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coopinforma
numero 113 dicembre 2014
magazine
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Posteitaliane
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aut. DBC centrale /PT Magazine /
aut. 113/2204 valida dal 1/3/2004
Tecnologia sotto l’albero
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LEGACOOP A CONGRESSO
Si costruisce oggi
la cooperazione del futuro
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coopinforma n. 113 / SOMMARIO
Si costruisce oggi la cooperazione Un uomo normale 30
del futuro 4
di Maria Antonietta Schiavina
di Roberto Cavallini
Quando nel Valdarno
Venti anni di commercio equo 8 pascolavano gli elefanti 32
di Dario Guidi
di Donata Brugioni
Identità cooperativa 12
di Aldo Bassoni
Tecnologia,
al servizio di chi? 13
Dieci anni di collaborazione
nel nome della solidarietà
e legalità 35
di Irene Mangani
di Mario Tozzi
Le truffe del WEB 14
Fare impresa,
ma cooperativa
di Claudio Strano
di Roberto Cavallini
Lo smartphone
si prenota il Natale 18
Cambio di passo 38
di Claudio Strano
di Ersilia Troiano
di Sauro Romagnani
Integratori:
l’offerta si allarga 22
Il nostro impegno:
mille prodotti
a prezzi ribassati 42
di Ersilia Troiano
24
di Roberto Minniti
Unione amiatina,
Bisenzio Ombrone,
Montagna Pistoiese,
Cerreto Guidi,
Bucine,
Diacceto,
di Roberto Cavallini
Le donne e i giovani,
la nostra forza 44
Le allergie
e intolleranze 26
Riservato ai soci
delle Cooperative
di Consumatori
di Roberto Cavallini
DALLE COOP
I nostri formaggi e le farine 40
Il pasto fuori casa 4
Desiderio espresso
36
di Roberto Cavallini
Greve in Chianti,
Leccio,
Londa,
Mercatale Val di Pesa,
Molin del Piano,
Montespertoli,
Pescia,
Pratolino,
San Pierino,
Anno XIII - N. 113 dicembre 2014
Direttore responsabile / Roberto Cavallini
Grafica / Lorenzo Gualtieri
Editore / C.I.S. Via Fiume, 5 Firenze
Direzione e Redazione / via Fiume, 5 - 50133
Firenze - tel. 055218541 fax 055294188
Seano,
San Polo,
Sieci,
Cavriglia,
Levane,
Stia,
Larciano,
Staggia Senese,
Viaccia.
e-mail [email protected]
Stampa / Nuova Cesat Coop
Chiuso in Tipografia il 27 novembre 2014
Reg. Trib. Firenze N. 4260 - 0,70 euro a copia
www.coopinforma.it
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PRIMO PIANO
Si costruisce oggi
la cooperazione
del futuro
In dicembre il congresso di Legacoop. Il presidente
Mauro Lusetti indica tre obiettivi: aiutare il
paese ad uscire dalle difficoltà, unificazione con
Confcooperative e Agci, puntare sui giovani.
Roberto Cavallini
Legacoop, associazione che rappresenta oltre 15 mila imprese, con quasi 9 milioni di
soci e un fatturato complessivo di 77,9 miliardi di euro, va a congresso. In queste
settimane, a livello provinciale e poi regionale si terranno decine di assemblee che
culmineranno nell’incontro nazionale previsto per il 18
e 19 dicembre prossimo a Roma.
Dei contenuti che saranno al centro di questo percorso
abbiamo parlato con Mauro Lusetti, presidente nazionale
di Legacoop.
Che congresso sarà?
Sarà un congresso vero,
aperto, creativo. Un congresso che guarda lontano,
che guarda al 2020. Abbiamo preso la data che
L’Unione Europea ha indicato come orizzonte per
il proprio piano di sviluppo
e ci siamo messi sulla
stessa lunghezza d’onda:
Cooperazione 2020.
Questa la suggestione e
l’obiettivo di Legacoop per
dare il nostro contributo
del tutto originale al Paese
grazie ad una economia
pulita, sostenibile, solidale.
Le innegabili e ormai riconosciute difficoltà del cosiddetto sviluppo turbocapitalistico, dimostrano
(se ci fossero ancora dei
dubbi) che c’è bisogno di
un diverso modello di sviluppo. Senza temere di essere autoreferenziali, pos-
siamo dire che c’è bisogno
di più cooperazione. E noi,
anche con il nostro congresso, vogliamo mettere a
disposizione questo straordinario strumento che è
la cooperazione.
Senza sconti per nessuno,
perché dobbiamo guardare
a noi stessi con grande trasparenza per capire i limiti
e l’attuale momento di difficoltà e, nello stesso tempo,
dobbiamo lanciare le nostre
parole d’ordine.
E quali sono queste
parole d’ordine?
Sono quelle dell’unificazione
con le altre centrali cooperative nell’Alleanza Cooperative Italiane, dell’intergenerazionalità e della
legalità. Questa prospettiva
che nel manifesto del nostro
39° congresso abbiamo
chiamato “Codice cooperativo – Fare l’impresa del
nuovo millennio” sarà il
perno attorno al quale dovrà
svilupparsi il confronto. Si
tratta di un progetto ambizioso: avviare un nuovo
ciclo espansivo della cooperazione come contributo
alla ripresa del Paese. Ciò
richiede di fare apertamente
i conti con i nostri limiti e
le nostre potenzialità e di
andare oltre, senza velleitarismi, all’esperienza storica della cooperazione, che
da strumento difensivo dei
ceti sociali marginali evolve
in un soggetto capace di organizzare e promuovere un
tessuto imprenditoriale e
sociale proiettato nel futuro.
Per farlo possiamo contare
sui nostri punti di forza: i
valori, la dedizione e le competenze professionali dei
soci; la dimensione internazionale della cooperazione; il percorso di unità
nel progetto dell’Alleanza
delle cooperative italiane.
Sono sicuro che sarà un congresso in grado di discutere
su tutti i grandi temi che
abbiamo davanti: dall’analisi
della crisi, ai nostri valori,
dall’identità all’assoluta parità di genere, alle prospettive dell’economia collaborativa, alla valorizzazione
del territorio, al mercato
concorrenziale e aperto, alla
questione meridionale.
Rispetto al
percorso di
costituzione
dell’Alleanza delle
cooperative
italiane, assieme a
Confcooperative ed
Agci, quali sono le
sfide e le difficoltà
da affrontare?
Dar vita ad una associazione
unitaria con Confcooperative e AGCI richiede un pensiero libero da visioni del
passato. Insieme dobbiamo
costruire un nuovo modello
associativo frutto di una
esperienza comune e adeguato alle sfide future.
In questa prospettiva va ri-
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pensata la funzione di corpo
sociale intermedio e di associazione di rappresentanza. La rappresentatività
dei soggetti in campo non
è più legittimata attraverso
la presenza ai tavoli istituzionali.
Sarà la nostra capacità di
servizio alle associate, di
costruire alleanze, di unità,
di autonomia, di visione, a
legittimare la nostra esistenza. Resistere o cambiare
è la scelta che dobbiamo
compiere e la scommessa
di costruire l’Alleanza delle
cooperative italiane indica
la strada dell’unità, dell’autonomia e dell’innovazione
come condizione per realizzarla.
In un mondo che
cambia
velocemente non c’è
bisogno di
rilanciare l’idea di
cooperazione specie
tra le generazioni
più giovani?
Dobbiamo far emergere con
forza la necessità di con-
centrare l’attenzione sul valore della intergenerazionalità, fondamentale per
proiettare nel futuro un
Paese sempre più asfittico.
Porre al centro l’intergenerazionalità vuol dire costruire modalità di trasmissione dei valori e del patrimonio cooperativo alle generazioni successive, costruire percorsi di ricambio
delle classi dirigenti.
Sta nella natura cooperativa
agire sulla capacità di rispondere ai bisogni delle
persone che le danno vita
e di quelle che le daranno
continuità, essendo strutturalmente aperta a quanti
esprimano analoghi bisogni
e a chi verrà poi. Non è l’accumulazione a distinguere
le cooperative dalle imprese
di capitali, quanto il limite
sostanziale alla appropriazione privata della ricchezza
prodotta, che introduce nel
mercato elementi innovativi
di pluralismo e democraticità
e determina, sul piano sociale, la modalità specifica
di rapporto tra cooperativa
e comunità.
Per mantenere alto il profilo
dell’intergenerazionalità è
ineludibile l’innovazione,
innanzitutto nell’allargamento del mutualismo, attraverso la promozione di
cooperazione in settori
nuovi così come nei comparti e nelle attività più consolidate, e nello sviluppo di
sinergie tra cooperative.
Quali altre priorità
nel dibattito che
Legacoop dovrà
affrontare?
I temi sono tanti, ma sicuramente dovremo parlare e
agire sul tema dell’economia
pulita e della legalità. Negli
ultimi tempi è peggiorata la
trasparenza dei mercati e
la qualità etica degli attori.
In tali comparti, dove evidenti sono fenomeni di infiltrazione e di degrado comportamentale, politiche di
salvaguardia sono altrettanto importanti di quelle
di liberalizzazione.
Abbiamo più volte detto che
il contrasto alle false coo-
Le cifre di Legacoop
8,9
493.00
77,9
15.000
milioni di soci
di occupati
miliardi di fatturato
imprese associate
Tra 2007 e 2012 l'occupazione nell'insieme del mondo cooperativo è cresciuta dell'8%
perative, deve costituire un
chiaro ed esplicito obiettivo
per una azione che veda le
imprese sane del Paese a
fianco del Governo e delle
istituzioni.
