Finotello Davide 5° Arte Bianca – Istituto Engardo Merli – Lodi AS

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Finotello Davide 5° Arte Bianca – Istituto Engardo Merli – Lodi AS
Finotello Davide
5° Arte Bianca – Istituto Engardo Merli – Lodi
A.S 2011 – 2012
1
Indice
Introduzione…………………………………………………………………………………………………………………………..4
Mappa Concettuale…………………….………………………………………………………………………………………….5
1) I Personaggi………………………………………………………………………………………………………………..6
2) Moto Guzzi, la nascita di un mito……………………………………………………………………………….11
3) La produzione di serie……………………………………………………………………………………………....13
4) La produzione militare……………………………………………………………………………………………….19
5) Il reparto corse…………………………………………………………………………………………………………..20
6) La Moto Guzzi e i Mandellesi………………………………………………………………………………………22
6.1) La scuola di qualificazione aziendale Guzzi…………………………………………………………..24
6.2) La scuola serale professionale di disegno……………………………………………………………..24
6.3) Lo spaccio aziendale: alimentazione e risparmio…………………………………………………..25
6.4) La mensa aziendale………………………………………………………………………………………………26
6.5) La distribuzione di generi alimentari e pacchi……………………………………………………….26
6.6) Salute e benessere………………………………………………………………………………………….……26
6.7) I premi ai lavoratori………………………………………………………………………………………………27
6.8) Gli interventi edilizi per i dipendenti: Il “Villaggio Guzzi”……………………………………...28
6.9) I Pompieri……………………………………………………………………………………………………………..28
6.10) Le colonie estive per i figli dei dipendenti……………………………………………………………29
6.11) Il tempo libero…………………………………………………………………………………………………….30
7) Motoraduni: dagli anni ’30 alle GMG………………………………………………………….………………32
7.1) Moto di protesta…………………………………………………………………………………………………..32
Curiosità………………………………………………………………………………………………………………………33
8) Impianti di produzione e Automatismi e controlli………………………………….……………………34
8.1) Attuatori……………………………………………………………………………………………………………….35
8.2) PLC……………………………………………………………………………………………………………………….37
9) Organizzazione del lavoro…………………………………………………………………………….…………….39
9.1) L’Azienda………………………………………………………………………………………………………………39
9.2) La progettazione Guzzi………………………………………………………………………………………….40
9.3) Innovazione tecnologica e ciclo di vita di un sistema produttivo…………………………….40
9.4) Fasi di progettazione………………………………………………………………………..…………………..41
2
9.5) Scelta del processo di fabbricazione…………………………………………………………………….…42
10) Storia: La Resistenza nel Lecchese……………………………………………………..………………………..43
10.1) Cronologia della Resistenza Lecchese………………………………………………………………....48
11) Carlo Emilio Gadda……………………………………………………………………………………….…………….52
11.1) Gadda Ingegnere………………………………………………………………………………………………….52
11.2) L’Adalgisa…………………………………………………………………………………………………………….53
11.3) Il brano l’Adalgisa……………………………………………………………….………………………………..53
12) English: The Tourist Trophy and the Isle of Man………………………….………………………….…..54
12.1) Tourist Trophy………………………………………………………………………………………………………54
12.2) Isle of Man……………………………………………………………………………………..……………………57
12.3) External relation…………………………………………………………………….…………………………….57
12.4) History…………………………………………………………………………………….…………………………..58
13) Microbiologia degli Alimenti………………………………………………………………………………………..59
13.1) La dieta del Pilota……………………………………………………………….……………….……………….59
13.2) La conservazione deli alimenti………………………………………….……………………….………….61
14) Conclusione……………………………………………………………………………….…………………………………66
15) Bibliografia…………………………………………………………………………………….……………………………..67
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Introduzione
Avendo l’opportunità di fare un approfondimento a mia scelta, ho deciso di fare un lavoro, il più
dettagliato possibile, sull’azienda
“Moto Guzzi”, data anche la mia grande passione per il
motociclismo ed in particolare per le motociclette Italiane. Il marchio “Guzzi” mi ha affascinato sin
da piccolo per la sua storia, il suo particolare design, il suono dei motori e per lo stile del
“Guzzista”, uno speciale modo di vita un po’ ironico e un “chiassoso”. Ad oggi non ho la possibilità
di acquistare una Moto Guzzi, ma appena inizierò la mia carriera lavorativa sicuramente ne
acquisterò almeno una. In questo mio lavoro mi sono soffermato sull’aspetto umano dell’azienda,
soprattutto sottolineando il cambiamento del rapporto tra la dirigenza, i dipendenti e la clientela.
Ho citato, dopo varie piacevoli visite, lo stabilimento di Mandello del Lario (Lc) come un esempio
del progresso dei processi di attività produttiva, potendo contare su ben 91 anni di operato sul
mercato italiano ed internazionale, mentre per quanto concerne gli automatismi ho approfondito
la spiegazione di valvole sia meccaniche che elettroniche, legandoli alle applicazioni nella catena di
montaggio pneumatica.
Per quanto riguarda i collegamenti interdisciplinari, ho collegato la Moto Guzzi nella letteratura
italiana con Carlo Emilio Gadda che scrisse della Guzzi nell’Adalgisa.
L’ho collegata in Storia alla Resistenza nelle zone del Lecchese, poiché la Guzzi aiutò i suoi
dipendenti durante la Seconda Guerra Mondiale; essendo dichiarato stabilimento ausiliario* i suoi
uomini non dovettero fare il servizio militare.
Ho inserito inoltre un approfondimento in lingua inglese sulla competizione motociclistica “Tourist
Trophy” dell’isola di Man, dove molte volte la moto Guzzi è stata protagonista potendo contare
sulla bravura e l’impegno di piloti italiani e d’oltre Manica.
Per Microbiologia degli alimenti ho riportato la dieta di un pilota, in quanto diverge dalle normali
diete, ricollegandomi alle tecniche di conservazione degli alimenti.
*Stabilimento ausiliario: è quello stabilimento che durante una guerra assolve compiti di
costruzione armamenti e qualunque cosa necessiti allo Stato; per questo motivo i dipendenti non
devono recarsi al fronte, quindi godono di una certa immunità.
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Italiano
Carlo Emilio Gadda e
L’Adalgisa
Automatismi e Impianti
Le valvole pneumatiche e
le modalità di controllo
Organizzazione del
Lavoro
L’Azienda e il sistema
produttivo
Storia
La Resistenza nelle
zone del Lecchese
Microbiologia degli alimenti
La dieta del pilota e la
conservazione degli alimenti
Inglese
L’Isola di Man e
il Tourist Trophy
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1. I PERSONAGGI
Carlo Guzzi
Carlo Guzzi nacque in una famiglia della ricca borghesia milanese, terzo di quattro figli, il 4 giugno
1889. Si iscrisse alla scuola tecnica nazionale A. Rossi di Vicenza, ma i rendimenti scolastici
risultarono piuttosto deludenti; fu ammesso nel 1904-05 al secondo anno dove ottenne la
promozione con grande fatica. L'anno successivo fu rimandato agli esami di riparazione di ottobre,
ma l'improvvisa morte del padre, avvenuta nell'ottobre del 1906, lo costrinse ad abbandonare gli
studi. La madre Elisa, con tre figli ancora da mantenere, decise di lasciare Milano e di trasferirsi
nella casa di Mandello. Per aiutare la famiglia, il ragazzo cercò un'occupazione e trovò impiego
come meccanico presso la fabbrica di macchine per cucire Singer che aveva da alcuni anni aperto
uno stabilimento a Monza. Nel 1909 entrò a far parte del reparto prove motori della Isotta
Fraschini a Milano, il massimo per l'epoca dove un uomo come lui poteva fare esperienza su
motori di ogni genere, per autotrazione, navali ed aeronautici. In quello stesso anno sposò
Francesca Gatti, figlia di un agricoltore di Mandello, da cui ebbe un unico figlio, Ulisse. Carlo passò
buona parte del suo tempo nell’officina del fabbro e meccanico di motori Giorgio Ripamonti,
appassionandosi alle due ruote. Già nel 1910, Carlo, montò un motore su una bicicletta iniziando
così le sue prime sperimentazioni. Nel 1921 fonda la Società Anonima Moto Guzzi dove rimane alla
testa della progettazione dell'azienda fino al 1961 con la produzione del modello Lodola che fu la
sua ultima creazione. Carlo Guzzi era molto presente in ditta, conosciuto da tutti come un uomo
buono, di poche parole ma di fatti concreti, ottimo progettista, acculturato, dispensatore di idee
geniali e chiarimenti tecnici. Di lui, operai e impiegati conservano il ricordo di una persona
semplice ed alla mano. Gli aneddoti che lo riguardano, le espressioni colorite ed ironiche sono
numerose e vengono ancora raccontate con simpatia ed ammirazione. Nonostante il suo ruolo di
prestigio parlava con i dipendenti molto spesso in dialetto, era presente nei vari reparti e
condivideva con loro i momenti di lavoro. Non amava sperperare il denaro, non voleva mettersi in
mostra ed odiava politici e giornalisti ma stravedeva per le belle donne. Non era loquace e andava
sempre al sodo nei discorsi. Morì a Lecco il 3 novembre 1964.
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Giuseppe “Naco” Guzzi
Il fratello maggiore di Carlo Guzzi nacque a Milano il 6 agosto 1882. Naco era un tipo strano, molto
diverso da Carlo sia nel carattere che nella corporatura. Mentre Carlo era un vispo donnaiolo Naco
era tranquillissimo. Naco l’anima della Guzzi turistica, Carlo l’anima della Guzzi sportiva. Veniva
descritto come un burbero ai limiti del sopportabile. Naco era grande e grosso, aveva dita con cui
non riusciva a comporre i numeri di telefono e faticava a tenere la matita. Si laurea al Politecnico
di Milano in Ingegneria Civile e collabora tecnicamente con Carlo in vari progetti legati ai
motoveicoli. Disegna anche alcuni capannoni e strutture della fabbrica oltre all’insegna sul
cornicione della facciata principale. Suo fu anche il progetto nel 1929 dell’edificio che, all’entrata
di Mandello, ospita ancora la Canottieri Moto Guzzi. Taciturno, riflessivo, versatile e geniale firma
molti progetti di ingegneria civile ed idraulica a Mandello. Progetta anche una centrale
idroelettrica sul torrente Zerbo, il bacino di adduzione dell’acqua e la condotta forzata per la
centrale. Soffrendo molto il caldo, nel suo ufficio costruì anche un ingegnoso impianto di
raffreddamento facendo correre l’acqua in serpentine lungo le pareti. D’estate, per incontrarlo,
bisognava attendere che si mettesse la camicia poichè disegnava a torso nudo. Naco praticava
alcuni sport, tra i quali lo sci, il pattinaggio ed il turismo su due ruote. Con la sua Sport 500
compie svariati raids in Europa. Nel 1926 mentre si trovava sui Carpazi, rompe il telaio rigido della
sua Sport, da bravo ingegnere si ingegna con delle vecchie coperture e camere d’aria a collegare il
triangolo posteriore alla sella. Fu così che torna a Mandello col triangolo posteriore della moto che
ballava come se le avessero montato un retrotreno elastico. Quando finalmente arriva in fabbrica
parla con Carlo e si mette al tecnigrafo per disegnare un forcellone oscillante montando tutto il
pacco molle sotto il motore. Nasce così la GT500, prima moto Gran Turismo del mondo,
ribattezzata Norge dopo un raids di oltre 8000 km a Capo Nord (Norvegia) sulle orme di Umberto
Nobile. La moto in questione, modificata e aggiornata negli anni da Naco, è ancora in funzione ed
è visibile al Museo Guzzi. Naco voleva provare a vedere quanto sarebbe resistito quel motore, ma
non lo saprà mai, poiché morì il 16 giugno 1962. La sua moto è stata usata nel 1991 e nel luglio
2011 per la rievocazione del viaggio fino a Capo Nord, e funziona ancora!
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Giulio Cesare Carcano
Giulio Cesare Carcano nacque a Milano il 20 novembre 1910 e, sempre a Milano, dopo gli studi
liceali, si laureò al Politecnico nel 1934. Dopo aver effettuato il servizio militare, entra nel 1936 a
far parte dello staff tecnico della Moto Guzzi, a 26 anni, e ben presto si dedica allo sviluppo delle
500 cc e 250 cc monocilindriche destinate ai piloti privati (modelli Condor e Albatros). Dopo la
seconda guerra mondiale Carcano cura la realizzazione della 500 Gambalunga e quindi della 250 cc
monoalbero che conquista il mondiale negli anni 1949, 1951 e 1952. Le sue formidabili 350 cc
monocilindriche, vincitrici di ben cinque campionati del mondo consecutivi (dal 1953 al 1957)
hanno fatto la storia. Leggerissime e facili nella guida avevano una meccanica semplicissima
all’apparenza, ma
progettuale
in realtà
eccezionale e
estremamente
di
un
lavoro
raffinata,
di
sviluppo
frutto
di
una
incredibilmente
capacità
accurato.
Quella che ha fatto sbalordire il mondo e che rimane ancor oggi uno straordinario esempio di
tecnica motoristica applicata al mondo delle due ruote è stata la 500 cc ad otto cilindri. Ricco di
soluzioni evolute e talvolta inedite, il suo motore bialbero raffreddato ad acqua era
incredibilmente compatto e leggero, in relazione all’architettura ed al frazionamento. Lo sviluppo
di questa moto straordinaria, che pesava a secco solo 150 kg, venne interrotto dal ritiro della Casa
dalle competizioni al termine della stagione 1957. Il motore aveva la distribuzione bialbero con
comando a ingranaggi; la potenza erogata era di circa 75 cavalli a oltre 11000 giri/min nella
versione non definitiva. Tra le realizzazioni di Carcano, per quanto riguarda i modelli di serie,
vanno ricordati lo Stornello, che fu prodotto in due versioni (Turismo e Sport) e nelle cilindrate di
125 cc e di 160 cc, ed il primo V7. Il bicilindrico a V, dal quale sono derivati tutti i successivi motori
Guzzi di grossa cilindrata, nacque infatti da un suo progetto. Nel 1966 il grande tecnico abbandonò
l’azienda di Mandello del Lario ed il mondo dei motori per dedicarsi alle imbarcazioni da regata.
Scompare a Mandello del Lario il 14 settembre 2005.
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Umberto Todero
Progettista, dirigente e memoria storica. Ma Umberto Todero è stato più di tutto questo; è stato
la vera anima della Moto Guzzi con la quale ha operato in simbiosi per 66 anni, più degli stessi
fondatori, ne ha condiviso con fedeltà assoluta gioie e dolori, momenti lieti e meno lieti. In questo
periodo non c’è un modello di Guzzi che non abbia conosciuto la mano di Todero, che non sia
passata dal suo tavolo da disegno, dalle moto militari in tempo di guerra ai progetti in tempo di
pace, dal Falcone fino alla V7 e perfino la fantastica 500cc ad 8 cilindri. Sempre presente ai gran
Premi a coordinare il lavoro dei meccanici, a dare consigli ed a controllare i tempi. E fino agli ultimi
giorni, sempre con l’entusiasmo di quel 6 marzo 1939 col quale varcava per la prima volta i
cancelli della fabbrica. Friulano di origine , terminati gli studi si trasferisce a Lecco dove lavora
presso la filiale locale Fiat, ma poco dopo entra in Guzzi dove lavorerà prima al fianco di Carlo
Guzzi e poi dell’Ing. Carcano alla direzione dell’Ufficio Esperimenti dove in breve diviene vice capo
del reparto corse e poi gestore diretto del reparto corse. Chiuso il periodo delle corse resta al
fianco di Carcano col quale disegna lo Stornello e poi il bicilindrico a V e le sue varie applicazioni.
Diventerà poi capo dell’ufficio progetti e il suo tocco si ritroverà in tutti i modelli successivi della
Guzzi. Nel 1975 viene insignito della Stella al Merito del Lavoro e del titolo di Maestro del lavoro.
Ci ha lasciati nel febbraio 2005, accanto al suo tecnigrafo, pochi giorni prima di ricevere la laurea
honoris causa in Ingegneria.
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Lino Tonti
Nacque nel 1920 a Cattolica, in provincia di Forlì, ad una distanza ridotta da quella che all’epoca
era una delle maggiori case motociclistiche nazionali: la Benelli di Pesaro. La sua carriera infatti
iniziò proprio in Benelli, nel 1937, al fianco di Giuseppe Benelli. Per i successivi 30 anni girò le
principali marche motociclistiche italiane creando svariati capolavori. Lino Tonti entra in Guzzi nel
1967 e si mette subito al lavoro per affinare una macchina già di per se molto valida come la V7 e
con la quale la casa aveva in mente di tentare la conquista di alcuni record mondiali in modo da
avere un forte ritorno d’immagine. Nacque così la V7 Sport, che sconfisse svariati record di
velocità. Tonti si mette subito all’opera ma le agitazioni sindacali che nel ’69 si accendono nella
società creano enormi problemi per il nuovo progetto. Tonti allora trova rimedio alla situazione
prelevando di soppiatto un motore V7 vuoto, alcuni metri di tubi da telai e recandosi nella sua
cantina privata dove chiama a supporto un suo collaboratore dando inizio alla realizzazione del
telaio che diventerà poi un caposaldo della produzione Guzzi per tanti anni a venire. Praticamente
fino ad oggi! Ma Tonti non si ferma a questo e realizza un numero incredibile di progetti per la
Moto Guzzi la maggior parte dei quali rimarranno solo sulla carta o al massimo alla prima fase di
prototipo. Suo fu anche il progetto delle bicilindriche della "serie piccola" V35-V50, pensate per
essere realizzate con maggior semplicità ed economicità di produzione rispetto alle sorelle
maggiori V7. Non mancano però anche in questo motore così apparentemente semplice, una serie
di particolari molto originali, come ad esempio la presenza di valvole parallele. Infatti la camera di
scoppio è ricavata completamente nel cielo del pistone. Il propulsore adottata una pompa dell’olio
a lobi anziché la classica ad ingranaggi (prima applicazione di questo tipo di pompa su una moto
italiana). Il basamento è diviso in due pezzi con piano di unione orizzontale che taglia a metà i
supporti di banco. Passando alla ciclistica, assolutamente originale è il forcellone in lega
d’alluminio che per la prima volta al mondo fu impiegato per la produzione di moto in grande
serie. Insomma, Lino Tonti vanta un "campionario" di realizzazioni veramente vasto e può ben dire
di aver spaziato con disinvoltura da motori utilitari di piccola cilindrata a moto da competizione di
sua completa invenzione. Quando Lino ci ha lasciati, nell’ottobre 2002 è scomparso un vero artista
dalla fantasia inesauribile e dal talento infinito.
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2. Moto Guzzi, la nascita di un mito.
Nel 1914, Carlo Guzzi, è chiamato in Aviazione come tecnico motorista. Partecipa al primo conflitto
mondiale come Maresciallo nell’officina della squadriglia degli Idrovolanti Sant’Andrea di Venezia.
Conosce due piloti con cui instaura una forte amicizia: Giorgio Parodi, genovese e di famiglia
benestante e Giovanni Ravelli, bresciano, uno dei migliori corridori in moto del periodo
anteguerra. Carlo confida agli amici, appassionati di moto come lui, il suo ambizioso progetto: è
convinto che la sua moto possa degnamente competere con i migliori prodotti mondiali esistenti
al tempo: “progetto una moto con criteri ritenuti da me migliori delle esistenti”.
Carlo è un genio e matura il suo progetto di motociclo in modo tale da risultare un raro esempio di
equilibrio di qualità diverse che sommano affidabilità e tecnica a funzionalità ed economia, cioè
un veicolo alla portata di tutti e che sia duraturo nel tempo. Gli amici condividono l’idea e insieme
decidono che, finita la guerra, fonderanno un’industria motociclistica basata sulle idee tecniche di
Guzzi, sul capitale di Parodi e sulla forza della propaganda di Ravelli. Finita la guerra, Guzzi, torna
nell’officina del fabbro e meccanico di motori Giorgio Ripamonti e inizia a costruire il prototipo
della sua moto mentre Parodi, nel gennaio 1919 riceve la prima risposta positiva del padre
