Lettura del libro di Tobia L`amore nuziale nel progetto divino

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Lettura del libro di Tobia L`amore nuziale nel progetto divino
Nembro terzo incontro
Lettura del libro di Tobia
L’amore nuziale nel progetto divino
La guida divina del cammino
La volta scorsa abbiamo riflettuto sulla figura dell’angelo come simbolo dell’accompagnamento,
in cui si manifesta la guida divina sul cammino del credente. Questo tema ha forte radici bibliche.
Si pensi a quei passi biblici in cui Dio fa riuscire il viaggio di qualcuno e lo fa pervenire alla meta
(vedi Gen 24,21.40.42.56; Gdc 18,5).
Ebbene, nel libro di Tobia vi è un termine che esprime bene il dare un buon esito al viaggio:
euodóô. Con questo verbo si esprime l’idea di un cammino buono, con esito sicuro e positivo. Ecco
alcune ricorrenze:
a) Tb 4,6: Perché se agirai con rettitudine, avrai fortuna [avrai buon esito/giungerai a buon fine]
nelle tue azioni.
b) Tb 4,19: In ogni circostanza benedici il Signore Dio e domanda che ti sia guida nelle tue vie e
che i tuoi sentieri e i tuoi desideri giungano a buon fine, poiché nessun popolo possiede la
saggezza, ma è il Signore che elargisce ogni bene e abbassa chi vuole fino al profondo degli inferi.
c) Tb 5,22: Non stare in pensiero, non temere per loro, o sorella. Un angelo buono infatti lo
accompagnerà, il suo viaggio riuscirà bene e tornerà sano e salvo».
d) Tb 7,12: Ma Tobia disse: «Non mangerò affatto né berrò, prima che tu abbia preso una
decisione a mio riguardo». Rispose Raguele: «Lo farò! Ella ti viene data secondo il decreto del
libro di Mosè e come dal cielo è stato stabilito che ti sia data. Abbi cura di lei, d’ora in poi tu sei
suo fratello e lei tua sorella. Ti viene concessa da oggi per sempre. Il Signore del cielo vi assista
questa notte, o figlio, e vi conceda la sua misericordia e la sua pace».
e) Tb 10,13: «… Figlio, va’ in pace. D’ora in avanti io sono tua madre e Sara è tua sorella.
Possiamo tutti insieme avere buona fortuna per tutti i giorni della nostra vita».
f) Tb 11,15: Tobia entrò in casa lieto, benedicendo Dio con tutta la voce che aveva. Poi Tobia
informò suo padre del viaggio che aveva compiuto felicemente…
Ebbene, si può ben vedere come l’uso del termine euodóô cioè ‘far riuscire, ‘instradare bene’,
ecc. rifletta l’idea teologica di una guida divina della storia. Tale guida, nel libro di Tobia, viene
presentata nei termini di un accompagnamento angelico, dietro chiara influenza delle narrazioni
genesiache cosi come confermano i passi di Gen 24,7.40. Basti citare il primo: «… egli stesso [il
Signore] manderà il suo angelo davanti a te, perché tu possa prendere di là una moglie per mio
figlio».
Innamoramento
Il viaggio prosegue, ci si avvicina ad Ecbàtana e Raffaele/Azaria informa Tobia sulla prossima
notte.
Egli segnala come sarà a casa di Raguele che dovranno trascorrere la notte. Inoltre gli ricorda
come costui sia un parente di Tobia. Più importante che trovare un posto per la notte è però trovare
una donna per la vita; è ciò che Raffaele fa, ormai trasformato in una sorta di abilissimo agente
matrimoniale.
Secondo le parole dell’accompagnatore (angelico), Sara, la figlia di Raguele ha davvero tutto per
piacere: è figlia unica, è ereditiera di tutta la fortuna di suo padre ecc. Prima che partisse, Tobi
aveva ordinato al figlio di dare a lui e a sua madre una sepoltura conveniente, ma gli aveva anche
ordinato di prendere moglie, una donna della casa di suo padre (4,12-13). Ora, Sara corrisponde
perfettamente a queste condizioni, proprio come Rebecca per Isacco.
