- Liceo Galilei

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- Liceo Galilei
Giornale bimensile del Liceo Scientifico Galileo Galilei
Gentili Intervalli Per Dotti Programmi (La lettura è sconsigliata ai minori di 18…mesi)
Articoli di
particolare
interesse:
• Giochiamo?
Piacere van
Gogh
pagina 3
• Music & War
pagina 3
• Ambiente o
genoma?
pagina 4
Ragazzi, all’America piace invadere. No, non parleremo delle questioni caotiche che riguardano il Medio
Oriente, ma di un invasione più evidente (visibile appunto, ai maggiori di 18 mesi). Infatti, accendendo la tv
(per fortuna), non ci sono solo Barbara D’Urso e Maria De Filippi ma anche gente illustre, o meglio,
dall’illustre passato che gentilmente intervalla i loro dotti programmi. E poi dicono che in Italia non c’è
lavoro! L’Italia è un paese governato dalla meritocrazia e dall’onestà intellettuale, ed è solo grazie a queste
virtù se esistono i programmi delle “conduttrici” sopracitate. Ma torniamo ai gentili intervalli e al lavoro:
sono state fatte due o più assunzioni di caratura mondiale (sia a livello di fama che di retribuzione
economica). Bruce Willis, noto a tutti come nuovo tecnico “Fodavone” (Si, niente pubblicità…diretta) e
l’uomo più atteso, colui che ha sostituito le nonne coi suoi biscotti, colui che fu Zorro, colui che “fino alle
punte” riempie i cornetti e che ha le fette di pane più spesse, nientepopòdimeno che Josè Antonio
Dominguez Banderas, meglio noto come “l’uomo che sussurra alle galline”. Elemento disarmante comune
a questi intervalli è la realtà (già presente nei dotti programmi), per coglierla partiremo dall’attore calvo più
famoso del Mondo, Bruce Willis. In verità non si vedeva da mesi, a tal punto che anche “Chi l’ha visto?”
rese nota la sua scomparsa; certo, senza 4G! L’attore fu trovato in un bosco, solo (con la sua limousine e il
suo autista), che gridava “Perso! Non c’è rete!” (frase in cui usa quelle quattro parole italiane che conosce,
casualmente!); quando in suo aiuto arriva con una “lapa” il classico fruttivendolo romanaccio con lo
smartphone e pure il 4G, che da qui in poi tra red carpet e funivie malridotte (unico elemento astratto) sarà
inseparabile compagno del miglior tecnico “Fodavone” mai esistito. Ora, che squillino le trombe, è il suo
momento: Antonio Banderas. Questi lo definiremo sintesi hegeliana, ovvero l’unico momento reale,
concreto e visibile. Infatti Antonio è un “povero” mugnaio immerso nella campagna; impavido, non si
arrende nemmeno davanti ai famigerati ladri di stampi di macine ma continua imperterrito con i suoi
momenti “creativi”, che lo portano al pari di grandi inventori grazie al “pane col cioccolato”, una cosa mai
vista (flauti?). Il nostro inventore ha anche momenti di svago, che passa osservando bambini che giocano
a nascondino, facendo cavalcate durante le quali, per “mangiare”, si porta le “focaccelle” (le avete mai
assaggiate? Buonissime!) o parlando e dando consigli d’amore a Rrrosita. Queste sono pubblicità mirate
non a “vendere sogni, ma solide realtà”. Insomma, tra biscotti, smartphone, tonni, aperitivi, pentole,
jeggins, materassi e docce (installate su vasche da bagno) gli italiani preferiscono cambiare canale ad
ogni gentile intervallo perché sono stufi della “realtà”.
Con varie licenze “poetiche” Ludovico Poidomani e Leonardo Muriana
“LA GUERRA E’ PACE” “LA LIBERTA’ E’ SCHIAVITU” “L’IGNORANZA E’ FORZA”
Grafica del Giornale
curata da
Antonio Pino
Attorno a questi tre slogan si
articola la profonda denuncia che
Orwell fa di quella che era la
società del primo novecento. In
1984 critica con ironia non solo il
partito dominante (il Socing) ma
soprattutto la massa. Il popolo.
