Appunti dal libro “Promuovere salute nell`era della globalizzazione

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Appunti dal libro “Promuovere salute nell`era della globalizzazione
Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
Appunti dal libro “Promuovere salute nell'era della
globalizzazione” di Patrizia Lemma.
Capitolo 1: promuovere salute tra significato e senso.
Il progresso delle scienze è garantito dall'alternarsi di periodi in cui si segue un paradigma e periodi
in cui questo è messo in crisi. Le discipline che si occupano di salute negli anni '70 entrano in una
fase di cambiamento, ovvero non si guarda più solo alla malattia e alla sua cura ma si comincia a
parlare di promozione della salute. Questa espressione viene coniata nel 1974 dal ministro della
salute e dell'assistenza del governo canadese nel suo rapporto, il rapporto Lalonde, dove sottolinea
come all'aumentare dei fondi forniti ai servizi sanitari per la cura delle malattie non vi sia stato un
sostanziale aumento dei livelli di salute. Si decide così di estendere l'intervento al complesso dei
fattori che influenzano la malattia, di investire dunque nella promozione della salute. Si comincia a
parlare di campi della salute, ovvero campi dalla cui reciproca influenza dipendono il persistere
della salute o l'insorgere della malattia (fattori biologici, influenze ambientali, stili di vita
individuali e capacità di risposta dei servizi sanitari). Per capire l'importanza del rapporto Lalonde
bisogna pensare al momento storico nel quale è stato redatto, con esso infatti si rendeva manifesta la
crisi dell'egemonia culturale della medicina clinica sulle altre discipline. La salute all'epoca era
concepita come assenza di malattia, quest'ultima veniva curata per lo più considerando solo le cause
biologiche, si seguiva il paradigma bio-medico della salute. Alla fine degli anni '70 si dimostra
come i cambiamenti avvenuti nelle condizioni igieniche, nell'alimentazione e nel mutato assetto
urbanistico abbiano avuto un importanza fondamentale nella riduzione della mortalità prima ancora
della scoperta delle terapie. Mckeown nel suo testo “Il ruolo della medicina: sogno, miraggio o
Nemesi?” (1976) descrive il forte declino osservato nella mortalità nel corso di quegli anni e lo
associa ad alcuni aspetti che ne hanno condizionato l'andamento come per esempio l'incremento
della vita media, dovuto alla diminuita probabilità di morire nei primi decenni della vita e alla
diminuzione della mortalità negli anziani; oppure la riduzione della mortalità per malattie infettive.
Proprio su quest'ultimo aspetto si è potuto sottolineare il ruolo secondario della terapia medica;
infatti quando la medicina arriva ad avere gli strumenti per combattere una patologia il quadro
epidemiologico è già mutato. Mckeown sostiene che il 40% della diminuzione della mortalità è
dovuto al migliore stato nutrizionale, un altro 40% è ricondotto alle migliori condizioni igienicosanitarie e solo il 20% è attribuito ai trattamenti terapeutici (l'incremento oggi osservato nelle
patologie cardiovascolari e tumorali come causa di morte è giustificato dall'invecchiamento della
popolazione). Si comincia a sviluppare un nuovo paradigma di riferimento, quello socio-ecologico
in cui si aggregano professionalità diverse che non sono più suddite della medicina. Si comprende
inoltre che le malattie croniche sono patologie multifattoriali, ovvero le cause delle malattie
vengono individuate in quei fattori la cui distribuzione si dimostra associata all'aumentare della
presenza della patologia, si arriva così a parlare di fattori di rischio e di complesso causale
sufficiente (= insieme di fattori che sono in grado di produrre la malattia).
In questo momento nasce l'epidemiologia che studia la distribuzione delle patologie nella
popolazione e i fattori che la determinano; diventa così possibile descrivere la storia naturale di
alcune patologie. L'epidemiologia mostra come le differenze nella distribuzione delle patologie
siano correlate con la mortalità all'interno delle classi sociali; il rapporto Black è il primo che
descrive le differenze di salute esistenti tra le classi sociali. Queste differenze non sono una
condanna biologicamente determinata ma una caratteristica delle nostre società; si stima che
annullando le differenze di mortalità tra le classi sociali si otterrebbe in Italia per le patologie
tumorali del sesso maschile una riduzione della mortalità del 24%. Anche l'Organizzazione
Mondiale della Sanità con la dichiarazione di Alma Alta prima e poi con la Carta di Ottawa
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Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
comincia ad usare l'espressione “promozione della salute” affiancandola all'obiettivo della cura. Si
auspica dunque ad una nuova sanità pubblica in cui lavorino diversi professionisti e nel quale al
tradizionale obiettivo di prevenzione delle malattie si affiancano quelli dell'equità e dello sviluppo
sostenibile.
La branca della medicina che fin'ora aveva studiato l'influenza dei fattori ambientali sulla salute
umana era quella dei medici igienisti che vengono a questo punto accusati di non ammettere che
delle ricadute dei problemi ambientali e urbanistici se ne possono occupare anche dei professionisti
al di fuori dell'area medica.
Il rapporto Lalonde è considerato il documento che ha introdotto gli stili di vita all'interno delle
discussioni tra malattia e salute, inizialmente però questo obiettivo era considerato come
perseguibile solo dal medico che deteneva il sapere, vi era la convinzione che con interventi di tipo
informativo il soggetto adulto sarebbe stato in grado di agire nel modo più favorevole alla sua salute
modificando i comportamenti dannosi. Questo tipo di azione si basa sul presupposto che i
comportamenti a rischio sono frutto di libere scelte, per questo si parla di stili di vita; si tratta invece
di condizioni del vivere ovvero i comportamenti adottati dai soggetti sono atti a libertà vincolata
poiché in gran parte sono condizionati dalle condizioni economiche, sociali e culturali in cui il
soggetto vive.
Nell'approccio socio-ecologico si incentra l'attenzione sul reale accesso agli elementi necessari a
condurre i comportamenti positivi alla salute, si cerca di lavorare per modificare gli ambienti in
modo da rendere più facili le scelte positive per la salute (carta di Ottawa), lo stesso rapporto Black
sostiene come il livello e le risorse ambientali differenti sono in grado di spiegare le differenze di
mortalità tra le classi sociali. Si apre così la prospettiva di interventi di tipo educativo e
psicosociale.
Nei tradizionali interventi di prevenzione un grande ruolo giocava la responsabilità individuale,
nel caso della salute essa si esplicava nel seguire ciò che veniva raccomandato e nell'evitare ciò che
era considerato come rischioso. Nell'approccio preventivo si parte dal presupposto che il soggetto
adulto sia in grado di fare scelte corrette e che egli sia libero di compiere atti “pericolosi”, dunque la
responsabilità individuale viene usata come strategia per ottenere i risultati voluti. Nell'approccio
socio-ecologico si considera la possibilità che i soggetti non vivano nelle condizioni ambientali che
li rendano liberi di scegliere, in esso si tende a ignorare il concetto di responsabilità individuale.
Nell'approccio educativo invece la scelta volontaria e la partecipazione dei soggetti al processo di
cambiamento è un obiettivo che da solo giustifica l'azione, in questo caso la responsabilità
individuale si pone come obiettivo dell'intervento. Guttman riflettendo sul diverso utilizzo della
responsabilità individuale individua 4 tipologie di interventi:
– Ambientale, corrisponde all'approccio socio-ecologico, non si usa la responsabilità
individuale né come obiettivo né come strategia e si propone di costruire un ambiente che
conduca i soggetti all'assunzione di comportamenti utili alla salute. In questo caso è la
società che si assume il compito di proteggere i soggetti spesso decidendo con scarsa
partecipazione della popolazione.
– Strumentale, esso usa la responsabilità individuale come strategia ed è usato più
comunemente nella relazione tra medico e paziente, oppure nel campo della pubblicità. Il
messaggio ha un carattere assoluto e presenta il comportamento individuale come una
condizione sufficiente a causare il danno.