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Raffaele segnala a Tobia che sarà il fegato e il cuore del pesce da poco catturato che dovranno
servire a mettere in fuga il demonio che tormenta Sara. L'esecuzione del rito prescritto, avverrà
appunto nella notte di nozze. Raffaele invita Tobia e Sara a pregare, a supplicare il Signore del
cielo, perché egli accordi loro misericordia e salute e addirittura giunge fino a predire la fecondità
della coppia che si formerà. Può legittimamente stupire la rapidità con cui Raffaele regola questi
affari matrimoniali. Senza dubbio, come in Dn 5,29-6,1 la rapidità dell'avvenimento sottolinea
l'efficacia dell'azione di Dio. Tobia trova prontamente una donna che corrisponde all’esortazione di
suo padre e ai comandamenti della legge.
Ascoltando le parole dell’angelo il giovane Tobia cresce, matura e inevitabilmente l’amore si
impossessa del suo cuore. Si introduce così il progetto di matrimonio suggerito da Azaria, il quale
ricorda a Tobia che Raguele è un parente per cui, essendo Tobia il più prossimo familiare, ha il
diritto di sposare l’unica figlia di costui.
All’idea del matrimonio Tobia, fino alle parole dell’angelo, sembra non avere mai pensato; ma
con le parole di Azaria gli si spalanca davanti un nuovo orizzonte, certo non privo di problemi. Ma
alle preoccupazioni di Tobia di fronte all’incognita del matrimonio l’angelo risponde con
rassicurazioni. Il v. 18 è di grande importanza: «Essa ti è sta destinata fin dall’eternità…». È
espresso un bel concetto teologico e una professione di fede nella speciale provvidenza eterna di
Dio sui suoi credenti e in particolare sugli sposi. Non si tra di una divinità che dispone
meccanicamente gli incontri amorosi, contro la volontà umana, ma è un modo per dire che il
matrimonio è salvezza per entrambi, incontro con la bontà del Dio creatore che da sempre ha voluto
la donna come compagna dell’uomo. Tobia, infatti, salverà Sara, perché l’unione di ambedue
compirà il piano divino, la volontà del Signore, e sul loro matrimonio il maligno non avrà più
influsso.
L’idea qui formulata è certamente molto elevata: il matrimonio fa parte della volontà divina
sull’uomo e pertanto esso è per sua natura buono, capace di offrire una via di salvezza, un’esperienza concreta della bontà della vita, di quella vita che, nella fede, il credente riconosce provenire dal
Signore.
In brevissimo tempo poi Tobia passa dalla paura di fronte al mistero dell’altro, della donna, a un
tenerissimo e profondo amore. L’anima di Tobia infatti si innamora appassionatamente di Sara e il
suo cuore aderisce a lei, ricordando qui un po’ l’atteggiamento di Isacco verso Rebecca.
Ma ci sono appunto anche delle esitazioni… Si noti, infatti, come Tobia affronti questo nuovo
passo della sua vita innanzitutto con paura. La paura è il sentimento con cui si reagisce di fronte
all’ignoto e, in questo caso, di fronte al grande mistero dell’amore tra l’uomo e la donna. Tale paura
è apparentemente motivata dalle dicerie che egli ha sentito dire su Sara e persino dal motivo del
dolore che la sua morte recherebbe ai genitori.
In realtà Tobia sta ponendo delle resistenze a staccarsi dal mondo parentale per iniziare una
nuova fase della sua vita, prima di dare quindi una svolta decisiva alla propria esistenza. Ma per
vincere le esitazioni di Tobia, l’accompagnatore gli ricorda i moniti del padre, il quale ha
raccomandato a lui di prendere in moglie una donna del casato. Inoltre lo esorta a non preoccuparsi
del demonio, ma a confidare nell’aiuto del Signore.
Pure qui possiamo cogliere alcuni elementi validi anche per l’attualizzazione. Innanzitutto, è
proprio la figura paterna che in qualche modo spinge il ragazzo ad affrontare l’avventura con una
donna, ad iniziare un rapporto, dapprima inquietante, con una persona con la quale poi dovrà
costruire una vita intera. D’altra parte l’esortazione ad avere fiducia nel Signore è l’esortazione a
superare la paura, perché il timore blocca la volontà, impedisce di prendere decisioni al momento
opportuno e, soprattutto, toglie la speranza. Potremmo dire che di fronte alle difficoltà è necessario
agire, cogliere il momento opportuno perché chi guarda il tempo non semina mai.
