SISTEMI ORGANIZZATIVI TEORIE ORGANIZZATIVE 1. Mappa delle

Transcript

SISTEMI ORGANIZZATIVI TEORIE ORGANIZZATIVE 1. Mappa delle
SISTEMI ORGANIZZATIVI
TEORIE ORGANIZZATIVE
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
Mappa delle teorie organizzative
Origine delle teorie organizzative
L’organizzazione scientifica del lavoro: Taylor
Il metodo MTM
Ford e il fordismo
Elementi comuni tra Ford e Taylor
Critiche all’OSL
Metodo ERGO-UAS
I principi di direzione
Weber e la burocrazia
Riepilogo delle Teorie Classiche e critiche
Le relazioni umane
Le teorie motivazionali
I sistemi sociotecnici
Il ruolo dell’informazione: Galbraith
Le nuove teorie manageriali
I costi di transazione e le reti
Identità e cultura aziendale
Mappa delle teorie organizzative:
Abbiamo 4 momenti storici principali nello sviluppo delle teorie organizzative:
1. Fino al ’40: nascita delle Teorie Classiche. Siamo durante la seconda Rivoluzione Industriale, si sta
sviluppando l’industria di base e la produzione di massa. Teorie Organizzative: Organizzazione
scientifica del lavoro – Principi di direzione – Teoria della burocrazia.
2. Anni ’50 – ’60: reazione alle Teorie Classiche, sviluppo delle teorie contingenti e decisionali. Per
quanto riguarda il contesto socio-economico sta aumentando la complessità aziendale e
l’incertezza/varietà dei prodotti/mercati. Teorie Organizzative: Relazioni umane e Teoria della
motivazione – Sistemi sociotecnici – Informazione e organizzazione (Galbraith)
3. Anni ’70 – ’80: ampliamento delle prospettive teoriche. Momento di internazionalizzazione dei
mercati e crescita della competizione; processi di outsourcing, sviluppo delle reti di fornitura. Teorie
Organizzative: Cultura aziendale – Economia dei costi di transazione – Nuove teorie manageriali.
4. Anni ’90: nuove forme organizzative e ampliamento di nuovi temi. Momento di sviluppo dei servizi,
delle tecnologie, della società dell’informazione; globalizzazione. Teorie Organizzative:
Apprendimento organizzativo e gestione della conoscenza – Nuove forme organizzative – Change
management.
Origine delle teorie organizzative:
Il pensiero organizzativo nasce con la prima rivoluzione industriale (1760-1830) e vede una specializzazione
dei compiti e standardizzazione dei componenti. Successivamente nella seconda rivoluzione industriale (fine
‘800 – inizio ‘900) vediamo un ingrandimento delle imprese, l’introduzione del manager e la nascita delle teoria organizzative moderne. Si sentiva l’esigenza di far combaciare le nuove potenzialità produttive e
tecnologiche con i metodi di conduzione delle aziende. Quindi rendere efficienti le attività in stabilimento e
la gestione d’impresa. Nasce così l’Organizzazione Scientifica del Lavoro con i suoi rappresentati più di spicco,
Taylor e Ford.
L’organizzazione scientifica del lavoro: Taylor
Taylor propose 4 principi dell’OSL:
1.
2.
3.
4.
Studio scientifico dei metodi di lavorazione (osservazione dei movimenti degli operai)
Selezione ed addestramento scientifico della manodopera
Instaurazione di rapporti di stima e di collaborazione
Riorganizzazione della direzione aziendale (errore da parte di Taylor: usare un approccio scientifico
anche per la parte direttiva. Un’elevata specializzazione porta a molti capi che possono entrare in
conflitto fra loro)
Taylor cercò di definire la “one-best-way”. Era necessaria una “rivoluzione mentale” che prevedeva di porre l’attenzione sull’aumento di surplus, accentrare/razionalizzare la gestione dell’impresa e applicare criteri scientifici nell’organizzazione/gestione d’impresa.
Il metodo MTM:
Gli studi di Taylor e dei Gilbreth portarono al metodo MTM (misurazione dei tempi e metodi). Con questo
metodo si puntava al miglioramento della suddivisione del lavoro e al miglioramento della retribuzione degli
operai in relazione alla “quantità” di lavoro svolto. Quest’approccio si sviluppa in 5 passi:
1.
2.
3.
4.
5.
Analisi del lavoro e ricerca del modo più economico per eseguirlo
Normalizzazione e descrizione del procedimento da seguire
Determinazione del tempo di esecuzione standard
Addestramento degli operatori
Estensione e manutenzione
Il metodo MTM permise di riprogettare il lavoro aumentandone l’efficienza e di trovarne nuove
tecniche/metodi di analisi.
Ford e il fordismo:
Un altro contributo all’OSL fu la catena di montaggio, attribuita a Ford nel 1913, anche se vi sono dubbi su
questa affermazione, poiché già nel 1901 la catena di montaggio veniva utilizzata dalla Oldsmobile. Molto
importante fu anche il nuovo concetto di prodotto introdotto da Ford: l’imprenditore voleva creare un
prodotto semplice ed affidabile, standardizzato e utilizzabile da chiunque, anche dai “non-addetti” ai lavori. Inoltre iniziò ad utilizzare manodopera di basso livello con ritmi elevati, grazie al turnover e alla
standardizzazione/meccanizzazione del lavoro; aumentò gli stipendi degli operai (5$ al giorno, il doppio
della media del tempo) e riuscì a ridurre il prezzo delle auto del 58% dal 1908 al 1916. Nonostante tutte
queste innovazioni, Ford non riuscì a contrastare la politica di mercato del suo primo competitor, Sloan,
capo di General Motors. Al contrario della produzione di massa e della standardizzazione del processo,
Sloan proponeva una differenziazione dell’offerta elevatissima, grazie al fatto di aver acquistato diversi produttori di auto. Il suo slogan era: “un’auto per ogni scopo e per ogni portafoglio”. Con Sloan la quota di
mercato della GM crebbe fino al 45% entro il 1940, mentre quella di Ford scese al 16%.