Siamo sicuri che in un mer-
cato pulito e plurale abbiamo
più possibilità di crescere e
di svilupparci, creando occasioni per l’autoimprenditorialità che costituisce oggi
una delle porte principali
per i giovani che vogliono
avere accesso al mondo del
lavoro. Sono sicuro che in
tanti vorranno portare il loro
contributo alla nostra discussione che ci farà uscire
più forti e più convinti del
nostro lavoro.
Al via una nuova alleanza internazionale.
Accordo tra Coop, E. Leclerc, Delhaize
Nuova alleanza internazionale per Coop che entra nella centrale cooperativa europea di Coopernic,
unendosi al gruppo francese E. Leclerc e al gruppo belga Delhaize. “Si tratta di un accordo
strategico paritario e di natura cooperativa che si focalizza sui temi dell’innovazione commerciale
a vantaggio dei consumatori dei rispettivi Paesi – spiega il presidente di Coop Italia, Marco Pedroni
– Per Coop si chiude così una fase iniziata nel 2005 che metteva al centro le alleanze nazionali e
si apre una nuova fase di respiro internazionale, maggiormente adatta a sostenere le imprese
cooperative in mercati di alta e globale competizione”. Gli effetti dell’accordo tra Coop, E.Leclerc
e Delhaize decorrono da gennaio 2015. I tre gruppi hanno deciso di mettere in comune le proprie
competenze su tre aree principali che sono l’ottimizzazione delle condizioni commerciali con i
fornitori internazionali; il miglioramento delle performance nella produzione delle Marche del Distributore; la ricerca di sinergie per migliorare l’offerta di prodotti ai consumatori. Questo accordo
internazionale coincide con la chiusura di ogni attività di Centrale Italiana, la centrale d’acquisto
che vedeva Coop operare insieme a Despar e Sigma.
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SOCIALITÀ/ECONOMIA
Venti anni
di commercio equo
In costante crescita l’acquisto dei prodotti del commercio
equo, ma rispetto ad altri paesi si può fare molto di più.
di Dario Guidi
Si chiama commercio equo e solidale ed è quella cosa che consente di garantire ai
contadini ed ai produttori di paesi lontani e spesso lasciati ai margini dai processi commerciali globalizzati, di vedersi riconosciuto un prezzo giusto per il loro lavoro, di
sostenere le comunità locali, promuovendo insieme ad un lavoro dignitoso, diritti,
istruzione e rispetto dell’ambiente.
In Italia, nello scorso mese di ottobre, il commercio equo certificato,ha compiuto 20
anni di vita, raccontati dal marchio e dall’attività di Fairtrade. Parliamo di una di quelle
attività che, nonostante la crisi economica che ormai da
diversi anni colpisce le famiglie italiane, continua a crescere
come volumi e fatturato. In Italia, nel 2013, Faitrade ha
registrato vendite per 76,3 milioni di euro, con un più
16,7% sul 2012. Dal 2007 ad oggi il fatturato è sostanzialmente raddoppiato.
I prodotti certificati
Per il mercato italiano sono più di 600: la parte del leone
la fanno banane (24 milioni di euro), i prodotti a base di
cacao (quasi 10 milioni di euro), il caffè (7 milioni) ma
con il contorno di tante altre cose, dal tè (4 milioni di
euro) ai fiori (3,9 milioni), dalla frutta secca al miele,
dallo zucchero al riso ad altri tipi di frutta. Quello di
Fairtrade è un successo importante che conferma come,
anche in questi anni difficili, siano in atto mutamenti
nella consapevolezza dei consumatori italiani, che
comunque decidono di acquistare prodotti che propongono
un contenuto etico importante.
E si tratta di una realtà che i soci e clienti Coop conoscono
molto bene, dato che Coop ha, da diversi anni, una sua
linea di prodotti Solidal tutta certificata Fairtrade. “Arriviamo a tagliare il traguardo dei 20 anni di attività –
spiega il direttore di Fairtrade Italia, Paolo Pastore – con
risultati davvero positivi che confermano come crescano
i cittadini attenti a ciò che consumano e che, nei prodotti
col nostro marchio, vedono un giusto mix tra qualità,
valori etici, rispetto dei diritti e prezzo. Dunque è una
pluralità di fattori che ci consente di avere i risultati di
cui stiamo parlando, partendo dal fatto che la qualità
e la bontà sono fondamentali. In più va ricordato che
il 53% di ciò che vendiamo
viene da coltivazioni biologiche, cosa che costituisce
un altro punto di forza
sempre più apprezzato”.
Un prodotto,
una storia
Certo il prodotto che viene
dal commercio equo costa
un po’ di più di quello delle
filiere tradizionali (mediamente un 10- 15%), ma i
suoi contenuti valgono ampiamente questa differenza.
“Quando si compra un prodotto col nostro marchio si
compra anche una storia. È
la storia di persone e comunità che hanno lavorato e
coltivato la terra, che hanno
realizzato così una possibilità di emancipazione e di
riconoscimento dei propri
diritti. Questo grazie anche
a chi questi prodotti li acquista. E far conoscere
queste storie è una parte
sempre più importante del
lavoro legato al commercio
equo”. Del resto anche chi
segue questa rivista ne do-
La storia di Fairtrade nel mondo
L’avventura di Fairtrade nel mondo comincia nel 1988 in Olanda quando, con il marchio Max
Havelaar, l’agenzia di Sviluppo “Solidaridad” comincia a commerciare prodotti sulla base di
regole nuove, che partono proprio dal riconoscimento dei diritti di chi questi prodotti coltiva. Nel
corso degli anni l’esperienza si allarga da altri paesi (Lussemburgo nel 1992, Austria nel 1993,
Danimarca nel 1994, Stati Uniti e Canada nel 1996). In Italia si parte appunto nel 1994, con quella
che allora è la Fondazione Transfair Italia. Col 2002 arriva in tutto il mondo il marchio ci
certificazione Fairtrade, lo stesso che ancor oggi troviamo su tutti i prodotti.
In Italia parte dal 2004 l’esperienza di “Io faccio la spesa giusta” che ancor oggi, nel mese di
ottobre, vede iniziative e promozioni dedicate al commercio equo. Il fatturato dell’attività di
Fairtrade Italia passa dai 20 milioni di euro del 2003 ai 76,3 milioni del 2013. A livello mondiale
l’attività di Fairtrade, che è il marchio etico più riconosciuto al mondo, riguarda 30 mila prodotti
certificati con un fatturato di 5,5 miliardi di euro. Gli agricoltori coinvolti sono 1 milione e 400
mila in 74 paesi, mentre le vendite avvengono in 125 nazioni diverse. Nel 2013 le vendite hanno
registrato un più 15%.
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vrebbe sapere qualcosa,
visto che più volte ci è capitato di parlare della vita
di chi coltiva quello che poi
diventa il Tè Solidal Coop
o il cotone che finisce nella
borsa riutilizzabile per fare
la spesa o ancora le banane,
i succhi di frutta e il caffè.
Storie che spaziano tra Asia,
Sud America, Africa e addirittura Oceania (sono 31
in tutto i paesi con cui opera
Fairtrade).
Storie lontane migliaia di
chilometri, ma anche simili
nei problemi, nella fatica.
Ma anche e soprattutto simili
nei risultati positivi che
questi anni ci hanno consegnato, a certificare il senso
di questa attività che ha consentito a centinaia di migliaia di persone di migliorare le proprie condizioni di
vita.
Non solo caffè
Come già accennato la parte
del leone nel commercio
Fairtrade la fanno i prodotti,
cosiddetti ex coloniali, come
caffè, tè, banane e ananas,
cacao, zucchero, frutta secca,
cotone e spezie, proprio
perché tipici di quello che
era il commercio tra le colonie e i paesi europei. Ma
nel corso degli anni, si è cercato di allargare la gamma
come dimostra l’arrivo dei
palloni da calcio a marchio
etico (che hanno consentito
di combattere una delle più
odiose forme di sfruttamento
verso i bambini in diversi
paesi asiatici) o le rose che
vengono coltivate in Kenia.
I prodotti Fairtrade finiscono
in 5.000 punti vendita italiani (di cui più di 1.000
sono Coop).
Uno sguardo
al futuro
Se negli ultimi anni la crescita di Fairtrade è stata forte
Solidal Coop, storia di un successo
La linea di prodotti a marchio che ha più di 40 referenze “Prodotti
di qualità per un'economia più sana”
Se Fairtrade Italia compie vent’anni, l’impegno Coop sul fronte del commercio equo risale quasi
alla stessa data, nel senso che il primo prodotto equosolidale a marchio Coop, era caffè, il caffè
“per la solidarietà”, arrivò nel 1995. Coop è stata la prima catena della grande distribuzione a
muoversi e ad avviare un percorso su questa strada. A quel primo passo é infatti seguito un lungo
cammino: ricordiamo i primi tè, il pallone da calcio “senza sfruttamento”; poi altre referenze sino
al 2002 con la nascita di una linea di prodotti Solidal Coop quasi tutta certificata Fairtrade. Si va
al 2005 quando arrivarono i prodotti tessili in cotone (polo, camicie, pantaloni), quindi nel 2007
le rose dal Kenya e nel 2013 la scelta di convertire tutto il tè a marchio Coop nella linea Solidal.