Tobia presso Raguele
Il narratore non si sofferma sulle altre tappe del viaggio, ma ci porta immediatamente all’arrivo
dei due viaggiatori in Ecbàtana, quando Tobia, condotto dall’angelo, entra nella casa di Raguele.
Eccoci dunque a Ecbàtana, la grande città della Media, lo scenario del compimento più
importante nella vita di Tobia: il suo matrimonio con Sara.
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Al v. 7,1, per la prima volta nel nostro racconto, troviamo Tobia che impartisce ordini al suo
accompagnatore: «Conducimi subito alla casa di nostro fratello Raguele!» Il giovane sta davvero
maturando e comincia a mostrarsi determinato. Tutto questo avviene perché Tobia, che prima
avevamo visto esitante ed incerto, è cresciuto ed è divenuto capace di decisioni importanti. Egli è
ormai risoluto a maritarsi con Sara, la figlia unica di Raguele.
Forse ci sorprende il ritmo accelerato imposto dall’autore al lettore. Anche se la fretta con cui
tutto si svolge non coincide con il ritmo della vita reale, nondimeno riteniamo che anche questo
tratto dello stile letterario sia al servizio del messaggio teologico. In realtà, tutta la parte precedente
del libro era in funzione di questo momento, quasi fosse una preparazione alle nozze tra Tobia e
Sara. Il narratore accelera il ritmo del racconto per portarci speditamente al tema del compimento,
che tanto gli preme.
Nel realizzarsi del progetto di vita del giovane Tobia (e conseguentemente della guarigione di
Sara e Tobi) si evidenzia una dimensione vitale, a volte trascurata in una certa visione della fede,
eccessivamente insistita sul cimento del credente con la prova, con la rinuncia. Dio invece vuole
fermamente che la vita del credente sia bella, buona e felice. Certamente Egli chiede anche la
disponibilità all’assunzione di impegni, al rinnegamento di sé nella modalità di un atto di libertà, di
amore, di capacità di farsi dono, comunque sempre inseriti all’interno di una vita dotata di senso, di
una vita ‘piena’.
Non entriamo nel dettaglio del racconto dell’ingresso di Tobia in casa di Raguele. Il saluto, il
lungo abbraccio, il mutuo riconoscimento, sono accompagnati da lacrime e da commozione. Si può
notare l’insistenza del nostro autore nel mettere in rilievo il legame di parentela e soprattutto il
profondo affetto che unisce e rinsalda le famiglie tra di loro. Si vuole in tal modo evocare, per il
lettore della diaspora, la bellezza di autentici legami parentali, come uno dei beni preziosi sui quali
l’ebreo disperso nelle nazioni può e deve contare. È evidente che proprio la condizione d’esilio, se
da una parte rischia di allentare i rapporti, dall’altra può anche rafforzare i legami di amicizia e
parentela, i vincoli esistenti tra i membri del popolo.
Dalla scena dei saluti si passa ai preparativi del pasto. Durante il pasto Tobia avanza la richiesta
di poter sposare la figlia di Raguele, la giovane Sara. In Tb 7,9-11 vediamo Tobia avvalersi
precisamente dell’intervento di Azaria (per noi lettori l'angelo Raffaele) come intermediario, perché
gli sembra ovvio che la domanda di matrimonio sia fatta attraverso un parente, proprio per dare
maggior ufficialità alla richiesta.
Per esigenze narrative, l’intervallo tra innamoramento e matrimonio è molto breve. Tobia chiede
subito la mano di Sara, ma Raguele cerca di moderare la fretta del giovane, ricordando la situazione
tremenda della figlia ed esprimendo il suo timore che Tobia non abbia da questo matrimonio del
bene, ma solo un grave danno. D’altra parte Raguele riconosce che, secondo la legge di Mosè, la
ragazza non può che divenire sposa di Tobia. Egli non tace la pesante verità su Sara, ma la inquadra
in due inviti a prendere parte alla gioia dell’ospitalità.
