comunque è semplificata poiché tiene conto dei soggetti solo come separati dagli altri e non considera le influenze reciproche. All'interno della cultura psicologica ci si è interrogati sugli elementi che producono il cambiamento dei comportamenti a livello individuale, tra le numerose teorie quella della Health Belief Model (modello delle credenze sulla salute) è quella che ha dominato la scena del settore. Secondo questa teoria la spinta ad assumere un comportamento salutare può derivare da fattori esterni o interni ma l'avvio del processo di cambiamento di un comportamento deriva dal combinarsi della percezione di vulnerabilità dell'individuo e della gravità della malattia da una parte, e dall'altra dalla possibilità di benefici nell'adottare azioni di prevenzione o di cura, sottraendo ad essi le difficoltà che si incontreranno avviando tali azioni. Questa prima versione di tale teoria prevedeva un soggetto che sceglieva razionalmente calcolando paure/benefici, senza avere influenze né dai fattori emotivi né da quelli ambientali. Tuttavia già nel 1957 si era parlato di dissonanza cognitiva, ovvero una teoria per cui un informazione che contrasta con il nostro comportamento se accompagnata dalla paura attiva meccanismi di difesa, per cui la credenza che si viene a creare nel soggetto è il prodotto cognitivo di un emozione negativa. Tale meccanismo della dissonanza cognitiva pare abbia più presa su quei soggetti con “locus esterno” ovvero che ritengono che la vita sia determinata da fattori al di fuori del proprio controllo; al contrario chi ha “locus interno” ritiene che le proprie azioni determinino gli eventi della vita e che questa sia sotto il proprio controllo, per cui hanno una maggiore motivazione ad assumere comportamenti positivi rispetto alla salute. Bandura con il concetto del “reciproco determinismo” riporta l'attenzione sul ruolo che l'ambiente svolgerebbe nel costruire nei soggetti la capacità di condurre un azione; l'adulto secondo questo autore è in grado di autodeterminarsi ma agisce e reagisce in risposta agli stimoli ambientali. Egli elabora la teoria dell'apprendimento sociale, teoria tra le più familiari per chi lavora nel campo della promozione della salute; essa prevede che in tutto l'arco della vita il comportamento è frutto del processo di apprendimento che si realizza in 2 fasi: la prima di esperienza diretta delle conseguenze di un comportamento, la seconda della elaborazione delle informazioni con la memorizzazione complessiva del processo. È proprio l'ultima fase del processo che permette al soggetto di costruirsi un immagine interiore delle conseguenze del proprio agire e che attiva il processo di autoregolazione che spinge a compiere un cambiamento. L'uomo quindi secondo Bandura è alla ricerca di un equilibrio fra il massimo sostegno e la minima sofferenza prodotta dal suo ambiente di riferimento. Un altro concetto introdotto da questo autore è il senso di autoefficacia ovvero la convinzione che la persona adulta si costruisce nel tempo di poter cambiare uno specifico comportamento e di riuscire ad organizzare le azioni necessarie a raggiungere l'obiettivo prefissato. Il comportamento dannoso svolge nella vita del soggetto un ruolo, quindi per favorire il cambiamento bisogna individuare quel ruolo e trovare condizioni meno rischiose per la salute che possano svolgere un ruolo vicario. La teoria dell'azione ragionata introduce un concetto che arricchisce il quadro fin'ora descritto; il proposito di comportamento si organizza attraverso 2 processi: la costruzione delle attitudini, 6 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. ovvero quelle che Bandura definisce come credenze di risultato, e la percezione delle norme sociali, ovvero la valutazione che il soggetto compie intorno alle aspettative da parte delle figure di riferimento. Il proposito sarebbe poi modulato dalla percezione del proprio controllo sul comportamento che s'intende attuare. Prochaska e Di Clemente sostengono che il cambiamento non è un fenomeno del tipo “tutto o niente” ma che il suo sviluppo proceda in una sorta di spirale che può interrompersi oppure cambiare la sua direzione. Secondo questi autori esistono 5 stadi del cambiamento: – pre-intenzione: in questo stadio il cambiamento non è ancora preso in considerazione; il passaggio allo stadio successivo è favorito da eventi che intercorrono nel corso della vita. – contemplazione: è in questo stadio che il cambiamento comincia ad essere preso in considerazione; il passaggio alla stadio successivo è influenzato molto dalla percezione di essere realmente in grado di condurre il cambiamento richiesto. – preparazione: si comincia a pianificare piccoli atti che porteranno al cambiamento; il passaggio allo stadio dell'azione è favorito dalle condizioni ambientali. – azione: questo stadio può iniziare più e più volte e può non portare mai alla fase successiva. – mantenimento (o ricaduta): il mantenimento è una fase agevolata dalle risposte favorevoli ottenute dal proprio corpo ma anche dall'ambiente sociale in cui il soggetto si trova. La propensione all'adozione di un nuovo comportamento si distribuisce all'interno di una comunità seguendo le regole della curva gaussiana: • il 2,5% della popolazione sono coloro che adottano subito il nuovo comportamento, gli “innovatori”; • il 13,5% adotta il cambiamento abbastanza rapidamente, i “disponibili al cambiamento”; • il 34% della popolazione è rappresentata dai “temporeggiatori”; • un altro 34% mostra scetticismo e riluttanza al cambiamento, i “riluttanti al cambiamento”; • il 16% della popolazione è costituita dai “resistenti al cambiamento”. I diversi gruppi di popolazione individuati risponderanno in modo differente alle diverse strategie di intervento, nei gruppi di popolazione meno propensi al cambiamento si dovranno affiancare diversi tipi di azione come le modifiche ambientali, le azioni sui gruppi di riferimento, l'acquisizione di