Tappe importanti, dato che la linea Solidal Coop oggi conta più di 40 referenze ed ha un fatturato
di 29 milioni di euro (sui 76 complessivi di Fairtrade) con una costante crescita nel corso degli
anni, anche se ovviamente esistono ancora ampi margini per ulteriori progressi.
“La crescita della linea Solidal e il rapporto con Fairtrade – spiega il responsabile di questo settore
per Coop Italia, Vladimiro Adelmi – sono frutto di un impegno, costruito negli anni, con scelte
che hanno incontrato il favore dei consumatori. Sostenere il commercio equo, per noi che siamo
cooperative, è una scelta coerente e naturale. Ed è importante che si comprenda sempre più, anche
di fronte alla crisi di questi anni, che favorire un commercio trasparente, fondato sul rispetto delle
regole e dei diritti è importante non solo per i produttori che vivono nei paesi più poveri, ma lo
è anche per noi, perché stimola un’economia di mercato più sana, che crea un legame tra chi
produce e chi acquista, centrata sulla fiducia e la creazione di valore per tutti e non sul solo profitto
per pochi.”
e costante, cosa aspettarsi
per il prossimo futuro? “Le
chiavi del nostro lavoro sono
tre – spiega ancora Paolo
Pastore -.
La prima resta quella di
un’ulteriore crescita della
consapevolezza tra i consumatori, che li porti a privilegiare il contenuto etico
e qualitativo dei nostri prodotti. Poi c’è un secondo
aspetto che è legato alla rete
commerciale. Oggi la nostra
presenza è concentrata nel
centro nord dell’Italia, dove
il pubblico è bene o male
già abituato a trovarci. Invece nel sud siamo ancora
poco presenti e dunque dobbiamo lavorare, e siamo già
impegnati in questo senso,
per costruire intese con gli
operatori commerciali di
questi territori e far arrivare
ai consumatori i nostri prodotti. Il terzo tassello per
aumentare i volumi del commercio equo è invece legato
al considerare ciò che importiamo non solo come prodotto finito, ma anche come
possibile base o ingrediente
per fare altri prodotti. Faccio
alcuni esempi. Un produttore di biscotti o di cereali,
come già successo in altri
paesi europei, può decidere
che tutto il cacao o lo zucchero utilizzato nelle sue
linee di produzione sia Fairtrade. Un approccio di
questo tipo ci consentirebbe
di aumentare notevolmente
le quantità e quindi di sviluppare le possibilità di lavoro nei paesi d’origine.
Spero che anche in Italia, a
cominciare da Coop, possano nascere a breve progetti in questo senso”.
Solidale
italiano
Un ulteriore fronte di evoluzione nell’attività di Fairtrade è legata a prodotti italiani, proprio perché, come
le cronache raccontano
spesso, specie in alcuni settori come l’agricoltura, lo
sfruttamento e il non rispetto
dei diritti sono pratiche tutt’altro che isolate che incidono su prodotti che finiscono sulle nostre tavole.
“Stiamo facendo uno studio
approfondito su questo
tema, per definire possibili
protocolli e regole, con anche
alcune sperimentazioni –
aggiunge Pastore -. Se tutto
va bene nel 2015 potremmo
approdare ai primi prodotti
certificati nati sul nostro
suolo”. Dunque le cose da
fare non mancano. E i consumatori italiani, proprio
nello scorso ottobre hanno
avuto modo di incontrare e
conoscere le attività di Fairtrade, Noi italiani, anche se
siamo migliorati negli ultimi
anni, di strada da fare ne
abbiamo ancora tanta. I 76
milioni di fatturato 2013
per prodotti Fairtrade, sono
infatti ben poca cosa confronto ai 311 milioni della
piccola Svizzera (che con
40 euro annui ha il consumo
procapite di prodotti del
commercio equo più alto di
tutti), ai 345 milioni della
Francia, ai 533 milioni della
Germania. Per non parlare
dei 1904 milioni di euro
della Gran Bretagna. Tutto
un altro mondo.
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L’opinione di ...Aldo Bassoni
L’opinione di ...Mario Tozzi
Identità
cooperativa
Tecnologia,
al servizio di chi?
Sin da quando è nata in un oscuro quartiere di Rochdale, in Inghilterra, la prima cooperativa
Lo sospettavamo: la via tecnologica alla risoluzione dei problemi dell'umanità è solo un
si è trovata di fronte un problema che l’avvento della modernità non ha fatto che amplificare.
escamotage per non effettuare dei seri ripensamenti sul nostro modo di vivere e sulle nostre
Da una parte bisognava (e bisogna) agire imprenditorialmente all’interno delle logiche illogiche
abitudini mentali. Ne abbiamo continue conferme anche nella vita quotidiana, come ci ricordano
del mercato per attenuarne le ricadute negative sulla società e sui ceti più deboli, dall’altra erano
anche alcune lettere che ricevo dai lettori di "Consumatori". Prendiamo il caso degli elettrodomestici
(e sono) moralmente e politicamente tenute ad assumere, nei fatti, un atteggiamento critico
e dell'uso finale dell'energia, che dovrebbe essere ormai rivolto verso consumi sempre minori
verso un sistema che, per sua natura, crea più problemi di quanti ne risolva. Accettare supinamente
e efficienze sempre maggiori.
il mondo così com’è non rientra nelle caratteristiche funzionali della cooperazione.
Questo, alla fine, dovrebbe tradursi in una minore quantità di emissioni inquinanti e,
Questo principio vale soprattutto nei momenti di crisi quando diventano più forti le spinte al-
tendenzialmente, in un guadagno anche in termini economici per le tasche dei clienti. In realtà,
l’omologazione nei confronti di un modo di fare impresa scomodo per quell’ideologia mercatista,
non sembra che le cose vadano esattamente così. L'esempio dei lettori è calzante: se acquisto
oggi dominante su tutto il giro d’orizzonte, che mal sopporta parole come partecipazione, re-
un elettrodomestico di classe A, per ogni stella di incremento, registriamo un aumento di prezzo
sponsabilità sociale, attenzione all’ambiente, legami con il territorio, diritti dei consumatori.
di un paio di centinaia di euro (se parliamo, per esempio, di un frigorifero; ma il meccanismo
Non a caso le correnti di pensiero oggi prevalenti si rifanno al cosiddetto nuovo realismo, cioè
è lo stesso pure per lavatrice e addirittura per la tv). Mentre quello che si riesce a recuperare
a quelle dottrine che affermano l’inemendabilità dell’esistente, e ci ricordano che questo, pur
attraverso il minor consumo energetico è di circa un 10% di quella spesa in più all'anno. Però
non essendo il migliore dei mondi possibili, è il solo possibile. “Non c’è alternativa”, recita il
un frigorifero moderno non dura certo quanto durava uno "vecchio": possiamo arrivare a
mantra che ci propinano ogni giorno i teologi del mercato e i tecnocrati di Bruxelles. E come
prevedere una decina di anni, al massimo, contro oltre 20. Come a dire, che, per prima cosa,
potrebbe essere altrimenti? È naturale che, nell’unico mondo possibile, debbano prevalere le
rimane il dubbio che sia possibile recuperare quell'incremento di prezzo. E, last but not least,
ferree leggi computazionali della finanza, dello spread, della spending review, del pareggio di
la certezza che ci voglia più energia per costruire, e smaltire a fine vita, due o tre elettrodomestici
bilancio, con annesse diseguaglianze sociali, povertà e, se ci guardiamo intorno, con lo spirare
al posto di uno.
qua e là di gelidi venti di guerra. Il discorso si potrebbe allargare, senza cambiare una virgola,
Dubbi seri: l'efficientamento energetico risponde a una giusta esigenza di consumare meno
al piano politico dove, malgrado le apparenze, non sempre sono i governi a fare le scelte
energia e inquinare meno, o siamo sempre di fronte alle logiche meramente commerciali che
economiche ma è la finanza dominata dai banchieri apolidi a dettare l’agenda alle cancellerie
si traducono in un maggiore guadagno solo per le aziende? Un po' la stessa cosa è accaduta
di mezzo mondo, qualunque sia il loro colore. Ecco allora che viene presentata come “dolorosa
per le autovetture: tutto quanto si è risparmiato in consumi per
necessità” l’attacco a conquiste sociali ed economiche che sembravano consolidate (vedi
l'autotrazione in senso stretto si è tramutato in potenza utilizzabile
pensioni, flessibilità e precarietà del lavoro, continui tagli al welfare ecc.). Bersaglio di questa
per accessori ormai diventati indispensabili: climatizzatore,
aggressione sono, appunto, anche quei soggetti che non si uniformano al modello dominante
trazione integrale, fari alogeni eccetera. Consumiamo meno
dell’impresa di capitali, ma continuano ad operare come se il profitto fosse un mezzo e non il
carburante per chilometro, ma sprechiamo più energia che in
fine e l’uomo, non la merce, fosse al centro di tutto. E così, anche l’impresa cooperativa, in
passato.