Elementi comuni tra Ford e Taylor:
Parcellizzazione del lavoro
Specializzazione del lavoro
Operatori come esecutori
Attenzione all'aspetto economico per influenzare il comportamento dei lavoratori
Cultura tecnica e gerarchica
Critiche all’OSL:
A partire dagli anni '30 - '40 venne messa in discussione l'organizzazione scientifica del lavoro. Si
osservarono i seguenti effetti negativi:
Peggioramento delle condizioni psico-fisiche dell’operaio con successivo peggioramento del comportamento sul posto di lavoro (casi di alienazione)
Necessità di rivedere il rapporto tra lavoro/prestazione: quanto contava la leva economica in
termini di prestazione rispetto alle condizioni di vita/salute dell’operaio?
Mancanza di coinvolgimento dell’operatore nella produzione di un prodotto. La singola attività banale faceva calare la motivazione/efficienza dell’operaio
Netto distacco tra chi pensa/decide e chi fa (Mary Parker Follett sosteneva che fosse necessaria la
collaborazione tra operatori e direttori)
Critica alla scientificità: molti presupposti erano stati superati. Come lo studio della segmentazione
dei movimenti
Organizzazione scientifica del lavoro e Fordismo richiedevano costi ausiliari e di impostazione molto
elevati
Gli operatori sapevano eseguire solamente il singolo compito. Figura del lavoratore "stupido" che in
caso di eccezioni/problemi non riesce a trovarne una soluzione
Dopo gli anni ’70 cominciò l’uscita dalla crisi, crisi dovuta ad un cambio di preferenze da parte dei clienti, che chiedevano prodotti di maggior qualità e ampiezza di gamma. L’introduzione dell’automazione ridusse di molto i costi di produzione e ridusse l’incidenza del lavoro diretto sui costi di produzione totali. Aumentò
l’apporto del lavoratore per quanto riguarda la qualità dei prodotti e la flessibilità nelle lavorazioni. Gli studi
di Taylor e Ford lasciarono di positivo una nuova visione del lavoro. Il lavoro non verrà più visto come frutto
dell’esperienza e delle abilità del singolo operaio, ma come materia di studio alla quale sarà possibile applicare metodologie.
Metodo ERGO-UAS:
Sistema utilizzato per la progettazione e
misurazione del lavoro per sistemi
produttivi a lotti, in cui esiste una certa
variabilità di metodo nell’esecuzione dei compiti lavorativi assegnati. Esso assegna i
tempi sulla base di un rendimento
normativo medio, conosciuto nel mondo
come rendimento 100 MTM (UAS =
Universal Analyzing System). Un secondo
metodo è l’EAWS (European Assembly WorkSheet). Il metodo di analisi del carico
biomeccanico comprende 4 sezioni:
- Sezione 1: Posture generali del corpo
- Sezione 2: Azioni di forza
- Sezione 3: Movimentazione Manuale
Carichi
- Sezione 4: Movimenti ad alta frequenza
e basso carico degli arti superiori
Calcolo di FMAGG:
Il tempo standard totale della postazione è calcolato
sommando:
− tempo base totale della postazione: sommatoria
dei tempi delle operazioni assegnate;
− fattore di maggiorazione (Fmagg) somma di:
Fattore ergonomico: in funzione del carico
biomeccanico (scala EAWS); con un minimo di 1% e
un massimo di 13,5%; fattore tecnico-organizzativo
(1%).
− La maggiorazione dipende dalla posizione, mentre
nel metodo utilizzato in precedenza si definiva una
maggiorazione media valida per un numero ampio di
posizioni.
− Vengono eliminate le posizioni più a rischio (area rossa e arancio). Per quelle in area gialla è prevista la
rotazione.
− Per alcune posizioni (area verde) si ha una riduzione della maggiorazione rispetto a prima, con aumento
della saturazione, cioè del rapporto tra il tempo di ciclo (cadenza di linea) e il tempo standard.
I principi di direzione:
Taylor vedeva la direzione come "direzione di officina". La scuola dei principi di direzione la vedeva come
direzione di azienda. Il capostipite di questa corrente fu Henri Fayol. L’ingegnere minerario si pose come
problema quello di individuare i compiti di un manager all'interno di un'azienda. Le linee guida di questa
scuola erano: l’importanza della direzione, la necessità di teorizzare la direzione di impresa, la possibilità di insegnare e apprendere come fare direzione.
Per prima cosa Fayol individuò 6 funzioni principali in azienda: tecnica, commerciale, finanziaria, di
sicurezza, contabile e direttiva. Come si ripartivano i diversi ruoli aziendali all’interno di queste funzioni?
Secondo Fayol la funzione direttiva comprendeva 5 sotto-funzioni:
1. Pianificazione (su più orizzonti temporali)
2. Organizzazione
3. Comando
4. Controllo
5. Coordinamento
Fayol formulò anche 14 principi direttivi, di cui i 6 più importanti sono:
1. Divisione del lavoro = nei diversi livelli della mia struttura organizzativa individuo i compiti e le
responsabilità del singolo individuo (livello di specializzazione).
2. Unità di comando = 1 solo capo per ogni dipendente.
3. Unità di direzione = ho un responsabile (capo gerarchico) e un programma operativo per ciascuna
unità organizzativa.