Nonostante egli cerchi di far desistere Tobia dal suo progetto, costui resta però lucido e
determinato a proseguire nel suo progetto matrimoniale. Raguele è costretto pertanto ad arrendersi,
proprio in nome della legge di Mosè: «Prendila; secondo la legge e il decreto scritto nel libro di
Mosè ti viene concessa in moglie». Il testo poi presenta una serie di riti nuziali che vengono descritti
anche in alcuni dettagli, tra cui la consegna di Sara a Tobia da parte del padre, la pronuncia della
benedizione da parte del padre, la firma di un contratto matrimoniale. Si nota anche l’unione delle
mani dei due sposi. Possiamo avere qui alcuni dettagli sulle istituzioni e sulle cerimonie del
matrimonio nell’ambiente giudaico della diaspora. L’unione doveva comunque essere conforme alla
legge di Mosè e doveva avere il consenso del padre della sposa.
E giunge la sera, e il momento tanto temuto dai due genitori di Sara, preoccupati per lei e per la
vita del giovane.
Aleggia nel racconto la domanda: tra Tobia e Sara vincerà la forza distruttrice del demonio
Asmodeo, oppure prevarrà la vita il progetto di Dio sui due giovani? Ebbene, nel racconto
esemplare del libro di Tobia, l’autore mette in scena la provvidenza di Dio sopra le persone umane,
specie se duramente provate. Affinché il messaggio soprannaturale sia più facilmente compreso dei
lettori credenti, fa intervenire i personaggi celesti, come Raffaele, al medesimo livello dei
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protagonisti umani (donde il nome Azaria). Raffaele ha come compito la guarigione di Tobi dalla
cecità e ancor di più della liberazione di Sara dall’influsso del maligno, di Asmodeo. Per conseguire
questo secondo scopo era, però, necessario che si compisse il piano di Dio su Tobia e Sara con il
loro matrimonio.
Ma quale è il piano di Dio? È quello attestato dalle Scritture.
Siamo dunque giunti alla fatidica prima notte di nozze. La narrazione chiarisce la portata dei
problemi del giovane e dell’angoscia di Sara ma, tramite le indicazioni pratiche dell’angelo, si potrà
rovesciare la situazione incresciosa e assicurare la salvezza della ragazza e della coppia. L’idea di
fondo che guida le indicazioni di Azaria sono quelle di ritornare a un ideale di coppia nel quale si
ritrovi l’intenzione del Creatore, da una parte accettando la vocazione alla genitorialità (Gen
1,27ss.) e dall’altra parte dominando i movimenti solo passionali, i quali ridurrebbero la sessualità
umana al rango di animalità (Gen 2,18-24).
Viene qui rovesciata la situazione drammatica delle origini, quando la rottura della relazione con
Dio portò anche ad un incrinarsi della relazione tra uomo e donna (Gen 3,16). Ora, riannodare la
relazione con Dio da parte dei due sposi attraverso la preghiera e la fede è in qualche modo ribaltare
il dramma genesiaco.
È così che l’angoscia della sessualità sarà tolta. Infatti, il demonio non avrà più potere se non su
uomini sottomessi a lui da una sessualità corrotta, lontana dall’intenzione originaria del Creatore.
La prima cosa che Tobia deve mettere in pratica, appena entrato nella camera nuziale, è dare
attuazione ai consigli di Azaria. Bruciare incenso ed altre resine e piante odorose in luoghi dove si
dorme è un costume frequente nel Medio Oriente, per cui alcuni hanno interpretato l'azione di Tobia
come un rito magico, una di quelle azioni che si praticavano frequentemente all’epoca. Però questo
è impensabile in un autore giudeo, così scrupolosamente attento alla Legge e certamente alieno dal
suggerire comportamenti espressamente proibiti da essa.
Vale la pena inoltre di apprezzare il senso dei tratti umoristici e burleschi del nostro racconto di
esorcismo. Il lettore deve essere in qualche modo liberato da un timore eccessivo del demonio e
delle sue macchinazioni, messe in atto per rendere tetra e impossibile la vita dell’uomo. Il timore
del demonio non deve prevalere sulla forza della fede, perché essa assicura che Dio è più potente di
tutto e pertanto si può anche ridere sulla grottesca sorte del demonio Asmodeo.