Questo gregge informe si può
ben adattare a quella che è la
società attuale e reale: un
ammasso di persone “prive di
libertà intellettuale perchè non
hanno intelletto”. Quelle tre
massime si sono perfettamente
radicate nella mente dei membri
del “Socing” e nella mente dei
“prolet” (proletariato), al punto
che nessuno era più in grado di
pensare con la propria testa.
Persino
la
lingua
venne
cambiata: le parole vennero
drasticamente ridotte, i termini
restanti mutilati e contratti, al fine
di sopprimere ogni scintilla di
ribellione, istinto e traccia di
fantasia nella mente del popolo.
Inutile stupirci, o pensare che
questo libro sia troppo lontano
da ciò che è la realtà, o da ciò
che è stata la realtà, in quanto
non ci serve andare troppo
lontano nel tempo per trovare
una società simile a quella
dipinta da Orwell. Mi riferisco alle
dittature nate nel corso della
storia come i totalitarismi nazista
e comunista a cui lo scrittore fa
un chiaro riferimento. Eppure la
forza risiede nelle masse, come
sostiene lo stesso protagonista
del libro: Winston. Egli si rese
conto che se i “prolet” avessero
deciso di ribellarsi al “Socing”
sarebbero riusciti a spodestare
l’invisibile ”Grande Fratello”(capo
del partito) ed instaurare una
democrazia. Era necessario,
tuttavia, che questi cittadini
aprissero
gli
occhi,
che
smettessero di disinteressarsi a
ciò che accadeva al resto del
mondo
prendendo
consapevolezza della propria
forza, perchè “Finchè non
diverranno coscienti della propria
forza, non si ribelleranno e,
finchè non si ribelleranno, non
diverranno coscienti della loro
forza”. Ciò era una specie di
sogno utopistico per Winston, in
quanto la massa è semplice da
controllare perchè scarsamente
istruita e conseguenzialmente
piuttosto disinformata. Si sono
rivelati
sufficienti
quei
tre
ossimori come slogan per
dominare un terzo del mondo e
fare in modo che la restante
parte
venisse
detestata,
nonostante
non
se
ne
conoscessero nè la forma di
governo nè i costumi. Tetre le
ultime pagine, Orwell è stato
crudelmnte realista quando ha
presentato
al
mondo
un
agghiacciante ritratto di quello
che nonostante tutto è il sistema
che
serviamo,
pronto
a
cancellare senza pietà l’anima e
l’esistenza di chi ha il coraggio di
cantare fuori dal coro.
Gaia Borrometi
Il Foglio
Pagina 2
Perché il cambiamento climatico è una minaccia ai diritti umani
La questione del cambiamento
climatico sta finalmente trovando
spazio anche tra i mezzi di
comunicazione tradizionali, dopo
essere rimasta confinata per più
di venti anni -potremmo dire
dalla conferenza di Rio del 1992,
quando si impose come un
problema serio e concreto- al
web nonché al campo di
interesse di pochi specialisti o
ambientalisti.
Tuttavia, anche ora che vengono
ripetute con maggiore frequenza,
le
parole
“surriscaldamento
globale” rimangono per molti
poco più che una coppia di
termini dal suono sgradevole, di
gergo troppo tecnico per evocare
immagini ben definite o forse
inflazionate
dall’uso
inconsapevole e indirizzate a un
pubblico troppo distratto perché
possano conservare ancora il
potere di attirare l’attenzione.
Per un’altra grande parte degli
abitanti
del
pianeta,
il
cambiamento del clima è invece
una realtà tangibile e minacciosa
come una guerra in atto. Mentre i
paesi più sviluppati riescono
ancora a far fronte alle mutazioni
che stanno avvenendo grazie a
tecnologie più avanzate e
ovviamente a una disponibilità
economica maggiore, stati più
poveri come quelli dell’Africa, del
Sud America o del Pacifico si
trovano disarmati di fronte
all’innalzamento del livello dei
mari che cancella un po’ alla
volta interi villaggi, uragani che
uccidono migliaia di persone in
pochissimo tempo, ondate di
siccità
che
sconvolgono
economie già di per sé vacillanti.
