Palazzo Marchisio

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Palazzo Marchisio
Palazzo Marchisio Palazzo Marchisio si colloca all’angolo tra via Emilia Centro e Corso Canal Grande. La prima costituisce l’antichissimo tracciato romano che taglia orizzontalmente la città in senso est-­‐ovest1; il secondo prende il nome da uno dei più celebri e antichi canali di Modena medievale, realizzato dopo il Mille, detto inizialmente Canale del Vescovo e, in seguito, di San Pietro; si tratta di una prospettiva lunga quasi un chilometro che taglia la città in senso nord-­‐sud. I palazzi che vi si affacciano, pubblici e privati, sono imponenti e di grande rilievo storico. Il palazzo è attualmente di proprietà Rossi Barattini, ma è conosciuto come Palazzo Marchisio, dal nome della famiglia che lo costruì alla fine del Settecento. A partire dal 1764, infatti, la famiglia dei conti Marchisio2 acquisì varie case che prospettavano sulla via Emilia, fra via Donzi e Corso Canal Grande, procedendo alla costruzione del palazzo, senza però demolire tutto il preesistente, ma conservando quanto più era possibile. L’edificazione del palazzo si inserisce nel più ampio progetto di decoro urbano promosso dal duca di Modena Francesco III nel 1763. Nel 1803 il Palazzo venne venduto ai coniugi Olivari, famiglia di recente nobiltà, che a loro volta lo cedettero nel 1852 a Francesco Maria Aggazzotti3. Attraverso vie ereditarie il Palazzo è giunto in seguito agli attuali proprietari Rossi Barattini. 1
Mutina romana fu fondata nel 183 a.C. La città romana era spostata più ad est dell’attuale centro storico. I conti Marchisio avevano diverse proprietà terriere e interessi nella coltivazione della vite. 3
Francesco Aggazzotti (Colombaro di Formigine 1811 – Modena 1890) unì alla sua attività di avvocato, due grandi passioni: quella politica e quella per la valorizzazione dei prodotti che gli offrivano i suoi vasti possedimenti terrieri. 2
Non conosciamo il nome dell’architetto che costruì l’edificio, probabilmente fra il 1780 e il 1785. I due portoni di ingresso sulla via Emilia sono sormontati da un coronamento curvilineo che si ripete nelle finestre del pianterreno. Le finestre del piano nobile hanno un coronamento più elaborato, mentre su Corso Canal Grande si trova un balcone con ringhiera in ferro battuto a cui si accede tramite due grandi porte finestre con timpano curvilineo riccamente decorato. Al di sotto, due eleganti arcate con pilastro centrale costituiscono il prospetto su Corso Canal Grande. L’appartamento del piano nobile conserva stucchi e affreschi di Vincenzo Galli e Geminiano Vincenzi4, che decorarono alcune sale tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800. Alla stessa epoca risalgono anche alcuni arredi ancora conservati, tra cui 3 grandi specchiere con cornici in stucco dorate e un camino in marmo di Carrara con ricca ornamentazione. Altre sale furono invece decorate verso la fine dell’800 dal carpigiano Andrea Becchi 5 su commissione degli Aggazzotti. ANDRONE L’androne ha un soffitto a volta di gusto neoclassico con cassettoni a fiori centrali, realizzato da Andrea Becchi. Si possono vedere due antiche panche seicentesche provenienti da un palazzo in Rua Muro, già di proprietà degli Aggazzotti, decorate con lo stemma della famiglia e due grandi vasi ottocenteschi in terracotta. L’originario scalone a rampe diritte, sostenuto da colonne, fu sostituito intorno al 1880 (?) da un elegante e originale scalone elicoidale, su progetto probabilmente di Andrea Becchi6. L’opera è un esempio di fusione tra eclettismo accademico e istanze modernistiche. La scelta dei materiali è infatti eloquente: al tradizionale legno scelto per l’imposta dei gradini, si affiancano per il nastro Nel 1861, alla prima Esposizione italiana di Firenze, venne premiato con ben tre medaglie: una per un suo toro, una per i suoi vini, una per il suo aceto balsamico di 150 anni. E proprio sul suo metodo di produzione dell’aceto balsamico si basa il disciplinare che oggi tutela la produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale DOP. 4
G. Vincenzi (Modena 1770 – 1831): dopo gli studi presso l'Accademia Atestina di Modena, esordì ancora giovane nel ciclo d'affreschi nel palazzo Carandini. Ricercato soprattutto per grandi decorazioni di interni, divenne il più autorevole esponente del Neoclassicismo modenese. Gli furono particolarmente congeniali i temi mitologici, ma si cimentò anche in soggetti storici contemporanei; importante fu anche il suo impegno di scenografo (per il teatro di Corte e per il teatro Comunale) e ritrattista. 5
Andrea Becchi (Carpi 1849 -­‐ Modena 1926): dagli anni ottanta dell’Ottocento fu il protagonista indiscusso della decorazione architettonica e della scenografia teatrale a Modena. Dopo la formazione alla Scuola comunale di Disegno di Carpi, frequentò dal 1867 l’Accademia di Belle Arti di Modena, dove seguì le lezioni di Ferdinando Manzini. Già dagli anni settanta Becchi collaborò con Manzini in cantieri decorativi e scenografie per il Teatro Comunale. Dal 1874 al 1876 lavorò come scenografo e come decoratore a Buenos Aires. Al rientro proseguì nel suo duplice impegno: con una densa produzione teatrale e un'instancabile attività di frescante: fu attivo specialmente a Modena, alternando recuperi cinquecenteschi e soluzioni tardo barocche, ma anche con attenzione al gusto internazionale. Nel 1898 fu nominato Assessore delegato ai Musei e alle Belle Arti, promuovendo la costituzione della Galleria dedicata a Luigi Poletti. Eseguì la decorazione della Sala Gandini del Museo Civico e partecipò al progetto di sistemazione della parte architettonica e decorativa del monumento a Poletti nell’atrio della Galleria. Nel 1904 divenne titolare della cattedra di Ornato presso il Regio Istituto di Belle Arti.
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A. Becchi è autore della bella scala elicoidale di Palazzo Tosi Bellucci in via Canalino, analoga per impianto progettuale a quelladi Palazzo Marchisio. della ringhiera, il ferro fuso e la ghisa (con cui sono realizzati i decori fiorati) al posto dell’usuale ferro battuto. Ciò testimonia un compromesso fra passato e istanze innovative, fra tradizione e nuove soluzioni tecnologiche. Da notare che le parti in metallo furono fatte venire dal Belgio. Andrea Becchi è autore anche della decorazione ad affresco della volta, che rappresenta una rosa dei venti. La lancetta della rosa tutt’ora funziona e gira con la banderuola sul tetto.