quanto ultracentenaria conquista del mondo del lavoro, si trova obiettivamente al centro di una
È la cosiddetta via tecnologica allo sviluppo sostenibile: che
tempesta che, oltre ad imporre necessari cambiamenti per stare sul mercato, mette a dura prova
importa se le risorse mostrano i limiti fisici del pianeta, tanto
il suo patrimonio genetico. Non è la prima volta che accade. E allora occorre chiedersi quali
c'è la tecnologia che ci salverà. Ma come faremo a fabbricare
sono le ragioni che hanno permesso (e permettono) alle cooperative di reggere il peso della
oggetti e meccanismi tecnologicamente avanzati, una volta che
crisi economica senza smarrirsi e senza rinunciare ai suoi tratti distintivi, anzi, semmai
saranno esauriti i materiali? Voglio dire, il rame per condurre
potenziandoli. Ebbene queste ragioni non sono solo ragioni economiche. Certo, per una
l'elettricità si esaurirà presto e potremmo magari trovare un
cooperativa come la nostra, al primo posto c’è la tutela del potere d’acquisto, della salute e del
altro metallo. Che, però, alla fine, si esaurirà anch'esso e così
risparmio dei soci. Ma non basta. Ci sono altri fattori che si sottraggono ai criteri di misurazione
via. E l'obsolescenza pianificata è lo strumento principe per
convenzionali. Sono ragioni profonde che hanno a che fare con i bisogni di vicinanza, di tutela
alimentare una spirale di consumi senza fine. Quando si progetta
e di sicurezza, d’accesso alla conoscenza e all’informazione, di comunità coesa e solidale che
e costruisce un apparecchio o un oggetto, l'ultima cosa cui si
si concretizzano in tante iniziative nei territori e in un presidio permanente di legalità. In
pensa è che debba durare, anzi: si ipotizza che sia condannato
definitiva le cooperative resistono proprio perché non sono soltanto aziende. Ed è per questo
inevitabilmente a essere sostituito in pochissimo tempo. Ma
che, pur nelle difficoltà del momento, rifuggono dal prendere congedo da ciò che le rende non
questo è il problema della tecnologia attuale, esclusivamente
omologabili a qualunque altro tipo d’impresa, restando fedeli a se stesse, punto di riferimento
al servizio del mercato e non del benessere e del miglioramento
imprescindibile per il presente, esempio e risorsa spendibile per un futuro migliore.
delle condizioni di vita degli umani.
direttore Nuovo consumo
primo ricercatore Cnr – Igag e conduttore televisivo
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Le truffe del WEB
Le frodi via Internet si moltiplicano al ritmo del 20% annuo.
Oltre la metà degli italiani è finita sotto attacco informatico.
Come evitare i pericoli e godersi il piacere della navigazione
di Claudio Strano
Livello di allerta basso, medio, alto. Il linguaggio usato dalla Polizia postale e delle
comunicazioni sul suo sito ricorda quello della protezione civile. Il sito (www.commissariatodips.it) avvisa gli internauti sui pericoli della navigazione, distruttivi come tornado
se non li si conosce e ci si ripara per tempo. Per molti versi, la protezione dei cittadini dalle
calamità "innaturali" che circolano per Internet (virus, trojan, phishing, pharming) ha
oggi un significato analogo alla prevenzione di fenomeni atmosferici estremi. Colpiscono
entrambi su larga scala - sono arrivati a 3 miliardi gli internauti sul pianeta - creando un
allarme diffuso: circa il 56% degli italiani è finito sotto attacco informatico nell'ultimo
anno (dati Symantec). "Solo per le truffe online, nei primi nove mesi di quest'anno l'aumento
è stato del 20%" - snocciola i suoi dati Alessandra Belardini, direttore del Commissariato
di P.S. online della Polizia postale, che però invita a non drammatizzare - considerato il
numero crescente di italiani connessi, il dato del 20% è da considerarsi pressoché fisiologico".
I crimini informatici
Utilizzare quello straordinario strumento che è Internet è un piacere per tutti ma anche
per gli hacker che vi fiutano l'affare. È stato calcolato che il crimine informatico danneggia
il sistema Italia per 20-40 miliardi annui (dati agendadigitale) mandando in fumo, a livello
globale, circa 445 miliardi di dollari all'anno. I paesi più ricchi certifica il Csis (Center for
Strategic and International Studies) arrivano a perdere mediamente fino allo 0,9% del
Pil con riflessi negativi sull'economia e sulla competitività a vari livelli. Sono le aziende
le più colpite; nessuna è al riparo dagli hacker, con costi soprattutto di pulizia e di recupero
delle informazioni perse. "È come se la criminalità informatica costituisse 'una tassa sull'innovazione''', fa notare Jim Lewis, direttore del Csis. Per capire le proporzioni del
danno sul quale, però, va aggiunto, fiorisce un'economia parallela e fondano le proprie
fortune i centri di assistenza ai computer, solo in Italia, a fronte di perdite per 875 milioni
di dollari, i costi di ''pulizia'' sono pari a circa 8 miliardi e
mezzo di dollari!
Attaccati dal pc
Facendo un po' d'ordine, andrebbero distinte le truffe vere
e proprie (phishing, nigeriane, ecc.) dai software maligni
(virus, malware, ecc.). Le prime non alterano il computer
ma tendono a raggirare l’utente per ottenere dati sensibili
quali account bancari, password o direttamente versamenti
bancari; i secondi sono veri e propri software che sfruttano
falle o bug del sistema operativo per replicarsi, installarsi
nella memoria di un computer e svolgere il compito per il
quale sono stati programmati. Ad agire, in ambedue i casi,
sono organizzazioni criminali
spesso transfrontaliere dedite
a vari generi di attività illecite.
Solo con il virus chiamato
Zeus (sgominato a giugno
con l'operazione internazionale “GameOver Zeus”), gli
hacker hanno raccolto illecitamente 100 milioni di dollari
a livello planetario. In Italia
erano attivi 160 nodi di Zeus
che hanno infettato circa
10.000 pc. Ma con i dati sottratti, che cosa ci fanno i pirati
della rete? Nell'elenco del
Centro Europeo Consumatori troviamo micro-finanziamenti, acquisti di servizi
su Internet, aperture o incursioni nei conti bancari e relative carte di pagamento,
emissione di assegni contraffatti. I dati possono servire
per richiedere un finanziamento o per acquistare merci
con pagamento rateale. Se la
vittima è un'impresa, anche
per accedere ai pubblici registri e cambiare i nomi dei
titolari d’azienda e i loro indirizzi ottenendo così beni e
servizi senza scucire un euro.
Spie amiche
La tecnica più comune per
perpetrare furti d'identità è
il phishing (storpiatura dall'inglese "pescare") ossia una
e-mail in apparenza ufficiale
proveniente da istituti di credito o società di servizi, che
invita a inserire dati personali
nei link allegati. Come riconoscerlo il phishing? La guida
di Adiconsum sottolinea che
mai banche o istituti richiedono dati del genere per
email, basterebbe questo a
tagliare la testa al toro. Ma
ci sono almeno quattro spie
"amiche" che devono mettere
sul chivalà: se le e-mail non
sono personalizzate e utilizzano toni intimidatori; se
chiedono di inserire le proprie
credenziali in un sito web
(falso) linkato e se infine presentano errori di ortografia
essendo traduzioni zoppicanti
da siti esteri, dell'Est Europa
o dell'Africa soprattutto, in
particolare della Nigeria dove
sono registrati molti dei siti
di cybercrime. Per questo è
invalso il termine "truffa nigeriana" che, come spiega il
direttore del Commissariato
online della Polizia postale,
“oggi è un contenitore dove
sta dentro di tutto, dalle false
lotterie alle eredità improbabili
provenienti da parenti lontani”. Lo scopo è sempre
l'estorsione di denaro. Succede anche nel cosiddetto
pharming, tecnica più occulta
del phishing con la quale si
realizzano pagine-fotocopia:
il risultato è che il cliente è
convinto di trovarsi nel sito
della propria banca ma è solo
uno specchio. Nel vishing,
invece, gli impostori si presentano con telefonate via
Internet (Voip) sempre a
nome delle banche.
Facebook ha sistemi di sicurezza suoi, in grado, dice,
di stanare i malware e aiutare
i servizi segreti a sgominare
le cyber gang. Ma non basta
di certo a fermare chi prima
richiede l'amicizia e poi ricatta
con le foto hard ottenute Gli
Le regole d’oro
per non infettare il computer in linea generale per eliminare il 90%
dei problemi si dovrebbero seguire queste semplici regole suggerite
da chi opera sui computer attaccati dagli hacker
Non usare password banali Non aprire mai link da messaggi di
posta (già questa semplice regola elimina il problema phishing).
Casomai se proprio si ha il dubbio, aprire il browser e digitare manualmente l’indirizzo del sito internet a cui vogliamo accedere
Tenere il sistema e l’antivirus (nel caso si usasse Windows)
sempre aggiornato
Leggere molto bene le finestre che vengono proposte durante
l’installazione di software vario nel computer o durante la navigazione
(molti software installano dietro di sé molta “spazzatura”).
Se possibile, usare su Windows una suite completa che includa
un modulo di “Internet security”, che controlla anche le pagine che
visitate e i link che aprite
Fare attenzione alle piattaforme di file sarin (ad esempio eMule),
siti porno e software contraffatti o “crakkati”, grande fonte di problemi;
Un po’ di fortuna, infine, che quella non guasta mai...
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hacker hanno dimostrato di
saper violare anche il cloud
(nuvola informatica), cioè lo
spazio fornito dai provider
per archiviare i propri dati,
rubando le foto di un centinaio di dive di Hollywood.