nuove capacità, ecc. Green e Kreuter propongono un modello di pianificazione che ha una fase chiamata “diagnosi” o “valutazione educativa”, in questa fase ogni volta che viene identificato un comportamento come causa di un problema di salute si cerca di individuare quei fattori che dovranno essere modificati per iniziare a sostenere il processo di cambiamento. Essi parlano di: – fattori predisponenti, fattori che precedono l'assunzione di un comportamento, essi costituiscono la motivazione di un singolo individuo o di un gruppo ad agire. Essi includono le dimensioni cognitive e affettive del conoscere, del sentire, del credere, del valutare e dell'avere fiducia nelle proprie capacità di condurre in modo efficacie un azione; – fattori abilitanti, fattori che facilitano e sostengono la motivazione permettendo l'assunzione del comportamento, sono tutte le condizioni presenti nell'ambiente di vita che facilitano o ostacolano la performance di un azione condotta da un individuo o da un gruppo di popolazione. La disponibilità, l'accessibilità, l'economicità di prodotti di consumo non salutari sono importanti fattori abilitanti che producono effetti negativi. Essi includono anche le nuove abilità di cui una persona o una comunità ha bisogno per mettere in pratica un cambiamento di comportamento; – fattori rinforzanti, quei fattori che incentivano e contribuiscono al persistere del comportamento, sono tutte le conseguenze che il soggetto che adotta un comportamento osserva come risposta positiva o negativa dall'ambiente che lo circonda. Si può trattare di 7 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. benefici sociali, benefici fisici, ricompense tangibili, ricompense desiderate o non aspettate. I fattori predisponenti sono in genere sufficienti a dare avvio al comportamento ma in linea di massima senza la possibilità d'usare le risorse che rendono possibile l'azione il comportamento non viene portato a compimento. Una volta però portato a compimento questo porterà a reazioni fisiche oppure emotive o sociali, le ricompense e le soddisfazioni derivate dal comportamento lo consolidano e lo rendono più attraente, in questo modo il fattore rinforzante di oggi diventa il fattore predisponente di domani. L'individuazione dei fattori predisponenti, rinforzanti e abilitanti che determinano un comportamento facilita la scelta della tipologia di intervento di educazione e promozione della salute che può essere usato, anche se per rimuovere del tutto un comportamento è necessario costruire un intervento che agisca su tutti e tre i gruppi di fattori. Negli approcci psicologici visti la visione dell'uomo è quella di un attore razionale che però si arricchisce delle relazioni ambientali e sociali, anche se l'immagine che si desume è comunque quella di un uomo impegnato nella riflessione su di sé. Il concetto di “rischio” ha avuto una sua evoluzione negli anni: nell'epoca premoderna il pericolo era rappresentato da un evento naturale per lo più esterno che aggrediva l'uomo, questo concetto escludeva l'idea dell'errore e della responsabilità umana; con il nascere del concetto di probabilità verso la fine del XVIII secolo, si comincia a pensare che alcuni eventi si verificano con una regolarità che può essere descrivibile; con la statistica e l'epidemiologia si capisce come il rischio diventi un dato oggettivo assolutamente calcolabile. Il rischio sempre più conosciuto e calcolabile comincia ad apparire come maneggevole e si comincia a pensare che le scienze come la medicina detenessero il sapere. Con la globalizzazione crollano tutte le certezze che si erano riposte nelle scienze e tutte le regole di attribuzione e causalità dei rischi si infrangono, in questo modo riemerge il concetto di rischio come d'insicurezza incalcolabile. Oggi le percezioni sul rischio sono determinate dalla posizione degli individui all'interno della società, si sviluppano in questo modo coesione e senso di appartenenza ad un gruppo ma allo stesso tempo aumentano le distanze tra di essi; oggi i singoli attori costruiscono all'interno del proprio contesto socioculturale le proprie interpretazioni del rischio. In questa situazione se si vuole dare informazioni sui rischi ad un determinato gruppo sociale sarà necessario prima conoscere bene il contesto in cui ci si trova per capire come esso recepisce ed elabora le nostre informazioni, sarà perciò utile promuovere lo “sviluppo di comunità”. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha individuato 5 aree che ha definito come fondamentali capacità individuali utili alla vita: • risolvere problemi e prendere decisioni, ovvero la capacità di percorrere piccoli gradini; • possedere pensiero creativo e senso critico, questo contribuisce a risolvere problemi ma anche a rispondere in modo versatile alle situazioni della vita quotidiana e contribuisce al raggiungimento di migliori livelli di salute; • conoscere se stessi e sviluppare l'empatia; • comunicare efficacemente e stringere relazioni interpersonali, questo è di grande importanza per il benessere psicosociale; • gestire l'emotività e lo stress, implica il riconoscimento di noi stessi e l'essere in grado di rispondere nel modo appropriato. Per l'Organizzazione Mondiale della Sanità queste capacità possono essere acquisite dai soggetti soprattutto se giovani. Capitolo 3: Progettare il cambiamento. Per promuovere salute ci si può incentrare sul cambiamento individuale, sulle modifiche ambientali 8 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. e organizzative oppure sulle relazioni favorevoli alla crescita delle potenzialità personali e collettive; in ogni caso si è convinti che il fare sia meglio che il non fare. Il cambiamento comporta un interferire con lo stato della popolazione e necessariamente risponderà a delle scelte che definiranno delle priorità piuttosto che altre; produrre cambiamento è spesso un azione non pianificabile in modo puntuale ed esige un