4. Principio scalare = ogni unità ha doveri e responsabilità proprie. Individuo le interdipendenze fra le
varie unità organizzative. Solitamente si utilizza una logica chiamata "catena mezzi-fini". Individuo i
flussi informativi e fisici (ascendenti e discendenti).
5. Ampiezza del controllo = quanti collaboratori riesce a controllare un responsabile? (Span of
control). Numero di riporti. È in funzione della complessità delle relazioni che deve gestire, della
carica di attenzione, della natura delle relazioni: dirette (tra capo e collaboratore) – incrociate (tra i
vari collaboratori) - dirette di gruppo (tra il capo e il collaboratore in presenza degli altri
collaboratori).
6. Line e staff = le line si occupano del core business aziendale (raggiungimento degli obiettivi
primari); le funzioni di staff supportano il lavoro delle funzioni di line.
Delegare: il delegato si assume la responsabilità del lavoro a lui assegnato; deve possedere conoscenze e
strumentazioni adeguate allo svolgimento del compito ottenuto.
Tutti questi principi vanno intesi come linee guida per il management d’impresa. Simon parlerà successivamente di “proverbi organizzativi” in quanto questi principi classici all’interno di realtà più complesse (come aziende multinazionali) non sono molto di aiuto.
Weber e la burocrazia:
Weber (1864-1920) cercava capire quali fossero le regole che portavano le persone ad agire in un modo o
in un altro all'interno di un'azienda.
1) Chiavi di comportamento delle persone (agire sociale)
2) Organigramma --> relazione gerarchica --> relazione di potere (capacità di influenzare il
comportamento dei collaboratori (forme di potere)
3) Regole di funzionamento della burocrazia (teorie della burocrazia)
Weber cercò di spiegare in modo “oggettivo” l’agire sociale. Secondo Taylor dietro un'organizzazione c'è
un criterio di razionalità legato all'obiettivo finale. È molto importante la “vision” d'azienda per regolare i comportamenti dei dipendenti di conseguenza. Una persona secondo Weber può agire per scopi perseguiti,
per un determinato valore, per impulsi emotivi o per abitudine.
Razionalizzazione formale: regole e standardizzazioni che possono portare a comportamenti opposti,
ovvero irrazionali.
Tra le fonti/forme di potere Weber distingue tra potere o autorità e coercizione o dominio (intervento di un
individuo che a prescindere dalla situazione impone il proprio volere).
3 modi di esercitare il potere legittimo:
1) CARISMATICO = il capo ha un ascendente sulle persone che coordina.
2) TRADIZIONALE = al ruolo del capo è riconosciuto, per storia pregressa, la capacità di governare.
3) LEGALE = ruolo del capo riconosciuto tramite sistema di regole.
1) Il potere carismatico ha un limite strutturale, è poco organizzato, non ha un apparato alle
spalle che lo possa sostenere. Struttura forte ma vulnerabile.
2) Il potere tradizionale può avere problemi se ad esempio il successore (figlio) non ha le
competenze/caratteristiche per portare avanti l'azienda. La forza è l'inerzia della storia.
3) Potere legale dato dal consiglio di amministrazione. Regole che gestiscono il
comportamento delle persone. Forma più diffusa al momento.
TEORIA DELLA BUROCRAZIA:
La forma che sostiene in maniera ottimale il potere legale è la burocrazia. Weber identifica 5 principi della
burocrazia:
1) All'interno di ogni unità organizzativa vengono definiti gli aspetti di competenza per
questa divisione del lavoro (PRINCIPIO DELLA COMPETENZA)
2) Le diverse unità organizzative sono in rapporto gerarchico fra loro, si creano relazioni di
dipendenza, le superiori coordinano le inferiori (GERARCHIA DEGLI UFFICI).
3) Adottare un sistema di regole valide per tutte, che va dichiarato/esplicitato (SISTEMA DI REGOLE
GENERALI)
4) Tutte le persone dell'organizzazione hanno pari diritto ad utilizzare i servizi erogati dall'azienda
(IMPERSONALITA’ NELLA GESTIONE).
5) La burocrazia non dorme mai (PROFESSIONE A TEMPO PIENO)
La burocratizzazione è importante per raggiungere una buona organizzazione interna ed esterna. Ma non
sempre funziona. Riduce la flessibilità.
LIMITI DELLA BUROCRAZIA:
Spesso col passare del tempo cambiano le problematiche. Quindi un sistema molto rigido di regole non si
sposa con un ambiente variabile. Vado così in conflitto col cliente. Nuovi clienti portano nuove esigenze e di
conseguenza nuovi problemi per una burocrazia rigida. Il burocrate per difendersi dalle lamentele dei clienti
tende a specificare ancora di più le regole. Primo fenomeno vizioso: inversione mezzi fini; le regole
dovrebbero permettere alle aziende di erogare servizi migliori ai clienti. Invece la regola diventa "fine a se
stessa", e la struttura si giustifica coi clienti dicendo loro che sta semplicemente rispettando le regole, se
non riesce ad erogare i servizi richiesti.
Secondo fenomeno vizioso: circolo vizioso; aumenta la complessità della struttura.
Necessità di responsabilizzare sul raggiungimento degli obiettivi (sul rispetto delle regole).
Riconoscere che gli operatori hanno l'obbligo di mantenere una certa discrezionalità.
Riepilogo delle Teorie Classiche e critiche:
Le teorie classiche (OSL, fordismo, principi di direzione e teoria della burocrazia) condividono alcune
caratteristiche:
La ricerca di una risposta razionale
La formulazione di principi e di un modello organizzativo a validità generale
L’organizzazione come sistema meccanico
Critica alle teorie classiche:
1. Si basano sul presupposto che l’applicazione di teorie di ottimizzazione porti al successo 2. Mancano di scientificità
3. Non esiste un’unica strada per ottenere i risultati desiderati
Le teorie classiche non tenevano conto delle relazioni umane all’interno della fabbrica e dell’operaio in quanto “persona”.