Emanuele Vittorio per avviare la società. Nell’agosto 1919, Giovanni Ravelli si schianta al suolo con
il suo aeroplano, morendo per le ferite riportate. Guzzi e Parodi decideranno di portate avanti il
progetto e in sua memoria l’aquila ad ali spiegate diverrà il simbolo della società. Il primo
prototipo, denominato G.P (Guzzi-Parodi) ha un motore monocilindrico orizzontale di 500cc ed è
dotato di quattro valvole ed albero di distribuzione in testa. La potenza erogata è di 12 cavalli, la
velocità massima di 100 km/h. Per l'epoca era una moto assolutamente innovativa. La moto viene
presentata ad Emanuele Vittorio Parodi, padre di Giorgio, il quale, dopo un primo prestito di
duemila lire, accorda un finanziamento per la costituzione di un'azienda per la fabbricazione di
motociclette. Rispetto a quasi tutti gli altri costruttori, tesi alla ricerca delle prestazioni, la
motocicletta che Carlo realizza è razionale in tutte le sue componenti, deve garantire affidabilità e
facilità d'uso. Dal primo prototipo si sviluppa nel 1920 la Normale, il primo modello pronto per la
commercializzazione, per contenere i costi di produzione il motore ha solo 2 valvole, con 8 cavalli,
una velocità massima di 80 km/h ed una percorrenza di 30 km con un litro di carburante. Prima al
mondo, la Normale monta un cavalletto centrale, soluzione che verrà in seguito adottata da tutti
gli altri costruttori. Il nome "G.P." viene abbandonato subito e trasformato, con il consenso
unanime di tutti i soci, in Moto Guzzi, anche per evitare fraintendimenti con le iniziali Guzzi-Parodi
con quelle del solo Giorgio Parodi.
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Il 15 marzo del 1921 il cavaliere Emanuele Vittorio Parodi, suo figlio Giorgio e Carlo Guzzi fondano
a Genova, sede legale, con produzione a Mandello del Lario, un paese sul Lago di Como, in
provincia di Lecco, la "Società Anonima Moto Guzzi": nasce così uno dei più prestigiosi marchi
motociclistici del mondo.
La fabbrica viene fondata dove aveva sede l'officina il Ripamonti in via E.V. Parodi 57.
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3. La produzione di serie
Nell’arco di 91 anni la Moto Guzzi ha prodotto poco oltre 1 milione di motocicli e progettato circa
40 tipi diversi di motori, di varie cilindrate e frazionamenti ( 1, 2, 3 , 4 e 8 cilindri). E’ stata la prima
azienda al mondo a introdurre la sospensione posteriore, il cambio in blocco e ad aver montato il
cavalletto centrale assieme ad altre novità minori che comunque influenzeranno la produzione
mondiale motociclistica fino ad oggi. Il primo motore fu un monocilindrico orizzontale di 500 cc
(poi prodotto anche in cilindrate minori di 175, 250 e 350 cc) che resterà in produzione dal 1921
fino al 1976, progettato direttamente da Carlo Guzzi. Un motore che rese famosa l’azienda per le
sue prestazioni e la sua superba affidabilità. Un altro motore per cui la Guzzi è conosciuta in tutto
il mondo è il 2 cilindri a V di 90° adottato dal 1967 e tutt’oggi principale motore della produzione
che fu progettato da Giulio Cesare Carcano. Nel mezzo la Guzzi progettò e utilizzò altri tipi di
motori, a 2 o 4 valvole, aspirati o sovralimentati, a 2 o 4 tempi da 40 a 1200 cc. Le Guzzi sono
sempre state caratterizzate da prestazioni ed alta
affidabilità. La prima Guzzi, denominata
“Normale” aveva un motore monocilindrico orizzontale di 500 cc, 4 tempi e distribuzione a 2
valvole contrapposte. Il cambio era a tre marce con leva sulla destra del serbatoio ed era
provvista solo di freno posteriore. Rispetto alla produzione mondiale era caratterizzata da questo
motore orizzontale, che favorisce il baricentro del mezzo e
un grande volano esterno per
diminuire le vibrazioni. Aveva 8 cavalli, raggiungeva 80 km/h. di velocità massima e percorreva 30
km con un litro di carburante. Nel 1921 vengono costruite 17 moto del modello Normale che
diverranno 139 l’anno seguente al prezzo di 8.500 lire. La produzione da artigianale diventa
industriale. Viene costruito uno stabilimento dall'area di 300 metri quadrati, in cui lavorano 17
operai. Alla casa in pietrame del 1921 si erano affiancati nuovi e ampi capannoni che portarono a
11.000 m3 lo spazio nel 1925 ed a 500 i lavoratori che costruiranno 1.200 veicoli.
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Nel 1923 il marchio è conosciuto ovunque, l'esperienza nelle corse si riflette nella produzione di
serie sia in termini qualitativi (nell'adozione di soluzioni tecniche d’avanguardia), che in termini
quantitativi (grazie ai grandi successi che accrescono la notorietà del marchio tra il pubblico). Nel
1929 la produzione raggiunge le 2.500 unità. In questo periodo era consuetudine da parte degli
operai della Moto Guzzi di firmare i motori che costruivano personalmente. Dal 1932 al 1933 La
Guzzi produce la pima 3 cilindri orizzontale della storia, la 500 cc 3C Stradale e nel 1934 la Moto
Guzzi è il maggiore produttore di motociclette in Italia con 700 dipendenti. Durante la seconda
guerra mondiale dal 1940 al 1945 la produzione civile cessa ma i progettisti Guzzi riescono a
costruire due modelli perfetti per il conflitto: il mitico Trialce ed il sidecar Alce. Guzzi ancora oggi è
impegnata a proporre modelli destinati alle forze di polizia e militari, non solo in Italia ma in tutto
il mondo. Nel 1946 la Guzzi diventa una S.P.A. il cui Presidente è Giorgio Parodi e nello stesso
anno nasce quello che tra la vasta produzione di mezzi adibiti al trasporto merci è forse il più
famoso, l'Ercole. La fine della guerra vede un mutamento nei gusti e nelle tendenze del pubblico.
In un paese fortemente segnato dalle vicende belliche, in cui le strade sono quasi tutte accidentate
e l'automobile è un mezzo alla portata di pochissimi, le motociclette diventano determinanti nella
mobilità degli italiani, grazie anche ai progressi della tecnica che consentono di approntare moto
di piccola cilindrata molto efficienti. Gli italiani del dopoguerra viaggiano sugli scooter e sulle
cosiddette motoleggere che attirano un pubblico molto più vasto rispetto alle sorelle di cilindrata
maggiore perché pur raggiungendo una buona velocità, sono robuste, sporcano poco e si lasciano
guidare con facilità e maneggevolezza. La moto non è più un veicolo per pochi eletti, ma diventa
un mezzo da utilizzare tutti i giorni, anche per recarsi al lavoro. Proprio per questo nel 1946
Antonio Micucci progetta il Guzzino 65 cc (oltre 50.000 unità in soli tre anni ) e il Cardellino che
saranno le motoleggere più vendute in Europa. Nel 1947 nasce il Falcone 500 cc che rappresenterà
per un lunghissimo periodo il sogno dei motociclisti italiani in quanto massimo esempio di
tecnologia italiana. Per vent'anni sarà la moto della Polizia di Stato. Carlo Guzzi introduce sul
Falcone una delle sue invenzioni destinate a far storia, la sospensione anteriore con il sistema a
forcella telescopica rovesciata. A differenza delle forcelle finora utilizzate, dove il fodero era
solidale alla ruota, Carlo Guzzi ne ribalta il concetto applicando il fodero alla parte superiore (oggi
il sistema viene così definito, a forcella rovesciata o forcella upside-down) con il grosso vantaggio
di mantenere la struttura più rigida nel punto di maggiore stress meccanico, in corrispondenza del
cannotto di sterzo, risolvendo inoltre il problema dei carichi sospesi. Ancora oggi le forcelle
rovesciate sono utilizzate nei modelli più sportivi della produzione motociclistica mondiale per
questa loro caratteristica.
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Nello stesso anno arriva sul mercato il Galletto 160 cc, il primo scooter a ruote alte della storia.
L'idea del Galletto nacque in seguito alla grande diffusione dello scooter come mezzo utilitario,
protettivo e di facile utilizzo, che non intimoriva i neofiti delle due ruote. La Moto Guzzi non volle
progettare un veicolo simile a Vespa e Lambretta perché troppo diverso dalla classica motocicletta
e dalla tradizione Guzzi. Il Galletto rappresenta la sintesi tra moto e scooter: telaio portante,
esteso e protettivo (la ruota di scorta verticale posta tra la ruota anteriore ed il telaio fungeva
anche validamente da paraurti), motore centrale a cilindro orizzontale che manteneva una pedana
quasi piatta, ruote alte per garantire una stabilità superiore, cilindrate importanti per garantire
mobilità a lungo raggio e prestazioni a pieno carico. Fu un successo e l'idea di base venne poi
ripresa decenni più tardi da Aprilia per il suo Scarabeo e per Honda con l'SH, che ha rilanciato nei
tempi moderni lo scooter a ruote alte. Nel 1954 lo stabilimento Guzzi ha una superfice di 24.000
mq. Nel 1958 la Moto Guzzi realizza, per la prima volta al mondo, un motore con la canna del
cilindro cromata. Questa innovazione troverà la prima applicazione sul modello Zigolo e sarà poi
ripresa dalla maggior parte dei costruttori di motociclette. Il 1964 registra la morte del fondatore
Carlo Guzzi. Nello stesso anno a causa della massiccia diffusione delle automobili il mercato della
motocicletta si restringe notevolmente. La motoleggera che fino ad ora era il mezzo di trasporto
più usato dagli italiani viene sostituito dalle utilitarie a quattro ruote. Nel 1965 Giulio Cesare
Carcano progetta un motore V2 di 90° fronte marcia con trasmissione cardanica, divenuto poi nel
tempo l'icona stessa della Moto Guzzi ed ancor oggi costantemente aggiornato ed utilizzato. La
storia vuole che fu anche utilizzato allo stadio di prototipo per una utilitaria della Fiat che lo rifiutò
poiché ritenuto troppo potente per un'auto così leggera. Nel 1967 la Moto Guzzi, a causa della
crisi del mercato delle due ruote, entra in amministrazione controllata dalla SEIMM (Società
Esercito Industrie Moto Meccaniche), una società appositamente costituita dal gruppo di banche
creditrici. Nel 1971 viene presentata la V7 Sport, una moto sportiva destinata ad entrare nella
storia per le caratteristiche dinamiche dell'accoppiata motore-telaio e per essere l'unica moto di
serie, nel panorama mondiale dell'epoca, a superare i 200km/h. Per il mercato americano vengono
approntate le versioni Special e Ambassador.
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E' sempre al Salone di Milano, nel 1971, che vengono presentate nuove moto sulla base di quel
bicilindrico: la 850 GT e la prima di una lunga serie di moto chiamate California. Dai successi della
V7 Sport, nascono poi in ordine di tempo, la Sport S e la S3 dotata di tre freni a disco. Nel 1972
inizia una storica collaborazione con una neonata realtà' italiana, la bergamasca Brembo
specializzata in sistemi frenanti, nella quale la Guzzi è la prima casa motociclistica europea a
collaborare. Grazie alla collaborazione con Guzzi, la Brembo in pochi anni diventerà leader del
settore degli impianti frenanti delle due ruote. Nel 1973 l' imprenditore italo-argentino Alejandro
De Tomaso acquista la Moto Guzzi. De Tomaso è già in possesso dei marchi Benelli, Maserati ed
Innocenti. Si distinguono da subito due linee di produzione, modelli turistici, tra cui l'ammiraglia
California, famosa in tutto il mondo, e moto con prestazioni di più alto livello sportivo. Ma
l'imprenditore non sempre è stato in grado di prendere le scelte migliori per la casa di Mandello
del Lario ed inizia anche un lungo periodo dalla gestione discutibile con svariati alti e bassi per la
casa. Inizialmente si rincorre lo sviluppo di una serie di motori a 4 cilindri che raggiunge il suo apice
nella Guzzi 254, per poi reimpostare la produzione intorno allo sviluppo del motore bicilindrico a
V, sempre molto apprezzato dal pubblico che ne identifica il carattere distintivo dell'Aquila.
Commercialmente, il glorioso propulsore V2 oltre che nella serie grossa viene proposto, in
versione small block, destinato a cilindrate più piccole. Appaiono così alla fine degli anni '70 sul
mercato le Guzzi V35 e V50, proposte in vari allestimenti anche in versione Pubblica
Amministrazione. Nel 1974 la 750S introduce l'innovativo sistema frenante a due dischi anteriori.
Nel 1975 viene presentata la V1000I Convert. Si tratta della prima moto al mondo con convertitore
di coppia idraulico. Il veicolo era destinato soprattutto al servizio di pattuglia ma venduto
regolarmente anche al pubblico. Fu adottato dai corpi di polizia di mezzo mondo compresi molti
stati degli U.S.A. Nel 1976 nasce il modello più popolare e di successo di quegli anni, il Le Mans
850. Molto apprezzata per lo stile e per le prestazioni. La coppia del motore e la solidità del telaio
assicurano la competitività del modello proprio nel periodo in cui le industrie giapponesi si stanno
affermando nel mercato motociclistico Europeo.
16
Nel 1987 viene presentata la terza evoluzione della famiglia California, modello che, con motore
portato a 1064 cc e dotato di iniezione elettronica, è ormai un'icona stessa della Casa di Mandello.
E' la prima moto al mondo a montare la frenatura integrale a tre dischi. Un brevetto Guzzi poi
ripreso anche dalla casa giapponese Honda. Nel 1989 compare la mastodontica Quota 1000. La
moto è una vera maxi enduro che all'epoca fu incompresa ma che ben prefigurava le attuali maxi
enduro moderne. Il 1989 è l'anno del debutto della Nevada, una moto che migliorata negli anni è
ancora oggi una delle custom più apprezzate dal pubblico per affidabilità e per le linee senza
tempo. Nel 1996 la G.B.M. (Guzzi Benelli Moto) S.p.A., tornata in attivo dopo una drastica cura
sotto il controllo della Finprogetti (cui la De Tomaso Industries Inc. aveva delegato la gestione nel
1994), cambia nuovamente ragione sociale tornando al vecchio nome di Moto Guzzi S.p.A.
Finprogetti rileva una quota consistente e successivamente il controllo della De Tomaso Industries
Inc. trasformandola in TRG – Trident Rowan Group Inc. Nel 2000 la Moto Guzzi viene ceduta alla
Aprilia di Ivano Beggio che compra anche il marchio Laverda. Beggio, da vero appassionato lancia
un piano di risanamento industriale per Guzzi cercando di conciliare tecnologia, passione e
tradizione. La Marabese Design viene incaricata di disegnare le nuove Guzzi del rilancio. Sempre
nel 2003 viene presentata la Breva 750 derivata dalla meccanica della Nevada 750 ma con una
linea da naked turistica, una nuda, non carenata. E' la nuova entry level della casa. Nel 2004 Ivano
Beggio è in crisi finanziaria e per non fallire cede il gruppo Aprilia-Guzzi alla Piaggio. A fine
dicembre 2004 il controllo del 100% del Gruppo Aprilia-Moto Guzzi viene acquisito dal Gruppo
Piaggio, il quarto produttore al mondo di motocicli. Nel 2005 debutta la nuovissima trasmissione
cardanica denominata CARC (cardano reattivo compatto) in onore all'ingegnere Carcano mentre il
2006 è l'anno del debutto della Norge 1200 disponibile in versione base, GT e GTL. E per
l'occasione la Guzzi rievoca quell'epico viaggio da Mandello a Capo Nord, fatto nel 1928, con un
nuovo raid dove 14 Guzzi Norge 1200, date alla stampa, e l'originale G.T. 500 del Naco, nel luglio
2006 rifanno lo stesso lungo tragitto senza problemi in sei tappe raggiungendo la meta il 29 luglio.
L'impresa vuole rilanciare in grande stile il nuovo modello nel settore del gran turismo,
mantenendo vivo il legame con la storia del marchio dell'Aquila. La nuova gestione e la rinnovata
vitalità progettuale e commerciale comincia subito a produrre risultati incoraggianti. La mattina
del giorno 11 settembre 2006 viene prodotta a Mandello la decimillesima moto dell'anno (si tratta
di una 1200Sport), una crescita costante che è passata dalle 4.000 moto scarse del 2004 alle 7.000
del 2005, per giungere alle oltre 10.000 del 2006. Per ritrovare lo stesso volume produttivo
bisogna fare un salto indietro di oltre vent'anni, per l'esattezza al 1983. Il Gruppo Piaggio nel
biennio 2006-07 investe anche sulla storica fabbrica, rinnovando la linea di assemblaggio motori,
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alla quale se ne aggiungerà una seconda dopo qualche mese. Nel 2008 viene presentato l'ultimo
progetto che Aprilia aveva commissionato alla Marabese Design, la Stelvio 1200. Una maxi enduro
dalla linea molto decisa. Nel 2010 arriva la NTX variante della Stelvio dedicata agli amanti dei
grandi raid. Ad oggi il listino Guzzi prevede una tipologia di moto improntata sul turismo e sul
turismo sportivo, guardando all’affidabilità e all’esclusività del design mescolato a buone
prestazioni. Lo stabilimento è in ristrutturazione e stanno sorgendo nuovi capannoni.
Prototipo
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4. La produzione militare
Per molto tempo il settore delle motociclette militari ha rivestito un ruolo importante per le
fabbriche garantendo uno sbocco sicuro alla produzione anche in periodi di crisi. Anche qui la
moto Guzzi ha saputo imporsi bene sulla concorrenza allestendo prodotti appositamente e
razionalmente concepiti quindi non semplici adattamenti dei modelli di serie. Nell’intervallo tra i
due conflitti mondiali tutte le nazioni intrapresero degli studi per realizzare motociclette militari.
In Italia si preferirono motociclette a due posti abbinate a sidecar. La prima fornitura della Moto
Guzzi risale al 1928 e fu affidata alla Guzzi per la particolare affidabilità e maneggevolezza. La
versione biposto aveva la sospensione posteriore regolabile a seconda del carico ed a seconda
delle destinazioni erano previsti allestimenti specifici con portapacchi vari, cassette
portamunizioni, attacchi per il trasporto di una mitragliatrice o fucile mitragliatore sul manubrio. Il
debutto della G.T 17 fu nella guerra d’africa nel 1935/36 dove si comportò brillantemente,
meravigliando gli stessi militari per le sue prestazioni su quei terreni impossibili. Seguirono altri
modelli con continui miglioramenti e con annesso sidecar che furono anche apprezzati dalle
Nazioni nemiche quando potevano catturarne qualcuna. Dagli anni ’40 ad oggi tutte le forze
armate del nostro paese, ed anche i Vigili del Fuoco, hanno in dotazione Moto Guzzi, dalla Gt 17
del 1928 passando dal Falcone negli anni ’50 per arrivare alla Norge dei giorni nostri. E come noi
quasi la metà dei paesi mondiali adottò e tutt’oggi adotta i modelli Guzzi come moto militari,
dall’Inghilterra agli Usa.
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5. Il reparto Corse
Già nel 1921 Carlo Guzzi ebbe un’intuizione fondamentale, non esistendo la pubblicità come la
intendiamo oggi, l’unico modo per fare conoscere il marchio è iscriversi alle corse e Carlo decise di
debuttare subito con successo in questo campo. Già nel settembre 1921 una Guzzi vinse la celebre
Targa Florio siciliana. Fu l’inizio di una serie di successi che dal 1921 al 1957 porterà la Guzzi alla
conquista di 14 titoli mondiali, 3.332 vittorie in competizioni ufficiali, 11 successi al Tourist Trophy
inglese più una serie di successi nel cross, nel trial e nelle Gimcane che andavano di moda prima
degli anni ‘70. Le vittorie iniziali funzionano come cassa di risonanza e aumentano le richieste.
Le prime moto da corsa furono allestite sulla base dei modelli stradali, poi via via negli anni furono
studiate e progettate apposta per le corse. Per le aziende partecipare alle corse è un modo di
sperimentare le innovazioni sui propri mezzi da gara per poi trasferirle sui modelli di serie.