– Invocativo, la responsabilità individuale diventa l'obiettivo dell'intervento, per ottenere le
modifiche dei comportamenti si individuano azioni sul campo educativo, dunque gli
interventi saranno volti al supporto delle capacità di discussione dei soggetti.
– Deliberativo, la responsabilità individuale è sia obiettivo sia strategia, forte enfasi posta
sullo sviluppo della coscienza critica dei soggetti adulti.
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L'espressione promozione della salute ha diverse definizioni; nell'area culturale ovvero la più
prossima all'area medica, questa è spesso usata come sinonimo di educazione sanitaria o
educazione della salute.
Green e Kreuter
Educazione alla salute
Promozione alla salute
Insieme di interventi che,
combinando diverse esperienze
di apprendimento, sono
progettati per facilitare le azioni
volontarie che possono
condurre i soggetti adulti verso
una migliore salute.
Interventi ambientali ed
educativi progettati allo scopo
di condurre un soggetto adulto
o una comunità ad un migliore
livello di salute, dunque azioni
di tipo sociale, politico,
economico...
Organizzazione Mondiale della
Sanità
Insieme delle azioni volte non
solo ad aumentare le capacità
degli individui ma anche ad
avviare cambiamenti sociali,
ambientali ed economici in
modo da aumentare realmente
le capacità di controllo sulla
distribuzione dei determinanti
della salute.
Dizionario
Processo che attraverso la
mobilitazione delle risorse
umane e materiali mette gli
individui e la comunità in grado
di proteggere la propria salute.
Il ruolo dei professionisti in
questo caso è di garantire
l'accesso alle informazioni e di
definire interventi ambientali in
grado di sostenere tutti gli strati
della comunità nei loro processi
di scelta che dovranno essere
favorevoli alla salute.
Il ruolo dell'educazione diventa importantissimo poiché senza di questo la promozione alla salute si
riduce ad un impresa di manipolazione sociale. Tones e Tilford hanno proposto una formula per
rappresentare il rapporto tra educazione e promozione della salute:
Promuovere salute = Educare alla salute x Applicazione di politiche pubbliche favorevoli alla
salute
Si sono individuate 3 aree che si occupano di promozione della salute, esse però non lavorano
ancora come se perseguissero lo stesso obiettivo anche perché le discipline mediche si sono rifiutate
per molto tempo di confrontarsi con le altre discipline sui metodi e gli strumenti da utilizzare
nell'educazione e nella promozione della salute. Una nota rappresentazione grafica si propone di
delineare i rapporti tra educazione alla salute, prevenzione e tutela della salute.
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Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
La prevenzione si occupa di individuare precocemente i casi o i probabili casi non
sintomatici;
• L'educazione alla salute si propone di aumentare le capacità dei soggetti di procedere verso
migliori livelli di benessere;
• La tutela alla salute si occupa invece di creare ambienti favorevoli alla salute.
L'obiettivo proposto da questa rappresentazione è quella della collaborazione tra queste aree in
modo da attivare le aree di sovrapposizione, questa proposta però è creata da una visione
semplicistica della realtà poiché ognuna di queste aree poggia su fondamenti filosofici ed etici
differenti. Infatti chi lavora nell'area della prevenzione ha come interesse fondamentale una società
in cui i livelli di morbosità e mortalità siano i più bassi possibili, inoltre la loro tradizione filosofica
è di tipo realista, l'uomo è un oggetto biologico. Coloro che operano nell'area della tutela della
salute perseguiranno l'obiettivo del riconoscimento del diritto per tutti di accedere alle opportunità
utili alla salute, la visione dell'uomo in questo ambito si estende agli aspetti del mentale e
dell'interazione con l'ambiente sociale. Nell'area dell'educazione l'obiettivo si sposta sul pieno
sviluppo del potenziale di ciascuno con alla base una concezione di uomo che è il prodotto di una
sintesi biologica, psicosociale ma anche sostenuta dall'Io. In questa situazione è chiaro come il fatto
di far prevalere l'attenzione su di un aspetto rispetto ad un altro sposti il quadro dei criteri di base in
cui si stabiliscono le priorità. La riflessione a proposito della promozione della salute è una
questione ancora aperta, sarebbe opportuno superare le divisioni disciplinari per poter riflettere su
cosa sia la salute, quali siano i fattori che la determinano e cosa sia possibile fare per promuoverla.
Anche il concetto stesso di salute si è modificato nell'ultimo secolo, infatti nel 1948
l'Organizzazione Mondiale della Sanità passa da una visione in negativo ad una in positivo: salute
come uno stato di completo benessere fisico, psicologico e sociale. Questa definizione però descrive
uno stato ideale che non può essere una condizione raggiungibile. Antonovsky ripropone così il
continuum presente tra salute e malattia, il concetto di completo benessere è in questo modo
sostituito da quello di equilibrio, infatti la salute è vista come la condizione di miglior equilibrio
possibile (questo pensiero è rappresentato da due linee che si incrociano).
Se si interrogano delle persone sul concetto di salute si otterranno 3 diverse tipologie di definizioni:
– Salute nel vuoto, centrata sull'aspetto biologico.
– Salute come riserva, si prendono in considerazione le diverse risorse di cui abbiamo
bisogno, avere molte risorse diversificate vuol dire avere una riserva di salute.
– Salute come equilibrio, ci si sente in equilibrio quando ci si sente in grado di fare ciò che
dobbiamo e che si ritiene ci si aspetti da noi.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità parla in seguito a queste 3 definizioni della salute come
della condizione in cui un soggetto è in grado di realizzare le proprie aspirazioni, soddisfare i
bisogni e tenere testa con successo alle situazioni ambientali. Si comincia così a riflettere sul
concetto di salutogenesi ovvero l'identificare fattori e delineare percorsi utili alla produzione della
salute (il contrario della patogenesi). Antonovsky in questo frangente introduce poi il senso di
coerenza come fattore che promuove il muoversi nella direzione della salute, esso fa vedere il
mondo come comprensibile e governabile e ciò che lo costituisce sono le esperienze legate alla
partecipazione alle decisioni all'interno del proprio ambiente sociale. Seedhouse riprende il
concetto di risorse necessarie alla produzione di salute; secondo lui il livello di salute che una
persona ha dipende dal grado con cui alcune condizioni si realizzano nella pratica, queste
condizioni si compongono di 4 blocchi:
1. Necessità della risoluzione dei bisogni fondamentali.
2. Bisogno di accedere a tutte le informazioni che possono influenzare la propria vita.
3. Essere in grado di comprendere che le informazioni di cui si è in possesso possano essere
strumenti per prendere decisioni ragionate.
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4. Avere consapevolezza dei doveri che comporta il vivere in una comunità.
In quest'ottica lavorare per la salute vuol dire rimuovere gli ostacoli che si contrappongono alla
crescita del potenziale umano e rendere disponibili gli elementi fondamentali. Gli studi a proposito
di salutogenesi sono pochi e poco si è riflettuto sui suoi determinanti.
La carta di Ottawa.
Il 21 novembre 1986 c'è stata la prima conferenza internazionale sulla promozione della salute; con
la carta di Ottawa si decreta che l'incremento dei livelli di salute di una comunità non dipende solo
dalle cure mediche ma che esso deve coinvolgere diversi professionisti. Si definisce che la
promozione della salute è il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla
propria salute e di migliorarla. Sono 3 le azioni essenziali per poter promuovere salute:
– Advocating: sostegno alle popolazioni perché riescano ad affermare il loro diritto alla salute.
– Enabling: fornire agli individui i mezzi materiali, le conoscenze e le capacità per controllare
e migliorare la propria salute, assicurando a tutti pari opportunità e risorse.
– Mediate: mediare tra i diversi interessi della società al fine di raggiungere più elevati livelli
di salute.
Nella carta di Ottawa compaiono anche 5 attività strategiche che è necessario svolgere per poter
condurre le azioni essenziali:
• Costruire una politica pubblica per la salute, ovvero portare la salute pubblica all'ordine del
giorno dei decisori politici di ogni settore.
• Creare ambienti che favoriscano salute, ovvero ambienti in cui le scelte più facili siano
quelle salutari.