Le relazioni umane:
Un primo elemento di appoggio e sostegno all’organizzazione scientifica del lavoro fu la psicologia
industriale, assieme agli studi sulla fatica. Gli autori di riferimento per queste tematiche sono:
Elton Mayo – studio del lavoratore/compiti/aspetti sociali
Douglas Mc Gregor – assunti sul comportamento lavorativo
Abraham Maslow e Frederick Herzberg – la motivazione
Tra il 1920 e il 1930 vennero fatti esperimenti in fabbrica per studiare il rapporto tra produttività e
ambiente lavorativo. Tuttavia a parte casi estremi, come ad esempio scarsissima illuminazione, la
produzione rimaneva più o meno la stessa.
Mayo e Hawthorne fecero tre campagne di ricerca (1927-1932) dalle quali capirono che i fattori che
influenzavano maggiormente il comportamento degli operai erano:
Il clima lavorativo
La sollecitazione delle opinioni dei lavoratori (coinvolgimento da parte della direzione)
Il gruppo primario e le norme di gruppo (regole “fai da te” all’interno dei gruppi di lavoro che migliorarono i rapporti interpersonali e la produttività)
In una situazione in cui la direzione aziendale fa vedere che sta prendendo a cuore determinati problemi in
fabbrica, gli operai rispondono positivamente, aumentano il loro impegno nelle fasi produttive. Tuttavia
questo effetto vale nel breve periodo. (EFFETTO HAWTHORNE).
La produttività viene influenzata dal contesto sociale, dal capo, dall'ambiente di lavoro, dal comportamento
del singolo (nel gruppo con norme proprie e non), e dagli incentivi economici.
Contributi di metodo: la visione di Taylor era "chiusa", Hawthorne amplia questa visione con l’analisi delle
situazioni, delle interdisciplinarità, la generazione di teorie e loro successiva.
Le teorie motivazionali:
Quali sono le leve a disposizione di un’azienda per aumentare la voglia/motivazione degli operai sul posto di lavoro?
GERARCHIA DEI BISOGNI DI MASLOW:
Primo approccio motivazionale Maslow affronta la teoria della motivazione partendo dai bisogni. Stato in
cui sono stato che spero di raggiungere. Le persone cercano di colmare questo gap. La scala dei bisogni di
Maslow è gerarchica soddisfatto un bisogno se ne apre un altro.
5 livelli di bisogni:
1. FISIOLOGICI = bisogni di base (immediati)
2. SICUREZZA = cosa mi accadrà nel tempo?
3. SOCIALI = buone relazioni, buona convivenza
4. EGO = essere apprezzato nel proprio ambiente di lavoro
5. AUTOREALIZZAZIONE = arricchimento della propria personalità in ambito professionale
Classi 1 2 3 sono i bisogni fondamentali.
Classi 4 5 sono i bisogni superiori.
I FATTORI DUALI DI HERZBERG (fu il primo ad utilizzare il job-enrichment):
Herzberg ha messo a punto metodologie per intervistare le persone e ottenere risultati utili ai fini aziendali.
Fattori motivanti: fanno riferimento al contenuto di lavoro e alla sua capacità di assicurare una crescita
della personalità. Sono simili ai bisogni di alto livello di Maslow (ASSENZA DI
SODDISFAZIONE SODDISFAZIONE); hanno natura diversa rispetto a quelli igienici: sono legati alle
condizioni di lavoro, all’ambiente fisico, sociale e alla retribuzione (INSODDISFAZIONE ASSENZA DI
INSODDISFAZIONE).
((K.I.T.A. = kick in the ass. Fisico o psicologico; negativo o positivo. Il negativo porta a risultati immediati ma
non a motivazione nel lungo periodo. Il positivo invece porta a risultati e motivazione (ma la motivazione
deve essere generata dall'interno della persona)).