Prendiamo ad esempio il Malawi,
paese colpito lo scorso anno da
un’inondazione che ha devastato
circa un terzo del paese,
uccidendo centinaia di persone e
privando migliaia di un’abitazione
o
mezzo
alcuno
di
sostentamento. Un cittadino del
Malawi, che non guida la
macchina e non ha accesso alla
corrente elettrica, è responsabile
annualmente dell’emissione di
circa ottanta kg di diossido di
carbonio, mentre questa cifra si
aggira intorno ai milleottocento
kg per uno statunitense. Questa
non vuole essere un’apologia
della vita allo stato primitivo o un
rifiuto del progresso, ma al
contrario una prova a sostegno
del fatto che la ricchezza di
conoscenza
scientifica
che
possediamo oggi deve essere
utilizzata per fermare la più
grande ingiustizia sociale che sia
mai avvenuta: la crisi ambientale
e le sue conseguenze inique e
sproporzionate.
Anche il rapporto del 2014 del
Gruppo
intergovernativo
sul
cambiamento climatico (Ipcc)
afferma che il riscaldamento
globale avrà effetti devastanti a
livello sociale e politico e, come
scrive Michael Klare su The
Nation
all’aggravarsi
delle
condizioni
dell’ambiente
“il
numero di stati falliti aumenterà
notevolmente,
provocando
violenza e guerre per quel che
resta del cibo e delle terre
coltivabili. In altre parole, ampie
regioni del pianeta saranno nelle
condizioni in cui si trovano oggi
la Libia, la Siria e lo Yemen. Una
parte della popolazione rimarrà e
lotterà per sopravvivere, altri
migreranno
e
molto
probabilmente incontreranno una
versione ancora più violenta
dell’ostilità che devono subire
oggi i migranti e i rifugiati nei
paesi
in
cui
approdano.
L’inevitabile
risultato
sarà
un’epidemia di guerre civili per le
risorse e di violenze di ogni tipo.”
In sintesi, è fondamentale
mettere da parte l’idea che il
riscaldamento climatico (insieme
ovviamente alle altre forme di
sfruttamento e deterioramento
dell’ecosistema)
sia
una
questione secondaria, senza
vere vittime e anche un po’
frivola. Che possa aspettare in
un
momento
storico
già
travagliato da sconvolgimenti più
gravi. E capire invece che
discutere di ecologia significa
impegnarsi per un futuro di pace
e per il rispetto dei diritti umani.
Vittoria Baglieri
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1 Nel XIX e XX sec. in UK, farsi estrarre i denti e sostituirli condelle dentiere era un regalo molto popolare
per un ventunesimo compleanno o un matrimonio.
2 Se ci fosse un tunnel passante per il centro della terra e tu ci saltassi dentro, ti ci vorrebbero esattamente
42m12s per arrivare dall'altra parte.
3 Il Sole e la Luna appaiono grandi allo stesso modo per un'incredibile coincidenza: la Luna è 400 volte più
piccola del Sole ma allo stesso tempo 400 volte più vicina alla Terra rispetto al Sole.
4 Walmart ha 2.2 milioni di dipendenti, quasi 7 volte la popolazione dell'Islanda. Se Walmart fosse una
nazione, sarebbe la ventiseiesima economia mondiale.