• Rafforzare l'azione della comunità, ovvero operare concretamente all'interno della comunità
per raggiungere un migliore livello di salute.
• Sviluppare le capacità personali, ovvero sostenere lo sviluppo individuale.
• Riorientare i servizi sanitari.
Capitolo 2: Quando il fattore di rischio è un comportamento.
Esistono due culture che si approcciano in modo differente al problema di capire quali sono gli
elementi che causano e sostengono, in alcuni soggetti e non in altri, i comportamenti considerati a
rischio per la salute: la cultura epidemiologica che affronta il problema creando modelli di
osservazione e analisi statistiche sempre più sofisticate per valutare la probabilità di incorrere in un
danno esponendosi ad un rischio; e le discipline “psy” che seguono il paradigma realista provano a
spiegare i meccanismi che generano quei comportamenti ritenuti rischiosi per la salute attraverso
teorie che si susseguono nel tempo.
I professionisti di matrice epidemiologica sono quelli che hanno maggiormente contribuito a fare
luce sul peso che i comportamenti e le situazioni ambientali avevano sul variare della distribuzione
di una malattia, inoltre questo approccio ha consentito la descrizione sia in termini qualitativi sia
quantitativi del rischio. I rischi individuati dai professionisti via via che venivano calcolati e resi
oggettivi venivano confrontati con le interpretazioni date dai soggetti della popolazione; ogni
scostamento tra gli elementi veniva interpretato come una distorta percezione del rischio da parte
della popolazione e dunque della sua incapacità di adottare le opportune strategie di protezione
individuate dagli esperti. Good descrive ironicamente l'affinità tra medicina e il fondamentalismo
religioso, ovvero entrambe si affidano al concetto di “falsa credenza”; infatti spesso i medici sono
convinti che educando la gente sui rischi e facendo loro credere le cose giuste il problema si
risolverà. I professionisti si sono interessati a questo punto di indagare sulle regole che governano la
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divergenza tra le loro opinioni e quelle dei cittadini, questi studi hanno permesso di affermare che i
professionisti valutano un rischio attraverso le stime dei danni che esso può provocare, mentre la
popolazione giudica un rischio attraverso diverse categorie come per esempio il suo potenziale
catastrofico, l'accettazione di un rischio, l'accettabilità, il beneficio che consegue al correre un
rischio oppure la volontarietà all'esposizione.
La distorsione della percezione del rischio si può rappresentare graficamente attraverso due assi che
si incontrano, il primo rappresenta la capacità di un rischio di creare terrore, l'altro asse rappresenta
il carattere sconosciuto delle conseguenze. La massima lontananza tra le opinioni della popolazione
e degli esperti la si trova nei quadranti opposti, ovvero ciò che la popolazione teme di più è
sovrastimato per gli esperti e ciò che la popolazione invece teme di meno è secondo gli esperti
sottostimato. Questa operazione comunque è semplificata poiché tiene conto dei soggetti solo come
separati dagli altri e non considera le influenze reciproche.
All'interno della cultura psicologica ci si è interrogati sugli elementi che producono il cambiamento
dei comportamenti a livello individuale, tra le numerose teorie quella della Health Belief Model
(modello delle credenze sulla salute) è quella che ha dominato la scena del settore. Secondo questa
teoria la spinta ad assumere un comportamento salutare può derivare da fattori esterni o interni ma
l'avvio del processo di cambiamento di un comportamento deriva dal combinarsi della percezione di
vulnerabilità dell'individuo e della gravità della malattia da una parte, e dall'altra dalla possibilità di
benefici nell'adottare azioni di prevenzione o di cura, sottraendo ad essi le difficoltà che si
incontreranno avviando tali azioni. Questa prima versione di tale teoria prevedeva un soggetto che
sceglieva razionalmente calcolando paure/benefici, senza avere influenze né dai fattori emotivi né
da quelli ambientali. Tuttavia già nel 1957 si era parlato di dissonanza cognitiva, ovvero una teoria
per cui un informazione che contrasta con il nostro comportamento se accompagnata dalla paura
attiva meccanismi di difesa, per cui la credenza che si viene a creare nel soggetto è il prodotto
cognitivo di un emozione negativa. Tale meccanismo della dissonanza cognitiva pare abbia più
presa su quei soggetti con “locus esterno” ovvero che ritengono che la vita sia determinata da fattori
al di fuori del proprio controllo; al contrario chi ha “locus interno” ritiene che le proprie azioni
determinino gli eventi della vita e che questa sia sotto il proprio controllo, per cui hanno una
maggiore motivazione ad assumere comportamenti positivi rispetto alla salute.
Bandura con il concetto del “reciproco determinismo” riporta l'attenzione sul ruolo che l'ambiente
svolgerebbe nel costruire nei soggetti la capacità di condurre un azione; l'adulto secondo questo
autore è in grado di autodeterminarsi ma agisce e reagisce in risposta agli stimoli ambientali. Egli
elabora la teoria dell'apprendimento sociale, teoria tra le più familiari per chi lavora nel campo
della promozione della salute; essa prevede che in tutto l'arco della vita il comportamento è frutto
del processo di apprendimento che si realizza in 2 fasi: la prima di esperienza diretta delle
conseguenze di un comportamento, la seconda della elaborazione delle informazioni con la
memorizzazione complessiva del processo. È proprio l'ultima fase del processo che permette al
soggetto di costruirsi un immagine interiore delle conseguenze del proprio agire e che attiva il
processo di autoregolazione che spinge a compiere un cambiamento. L'uomo quindi secondo
Bandura è alla ricerca di un equilibrio fra il massimo sostegno e la minima sofferenza prodotta dal
suo ambiente di riferimento. Un altro concetto introdotto da questo autore è il senso di
autoefficacia ovvero la convinzione che la persona adulta si costruisce nel tempo di poter cambiare
uno specifico comportamento e di riuscire ad organizzare le azioni necessarie a raggiungere
l'obiettivo prefissato. Il comportamento dannoso svolge nella vita del soggetto un ruolo, quindi per
favorire il cambiamento bisogna individuare quel ruolo e trovare condizioni meno rischiose per la
salute che possano svolgere un ruolo vicario.
La teoria dell'azione ragionata introduce un concetto che arricchisce il quadro fin'ora descritto; il
proposito di comportamento si organizza attraverso 2 processi: la costruzione delle attitudini,
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ovvero quelle che Bandura definisce come credenze di risultato, e la percezione delle norme sociali,
ovvero la valutazione che il soggetto compie intorno alle aspettative da parte delle figure di
riferimento. Il proposito sarebbe poi modulato dalla percezione del proprio controllo sul
comportamento che s'intende attuare.
Prochaska e Di Clemente sostengono che il cambiamento non è un fenomeno del tipo “tutto o
niente” ma che il suo sviluppo proceda in una sorta di spirale che può interrompersi oppure
cambiare la sua direzione. Secondo questi autori esistono 5 stadi del cambiamento:
– pre-intenzione: in questo stadio il cambiamento non è ancora preso in considerazione; il
passaggio allo stadio successivo è favorito da eventi che intercorrono nel corso della vita.
– contemplazione: è in questo stadio che il cambiamento comincia ad essere preso in
considerazione; il passaggio alla stadio successivo è influenzato molto dalla percezione di
essere realmente in grado di condurre il cambiamento richiesto.
– preparazione: si comincia a pianificare piccoli atti che porteranno al cambiamento; il
passaggio allo stadio dell'azione è favorito dalle condizioni ambientali.
– azione: questo stadio può iniziare più e più volte e può non portare mai alla fase successiva.
– mantenimento (o ricaduta): il mantenimento è una fase agevolata dalle risposte favorevoli
ottenute dal proprio corpo ma anche dall'ambiente sociale in cui il soggetto si trova.