I sistemi sociotecnici:
La teoria dei sistemi sociotecnici nasce nel periodo in cui era stata messa in discussione l’OSL e si iniziava a vedere l’organizzazione come sistema aperto. Le prime ricerche vennero fatte dal Travistock Institute of
Human Relations di Londra per quanto riguarda le miniere di carbone. Questi studi vennero applicati
inizialmente alle industrie di processo e successivamente in molti altri settori. Le applicazioni dei principi
dell’OSL alle miniere di carbone avevano portato a risultati insoddisfacenti, per questo erano state fatte
delle analisi comparative con aziende che utilizzavano soluzioni organizzative diverse. Si riscontrarono 3
modelli organizzativi differenti:
DESCRIZIONE
PREGI
ORGANIZZAZIONE
TRADIZIONALE (preTayloristica)
Tecnologie di
lavoro
tradizionali
(manuali per lo
più)
Fronti di scavo
corti
Lavoro di squadra
Obiettivi e
retribuzione
negoziati
Massima
flessibilità
ORGANIZZAZIONE
CONVENZIONALE
(Tayloristica)
Tecnologie
meccanizzate di
lavoro e
movimentazione
Fronte di scavo
lungo
Lavorazione di
24h su 3 turni
Nuova
organizzazione:
gerarchica,
mansioni
differenziate e
retribuite, organi
di staff
Coerenza con
meccanizzazione
ORGANIZZAZIONE
COMPOSITA (postTayloristica)
Tecnologie
invariate
Adeguamento alle
vene delle miniere
Revisione
dell’organizzazione: unità di dimensioni
variabili, operatori
multiskilled,
retribuzione di
squadra, gruppi
autonomi di lavoro
Coerenza con
meccanizzazione
PREGI
LIMITI
Imprevisti gestiti
da squadra
Coesione e
fiducia tra i
componenti della
squadra
Rivalità tra le
squadre
Capacità
produttiva
limitata
Volumi di
produzione
elevati
Produttività
inferiore alle
attese
Assenteismo e
turnover elevati
Critiche e scioperi
Flessibilità e
gestione imprevisti
Maggiore
produttività
Minor assenteismo
Migliori relazioni
Atteggiamenti e
comportamenti
degli operatori
Posizione del
management e dei
sindacati
Nell’approccio sociotecnico l’organizzazione viene scelta, non decisa. Si cerca di ottimizzare in maniera congiunta le dimensioni tecniche e sociali, adattandole fra loro. L’analisi viene focalizzata sul primary work system e prevede i seguenti passi di riprogettazione:
1. Individuazione del work system e analisi del processo di lavoro
2. Individuazione delle ‘operazioni unitarie’
3. Analisi approfondita con rilevazione di compiti, variabili da controllare, informazioni, decisioni, ruoli
coinvolti, competenze necessarie
4. Analisi delle ‘varianze’
5. Riprogettazione di attività, supporti tecnici, flussi informativi, compiti, ruoli e competenze con
l’obiettivo di trovare una soluzione soddisfacente in termini di prestazioni e di sistema sociale
Le modalità di intervento sono il participant desing e l’action research. L’unità organizzativa di base è formata dal gruppo di lavoro e dal work system. Nell’organizzazione si ha regolamentazione interna, ridondanza e molteplicità di funzioni, riconoscimento della discrezionalità, complementarietà tra persone e
macchine e aumento della varietà.
PROGETTAZIONE DEL LAVORO:
NUOVO PARADIGMA ORGANIZZATIVO:
ESEMPIO DI UNA PROGETTAZIONE DI UN NUOVO IMPIANTO:
L’approccio sociotecnico è stato poco utilizzato e anche nei pochi casi in cui è stato applicato si sono
riscontrati problemi come la troppa responsabilizzazione degli operatori e l’alto rischio preso dalle aziende, la reazione delle strutture gerarchiche e di staff.
Il ruolo dell’informazione: Galbraith
Dal secondo dopoguerra c’è stato un progressivo aumento della complessità dell’ambiente e delle organizzazioni, in parallelo allo sviluppo delle tecnologie di comunicazione e informazione. I sistemi
informativi sono diventati sempre più importanti all’interno delle aziende.
Le teorie decisionali approfondiscono il ruolo dell’informazione come elemento che consente di fronteggiare l’incertezza e la complessità ambientale ed è necessario per i meccanismi di coordinamento e controllo nel processo decisionale. Galbraith parla di come debbano essere organizzati gli scambi
informativi in un’organizzazione in condizioni di crescente incertezza ambientale e propone un approccio alla progettazione della struttura organizzativa basato sul trattamento delle informazioni.
Per svolgere un compito, più o meno incerto, sono necessarie informazioni. A parità di informazione
posseduta l’informazione necessaria varia in relazione alla diversità degli obiettivi associati agli output, alla diversità degli input, alla difficoltà degli obiettivi di prestazione. L’informazione necessaria è funzione di incertezza esterna/interna, numerosità di output e variabili interne, grado di connessione tra le variabili.
Più aumenta il divario fra informazione necessaria e informazione posseduta più cresce la capacità
elaborativa = “adeguatezza di un’organizzazione nell’elaborare le informazioni necessarie per realizzare i propri obiettivi in interazione con il contesto in cui opera”. È propria degli individui, dei gruppi e delle organizzazioni.
Per ridurre le esigenze informative è
possibile intervenire sull’ambiente riducendone l’incertezza, creare risorse di slack, creare unità organizzative
autosufficienti. Per aumentare la
capacità elaborativa è possibile
potenziare i sistemi informativi verticali
e fare collegamenti laterali (contatti
diretti, ruoli di collegamento, task
force, team, ruoli di integrazione,
matrice organizzativa).
Le nuove teorie manageriali:
In un contesto che vede la progressiva internazionalizzazione dei mercati e della concorrenza, la crescita
dell’instabilità dei tassi di cambio, la saturazione dei mercati, i nuovi comportamenti da parte dei consumatori, l’accelerazione dell’innovazione tecnologica e la riduzione del ciclo di vita dei prodotti, si
vanno formando nuove teorie per la gestione di impresa. Le aziende tendono a concentrarsi di più sul core
business, de-verticalizzare la strutture e creare reti di imprese.
Tra il ’70 e il ’90 emergono nuovi strumenti di gestione e organizzativi come il Just in Time, Total Quality
Management, Total Productive Maintenance, Concurrent Engineering, Lean production…e le vecchie teorie organizzative vengono riprese e tradotte in azioni operative.