pensiero di tipo strategico. Avere una situazione desiderabile come obiettivo da realizzare vuol dire avviare un processo di programmazione; pensando all'obiettivo da raggiungere s'individueranno le azioni da eseguire per raggiungerlo. Eseguire un cambiamento sui livelli di salute di una popolazione richiede la messa in atto di un programma particolarmente impegnativo che viene attuato dopo un attenta progettazione. Alcune tappe della progettazione tendono ad essere sempre le stesse magari solo in sequenze diverse, ma molte sono le differenze tra un progetto e l'altro. Si inizia con una fase che può essere definita come analisi della realtà, tappa questa che trova diverse definizioni e in cui vengono individuati i problemi di salute e di qualità della vita, i bisogni espressi o rilevati che rappresentano il motivo dell'elaborazione del progetto. Quindi si passa alla tappa dell'analisi dei problemi, dove si discute la possibilità di rimozione del problema attraverso azioni efficaci; si arriva dunque alla fase della definizione degli obiettivi, fase estremamente importante poiché dall'accuratezza con cui viene svolta questa fase dipenderà poi il piano di valutazione dell'intero progetto. Il piano operativo è la fase in cui si individuano le azioni che devono essere compiute per raggiungere gli obiettivi del progetto, è necessario dunque indicare chi farà cosa, come e quando; in questa fase dunque si ripartiranno i compiti e le risorse e i modi di utilizzo di esse. La valutazione è la fase che chiude il ciclo della progettazione. Il progettare in questo modo è un azione di tipo razionale ma progettare non è solo questo, infatti è possibile progettare anche includendo la dimensione ideativa ovvero esplorare con il pensiero i differenti scenari che ci possono portare a raggiungere il nostro obiettivo, in questo caso il principio di razionalità cede il passo ad altro e l'agire diventa “costruire con” dove la riproducibilità e prevedibilità non sono più elementi su cui fondare le scelte d'azione. Stacey afferma che la scelta delle azioni da intraprendere per produrre un cambiamento, dipenda dalla posizione che si crede che la situazione in analisi assuma all'interno di 2 variabili: il grado di certezza e il livello d'accordo. L'asse orizzontale rappresenta la possibilità d'individuare con più o meno certezza, una relazione di causa effetto tra il problema da affrontare e una soluzione ritenuta efficace per quel problema. L'asse verticale rappresenta il livello di accordo all'interno del gruppo di lavoro intorno agli obiettivi di cambiamento che si vogliono perseguire. Nel caso ci si trovi ad affrontare problemi intorno al quale c'è accordo tra gli attori coinvolti e un buon grado di certezza sulla relazione tra cause ed effetti allora si tratterà di un area in cui è relativamente semplice operare, nel caso di problemi di salute in questi casi ci si affida all'epidemiologia poiché questa definisce e misura il ruolo dei fattori di rischio e individua interventi efficaci e replicabili. Quest'area “semplice” è però solo una piccola parte dello spazio nel quale si possono situare le diverse situazioni affrontate con azioni di promozione alla salute, per esempio esistono aree “complicate” in cui o vi è poco accordo oppure un minore grado di certezza, in questo caso è utile saper negoziare e saper interagire con i diversi attori sociali. Esiste poi una vasta area definita “complessa” in cui si trovano la maggior parte dei problemi individuati in questo campo. Complesso è inteso come “tessuto insieme” dunque come qualcosa in cui i diversi elementi sono inseparabili e interdipendenti, in questo caso l'attenzione si sposta dai singoli elementi al suo complesso e alle sue diverse relazioni fra gli elementi umani e strutturali. È normale che quanto più ci si addentra nell'area del complesso tanto più sarà necessario lasciare spazio all'imprevedibile; la strategia in questi casi dovrà prevalere sul programma e dopo aver elaborato le azioni possibili, esaminato le certezze, le incertezze e le esperienze fatte sul campo, essa potrà modificarsi in base alle nuove informazioni raccolte. La presenza o l'assenza in coloro che progettano di una tensione rivolta al ricercare la 9 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. partecipazione dei soggetti coinvolti nel cambiamento ha delle ripercussioni sulla scelta sia degli obiettivi che sugli strumenti usati per condurre le azioni progettate. Secondo Beattie la modalità di conduzione di un intervento si muove tra 2 polarità: la gestione autoritaria oppure negoziata; attraverso questi due aspetti è possibile classificare le diverse strategie d'intervento. Gli interventi rivolti al complesso della comunità con gestione autoritaria sono per esempio le progettazioni di tipo legislativo e di modifica dell'ambiente, esse sono azioni che prescindono dalle scelte dei soggetti. Gli interventi rivolti al soggetto sempre di tipo autoritario sono quegli interventi che vedono il cambiamento individuale come un processo educativo incentrato sulla comunicazione, si può dire che sono interventi persuasivi; essi poggiano sull'assunto che il soggetto è un essere razionale e che in possesso delle giuste conoscenze è in grado di modificare i suoi comportamenti. Gli interventi incentrati sull'individuo ma di tipo negoziante sono invece quelli che ricercano il cambiamento attraverso attività di counselling, in essi si cerca un processo educativo in cui vi sia l'individuazione del ruolo svolto dal comportamento che si vuole rimuovere nella vita del soggetto e grande è poi l'attenzione posta sulla percezione che il soggetto ha intorno alla propria autoefficacia. Sempre nella modalità negoziante ma nell'area degli interventi incentrati sulla comunità troviamo il “lavoro per lo sviluppo della comunità”, ovvero un area che pone l'accento sull'esistenza di una dimensione collettiva della salute e dei comportamenti ad essa collegati, in