5 L'Estate su Nettuno dura 40 anni ma la temperatura è di circa 60K (-212°C/-350°F).
Leandro Cannizzaro>>
Pagina 3
Il Foglio
Giochiamo? Piacere van Gogh
In questo articolo voglio parlarvi di ciò che vedo
nella vita della gente, andiamo, di ciò che tutti
vedono nella vita della gente. “Andiamo Dario,
raccontala ad un altro, dall’alto dei tuoi 17 anni vuoi
farci credere che sai come si vive? Vuoi dirci ciò
che tutti già sappiamo? Ma guarda questo
gradasso chi si crede di essere.” Ebbene, quanto
scrivo, è ciò che penso, quanto vedo è ciò che
sento; dunque se pensate che quanto sto per
scrivere siano banalità di un povero ragazzo
qualunque che crede di aver capito qualcosa allora
vi prego, fermatevi, non leggete; non ho pretese,
non ho giudizi, penso: scrivo. Detto questo, voglio
raccontarvi di una teoria matematica, per ridere si
intende, che un giorno un professore ci spiegò; si,
sono passati tanti anni eppure la ricordo ancora, la
teoria de “L’evoluzione del segno”. Ci disse che
durante un compito in classe o mentre si fanno
degli esercizi a casa, trattando espressioni o
equazioni vi possono essere differenze, no? Ma
con la fretta che abbiamo ogni volta, perché
guardiamo più avanti, abbiamo fretta di finire, il
segno meno diventa più piccolo, poi più piccolo, poi
più piccolo ancora; ad un certo punto diventerà solo
un puntino, simbolo di moltiplicazione in algebra,
sballando ogni calcolo, facendoci sbagliare
l’esercizio. Io credo che la nostra vita abbia
un’involuzione molto simile, ovviamente senza
generalizzare. Da bambini ogni cosa assume una
sua importanza: ci sentiamo come se al nostro
passaggio la luna potesse parlare, giocavamo al
Jurassic Park catturando dinosauri, costruivamo
case per le bambole e le vedevamo come se
avessimo costruito un grattacielo (il meno è
normale). Arriva la fretta di crescere, arriva l’età
adolescenziale: “Diamine lasciatemi in pace! Datemi
le mie libertà! Perché mi stressate così?”, ci stiamo
passando tutti, anche tu che leggi, io lo so, sono
come te. La nostra immaginazione comincia a
scarseggiare, fatichiamo a catturare i dinosauri,
fatichiamo a capire la bellezza di un girasole (il meno
è più piccolo). Cresciamo, arriva l’età adulta; ogni
speranza nel cassetto ogni sogno hanno fatto posto
a scadenze, bollette, appuntamenti. A questo punto il
nostro girasole è racchiuso in un quadro di van
Gogh, si, ma chiuso in una cassaforte, di cui
abbiamo perso la combinazione (il meno è un
punto). Non riesci a vedere il tuo girasole, più passa,
più si sbiadisce; inutile correre alla National per
vedere questi girasoli, il tuo van Gogh non c’è. Se
proviamo a vederlo c’è un bambino che esce dal
quadro e che vuole tornare a giocare con te, non
rifiutiamolo, accogliamolo, “giochiamo”?
Dario Lauretta
Music & War
Da sempre vi è stato un legame tra guerra e
musica. Spesso i musicisti ricorrono alla musica per
trasmettere i loro punti di vista sulla guerra, le
proprie emozioni o sfruttare il termine per indicare
un conflitto che può essere anche interiore e non
riguardare la guerra nel significato vero e proprio.
Affrontando questo tema non si poteva certo evitare
una delle più famose ballate composta dai Guns 'n
roses, traccia d'apertura di Use your illusion II:
Civil war. L'intera canzone è un inno di protesta alla
guerra, al tutto il dolore che essa provoca, allo
sfruttamento dei poveri per "nutrire" i ricchi. Nella
canzone Rose e Stradlin, autori del testo,
inseriscono chiari riferimenti all'assassinio di John
F. Kennedy, alle battaglie per i diritti civili e alla
guerra del Vietnam. L'intero significato della
canzone lo si può cogliere dall'ultimo verso "Whaz
so civil 'bout war anyway?"