Contesto
Principi guida
Metodologie e
tecniche
TOTAL QUALITY
MANAGEMENT
Anni ’60, pressione al miglioramento
della qualità,
liberalizzazione dei
mercati
Soddisfacimento
delle aspettative del
cliente, ottica di
processo, controllo
difetti da parte degli
operatori di linea,
coinvolgimento e
responsabilizzazione,
miglioramento
continuo di prodotti
e processi
Problem solving,
lavoro di gruppo,
attenzione ai costi
JUST IN TIME
Anni ’50, Toyota, pressioni
competitive, crisi
della produzione
di massa
Riduzione
sprechi,
continuità dei
flussi produttivi,
aumento
produttività,
migliorare
servizio, ridurre le
scorte, flessibilità,
linea per
operatori abili
Standardizzazione
componenti,
prodotti
TOTAL PRODUCTIVE
MAINTENANCE
Anni ’70, Nippondenso,
aumento
dell’automazione, ricerca di nuove
prestazioni
Aumentare
l’efficienza e l’affidabilità degli impianti, automanutenzione,
prevenire la
manutenzione
Manutenzione
preventiva e
condizionata,
Metodologie e
tecniche
della qualità,
valutazione
fornitori…
modulari, layout
a flusso,
produzione a
celle, riduzione
set-up e lotti di
produzione,
kanban,
flessibilità
addetti,
coinvolgimento e
integrazione
operatori
coinvolgimento di
tutte le funzioni,
gruppi di autoispezione,
formazione e
addestramento,
strumenti di
problem solving
World Class manufacturing e i suoi pilastri vedi slides 11 e 12 (III parte).
Le nuove teorie manageriali si basano su due logiche di fondo: la riduzione delle esigenze di
integrazione/coordinamento e l’aumento del coinvolgimento e della motivazione degli addetti. Gli strumenti
per raggiungere tali obiettivi sono la riprogettazione delle mansioni, il lavoro in team, la delega e la
responsabilità verso i risultati, la flessibilità, la riduzione degli organi di staff e il nuovo ruolo dei manager, la
misura e la visibilità dei risultati.
I costi di transazione e le reti:
La teoria dei costi di transazione assieme all’economia organizzativa cercano di superare il distacco che finora c’era stato tra l’economia generale e l’organizzazione aziendale. L’organizzazione è stata pensata solo come
burocrazia/gerarchia. Si passa al concetto di organizzazione come “modello stabile di rapporti tra persone/imprese” (gerarchia + mercato + reti). La transazione è uno scambio di beni e servizi, regolato da qualche forma di contratto e può riguardare la scambio di beni e servizi con fornitori esterni, prestazioni di
lavoro dipendente, prestazioni specifiche e temporanee. Le fasi di una transazione sono la RICERCA, la
CONTRATTAZIONE, il CONTROLLO e la REGOLAZIONE e per ognuna di esse abbiamo dei costi associati. Questi
costi nascono per “l’attrito” che si crea in fase di contratto dovuto a RAZIONALITÀ LIMITATA (impossibile
prevedere ogni eventualità nel contratto) ed OPPORTUNISMO degli agenti economici: auto-interesse che
porta a frode ed inganno. Le due ipotesi comportamentali hanno come conseguenza quella di creare
asimmetria informativa che può essere selezione avversa = prendere decisioni su un insieme limitato di
informazioni o azzardo morale = azione opportunistica di uno o più attori in seguito alla negoziazione. I costi
di transazione vengono determinati in base a 3 fattori: incertezza (ambientale o dovuta ad opportunismo),
frequenza delle transazioni e grado di specificità delle risorse (luogo, beni fisici, risorse umane).
All’aumentare di questi 3 fattori aumentano i costi di transazione.
Il governo delle transazioni serve a stabilire se sia meglio affidarsi al mercato o integrare verticalmente la
produzione (gerarchia). CTM = C_transazione + C_produzione(mercato); CTG = C_coordinamento +
C_produzione(gerarchia). Se CTM < CTG sceglierò il mercato e viceversa.
GOVERNO DELLE TRANSAZIONI:
L’informazione risulta centrale nella gestione delle transazioni. L’antagonista dell’informazione è l’incertezza dovuta all’ambiente in cui si opera e agli attori con cui si opera (opportunismo). Il mercato
come meccanismo di coordinamento risulta molto più incerto rispetto che alla gerarchia. Galbraith sostiene
che sia possibile ridurre le esigenze informative ed operare in contesti più incerti migliorando la capacità
elaborativa. L’utilizzo delle ICT permette di ridurre i costi di transazione, rendendo più veloci, regolari ed efficienti i flussi informativi e permette di ridurre i costi associati al processo di scambio, limitando
l’opportunismo, l’asimmetria informativa, le cause di fallimento di coordinamento di mercato. Le ICT inoltre
permettono di espandere i sistemi di mercato e di svilupparne di elettronici, ridurre l’integrazione verticale e la dimensione delle imprese, sviluppare reti di imprese.
Le critiche all’ECT riguardano essenzialmente l’uso del solo criterio di efficienza per comprendere le organizzazioni, la riduzione dell’organizzazione a semplici transazioni senza tener conto di tutti gli altri fattori di coordinamento. Ouchi teorizza che il clan sia una forma adeguata per governare le transazioni nel
medio lungo termine perché evita i comportamenti opportunistici
Identità e cultura organizzativa:
A partire dagli anni ’70 ci si focalizza sempre di più sugli aspetti soft delle organizzazioni, come la cultura. Come posso rendere valori e obiettivi aziendali strumenti di integrazione e controllo? Il comportamento
degli attori di un’impresa, il clima interno alle imprese e le caratteristiche dei diversi Paesi industriali diventano oggetto di studio. Si iniziano a fare ricerche di tipo qualitativo come lo studio di casi reali e la
osservazione partecipata. I due principali studiosi del momento sono SCHEIN, il quale analizza le
caratteristiche e le modalità di formazione della cultura aziendale e HOFSTEDE, che propone un modello
interpretativo delle differenti culture nazionali ed aziendali.
La cultura organizzativa è il repertorio di comportamenti, atteggiamenti e valori condiviso dalle persone che
operano in azienda. I comportamenti di successo si diffondo e diventano un’abitudine, si creano così regole
per agire nel modo giusto a seconda delle differenti situazioni in azienda. La cultura è anche un forte
strumento di coordinamento, infatti aumenta l’integrazione fra i membri di un’azienda, permette di coordinarsi nonostante ci sia un’elevata complessità informativa o incertezza. Durante un cambiamento organizzativo è necessario avere ben chiari quali siano i valori di fondo di una
cultura aziendale. Altrimenti si corre il rischio che questa possa frenare lo sviluppo/cambiamento.