Ci sembra importante notare che non è certo soltanto l’utilizzo del suffumigio che libera dal
demonio, ma è l’intervento di Raffaele, cioè di Dio, che immobilizza questo agente di morte, di
infelicità per l’uomo. Così la permanenza in vita è affermata come voluta dal Signore, come
attribuita al potere di Dio e dei suoi angeli e non certo all’efficacia della fumigazione. È la potenza
di Dio che toglie il potere di Asmodeo su Sara! Lo ribadiamo: il testo gioca sull’ironia e vuole
ottenere un effetto liberatorio, come, ad esempio, in Mc 5,13ss con l’indemoniato di Gerasa. I
credenti non possono vivere nella continua ossessione e paura per le presenze demoniache, ma
devono sapere che il Signore ha tutti i mezzi per vincerle.
La preghiera di Tobia e Sara
L’angoscia della sessualità, rappresentata da Asmodeo, viene dunque davvero sconfitta dal
secondo espediente. In realtà è ben più che un espediente. Si tratta di una preghiera fiduciosa
elevata al Signore e radicata nella volontà di essere obbedienti alla sua Parola, che manifesta anche
il suo progetto sulla relazione tra l’uomo e la donna.
Ecco allora Tobia alzarsi dal letto e chiedere alla moglie di supplicare con lui il Signore, perché
abbia misericordia di loro e li protegga. La scena è davvero solenne, commovente: i due giovani
sposi stanno in piedi, mossi da un unico desiderio, forse con le mani rivolte verso Gerusalemme
(cfr. Tb 3,11; 1Re 8,22).
Peraltro ricordiamo che nelle indicazioni che Azaria/Raffaele aveva impartito al giovane, la
preghiera aveva un posto importante: «Prima di unirti con lei, alzatevi tutti e due a pregare.
Supplicate il Signore del cielo perché venga su di voi la sua grazia e la sua salvezza. Non temere:
ella ti è stata destinata fin dall’eternità. Sarai tu a salvarla…» (Tb 6,18).
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L’autore biblico vuol dire che il male e l’angoscia della sessualità non possono nulla contro
coloro che affrontano la vita matrimoniale con la profonda coscienza e consapevolezza della sacralità del rapporto, del matrimonio come vocazione e della protezione divina sui due sposi.
La preghiera con cui i due sposi si rivolgono a Dio è una bella invocazione della misericordia
divina che libera da ogni pericolo il fedele. Sono frasi prese dal Salterio, dove si alternano
benedizioni, suppliche, domande, ringraziamenti. In ogni caso, la preghiera sottolinea la tesi
essenziale del nostro testo, ossia come la sessualità, che è spesso il luogo dell’angoscia, in quanto
espone al possibile fallimento, possa fiorire e far ritrovare la speranza, e possa essere in definitiva
una sessualità guarita.
Anzitutto è preghiera di benedizione e di lode, che per sua natura si espande e abbraccia l’intero
universo, ogni creatura, anche inanimata. Per questo si chiede ai cieli di benedire il Signore, così
come canta il Salmista (Sal 19,2; 89,6). La lode, a cui si associa tutta la creazione, deve percorrere i
secoli. Essa si espande nel tempo nello spazio, è contagiosa, coinvolge; la lode è liberazione, forza
di guarigione, di comunione, risorsa di speranza, energia che spinge alla testimonianza. Dopo le
benedizioni e le lodi generali al Signore, l’orante Tobia passa a ricordare il fatto della creazione
dell'uomo e della donna, citando testi che sono parte ormai del patrimonio mnemonico di ogni
israelita. Si combinano insiemi testi di Gen 1, 26-27 con i testi di Gen 2,18ss. Quest'ultimo passo
assume importanza particolare e il nostro brano funziona come un commentario midrashico.
La parola di Dio sul matrimonio
In questa preghiera di Tobia e Sara la cosa assolutamente interessante è il rimando al racconto
genesiaco dell’uomo e della donna.
Va notato che nell’intera Scrittura è l’unica preghiera posta sulla bocca di una coppia! Anche da
ciò si può intuire la sua rilevanza.