La storia del Reparto corse è legata a piloti del calibro di Omobono Tenni, Stanley Woods, Fergus
Anderson, Duilio Agostini e in anni più recenti Gianfranco Guareschi. Verso il 1950 comparvero le
prime carenature, dapprima parziali, poi integrali ‘’a campana’’. Le carenature furono applicate
alle moto fin dai primi anni 20 ma solo la Guzzi, con la galleria del vento, poté applicarle
studiandole con rigore scientifico. La galleria del vento della Moto Guzzi fu la prima galleria del
vento costruita in un impianto motociclistico e una delle pochissime che poté consentire prove su
veicoli a grandezza naturale e non su modellini in scala. La galleria del vento Guzzi, ad oggi
esistente e funzionante, è lunga 28 metri con la bocca d’entrata di 8,20m di diametro e camera di
prova con diametro 2,60 m. Il flusso d’aria è provocato tramite un ventilatore aspirante azionato
da un motore elettrico (in passato da un motore di un cacciatorpediniere Fiat). Fu usata anche per
costruire i Bob, le slitte ed i vari attrezzi da competizione per gli atleti dipendenti che gareggiavano
in sport invernali. Nel settembre 1957 la Moto Guzzi, in accordo con le altre maggiori case
motociclistiche italiane quali Mondial e Gilera, firmò il Patto di Astensione dalle competizioni
velocistiche. I motivi furono principalmente le velocità raggiunte dalle moto da competizione, la
sicurezza dei piloti all’interno dei circuiti e la spesa enorme da sostenere. Per avere un’idea
dell’impegno della spesa, il reparto corse della Moto Guzzi spese 235 milioni di lire, pari a 30
milioni di Euro odierni, quando non esisteva ancora il sistema di sponsorizzazioni. La
comunicazione avvenne all’indomani del Gran Premio delle Nazioni disputatosi a Monza, gara
conclusiva del Motomondiale 1957 dove tutte le gare furono vinte da queste tre case. La decisione
di astenersi dalle gare provocò in ambito motociclistico un vero terremoto ebbe ripercussioni
sulle vendite delle case ritiratesi e che in pochi anni videro il baratro del fallimento. L’improvvisa
assenza delle Case tecnologicamente più avanzate fece in modo che le neonate aziende
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Giapponesi entrassero prepotentemente nel mondo dello sport motociclistico mondiale, senza
trovare competitori in grado di contendere loro il primato, potendo così conquistare il prestigio
sportivo e raccogliere l’esperienza tecnica necessaria a presentarsi sui mercati europeo e
statunitense, poi conquistati con rapidità e facilità. Dal 1957 la Moto Guzzi non vedrà più l’asfalto
delle piste se non grazie a qualche appassionato che correrà privatamente. Nel marzo 2006 il
nome Moto Guzzi torna ad essere scritto negli albi delle competizioni internazionali. In quei giorni,
Gianfranco Guareschi, in sella ad una Moto Guzzi MGS-01 (dal 2002 è l’unica Moto Guzzi prodotta
esclusivamente per correre in pista) vince le due manche della “BOT – Battle of Twins” a Daytona
(USA) nella categoria F1, senza limiti di elaborazione. Arrivano secondi nella categoria “sound of
thunder” si aggiudicano anche il Trofeo Supertwins Italiano. La MGS-01 deve combattere con
motociclette di ben 50/60kg più leggere facendo valere il suo perfetto bilanciamento telaistico ed
il suo motore che, per quanto meno potente della concorrenza, è dotato di una coppia e di una
progressione eccezionali. Nel 2007, Guareschi e la sua MGS-01 con cilindri Big-Bore, si
ripresentano a Daytona e vincono entrambe le manches della Bot. Nella classe Twins of Thunder la
vittoria sfugge per un soffio ma il secondo posto è comunque un buon piazzamento. Ora Guareschi
calca le piste Europee in sella ad una V7 preparata in proprio (la famiglia Guareschi possiede una
officina Moto Guzzi ed il fratello Vittorio è Team Menager del team Ducati Corse nel campionato
MotoGp) piazzandosi sempre onorevolmente anche davanti a moto ben più potenti.
21
6. La Moto Guzzi ed i Mandellesi
Nel corso degli anni la Moto Guzzi ha avuto molta importanza nella trasformazione sociale,
economica e demografica di Mandello del Lario e del circondario.
Ha creato infatti occasioni di incontro e di aggregazione tra persone di varia provenienza; è stata
uno dei motori della grande trasformazione del paese da agricolo-artigianale ad industriale ed è
stato un elemento di sviluppo delle famiglie Mandellesi, non solo di quelle dei dipendenti Guzzi.
Ha offerto anche uno stimolo per la promozione dello sport a livello mondiale (con il canottaggio),
ha creato preziose opportunità per i giovani di allora di apprendere tecniche, di conoscere e
scoprire un mondo più grande attraverso le occasioni di lavoro, di studio, di svago offerte dalla
Moto Guzzi. Essere assunti in Moto Guzzi era considerato un privilegio ed un obbiettivo da
raggiungere per garantirsi stabilità economica e non solo. La Moto Guzzi fin dai primi anni aveva
intrapreso varie iniziative volte a creare uno stato di benessere per i suoi dipendenti e le relative
famiglie. Si occupava infatti non solo delle ore di lavoro ma anche di quelle del tempo libero e
questo è dimostrato dal conferimento nel 1962 del Premio Nazionale Mercurio D’Oro - Oscar del
Commercio, in quanto l’azienda stessa è ritenuta un modello di azienda concepita come moderno
“organismo sociale” che trasforma in collaborazione il rapporto di dipendenza e pone sullo stesso
piano di importanza il conseguimento dei fini economici dell’impresa e il miglioramento delle
condizioni di vita di tutti coloro che vi partecipano. La Moto Guzzi ha favorito la crescita
demografica, sociale ed economica della Mandello di quei tempi, ed allo stesso tempo ha fatto da
traino per molte altre realtà lavorative incentrate sulla ditta. Dal 1935 essere dipendenti Guzzi
voleva dire non fare il servizio militare in quanto la fabbrica era diventata “stabilimento ausiliario”
ed i lavoratori erano nella condizione di “mobilitato civile”, cioè ritenuti indispensabili sul posto di
lavoro per la produzione. Dal 1943 al 1945, durante la resistenza lavorare in Moto Guzzi voleva
dire avere certe particolari garanzie. I dirigenti avevano preso l’impegno con i lavoratori e con il
Cln (Comitato di Liberazione Nazionale) di operare contro la deportazione in Germania dei
dipendenti (nessuno infatti fu deportato), ma anche la salvaguardia dei macchinari dalla loro
distruzione da parte dei nazisti in fuga. Fu garantito anche il rientro in fabbrica dei partigiani dopo i
rastrellamenti dell’autunno 1944 e in quegli anni fu salvaguardata la produzione. Nel dopo guerra
con la ripresa furono molte le persone che fecero domanda d’assunzione perché lo stipendio era
superiore a quello previsto dal contratto del settore metalmeccanico. Essere dipendenti in Guzzi
voleva inoltre dire poter acquistare per se e per i propri familiari una moto a prezzi agevolati o
addirittura con pagamento dilazionato. Dagli anni ’30 agli anni ’60 la popolazione mandellese
passò da 4600 a 8200 abitanti per stabilizzarsi subito dopo attorno ai 10000 abitanti.
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Dai paesi più lontani, i dipendenti, iniziarono a trasferirsi a Mandello per evitare il viaggio
giornaliero. Nei “libri di matricola”, dove sono riportati i luoghi di nascita dei dipendenti si nota
che sono assunte persone provenienti dai luoghi più disparati, quali per esempio Zurigo, Bruxelles,
Piacenza, Milano, Torino, Ascoli Piceno, Mantova, Vicenza, Saronno, Ancona ecc...
Addirittura da Lecco la Guzzi riservò un vagone di un treno per portare avanti e indietro gli operai,
mentre chi abitava sull’altra sponda del lago arrivava al lavoro in barca o in battello. La forte
crescita di popolazione avvenne negli anni ’50 quando arrivano molte famiglie dal sud Italia; gli
uomini trovano facilmente lavoro nelle industrie locali e nelle numerose officine che crescono
numerose nel dopoguerra per la ripresa dell’attività della Moto Guzzi a pieno ritmo. Nel
dopoguerra la Moto Guzzi ebbe una grande importanza per la realtà produttiva ed economica di
Mandello e del lecchese. La ditta nel 1951 aveva un organico di 1.571 dipendenti e in quell’anno
l’azienda produsse 31.779 motocicli mentre raggiungerà il massimo nel 1956 con 41.873 motocicli.
Attualmente l’Azienda conta circa 110 dipendenti, complessivamente, tra operai ed impiegati.
Dopo il 1957, con il ritiro ufficiale dalle competizioni motociclistiche sia della Moto Guzzi sia di
altre marche prestigiose, inizia il calo delle vendite di motocicli e viene meno anche la ricerca
tecnologica e la pubblicità assicurata dai successi sportivi. Tiene invece la produzione del
motocarro per il suo basso costo rispetto ad altri mezzi di trasporto su gomma. Probabilmente
l’introduzione del casco, la patente di guida per alcune cilindrate e la diffusione delle auto
‘’utilitarie’’ potrebbero aver influito sulla riduzione delle vendite. Così come la diffusione dei mezzi
di trasporto pesante e medio-pesante, unito alla diffusione delle autostrade hanno contribuito al
calo delle vendite dei motocarri, uno dei punti forti della produzione di quegli anni. Iniziò così il
declino della Moto Guzzi, segnato dall’arretramento industriale e dell’indotto a essa collegato: i
mandellesi cominciarono a cercare lavoro altrove.
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6.1 La scuola di qualificazione aziendale Guzzi
All’interno della Società Anonima Moto Guzzi fu istituita nel 1941 una scuola a numero chiuso, con
lo scopo di preparare i futuri dipendenti. Era una scuola con “corso biennale teorico-pratico per la
formazione dei giovani da avviarsi alla qualifica di tornitori e aggiustatori”. Ogni corso biennale
prevedeva 20 allievi ed erano ammessi i giovani tra i 15 e i 16 anni, anche figli di non dipendenti
Guzzi. Gli allievi ammessi al corso tramite esame di ammissione ricevevano una paga regolata dalle
condizioni fissate dal contratto collettivo di lavoro e per tutte le ore frequentano l’officina.
Alla fine del corso gli allievi dovevano sostenere un esame per essere ammessi allo stabilimento,
ricevevano un diploma ed i migliori anche un premio.
6.2 La scuola serale professionale di disegno
Dalle testimonianze raccolte ho appreso che i corsi iniziarono prima della guerra (1920/1921) ed
erano già molto frequentati. Erano corsi serali finanziati sia dalla Guzzi che da altre ditte della
zona. I corsi furono operativi anche in tempo di guerra, erano triennali e la sede non era fissa, per
motivi bellici. Nel dopoguerra continueranno per dare un’opportunità
a chi aveva dovuto
interrompere gli studi a causa del conflitto. I corsi proseguirono negli anni ’50 con 107 allievi
iscritti e tutte le testimonianze raccolte confermano la validità degli insegnamenti.
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6.3 Lo spaccio aziendale: alimentazione e risparmio
Una delle iniziative più importanti, messe in atto dalla Moto Guzzi è stato sicuramente lo ‘Spaccio
aziendale di generi alimentari e diversi’. A partire dagli anni ’30 i dipendenti erano dotati di un
tesserino personale per non fare concorrenza economica agli altri commercianti. Inizialmente
ubicato in centro al paese fu poi trasferito all’interno della Moto Guzzi, con accesso direttamente
dalla strada. La ditta riusciva in qualche modo a rifornirlo sempre di generi alimentari di prima
necessità. Durante la guerra la Moto Guzzi riuscì ad aggirare repubblichini e tedeschi ed a rifornire
lo spaccio con generi alimentari per vie traverse. Il riso per esempio lo procuravano a Vercelli con
un motocarro portandone venti quintali per viaggio, rifornendo così tutto il paese. I prodotti
alimentari erano per lo più della zona, le uova venivano dagli allevatori del paese mentre i derivati
del latte venivano da una fattoria gestita da Angelo Parodi (direttore generale della Moto Guzzi) a
pochi chilometri da Mandello, importando le prime mucche pezzate dall’Olanda. Lo Spaccio aveva
anche la prima penicillina acquistata a Bergamo dalle truppe inglesi in modo non proprio lecito.
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6.4 La mensa aziendale
La Moto Guzzi ha sempre pensato ad un posto dove i propri dipendenti potessero consumare un
pasto; all’inizio non sembrava una vera mensa ma era uno spazio coperto, situato a poche
centinaia di metri dalla fabbrica, aperto a tutti. In un secondo tempo verrà spostata all’interno
della fabbrica e durante la guerra vengono distribuite porzioni gratuite di minestra anche alla
popolazione bisognosa. Nella mensa si tenevano anche i concerti di fabbrica.
Tutt’oggi la mensa aziendale funziona a pieno ritmo per i dipendenti che vi lavorano.
6.5 La distribuzione di generi alimentari e pacchi
Nel 1956 tutti i dipendenti con la spesa di 60 lire usufruivano ogni 15 giorni di una distribuzione
di generi alimentari nella misura di : 600gr di carne, 200gr di olio, 400gr di formaggio e 600gr di
pasta o riso. Era un elemento aggiuntivo alla retribuzione. Durante la guerra, non solo durante le
festività ma anche in altri momenti dell’anno, venivano dati dei pacchi alimentari alle famiglie
bisognose o numerose. In particolare a Natale vi era la consegna del pacco natalizio che era
aspettato da molte famiglie per il suo contenuto in panettone, dolci, marmellate, grana padano,
salame e vino. Quando un dipendente si sposava la ditta regalava un servizio da caffè e dava un
contributo in denaro.
6.6 Salute e benessere
All’interno della fabbrica sono stati istituiti presto vari servizi con lo scopo di favorire lo stato di
buona salute dei dipendenti. Tra questi in particolare è presente un ambulatorio medicoinfermieristico che era dotato di una sala per il pronto soccorso, dello studio medico con annesso
un impianto radiologico completo; vi operavano anche un dentista ed un oculista.
Si effettuavano anche vaccinazioni collettive e somministrazione di vari medicinali, tutto a titolo
gratuito. La ditta garantiva alle operaie in gravidanza l’indennità per 20 giorni prima e 20 giorni
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dopo il parto con assistenza sia medica che farmaceutica. Sempre per garantire igiene e salute
all’interno della fabbrica furono costruiti spogliatoi con annesse docce per una capienza di 1.400
posti. Le docce potevano essere usate dopo l’orario di lavoro e nei fine settimana, negli anni ’50
erano molto frequentate dato che solo pochi nelle case avevano la doccia ed il bagno.
Era presente poi un servizio di assistenza sociale in fabbrica che, affidato a personale specializzato,
seguiva le pratiche dei dipendenti e dei loro familiari bisognosi di particolari cure prolungate.
Nel 1954 nasceva il Fondo Assistenza Operai che nacque per integrare la Mutua aziendale ed
erogava un sussidio di 400 lire giornaliere ai dipendenti ammalati a partire dal quindicesimo
giorno di assenza fino alla ripresa del lavoro. In caso di necessità e ricovero la ditta metteva a
disposizione un’automobile con autista per il trasporto. Inoltre, per i donatori del sangue iscritti
all’Avis l’azienda, oltre a mettere a disposizione l’automobile aziendale, assegnava un permesso
aziendale e un pacco contenente un chilo di carne e mezzo litro di olio di oliva.
6.7 I premi ai lavoratori
In Guzzi venivano dati premi di produzione, riservati ai soli dirigenti, e premi di rendimento di pari
importo per tutti i lavoratori. Esistevano anche premi per chi elargiva consigli sull’innovazione dei
prodotti e sui miglioramenti alla produzione o per la riduzione dei costi.
Venivano distribuiti anche premi ai lavoratori quando il reparto corse vinceva i Gran Premi, in
particolare il Tourist Trophy. La ditta prestava anche denaro ai propri dipendenti in occasione
dell’inverno, di matrimoni ed altre occasioni ed il responsabile del recupero prestiti si
complimentava con i dipendenti per la puntualità nel restituire le cifre avute in prestito.
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6.8 Gli interventi edilizi per i dipendenti: il “Villaggio Guzzi”
La Moto Guzzi ha realizzato negli anni abitazioni per operai, case o villette per gli impiegati e ville
per i dirigenti. Anche a Mandello infatti, come in altri luoghi e come fecero molti degli imprenditori
dell’Unione Industriali Lecchesi, furono costruite, a partire dagli anni ’30, case per operai.
Talvolta si trattava di offrire agevolazioni, prestiti, o di dare garanzie alle banche ai propri
dipendenti. Collegata alla Moto Guzzi nel 1941 fu fondata la “immobiliare Sei Maggio SPA” e nel
’49 presentò un progetto per l’insediamento di case per lavoratori sulla collina sopra la fabbrica;
furono completate a febbraio del 1950. In quegli anni la Moto Guzzi fornì anche alloggi ad affitti
modesti. Parecchie di queste costruzioni sono ancora visibili oggi.
6.9 I pompieri
All’interno della fabbrica un gruppo di dipendenti era addetto al servizio Pompieri; erano chiamati
in caso di emergenza, svolgevano esercitazioni settimanali e interventi in paese e sui monti
circostanti. Erano un gruppetto di una quindicina di persone che tutti i sabati si trovavano ai
giardini pubblici di Mandello per esercitarsi.
6.10 Le colonie estive per i figli dei dipendenti
Nel 1934 fu aperta una Colonia Guzzi in montagna, ai Piani dei Resinelli, a pochi chilometri da
Mandello. Dal 1941 fu organizzata la colonia marina a Misano Mare, con 75 bambini, figli di
dipendenti che partirono direttamente in treno dalla stazione di Mandello. Tutti vestiti da Balilla,
all’arrivo a Misano, venivano fatti sfilare di fianco ai bambini della Gioventù Hitleriana.
Alla fine degli anni ’40 la colonia marina si spostò a Lavagna, Chiavari e Santa Margherita Ligure
mentre alla fine degli anni ’50 i soggiorni estivi furono ospitati nella struttura costruita a
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Bordighera. Era una struttura nuova e moderna, un palazzo di sei piani immerso nel verde con un
grande parco privato. Venivano ospitati oltre ai figli dei dipendenti Guzzi anche a figli di dipendenti
di altre aziende lecchesi o bambini della zona con particolari bisogni, con soggiorni persino
invernali. C’era una profilassi fatta di visite mediche e controlli sanitari prima di poter partecipare
alla colonia.
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6.11 Il tempo libero
Il CRAL Moto Guzzi (centro ricreativo aziendale lavoratori) è stata una delle prime iniziative
promosse dall’ azienda per creare momenti di svago e di aggregazione tra i dipendenti; fu aperto
a fine anni ’20. Aggregava varie persone e vi si svolgevano molte attività per i lavoratori e le loro
famiglie, l’azienda si faceva carico di tutte le spese. Tra le molte attività che si sono svolte merita
particolare attenzione il Circolo Filologico dove si potevano studiare le lingue straniere.
Con il Cral si organizzarono mostre, gite, uscite culturali ed escursioni. Importante fu il contributo
dei concerti di fabbrica tenuti nella mensa della ditta anche in tempi di guerra, dove parteciparono
anche soldati tedeschi della Wehrtmacht. Tra le attività del tempo libero non manca lo sport che
vede la Moto Guzzi impegnata fin dal 1929 nel canottaggio dove vince alle olimpiadi di Londra nel
1948 e a quelle di Melbourne nel 1956, mentre il reparto corse fu attivo dai primi giorni fino al
1957, vincendo in lungo e in largo per il mondo.
Gli altri sport in cui la Guzzi partecipò furono:

Alpinismo e roccia

Atletica

Bocce

Canottaggio

Calcio

Ciclismo

Escursionismo

Corsa e regolarità in montagna

Motociclismo, motocross e trial

Nuoto

Pallacanestro maschile e femminile

Pesca sportiva

Podismo

Pugilato

Sci alpino, sci di fondo e trampolino

Tennis

Tennis da tavolo (ping-pong)

Tiro a segno e tiro al piattello
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Il “gruppo sportivo Moto Guzzi” fu, oltre che un momento di aggregazione tra dipendenti con
dipendenti di altre aziende anche una buona pubblicità per l’azienda; ogni dipendente era
coinvolto in almeno uno di questi sport. Il gruppo fu sciolto nel 1966.
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7. Motoraduni: dagli anni ’30 alle GMG
I Guzzisti amano viaggiare ed amano incontrarsi con persone che condividono la loro passione.
Principalmente lo fanno partecipando a dei raduni, vicini o lontani, non importa; l’importante è
viaggiare, incontrare altri motociclisti e divertirsi. Dal 1930 vengono organizzati i raduni
motociclistici noti col nome di “Rosa d’Inverno” con partenza da Mandello del Lario a Milano. Altri
motoraduni portano a Mandello migliaia di persone come quello delle 65 cc del 1949 dove
quindicimila motoleggere “65” accorsero davanti alla fabbrica. I Guzzisti partecipano anche ad altri
raduni non organizzati dalla fabbrica ma da Motoclub esterni, come la commemorazione ai caduti
del motociclismo (1° Novembre a Civenna), il motoraduno internazionale a Rapallo e
ad
Alessandria e partecipano volentieri anche ai massacranti raduni –Treffen tedeschi. È sempre
un’emozione, invece, partecipare alle GMG (ovvero Giornate Mondiali Guzzi) che da anni
richiamano gli appassionati del marchio sotto le ali protettrici della maestosa aquila che una volta
ogni due anni spiega le ali e permette ad appassionati e Guzzisti di conoscere il luogo ove le loro
motociclette hanno preso vita.
7.1 Moto di protesta
Il 19 settembre 2009, millecinquecento centauri Guzzisti ed altre centinaia di persone, incuranti
della pioggia, si sono radunate davanti ai cancelli della fabbrica per protestare contro lo
smantellamento della Moto Guzzi verso gli altri stabilimenti Piaggio. L’iniziativa ha successo sia sul
territorio circostante che in tutta Europa. Alla fine la Piaggio dovrà tenere conto dell’accaduto e a
oggi la Moto Guzzi è quasi salva.
32
Qualche curiosità:

Ogni motociclo prodotto dalla Moto Guzzi, dall’inizio della produzione, prima di essere
consegnato ai clienti, percorre qualche giro sul circuito di prova interno alla fabbrica; ai
giorni nostri ogni motocicletta viene provata per una decina di chilometri sulle strade
attorno allo stabilimento;

il Re di Giordania, sua Maestà Abdullah II ha scelto per la sua scorta nientemeno che una
versione speciale della Moto Guzzi California 1100;

Il motore della V7 inizialmente era stato sviluppato per la Fiat 500, ma date le sue elevate
prestazioni venne scartato;

La Guzzi negli anni ‘60 costruì anche vari tipi di motocoltivatori e motozappe:
Motocoltivatore Universal 486 costruito dal ‘64 al ‘66 con motore 500cc
Motozappa 110 (110cc) costruito dal ‘61 al’ 65
Motozappa G2 (49cc) costruita dal ‘61 al ’65

Nel 1957 il solo albero motore della "V8", costruito con macchinari di altissima precisione,
da maestranze super specializzate e con materiali di elevato pregio, costava alla Moto
Guzzi l'astronomica cifra di un milione di Lire, pari a circa 40.000 Euro odierni;

L’Ing. Taglioni per disegnare l’attuale motore Ducati si ispirò alla Moto Guzzi Bicilindrica
500cc del 1933;

Nel 1990 costruì un motore denominato “V 75 HI. E” per equipaggiare l’aereo spia Hunter
a guida radiocomandata, senza pilota, in dotazione a diverse Nazioni; fu poi utilizzato per
motorizzare l’Ippogrifo, stupenda motocicletta innovativa che resterà purtroppo solo un
prototipo;

Attorno agli anni ’60 si pensò di motorizzare le barche tipiche del lago di Como, le Lucie,
con il motore dello Zigolo110; ne realizzarono un prototipo ma il progetto non andò, è
proprio il caso di dirlo, in porto;

Negli anni passati un caposaldo della produzione Guzzi erano i motocarri, che prima
dell’arrivo delle auto e dei primi camion aiutavano la popolazione nel trasporto di merci a
corto e medio raggio. Alcuni di questi motocarri (l’Ercole, il più’ famoso) furono esportati
anche in Africa;

“Bepi & The Prismas”, noto cantautore Bergamasco e motociclista, ha scritto una canzone
sulla Moto Guzzi: il “Moto Guzzi Rock ‘n Roll”.
33
8. IMPIANTI e AUTOMATISMI
Negli anni ’20 la produzione della ditta era artigianale, con postazioni fisse, rialzate da terra sulle
quali il motociclo era posizionato; l’operatore vi girava attorno montando i pezzi necessari che
andava a prendere nel magazzino generale. Con l’aumentare della domanda questo metodo,
risultando scomodo e poco produttivo, portò ad utilizzare una pedana in legno rialzata da terra
sulla quale il motociclo
avanzava, accompagnato dall’unico operaio che curava la costruzione,
verso le varie fasi del montaggio dei componenti. A fine anni’50, con una domanda di circa 30.000
mezzi all’anno si arrivò ad introdurre la catena di montaggio, dove un nastro trasportatore
avanzava con sopra il motociclo da un operatore all’altro e dove ognuno cura una parte del
montaggio. Ogni postazione è fornita di strumenti ad aria compressa per agevolare il montaggio
del veicolo; il nastro trasportatore è temporizzato elettricamente e permette all’operatore di
montare il pezzo in un determinato tempo. Dall’inizio dell’assemblaggio del motore a quando il
motociclo viene testato sul banco di controllo passano circa 8 ore.
Internamente all’azienda funzionava anche un servizio di posta pneumatica che permetteva di
collegare vari uffici tra loro, dislocati su piani diversi, e ridurre i tempi di consegna dei fascicoli
cartacei.
Non sempre il comando mediante motori elettrici risulta il più adatto a risolvere tutte le esigenze
dell'automazione, in particolare per quanto riguarda la semplicità e l'economicità d'uso. Spesso è
conveniente ricorrere ad azionamenti di tipo pneumatico. L'aria compressa viene prodotta
mediante l'uso di un compressore azionato generalmente da un motore elettrico; l'automatismo
34
di controllo prevede l'uso di un pressostato in grado di comandare il compressore in modo da
mantenere una certa quantità di aria compressa in un serbatoio ad una data pressione. L'energia
immagazzinata nell'aria viene poi trasformata in energia cinetica mediante cilindri pneumatici che
a loro volta sono azionati da valvole.
L'aria compressa presenta alcuni vantaggi fra cui :
- la semplicità d'uso;
- la possibilità di scaricare, durante il suo uso, nell'ambiente esterno una certa quantità di aria;
- l'impianto ha rendimenti accettabili anche in caso di piccole perdite nelle sue tubazioni;
- l'impianto risulta pulito e quindi adatto per l'uso in alcuni tipi di impianti (ad es. alimentari);
- l'insensibilità alle variazioni di temperatura.
L'uso dell'aria compressa torna particolarmente utile qualora si vogliano spostare dei pezzi da
lavorare oppure per lo spostamento di parti di macchine per la loro lavorazione, per il bloccaggio e
la loro espulsione.
8.1 Attuatori
L'attuatore pneumatico è, in genere, un cilindro cavo chiuso da due testate in cui è contenuto un
pistone che divide in due camere l'interno del cilindro. Al pistone è solidale uno stelo che fuoriesce
attraverso una testata dal cilindro stesso. Il pistone si muove spinto dalla pressione immessa
alternativamente in una delle due camere: mentre l'una viene alimentata dall'aria compressa,
l'altra viene posta in comunicazione con l'esterno tramite lo scarico, perdendo così pressione. Con
il pistone si muove anche lo stelo che trasforma la compressione dell' aria in forza meccanica.
Questo tipo di cilindro è chiamato a doppio effetto in quanto può compiere lavoro sia in uscita che
nella fase di rientro. Ovviamente le due forze sono diverse perché, a parità di pressione, sono
diverse le due superfici del pistone su cui agisce il fluido compresso: nella camera posteriore una
parte della superficie del pistone è occupata dallo stelo.
Se il rientro del pistone è dato da una molla posta nella camera posteriore, il cilindro viene
denominato a semplice effetto; in questo caso la camera posteriore non presenta l'ingresso
dell'alimentazione dell'aria e il cilindro effettua il lavoro solo nella fase di uscita. Per evitare che la
35
corsa del pistone si arresti violentemente sulle testate, all' interno del cilindro è posto un sistema
di smorzamento. Questo è costruito in maniera tale che, quando il cilindro si avvicina alle testate,
la luce dello scarico si occlude gradualmente: l'aria che rimane nella camera rallenta la corsa del
pistone e ne attutisce l'impatto. Alcuni tipi di pistoni permettono la regolazione dello
smorzamento tramite viti situate sulle testate. Se il pistone è magnetizzato è possibile rilevarne la
posizione con semplici sensori magnetici posti esternamente al cilindro. In particolari usi
(automazioni che prevedono la manipolazione dei pezzi con le pinze pneumatiche poste sulla
testata dello stelo) il pistone viene costruito a sezione ottagonale per impedire la rotazione dello
stelo. Gli attuatori più usati sono quelli lineari, ma esistono in commercio anche attuatori rotativi.
Le valvole distributrici servono per invertire la direzione dell'alimentazione alle due camere del
cilindro e differiscono tra loro per il numero di vie e di posizioni. Per vie si intendono i fori
d'apertura (bocche) dei canali che l' aria attraversa all' interno della valvola per andare dalla
distribuzione all'attuatore o dall'attuatore allo scarico. Queste vie sono contrassegnate da un
numero che è 1 per l'alimentazione, dispari per gli scarichi (3 e 5) e pari per i condotti verso
l'attuatore (2 e 4). Ogni posizione attua un collegamento diverso tra le vie della valvola. Queste
valvole vengono disegnate con quadratini adiacenti che simboleggiano le posizioni; all'interno di
questi vengono tracciati i collegamenti tra le varie vie. Le valvole possono essere comandate
manualmente, pneumaticamente o elettricamente; in quest'ultimo caso si dicono elettrovalvole. Il
comando può essere diretto quando il solenoide della bobina agisce direttamente sulle posizioni
della valvola,
indiretto quando la bobina comanda una piccola valvola pneumatica (3/2
miniaturizzata) che, a sua volta, agisce sulla valvola distributrice. Ciascun tipo di azionamento ha
un proprio simbolo grafico che viene posto all'esterno, sulla parte laterale, del quadrato che
corrisponde alla posizione che l'azionamento stesso comanda. Le valvole si possono classificare
ulteriormente in monostabili o bistabili. Le valvole monostabili cambiano posizione in presenza del
segnale di comando (bobina alimentata) e quando questo viene a mancare ritornano
automaticamente nella posizione di riposo; esse presentano una sola bobina di comando e sono
provviste di una molla di ritorno. Le valvole bistabili hanno due condizioni di equilibrio in
mancanza di segnale di comando; per cambiare posizione viene utilizzato un impulso e quando
questo viene a mancare rimangono nell'ultima posizione raggiunta. Presentano due bobine di
comando. La posizione che assume la valvola in mancanza di comando si chiama posizione di
riposo; questa, nelle valvole a due posizioni, viene rappresentata dal quadratino di destra, in
quelle a tre posizioni dal quadratino centrale. Nelle elettrovalvole 5/3 la posizione di riposo
corrisponde ad entrambe le bobine diseccitate mentre le posizioni laterali sono instabili. Per
36
cambiare la posizione di queste valvole, deve essere alimentata solo una bobina, in caso contrario
la valvola non si muove. Se, per ragioni di sicurezza, è necessario che l'attuatore ritorni
immediatamente nella posizione di riposo in caso di mancanza di tensione, è consigliabile
utilizzare le valvole monostabili, poiché semplificano molto il circuito di comando. Le valvole
distributrici possono essere assemblate in batteria; ciò significa che sono composte da elementi
modulari montati su piastre componibili, le quali permettono di avere un sola mandata di
pressione e di raccogliere gli scarichi entro collettori comuni semplificando il circuito pneumatico.
Utilizzando speciali valvole chiamate regolatori di flusso unidirezionali è possibile regolare la
velocità di avanzamento dello stelo; esse permettono il passaggio libero dell'aria in una direzione,
mentre consentono la regolazione della portata nella direzione inversa.
8.2 PLC
La maggior parte dei macchinari, ad oggi, sono azionati da aria compressa e comandati da valvole
distributrici a loro volta comandate dall’operatore o in altri casi da Plc. PLC, in inglese Programmable
Logic Controller, cioè controllore logico programmabile. Si tratta di un computer per industria specializzato
nella gestione dei processi industriali. Il PLC è in grado di elaborare segnali digitali e analogici provenienti da
sensori. Con il tempo la tecnologia PLC è entrata anche nell'uso domestico. L'installazione di un PLC nel
quadro elettrico di un'abitazione permette, ad esempio la gestione automatica degli impianti installati nella
casa: riscaldamento, climatizzazione, antifurto, illuminazione, ecc. La programmazione PLC permette
quindi di automatizzare infiniti processi, sia per quanto riguarda l'industria sia per abitazioni private. il PLC
è un sistema elettronico che consente di realizzare l’unità di elaborazione di un comando
automatico e più in generale qualsiasi operazione di controllo industriale, in modo flessibile. Il
PLC è formato dall’Hardware (la parte materiale) e dal Software ( la parte immateriale fatta dai
programmi installati nell’Hardware).
L’Hardware è diviso in:
-unità centrale (organizza le attività del controllore);
-unità ingressi/uscite ( collegano l’unità centrale al sistema da controllare);
-unità di programmazione ( dispositivo che scrive il programma nell’apposita memoria del PLC);
-periferiche ( che si dividono in stampanti, per stampare il programma in forma cartacea,
simulatori, che simulano il funzionamento sul campo del PLC così da avere una messa a punto più
37
veloce e i dispositivi di memorizzazione di massa che servono per archiviare il programma e
traferirlo su altri PLC).
I PLC si classificano in base al numero di ingressi e uscite che possono contenere:
-gamma bassa con massimo 64 ingressi/uscite;
-gamma media, tra 64 e 512 ingressi/uscite;
-gamma alta, più di 512 ingressi/uscite.
In base al criterio costruttivo possiamo avere PLC monoblocco o modulari. Monoblocco quando
vengono prodotti in configurazione rigida e non vengono modificati; modulari quando si può
configurare in base alle richieste dell’utente.
38
9. Organizzazione del lavoro
9.1 L’Azienda
La ‘’Società Anonima Moto Guzzi’’ nasce il 15 marzo 1921 con sede legale a Genova e sede
amministrativa a Mandello Del Lario. L’oggetto sociale è la vendita di motociclette e materiale
affino. Il capitale è stabilito in 500'000 azioni di 100 Lire ciascuna. Nel 1967 la Moto Guzzi a causa
della crisi del mercato delle due ruote entra in amministrazione controllata dalla SEIMM (Società
Esercito Industrie Moto Meccaniche ), una società appositamente costituita dal gruppo di banche
creditrici. Nel 1973 l' imprenditore italo-argentino Alejandro De Tomaso acquista la Moto Guzzi.
De Tomaso è già in possesso dei marchi Benelli, Maserati e Innocenti. Ma l'imprenditore non
sempre è stato in grado di prendere le scelte migliori per la casa di Mandello del Lario, inizia anche
un lungo periodo discutibile con svariati alti e bassi per la casa. Nel 1988 la gestione De Tomaso
decide la fusione della Moto Guzzi con la F.lli Benelli nella nuova Società Guzzi – Benelli Moto
(G.B.M. S.p.A.) Nel 1996 la G.B.M. S.p.A., tornata in attivo dopo una drastica cura sotto il controllo
della Finprogetti (cui la De Tomaso Industries Inc. aveva delegato la gestione nel 1994), cambia
nuovamente ragione sociale tornando al vecchio nome di Moto Guzzi spa. Finprogetti rileva una
quota consistente e successivamente il controllo della De Tomaso Industries Inc. trasformandola in
TRG – Trident Rowan Group Inc. Nel 2000 la Moto Guzzi viene ceduta alla Aprilia di Ivano Beggio
che compra anche il marchio Laverda. Beggio, da vero appassionato lancia un piano di
risanamento industriale per Guzzi cercando di conciliare tecnologia, passione e tradizione.
Nel 2004 Ivano Beggio è in crisi finanziaria e per non fallire cede il gruppo Aprilia-Guzzi alla
Piaggio. A fine dicembre 2004 il controllo del 100% del Gruppo Aprilia-Moto Guzzi viene acquisito
dal Gruppo Piaggio il 4° produttore al mondo di motocicli. Moto Guzzi entra a far parte di un
Gruppo leader continentale forte di 1,5 miliardi di euro di fatturato, 24% del mercato europeo
delle “due ruote” e 35% del mercato italiano, oltre 600.000 veicoli l’anno, 6.000 dipendenti e 8
impianti industriali nel mondo, e una presenza in oltre 50 Paesi. Piaggio prosegue la strada di
rilancio già avviato da Beggio terminando la realizzazione dei modelli gia' in avanzato stadio di
sviluppo. Oggi si chiama ‘’Moto Guzzi S.P.A’’ ed è sotto la dirigenza Piaggio che fa parte del Gruppo
Immsi S.p.A., holding industriale quotata in Borsa facente capo a Roberto Colaninno.
39
9.2 La progettazione Guzzi.
Nei primi anni di attività l’intera progettazione era affidata a Carlo Guzzi e suo fratello ‘Naco’. Col
passare del tempo si creò dentro la fabbrica di Mandello l’Ufficio Tecnico e l’Ufficio Progetti che,
prima della Seconda Guerra Mondiale erano uniti, poi si divisero per questione di spazio. Arrivò
un gruppo di tecnici dalle Fabbriche Reggiane Aeronautiche che fece fare un salto di qualità ai
progetti. All’inizio degli anni ’90 arrivarono i tecnigrafi computerizzati. La ditta, dagli anni 2000, si
avvale di molti designer, in particolare Pierre Terbalche, Marabese Design e del Centro di Design Avanzato
con sede a Pasadena, California nella figura di Michael Galluzzi.
9.3 Innovazione e ciclo di vita si un sistema produttivo
La progettazione di un prodotto, e di conseguenza del suo processo produttivo, dipende dalla fase
nella quale si trova l’evoluzione del suo ciclo di vita. Questa consente di valutare l’entità del suo
tasso di innovazione e stabilire il valore degli investimenti da effettuare sul processo di
produzione. Il tasso di innovazione di un prodotto e il contenuto tecnologico del suo processo
dipendono, nel tempo, dalle varie fasi di sviluppo di seguito elencate:

fase fluida: comprende i primi periodi di lancio del prodotto sul mercato e in questa fase
risulta alto il tasso di innovazione mentre la forma e le prestazioni del prodotto si evolvono
facilmente. Per questo risultano bassi gli investimenti per il processo di produzione e per le
attrezzature.

Fase di transizione: nella quale il prodotto, diffuso sul mercato ha già ridotto il suo tasso di
innovazione raggiungendo una certa stabilità progettuale. Per questo può crescere il
contenuto tecnologico degli investimenti per il processo al fine di aumentare la
produzione.
40

Fase statica: fase finale in cui il prodotto, non riuscendo più a evolversi, ha già esaurito
tutte le sue capacità di soddisfare i nuovi bisogni, sempre in evoluzione, del mercato.
Alla fine della fase statica, quando in contenuto tecnologico del prodotto non riesce più ad
evolversi, si possono avere due alternative: cessazione della produzione o un aggiornamento
del prodotto con caratteristiche innovative. Il rischio delle aziende è quello di non capire in
quale fase evolutiva si trovi il prodotto da loro commercializzato e quindi di non essere in
grado di fare scelte corrette di investimento riguardo il suo processo produttivo. Arrivati alla
fine della fase statica molte ditte sono soggette alla “sindrome del veliero’’, rimanendo per
molto tempo legati ad una produzione obsoleta mentre sarebbe urgente la scelta tra la
cessazione della produzione o un salto tecnologico del prodotto.
9.4 Fasi di progettazione
La progettazione di un prodotto può essere divisa in due parti: la fase preliminare e la fase
finale.
La fase preliminare è la fase in cui si cerca di individuare:

tutte le soluzioni che siano congruenti con le caratteristiche del prodotto assegnate in
sede di definizione del prodotto stesso;

L’affidabilità del prodotto, cioè la frequenza di guasto dei componenti;

Le possibili difficoltà da affrontare in sede di manutenzione e revisione;

La durata del prodotto, cioè l’intervallo che intercorre dalla sua nascita alla cessazione
delle prestazioni standard garantite.
La fase finale.
Durante la progettazione finale vengono allestiti i prototipi del prodotto al fine di:

Provare i processi produttivi;

Analizzare le difficoltà riscontrate durante la produzione;

Verificare che il prodotto ottenuto sia congruente con il progetto.
41
Dai dati rilevati dalla sperimentazione dei prototipi si procede alle eventuali modifiche del
prodotto o all’esecuzione di disegni definitivi e particolari. Bisogna sempre cercare di rendere
semplice ed efficace il processo produttivo per diminuire i costi di produzione. La progettazione
può essere sviluppata con l’ausilio di tecniche Cad-Cam, cioè tecniche che possono essere di
grande aiuto nel disegno e nel proporzionamento del prodotto che nell’attuazione del ciclo di
lavorazione.
9.5 Scelta del processo di fabbricazione
I principali fattori che influenzano la scelta del processo di produzione sono quelli che
condizionano la potenzialità degli impianti di produzione, cioè:

La domanda prevista;

La standardizzazione dei componenti;

Il ritmo di produzione;

La ripetitività dei cicli delle singole operazioni di lavoro;