Definizione di SCHEIN: “La cultura organizzativa è l’insieme coerente di assunti fondamentali che un dato
gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento
esterno e di integrazione interna e che hanno funzionato abbastanza bene da poter essere considerati
validi e perciò tali da essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e
sentire in relazione a quei problemi.”
Punti chiave per Schein: tensione tra conservazione ed innovazione; ruolo del fondatore e dei leader nella
formazione della cultura.
Schein individua 3 livelli di manifestazione della cultura:
Per studiare la cultura aziendale si possono seguire 4 approcci:
1. Processo e contenuti della socializzazione dei nuovi membri
2. Risposte ad eventi critici
3. Credenze, valori e assunti del fondatore, dei leader e di chi ‘produce’ cultura
4. Anomalie e tratti sorprendenti caratteristici
Secondo Hofstede la cultura è “la programmazione collettiva della mente che
distingue i membri di un gruppo o di una
categoria di persone da un altro” e si manifesta in
simboli, eroi, rituali (che sono le pratiche) e
valori.
PROCESSI:
1. Teorie organizzative e gestione per processi
2. Principi di gestione per processi
Negli ultimi anni, all’interno delle aziende contemporanee, è cresciuta l’attenzione per il cliente finale.
Questo ha portato ad una nuova suddivisione ed organizzazione del lavoro. In particolare si è passati da una
gestione gerarchica/strutturale ad una per processi, valorizzando il personale grazie anche ad una
diffusione della conoscenza a livello globale con corsi di formazione che hanno migliorato la qualità dei
dipendenti. Inoltre si è passati da lavori routinari a progetti che hanno incentivato e motivato
maggiormente i lavoratori.
Che cosa si intende per PROCESSO? Il processo in senso lato individua una dinamica di comportamenti che
racchiudono decisioni, comunicazioni e motivazioni. Noi ci occuperemo del processo in senso stretto,
ovvero di tutte quelle attività finalizzate a migliorare il business di un’azienda, dagli input iniziali al soddisfacimento del cliente.
A partire dagli anni ’80 si sono sviluppate tre teorie principali riguardo i processi aziendali:
1. Il filone delle operation e della gestione della qualità: progettare processi produttivi eliminando gli
sprechi (JIT) in modo da produrre output di valore per il cliente (centrale). Migliorare in maniera
sistemica e continua i processi aziendali, per mantenere e innalzare nel tempo i livelli di qualità di
tutte le attività aziendali, al fine di ottenere soddisfacimento da parte del cliente (TQM – zero
defect). Adottare la certificazione ISO 9000 e la Vision 2000 (documentazione e misurazione dei
processi aziendali). Adottare l’approccio six sigma, volto a diffondere la cultura di processo e di
controllo e di miglioramento della qualità fra tutti gli addetti dell’azienda.
2. Il filone strategico: ha il suo precursore nella catena del valore di Porter (1985). Il valore di
un’impresa viene generato dalle attività primarie e dalle relative attività di supporto.
Successivamente Rummler e Brache (1990) sottolineano la necessità di eliminare gli spazi bianchi
negli organigrammi aziendali, ovvero quelle zone di passaggio di responsabilità nei processi dove si
creano la maggior parte dei problemi. Inoltre i due hanno sviluppato una visione organizzativa tale
per cui le diverse funzioni devono essere collegate tra loro tramite processi che abbiano obiettivi e
risultati strettamente connessi a quelli strategici dell’azienda. Nasce il BPR, il processo aziendale diventa l’elemento principale di analisi per il miglioramento delle performance aziendali e viene sottolineata l’importanza di un approccio sistemico e non isolato per il singolo processo. 3. Il filone dell’Information Technology: sviluppo di sistemi informativi e software orientati al
processo, come ad esempio l’ERP o i workflow systems (orientati ad automatizzare lo scambio di documenti lungo i processi aziendali). L’utilizzo dei sistemi informativi ha inoltre permesso di creare reti di imprese e di migliorare la collaborazione con i fornitori esterni.
La visione per processi nasce dalla necessità di ridurre la frammentazione delle attività aziendali dovuta
alla struttura organizzativa orientata alla singola unità. I processi evidenziano il legame tra le attività
inter-funzionali e inter-organizzative e le performance aziendali, innanzitutto come soddisfazione del
cliente finale poi come impatto sui risultati economico finanziari. Governare i processi significa
ottimizzare le prestazioni in ottica globale. Sono quindi le strategie aziendali ad orientarsi verso una
gestione per processi.
INTEGRAZIONE TRA I 3 FILONI:
Differenza tra processo e progetto: possiamo dire ci sia un continuum tra processo e progetto. Partendo da
un processo ripetitivo, ovvero un processo che si ripeterà tante volte quante sono le istanze che ne
richiedono l’esecuzione, passiamo ad una situazione intermedia, di progetto ripetitivo o processo personalizzato, nel quale vediamo l’unicità dell’output o delle fasi ma non delle competenze richieste.
Infine abbiamo il processo unico o progetto con forte novità, nel quale abbiamo unicità di output, fasi,
competenze richieste.