«5Lei si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo:
“Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti
benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! 6Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua
moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai
detto: “Non è cosa buona che l’uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui”. 7Ora non per
lussuria io prendo questa mia parente, ma con animo retto. Dégnati di avere misericordia di me e
di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia”. 8E dissero insieme: “Amen, amen!”» (Tb 8,5-8).
È degno di nota il fatto che questo passo sottolinei l’origine del genere umano da Adamo ed Eva;
è un commento particolare dell’autore che riflette l’opinione comune all’intera antichità giudaica
(cfr. 1Enoch 17,26). Proprio l’essere derivati tutti da Adamo e da Eva fa sì che si guardi alla loro
vicenda come paradigma dell’umano in quanto tale, e quindi che le parole proferite da Dio in
occasione della creazione della donna propongano il suo progetto sulla coppia umana, sul
matrimonio. Il richiamo a questo progetto di Dio, attraverso la citazione di testi genesiaci è
particolarmente denso di significato. L’autore mostra di avere una precisa consapevolezza: per
avere un’idea adeguata della realtà della coppia umana non basta riferirsi alle osservazioni sui
costumi, sulle pratiche matrimoniali attuate nelle varie società, ma occorre uno sguardo teologico, e
cioè risalire alla volontà originaria del Creatore.
Tobia anticipa in ciò un modo di procedere che sarà proprio di Gesù quando, interrogato sul
divorzio e sulla legittimità di una certa prassi, rimanda al piano divino, iscritto nella stessa
creazione, e perciò attua un richiamo esplicito a Gen 2,18-25. Ci troviamo pertanto di fronte ad una
delle pagine bibliche più significative circa il matrimonio. Infatti nella preghiera di Tobia il
richiamo al disegno originario di Dio sulla coppia umana, esemplificato nella vicenda della coppia
primordiale, ci dice che soltanto riandando all’origine del matrimonio, ossia all’intenzione del
Creatore sulla coppia, la persona umana può veramente vivere il rapporto con il suo partner come
un mezzo di santificazione. Il matrimonio si configura allora come luogo di crescita spirituale, e
non come un’istituzione in cui uno può dominare sull’altro e dove l’altro diventa semplicemente
oggetto-cosa del desiderio.
Lo stesso percorso indicato dal libro di Tobia e illustrato autorevolissimamente da Gesù viene
ripreso dall’autore di Efesini quando parla del matrimonio come sacramento dell’unione di Cristo
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con la Chiesa, spiegando che l’unione dell’uomo con la sua donna deve essere un costituire una
sola carne, secondo l’intenzione del Creatore (cfr. Ef 5,31).
E un pensiero simile sembra soggiacere anche alle affermazioni che Paolo fa sulla corporeità
umana e sulla relazione sessuale, quando contesta i libertari di Corinto: «Non sapete che chi si
unisce alla prostituta forma con essa un corpo solo? I due – è detto – diventeranno una sola carne»
(1Cor 6,16).
La citazione del testo di Gen 2,18 è funzionale ad una tesi precisa: se la sessualità, per vari versi,
può essere fonte di angoscia, di disordini e persino di mali, questo non corrisponde al disegno
originario del Creatore. Egli vuole invece il bene delle sue creature e in tale progetto benevolo si
iscrive la creazione della coppia umana.
L’autore di Tobia, dopo aver espresso la tesi che la donna è aiuto e supporto dell’uomo, rimanda
alle esplicite parole del Creatore: «Voglio fargli un aiuto…». In tal modo il testo genesiaco
sottolinea subito la bontà della sessualità, che fa uscire la persona umana dalla solitudine per
portarla alla compagnia. Tutto è posto sulla bocca di YHWH Dio che, con solennità, dichiara: «Non
è bene/bello che l’uomo sia da solo; farò per lui un aiuto kenegdô».
Il termine ‘aiuto’ nella Bibbia ebraica ha, nella maggior parte dei casi, Dio come soggetto fino a
diventare titolo divino. Senza entrare qui nel percorso analitico sull’uso del termine nei vari passi
biblici, è importante notare che il soccorso arrecato non è generico, ma personalizzato e che,
soprattutto, si verifica quando sembra profilarsi la frontiera separante la vita dalla morte.