La propensione all'adozione di un nuovo comportamento si distribuisce all'interno di una comunità
seguendo le regole della curva gaussiana:
• il 2,5% della popolazione sono coloro che adottano subito il nuovo comportamento, gli
“innovatori”;
• il 13,5% adotta il cambiamento abbastanza rapidamente, i “disponibili al cambiamento”;
• il 34% della popolazione è rappresentata dai “temporeggiatori”;
• un altro 34% mostra scetticismo e riluttanza al cambiamento, i “riluttanti al cambiamento”;
• il 16% della popolazione è costituita dai “resistenti al cambiamento”.
I diversi gruppi di popolazione individuati risponderanno in modo differente alle diverse strategie di
intervento, nei gruppi di popolazione meno propensi al cambiamento si dovranno affiancare diversi
tipi di azione come le modifiche ambientali, le azioni sui gruppi di riferimento, l'acquisizione di
nuove capacità, ecc.
Green e Kreuter propongono un modello di pianificazione che ha una fase chiamata “diagnosi” o
“valutazione educativa”, in questa fase ogni volta che viene identificato un comportamento come
causa di un problema di salute si cerca di individuare quei fattori che dovranno essere modificati per
iniziare a sostenere il processo di cambiamento. Essi parlano di:
– fattori predisponenti, fattori che precedono l'assunzione di un comportamento, essi
costituiscono la motivazione di un singolo individuo o di un gruppo ad agire. Essi includono
le dimensioni cognitive e affettive del conoscere, del sentire, del credere, del valutare e
dell'avere fiducia nelle proprie capacità di condurre in modo efficacie un azione;
– fattori abilitanti, fattori che facilitano e sostengono la motivazione permettendo
l'assunzione del comportamento, sono tutte le condizioni presenti nell'ambiente di vita che
facilitano o ostacolano la performance di un azione condotta da un individuo o da un gruppo
di popolazione. La disponibilità, l'accessibilità, l'economicità di prodotti di consumo non
salutari sono importanti fattori abilitanti che producono effetti negativi. Essi includono
anche le nuove abilità di cui una persona o una comunità ha bisogno per mettere in pratica
un cambiamento di comportamento;
– fattori rinforzanti, quei fattori che incentivano e contribuiscono al persistere del
comportamento, sono tutte le conseguenze che il soggetto che adotta un comportamento
osserva come risposta positiva o negativa dall'ambiente che lo circonda. Si può trattare di
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benefici sociali, benefici fisici, ricompense tangibili, ricompense desiderate o non aspettate.
I fattori predisponenti sono in genere sufficienti a dare avvio al comportamento ma in linea di
massima senza la possibilità d'usare le risorse che rendono possibile l'azione il comportamento non
viene portato a compimento. Una volta però portato a compimento questo porterà a reazioni fisiche
oppure emotive o sociali, le ricompense e le soddisfazioni derivate dal comportamento lo
consolidano e lo rendono più attraente, in questo modo il fattore rinforzante di oggi diventa il
fattore predisponente di domani.
L'individuazione dei fattori predisponenti, rinforzanti e abilitanti che determinano un
comportamento facilita la scelta della tipologia di intervento di educazione e promozione della
salute che può essere usato, anche se per rimuovere del tutto un comportamento è necessario
costruire un intervento che agisca su tutti e tre i gruppi di fattori.
Negli approcci psicologici visti la visione dell'uomo è quella di un attore razionale che però si
arricchisce delle relazioni ambientali e sociali, anche se l'immagine che si desume è comunque
quella di un uomo impegnato nella riflessione su di sé.
Il concetto di “rischio” ha avuto una sua evoluzione negli anni: nell'epoca premoderna il pericolo
era rappresentato da un evento naturale per lo più esterno che aggrediva l'uomo, questo concetto
escludeva l'idea dell'errore e della responsabilità umana; con il nascere del concetto di probabilità
verso la fine del XVIII secolo, si comincia a pensare che alcuni eventi si verificano con una
regolarità che può essere descrivibile; con la statistica e l'epidemiologia si capisce come il rischio
diventi un dato oggettivo assolutamente calcolabile. Il rischio sempre più conosciuto e calcolabile
comincia ad apparire come maneggevole e si comincia a pensare che le scienze come la medicina
detenessero il sapere. Con la globalizzazione crollano tutte le certezze che si erano riposte nelle
scienze e tutte le regole di attribuzione e causalità dei rischi si infrangono, in questo modo riemerge
il concetto di rischio come d'insicurezza incalcolabile. Oggi le percezioni sul rischio sono
determinate dalla posizione degli individui all'interno della società, si sviluppano in questo modo
coesione e senso di appartenenza ad un gruppo ma allo stesso tempo aumentano le distanze tra di
essi; oggi i singoli attori costruiscono all'interno del proprio contesto socioculturale le proprie
interpretazioni del rischio. In questa situazione se si vuole dare informazioni sui rischi ad un
determinato gruppo sociale sarà necessario prima conoscere bene il contesto in cui ci si trova per
capire come esso recepisce ed elabora le nostre informazioni, sarà perciò utile promuovere lo
“sviluppo di comunità”.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha individuato 5 aree che ha definito come fondamentali
capacità individuali utili alla vita:
• risolvere problemi e prendere decisioni, ovvero la capacità di percorrere piccoli gradini;
• possedere pensiero creativo e senso critico, questo contribuisce a risolvere problemi ma
anche a rispondere in modo versatile alle situazioni della vita quotidiana e contribuisce al
raggiungimento di migliori livelli di salute;
• conoscere se stessi e sviluppare l'empatia;
• comunicare efficacemente e stringere relazioni interpersonali, questo è di grande
importanza per il benessere psicosociale;
• gestire l'emotività e lo stress, implica il riconoscimento di noi stessi e l'essere in grado di
rispondere nel modo appropriato.
Per l'Organizzazione Mondiale della Sanità queste capacità possono essere acquisite dai soggetti
soprattutto se giovani.
Capitolo 3: Progettare il cambiamento.
Per promuovere salute ci si può incentrare sul cambiamento individuale, sulle modifiche ambientali
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e organizzative oppure sulle relazioni favorevoli alla crescita delle potenzialità personali e
collettive; in ogni caso si è convinti che il fare sia meglio che il non fare. Il cambiamento comporta
un interferire con lo stato della popolazione e necessariamente risponderà a delle scelte che
definiranno delle priorità piuttosto che altre; produrre cambiamento è spesso un azione non
pianificabile in modo puntuale ed esige un pensiero di tipo strategico. Avere una situazione
desiderabile come obiettivo da realizzare vuol dire avviare un processo di programmazione;
pensando all'obiettivo da raggiungere s'individueranno le azioni da eseguire per raggiungerlo.
Eseguire un cambiamento sui livelli di salute di una popolazione richiede la messa in atto di un
programma particolarmente impegnativo che viene attuato dopo un attenta progettazione. Alcune
tappe della progettazione tendono ad essere sempre le stesse magari solo in sequenze diverse, ma
molte sono le differenze tra un progetto e l'altro. Si inizia con una fase che può essere definita come
analisi della realtà, tappa questa che trova diverse definizioni e in cui vengono individuati i
problemi di salute e di qualità della vita, i bisogni espressi o rilevati che rappresentano il motivo
dell'elaborazione del progetto. Quindi si passa alla tappa dell'analisi dei problemi, dove si discute
la possibilità di rimozione del problema attraverso azioni efficaci; si arriva dunque alla fase della
definizione degli obiettivi, fase estremamente importante poiché dall'accuratezza con cui viene
svolta questa fase dipenderà poi il piano di valutazione dell'intero progetto. Il piano operativo è la
fase in cui si individuano le azioni che devono essere compiute per raggiungere gli obiettivi del
progetto, è necessario dunque indicare chi farà cosa, come e quando; in questa fase dunque si
ripartiranno i compiti e le risorse e i modi di utilizzo di esse. La valutazione è la fase che chiude il
ciclo della progettazione.