La casistica dunque è molto
ampia e non lascia stare nemmeno i santi, con offerte di
attestati papali o dell'acqua
di Lourdes fino alla più stretta
attualità. Tra gli ultimi attacchi
di questo tipo, le false email
di tipo "fiscale" che hanno per
mittente l'Agenzia delle Entrate e invitano ad aprire l'allegato “Linee Guida” al fine
di evitare i controlli legati al
redditometro. "Tutti oggi con
la rete possiamo sapere di
tutto – commenta Belardini
– e anche il criminale sta al
passo. Dovremmo farlo anche
noi, tenendoci sempre informati e aggiornati. Come? Collegandoci ad esempio una
volta almeno ogni dieci giorni
al sito della Polizia postale
dove mettiamo gli alert sulle
principali minacce". A parte
poche eccezioni – sostengono
gli informatici – il ruolo dell’utente è determinante per
il successo dell’attacco o della
truffa.
Corriamo
ai ripari
Registrandoci sul portale
www. commissariatodips.it
possiamo mandare segnalazioni e ricevere risposte 24
ore su 24. Dobbiamo sempre
ricordare che uno dei criteri
chiave per sincerarsi che
siamo su un sito sicuro resta
quello di guardare che vi sia,
sulla barra in alto dello
schermo, il lucchettino sim-
bolo di criptazione nelle transazioni. Ci sono però vari codici di crittografia Ssl, e quest'estate un phishing pericolosissimo, quello dei carburanti, concepito ai danni dei
clienti dell'Agip, è riuscito ad
aggirare l'ostacolo. È andata
così. I pirati informatici hanno
succhiato denaro fingendo
una promozione a prezzi
stracciati: 50 o 100 litri di
greggio a un euro al litro (l'eccessivo sconto avrebbe già
dovuto insospettire). Oltre a
registrare due appositi domìni
(agipbenzina. com ed enishopping.com) facilmente
equivocabili come legittimi,
hanno acquistato un certificato Ssl che di solito, come
detto, è garanzia di sicurezza.
Il sito enishopping. com appariva così ai browser come
sicuro, con tanto di lucchettino, ma non lo era.
La morale è sempre la stessa:
informarsi imparando dalle
esperienze degli altri e da
quelle di un bravo "disinfestatore" di computer (leggi
in queste stesse pagine) e
aggiornarsi di continuo. Come
se chi naviga su Internet
fosse, a sua volta, un antivirus!
Antivirus e antispyware
Come scegliere lo scudo più appropriato
L’antivirus è come un abito confezionato. La taglia come minimo
deve calzare nel senso che deve adattarsi al computer e saperlo difendere dalle principali minacce. Ciò dipende dalla capacità della
macchina di installare il programma e di farlo girare, ma anche e
soprattutto dai siti frequentati, dai download che si è soliti fare,
ecc.
Molti produttori di antivirus forniscono dei pacchetti di protezione
completi, chiamati “internet security”, che comprendono vari
moduli tra cui antispyware, antivirus, protezione delle email, della
navigazione Internet, dei sistemi p2p, delle chat e firewall più
robusti. Di molti sistemi di protezione è disponibile anche la versione
gratuita, che però non offre la completezza delle versioni a pagamento
(generalmente hanno attivo solo il modulo antivirus), ma può
essere utile per provare il prodotto per un periodo e verificarne la
validità e l'integrazione con il sistema operativo, visto che l'antivirus
incide pesantemente nell'esperienza d’uso di un pc. Tra i migliori
antivirus gratuiti ricordiamo Avast e Avg free. Nelle versioni più
recenti, i vari software antivirus sono stati
implementati con algoritmi di scansione “intelligente” in base alle
operazioni che si stanno compiendo, così da non rallentare il
computer. Prima dell'acquisto di un “internet security” (dai 50 ai
100 euro all’anno da preventivare) è utile a scanso di sorprese sperimentare la versione di prova sul pc.Antivirus: è un software che
protegge il pc dalle infezioni autoreplicantesi di virus o worm.
Queste sono le minacce più pericolose, in quando possono creare
danni anche irreparabili ai dati e al sistema operativo.
Antispyware: un software specializzato nell'individuare e rimuovere
gli spyware, cioè software maligni che “spiano” il comportamento
dell’utente violando la sua privacy o inviano pubblicità non richieste
durante la navigazione. Hanno comunque bisogno dell’azione dell’utente per insediarsi nel pc.
Per saperne di piu:
www.commissariatodips.it
www.truffeonline.net
www.occhioallatruffa.net
Diario di un “disinfestatore”
di computer
L'esperienza e i consigli pratici di uno dei tanti tecnici che si occupano del ripristino
della sicurezza nei nostri pc
I maggiori problemi che mi capitano – racconta Sebastiano Carta, tecnico esperto in interventi
di ripristino nonché sviluppatore di software – sono derivati dal phishing o dalla installazione
di software di dubbia provenienza che fanno poi da ponte al proliferare di malware, virus e
trojan. Gli stessi router wi-fi non sono del tutto esenti da pericoli come dimostra il malware
della Polizia di Stato (o della Finanza o di altre forze dell'ordine sotto cui si traveste) che si
diffonde a più dispositivi della casa, chiedendo denaro sotto minaccia di azioni giudiziarie (del
tutto irreali, tra l'altro, poiché nessun reato viene perseguito in questo modo).
Router da aggiornare. Il problema può insorgere, in questo caso che è comune a tante persone,
se il router non ha impostata una password di sicurezza personalizzata per le pagine di
configurazione (molti utenti lasciano la password del fabbricante). Alcuni virus, dopo aver
infettato il pc, riescono, usando la password standard, a modificare la configurazione del router,
magari cambiandone i Dns (nomi di dominio) di riferimento e quindi allargando il problema
della sicurezza a tutte le macchine della rete. Ovviamente, essendo il router un piccolo computer
con un proprio sistema operativo, può anche avere dei bug sfruttabili per l’accesso alle pagine
di configurazione. Quindi, in qualche caso, anche usando la precauzione di modificare la
password, non si è completamente immuni da eventuali problemi. Anche per questo le case
produttrici rilasciano periodicamente aggiornamenti del firmware del router che correggono
falle di sicurezza o migliorano le prestazioni dell’apparecchio. Il consiglio è di cambiare la
password a un router appena acquistato e magari di abilitare l’accesso nelle pagine di configurazione
a macchine che sono connesse alla rete locale cablata (generalmente
i router hanno questa opzione). Quindi scegliere una password
sufficientemente complessa, con maiuscole e numeri. Molto importante è verificare che la connessione wi-fi del router non sia
in chiaro, ma protetta in Wpa2 con password (il Wep
è un protocollo non sicuro e non andrebbe usato) in
modo che nessun computer non autorizzato possa
accedere furtivamente alla nostra rete.
Mac & "fai da te". Il sistema operativo Osx di Macintosh è un sistema unix-like (come Linux) e le minacce per questo tipo di sistemi sono diverse da quelle
per Windows e numericamente inferiori: per infettare
il computer nella maggior parte dei casi bisogna possedere l’accesso utente alla macchina. Sotto questo
profilo Mac continua ad essere molto più sicuro. Tanti
privati cittadini poi si chiedono quanto può costare
mediamente un intervento e fino a che punto ci si
può invece arrangiare da soli. Ebbene, la casistica
qui è molto varia, dipende dall’entità e dalla pericolosità
dell’infezione. Mediamente tuttavia per un intervento si può preventivare dai 50 agli 80 euro l'ora. I malware sono facilmente rimovibili con tool appositi e con piccoli interventi nel registro, i
virus invece sono più pericolosi e alcune volte la loro rimozione
danneggia il sistema. In questo caso è più conveniente formattare
completamente il pc e riportarlo allo stato originale, piuttosto che
perdere ore a cercare di riparare il danno. Se si vuole ricorrere al
“fai da te”, l’opzione formattazione è una delle migliori (se
l'infezione è importante), piuttosto che perdersi tra comandi a
terminale, voci di registro, trapianti di Dll, ecc. Certo, comporta
la reimpostazione del pc con relativi driver, programmi e dati, ma
si è sicuri di avere eliminato il problema.
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Lo smartphone
si prenota il Natale
Il dispositivo mobile più amato dagli italiani sotto l'albero. Come
sceglierlo senza rimanere delusi? Tendenze di mercato e standard
attuali, dal Quad Core al 4G passando per i tanti pixel della fotocamera
di Claudio Strano
Sono 51 milioni gli italiani che si ritrovano in tasca un cellulare, di questi 31 milioni
possiedono uno smartphone (62%): una incidenza non distante da quella degli Usa e
certamente destinata a raggiungere in poco tempo l’intera popolazione.
Se questo è il trend nostrano – come si legge nel Rapporto Coop 2014 sui consumi (dati
Nielsen Mobile) – non stupisce che il Natale prossimamente riserverà, sotto l'albero, un
posto privilegiato agli smartphone, sempre più apparecchi tuttofare, in grado di spaziare
dalla fruizione multimediale al pagamento digitale. A differenza dei tablet che segnano
il passo (-10%) dopo un periodo di crescita record, il loro mercato ha fatto registrare 12,3
milioni di nuovi acquisti solo nel 2013, anno in cui hanno sorpassato i cellulari base
(feature phone). Ad agosto scorso l'incremento a valore degli smartphone era del 7% , in
Coop più il 15% In compagnia di un telefonino intelligente mediamente trascorriamo due
ore al giorno, spesso non paghi e a caccia dell'ultimo modello, che preferiamo di ampio
polliciaggio con un display tra 4,5 e 5 pollici. Ma sotto le feste natalizie, con l'arrivo (anche
in Coop) dei nuovi iPhone 6 con schermo da 4,7 pollici e iPhone 6 Plus da 6 pollici, sono
possibili cambi di scenario con dimensioni ancora superiori già proprie dei phablet. Il
melafonino ha una modalità specifica per essere utilizzato con una sola mano, più potenza
e una fotocamera migliorata. A spaventare sono solo... i prezzi: il 6 richiede 729 € per il
16 giga e 839 € per il 64 giga, per il 6 plus servono 839 € per il 16 giga e 959 per il 64
giga. Al colosso di Cupertino risponde colpo su colpo Samsung: ed ecco pronti per fine
anno il Galaxy Alpha, che misura 4,7 pollici proprio come l'iPhone 6 più piccolo (prezzo
699 euro), ed è interamente in alluminio, e il Galaxy Note 4, lanciato all'Ifa di Berlino a
settembre, di 5,7 pollici, poco più grande dell'iPhone 6 Plus (769 euro a listino).