questo caso per ottenere i cambiamenti si attiva la partecipazione di coloro a cui è rivolto l'intervento, gli si chiede di ridisegnare gli ambienti fisici e sociali che renderanno possibile ciò che si vuole ottenere. Gli approcci autoritari sono dunque settoriali e parziali mentre quelli negozianti considerano i soggetti e le comunità come elementi di un sistema che deve essere complessivamente modificato per ottenere i cambiamenti voluti nei singoli individui. Tre diversi approcci alla progettazione di intervento: 1. Modello esperto: questo metodo di intervento può essere definito lineare in quanto prevede una fase di analisi della situazione e un identificazione dei problemi presenti nella comunità molto povera. In questo caso vi è una forte separazione tra colui che progetta, le persone che mettono in pratica le azioni previste e i soggetti sui quali si misurerà il cambiamento avvenuto; esso si basa sulla concezione che per ogni problema esiste la soluzione migliore (one best way) e colui che progetta ha il compito di prefissare le azioni necessarie per perseguirla. Si comprende che vi è un forte tecnocentrismo di un gruppo di progettazione che rimane separato dai soggetti che svolgono le azioni. Questo modello può essere utile in casi di emergenza oppure in situazioni in cui si vogliano standardizzare delle procedure in contesti stabili, tuttavia questo metodo non prevede l'imprevisto o un elemento sfuggito all'analisi, fenomeno non infrequente. 2. Modello interrogativo o negoziante: particolarità di questo modello è la relazione che si instaura con i destinatari dell'intervento, essi sono coinvolti e diventano protagonisti almeno nelle fasi in cui si prendono le decisioni principali. Si attivano gruppi di lavoro che dopo aver individuato il problema cercano di suddividerlo in problemi più piccoli. La comunicazione in questo caso è bidirezionale; colui che progetta mantiene comunque il ruolo di decisore. Si cerca dunque la situazione che in un determinato contesto e momento appare in grado di superare la soglia di soddisfazione di coloro che sono coinvolti nel problema. 3. Modello euristico o auto diretto: l'attenzione dell'operatore in questo caso è posta sull'esplorazione e l'individuazione dei punti di forza che permettono alla comunità stessa di mettersi in cammino alla ricerca dei propri obiettivi di cambiamento; l'operatore non sa di preciso dove l'azione intrapresa porterà, egli progetta il cambiamento dei livelli di empowerment della comunità. Questa modalità d'intervento è molto influenzata dal lavoro di Paulo Freire, egli sostiene che lo sviluppo di una comunità voglia dire creare situazioni 10 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. favorevoli perché i soggetti siano messi in grado di riconoscere la propria situazione. Questo modello è il più vicino all'area psico-pedagogica. Il coinvolgimento della comunità nel progettare cambiamenti è una necessità ma viene affrontata in modo differente in base alla propria area culturale, infatti nell'area culturale bio-medica questo si traduce come necessità di richiedere informazioni alla comunità in una comunicazione unidirezionale. Nelle aree culturali di matrice educativa il coinvolgimento della comunità diventa il risultato di un lavoro incentrato sulla costruzione della sua partecipazione alle scelte che la riguardano, si hanno in questo modo relazioni negozianti e comunicazioni bidirezionali. Adams propone una schematizzazione delle azioni che comunità e operatori svolgono in relaziona ai diversi gradi di coinvolgimento della comunità: gli operatori dunque modificano progressivamente il loro ruolo nei confronti della comunità. Guttman invece ragiona su come il coinvolgimento della comunità può essere inteso come strategia o come obiettivo (esattamente come aveva ragionato sulla responsabilità individuale). La partecipazione intesa come strategia serve ad ottenere l'adesione ovvero si chiede la collaborazione della comunità, in questo modo organizzazioni, gruppi ed istituzioni si impegnano a collaborare per modificare le condizioni sociali e ambientali in modo da raggiungere gli obiettivi. Gran parte degli interventi rivolti alla comunità sono però quelli che non usano la partecipazione né come obiettivo né come strategia, si tratta di erogare i servizi. In quest'area rientrano tutti i servizi sanitari che promuovono interventi di prevenzione primaria, secondaria ma anche i cosiddetti “sportelli d'ascolto”. Quando la partecipazione diventa l'obiettivo da perseguire si avranno interventi che sostengono la crescita o che sostengono la mobilitazione. Nel caso del sostegno alla crescita si tratta di fornire appoggio alle azioni che sono il frutto della crescita della comunità nella sua capacità di partecipare alle scelte che la riguardano. Nel caso della mobilitazione della comunità invece gli interventi si concentrano sul processo di sviluppo sociale attraverso il quale gli individui assumono sia il controllo della propria vita che la capacità di modificare gli ambienti sociali e politici in cui vivono. Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha espresso la necessità di favorire lo sviluppo della comunità e definisce l'empowerment come il processo con cui un individuo accresce il controllo sulle sue decisioni e azioni relative alla propria vita e salute. Per processo di empowerment si intende dunque la crescita e l'emancipazione degli individui a partire dalla percezione di poter influenzare il decorso degli eventi che si accompagna alle aumentate capacità di controllo della propria vita, dunque un processo che parte dalla percezione di possedere un potere che si traduce poi in realtà attraverso gli strumenti necessari. Labonde sostiene che l'empowerment si debba costruire a tre livelli, quello intrapersonale, come esperienza di crescita in senso di autoefficacia e autostima; quello interpersonale, come organizzazione delle conoscenze e della capacità di analisi sociale; e all'interno della comunità, coltivando le risorse utili al progresso personale, sociale e politico. Labonde inoltre sottolinea come siano diverse le azioni professionali necessarie a favorire un'azione che sviluppi empowerment e come queste ruotino intorno a 5 aree d'intervento: • Azione a sostegno delle persone: si lavora attraverso i servizi che seguono i casi in cui gli operatori devono essere impegnati nel supportare l'operazione di individuazione e presa di coscienza delle potenzialità individuali. • Sviluppo dei piccoli gruppi: è la struttura centrale nel processo di crescita di una comunità. • Organizzare la comunità: si cerca di aggregare le forze dei piccoli gruppi facendo attenzione ai problemi e alle opportunità e non alle conflittualità. • Costruire le coalizioni: fornire informazioni e capacità per interagire con le strutture politiche e influenzare le loro scelte. • Svolgere direttamente un azione politica. Al di fuori dei processi di emancipazione può capitare di trovare le ultime due aree invertite, questa apparente semplice differenza è invece sostanziale in quanto al posto di creare coalizioni per poi 11 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. rendere evidenti gli obiettivi e i valori comuni, si costruiscono le azioni politiche ricercando i temi su cui poi sia possibile costruire una coalizione. L'etica normativa è la disciplina filosofica che si occupa della formulazione e giustificazione dei principi morali, ovvero delinea ciò che è moralmente buono, quali sono i doveri a cui ci dobbiamo sentire vincolati nella vita professionale e come questo si traduca in diverse azioni. La medicina intesa come scienza ha sempre perseguito la strategia del “utilitarismo orientato al paziente”, ovvero la decisione che tutte le volte si ricerca è quella che si ritiene abbia le migliori conseguenze nel portare il beneficio del paziente; seguendo questo principio però manca l'attenzione che si dovrebbe dare alle conseguenze delle azioni che vengono fatte. Per rimediare a ciò si passa a perseguire la strategia dell'utilitarismo universale, ovvero la migliore decisione deve tenere conto oltre al beneficio del paziente anche l'appropriatezza sociale delle azioni: la migliore decisione porta alle migliori conseguenze per il maggior numero di persone. Tuttavia anche questa strategia è ingiusta in quanto sacrifica una minoranza che non risulta così marginale se si tratta di una minoranza selezionata per la variabile della classe sociale. Rawls, filoso americano, sostiene che la nozione morale fondamentale sia quella della giustizia sociale o equità, egli indica la necessità di un contratto sociale a cui i membri della società si devono attenere con la finalità di perseguire i massimi benefici per coloro che nella società sono più svantaggiati. Inoltre la strategia dell'utilitarismo orientato al paziente si accompagna facilmente al paternalismo, ovvero il professionista di area sanitaria spesso prende decisione in nome di altri perché ritiene che ciò serva nel modo migliore ai loro interessi, tuttavia questa pratica vuol dire violare l'autonomia del paziente e quindi trattarlo come un oggetto; quest'ultima azione è ancora più grave se il principio del paternalismo si applica agli interventi di comunità. Oggi determinare il valore etico di un intervento sanitario è molto più complesso che in passato poiché si devono integrare nuovi criteri a quelli che inizialmente hanno permesso di distinguere ciò che è bene da ciò che è male. La medicina moderna è costretta ad essere sensibile alle preferenze del paziente, infatti all'aumentare delle possibilità terapeutiche si associa l'esistenza di una pluralità di scelte possibili preferibili dal paziente, dunque il soggetto adulto ha la possibilità di autodeterminarsi nelle scelte relative alla sua salute mentre la medicina deve aprire spazi di contrattazione che consentano al paziente di scegliere in armonia con il proprio progetto di vita. In più bisogna tenere in considerazione anche la dimensione dell'appropriatezza sociale dell'intervento, infatti si richiede l'uso ottimale delle risorse guardando all'equità e alla solidarietà verso i più fragili. Modello di pianificazione proposto da Green e Kreuter. 1. Diagnosi sociale: l'analisi comincia con una valutazione della qualità della vita, per definire in linea generale le speranze e i problemi della popolazione in questione. Sarebbe meglio se tale analisi fosse svolta con la partecipazione del gruppo stesso di riferimento. 2. Diagnosi epidemiologica: si identificano specifici obiettivi o problemi di salute che aiutano a chiarire il quadro delineato nella fase precedente, in questo caso è il pianificatore a rilevare i principali problemi di salute della comunità. 3. Diagnosi comportamentale e ambientale: si tratta di identificare i comportamenti e le situazioni ambientali collegati alla salute che possono sostenere il problema identificato nella fase precedente. I comportamenti andranno identificati con molta attenzione e chiarezza; per fattori ambientali si intendono tutti quelli esterni all'individuo e che possono modificare o sostenere un comportamento. 4. Diagnosi educativa e organizzativa: i fattori identificati nella fase precedente vengono classificati in tre grandi gruppi: 1. Fattori predisponenti; le conoscenze , le credenze e i valori individuali che sostengono o ostacolano la motivazione al cambiamento. 12 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. 2. Fattori abilitanti; capacità, risorse o barriere che aiutano o ostacolano il desiderio di modificare comportamenti o situazioni ambientali. 3. Fattori rinforzanti; le risposte che i soggetti ricevono dagli altri in seguito all'adozione di un nuovo comportamento che li incoraggia o meno al mantenimento di tale comportamento. Una volta fatta questa divisione si individuano i fattori prioritari sui quali centrare l'intervento. Questa fase si conclude con la definizione degli obiettivi da perseguire. 