Passando al genere metal non si poteva non citare
Replica dei Sonata Arctica dal primo album,
Ecliptica. La base accompagna in modo perfetto, da
sottolineare l'utilizzo delle tastiere, seguendo e
enfatizzando le parole di un testo dalle varie
interpretazioni. La più quotata gira attorno alla
guerra interiore che il soggetto del testo ha dovuto
affrontare fino alla sua vittoria ("I'm home again, I
won the war"). Il percorso che lo ha portato al trionfo
lo ha però cambiato inevitabilmente e in modo
indelebile (I'm pieces of what I used to be"), si sente
debole e ha bisogno di aiuto, ha paura che
nonostante tutto quello che ha affrontato non verrà
accettato e sarà abbandonato ("Are you gonna
leave me now, when it is all over").
Tornando al genere rock, in particolare indie rock,
un titolo che dice tutto è "La guerra è finita" del
gruppo italiano Baustelle.
Testo molto sentito emotivamente da parte
dell'autore che descrive la storia la cui protagonista
era un'amica. È una canzone che parla di "malavita"
(nome dell'album).
La protagonista è una sedicenne che cerca una via
di fuga dal mondo perbenista che la circonda e la
opprime; inizia perciò a drogarsi e a frequentare
gente di basso livello.
Dopo la minuscola pausa con strumentale la ragazza
ci appare più confusa di sempre ma tra tutto il caos
sorride un attimo e si convince di aver trovato una
via di fuga: il suicidio.
Continuando con autori italiani, dall'ambiente
underground Murubutu col suo rap ci parla di una
stupenda storia d'amore durante la II guerra
mondiale.
In "La collina dei pioppi" i due protagonisti, Laura e
Dino, si innamorano sulle colline. Dino entra presto
nella Resistenza e quando i tedeschi arrivano in
paese vive già in clandestinità da tempo; il suo
impegno con la resistenza lo trattengono dal poter
vedere Laura che pensa ai più disparati e disperati
scenari per la loro storia d'amore. Ma dopo anni di
attesa e tante maldicenze a suo conto un giorno di
sole Dino ricompare, è sopravvissuto ad un campo di
concentramento ed è tornato per lei, per recuperare
il tempo perso in cui sono stati lontani. Poco prima di
morire le dirà ciò che le disse una sera su quelle
colline. Chiudiamo con i Neutral Milk Hotel e con loro
concept album "In the aeroplane over the sea".
Album che gira tutto intorno agli scritti di Anna Frank.
Ovviamente si consiglia l'ascolto per intero
dell'album. Tra le 11 tracce una delle più significative
è sicuramente "Holland,1945".
La canzone più rockettara dell'album e anche quella
in cui più si sente la vicinanza ad Anna Frank e alla
sua famiglia. Nella canzone si parla de "l'unica
ragazza che io ho mai amato, nacque con le rose
dentro gli occhi", queste rose, che prima o poi
sfioriranno, rappresentano il forte legame che si
viene a creare tra persone che mai si sono
conosciute ma nonostante tutto riescono a provare le
stesse emozioni e stanno l'una accanto all'altra.
Andrea Guarrasi
Van Gogh Painting
Sunflowers - Paul Gauguin
Il Foglio
Pagina 4
Ambiente o genoma?
Perché diversi se il DNA è uguale? Prevalgono i
geni o l'ambiente in cui l'individuo si forma? Da
sempre il mondo dei gemelli ha affascinato non
solo noi, ma anche i più grandi scienziati, i quali da
anni conducono esperimenti con lo scopo di capire
se nella formazione di questi individui prevalga
l'innatismo o l'esperienza. Alcuni studiosi
sostengono che la nostra personalità sia innata,
inclusa nel corredo genetico che ognuno di noi
possiede; altri, invece, sostengono che si nasca
come fogli bianchi e che tramite l'educazione, le
esperienze e l'ambiente di crescita ognuno di noi
formi la propria persona. A sostegno dell'innatismo
Rowe, Scarr e McCartney studiarono casi di
gemelli omozigoti cresciuti separatamente e
notarono che le coppie presentavano numerose
somiglianze, non solo a livello fisico ma anche
caratteriale. Ne sono un esempio i gemelli Jim
Lewis e Jim Springer, separati alla nascita e dati in
adozione nel 1940. Si incontrarono per la prima
volta all'età di trentanove anni, il nome Jim fu infatti
dato loro in modo del tutto casuale dai genitori
adottivi. Conosciutisi meglio scoprirono che
entrambi si erano sposati ben due volte, la loro
prima moglie si chiamava Linda, la seconda Betty.