Ci si deve chiedere allora perché il testo di Genesi ricorra appunto al termine ‘aiuto’ e quale
minaccia stia avanzando verso la persona umana. Poiché il termine è solitamente usato per indicare
il soccorso necessario per sfuggire ad un grave pericolo, è evidente che l’aiuto che Dio vuole dare
ad Adam non è una semplice e facoltativa facilitazione, ma piuttosto un sostegno indispensabile,
avente inoltre il carattere di un intervento di tipo personale.
Per quanto riguarda la minaccia a cui Adam potrà sfuggire grazie a questo aiuto, il testo stesso di
Genesi indica quale sia il grande pericolo da cui l’aiuto dovrà liberare: la solitudine, l’isolamento,
che fa vivere «come un relitto, lontano dal fiume della vita. Questa è, al contrario, comunione e
condivisione, fecondità e benedizione» (J.-L. Ska). Con questo significato del testo genesiaco
appare assai congruente la situazione in cui si trovano i due giovani, e in particolare Sara, che soffre
una solitudine profonda, acuita dall’incomprensione dell’ambiente circostante.
Nel progetto divino la persona umana dovrebbe poter contare su un sostegno necessario,
all’altezza, cioè degno di lei. Il pensiero che il libro di Tobia propone attraverso la citazione di
Genesi si ritrova in un altro testo quasi coevo a Tobia, e cioè in Sir 36,24: «Chi si procura una
sposa possiede il primo dei beni, un aiuto adatto a lui e una colonna d’appoggio».
La proposta è chiara: la sessualità umana non è mai solo istinto, ma espressione del desiderio
dell’altro, della vicinanza che vince la solitudine, il non senso (Sir 36,25: «Dove non esiste siepe, la
proprietà è saccheggiata, ove non c’è donna, l’uomo geme randagio»). Così la sessualità, come è
stata voluta dal Creatore, spinge a cercare l’altro, perché l’altro è anche promessa di vita, di
comunione, di senso.
In definitiva, l’autore di Tobia vuole dire che il male e l’angoscia che affliggono talora la sessualità umana non possono nulla contro coloro che affrontano la vita matrimoniale con la profonda
coscienza e consapevolezza della sacralità del rapporto, del matrimonio come vocazione e della
protezione divina sui due sposi.
Un problema è costituito dalla prima parte del v. 7. Tobia (Sara sembra scomparsa). Egli infatti
sembra affermare che il suo matrimonio si attua non per passione, ma ep’alêtheía (con verità, con
sincerità). La ‘verità’ non riguarda qui i suoi sentimenti o le sue emozioni, ma l’adesione ai
comandamenti del Signore. Tutto il contesto in cui avviene il matrimonio di Tobia con Sara
manifesta la volontà di rispettare la legge divina comunicata attraverso la legge di Mosè, come del
resto è confermato anche dalla citazione precedente del libro della Genesi.
Sarebbe una lettura forzata leggere qui il libro di Tobia come contrario all’aspetto del piacere
all’interno del matrimonio; si ricorda invece che il matrimonio non è semplicemente un rimedio alla
concupiscenza (come spesso si è detto), un luogo di ricerca del piacere, uno sfogo della passione,
ma deve essere ispirato innanzitutto da volontà di comunione, dalla volontà della coppia d’essere
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collaboratrice di Dio nella procreazione e segno concreto della misericordia e della presenza di Dio
nel mutuo sostegno, nel reciproco appoggio emotivo, affettivo e corporeo.
La traduzione CEI rende con ‘animo retto’, dove s’intende con l’intenzione di compiere la
volontà di Dio, di iscrivere l’incontro della coppia all’interno del suo progetto misericordioso.
Le versioni dal greco, soprattutto la Vulgata, hanno dilatato qui il testo nella direzione di un
rifiuto del piacere, ma questo non è affatto il senso della preghiera di Tobia, e non sarebbe neppure
coerente con l’insegnamento biblico, che non demonizza affatto il piacere.