Il progettare in questo modo è un azione di tipo razionale ma progettare non è solo questo, infatti è
possibile progettare anche includendo la dimensione ideativa ovvero esplorare con il pensiero i
differenti scenari che ci possono portare a raggiungere il nostro obiettivo, in questo caso il principio
di razionalità cede il passo ad altro e l'agire diventa “costruire con” dove la riproducibilità e
prevedibilità non sono più elementi su cui fondare le scelte d'azione. Stacey afferma che la scelta
delle azioni da intraprendere per produrre un cambiamento, dipenda dalla posizione che si crede che
la situazione in analisi assuma all'interno di 2 variabili: il grado di certezza e il livello d'accordo.
L'asse orizzontale rappresenta la possibilità d'individuare con più o meno certezza, una relazione di
causa effetto tra il problema da affrontare e una soluzione ritenuta efficace per quel problema.
L'asse verticale rappresenta il livello di accordo all'interno del gruppo di lavoro intorno agli
obiettivi di cambiamento che si vogliono perseguire. Nel caso ci si trovi ad affrontare problemi
intorno al quale c'è accordo tra gli attori coinvolti e un buon grado di certezza sulla relazione tra
cause ed effetti allora si tratterà di un area in cui è relativamente semplice operare, nel caso di
problemi di salute in questi casi ci si affida all'epidemiologia poiché questa definisce e misura il
ruolo dei fattori di rischio e individua interventi efficaci e replicabili. Quest'area “semplice” è però
solo una piccola parte dello spazio nel quale si possono situare le diverse situazioni affrontate con
azioni di promozione alla salute, per esempio esistono aree “complicate” in cui o vi è poco accordo
oppure un minore grado di certezza, in questo caso è utile saper negoziare e saper interagire con i
diversi attori sociali. Esiste poi una vasta area definita “complessa” in cui si trovano la maggior
parte dei problemi individuati in questo campo. Complesso è inteso come “tessuto insieme” dunque
come qualcosa in cui i diversi elementi sono inseparabili e interdipendenti, in questo caso
l'attenzione si sposta dai singoli elementi al suo complesso e alle sue diverse relazioni fra gli
elementi umani e strutturali. È normale che quanto più ci si addentra nell'area del complesso tanto
più sarà necessario lasciare spazio all'imprevedibile; la strategia in questi casi dovrà prevalere sul
programma e dopo aver elaborato le azioni possibili, esaminato le certezze, le incertezze e le
esperienze fatte sul campo, essa potrà modificarsi in base alle nuove informazioni raccolte.
La presenza o l'assenza in coloro che progettano di una tensione rivolta al ricercare la
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Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
partecipazione dei soggetti coinvolti nel cambiamento ha delle ripercussioni sulla scelta sia degli
obiettivi che sugli strumenti usati per condurre le azioni progettate. Secondo Beattie la modalità di
conduzione di un intervento si muove tra 2 polarità: la gestione autoritaria oppure negoziata;
attraverso questi due aspetti è possibile classificare le diverse strategie d'intervento. Gli interventi
rivolti al complesso della comunità con gestione autoritaria sono per esempio le progettazioni di
tipo legislativo e di modifica dell'ambiente, esse sono azioni che prescindono dalle scelte dei
soggetti. Gli interventi rivolti al soggetto sempre di tipo autoritario sono quegli interventi che
vedono il cambiamento individuale come un processo educativo incentrato sulla comunicazione, si
può dire che sono interventi persuasivi; essi poggiano sull'assunto che il soggetto è un essere
razionale e che in possesso delle giuste conoscenze è in grado di modificare i suoi comportamenti.
Gli interventi incentrati sull'individuo ma di tipo negoziante sono invece quelli che ricercano il
cambiamento attraverso attività di counselling, in essi si cerca un processo educativo in cui vi sia
l'individuazione del ruolo svolto dal comportamento che si vuole rimuovere nella vita del soggetto e
grande è poi l'attenzione posta sulla percezione che il soggetto ha intorno alla propria autoefficacia.
Sempre nella modalità negoziante ma nell'area degli interventi incentrati sulla comunità troviamo il
“lavoro per lo sviluppo della comunità”, ovvero un area che pone l'accento sull'esistenza di una
dimensione collettiva della salute e dei comportamenti ad essa collegati, in questo caso per ottenere
i cambiamenti si attiva la partecipazione di coloro a cui è rivolto l'intervento, gli si chiede di
ridisegnare gli ambienti fisici e sociali che renderanno possibile ciò che si vuole ottenere. Gli
approcci autoritari sono dunque settoriali e parziali mentre quelli negozianti considerano i soggetti e
le comunità come elementi di un sistema che deve essere complessivamente modificato per ottenere
i cambiamenti voluti nei singoli individui.
Tre diversi approcci alla progettazione di intervento:
1. Modello esperto: questo metodo di intervento può essere definito lineare in quanto prevede
una fase di analisi della situazione e un identificazione dei problemi presenti nella comunità
molto povera. In questo caso vi è una forte separazione tra colui che progetta, le persone che
mettono in pratica le azioni previste e i soggetti sui quali si misurerà il cambiamento
avvenuto; esso si basa sulla concezione che per ogni problema esiste la soluzione migliore
(one best way) e colui che progetta ha il compito di prefissare le azioni necessarie per
perseguirla. Si comprende che vi è un forte tecnocentrismo di un gruppo di progettazione
che rimane separato dai soggetti che svolgono le azioni.
Questo modello può essere utile in casi di emergenza oppure in situazioni in cui si vogliano
standardizzare delle procedure in contesti stabili, tuttavia questo metodo non prevede
l'imprevisto o un elemento sfuggito all'analisi, fenomeno non infrequente.
2. Modello interrogativo o negoziante: particolarità di questo modello è la relazione che si
instaura con i destinatari dell'intervento, essi sono coinvolti e diventano protagonisti almeno
nelle fasi in cui si prendono le decisioni principali. Si attivano gruppi di lavoro che dopo
aver individuato il problema cercano di suddividerlo in problemi più piccoli. La
comunicazione in questo caso è bidirezionale; colui che progetta mantiene comunque il
ruolo di decisore. Si cerca dunque la situazione che in un determinato contesto e momento
appare in grado di superare la soglia di soddisfazione di coloro che sono coinvolti nel
problema.
3. Modello euristico o auto diretto: l'attenzione dell'operatore in questo caso è posta
sull'esplorazione e l'individuazione dei punti di forza che permettono alla comunità stessa di
mettersi in cammino alla ricerca dei propri obiettivi di cambiamento; l'operatore non sa di
preciso dove l'azione intrapresa porterà, egli progetta il cambiamento dei livelli di
empowerment della comunità. Questa modalità d'intervento è molto influenzata dal lavoro
di Paulo Freire, egli sostiene che lo sviluppo di una comunità voglia dire creare situazioni
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Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
favorevoli perché i soggetti siano messi in grado di riconoscere la propria situazione. Questo
modello è il più vicino all'area psico-pedagogica.
Il coinvolgimento della comunità nel progettare cambiamenti è una necessità ma viene affrontata in
modo differente in base alla propria area culturale, infatti nell'area culturale bio-medica questo si
traduce come necessità di richiedere informazioni alla comunità in una comunicazione
unidirezionale. Nelle aree culturali di matrice educativa il coinvolgimento della comunità diventa il
risultato di un lavoro incentrato sulla costruzione della sua partecipazione alle scelte che la
riguardano, si hanno in questo modo relazioni negozianti e comunicazioni bidirezionali. Adams
propone una schematizzazione delle azioni che comunità e operatori svolgono in relaziona ai diversi
gradi di coinvolgimento della comunità: gli operatori dunque modificano progressivamente il loro
ruolo nei confronti della comunità. Guttman invece ragiona su come il coinvolgimento della
comunità può essere inteso come strategia o come obiettivo (esattamente come aveva ragionato
sulla responsabilità individuale). La partecipazione intesa come strategia serve ad ottenere
l'adesione ovvero si chiede la collaborazione della comunità, in questo modo organizzazioni, gruppi
ed istituzioni si impegnano a collaborare per modificare le condizioni sociali e ambientali in modo
da raggiungere gli obiettivi. Gran parte degli interventi rivolti alla comunità sono però quelli che
non usano la partecipazione né come obiettivo né come strategia, si tratta di erogare i servizi. In
quest'area rientrano tutti i servizi sanitari che promuovono interventi di prevenzione primaria,
secondaria ma anche i cosiddetti “sportelli d'ascolto”. Quando la partecipazione diventa l'obiettivo
da perseguire si avranno interventi che sostengono la crescita o che sostengono la mobilitazione.