Entrambi da bambini avevano chiamato il loro cane
Toy e i nomi dei loro figli erano James Allen e
James Alan. Entrambi erano stati vice sceriffo,
bevevano la stessa birra, fumavano le stesse
sigarette e avevano avuto la stessa auto.
Tuttavia a questi risultati ne seguirono altri che
dimostrarono il contrario: coppie di gemelli
eterozigoti cresciuti separatamente presentavano
più somiglianze di quelli omozigoti cresciuti
insieme. Condotti nuovi esperimenti si arrivò alla
conclusione che gemelli omozigoti cresciuti in
realtà e ambienti completamente diversi raramente
presentavano somiglianze caratteriali e anzi, molto
spesso, sviluppavano un modo del tutto diverso di
percepire le cose. Turkheimer cercò di spiegare
l'errore commesso facendo notare che i risultati
dei quiz sottoposti da Rowe, Scarr e McCartney
erano stati ottenuti tramite test a risposta multipla o
aperta e che le risposte date potevano non essere
del tutto vere: spesso erano infatti condizionate da
un fattore di "desiderabilità sociale", si scriveva ciò
che la gente voleva leggere. Oltretutto i quiz
vennero sottoposti solamente alla scarsa minoranza
delle famiglie che accettavano liberamente di
contribuire al progresso della ricerca e quindi non
interessava la totalità dei casi gemellari. I risultati
erano quindi, da un punto di vista scientifico, non
attendibili. Nonostante ciò ci furono psicologi, come
ad esempio Susan Farber, che li rilessero sotto
un'altra chiave. La Farber ipotizzò che era stato
proprio l'ambiente ad aver reso i gemelli omozigoti
separati alla nascita tanto simili. Sostenne infatti che
persone con lo stesso corredo genetico, cresciute in
ambienti simili seppur separatamente, reagiscono
nello stesso modo all'ambiente esterno, ciò li porta a
vivere le stesse esperienze e a formare quindi una
personalità omologa. Analogamente si ipotizzò che
gemelli cresciuti insieme tendono, invece, a creare
personalità complementari e talvolta del tutto
opposte, incoraggiati dai genitori che attribuiscono
loro ruoli diversi. A dimostrare l'importanza
dell'esperienza nella formazione della persona fu
l'esperimento condotto il 10 Maggio 2013 dal
politecnico di Dresda. Si dimostrò che esseri
geneticamente identici, sottoposti ad esperienze
differenti,
sviluppano
differenti
neuroni.
L'esperimento consisteva nell'esaminare per 3 mesi,
24 ore su 24, 40 coppie di topi inseriti in uno stesso
ambiente pieno di stimoli. Esaminando i loro cervelli
attraverso tecniche di diagnosi per immagini, si notò
la presenza di nuovi neuroni in diverse aree
dell'ippocampo. L'ambiente sembra quindi prevalere
sui geni così tanto che, ammesso che la personalità
sia già presente nel nostro genoma, la sua azione è
in grado di alterare l'individuo a livello
neurobiologico, mutandone, così, il patrimonio
genetico stesso.
Miriam Abbate, Adele Palazzolo
Recensione film – American Sniper
”American Sniper” è un film diretto da Clint
Eastwood che racconta la storia del cecchino Chris
Kyle, tratta dal libro omonimo scritto dallo stesso
Kyle.
Il film racconta la sua vita: dopo alcune scene di
vita familiare, viene narrato il percorso di Kyle dal
suo arruolamento alle missioni.