Sopra o sotto la soglia
Oltre la soglia dei 200 euro, la partita è sostanzialmente ristretta al duopolio AppleSamsung, con la prima a scardinare il mercato. Sotto i 200 euro, invece, la competizione
è molto più allargata: si va da Lg a Huawei, da Nokia a Sony, da Htc a tanti altri. Anche
gli smartphone di seconda o terza fascia, da Brondi ad Alcatel a Ngm, consentono una
buona navigazione in Internet e la fruizione di tutti i servizi previsti dagli smartphone.
Quel che l'utente non avrà, al di sotto di quel prezzo, tranne le eccezioni dei prodotti
fortemente "smarcati", saranno dimensioni sopra i 5 pollici,
fotocamere oltre gli 8 megapixel (lo standard è ormai sui
13 megapixel, con punte di 20) e processori più potenti di
un quad core, che oggi è il "motore" prevalente che muove
gli smartphone di fascia media e medio-bassa, mentre i
"primi prezzi" montano ancora i dual core e i top di gamma,
dall'altra parte, si spingono fino agli octo core (otto processori
per macchina!).
Molti apparecchi, ormai – partendo dal modello Blade Apex
2 di Zte distribuito da Tim a
99 euro o dal Nokia Lumia
635 a 169 euro o dal Samsung Galaxy Ace 4 a 179
euro – sono abilitati alla connessione 4G (detta anche
Lte) che è notevolmente più
veloce della 3G. L'ostacolo
alla diffusione della rete telefonica veloce va individuato
più che nei dispositivi, sul
cui prezzo incide ormai poco,
nella copertura e nelle tariffazioni proposte dai gestori.
Un altro elemento guida importante nella scelta è la Ram
(Random access memory,
Memoria ad accesso casuale), ovvero la memoria
sulla quale girano contemporaneamente le applicazioni.
Le app vengono scaricate dal
69% dei possessori di smartphone, che ne hanno mediamente 24 installate (anche
se ne usano poi solo 9!),
dunque la Ram lavora molto
e sotto 1 giga è facile impallarsi. Le applicazioni oggi
necessitano di una Ram più
ampia possibile: la troviano
da 512 Mb sui modelli base,
da 1 Gb su quelli medi e ancora superiore sui modelli di
punta.
Sistemi
operativi
Ma alla base di tutte queste
indicazioni di acquisto, per
quanto importanti esse siano,
resta sempre il sistema operativo. È il primo nodo da
sciogliere per chi vuole approcciare un punto vendita.
I telefoni più aggiornati, oggi,
hanno una piattaforma operativa iOS 8, Android 4.4 o
Windows Phone 8.1 che
sono quelle che vanno per la
maggiore. La scelta di una o
dell'altra non è indifferente:
un sistema operativo è in
grado infatti di rendere più
o meno fluida l'esperienza
d'uso.
Un iPhone, ad esempio, "gira"
più velocemente non solo in
rapporto ai giga di memoria
che ha, ma al sistema operativo iOS che monta e che
è ottimizzato per quel particolare utilizzo. Viceversa Android, la piattaforma più diffusa al mondo, di proprietà
del colosso Google, può risultare meno performante a
parità di altri valori essendo
studiata per adattarsi a vari
dispositivi, in mobilità e non.
Chi, infine, opta per un sistema operativo Windows
Phone, al terzo posto come
utilizzo in Italia, pur avendo
una macchina che lavora in
scioltezzadovrà accontentarsi
d i un numero di app che,
seppure in crescita, resta inferiore rispetto ad Apple store
e a Google play.
Le mani sul portafogli
Smartphone sotto i 200 euro - display massimo 5 pollici, fotocamera massimo 8 megapixel,
processori massimo quad core
Smartphone sopra i 200 euro - display fino a dimensioni di un phablet, fotocamera fino a 20
mega, processori multipli
Smartwatch sotto i 150 euro - per il fitness e il tempo libero
Smartwatch sopra i 150 euro - per notifiche e risposta alle chiamate
I prezzi sono indicativi e soggetti alle variazioni di mercato
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Il pasto fuori casa
Sempre più italiani mangiano fuori casa almeno una volta al giorno. Ecco
alcune regole per un menu salutare, cosa mettere nel piatto e in che quantità.
di Ersilia Troiano
Mense aziendali, scolastiche, ospedaliere, ristoranti, tavole calde, bar. Ma anche
rosticcerie, fast food e take away. Sono sempre di più le persone che, per motivi di
studio, lavoro, per esigenze di cura o assistenza, si trovano a dover consumare almeno
un pasto della giornata fuori casa.
Un mondo molto eterogeneo e variegato, in cui c’è un po’ di tutto, per cui è opportuno
tracciare una prima e fondamentale distinzione: la ristorazione commerciale, quella
in cui il cliente paga il servizio che richiede e sceglie dove servirsi, e la ristorazione
comunitaria (ospedaliera, aziendale, scolastica, case di cura ecc.) in cui i servizi sono
gestiti e organizzati da un ente pubblico o privato per tutti gli utenti.
Ed è su questa che esistono ancora numerosi pregiudizi. Dai menu alle quantità, alla
qualità dei prodotti alimentari, nonostante i livelli qualitativi in Italia siano oggi
mediamente molto elevati (e senza dubbio molto di più rispetto a tutti gli altri paesi
europei ed extraeuropei), si continua a pensare l’esatto contrario.
Un esempio per tutti? La scuola. La critica più comune delle famiglie alla ristorazione
scolastica riguarda le quantità servite ai bambini, ritenute
insufficienti, nelle migliori delle ipotesi, o addirittura da
fame.
Le quantità previste dai menu scolastici, differenziate
per età, sono, invece, quelle raccomandate dalle linee
guida in materia e stabilite sulla base dei fabbisogni dei
piccoli. E questo dovrebbe
far riflettere sul fatto che
forse è a casa che mangiano
troppo.
Menu
del giorno
Il nostro sguardo attento e
vigile va rivolto altrove, ad
esempio, alla ristorazione
commerciale. A leggere i risultati delle ricerche scientifiche sembrerebbe, infatti,
che mangiare abitualmente
fuori casa sia un fattore determinante per l’aumento
del peso, anche nei bambini
per i quali si confermano
alquanto pericolosi i famigerati fast food. È dunque
impossibile mangiare fuori
casa in maniera sana? Assolutamente no. Si tratta di
fare scelte consapevoli e accorte, innanzitutto mangiando piatti semplici, meglio non conditi e da condire
al momento. A questo proposito attenzione alle cosiddette insalatone, che di
dietetico hanno solo il
nome. Formaggi, insaccati,
tonno e altri ingredienti
(come le olive, ad esempio)
le rendono troppo ricche
per essere considerate una
sana scelta quotidiana.
È utile sempre consumare
una sola portata principale
(primo o secondo piatto)
accompagnata da un abbondante contorno di verdure cotte o crude. Sì a macedonie non zuccherate o
frutta fresca, no a dessert
o dolci di fine pasto, da riservare a occasioni speciali.
Attenzione al pane, soprattutto se spizzicato prima
ancora di cominciare a mangiare; l’acqua, meglio se del
rubinetto, è la bevanda da
preferire in assoluto.
Quanto basta
Ma non è tutto. Oltre a che
cosa mangiamo, è molto
importante prestare attenzione a quanto mangiamo.
Numerosi studi hanno dimostrato che, nel corso del
tempo, la grandezza delle
porzioni servite nell’ambito
di tutta la ristorazione commerciale è quasi raddoppiata. Abituiamoci dunque
a chiedere una “mezza porzione” che, a quanto pare,
equivale alla vecchia porzione regolare. E per i bambini? Impossibile vietare il
fast food, tra l’attrazione
irresistibile dei regali dell’astuto marketing pubblicitario e l’abitudine sempre
più diffusa di festeggiare il
compleanno in questi locali.
Si può optare per i menu
baby, evitando inutili aggiunte come, ad esempio,
le salse o i dolcetti di vario
genere.
Ma, soprattutto, è importante considerare che un
pasto al fast food (sebbene
di qualità nutrizionale abbastanza discutibile) non
è una merenda ed è dunque
del tutto sbagliato proporre
ai bambini (o, peggio, imporre) di consumare nuovamente pranzo o cena, una
volta rientrati a casa.