Nel caso del sostegno alla crescita si tratta di fornire appoggio alle azioni che sono il frutto della
crescita della comunità nella sua capacità di partecipare alle scelte che la riguardano. Nel caso della
mobilitazione della comunità invece gli interventi si concentrano sul processo di sviluppo sociale
attraverso il quale gli individui assumono sia il controllo della propria vita che la capacità di
modificare gli ambienti sociali e politici in cui vivono.
Anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha espresso la necessità di favorire lo sviluppo della
comunità e definisce l'empowerment come il processo con cui un individuo accresce il controllo
sulle sue decisioni e azioni relative alla propria vita e salute. Per processo di empowerment si
intende dunque la crescita e l'emancipazione degli individui a partire dalla percezione di poter
influenzare il decorso degli eventi che si accompagna alle aumentate capacità di controllo della
propria vita, dunque un processo che parte dalla percezione di possedere un potere che si traduce
poi in realtà attraverso gli strumenti necessari. Labonde sostiene che l'empowerment si debba
costruire a tre livelli, quello intrapersonale, come esperienza di crescita in senso di autoefficacia e
autostima; quello interpersonale, come organizzazione delle conoscenze e della capacità di analisi
sociale; e all'interno della comunità, coltivando le risorse utili al progresso personale, sociale e
politico. Labonde inoltre sottolinea come siano diverse le azioni professionali necessarie a favorire
un'azione che sviluppi empowerment e come queste ruotino intorno a 5 aree d'intervento:
• Azione a sostegno delle persone: si lavora attraverso i servizi che seguono i casi in cui gli
operatori devono essere impegnati nel supportare l'operazione di individuazione e presa di
coscienza delle potenzialità individuali.
• Sviluppo dei piccoli gruppi: è la struttura centrale nel processo di crescita di una comunità.
• Organizzare la comunità: si cerca di aggregare le forze dei piccoli gruppi facendo
attenzione ai problemi e alle opportunità e non alle conflittualità.
• Costruire le coalizioni: fornire informazioni e capacità per interagire con le strutture
politiche e influenzare le loro scelte.
• Svolgere direttamente un azione politica.
Al di fuori dei processi di emancipazione può capitare di trovare le ultime due aree invertite, questa
apparente semplice differenza è invece sostanziale in quanto al posto di creare coalizioni per poi
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Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
rendere evidenti gli obiettivi e i valori comuni, si costruiscono le azioni politiche ricercando i temi
su cui poi sia possibile costruire una coalizione.
L'etica normativa è la disciplina filosofica che si occupa della formulazione e giustificazione dei
principi morali, ovvero delinea ciò che è moralmente buono, quali sono i doveri a cui ci dobbiamo
sentire vincolati nella vita professionale e come questo si traduca in diverse azioni.
La medicina intesa come scienza ha sempre perseguito la strategia del “utilitarismo orientato al
paziente”, ovvero la decisione che tutte le volte si ricerca è quella che si ritiene abbia le migliori
conseguenze nel portare il beneficio del paziente; seguendo questo principio però manca
l'attenzione che si dovrebbe dare alle conseguenze delle azioni che vengono fatte. Per rimediare a
ciò si passa a perseguire la strategia dell'utilitarismo universale, ovvero la migliore decisione deve
tenere conto oltre al beneficio del paziente anche l'appropriatezza sociale delle azioni: la migliore
decisione porta alle migliori conseguenze per il maggior numero di persone. Tuttavia anche questa
strategia è ingiusta in quanto sacrifica una minoranza che non risulta così marginale se si tratta di
una minoranza selezionata per la variabile della classe sociale. Rawls, filoso americano, sostiene
che la nozione morale fondamentale sia quella della giustizia sociale o equità, egli indica la
necessità di un contratto sociale a cui i membri della società si devono attenere con la finalità di
perseguire i massimi benefici per coloro che nella società sono più svantaggiati. Inoltre la strategia
dell'utilitarismo orientato al paziente si accompagna facilmente al paternalismo, ovvero il
professionista di area sanitaria spesso prende decisione in nome di altri perché ritiene che ciò serva
nel modo migliore ai loro interessi, tuttavia questa pratica vuol dire violare l'autonomia del paziente
e quindi trattarlo come un oggetto; quest'ultima azione è ancora più grave se il principio del
paternalismo si applica agli interventi di comunità. Oggi determinare il valore etico di un intervento
sanitario è molto più complesso che in passato poiché si devono integrare nuovi criteri a quelli che
inizialmente hanno permesso di distinguere ciò che è bene da ciò che è male. La medicina moderna
è costretta ad essere sensibile alle preferenze del paziente, infatti all'aumentare delle possibilità
terapeutiche si associa l'esistenza di una pluralità di scelte possibili preferibili dal paziente, dunque
il soggetto adulto ha la possibilità di autodeterminarsi nelle scelte relative alla sua salute mentre la
medicina deve aprire spazi di contrattazione che consentano al paziente di scegliere in armonia con
il proprio progetto di vita. In più bisogna tenere in considerazione anche la dimensione
dell'appropriatezza sociale dell'intervento, infatti si richiede l'uso ottimale delle risorse guardando
all'equità e alla solidarietà verso i più fragili.
Modello di pianificazione proposto da Green e Kreuter.
1. Diagnosi sociale: l'analisi comincia con una valutazione della qualità della vita, per definire
in linea generale le speranze e i problemi della popolazione in questione. Sarebbe meglio se
tale analisi fosse svolta con la partecipazione del gruppo stesso di riferimento.
2. Diagnosi epidemiologica: si identificano specifici obiettivi o problemi di salute che aiutano
a chiarire il quadro delineato nella fase precedente, in questo caso è il pianificatore a rilevare
i principali problemi di salute della comunità.
3. Diagnosi comportamentale e ambientale: si tratta di identificare i comportamenti e le
situazioni ambientali collegati alla salute che possono sostenere il problema identificato
nella fase precedente. I comportamenti andranno identificati con molta attenzione e
chiarezza; per fattori ambientali si intendono tutti quelli esterni all'individuo e che possono
modificare o sostenere un comportamento.
4. Diagnosi educativa e organizzativa: i fattori identificati nella fase precedente vengono
classificati in tre grandi gruppi:
1. Fattori predisponenti; le conoscenze , le credenze e i valori individuali che sostengono o
ostacolano la motivazione al cambiamento.
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Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
2. Fattori abilitanti; capacità, risorse o barriere che aiutano o ostacolano il desiderio di
modificare comportamenti o situazioni ambientali.
3. Fattori rinforzanti; le risposte che i soggetti ricevono dagli altri in seguito all'adozione di
un nuovo comportamento che li incoraggia o meno al mantenimento di tale
comportamento.
Una volta fatta questa divisione si individuano i fattori prioritari sui quali centrare
l'intervento. Questa fase si conclude con la definizione degli obiettivi da perseguire.
5. Diagnosi amministrativa e politica: si valutano le capacità amministrative ed organizzative
possedute e necessarie a implementare l'intervento, inoltre bisogna definire la giusta
combinazione di strategie e metodi da attivare.
6. Implementazione dell'intervento.
7. Valutazione di processo.
8. Valutazione di impatto.
9. Valutazione di risultato.
Le ultime 4 fasi sono poste alla fine tuttavia le fasi di valutazione hanno inizio con la definizione
degli obiettivi dunque sono fasi continue che avanzano progressivamente con il procedere delle fasi
del modello.
Capitolo 4: Dall'identificazione dei problemi alla ricerca delle soluzioni.