Le sue abilità non passano inosservate, facendolo
diventare ben presto un eroe sia tra i compagni
che tra gli americani. Mentre nel libro Chris vive
tutte la guerra a 360 gradi, provandone lo stress
post traumatico e successivamente adottando
comportamenti violenti, cadendo nel
baratro dell’alcolismo e rimanendo in
Locandina American
Sniper
generale molto scosso dall’esperienza vissuta in
Iraq, nel film vengono alleggeriti tutti questi aspetti,
valorizzando l’eroismo e il patriottismo del
protagonista.
Ma torniamo alla trama: durante il periodo di
addestramento, Chris conosce Taya, una giovane
donna che diventerà sua moglie; la loro vita
coniugale viene però interrotta dalle missioni
intraprese
dal
protagonista,
le
quali
lo
allontaneranno da casa per parecchi mesi. Sul
fronte, Kyle ha modo di conoscere l’orrore che
caratterizza quei posti, una realtà troppo lontana da
quella a cui era abituato. Si ritrova in situazioni
difficili, nelle quali deve prendere decisioni che non
sempre approva, sia che si tratti di sparare a dei
bambini, che ricordano tanto i suoi figli, sia che si
tratti di dover abbandonare i corpi dei suoi amici a
causa di attacchi da parte dei nemici.
Questo film ci ha fatto riflettere sulla situazione che
stiamo vivendo in prima persona.
Molti ragazzi spesso non si fermano a riflettere fin in
fondo su questa realtà, limitandosi a pensare che la
vera guerra sia qualcosa di lontano da noi, e che si
limiti ad esplosioni e colpi di mitra. Questo film è
riuscito a farci capire che la guerra non è così
lontana come crediamo – soprattutto in questi ultimi
mesi – e che si tratta di un’esperienza che ti segna,
come dimostrato da Kyle.
Alessia Modica, Chiara Scribano
Pagina 5
Il Foglio
Delizie da quattro angoli del mondo!
Vi siete mai chiesti cosa si mangia nel resto del
mondo il giorno di Natale? Siamo abituati a sentir
parlare di pesce, maiale, focacce e panettone, ma
cosa succede fuori dai confini dell’Italia?
Uno dei pranzi natalizi più conosciuti è sicuramente
quello inglese, in cui fa da regina l’anatra arrosto,
talvolta sostituita dalla “bread sauce” (crema
arricchita di pane secco), accompagnata dal
pudding dello Yorkshire e dalle “chipoladas”
(salsicce avvolte nel bacon), mentre il dolce
caratteristico è il “Christmas Pudding”. La tradizione
vuole che venga preparato la venticinquesima
domenica dopo la Trinità, usando tredici ingredienti,
che rimandano simbolicamente al numero di Gesù
e dei suoi Apostoli e che venga mescolato da
ciascun membro della famiglia in senso antiorario,
per ricordare il percorso dei Re Magi. Inoltre, si usa
inserire al suo interno una moneta, un anello o un
ditale come portafortuna per chi se li ritroverà tra i
denti, e chi non ne mangia almeno un pezzo è
destinato a perdere un amico l’anno successivo!
Il pudding affonda le sue origini nel lontano XIV
secolo, quando si usava preparare un “porridge”
bollendo carni di manzo e montone con uva passa,
prugne, ribes, vino e spezie, ma qualche secolo
dopo vennero aggiunti alla ricetta ingredienti come
uova, liquori e pangrattato, che lo resero più denso
e prese dunque il nome di “plum pudding”. Dopo
essere stato bandito dalle tavole dai Puritani perché
considerato un cibo “non adatto alla gente timorata
di Dio” a causa dei suoi ingredienti, venne
reintrodotto in epoca vittoriana con una
preparazione pressoché uguale a quella moderna.
Cambiando continente, immaginiamo di sederci a
tavola con una famiglia di neozelandesi: le portate
saranno soprattutto a base di carne, come maiale,
agnello o tacchino. A dare il tocco finale e dolce al
pranzo sarà l’elegantissima “Pavlova”, una torta di
meringa con frutta e panna montata.