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PRODOTTO COOP
Integratori:
l’offerta si allarga
Entro fine anno si va dai 5 prodotti già esistenti a 17. Una proposta
conveniente e di qualità. Accompagnata dalla correttezza nell’uso
di Nome Cognome
È una tendenza che dura ormai da diversi anni e che neppure la crisi economica ha
rallentato, parliamo dell’uso da parte degli italiani (ma la tendenza è uguale in tanti
altri paesi) di integratori alimentari. Bastano poche cifre per capire che si tratta di un
tipo di prodotti che sta vivendo una crescita davvero importante: sette italiani su dieci
ne fanno uso (prevalentemente donne). Nel 2013 il
fatturato è cresciuto del 4,2% arrivando ai 2 miliardi di
euro complessivi. La chiave è l’attenzione alla propria
salute e al benessere, anche se in premessa è importante
chiarire che gli integratori alimentari sono un supporto
alla nutrizione da affiancare ai cibi tradizionali quando
ve ne sia il bisogno.
Non un toccasana
E nemmeno il sostituto di una dieta corretta, varia ed
equilibrata, accoppiata a uno stile di vita sano e regolare,
che rappresentano i soli, veri e insostituibili pilastri della
buona salute. È in questi termini che va inquadrata la
corretta assunzione degli integratori alimentari. Un aiuto,
un supporto magari temporaneo, non la soluzione al problema. Ed è così che la pensa Coop che, nelle settimane
da qui a fine anno, proporrà un consistente ampliamento
della propria gamma di integratori, proprio per venire incontro a una domanda sempre più articolata e per offrire
alle famiglie ed ai consumatori una forte convenienza rispetto ai prezzi che mediamente propone il mercato
(almeno del 20% in meno). Filosofia di base del prodotto
Coop è infatti quella di tutelare il potere d’acquisto delle
famiglie, garantendo qualità e piena sicurezza.
Le novità partono da tre dei cinque prodotti disponibili
già dal 2010 (un multivitaminico-minerale, venduto in
due versioni – da 30 compresse rivestite e da 20 compresse
effervescenti – e un Magnesio-potassio, cioè un integratore
salino, in confezione da 20 bustine di granulato effervescente) che avranno una confezione completamente rinnovata.
Ne arrivano altri dodici
A questi si aggiungeranno poi ben 12 novità. Si parte da
tre prodotti gastrointestinali: fermenti lattici, erbe per il
transito intestinale e carbone
vegetale. Ci saranno poi due
calmanti: un composto di
melatonina e passiflora e
un altro di valeriana. Come
ricostituente ci sarà un complesso multivitaminico a
base di vitamine del gruppo
B, mentre specificamente
pensato per il benessere
della donna ci sarà un integratore a base di isoflavoni
di soia. Per il sistema respiratorio ci saranno compresse
di propoli ed erisimo e infine, per l’apparato circola-
torio, ci saranno perle a base
di Omega 3 e confezioni di
lecitina di soia. Infine, per
il controllo del peso corporeo
ci saranno una soluzione
drenante e una soluzione
depurativa. Tutti questi prodotti saranno presentati nei
punti vendita Coop (sia iper
che super) in appositi espositori e riporteranno sulla
confezione le indicazioni
per un corretto uso.
Ma niente
eccessi
Ricordiamo infatti che sono
da evitare eccessi e nel caso
di assunzioni prolungate o
per squilibri nutrizionali e
deficit gravi, si consiglia di
rivolgersi al proprio medico
o al farmacista di fiducia.
E in particolare, se si prendono integratori in concomitanza con farmaci o altre
fonti di vitamine o minerali.
È sempre e solo il medico,
allora, a dover prescrivere
modalità e tempi di assunzione, valutando caso per
caso.
I MAGNIFICI DODICI
Gastrointestinali
• Fermenti lattici: con Lactobacillus Acidophilus
R52 e Bifidobacterium lactis BCL-01 che favoriscono l’equilibrio della flora batterica intestinale.
• Erbe per il transito intestinale: a base di estratti
vegetali tra cui senna, cascara e malva che contribuiscono alla regolarità del transito intestinale.
• Carbone: il carbone attivo contribuisce alla riduzione dell’eccessiva flatulenza che si può verificare durante la digestione.
Calmanti
• Melatonina e Passiflora: è un integratore che
combina l’azione della melatonina, che contribuisce
alla riduzione del tempo richiesto per prendere
sonno, con quella della passiflora. Passiflora che
contribuisce al rilassamento ed al sonno in caso
di stress. Inoltre contiene melissa che contribuisce
al rilassamento, al benessere mentale ed al normale
tono dell'umore.
• Valeriana: contribuisce al rilassamento ed al
sonno in caso di stress.
Ricostituenti
• Multi B complesso vitaminico: è un integratore
di vitamine del Gruppo B indicato in casi di ridotto
apporto di tali nutrienti. Le vitamine del gruppo
B sono indispensabili per il buon funzionamento
dell’organismo, ciascuna con uno specifico ruolo
nell’organismo. In particolare le vitamine PP, B6,
B2, B12, B1 e B5 contribuiscono al normale metabolismo energetico ed alla riduzione della stanchezza e dell’affaticamento.
Le vitamine B6, B12 e l’acido folico contribuiscono
alla normale funzione del sistema immunitario.
Benessere donna
• Isoflavoni di soia: è un integratore a base di
soia, vitamine, acido folico e calcio che garantisce
un adeguato apporto di sostanze funzionali. In
particolare: la Vit. B6 contribuisce alla regolarizzazione dell’attività ormonale e può essere
utile in periodi in cui tale attività può risultare
non ottimale; le Vit. B6, B12 e l’acido folico contribuiscono alla normale funzione psicologica ed
alla riduzione della stanchezza e dell’affaticamento;
la vit. D3 ed il calcio contribuiscono al mantenimento di ossa normali; la vit. E aiuta a proteggere
le cellule dallo stress ossidativo.
Sistema respiratorio
• Propoli ed erisimo: combina l’azione della
propoli con quella dell’erisimo che, grazie alle
sue proprietà emollienti e lenitive, favorisce la
funzionalità delle prime vie respiratorie.
Per la circolazione
• Omega 3: a base di Acidi grassi polinsaturi
della serie Omega 3 da olio di pesce utile per apportare una quota nutritiva di tali nutrienti. EPA
e DHA contribuiscono alla funzione cardiaca.
• Lecitina di soia: (in barattolo) gli acidi grassi
della lecitina di soia, quali l’acido alfa linolenico
(Omega 3) e l’acido linoleico (Omega 6) contribuiscono al mantenimento di livelli normali di
colesterolo nel sangue.
Controllo del peso corporeo
• Soluzione drenante: con verga d’oro e 5 estratti
vegetali. Favorisce il fisiologico drenaggio dei
liquidi corporei.
• Soluzione depurativa: con aloe vera e 9 estratti
vegetali utili per favorire il fisiologico processo
di depurazione dell’organismo.
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PRODOTTO COOP
Desiderio espresso
Le macchine da caffè, sempre più piccole, dal
design moderno,con capsule predosate e pressate
di Roberto Minniti
Molti non riescono a iniziare
la giornata senza l’aroma intenso del liquido scuro, e
l’espresso, ristretto, potente,
con la tipica gustosa crema,
è nel Belpaese “il caffè” per
antonomasia. Senza contare
che sotto ogni tetto – o quasi
– si nasconde un esperto,
convinto assertore dell’unicità
della miscela che utilizza,
della magia della preparazione che realizza, a prescindere che usi una napoletana
o una moka. In molti, proprio
per questo, prevedevano un
futuro nero per le macchine
per l’espresso, tanto più per
quelle che utilizzano cialde
o capsule. Niente magia, nessuno spazio alla manualità
che da sempre affascina i
consumatori italiani e li impegna in infinite discussioni
sui segreti di un buon caffè,
pronosticavano gli scettici;
troppa automazione, insomma, perché gli apparecchi
automatici possano conquistare il mercato italiano.
Macchina della verità
E, invece, le Cassandre sono
state smentite, ormai da
qualche anno, dall’affermazione delle macchine, soprattutto a
In p ro
cialde, che stanno lentamente
ma in modo inesorabile conquistandosi spazio anche tra
le cucine della nostra penisola. E uno dei motivi del
successo è proprio nella mancanza di magia: con le loro
piccole capsule predosate e
pressate garantiscono un risultato sempre identico, non
sporcano e hanno bisogno
di un solo gesto per preparare
un espresso. In più, l’ultima
generazione di questi elettrodomestici è molto piccola,
molto colorata e attraente,
tanto da non stonare anche
nelle case italiane dalle dimensioni sempre più ridotte.
Certo, hanno lo svantaggio
di costringere a un costo per
tazza di caffè più elevato
degli altri metodi, ma di
fronte a comodità e risultati
il punto debole economico
non sembra pesare più di
tanto. Ma si può avere un
espresso come quello del bar
a casa propria (o quasi) e
berlo quando si vuole? E
quali caratteristiche dovrebbe
avere un apparecchio per non
deluderci? L’espresso, com’è
noto, viene ottenuto spingendo acqua calda in pressione attraverso la
polvere di caffè. Il cuore della
macchina è dunque la pompa
che mette in pressione l’acqua
e la cui potenza è in genere
proporzionale al prezzo della
macchina.
Più la pompa è potente, più
saranno veloci i tempi di preparazione. Se si è in molti a
bere caffè, come può accadere
in un ufficio, vale la pena di
scegliere un prodotto con
una pompa capace di sviluppare una discreta presm b re sione.