La difficoltà di lavorazione.
La scelta del processo dipende anche da fattori economici e tecnici. Si hanno processi continui,
discontinui, ripetitivi ed occasionali, mentre i tipi di produzione possono essere a lotti, a lotti
ripetuti, a grande e grandissima serie.
42
10.STORIA: La Resistenza nel Lecchese
La Resistenza, in Italia, è un movimento popolare che sorge quando, caduto il Regime Fascista il 25
luglio 1943 e firmato l'armistizio con gli Alleati, le forze politiche antifasciste, che si erano
riorganizzate, chiamarono il popolo a raccolta per cacciare i fascisti e i tedeschi dall’Italia. A Lecco,
già negli anni '20 operano le squadracce fasciste. Prima i manganelli, poi, pian piano, anche le
rivoltellate contro chiunque sembrasse un oppositore al regime. La città, di stampo operaio senza
essere però una roccaforte socialista, offre numerosi bersagli che, con il passar del tempo,
cominciano ad essere anche i cattolici: nel 1923 viene assaltato persino il giornale clericale
"L'Ordine". Dal 1925 la violenza si legalizza e la persecuzione politica tocca tutti coloro osano
criticare apertamente il regime e le sue nefandezze: non sarà risparmiato neppure don Primo
Moiana, bastonato, e vari ex-combattenti e professionisti. Nei gli anni immediatamente successivi,
le opposizioni di sinistra, comunisti e socialisti, entrano in clandestinità vista la caccia all'uomo
messa in atto dai fascisti lecchesi. Il modo di dissentire è vario e alla fine degli anni '30, un gruppo
di escursionisti appartenenti alla disciolta APE (Associazione Proletari Escursionisti) se ne va in
Grigna e distrugge il fascio che era stato innalzato sul Torrione Costanza. Nei primi mesi del '43 tra
gli operai e i ferrovieri lecchesi rinasce il bisogno di farsi "opposizione": un comitato antifascista
viene presto attivato formato da repubblicani, comunisti e cattolici. La guerra imposta dal regime,
Africa, Grecia e Russia, continua ad ammazzare giovani e a far crescere il malcontento che però il
25 luglio 1943, alla deposizione di Mussolini, si traduce solo in colpi di piccone ai simboli fascisti
presenti ormai ovunque; ma nei 45 giorni seguenti nulla cambia, la guerra non finisce e la
repressione è la stessa. Si affaccia un nuovo pericolo dopo l’8 settembre, ossia l’occupazione
tedesca. Bellagio e Canzo sono occupate già il 9 settembre, l'11 i tedeschi entrano in Lecco.
In città i giovani militari hanno lasciato deserte le caserme, facendo però piazza pulita dei materiali
e anche delle armi che vengono nascoste al Pian dei Resinelli e ai Piani d'Erna e che serviranno alle
prime formazioni partigiane. Per giorni, dalle città della pianura, transitano per Lecco centinaia di
militari che si son dati alla fuga, cercando rifugio in Valsassina o nella più lontana Valtellina, e con
loro decine di russi, slavi, inglesi, americani e francesi, fuggiti dai vari campi d'internamento della
bergamasca. Gli uomini, per adesso, passano e scompaiono, aspettando sulle montagne, dove più
facile è nascondersi: 120 uomini al Pian dei Resinelli, 130 al Pizzo d'Erna, 140 al sottostante Campo
de' Boi; e poi altri ancora sul monte Legnone, sulle pendici delle Grigne, in Val Varrone. L'eco
dell'eccidio di Boves (Cuneo) arriva anche nel Lecchese e i gruppi sulle montagne capiscono che è
l'ora di organizzarsi, soprattutto militarmente. Il comando viene affidato ad un ufficiale dell'exesercito regio, il colonnello Umberto Morandi che, come prima cosa seguendo il suo istinto
militare, traccia un primo organico delle bande, le divide in settori ed imporre una gerarchia ed un
ordine su tutto, razioni e abbigliamento; non vuole che nessun gruppo compia azioni armate senza
l'autorizzazione del Comando di Lecco. Ad ottobre piccoli problemi interni vedranno il gruppo di
Erna staccarsi dal Comando lecchese e costituire un gruppo autonomo, il "Carlo Pisacane". Mentre
il gruppo d'Erna è molto eterogeneo, quello dei Resinelli sembra una succursale dei bar di Lecco,
tutti amici. E questo gruppo è anche il più armato, visto che tutto il materiale degli alpini è arrivato
quassù: un mortaio da 81 mm e due da 45, due mitragliatrici pesanti, tre fucili mitragliatori, due
mitra, 110 tra fucili e moschetti. A Erna invece hanno solo 4 mitragliatrici pesanti, 12 fucili, 72
43
moschetti, 4 mitra e 25 pistole. Il primo piccolo rastrellamento tedesco, all'eremo di San Genesio
sul Monte di Brianza dove si trovavano qualche decina di sbandati, è quasi uno scherzo, i nazisti,
che hanno orecchie ovunque e lasciano che i ribelli facciano qualche piccolo colpo di mano,
preparano la vera ondata repressiva. Il 16 ottobre 1943 una divisione di alpini bavaresi si posiziona
lungo il lago, da Calolziocorte a Varenna mentre un'altra imponente colonna ha già risalito la Val
Brembana. L'obiettivo è chiaro: chiudere tutti gli sbocchi della Valsassina e stringere la rete
intorno a tutti coloro che vi si rifugiano.I gruppi di ribelli, appena possono si disperdono. Lo stesso
17 ottobre, in tarda mattinata dopo aver rastrellato Introbio, i tedeschi si ritrovano in massa a
Ballabio: la prossima meta saranno i Resinelli, dove le colonne naziste stanno salendo in modo da
circondare completamente le Grigne. Ma stavolta non troveranno nessuno, visto che i ribelli sono
già lontani, più in alto o a nord o, secondo la regola della guerra di guerriglia "quando loro salgono
noi scendiamo", verso la valle. Il materiale è in gran parte al sicuro, nascosto nella piccionaia di
Villa Falk e nessun colpo è stato sparato. Ben diverse le vicende a Erna, dove il rastrellamento
sfocerà in battaglia: il 18 ottobre, i pochi rimasti dei 150 partigiani decide di dar filo da torcere ai
tedeschi. Al Campo de' Boi, al Passo del Fò, alla capanna Stoppani si spara fino a sera: i tedeschi
useranno anche mortai da 81 mm e cannoni da 152 mm mentre chi riesce si defila verso zone più
alte o verso le valli bergamasche. L'ultimo giorno del rastrellamento, il 20 ottobre, un gruppo
formato in gran parte da slavi, con qualche italiano e altri pochi ex-prigionieri è impegnato in
combattimento dove si spara fino a sera, fino a quando, grazie al buio imminente ci si può
sganciare dal nemico verso Morterone. Ma i tedeschi hanno impartito la loro lezione, vero scopo
dei rastrellamenti ovvero paura, terrore, morte verso chi osa contrastarli e verso chi li aiuta. A
Lecco il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) si costituisce solo nel novembre 1943, composto
dai rappresentanti di tutte le forze politiche, dai comunisti ai cattolici; insieme a loro, un piccolo
gruppo di persone aiuta come può la Resistenza. Oltre a fornire armi, cibo e materiali ai ribelli
nascosti in montagna, il CLN lecchese opera per formare delle squadre armate in città, chiamate
"formazioni territoriali", con lo scopo di sabotare vie di comunicazione e produzione industriale, di
agevolare la fuga dei ricercati e, nel caso dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), colpire
direttamente il nemico. Anche se non tutti i ribelli di Erna sono stati uccisi o catturati dai tedeschi
(alcuni hanno raggiunto altri gruppi), un nuovo pericolo si affianca a quello nazista: la GNR
(Guardia Nazionale Repubblicana), formata dopo l'8 settembre dal regime fascista rinato a Salò.
Con l'arrivo dei GAP dalle città, ormai invivibili per loro perché ovunque ricercati, l'organizzazione
partigiana si rafforza e matura: l'esperienza militare di molti comunisti che hanno combattuto la
guerra civile spagnola sarà, come in altre zone d'Italia, fondamentale. Ordine, addestramento,
vigilanza sono le mansioni di questa fine d'inverno. In valle, nelle industrie belliche lecchesi, la vita
si fa difficile. La produzione dura 17 ore al giorno, i tedeschi controllano tutto, la paura è forte,
soprattutto di fronte alle minacce delle SS di deportare tutti in Germania; ma il 7 marzo, come nel
resto del Nord dell'Italia occupata, i lavoratori incrociano le braccia: nessuna astensione vera dal
lavoro (la deportazione era la risposta tedesca), ma scioperi bianchi, cioè essere presenti al posto
di lavoro ma non lavorare. E' così in tutte le industrie lecchesi, ma il coraggio sarà messo alla
prova: dei 24 deportati per attività antitedesche, solo 8 torneranno dai campi di concentramento
nazisti. Gli uomini, soprattutto i giovani, scappano dalle città per tornare in montagna: le ripetute
chiamate alle armi del regime fascista sono disertate in massa e nel solo distretto di Como ben
1272 ragazzi su 1582 richiamati alle armi disertano tra marzo e aprile '44. Vengono ricostruiti i
44
gruppi "Cacciatori delle Grigne" (apolitici) e la banda "Carlo Marx" (comunisti) anche se molti
salgono sui monti non per combattere ma solo per non farsi arrestare o deportare o per espatriare
nella vicina Svizzera neutrale. In montagna, il problema non è tanto quello dell'abbigliamento o del
mangiare: le popolazioni sono vicine ai loro ragazzi e spesso anche i carabinieri chiudono uno o
tutte e due gli occhi. Il problema sono le armi: qualche colpo di mano frutta pochi moschetti e
qualche pistola, ma ci vuole di più. Cominceranno a tarda primavera gli aviolanci alleati (il primo a
maggio sui Piani di Artavaggio) ma spesso il vento disperde i paracadute ed è impossibile ritrovare
tutto il materiale lanciato. La prima banda ad agire è quella chiamata "Carlo Marx", formata da
comunisti e guidata da Spartaco: un gruppo di una trentina di uomini che comincia a tessere
contatti con altri gruppi e a compiere azioni militari partendo dal proprio comando a Premana.
Sono piccole azioni, ma nella gente dei paesi rimane impresso il "rastrellamento" del 24 maggio
quando i partigiani setacciano Casargo, Taceno, Primaluna e Introbio. Al contrario, a Lecco la
situazione peggiora: i tedeschi hanno praticamente distrutto l'organizzazione clandestina,
arrestandone sia i capi che i gregari. La casa delle sorelle Villa rimane l'epicentro
dell'organizzazione, attraverso la quale transitano decine e decine di ex-prigionieri che cercano di
scappare verso la Svizzera: sono russi, slavi, sudafricani e inglesi. Non tutti però scappano: molti
decidono di rimanere e combattere al fianco dei partigiani, come Zaric Boislav, un sottufficiale
serbo, che con il siriano George Tigiorian diventerà una delle bestie nere dei nazisti a Lecco. Tutto
questo via vai di uomini di diverse nazionalità permette ai nazisti di infiltrare due ucraini che,
carpita la fiducia dei comandanti partigiani, tendono loro una trappola: saranno arrestati e
deportati tutti i leader della Resistenza lecchese così come le stesse sorelle Villa. La prima grande
azione militare, compiuta dalla neonata 40° Brigata Garibaldi Lombardia che è formata da forze
valsassinesi e valtellinesi unite, è svolta contro il grosso presidio fascista di Ballabio, 600 uomini
della Milizia Ferroviaria. La notte del 2 giugno 1944 scatta l'attacco alla caserma, un'ex-colonia
estiva: spari grida e molta confusione. L'attacco finisce in niente, un partigiano rimane ucciso e il
bottino sperato (armi e munizioni) un sogno. Improvvisazione, inesperienza, mancanza di
coordinamento: una lezione che servirà più avanti, poco più avanti perché, l'8 giugno le bande
decidono di attaccare la caserma dell'Aeronautica fascista di Colico. Questa volta l'attacco a
sorpresa riesce e il gruppo partigiano fa man bassa, senza sparare un solo colpo, di armi,
munizioni, viveri, scarpe e vestiti, che vengono caricati su un camion tedesco requisito in mezzo
alla strada. La primavera, il bel tempo e i continui bandi di richiamo alle armi da parte del regime
fascista spingono sempre più ragazzi verso i monti e le bande partigiane: sono ormai centinaia gli
uomini divisi in piccole formazioni ma purtroppo, soprattutto gli ultimi arrivati dalle grandi città,
non hanno esperienza di guerriglia e neppure di montagna, creando così molto impaccio a
formazioni abituate a spostarsi rapidamente sui crinali e sulle creste, da una valle ad un'altra. Con
questi presupposti, le formazioni devono affrontare il grande rastrellamento del giugno '44: 300
soldati della Milizia Ferroviaria, 200 Allievi ufficiali della Scuola di Bellano, 200 uomini delle Brigate
Nere di Como e un intero battaglione di SS dipendente dal Comando di Bergamo si apprestano a
setacciare le montagne del Lecchese. La mattina del 25 giugno le colonne nazi-fasciste si mettono
in movimento, risalendo la Val Varrone e la strada per Premana; poco dopo, forse anche per la
pioggia che cade in continuazione, il rastrellamento ha una pausa di cinque giorni, cosa mai
avvenuta prima, che disorienta un po' i gruppi partigiani che si sono concentrati soprattutto sul
monte Legnone e ai piedi delle Grigne. Il 30 l'attacco ricomincia in grande stile e le bande devono
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svincolarsi dal nemico come meglio possono, chi in Val Gerola, chi in Valtellina, chi verso Biandino.
Infuriati per non trovare più i partigiani, i tedeschi passano alla distruzione, al saccheggio, al
terrore verso le popolazioni che hanno sempre dato aiuto alle bande. Solo il 7 luglio, quindici
giorni dopo l'inizio, le truppe fasciste e tedesche lasciano la Valsassina e la Val Varrone: i partigiani,
smembrati dalle lunghe marce forzate e dalle operazioni tedesche, saranno inattivi fino alla fine
del mese. Cosa che non fanno i piccoli gruppi delle zone non interessate dal rastrellamento: a
Bellagio un gruppo dei "Cacciatori delle Grigne" attacca un distaccamento delle Brigate Nere, a
Esino Lario idem, ad Abbadia Lariana assaltano una squadra di poliziotti disarmandola. Sempre a
luglio ha inizio la vera organizzazione militare della Resistenza: la 40° Brigata "Matteotti" a nord e
la 55° Brigata "Rosselli" a sud si uniscono e danno vita alla 1° Divisione Garibaldi Lombardia.
L'organizzazione migliora notevolmente, e le bande divengono pian piano un vero e proprio
esercito combattente, con tanto di Stato Maggiore, ufficiali e sottufficiali, con rapporti scritti sulle
operazioni e un giornale "Guerriglia". Affianco alla 1° Divisione Garibaldi Lombardia rimangono
due formazioni autonome, la "Cacciatori delle Grigne" (comandata da Galdino Pini) e la 86° Brigata
"Issel" che opera in Val Taleggio e nelle zone che confinano con la Valsassina. Ad agosto e
settembre, anche grazie alla ristrutturazione militare ed a una migliore organizzazione e
coordinamento, si moltiplicano le azioni di guerriglia contro il nemico fascista e l'occupante
nazista: 87 azioni nel solo agosto soprattutto contro le Brigate Nere che, annusando nell'aria la
fine del fascismo diventano sempre più feroci e violente, sia contro i combattenti che contro i
civili. I tedeschi, in queste zone, sono per la maggior parte alpini austriaci di cui molti non più
giovani che annusando la stessa aria di disfatta, alternano ferocia e crudeltà ad un'inattesa,
improvvisa ma sempre relativa pietà umana. L'aspetto più positivo della creazione di un'unica
Divisione fu senza dubbio l'istituzione di un Comando Unico, sia politico che militare. La prima
iniziativa fu quella di stendere un piano per creare una zona montana libera che controlli tutto il
bacino dell'Adda fino alle due estremità meridionali del lago di Como, a nord fino a Ballabio e il
triangolo Como-Erba-Lecco, fondamentale per controllare il valico con la Svizzera di Chiasso. Nel
frattempo, in tutta la Val Varrone, in Valsassina e a Esino Lario comandano i partigiani. Intanto si
studia e si attua un nuovo attacco: obiettivo il presidio fascista di Piazzo, data destinata il 13
settembre 1944. In qualche modo, il colpo va a segno e, con una sola perdita, i partigiani si
impossessano di molte armi e munizioni tra cui anche tre mortai da 81 mm. Il 3 ottobre la risposta
tedesca non si fa attendere: nel pomeriggio a Lecco iniziano a confluire SS italiane, SS tedesche
pesantemente armate, uomini della Brigata Nera "Ettore Muti", la più spietata. Alla fine, per il
grande rastrellamento di fine ottobre, i tedeschi impiegheranno cinque o sei divisioni, con lo scopo
di stroncare, una volta per tutte, la presenza partigiana nel Lecchese e nel Comasco. Le migliaia di
nazi-fascisti bloccano le valli, da Lecco a Colico e le formazioni partigiane risalgono le montagne,
attestandosi in Val Biandino (rifugio Tavecchia) e in alta Val Varrone (rifugio Santa Rita) mentre i
tedeschi e i fascisti, da varie direttrici, puntano decisamente su Biandino bruciando i cascinali che
incontrano. Dalla Bocca di Biandino i tedeschi cominciano a bombardare il già diroccato rifugio Pio
X dove ha sede uno dei comandi distaccati e inseguono i ribelli verso il rifugio Santa Rita dove però
ci si rende conto che la posizione può essere accerchiata dal nemico che risale la Val Varrone:
appena in tempo, riesce la corsa verso la Val Gerola. L'11 ottobre il rastrellamento diventa
ossessivo e minuzioso come mai: sbandati, simpatizzanti, semplici sospetti vengono arrestati,
spesso torturati a morte, deportati nelle prigioni tedesche a valle. Il giorno dopo SS tedesche e
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reparti mongoli sferrano un attacco contro la Val Taleggio per impedire la ritirata da Bobbio e
Biandino ma, senza perdite, i partigiani riescono a raggiungere la zona di Morterone e lì
nascondersi anche se il problema dei viveri è urgente, visto che le popolazioni hanno subito
anch'esse danni e saccheggi. Tutti i rifugi della Valsassina, tutte le baite e ogni altro ricovero al di
sopra dei mille metri di quota sono incendiati e distrutti in quanto punti d'appoggio per i resistenti.
Centotrenta morti e oltre cinquecento deportati, circa settecento tra baite, rifugi e case distrutte
sono il risultato del rastrellamento. Il Comando decide di spostare gli uomini più a nord, tra Colico
e Dervio per anticipare il rastrellamento sul monte Legnone che i partigiani, ormai al sicuro,
vedono attuare dalla "Brusada" sopra Mello e Cercino. La neve ha già fatto la sua apparizione: più
di trenta centimetri rendono ancor più dura e difficile la situazione dei partigiani, ormai impediti
dalla fortissima presenza tedesca e fascista di scendere a valle ad approvvigionarsi, mentre SS e
fascisti arrivano in forze in Valtellina per dare la spallata finale al movimento partigiano. Dalla Val
Codera ormai si può solo scappare. La 1° Divione Garibaldi "Lombardia" è ormai nel centro del
mirino e i Comandi decidono di lasciare la bassa Val Masino. Pochi sono i rimasti sulle montagne di
casa, qualche distaccamento, qualche squadra, con compiti di disturbo, di sabotaggio nei confronti
del nemico; alcuni si trovano nell'unico ricovero ancora intatto, il rifugio Santa Rita, sepolto ormai
da tre metri di neve. Anche a Prato S. Pietro, in Valsassina, un gruppo resiste, così come a Premana
dove sarà il parroco a "gestire" la ricostituzione della ormai disciolta Brigata "Rosselli". In pianura,
probabilmente a causa di una spia, viene arrestato dalle Brigate Nere tutto il Comitato di
Liberazione lecchese. Mentre a Lecco i fascisti cercano di screditare don Ticozzi, il 22 dicembre il
tribunale Speciale di Milano apre il processo contro il gruppo di antifascisti lecchesi: nella speranza
che il gesto sia ricordato dopo la liberazione già nell'aria, il tribunale manderà assolto don Ticozzi
anche se obbligandolo a risiedere a Cesano Boscone, vicino a Milano. A Lecco non sono stati con
le mani in mano e viene ricostituito il Comitato di Liberazione. A febbraio, nonostante arresti e
delazioni, il sentore della liberazione è vicinissimo: molte donne fidate cominciano a cucire
bracciali tricolori e camice rosse per il giorno dell'insurrezione. E' di questo inizio di primavera '45
anche il susseguirsi dei bombardamenti alleati su Lecco con obiettivi primari il ponte ferroviario
della linea Lecco-Como, il deposito della "Sacna", la polveriera della "Fiocchi" e il cimitero di
Malgrate dove i nazi-fascisti hanno nascosto un'importante officina meccanica. E se i tedeschi
continuano con piccoli rastrellamenti mirati a colpire le unità partigiane, queste ultime non danno
tregua al nemico, con sabotaggi, assalti, disarmi, interruzioni telefoniche e ferroviarie e contro
tutte quelle installazioni e reparti che sono dislocati nel Lecchese e nell'alto lago solo per cercare
di tenere aperta la strada verso la Svizzera, la sola via di fuga, la sola via di salvezza. Al 20 aprile
1945, il Comando militare della Resistenza di Lecco sa di poter contare su circa 3000 uomini armati
e pronti. Anche Ulisse Guzzi partecipò attivamente alla resistenza. Figlio del fondatore della
famosa fabbrica di motociclette, Ulisse fu sorpreso dall'armistizio mentre prestava servizio militare
come tenente pilota di complemento. Ulisse Guzzi, con la sua moto, tiene i rapporti tra i gruppi.L'8
settembre 1943, nel marasma seguito alla fuga dei Savoia, il giovane ufficiale non ebbe esitazioni e
si dette alla macchia. Preso contatto con le forze antifasciste del Lecchese, fu tra i promotori
dell'organizzazione delle prime bande partigiane in Valsassina. Divenne in seguito capo di stato
maggiore del Raggruppamento divisioni d'assalto "Garibaldi" della Lombardia, costituito con
l'unificazione delle formazioni del Lecchese con quelle del Comasco, della Bassa Valtellina e della
Val Biandino. Il Raggruppamento comprendeva due Divisioni, ciascuna forte di tre brigate. Nella I
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Divisione erano comprese la 40a "Giacomo Matteotti", operante in bassa Valtellina, la 90a " Elio
Zampieri", attiva in Val Chiavenna, e la 52a "Luigi Clerici", impegnata sulla sponda occidentale del
lago di Como. La II Divisione operava nel Bergamasco con la con la 86a Brigata "Issel", nella zona
delle Grigne con la 89a "Poletti" e con la 55a "Rosselli" in Valsassina, Valvarrone, Val Gerola e Val
Biandino. Nel dopoguerra Ulisse Guzzi, in sintonia con la moglie, Angela Locatelli , ha contribuito,
nel Lecchese, alla conservazione degli ideali della Resistenza, con iniziative che hanno avuto il loro
fulcro nel Centro culturale "Piero Calamandrei". Dal 1943 al 1945, durante la resistenza lavorare in
Moto Guzzi voleva dire avere certe particolari garanzie. I dirigenti avevano preso l’impegno con i
lavoratori e con il Cln (Comitato di Liberazione Nazionale) di operare contro la deportazione in
Germania dei dipendenti (nessuno infatti fu deportato), ma anche la salvaguardia dei macchinari
dalla loro distruzione da parte dei nazisti in fuga. Fu garantito anche il rientro in fabbrica dei
partigiani dopo i rastrellamenti dell’autunno 1944 e in quegli anni fu salvaguardata la produzione.
10.1 Cronologia Resistenza Lecchese
1943
CASSIBILE (SR), 3 SETTEMBRE. Nella cittadina siciliana viene firmato l'armistizio tra Italia e Alleati.
Le armate inglesi di Montgomery sbarcano in Calabria.
- 8 SETTEMBRE. Alle 18.30 gli Alleati comunicano al mondo la notizia dell'armistizio italiano. Il
governo italiano ne dà comunicazione alla radio solo alle ore 19,45.
- 9 SETTEMBRE. Il Re e il governo Badoglio fuggono da Roma a Brindisi. Le Forze Armate sono
lasciate senza ordini precisi: in parte si arrendono ai tedeschi, in parte resistono militarmente.
Iniziano le operazioni di sbarco dell'armata americana del gen. Clark. Gran parte dell'Italia è
occupata dai tedeschi.
- 9 SETTEMBRE. A Roma i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di Liberazione Nazionale.
- LECCO, 11 SETTEMBRE. Arriva in città la prima pattuglia di soldati tedeschi.
- SETTEMBRE. Nella seconda metà del mese sono presenti in Valsassina gruppi formati da soldati
sbandati, prigionieri scappati dai campi e qualche antifascista.
-LECCO, 20 SETTEMBRE. Il Comitato d'Azione Antifascista incarica il colonnello Umberto Morandi
di costituire un comando militare.
- VALSASSINA, 17/22 OTTOBRE. Rastrellamento tedesco; ai Piani d'Erna per la resistenza dei
partigiani si scatena una battaglia dal 18 al 20 ottobre; si disperdono invece, prima dell'arrivo degli
alpini bavaresi, gli sbandati di Premana, quelli della Valsassina e dei Piani dei Resinelli. Vengono
incendiati dai tedeschi baite e rifugi e prelevati nei paesi uomini di giovane età.
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- LECCO, NOVEMBRE. Si costituisce il Comitato di Liberazione Nazionale; il presidente è Don
Giovanni Ticozzi. In provincia vengono formati Gap (Gruppi di azione patriottica); a Colico è attivo
il gruppo Scout delle Aquile Randagie; gruppi diversi operano per organizzare gli espatri di ebrei e
antifascisti.
1944
31 GENNAIO. A Roma il Comitato di Liberazione Nazionale centrale investe il C.N.L. di Milano dei
poteri di governo straordinario del Nord Italia.
- LECCO, 7 MARZO. Scioperano a Lecco gli operai di alcune fabbriche: 26 operai sono deportati in
Germania,19 di loro perderanno la vita nei campi di concentramento tedeschi.
-MAGGIO. Sono attive sopra Mandello la Brigata Cacciatori delle Grigne e, in Val taleggio, le prime
Fiamme Verdi; la banda Carlo Marx controlla la zona compresa tra la Val Varrone e Introbio. A
Lecco viene falcidiata l'organizzazione espatri con l'arresto di Guido Brugger, di Antonio Colombo e
infine delle sorelle Villa.
- LECCO, GIUGNO. Si inizia a stampare " Il ribelle", giornale delle Fiamme Verdi.
- BALLABIO, 2 GIUGNO. Attacco effettuato dalla 40° brigata Matteotti all'ex colonia trasformata in
caserma e occupata da 600 militi della Milizia Ferroviaria, con l'obiettivo di recuperare armi.
L'attacco fallisce.
- COLICO, 8 GIUGNO. Attacco al Presidio della Guardia Nazionale Repubblicana di Colico, ad opera
della della 40^ Brigata Matteotti. L'attacco ha successo: vengono prelevate armi, viveri e vestiario.
- 9 GIUGNO. Costituzione del comando generale per l'Italia occupata del Corpo Volontari della
Libertà (C.V.L.).
-VALSASSINA/VALVARRONE, 25 GIUGNO/7 LUGLIO. Secondo grande rastrellamento delle forze
naziste e fasciste che distrugge le basi dei partigiani, li disperde in più direzioni e terrorizza le
popolazioni con incendi e requisizioni .
-VALSASSINA, AGOSTO. Si susseguono azioni di sabotaggio, attacchi isolati da parte di tutte le