La sua “paternità” è in realtà contesa tra Australiani
e Neozelandesi, ma entrambi sono d’accordo nel
riconoscere l’ispiratrice di questo dolce in Anna
Pavlova. Descritta come una donna bella e
leggiadra, era un delle più grandi ballerine degli
anni Venti, famosa soprattutto per il suo ruolo nella
“Morte del Cigno”, e nel 1926 fece un tour proprio in
Australia e Nuova Zelanda: fu qui che uno chef di
Wellington volle creare un dolce in suo onore, la cui
consistenza ricordasse quella delle piume del suo
tutù, e la cui forma irregolare ricordasse il modo in
cui la Pavlova si “librava nell’aria come se avesse
avuto le ali”.
Torniamo di nuovo in Europa, ma questa volta nella
fredda Polonia, dove il giorno della Viglia (Wagilia in
polacco) molte famiglie restano a digiuno fino alla
sera, quando viene consumato un pasto da dodici
portate, per ricordare il numero degli Apostoli, tutte
generalmente vegetariane. La cena ha inizio con il
taglio del pane, simbolo di buon auspicio, e viene
lasciato un posto libero a tavola per eventuali
viandanti.
I dolci tipici sono tre: il “Pierniki”, un dolce al miele a
forma di stella, cuore o animale; l’ “Oplatek”, una
pagnotta schiacciata con una figura natalizia sulla
crosta che viene divisa con amici, vicini e parenti
come simbolo di fortuna e perdono; la “Babka”, una
torta lievitata spugnosa (preparata anche a
Pasqua), che è diffusa anche in Romania, Albania
e Russia.
Le origini di quest’ultimo dolce si perdono nella
leggenda, che vuole che la babka sia stata
inventata da un re polacco dal nome
impronunciabile, Stanislaw Lezczynski, durante il
suo esislio a Konigsberg presso Guglielmo I di
Prussia all’inizio della guerra di secessione
polacca. Si narra che il sovrano, durante uno dei
suoi scatti d’ira, abbia rovesciato una bottiglie di
rum delle Antille su un dolce che il re del luogo
trovava troppo asciutto, e abbia ottenuto una pasta
molto morbida e profumata.
Il nome babka potrebbe derivare a dal fatto che la
forma di questo dolce ricorda le gonne delle nonne
(il termine stesso vuol dire “vecchia nonna”), o
potrebbe ispirarsi alla fiaba persiana “Alì babà e i
quaranta ladroni”, perché preparato con ingredienti
tipicamente orientali.
Da questo dolce derivano il babà francese e quello
napoletano.
Come ultima tappa andiamo in Argentina, dove il
giorno di Natale si consumano bistecche tagliate a
quadratini e riempite con uova sode e spezie,
accompagnate da champagne e una bevanda con
frutta e sidro. Uno dei dolci più amati è il Roscon de
Reyes (tipico anche della tradizione spagnola e
preparato lì durante il giorno dell’Epifania), una
grande ciambella con frutta candita.
Le origini sono da ricercarsi nell’epoca romana, e in
particolare nel II secolo a.C., quando a dicembre si
organizzava una festa in onore di Saturno per
celebrare la fine del lavoro nei campi.
All’interno di questo dolce venne sempre messo un
oggetto, che variò col passare dei secoli:
inizialmente era un fagiolo, e chi lo trovava veniva
nominato “re dei re” a avrebbe avuto un anno di
prosperità, successivamente venne inserita una
moneta d’oro e dopo ancora una statuetta
raffigurante uno dei Re Magi (che sancì il legame di
questo dolce con la tradizione cristiana).
Oggi vengono generalmente inseriti due oggetti: un
fagiolo o una fava e un Re Magio o una moneta.
Chi trova il primo è lo sfortunato del gruppo ed è
costretto a pagare il dolce, mentre chi trova il
secondo ha il diritto di indossare la corona di carta
che viene generalmente posta sopra il Roscon.
Questo, tuttavia, è solo un piccolo assaggio delle
tante, bizzarre, affascinanti tradizioni del mondo,
perché a volerle scoprire una per una, non si
finirebbe mai!
Elena Fede
Panettone tradizionale