LA GESTIONE PER PROCESSI:
Questo approccio innovativo si sviluppa a partire dagli anni '80, soprattutto in quelle aziende dove il cliente
ha la possibilità di esprimere la sua opinione e farla pesare sui risultati di un'impresa. Quello che è
importante è il risultato globale del processo. Non mi focalizzo sui singoli risultati funzionali. Le diverse
unità aziendali si vedono come un insieme. Integro le attività e creo una visione di insieme. Devo ragionare
per processi senza perdere i vantaggi di una solida struttura aziendale. La struttura è l'ambito dove
vengono coltivate e sviluppate le risorse per la buona riuscita di un processo.
Schema di buona riuscita dei processi:
1. L'azienda deve “vedere” i processi: tipologie e caratteristiche
2. Quali sono le leve che mi permettono di gestire bene i processi? Principi organizzativi e gestionali
3. Necessario cambiare e riprogettare i processi.
I PRINCIPI DELLA GESTIONE PER PROCESSI:
PRINCIPI CULTURALI:
1. Pervasività dell’orientamento: devo fare in modo che le persone della mia azienda "vedano" e
"gestiscano" per processi. Devono avere chiaro il loro contributo al processo, a valle e a monte
della loro attività. È necessario identificare i processi aziendali principali, abituarsi a valutarne il
contributo alla generazione di valore, focalizzarne le prestazioni di processo e definirne obiettivi
precisi. Tutto questo è semplificato grazie all’utilizzo della mappatura, che può avvenire tramite catena del valore, framework, mappatura bottom-up (parto da come lavora la mia azienda e
stilo la mappa).
2. Logica cliente-fornitore: i dipendenti della mia azienda devono capire che a valle hanno "clienti"
interni della azienda e a monte "fornitori" interni. Gli elementi chiave di questa logica sono il
deployment degli obiettivi (trasformare gli obiettivi del cliente finale in obiettivi per i clienti dei
processi intermedi) e l’attivazione delle catene clienti-fornitori. Le leve sulle quali è possibile
agire sono la misurazione delle interfacce, la standardizzazione dei processi, l’applicazione della logica di partnership. L’obiettivo è quello di incrementare la velocità di risposta ed essere più efficaci nei confronti del cliente.
PRINCIPI ORGANIZZATIVI:
1. Ownership dei processi: individuare un responsabile, il process-owner, che si faccia carico del
processo a livello globale e ne presidi l’efficacia e l’efficienza. Il process-owner supporta
l’integrazione tra processi e strutture organizzative “tradizionali”, questo favorisce il raggiungimento degli obiettivi di processo e il miglioramento continuo del processo. È
responsabile davanti al cliente, non è un capo, le sue competenze sono relazionali e di
leadership, solitamente è una figura che svolge già un altro ruolo operativo o di responsabile ed
è scelto dalla funzione più importante nel processo; rompe il dogma dell’unicità di comando.
2. Ridisegno delle mansioni e dei ruoli: rivedere le scelte organizzative, in particolare per quanto
riguarda gli operatori il loro grado di responsabilità e di specializzazione. Riprogettare le
modalità di lavoro nell’ottica di garantire l’integrazione di processo. Posso far leva sul job redesign: job enlargement/enrichment, gruppi di lavoro. Aumentare la delega decisionale, ovvero
responsabilizzare gli operatori rispetto il processo e aumentare le loro competenze. Questo
porta alla riduzione del fabbisogno di integrazione/coordinamento lungo il processo e al
coinvolgimento degli operatori.
PRINCIPI GESTIONALI:
1. Documentazione dei processi: per gestire bene i processi questi devono essere documentati,
quindi formalizzati. Condivisione e diffusione dei processi tramite software di mappatura,
intranet e repository. In questo modo posso raccogliere e codificare i dati, supportare la
comprensione dei processi e l’identificazione delle opportunità di miglioramento e riconoscere
le responsabilità.
2. Misurazione dei risultati: dal punto di vista del processo e da quello del cliente. Consente di
stabilire dei riferimenti condivisi tra le diverse unità aziendali. Ai parametri funzionali devo
aggiungere parametri di processo. Da un lato metto in evidenza le misurazioni di servizio per il
cliente, dall'altro porto le funzioni a diventare consce del loro contributo sul risultato finale per
il cliente. Alcuni strumenti utili sono la BALANCE SCOREBOARD e l’ALBERO DELLE PRESTAZIONI.
Spesso si va incontro a problemi di trade-off tra la diverse prestazioni di processo. Sta alla fase
di BPR migliorare il più possibile queste evenienze.
3. Ottimizzazione dei flussi di attività e bilanciamento tra logica pull e push: progettare un flusso e
sequenze di attività in ottica di processo tramite un ridisegno del workflow (individuo le attività
a valore aggiunto, linearizzo il processo, verifico la possibilità di parallelizzare o sovrapporre le
attività del processo), ridefinendo le logiche e le procedure dello svolgimento delle attività
(modifiche organizzative, riprogettazione dei controlli, standardizzare parti del processo),
bilanciando la logica pull e push (individuare il punto di snodo tra le 2 logiche). L’obiettivo finale è quello di creare valore per il cliente e rendere il processo efficace ed efficiente.
DIFFERENZE TRA PROCESS OWNER STRATEGICO E OPERATIVO:
IL PROCESS-OWNER STRATEGICO:
IL PROCESS-OWNER OPERATIVO:
Infine vi sono casi particolari, come la gestione dei processi di supporto, che vanno analizzati a parte.
Bisogna instaurare anche in questi processi una logica di “cultura di servizio”. È possibile farlo tramite la responsabilizzazione delle unità di staff, scorporando le attività critiche e accorpandole nei processi primari
(esempio: manutenzione, attrezzaggio, controllo qualità), producendo informazione all’interno dei processi oppure esternalizzando i processi di supporto. Questo garantisce un miglioramento della tempestività di
supporto ed evita casi di straniamento/autoreferenzialità dei processi di supporto.