brigate, raccontate dal giornale Guerriglia che viene tirato col ciclostile presso la Casa Pio X di
Biandino.
-VALSASSINA, SETTEMBRE. Nei primi giorni del mese viene attuata l'unificazione del comando
delle Brigate Garibaldi operanti nel territorio di Como e Sondrio nel Raggruppamento Divisioni
Garibaldine Lombarde, in vista dell'insurrezione generale ritenuta prossima. La 2^ Divisione - con
la 55° Brigata Rosselli, la 89^ Poletti e la 86^ Issel - opera in Val Gerola, in Val Biandino, in
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Valsassina, in Valvarrone, sulla sponda orientale del lago di Como, in zona Grigne e a nord ovest
del Bergamasco; sede del Comando di Raggruppamento è Lecco.
- VALVARRONE, 13 SETTEMBRE. Attacco alla caserma della G.N.R. di Piazzo eseguito dalla 55^
Rosselli e 86ª Issel con lo scopo di impadronirsi delle armi e mortai; l'attacco ha successo.
- VALSASSINA, 4 OTTOBRE. Inizia un rastrellamento, che vede impegnate ingenti forze nazifasciste,
che ha come epicentro Introbio: in Valsassina tutti i rifugi e le baite al di sopra dei mille metri sono
distrutti; 130 morti e oltre 500 deportati sono le vittime del rastrellamento.
- MANDELLO, 26 OTTOBRE. Tre partigiani cadono nell'imboscata della Maiola.
-LECCO, 30 OTTOBRE. Viene arrestato a Lecco don Ticozzi con quasi tutti i membri del Comitato
lecchese; portati nel carcere di Como, vengono poi spostati a Milano, a San Vittore.
- VALSASSINA / VALTELLINA, NOVEMBRE. Ai primi del mese i nazifascisti giungono in Valtellina con
l'intento di stanare i partigiani provenienti da Biandino e dalla Valtellina in Val Codera; dopo una
pericolosa marcia questi ultimi riescono a raggiungere la Svizzera. Scioglimento della 89^ Brigata
"Poletti" e scissione della 86ª Brigata "Issel".
-13 NOVEMBRE. Diffusione del "Proclama Alexander", in cui il generale inglese rivolge un
messaggio ai partigiani del Nord per esortarli a cessare le operazioni su vasta scala.
- 7 DICEMBRE. Accordo di massima tra C.L.N.A.I. e gli Alleati; in cambio di alcune concessioni, il
C.L.N.A.I. viene riconosciuto dagli Anglo-Americani come interlocutore e riceve aiuti.
-BARZIO / MAGGIO 31 DICEMBRE 1944 1° GENNAIO 1945. Fucilazione di 14 partigiani catturati al
baitone della Pianca, sotto la Culmine di San Pietro.
1945
- FIUMELATTE, 11 GENNAIO. Fucilazione di sei partigiani catturati in uno scontro precedente a
Fiumelatte; alla cattura del col. Morandi segue un'ondata di arresti, che decima le file della
Resistenza lecchese.
- FEBBRAIO-MARZO. Ricominciano le attività dei gruppi; in Valsassina e in Brianza iniziano i lanci e i
bombardamenti e si intensificano i rastrellamenti nella zona dell'Alto Lago; a Lecco viene costituito
il nuovo Comitato di Liberazione, presieduto da Celestino Ferrario.
- LECCO 26-27 APRILE. Viene comunicato l'ordine di insurrezione da parte del comando generale
Corpo Volontari della Libertà; a Lecco il presidio della caserma G.N.R. si arrende, per tutto il
pomeriggio tedeschi e repubblichini vengono fermati; verso sera una colonna autotrasportata
nazifascista si avvicina alla città; i tedeschi si chiudono nelle scuole elementari, i fascisti riescono a
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passare tranne un gruppo che si attesta in via Como, deciso a difendersi fino alla resa che costerà
ai partigiani quattro morti.
- LECCO 28 APRILE. Esecuzione di 16 militi della Brigata Nera Leonessa presso lo stadio Rigamonti.
- 2 MAGGIO. Le truppe tedesche ancora presenti in Italia firmano la capitolazione senza condizioni;
in questa stessa data il generale Clark dà l'ordine di cessare il fuoco.
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11.ITALIANO: Carlo Emilio Gadda
Carlo Emilio Gadda nasce a Milano nel 1893 da una famiglia borghese. La situazione economica
della famiglia avrebbe potuto essere migliore se i genitori “avessero avuto più criterio”: Gadda si
lamenta della ristrettezza economia degli anni giovanili, finanze usate per costruire una “fottuta
casa di campagna a Longone” e imprudenti investimenti imprenditoriali. Il padre Francesco morì
nel 1909, ma grazie alla madre Adele, Carlo Emilio, il fratello Enrico e la sorella Clara poterono
continuare gli studi. Dopo un’ottima maturità al Liceo Parini a Milano , nel 1912, Gadda si iscrive
alla facoltà di ingegneria al Politecnico, come voluto dalla madre, ma interrompe gli studi per la
guerra. Finita la guerra, laureato, Gadda svolge lavori di ingegneria presso società elettriche in
Sardegna ed in Lombardia (fino al 1922) poi in Argentina (1922-24) poi a Roma, nella Lorena e
nella Rurh (1925-1931). Nel frattempo, annoiato dalla professione di ingegnere si iscrive alla
facoltà di filosofia all’Università Statale a Milano ma non riuscirà a laurearsi. Tra il 1924 e il 1928
affronta le prima prove narrative. Negli anni della guerra scrive dei diari che usciranno solo negli
anni ’50. L’esordio di Gadda letterato avviene su “Solaria” (una rivista fiorentina diretta da un suo
amico) dove pubblica le sue prima novelle : “La madonna dei filosofi” (1931) e “Il castello di Udine”
(1934). Nel 1936 muore la madre e l’anno successivo avvia la scrittura del suo romanzo
autobiografico “La cognizione del dolore” . Dal ’40 al ’50 risiede a Firenze. In questo periodo scrive:
l’”Adalgisa”, “Quer pasticciaccio de via Merulana” ed “Eros e Priapo”. Dal 1950 si trasferisce a
Roma e lavora alla Rai come redattore letterario, mentre nel 1953 escono le “Novelle del Ducato
in fiamme” e nel 1958 “I viaggi la Morte”. Dopo il “Pasticciaccio” Gadda conosce un’estesa
notorietà che gli provocherà molti fastidi e disagi data la sua timidezza. Anziano, soffre di disturbi
fisici e psichici che gli permettono di coltivare solo pochi rapporti personali. Scompare a Roma nel
1973.
11.1 Gadda ingegnere
Nel 1912 si iscrive alla facoltà di ingegneria presso il Politecnico di Milano. Dopo aver concluso i
primi due anni, nell’estate 1915 è chiamato al fronte come sottotenente degli Alpini. Congedato
alla fine del 1919, completa gli esami della sezione Elettricisti, laureandosi nel 1920, con una
votazione di 90/100. Per lavoro inizia a viaggiare
per l’Europa per progettare, costruire e
collaudare impianti per la produzione di ammoniaca presso la ditta Società Ammonia Casale. Per
finire dirige la Sezione Tecnologica del Vaticano fino al 1950; anno in cui lascia l’ingegneria e verrà
assunto come giornalista in Rai.
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11.2 L’Adalgisa
Pubblicata nel 1944 a Firenze da Le Monnier, con il sottotitolo Disegni Milanesi, l’Adalgisa
raccoglie dieci testi di anni precedenti. L’Adalgisa è il ritratto fotografico di una società, completa
di nonne, zie e infanti, bigotta, incolta, gretta e negata all’umorismo. Al contempo ne emerge il
riconoscimento di certi valori lombardi sentiti come positivi, quali il rigoroso senso del lavoro e
l’attaccamento alla proprietà privata. Non mancano neppure ritratti di domestiche, garzoni,
macellai e altri popolani. La varietà sociale presente nell’Adalgisa consente a Gadda di scrivere
usufruendo di un linguaggio composito mescolando gerghi e abitudini linguistiche tipiche di classi
diverse. L’Adalgisa del 1944 ripropone due brani della Cognizione del dolore già apparsi sulla
rivista. L’Adalgisa si presenta corredata abbondantemente di note dell’autore che riuniscono i
materiali più svariati: grandi divagazioni, precisazioni geografiche e alcuni termini dialettali. Il
sistema delle note rispecchia la volontà dell’autore di mettere ordine ma al contempo è un modo
in più per contrastare questa smania di ordine, certe note avrebbero bisogno di note
supplementari per essere comprese appieno.
11.3 Il brano l’Adalgisa
Séguito del racconto precedente Al parco in una sera di maggio dove si racconta che l’Adalgisa
incontra la giovane Elsa. Adalgisa invita Elsa a godersi la giovinezza e le racconta del proprio
defunto marito Carlo, delle sue passioni per i francobolli e (soprattutto) per i coleotteri. Donna di
popolo
e cantante d'opera, Adalgisa aveva lasciato definitivamente il teatro (anche per
sopravvenuti problemi di voce) dopo il matrimonio con Carlo, per dedicarsi alla sua nuova
esistenza "borghese" di moglie e poi madre, nonostante il disprezzo di donna Eleonora e della
buona società milanese. Strutturalmente si noti la movimentata articolazione di toni tra satira,
elegia, registro comico e lirismo. Il punto di vista è quello di Adalgisa, anche se si inserisce molto
spesso la prospettiva dell’autore, nella quale Adalgisa passa da voce narrante a personaggio
osservato. Il linguaggio usato da Gadda è una mescolanza di termini dialettali, colti, arcaici e
termini illustri, mentre le voci tecniche compaiono soventemente.
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12.English: The Tourist Trophy and the Isle of Man
12.1Tourist Trophy
The Tourist Trophy (TT for short) is a motorcycle race that takes place the first week of June, on
the street circuit of the Snaefell Mountain Course, 60.720 km circuit of the Isle of Man in Great
Britain. The lap record of 17'12'' 30 is the average of 211 km / h. The T.T. is an unusual occurrence
since it consists of a series of time trials involving the departure of the pilots with a single 10second interval between the one and the other; this characteristic does not allow the pilots as well
as viewers to know the outcome of race to the final draft of the league.
Before the race itself becomes a walk around the track to vintage motorcycles that have raced the
TT in the past.
We run 4 classes:
• Senior TT (1000cc maximum displacement 4t)
• Junior TT (600cc maximum displacement 4t)
• Sidecar TT (Sidecar with maximum displacement 350cc or 600cc 4t 2t)
• Lightweight TT (650cc twin-cylinder or 250 2t 4t)
• Ultra-Lightweight TT (125cc maximum displacement)
The difficulties of "harmony" with the circuit shall ensure that the Newcomers (name given to
those which participate in the TT for the first time, recognizable by the bib orange they wear) is
granted a bonus of 90 seconds more than the maximum time allowed for qualifications. In
addition to testing and racing official, the T.T. is still an ongoing series of shows and events
distributed over the island, such as brand rallies, motocross racing, acceleration, skill, this allows
you to "fill" the living, even if the island offers an alternative beautiful landscapes, picturesque
landscapes, as well as the ability to reach the small island ports scattered back and watch a good
dinner of fish. The king of the day was the Englishman John McGuinness, who with fifteen victories
to date is the second in the standings behind Dunlop and the only one to complete a tour of the
"Snaefell Mountain Course" in 17 minutes, 12 seconds and 30 cents, the average of over 211 km
per hour, for a circuit with more than two hundred and curves with those characteristics is not a
trivial matter. Due to the length of the track, only a few years the British television covering the
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event live, with the help of miniature cameras mounted on the motorcycle competitors. In the
past, the information came mainly via radio by three speakers placed at strategic points in as many
of the "Mountain Course". In the pub in Douglas, on the evening of the race, it is easy to see
players mixed in with the drivers so many fans come from all over Europe. The Italians reappeared
in 1913 with Ernesto Vailati of Rudge 500 and Giovanni Ravelli (one of three founders of Moto
Guzzi) Premier 500, even these little lucky in dealing with the "terrible" Montain. In 1924 and 1925
is the turn of Achille Varzi in 1926 he was joined by Louis Arcangeli, Mario and Pietro Ghersi, Miro
and Erminio Maffies Visoli representing respectively Guzzi, Garelli, White and Sunbeam in classes
250, 350 and 500 cc. Since its first edition, 1907, there were many casualties among the pilots who
took part, because of a length of 60.7 kilometers to be traveled between homes, walls, light poles
and different climatic conditions, all be repeated for multiple rounds depending on the category.
The Tourist Trophy was valid as the Grand Prix of Great Britain from the first edition of the World
Championship in 1949 and until 1976, when it was excluded from the World Championship
calendar for the excessive hazard of the circuit. From 1977 to 1990 is included in the TT Formula
World Championship calendar, league created to give visibility to this race as a result of exclusion
from the championship. After the first year dominated by British pilots and houses the Tourist
Trophy, increased his fame and I began to get riders from around the world eager to compete with
British specialists, Italian drivers cut their first appearances in the twenties with Achille Varzi, in
1924, was the first to complete a Tourist Trophy. The first win for an Italian rider was instead the
work of Omobono Tenni won that riding a Moto Guzzi 250 in 1937.Over the years he was part of
the MotoGP races other Italian riders won important victories among them Charles Ubbiali,
Tarquinio Provini and Giacomo Agostini, who, with 10 victories, is one of the most successful
drivers on the Isle of Man. The race also attracted growing interest of manufacturers and, for
example, Honda chose the Isle of Man for the debut of its motorcycle racing in Europe with the
belief that a win in the Tourist Trophy motorcycle it would on any other circuit. The most
successful rider on the circuit is Joey Dunlop, the British driver who died in 2000 who managed to
win 26 hits, followed by John McGuinness with 17 and several times world champion Mike
Hailwood with 14.On the Isle of Man TT is seen as a rite, and as such lives and stories of ancient
ceremonial. Among the stories to remember is the one linked to the time lap board, a long record
of wood placed on the finish straight, which since 1907 is updated with the times of the drivers
from the young boy-scout the Isle of Man. The Snaefell Mountain Course, its name comes from
the highest mountain of the island, is one of the oldest motorcycle circuits still in use. The track is
believed to be composed of 200 curves and sixty of these have been given the name of a pilot.
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Many of these names were given as a result of a significant event, often linking them to an
accident, the pilot occurred in that particular corner, but there are also names given to honor a
particular runner. Currently, the lap record belongs to John McGuinness during the 2009 Tourist
Trophy went a lap with a time of 17'12 "30 to the average of 211.754 km / h (131.578 miles per
hour). The maximum speed is reached in 2010 from New Zealand rider Cameron Donald, riding the
Suzuki GSV-R MotoGP Loris Capirossi, it made the rounds "of honor" for the 50th anniversary of
Suzuki at the TT, has exceeded 325 km / h (202 mph) on Sulby straight. Record in Superbike riding
a bike belongs to Keith Amor, Honda CBR1000RR that exceeded 310 km / h (192.800 mph).The T.T.
But now it's a race itself, which until the late '80s was valid for the F1 world championship, a kind
of superbike championship. The TT, despite being criticized by all the "good thinking", although for
many it is only defined a window pulled up to rake in money, continues to resist, and although no
longer participate in any top riders in the race goes along the same Montain perhaps Course
because despite being criticized by everyone, no one can imagine the world of motorcycle without
the TT, because like it or not this race is the history of motorcycles and being in that place where
you have written whole chapters of the history of cycling has to give such a discharge of
adrenaline that everyone loves the two-wheel lift is aware that this race would be absurd: the TT
the bottom is a bit 'mecca for motorcyclists.
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12.2 Isle of Man
The Isle of Man is Situated in the Sea Ireland. Politically, it is not part of the United Kingdom nor
the European Union but is a British Crown Dependency. The Isle of Man is a dependency of the
British monarchy, but has an autonomous government. The head of state is Queen Elizabeth II
who has the title of Lord of Man (there is no variation of charging women), and is represented by a
Deputy Governor (Lieutenant Governor). The United Kingdom has responsibility for territorial
defense and representation in international conferences, while the local government has
jurisdiction over almost all matters of domestic policy.
12.3 External relations
It is believed, erroneously, that the Isle of Man belongs to the United Kingdom under British law it
is not, at least formally, although the UK is concerned with the foreign policy and its defense. The
island, in the year 1970, had a dispute with the European Court of Human Rights (ECHR), given its
reluctance to repeal the laws on flogging (corporal punishment for male offenders); also the
sodomy laws have withstood long and was modified only in early 1990. The Isle of Man is neither a
member nor adheres to the European Union, however, the "third Protocol" of the Treaty of
accession of the United Kingdom. Trade with non-tariff quotas imposed by the EU and, together
with an agreement with the United Kingdom of duties and taxes, promotes a free market with the
countries of the United Kingdom. The Manx residents are not citizens, but the British one, but for
those defined Manx, according to the Third Protocol, a statement on their passports to prevent
live or work freely in the EU countries. This is an anomaly, since the treaty which established the
constitution of the EU states clearly that all citizens of member states are also EU citizens. The
travel and tourism on the island are regulated by local legislation. The British and the Republic of
Ireland does not need a passport, those in the EU must have an identity card and those who come
from countries for which you need a visa to enter the United Kingdom must obtain a special visa
for the Isle of Man, issued by a British diplomat institution. All non-residents, including citizens of
the United Kingdom, must have a work permit to stay for long. The Isle of Man is divided into six
administrative districts called Sheading. The six are: Ayre, Glenfaba, Garff, Michael, Rushen and
Middle. They form the basis of some constituencies and each has a Coroner. The island has an area
of 572 square km and with its 76,300 inhabitants has a density of 133 inhabitants / km ². Is a
dependency of the British Crown and government agencies are based in Douglas (23,500 pop.),
The capital, Onchan and in the cities of 8,650 inhabitants. Ramsey and 6,900 inhabitants. The
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Snaefell is the highest mountain in the Isle of Man Its height is 621 m (2,036 ft). An old saying
states that in clear days you can see from the top six countries: England, Scotland, Wales, Ireland,
the Isle of Man and the whole heaven. The summit can be reached by train Snaefell Mountain
Railway, the route is about four miles (6.4 km), running from Laxey. On top of the mountain is
located a bar and a communications antenna. The interior and the coast of western Ireland are
very similar, with scattered areas of heather and rocky cliffs suggestive, although relatively low.
The rivers are of little importance, one of which is the Greeba River.
12.4 History
After a series of British sovereigns, the island was invaded by the Saxons and was then a Viking
outpost. In 1079 it was colonized by the Norwegians and annexed to the Kingdom of Norway to
work Godred Crovan. He then became a domain Scotland in 1266, as enshrined in the Treaty of
Perth and then, in the thirteenth century, it fell to Edward I of England. In 1765 came under the
control of the English monarchy.
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13.MICROBIOLOGIA DEGLI ALIMENTI
13.1 La dieta del pilota.
Dagli albori delle competizioni sino agli anni ’80 i piloti non si preoccupavano della loro
preparazione atletica e men che meno della loro della loro dieta. La maggior parte dei piloti, oltre
ad una vita sregolata, conduceva uno stile di vita totalmente dannoso per la salute. Nell’ambito
delle competizioni motoristiche il primo che capì l’importanza di una preparazione atletica
adeguata e una dieta adatta fu Ayrton Senna pilota automobilistico. Subito dopo la maggior parte
dei piloti seguì il suo esempio ottenendo un notevole miglioramento della propria salute e dei
risultati in pista.
I piloti sono atleti molto attivi e il loro sport è considerato uno tra i più difficili, pesante ed esigente
tra quelli esistenti. Portare al limite una moto sottopone il corpo umano a sollecitazioni incredibili,
dovute
anche
all’enorme
forza
di
gravità
che
viene
generata
nelle
fasi
di
accelerazione/decelerazione e sugli avvallamenti della pista. Dentro alla tuta il corpo arriva ad
oltrepassare una temperature di 60° e di certo il calore della moto unito a quello dell’asfalto
rovente non aiutano a dissipare. Non esistono tempi morti, fasi di rilassamento o di recupero. Per
l’intera durata della gara è richiesta la massima concentrazione psico-fisica per portare a termine
la corsa. Un’alimentazione sana ed equilibrata in tutti i suoi nutrienti aiuta a sviluppare la massa
muscolare del pilota (fondamentale per resistere alle sollecitazioni di una gara) oltre a permettere
la massima concentrazione durante lo svolgimento. Saltare i pasti o mangiare cibo spazzatura
durante un periodo di gara comporterebbe una sicura riduzione della prestazione del loro corpo.
Carboidrati:
I piloti hanno bisogno di una dieta ricca di carboidrati. Se i carboidrati non sono abbastanza il
risultato è una riduzione della loro capacità e della loro concentrazione mentale. Se mancano
carboidrati dopo qualche giro di pista, inizia ad aumentare la fatica e la capacità di rimanere
concentrati. I carboidrati devono occupare il 55% del fabbisogno energetico giornaliero del pilota.
La mancanza degli stessi può causare l’esaurimento prematuro e quindi la perdita della possibilità
di vittoria.
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Grassi:
I grassi sono un’altra fonte di energia fondamentale per i piloti che, infatti, devono includere acidi
grassi essenziali per il funzionamento delle loro cellule e devono occupare il 30% del fabbisogno
energetico giornaliero del pilota. I grassi saturi, invece, devono essere tendenzialmente evitati
dato che sono meno salutari rispetto agli insaturi. Nel caso in cui il consumo dei grassi sia più alto
rispetto a quello consigliato ci saranno problemi con il peso (e un solo kg può fare la differenza nel
tempo sul giro) oltre a possibilità di essere esposti a malattie cardiovascolari.
Proteine:
Le proteine aiutano il recupero muscolare dopo lo sforzo intenso, favorendo la formazione di
nuovi tessuti e la riparazione dei danni muscolari subiti durante lo sforzo in pista. Il 15-18%
dell’energia quotidiana deve, quindi, derivare dalle proteine che un pilota deve sempre includere
nella sua dieta.
Acqua:
Il calore della moto unito al calore della pista, la tuta in pelle, il casco e lo sforzo fisico
contribuiscono in maniera drastica all’aumento della temperatura corporea e alla disidratazione
del corpo dei piloti. Per questo la loro sudorazione arriva ad essere più alta rispetto ad altre
tipologie di sport. I piloti devono integrare moltissimi liquidi e mai aspettare la sensazione di sete
per assumerne altri. Quando sopraggiunge questa sensazione è già tardi perché è il campanello
d’allarme che il nostro corpo è già disidratato.
Ecco perché una corretta alimentazione unita ad un’ottima preparazione atletica sono l’arma
vincente per la migliore delle prestazioni dei piloti.
Il pasto di Valentino Rossi prima di ogni Gran Premio.
60
13.2 La conservazione degli alimenti
Tutti gli alimenti si alterano attraverso un naturale processo di invecchiamento chiamato
deterioramento. Per migliaia di anni le persone hanno utilizzato tecniche come l’essiccamento, la
salagione e l’affumicamento per fronteggiare l’alterazione (processo attraverso il quale in un
alimento si sono verificate delle modificazioni sia chimiche che biologiche, ad opera di
microrganismi, in particolare batteri alterativi, tali da aver determinato modificazioni a livello delle
caratteristiche organolettiche del prodotto stesso: odore, sapore, consistenza, colore) e
prolungare nel tempo la loro conservabilità, periodo nel quale l’alimento è sicuro, apprezzabile e
nutriente. La conservazione dei prodotti quindi è legata al mantenimento da parte dell’alimento
stesso delle caratteristiche proprie di qualità igienico-sanitaria, commerciale e organolettica.
Le tecniche di conservazione hanno lo scopo di impedire o rallentare l’instaurarsi di
processi alterativi di diversa natura, rispondere alle attuali esigenze di mercato che richiedono
sempre più alimenti pronti, data la scarsa disponibilità di tempo per la preparazione dei cibi al
momento e garantire la salute dei consumatori.
I metodi principali di conservazione sono:
1. TECNICHE DI CONSERVAZIONE CHE SFRUTTANO I FATTORI FISICI
a) Trattamento con calore:
La conservazione degli alimenti per mezzo del calore ha assunto una notevole importanza nel
settore della produzione delle derrate alimentari, in particolare se si tiene conto dell’effetto che le
alte temperature esercitano sulla flora microbica di qualsiasi prodotto. Il calore agisce sui
microorganismi prima inibendone la moltiplicazione, poi salendo a temperature più elevate,
uccidendoli. La sensibilità termica è variabile a seconda delle caratteristiche delle diverse specie
microbiche presenti ed è condizionata inoltre da fattori quali la composizione del mezzo in cui si
trovano, il pH (più è basso il pH e più bassa sarà la temperatura del trattamento termico), l’aW
(= acqua libera), la presenza di sostanze grasse che fungono da protezione, il tempo di durata del
trattamento termico, ecc.