Infine, ritroviamo la domanda di avere una vita lunga e felice e di poter giungere insieme alla
vecchiaia. Questo è il desiderio degli sposi che si vogliono bene: condividere il più a lungo possibile il tempo di questa vita dandosi amore, affetto, stima. Si noti che la richiesta di Tobia e di Sara
non è affatto quella di allontanare il demonio: è come se Asmodeo ormai non contasse più nulla. È
piuttosto la richiesta positiva di sperimentare - nella vita matrimoniale e attraverso la grazia della
longevità di questa vita - la benedizione di Dio. Tale esperienza della benedizione implicitamente
comporta l’esclusione di ogni influsso demoniaco.
«E dissero insieme: “Amen, amen!”». I due reagiscono come fa il popolo di Dio nelle grandi
occasioni, confermando con l’amen le assemblee solenni e le parole di chi presiede.
«Poi dormirono per tutta la notte». Una delle versioni testuali di Tobia aggiunge ‘entrambi’ per
sottolineare l’unità della coppia. È una scena su cui l’autore di Tobia è sobrio e delicato, mentre è
particolarmente cara alla letteratura erotica e anche al Cantico dei Cantici.
Sara e Tobia: una parabola della forza terapeutica del vero amore
Così Sara (ma reciprocamente anche Tobia) ha ritrovato se stessa grazie a questo amore con
Tobia; ritrova l’armonia, la pace, la serenità e una speranza per vivere. È in fondo questa la storia
di tanti sposi che rinascono proprio grazie all’incontro con la persona che li ama di un amore vero e
rispettoso, di un amore fedele. Niente più di questo amore sviluppa, fa maturare, libera e salva dal
male. In tale amore agisce Dio; qui nel libro di Tobia è l’angelo che rappresenta la sua concreta
assistenza. Infatti, senza la guida dell’angelo i due non si sarebbero mai veramente amati, mai si
sarebbero incontrati in modo duraturo e sincero. Ma con l’aiuto dell’angelo, cioè con l’aiuto di Dio,
i due possono arrivare a maturare un amore vero, che è, alla fine, ciò che salva la loro esistenza.
Notiamo anche come l’amore tra i due richieda uno sforzo di ascesi, un ideale più alto che li muova,
una sincerità d’intenzione, un saper usare una certa misura di ascesi intimamente legata alla
preghiera. Non è possibile immaginare un amore che sia figura del progetto di Dio sull’uomo, se
non come un amore che umilmente cresce, ponendosi sotto le ali sicure del timore di Dio e della
fiducia confidente in Lui.
Un altro tratto che qui emerge è quello della definitività della scelta nuziale. Ricordiamo alcuni
testi
«Dègnati di aver misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia» (Tb 8,7);
Poco oltre ritroveremo il medesimo motivo: «Concedi loro, Signore, grazia e salvezza e falli
giungere fino al termine della loro vita in mezzo alla gioia e alla grazia» (Tb 8,16); «Io sono tuo
padre ed Edna è tua madre; noi apparteniamo a te come a questa tua sorella da ora per sempre»
(Tb 8,21).
La definitività dell’amore introduce un salto di qualità, una novità che prima non c’era e che
immette i coniugi in un nuovo flusso comunicativo. Il “per sempre” è una grazia che da una parte
mette a nudo l’intero della persona, l’una di fronte all’altro, senza più calcoli e residui, con tutti i
limiti e le povertà, dall’altra fa esplodere tutte le risorse nascoste, poiché, a partire dalle nozze, è
interesse di ciascuno dei due partner lavorare a favore del proprio matrimonio. La definitività,
dunque, conduce a scoprire la fedeltà come il sentiero in cui si realizza la libertà. Ma è tutto
“prodotto” umano? Il testo di Tobia pone in scena una coppia che rimane nella relazione e che sa
bene che non è tutto prodotto umano: sa che nel proprio vivere insieme è all’opera l’Amore.
Definitività si associa con unicità. La celebrazione dell’unicità dell’altro è già in atto nelle parole di
Azaria quando fa nascere nel cuore di Tobia la scintilla dell’amore. In un contesto di harem, come è
quello in cui si muove il giudaismo della diaspora orientale, in una mentalità poligamica, questa
celebrazione ha un significato altissimo, di vera alternativa!
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