5. Diagnosi amministrativa e politica: si valutano le capacità amministrative ed organizzative possedute e necessarie a implementare l'intervento, inoltre bisogna definire la giusta combinazione di strategie e metodi da attivare. 6. Implementazione dell'intervento. 7. Valutazione di processo. 8. Valutazione di impatto. 9. Valutazione di risultato. Le ultime 4 fasi sono poste alla fine tuttavia le fasi di valutazione hanno inizio con la definizione degli obiettivi dunque sono fasi continue che avanzano progressivamente con il procedere delle fasi del modello. Capitolo 4: Dall'identificazione dei problemi alla ricerca delle soluzioni. L'identificazione e la definizione di un problema sul quale si vuole intervenire è il frutto di un processo di selezione guidato che risente sia dell'organizzazione sociale, sia dei valori che guidano il gruppo di lavoro. Spesso si verifica che ci si scontri sulla scelta della soluzioni da attuare, questo accade perché ciascuno ha una propria definizione del problema che si è scelto di affrontare e delle sue cause e non le ha condivise con gli altri, oppure accade che si creino programmi di intervento che sembrano puzzle complicati perché si è semplicemente incorporato tutte le azioni proposte dai soggetti senza filtrarle con il confronto. Quando si analizza un problema è necessario focalizzare d subito l'attenzione sulla situazione desiderata, definendo il problema e procedendo verso le possibili cause prima ancora di passare ad ipotizzare le possibili soluzioni. Un problema di salute si definisce allora come lo stato o la condizione di un soggetto o di una comunità che si discosta da uno standard considerato come desiderabile, il tempo il luogo e il contesto saranno poi elementi essenziali per la sua descrizione. La corretta definizione di un problema di salute all'interno di una comunità richiede che ci si interroghi sul punto di vista dal quale si vuole descrivere tale evento, ovvero la definizione concettuale. L'Organizzazione Mondiale della Sanità invita a interrogarsi sull'esistenza di una distribuzione nello spazio sociale del fenomeno che si è scelto di osservare, ovvero verificare se esiste o meno il problema confrontandosi con un'altra situazione (riferimento che funga da atteso). Inoltre chi analizza un problema ha la necessità di informazioni che consentano di qualificare e quantificare il problema (traduzione operativa). Scegliere la situazione attesa è uno dei momenti più importanti poiché questa scelta potrebbe far emergere o negare l'esistenza di un problema, tuttavia non esistono regole fisse che aiutano a definire la migliore situazione con cui confrontarsi. Di fronte ad uno stesso problema i diversi attori sociali coinvolti lo leggeranno secondo interpretazioni diverse e quindi diverse saranno le loro proposte di azione per risolvere il problema, per non rischiare di imporre un problema che magari la comunità non legge come tale è sempre opportuno tenere conto dei punti di vista degli attori che il problema lo vivono o lo hanno sotto osservazione. Succede spesso che gli operatori costruiscano immagini di salute della comunità nelle quali operano a partire dalle sole informazioni sull'utilizzo che i cittadini fanno dei servizi o dalle richieste che questi pongono, anche se queste variabili è noto che non sempre sono coincidenti. 13 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. Infatti è necessario distinguere i bisogni in latenti, che non sono percepiti dai soggetti; percepiti, da latenti diventano percepiti attraverso un percorso di educazione alla salute che non si esaurisce con il solo fornire delle informazioni; e quelli espressi, alle strutture appropriate. Il percorso che porta all'individuazione dei problemi di una comunità si compone solitamente di 3 momenti: – Raccolta dei dati secondari, sono dati secondari tutte le informazioni demografiche, sociali e epidemiologiche che vengono raccolte da istituti di ricerca e agenzie pubbliche. Questa è una tappa documentaria che raccoglie informazioni spesso non costruite in modo specifico per i nostri bisogni. – Incontro con i testimoni privilegiati, sono informatori-chiave, ovvero quelle persone rappresentative che vivendo in quella comunità o essendo in contatto con essa si ritiene sia in grado di dare realtà al quadro fornito dalle informazioni raccolte in precedenza. – Realizzazione di inchieste specifiche, questo momento si realizza solo nel caso siano necessari ulteriori dati specifici. Questo tipo di approccio appena descritto è di tipo tradizionale ovvero più vicino all'area di prevenzione, alcuni autori sostengono invece che sia utile già in questa fase avere un quadro dei problemi della comunità che poggi sulle percezioni della comunità stessa, in questo modo si otterrà un processo che stimola e assiste la comunità nell'identificazione dei problemi; si usano perciò modelli di progettazione di tipo concertativo. In questo modello l'interrogazione dei gruppi avviene attraverso tecniche, tipo focus group, che aiutano a mettere in evidenza i problemi a seconda delle percezioni della comunità. Non bisogna scegliere uno dei due modelli pensando che uno sia superiore all'altro per analizzare la realtà e i bisogni ma bisogna pensare a ciò che si vuole o si può proporre ad una comunità. Una volta identificato il problema si passa all'analisi dei comportamenti e delle condizioni ambientali che possono esserne la causa interrogandosi anche sulla suscettibilità del problema a soluzioni di cui si può identificare l'efficacia. Solo gli eventi che si dimostrano correlati al problema in modo statisticamente significativo sono individuati come fattori causali, mentre tutte quelle circostante per cui non si sia potuto stimare la probabilità di associazione sono considerate come oggetto di ricerca e non d'intervento. Ipotizzare le cause di un problema è un operazione che mette in relazione il livello