COTTURA
E’ il trattamento termico più semplice e più antico. Utilizzata non solo per rendere appetibili gli
alimenti ma soprattutto per creare condizioni sfavorevoli ad alcune specie microbiche. Al fine di
esplicare l’azione distruttiva sui germi occorre raggiungere temperature di almeno 75°C al cuore
del prodotto per un tempo necessario.
61

STERILIZZAZIONE
Trattamento mirato a distruggere tutte le forme microbiche vegetative presenti nell’alimento e
quasi tutte le spore, mettendo quelle che dovessero eventualmente sopravvivere in condizioni di
non germinare più (sterilità commerciale e non assoluta);

Trattamento UHT
Trattamento applicato soprattutto gli alimenti liquidi che subiscono un preriscaldamento
(75/80°C) e una successiva sterilizzazione con temperature fino a 150°C. Vengono mantenute in tal
modo tutte le caratteristiche chimiche e fisiche del latte fresco.

PASTORIZZAZIONE
Trattamento mirato ad eliminare dalle derrate i principali agenti patogeni e a ridurre in parte la
restante flora microbica alterativa (applicata soprattutto al latte), mantiene inalterate le
caratteristiche organolettiche e la composizione fisico-chimica.
b) Utilizzo delle basse temperature:
Le basse temperature esplicano la loro azione attraverso un progressivo rallentamento
(refrigerazione), fino ad un blocco totale (congelamento, surgelazione), dell’attività di tutti gli
enzimi presenti in una derrata alimentare: sia di quelli propri di un alimento, sia, soprattutto, degli
enzimi prodotti dai microorganismi. Pertanto batteri, lieviti e muffe, vengono messi quanto meno
in condizioni non più adatte per moltiplicarsi. Si deve sottolineare che il freddo non è un processo
sterilizzante, esso si limita a mettere in uno stato di pausa i microorganismi, fino a che il prodotto
verrà mantenuto in quelle particolari condizioni di bassa temperatura. L’applicazione del freddo
può essere condotta con modalità di tempo e di temperatura ben precise e diversificate. In base
ad esse si possono distinguere: la refrigerazione, il congelamento e la surgelazione.

REFRIGERAZIONE (0°C-4°C)
La refrigerazione è il metodo più diffuso per conservare a breve termine ogni tipo di alimento
deperibile e consente il mantenimento delle caratteristiche organolettiche e di quelle
igienicosanitarie di partenza. Il rallentamento del metabolismo cellulare è esclusivamente dovuto
alla diminuzione della temperatura. Allo stato refrigerato le cellule microbiche restano in vita
mentre il loro metabolismo viene rallentato, si ha l’arresto quasi totale della replicazione dei
patogeni mesofili.
62

CONGELAMENTO
E’ un metodo diffuso per garantire una conservazione del prodotto molto prolungata. Il
congelamento come la surgelazione non esercita un’azione battericida ma impedisce soltanto lo
sviluppo dei microrganismi provocando il blocco di tutte le reazioni metaboliche.

SURGELAZIONE
Si differenzia dal congelamento per le modalità di applicazione del freddo (in meno di 4 ore si
raggiunge una temperatura al cuore del prodotto di –18°C, mantenuta ininterrottamente fino alla
distribuzione finale) e dalla regolamentazioni di leggi specifiche; inoltre mantiene maggiormente il
valore nutritivo ed i caratteri organolettici dei prodotti naturali.
Sia nel congelamento che nella surgelazione vi è un’inibizione delle attività microbiche ed
enzimatiche dovuta anche a sottrazione di acqua dell’alimento che passa allo stato solido.
c) Sottrazione di acqua:
Essiccamento (sottrazione quasi completa di acqua, con l’utilizzo del calore), disidratazione o
concentrazione (sottrazione parziale di acqua, con l’utilizzo del calore) , liofilizzazione (tecnica
utilizzata senza uso del calore, ma portando l’alimento a –30°C o – 50°C e successivamente in una
camera stagna in cui viene fatto il vuoto spinto, sottrazione di acqua sotto forma di vapore,
mantenendo inalterate le caratteristiche originarie del prodotto). Trattamento che mira ad
impedire la moltiplicazione dei microorganismi agendo sui loro fabbisogni di acqua libera (Aw).
d) sottrazione di aria:
Confezionamento sottovuoto ( sottrazione totale di
aria), confezionamento in atmosfera
protettiva (sostituzione dell’aria con uno o una miscela di gas es. Azoto, Ossigeno, Anidride
carbonica). Si sottrae l’alimento alla condizione di aerobiosi perché la flora microbica in esso
presente (essenzialmente aerobia) trovi un forte ostacolo alla moltiplicazione. Altri vantaggi:
inibizione di fenomeni come l’ossidazione, la proteolisi ed i cambiamenti di colore.
e) Irraggiamento.
Le radiazioni possono essere ionizzanti di natura sia corpuscolare sia elettromagnetica con
frequenze molto elevate e radiazioni elettromagnetiche a frequenza più bassa.
Radiazioni ionizzanti (raggi catodici, raggi X, raggi gamma). In Italia non sono ammesse per il
trattamento degli alimenti, eccetto i raggi gamma per annullare la germinazione di alcuni vegetali
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come ad esempio patate, cipolle e aglio, mentre in alcuni stati europei l’uso ai fini della
conservabilità è molto diffuso. L’effetto microbicida è dovuto principalmente ad un’azione sul
DNA cellulare che una volta danneggiato impedisce alla cellula di replicarsi. L’uso delle radiazioni è
limitato poiché risulta essere molto costoso e pericoloso, per gli effetti collaterali che esplicano sul
colore e sul sapore degli alimenti. Inoltre determinano frequenti modificazioni chimico-fisiche,
hanno un’azione distruttiva sulle vitamine e sugli antiossidanti presenti nei grassi.
Radiazioni elettromagnetiche a bassa frequenza, ultrasuoni e onde elettriche sono utilizzati in via
sperimentale, esplicano azione battericida sul latte, formaggi, succhi di frutta. Effetti collaterali:
modificazioni chimiche e fisiche sugli alimenti, distruzione di vitamine, inattivazione di enzimi.
2) TECNICHE DI CONSERVAZIONE CHE SFRUTTANO I FATTORI CHIMICI
a) Uso del sale:
Questo sistema di conservazione si basa sull’azione del cloruro di sodio, che ha essenzialmente un
effetto disidratante (quindi impedisce la moltiplicazione dei microorganismi agendo sui loro
fabbisogni di acqua libera Aw), e sulla produzione di ioni cloruro che sono nocivi per i batteri.
Il sale inoltre riduce la quantità di ossigeno che può sciogliersi nei tessuti degli alimenti, bloccando
la moltiplicazione dei microrganismi che hanno bisogno di ossigeno.
b) Uso dello zucchero:
Gli zuccheri esercitano sui microrganismi un’azione inibente molto simile a quella del sale anche se
più blanda. Legano l’acqua quindi impediscono la moltiplicazione dei microorganismi agendo sui
loro fabbisogni di acqua libera (Aw).
c) Affumicamento.
Consiste nell’esporre gli alimenti all’azione di alcuni prodotti aromatici che si sviluppano dalla
combustione di alcuni vegetali, normalmente viene usato in associazione ad altri sistemi di
conservazione, come la salagione e l’essiccamento, per permettere un più prolungato tempo di
conservazione. Il potere conservante del fumo sugli alimenti si attua attraverso successivi
meccanismi: sottrazione di acqua dagli alimenti, azione del calore, coagulazione delle sostanze
albuminoidi, apporto di sostanze aromatiche (aldeide formica, acido acetico, ecc.) ad azione
antisettica.
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d) Uso di sostanze chimiche
Impiego intenzionale di una serie di sostanze durante la produzione di un alimento allo scopo di
consentirne una maggiore durata nel tempo e di mantenerne il più possibile a lungo inalterate le
qualità nutrizionali. Negli alimenti possono essere presenti sostanze chimiche che svolgono
un’azione contro i microrganismi come ad esempio il lisozima presente nell’albume delle uova.
Durante la preparazione si possono inoltre aggiungere sostanze quali aceto, limone, ecc., che
agiscono sul pH (abbassandolo) creando un ambiente sfavorevole alla moltiplicazione microbica.
Esistono poi una serie di sostanze chiamate additivi che non vengono considerate un ingrediente
tipico dell’alimento e che non hanno valore nutrizionale, ma che vengono aggiunte esclusivamente
per un fine tecnologico. Nel contesto della conservazione hanno interesse soprattutto gli
antimicrobici che svolgono un’azione diretta sui microrganismi e gli antiossidanti che, anche se
non agiscono direttamente sui microrganismi, svolgono comunque un’azione di protezione
dell’alimento. Il loro impiego previene un gran numero di modificazioni indesiderabili provocate
dai fenomeni ossidativi, quali l’irrancidimento dei grassi, il cambiamento di colore della carne,
l’imbrunimento di frutta e ortaggi.
Qualunque sia la tecnica utilizzata per la conservazione degli alimenti, dopo che il prodotto
confezionato viene aperto e/o utilizzato in parte, il contenuto deve essere conservato, manipolato
come se fosse fresco e consumato in tempi ridotti.
Per non andare incontro a problemi di salute è molto importante dedicare qualche minuto in più al
supermercato alla scelta del prodotto ed alla conservazione degli alimenti.
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14. Conclusione
Questo mio lavoro non è stato affatto facile; è infatti il risultato di una attenta ricerca tra libri, riviste ed
opuscoli illustrativi. Ha però anche permesso l’incontro con persone che nell’azienda Guzzi hanno vissuta in
prima persona, così da riuscire a trasmettere la loro passione che sicuramente eccedeva rispetto all’
impegno aziendale. Ho partecipato inoltre ad eventi legati al marchio, spinto sia da motivi di ricerca che
per grande passione personale. Tutto ciò mi ha portato a concludere che agli inizi della sua attività questa
azienda aveva a capo una persona, Carlo Guzzi, originario fondatore, che trattava i dipendenti come amici e
cercando di capire i loro problemi oltre a pensare innanzitutto alla soddisfazione del cliente prima che al
risultato economico. Oggi, dopo 91 anni, ovviamente il fondatore Carlo Guzzi non è più alla guida della
società e dopo molti cambiamenti la gestione è attualmente affidata a Roberto Colaninno, in qualità di top
manager sia dell’azienda Moto Guzzi che del Gruppo Piaggio & Co, storico ‘rivale’ della Guzzi. Con
rammarico ho constatato che il primo obiettivo di questi nuovi dirigenti, legati ad una grande holding
industriale con interessi in vari settori industriali, è più orientato verso il risultato economico con minor
interesse a produrre mezzi che possano continuare fare la storia della motocicletta italiana; ritengo ciò
possibile poiché chi prende decisioni di budget a lungo termine è sicuramente lontano sia dalla stabilimento
di produzione che dallo spirito e dal cuore che ha animato la passione di molti operai e dirigenti del
passato. Auspico che qualcosa ai vertici aziendali possa cambiare, ma saremmo comunque all’inizio ed è
probabile che ci vorrà ancora molto tempo per veder tornare la “Moto Guzzi” agli antichi splendori.
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15.Bibliografia
Bibliografia:
 “L’Adalgisa” di Carlo Emilio Gadda ( 1944)
 “Guzzi, l’idea che ha cambiato Mandello” a cura dell’Archivio Comunale Memoria Storica di
Mandello Del Lario, quaderno N°5, settembre 2011
 “La moto italiana, tutti i modelli dalle origini a oggi” di Otto Brizzi e Massimo Clarke - 2008
 “Moto Guzzi, Novant’anni di arte e tecnologia” Mario Colombo - 2011
 “Moto Guzzi, quando le moto hanno l’anima” di Goffredo Puccetti - 2007
 “1000 moto. Storia, modelli e tecnica dalle origini ad oggi” a cura di Carsten Heil – 2009
 “Dalla fucina al computer, una vita in Moto Guzzi” di Luigi Rompani - 2008
 Materiale didattico
Siti Internet











www.motoguzzi.com
animaguzzista.com
motocorse.com
carloemiliogadda.com
www.anpilecco.it
www.icsmandellolario.com
www.iomtt.com
www.touristtrophy.com
www.moto.it
Forum.dueruote.it
Grisoguzzi.it
Riviste
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
Dueruote
Motociclismo
Motociclismo D’epoca
“Moto Guzzi Collection” periodico quindicinale in edizione limitata edito da Hachette.
“MotoCiclismo racconta il mito Guzzi” editoriale mensile da Maggio 2012.
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