L'identificazione e la definizione di un problema sul quale si vuole intervenire è il frutto di un
processo di selezione guidato che risente sia dell'organizzazione sociale, sia dei valori che guidano
il gruppo di lavoro. Spesso si verifica che ci si scontri sulla scelta della soluzioni da attuare, questo
accade perché ciascuno ha una propria definizione del problema che si è scelto di affrontare e delle
sue cause e non le ha condivise con gli altri, oppure accade che si creino programmi di intervento
che sembrano puzzle complicati perché si è semplicemente incorporato tutte le azioni proposte dai
soggetti senza filtrarle con il confronto. Quando si analizza un problema è necessario focalizzare d
subito l'attenzione sulla situazione desiderata, definendo il problema e procedendo verso le possibili
cause prima ancora di passare ad ipotizzare le possibili soluzioni. Un problema di salute si definisce
allora come lo stato o la condizione di un soggetto o di una comunità che si discosta da uno
standard considerato come desiderabile, il tempo il luogo e il contesto saranno poi elementi
essenziali per la sua descrizione. La corretta definizione di un problema di salute all'interno di una
comunità richiede che ci si interroghi sul punto di vista dal quale si vuole descrivere tale evento,
ovvero la definizione concettuale. L'Organizzazione Mondiale della Sanità invita a interrogarsi
sull'esistenza di una distribuzione nello spazio sociale del fenomeno che si è scelto di osservare,
ovvero verificare se esiste o meno il problema confrontandosi con un'altra situazione (riferimento
che funga da atteso). Inoltre chi analizza un problema ha la necessità di informazioni che
consentano di qualificare e quantificare il problema (traduzione operativa).
Scegliere la situazione attesa è uno dei momenti più importanti poiché questa scelta potrebbe far
emergere o negare l'esistenza di un problema, tuttavia non esistono regole fisse che aiutano a
definire la migliore situazione con cui confrontarsi.
Di fronte ad uno stesso problema i diversi attori sociali coinvolti lo leggeranno secondo
interpretazioni diverse e quindi diverse saranno le loro proposte di azione per risolvere il problema,
per non rischiare di imporre un problema che magari la comunità non legge come tale è sempre
opportuno tenere conto dei punti di vista degli attori che il problema lo vivono o lo hanno sotto
osservazione. Succede spesso che gli operatori costruiscano immagini di salute della comunità nelle
quali operano a partire dalle sole informazioni sull'utilizzo che i cittadini fanno dei servizi o dalle
richieste che questi pongono, anche se queste variabili è noto che non sempre sono coincidenti.
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Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
Infatti è necessario distinguere i bisogni in latenti, che non sono percepiti dai soggetti; percepiti, da
latenti diventano percepiti attraverso un percorso di educazione alla salute che non si esaurisce con
il solo fornire delle informazioni; e quelli espressi, alle strutture appropriate.
Il percorso che porta all'individuazione dei problemi di una comunità si compone solitamente di 3
momenti:
– Raccolta dei dati secondari, sono dati secondari tutte le informazioni demografiche, sociali
e epidemiologiche che vengono raccolte da istituti di ricerca e agenzie pubbliche. Questa è
una tappa documentaria che raccoglie informazioni spesso non costruite in modo specifico
per i nostri bisogni.
– Incontro con i testimoni privilegiati, sono informatori-chiave, ovvero quelle persone
rappresentative che vivendo in quella comunità o essendo in contatto con essa si ritiene sia
in grado di dare realtà al quadro fornito dalle informazioni raccolte in precedenza.
– Realizzazione di inchieste specifiche, questo momento si realizza solo nel caso siano
necessari ulteriori dati specifici.
Questo tipo di approccio appena descritto è di tipo tradizionale ovvero più vicino all'area di
prevenzione, alcuni autori sostengono invece che sia utile già in questa fase avere un quadro dei
problemi della comunità che poggi sulle percezioni della comunità stessa, in questo modo si otterrà
un processo che stimola e assiste la comunità nell'identificazione dei problemi; si usano perciò
modelli di progettazione di tipo concertativo. In questo modello l'interrogazione dei gruppi avviene
attraverso tecniche, tipo focus group, che aiutano a mettere in evidenza i problemi a seconda delle
percezioni della comunità. Non bisogna scegliere uno dei due modelli pensando che uno sia
superiore all'altro per analizzare la realtà e i bisogni ma bisogna pensare a ciò che si vuole o si può
proporre ad una comunità. Una volta identificato il problema si passa all'analisi dei comportamenti
e delle condizioni ambientali che possono esserne la causa interrogandosi anche sulla suscettibilità
del problema a soluzioni di cui si può identificare l'efficacia. Solo gli eventi che si dimostrano
correlati al problema in modo statisticamente significativo sono individuati come fattori causali,
mentre tutte quelle circostante per cui non si sia potuto stimare la probabilità di associazione sono
considerate come oggetto di ricerca e non d'intervento.
Ipotizzare le cause di un problema è un operazione che mette in relazione il livello di conoscenza
scientifica disponibile intorno al problema con le capacità di osservazione e analisi della realtà. È
necessario dunque scomporre il problema in quote attribuibili alle varie cause, più si conosce il
problema e la realtà più si sarà in grado di scomporre la distanza dalla situazione attesa in quote
attribuibili alle singole cause presunte. Nella maggior parte dei casi ci si trova in situazioni in cui
non si hanno solide conoscenza scientifiche, in questi casi dunque sarà possibile discutere intorno
agli elementi che sostengono il problema solo in modo approssimativo. Si procederà poi con il
censimento delle strategie tecnico-operative che sono state messe a punto da altri per rimuovere
cause analoghe, si discute in questa fase di efficacy, ovvero quella che in italiano viene definita
“efficacia teorica”, la verifica delle condizioni sperimentali. In seguito si ragionerà sulla capacità
della comunità presa in considerazione di acquisire e far funzionare le soluzioni individuate, si parla
perciò di effectiveness, “efficacia pratica” ovvero la previsione di efficacia che si ritiene otterrà
l'intervento individuato nella realtà in esame.
È necessario essere consapevoli che le operazioni di scelta delle priorità d'intervento mettono in
gioco modelli di riferimento e interessi differenti, è utile dunque rendere espliciti i criteri sui quali
avverrà la scelta della priorità. Esistono 2 famiglie di criteri più usati per definire le priorità:
l'importanza, che fa riferimento ai criteri di frequenza e di gravità; e la modificabilità, che fa
riferimento ai criteri di efficacia teorica e efficacia pratica. Dopo aver definito le priorità si è pronti
per definire gli obiettivi del proprio intervento e ad elaborare il piano di esecuzione. Una volta
concepito un fine si individuerà la successione ordinata di azioni che rappresenteranno i mezzi con
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Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
cui verrà raggiunto lo scopo. Predeterminare il corso degli eventi però non è possibile poiché tra la
situazione auspicata e quella che si otterrà realmente ci sarà sempre uno scarto, l'ideale perciò sarà
analizzare il potenziale contenuto in una situazione seguendo la sua evoluzione e cercando di
anticipare il suo sviluppo in modo da individuare il possibile innesco della trasformazione a venire.
• Focus group: è una discussione di gruppo che riunisce 6-10 persone che sono chiamate ad
affrontare un argomento di specifico interesse per la comunità di cui fanno parte, esso serve
ad approfondire 1 o 2 argomenti in modo dettagliato. Solitamente i partecipante vengono
scelti individuando una matrice comune. Per organizzare un focus group è necessario:
dettagliare l'argomento d'analisi, selezionare i partecipanti e creare un gruppo, predisporre i
quesiti in modo analitico, gestire le fasi della riunione, analizzare i risultati e chiarificarne la
ricaduta ai partecipanti. È importante non porre i problemi in modo da far sentire a disagio i
partecipanti . La presenza di uno o più osservatori esterni rende possibile valutare la qualità
dell'incontro oltre che facilitare l'analisi dei risultati. Il focus group ha successo quando i
partecipanti dialogano fra loro nel modo più libero possibile; il gruppo deve comunque
essere coordinato da un moderatore che introduce gli argomenti della discussione e aiuti a
sviluppare una conversazione coinvolgente. La durata delle sessioni è di circa un ora e
mezza, esso non ha lo scopo di giungere ad un accordo ma solo di raccogliere informazioni.