di conoscenza scientifica disponibile intorno al problema con le capacità di osservazione e analisi della realtà. È necessario dunque scomporre il problema in quote attribuibili alle varie cause, più si conosce il problema e la realtà più si sarà in grado di scomporre la distanza dalla situazione attesa in quote attribuibili alle singole cause presunte. Nella maggior parte dei casi ci si trova in situazioni in cui non si hanno solide conoscenza scientifiche, in questi casi dunque sarà possibile discutere intorno agli elementi che sostengono il problema solo in modo approssimativo. Si procederà poi con il censimento delle strategie tecnico-operative che sono state messe a punto da altri per rimuovere cause analoghe, si discute in questa fase di efficacy, ovvero quella che in italiano viene definita “efficacia teorica”, la verifica delle condizioni sperimentali. In seguito si ragionerà sulla capacità della comunità presa in considerazione di acquisire e far funzionare le soluzioni individuate, si parla perciò di effectiveness, “efficacia pratica” ovvero la previsione di efficacia che si ritiene otterrà l'intervento individuato nella realtà in esame. È necessario essere consapevoli che le operazioni di scelta delle priorità d'intervento mettono in gioco modelli di riferimento e interessi differenti, è utile dunque rendere espliciti i criteri sui quali avverrà la scelta della priorità. Esistono 2 famiglie di criteri più usati per definire le priorità: l'importanza, che fa riferimento ai criteri di frequenza e di gravità; e la modificabilità, che fa riferimento ai criteri di efficacia teorica e efficacia pratica. Dopo aver definito le priorità si è pronti per definire gli obiettivi del proprio intervento e ad elaborare il piano di esecuzione. Una volta concepito un fine si individuerà la successione ordinata di azioni che rappresenteranno i mezzi con 14 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. cui verrà raggiunto lo scopo. Predeterminare il corso degli eventi però non è possibile poiché tra la situazione auspicata e quella che si otterrà realmente ci sarà sempre uno scarto, l'ideale perciò sarà analizzare il potenziale contenuto in una situazione seguendo la sua evoluzione e cercando di anticipare il suo sviluppo in modo da individuare il possibile innesco della trasformazione a venire. • Focus group: è una discussione di gruppo che riunisce 6-10 persone che sono chiamate ad affrontare un argomento di specifico interesse per la comunità di cui fanno parte, esso serve ad approfondire 1 o 2 argomenti in modo dettagliato. Solitamente i partecipante vengono scelti individuando una matrice comune. Per organizzare un focus group è necessario: dettagliare l'argomento d'analisi, selezionare i partecipanti e creare un gruppo, predisporre i quesiti in modo analitico, gestire le fasi della riunione, analizzare i risultati e chiarificarne la ricaduta ai partecipanti. È importante non porre i problemi in modo da far sentire a disagio i partecipanti . La presenza di uno o più osservatori esterni rende possibile valutare la qualità dell'incontro oltre che facilitare l'analisi dei risultati. Il focus group ha successo quando i partecipanti dialogano fra loro nel modo più libero possibile; il gruppo deve comunque essere coordinato da un moderatore che introduce gli argomenti della discussione e aiuti a sviluppare una conversazione coinvolgente. La durata delle sessioni è di circa un ora e mezza, esso non ha lo scopo di giungere ad un accordo ma solo di raccogliere informazioni. I risultati di un focus group non sono omologabili al resto della comunità. • Tecnica Delphi: con questa tecnica si ottengono e in un secondo tempo si organizzano le opinioni di un gruppo di soggetti. Ad un gruppo di persone viene chiesto di esprimere un parere scritto e anonimo in seguito si verificherà se i soggetti posti davanti alle opinioni degli altri rivedranno il proprio parere in modo da raggiungere un consenso almeno parziale. La tecnica si sviluppa attraverso una serie di questionari inviati a persone che non hanno modo di incontrarsi. Esso si sviluppa in 9 tappe: l'identificazione del problema, la selezione degli esperti (soggetti), l'elaborazione del primo questionario e l'invio agli esperti, l'analisi delle risposte al primo questionario e l'elaborazione di un sunto, la preparazione di un secondo questionario e l'invio agli esperti, la rielaborazione delle risposte e la preparazione di un altro sunto, l'eventuale elaborazione di un terzo questionario, l'analisi delle risposte finali e la predisposizione di un rapporto finale. Nel secondo questionario si fornisce ai partecipanti le risposte fornite dagli altri e si chiederà di rivedere le proprie formulazioni espresse in precedenza alla luce dei contributi emersi dagli altri. • Tecnica del gruppo nominale: si tratta di piccoli gruppi di incontro con lo scopo di individuare dei giudizi e porli in ordine gerarchico. Per fare ciò occorre una domanda che evochi risposte e un moderatore che sappia condurre il processo come facilitatore e non come esperto. Questa tecnica si svolge in 4 fasi: generazione delle idee, in cui si lavora in modo indipendente e i partecipanti scrivono la propria risposta alla domanda-stimolo; la registrazione delle idee espresse dal gruppo; la chiarificazione di queste idee; e la votazione delle idee in cui ogni partecipante segnalerà quale per lui è la più importante. Il numero ideale di partecipanti sono dalle 5 alle 9 persone e la tecnica si svolge in un tempo inferiore ai 60 minuti. L'obiettivo principale è quello di generare idee. Capitolo 5 : Valutazione e processi decisionali. La valutazione diventa un passaggio portante nella progettazione di programmi di promozione della salute dalla seconda metà degli anni '60 negli Stati Uniti. Tuttavia vi sono due visioni di essa, la prima vede il programma come la risposta razionale ad un problema e la valutazione come lo strumento per ricondurre il programma all'atteso; la seconda vede il programma come qualcosa di adeguato per sviluppare le potenzialità presenti e la valutazione come lo strumento che serve a 15 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. scegliere il programma e a sostenere le scelte che si fanno nel tempo. Cochrane nel suo libro “L'inflazione medica” pone la questione della reale efficacia delle procedure mediche e della necessità di arginare la crescita dei costi, egli arriva ad affermare che prima di scegliere quali siano i migliori modelli bisognerebbe essere in grado di dire quali siano le prestazioni realmente utili. Egli introduce l'esperimento controllato sostenendolo come l'unico strumento metodologico in grado di fornire ad ogni misura terapeutica o preventiva la prova di efficacia. Prima dell'intervento di questo autore infatti la medicina basava tutta la ricerca sull'efficacia solo sull'osservazione degli effetti del farmaco su un ristretto numero di persone e spesso senza adeguati gruppi di confronto. Il gruppo di confronto ideale però dovrebbe avere caratteristiche identiche a quelle del gruppo sotto trattamento o almeno per quelle caratteristiche che potrebbero modificare il corso del trattamento, tuttavia questo è molto difficile da fare perciò Cochrane riparla della “sperimentazione controllata” (di Hill), in cui le persone vengono scelte e smistate nei 2 gruppi casualmente. Oggi però ci sono molti dubbi sul fatto che lo studio osservativo sperimentale sia quello più idoneo a costruire evidenza di efficacia per gli interventi condotti in comunità; alcuni sottolineano appunto i problemi metodologici degli impianti valutativi. Il metodo sperimentale studia la regolarità con cui un evento si presenta associato a un risultato favorevole atteso, questo tipo di modello non prende in considerazione ciò che accade all'interno del processo, dell'incontro tra la possibile causa e il substrato sul quale si agisce; infatti tiene in considerazione solo del risultato o prodotto atteso e dei soggetti in studio. Il metodo sperimentale afferma che un evento potrà essere definito come causa di un risultato atteso solo se in ripetute osservazioni produrrà lo stesso effetto. Tra la sperimentazione nel mondo della medicina e quella sulle comunità c'è una forte differenza, infatti in medicina quando si arriva alla valutazione d'efficacia sull'uomo si cerca di confermare un meccanismo che si è già precedentemente descritto nei contesti cellulari e animali, mentre nel caso dei programmi sociali questo non è possibile, non si può parlare di conoscenza del meccanismo di azione. In un programma sociale dunque ciò che si osserva non può essere considerato come un osservazione trasportabile in altri contesti come le osservazioni nei laboratori biologici. Altro punto di criticità per il metodo sperimentale è dato dalla necessità di lavorare in un contesto neutro: quando si valuta l'efficacia di un farmaco i gruppi umani a confronto devono essere uguali, passando però al campo sociale questo non è più possibile in quanto esso è un sistema aperto dove i cambiamenti non possono essere tenuti sotto controllo anzi essi sono gli unici elementi per valutare le idee e le risorse che il programma ha introdotto. C'è inoltre da tener presente che l'incontro tra un elemento esterno e un sistema non attiva un meccanismo di tipo “tutto o nulla” ma un processo di trasformazione che passa da uno stadio all'altro. La causa dunque non è più semplicemente individuata nell'elemento esterno ma nel complesso insieme che si genera tra la causa potenziale e gli elementi interni che vengono attivati dal meccanismo che genera la trasformazione. In campo sociale dunque per valutare l'efficacia degli interventi è necessario descrivere non solo ciò che si introduce ma anche cosa accade nella interazione tra le differenti azioni messe in campo e i diversi elementi interni. Bisogna perciò accettare che in ogni situazione il legame tra input e un risultato può essere ottenuto attraverso diversi percorsi oppure può non essere raggiunto in base a come reagiranno gli attori al programma e a come lo interpreteranno. Con il variare dell'approccio alla progettazione cambiano anche le finalità con cui viene fatta l'azione valutativa che si consumerà lungo tutto l'arco del progettare. Nel caso di modelli direttivi in un primo momento la valutazione si occupa di individuare gli obiettivi che è possibile perseguire, ovvero gli si chiede di giudicare a priori la bontà di un programma con la sua realizzabilità, valutandone l'efficacia teorica e pratica e prevedendo le modifiche che avverranno dopo la somministrazione dell'intervento. In un secondo tempo alla valutazione sarà chiesto di individuare quelle variabili che permetteranno di monitorare il corretto 16 Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria. procede del programma e il raggiungimento degli obiettivi. Esiste poi anche la summative evaluation ovvero la valutazione riepilogativa che si propone di riassumere i risultati ottenuti, in questo caso la valutazione si concentrerà sulla misurazione degli eventuali scostamenti tra i risultati che vengono osservati e quelli che erano previsti. All'interno invece di una programmazione attiva la valutazione è il prodotto di una negoziazione, essa è lo strumento sia per comprendere la situazione e definire i problemi sia per chiarire ciò che dal programma si può ottenere. La valutazione diventa in questo modo un supporto strategico che coinvolge i diversi attori e si propone di individuare le conseguenze previste e non dalle azioni messe in atto, si parla così di formative evaluation, o valutazione costruttiva, che spiega se e perché il risultato ottenuto è da ritenersi un successo e propone insieme agli attori sociali le modifiche da effettuare. Quest'opera è stata rilasciata sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo 2.5 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA. 17