I risultati di un focus group non sono omologabili al resto della comunità.
• Tecnica Delphi: con questa tecnica si ottengono e in un secondo tempo si organizzano le
opinioni di un gruppo di soggetti. Ad un gruppo di persone viene chiesto di esprimere un
parere scritto e anonimo in seguito si verificherà se i soggetti posti davanti alle opinioni
degli altri rivedranno il proprio parere in modo da raggiungere un consenso almeno parziale.
La tecnica si sviluppa attraverso una serie di questionari inviati a persone che non hanno
modo di incontrarsi. Esso si sviluppa in 9 tappe: l'identificazione del problema, la selezione
degli esperti (soggetti), l'elaborazione del primo questionario e l'invio agli esperti, l'analisi
delle risposte al primo questionario e l'elaborazione di un sunto, la preparazione di un
secondo questionario e l'invio agli esperti, la rielaborazione delle risposte e la preparazione
di un altro sunto, l'eventuale elaborazione di un terzo questionario, l'analisi delle risposte
finali e la predisposizione di un rapporto finale. Nel secondo questionario si fornisce ai
partecipanti le risposte fornite dagli altri e si chiederà di rivedere le proprie formulazioni
espresse in precedenza alla luce dei contributi emersi dagli altri.
• Tecnica del gruppo nominale: si tratta di piccoli gruppi di incontro con lo scopo di
individuare dei giudizi e porli in ordine gerarchico. Per fare ciò occorre una domanda che
evochi risposte e un moderatore che sappia condurre il processo come facilitatore e non
come esperto. Questa tecnica si svolge in 4 fasi: generazione delle idee, in cui si lavora in
modo indipendente e i partecipanti scrivono la propria risposta alla domanda-stimolo; la
registrazione delle idee espresse dal gruppo; la chiarificazione di queste idee; e la votazione
delle idee in cui ogni partecipante segnalerà quale per lui è la più importante. Il numero
ideale di partecipanti sono dalle 5 alle 9 persone e la tecnica si svolge in un tempo inferiore
ai 60 minuti. L'obiettivo principale è quello di generare idee.
Capitolo 5 : Valutazione e processi decisionali.
La valutazione diventa un passaggio portante nella progettazione di programmi di promozione della
salute dalla seconda metà degli anni '60 negli Stati Uniti. Tuttavia vi sono due visioni di essa, la
prima vede il programma come la risposta razionale ad un problema e la valutazione come lo
strumento per ricondurre il programma all'atteso; la seconda vede il programma come qualcosa di
adeguato per sviluppare le potenzialità presenti e la valutazione come lo strumento che serve a
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Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
scegliere il programma e a sostenere le scelte che si fanno nel tempo. Cochrane nel suo libro
“L'inflazione medica” pone la questione della reale efficacia delle procedure mediche e della
necessità di arginare la crescita dei costi, egli arriva ad affermare che prima di scegliere quali siano i
migliori modelli bisognerebbe essere in grado di dire quali siano le prestazioni realmente utili. Egli
introduce l'esperimento controllato sostenendolo come l'unico strumento metodologico in grado di
fornire ad ogni misura terapeutica o preventiva la prova di efficacia. Prima dell'intervento di questo
autore infatti la medicina basava tutta la ricerca sull'efficacia solo sull'osservazione degli effetti del
farmaco su un ristretto numero di persone e spesso senza adeguati gruppi di confronto. Il gruppo di
confronto ideale però dovrebbe avere caratteristiche identiche a quelle del gruppo sotto trattamento
o almeno per quelle caratteristiche che potrebbero modificare il corso del trattamento, tuttavia
questo è molto difficile da fare perciò Cochrane riparla della “sperimentazione controllata” (di
Hill), in cui le persone vengono scelte e smistate nei 2 gruppi casualmente. Oggi però ci sono molti
dubbi sul fatto che lo studio osservativo sperimentale sia quello più idoneo a costruire evidenza di
efficacia per gli interventi condotti in comunità; alcuni sottolineano appunto i problemi
metodologici degli impianti valutativi. Il metodo sperimentale studia la regolarità con cui un evento
si presenta associato a un risultato favorevole atteso, questo tipo di modello non prende in
considerazione ciò che accade all'interno del processo, dell'incontro tra la possibile causa e il
substrato sul quale si agisce; infatti tiene in considerazione solo del risultato o prodotto atteso e dei
soggetti in studio.
Il metodo sperimentale afferma che un evento potrà essere definito come causa di un risultato atteso
solo se in ripetute osservazioni produrrà lo stesso effetto. Tra la sperimentazione nel mondo della
medicina e quella sulle comunità c'è una forte differenza, infatti in medicina quando si arriva alla
valutazione d'efficacia sull'uomo si cerca di confermare un meccanismo che si è già
precedentemente descritto nei contesti cellulari e animali, mentre nel caso dei programmi sociali
questo non è possibile, non si può parlare di conoscenza del meccanismo di azione. In un
programma sociale dunque ciò che si osserva non può essere considerato come un osservazione
trasportabile in altri contesti come le osservazioni nei laboratori biologici. Altro punto di criticità
per il metodo sperimentale è dato dalla necessità di lavorare in un contesto neutro: quando si valuta
l'efficacia di un farmaco i gruppi umani a confronto devono essere uguali, passando però al campo
sociale questo non è più possibile in quanto esso è un sistema aperto dove i cambiamenti non
possono essere tenuti sotto controllo anzi essi sono gli unici elementi per valutare le idee e le risorse
che il programma ha introdotto. C'è inoltre da tener presente che l'incontro tra un elemento esterno e
un sistema non attiva un meccanismo di tipo “tutto o nulla” ma un processo di trasformazione che
passa da uno stadio all'altro. La causa dunque non è più semplicemente individuata nell'elemento
esterno ma nel complesso insieme che si genera tra la causa potenziale e gli elementi interni che
vengono attivati dal meccanismo che genera la trasformazione. In campo sociale dunque per
valutare l'efficacia degli interventi è necessario descrivere non solo ciò che si introduce ma anche
cosa accade nella interazione tra le differenti azioni messe in campo e i diversi elementi interni.
Bisogna perciò accettare che in ogni situazione il legame tra input e un risultato può essere ottenuto
attraverso diversi percorsi oppure può non essere raggiunto in base a come reagiranno gli attori al
programma e a come lo interpreteranno. Con il variare dell'approccio alla progettazione cambiano
anche le finalità con cui viene fatta l'azione valutativa che si consumerà lungo tutto l'arco del
progettare.
Nel caso di modelli direttivi in un primo momento la valutazione si occupa di individuare gli
obiettivi che è possibile perseguire, ovvero gli si chiede di giudicare a priori la bontà di un
programma con la sua realizzabilità, valutandone l'efficacia teorica e pratica e prevedendo le
modifiche che avverranno dopo la somministrazione dell'intervento. In un secondo tempo alla
valutazione sarà chiesto di individuare quelle variabili che permetteranno di monitorare il corretto
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Appunti dal libro del corso di Educazione sanitaria.
procede del programma e il raggiungimento degli obiettivi. Esiste poi anche la summative
evaluation ovvero la valutazione riepilogativa che si propone di riassumere i risultati ottenuti, in
questo caso la valutazione si concentrerà sulla misurazione degli eventuali scostamenti tra i risultati
che vengono osservati e quelli che erano previsti.
All'interno invece di una programmazione attiva la valutazione è il prodotto di una negoziazione,
essa è lo strumento sia per comprendere la situazione e definire i problemi sia per chiarire ciò che
dal programma si può ottenere. La valutazione diventa in questo modo un supporto strategico che
coinvolge i diversi attori e si propone di individuare le conseguenze previste e non dalle azioni
messe in atto, si parla così di formative evaluation, o valutazione costruttiva, che spiega se e
perché il risultato ottenuto è da ritenersi un successo e propone insieme agli attori sociali le
modifiche da effettuare.
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