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Piena potenza
Ma non è solo la velocità a essere dipendente dalla potenza
della pompa. Anche la qualità
dell’espresso dipende da
questo fattore, cosa che si
nota più che altro in macchine che sviluppano una
pressione dell’acqua inferiore
alle 15 atmosfere. Più trascurabile è, invece, la potenza
della resistenza che scalda
l’acqua: influisce sui consumi
di elettricità, meno sui tempi
di riscaldamento e sul risultato.
Le macchine moderne, si
scaldano tutte in tempi contenuti, sulla manciata di minuti, anche perché a una resistenza modesta corrisponde
generalmente un serbatoio
più piccolo. A fare la differenza di prezzo sono numerosi dettagli, tra cui la possibilità di preparare due o
più caffè contemporaneamente.
Se, oltre al caffè, si vuole
scaldare il latte o preparare
tè e tisane conviene guardare
a macchine che abbiano
anche una cannuccia per il
vapore e l’acqua calda. Se ne
trovano di relativamente economiche. Da considerare
sono anche i materiali e la
fattura, sia per la durata che
per la praticità nella pulizia:
le macchine economiche
hanno molta più plastica, le
più costose sono quasi interamente realizzate in acciaio
inox. Ma in questi casi si
deve optare inevitabilmente
per gli apparecchi tradizionali
e il prezzo da pagare, oltre
che economico, è proprio la
mancanza di praticità che ha
decretato l’affermazione delle
piccole macchine a cialde,
tanto facili da usare quanto
affidabili.
Capsula spaziale
Praticità e gusto, ma anche qualche inconveniente,
che la macchina a capsule Coop è riuscita a superare.
Chicchi da macinare, caffè in polvere o cialde e capsule? I
puristi dell’espresso non hanno dubbi: caffè in grani, conservato
con cura all’asciutto a temperatura ambiente, da macinare
(particolarmente fine per l’espresso, più grosso per la moka)
subito prima di preparare il caffè.
Magari dopo un’occhiata all’umidità atmosferica visto che
condiziona il tipo di macinatura ideale. Le qualità sono molte,
ma un accorgimento vale per tutte: alla larga dai chicchi dall’aspetto lucido – raccomandano tutti gli esperti, a partire dal
padre della culinaria Pellegrino Artusi – perché è il segnale
che il chicco ha cominciato a perdere gli oli essenziali, che garantiscono aroma e colore al caffè.
Non tutti, però, hanno in casa un macinacaffè e non è detto
che vogliano spendere il proprio tempo a caricare nel filtro la
dose giusta di caffè, con la paura di pressarlo troppo o troppo
poco, il disagio di combattere con filtri da pulire e polvere di
caffè sparsa per la cucina. Ecco spiegato lo spazio di mercato
per le cialde morbide, in cui il caffè macinato è racchiuso in
un involucro di carta filtrante, e per le capsule, più di recente,
con il caffè (trattato in modo particolare) contenuto all’interno
di una speciale “cartuccia” di plastica ricoperta d’alluminio.
Certo le cialde non sono il massimo dal punto di vista ecologico:
quelle morbide sono imballate quasi sempre singolarmente
in bustine di plastica e alluminio. Le capsule sono ancora
peggio: dopo l’uso ci si ritrova un contenitore in plastica pieno
di residui di caffè e ricoperto d’alluminio che, nella raccolta
differenziata, non può essere smaltito né con la plastica né
con l’umido.
Niente a che vedere con il macinato sciolto che si ricicla magnificamente nel compost o direttamente come concime per i
fiori. I produttori più accorti, proprio per ovviare a questo problema, hanno, però, adottato soluzioni che possano alleggerire
l’impatto sull’ambiente. È quanto, per esempio, ha fatto Coop
per le sue capsule realizzate in polipropilene e film d’alluminio
pelabile, studiate affinché, dopo l’uso, si possano separare i
componenti e facilitare la raccolta differenziata del caffè nei
rifiuti organici. Poi c’è il problema della compatibilità con la
macchina usata: alcune cialde morbide possono essere usate
con i filtri standard e un adattatore, ma la maggior parte ha
bisogno di macchine particolari. Tra le capsule, poi, molti
sistemi sono chiusi: una volta comprata la macchina compatibile
solo con una determinata marca di “ricariche” si è costretti a
utilizzare solo quelle. In compenso, la possibilità di sperimentare
sapori diversi è garantita dai migliori produttori. Basta uno
sguardo alla gamma Fior fiore Coop per rendersi conto di
quanto ci si possa sbizzarrire ad assaporare caffè differenti
in base ai propri gusti. Tra le 9 miscele offerte dalla collezione
dedicata agli artisti del Rinascimento c’è solo l’imbarazzo della
scelta. E tra un Botticelli in grado di soddisfare gli amanti
dell’intensità del Robusta, un Tintoretto, 100% di arabica
biologica ed equosolidale, ci sono tutte le sfumature che possono
restituire la magia di una bevanda che rimane una delle passioni
degli italiani.
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ALIMENTAZIONE E SALUTE
Le allergie
e intolleranze
Cifre esatte è difficile formularne, ma quel che è certo è che ci riferiamo a problematiche
che, anche se con gradazioni assai diverse tra loro, riguardano milioni di persone.
Parliamo di allergie e intolleranze, soprattutto alimentari, che affliggono bambini e
adulti. Le autorità sanitarie concordano sul fatto che si tratti di fenomeni tutti in
aumento. Sulle allergie (alimentari) la Società italiana di allergologia parla di 600
mila bambini colpiti e di 1 milione e 300 mila adulti. Secondo dati Istat del 2008 i colpiti da allergia sono il 9,6%
nella fascia da zero a 14 anni e il 12,8% nella fascia da
15 a 24 anni. Se si considera il discorso delle allergie del
tratto respiratorio, legato all’inquinamento dell’aria delle
città in cui viviamo, statistiche riferite a diversi paesi
europei (specie del nord) danno una cifra tra il 20 e il
25% della popolazione colpita. Ovviamente se il discorso
passa dalle allergie alle intolleranze (e poi vedremo nel
dettaglio quale sia la differenza),
il numero degli interessati va
moltiplicato di svariate volte. Se
sui celiaci, i dati sono ufficiali,
cioè 600 mila persone, su altre
problematiche le stime sono più
difficili da formulare. Stime di
Rem Lab dell’Università Cattolica, indicano gli intolleranti
al lattosio nel nostro paese in alcuni milioni di persone.
Cifre da capogiro
Gli alimenti che più di frequente
possono essere causa di allergie e intolleranze sono
frutta, legumi, pomodoro, poi crostacei e molluschi, le
uova, il latte ed i cereali. Ora è evidente che tra forme di
allergia che possono avere conseguenze gravissime per
chi ne è colpito e forme di intolleranza lieve, c’è una distanza enorme. Ma è altrettanto evidente che queste problematiche, anche per la crescente attenzione che tutti
giustamente pongono non solo sui temi della salute ma
più in generale del loro benessere, sono sempre più al
centro dell’attenzione. E si incrociano con le scelte sugli
Aumenta il numero di persone che soffre di queste problematiche,
legate sia al cibo che all'ambiente esterno. Con l'aiuto dei
medici del Siaip scopriamo le differenze che esistono, i test
per scoprirle e quali regole seguire nella nostra alimentazione
alimenti da consumare e
utilizzare.
Anzi, un numero crescente
di persone, sceglie di mangiare alimenti senza un
qualche componente (come
il glutine o il lattosio), non
tanto perché ha un problema esplicito, ma perché
ritiene che il proprio benes-
sere tragga vantaggio da
questa scelta.
A corollario di queste considerazioni c’è poi il fiorire
di test che promettono di
scoprire allergie e intolleranze, e che non sempre rispondono a criteri scientifici
certi.
Proprio per questo abbiamo
cercato, grazie al contributo
di alcuni medici della Società Italiana di allergologia e immunologia pediatrica (Siaip), che sono
il suo presidente dottor Roberto Bernardini e la dottoressa Iride Dello Iacono,
di capire bene di cosa si sta
parlando e come conoscere
E LA COOP?
Etichette trasparenti
e tanti prodotti Benesì
Il tema delle allergie e delle intolleranze alimentari è per Coop un argomento prioritario
e su cui da tempo si sta lavorando sia sul fronte
tecnico-scientifico, che su quello della corretta
informazione ai consumatori. Ciò ha già determinato la modifica delle etichette dei prodotti
a marchio Coop. Il Regolamento 1169 rende
obbligatorio di evidenziare gli allergeni nella
lista ingredienti, ma non dice nulla sulla contaminazione accidentale e lascia spazio alla
possibilità di indicare il rischio eventuale con
diverse frasi ("può contenere tracce di…", "prodotto in uno stabilimento che produce
anche….", ecc.).
Naturalmente questo implica una precisa conoscenza e gestione delle materie prime, delle
varie fasi di lavorazione, nonché adeguati
controlli. Ciò è quanto Coop ha fatto, proprio
per applicare un sistema di gestione del rischio
che riduca il più possibile le contaminazioni
crociate e riservi la dicitura “può contenere
tracce di…” sulle confezioni di prodotto, solo
a limitati casi effettivamente non risolvibili.
A questo scopo fin dal 2005 è stata predisposta,
in collaborazione con autorevoli esperti, una
Linea Guida per i fornitori da applicare all’interno degli stabilimenti dove si realizzano i
prodotti Coop; in questo documento sono considerati tutti gli aspetti da tenere in conside-
razione per la prevenzione del rischio allergeni,
in particolare viene chiesta attenzione per prevenire le
contaminazioni fra una produzione contenente
allergeni ed un’altra che non li prevede nella
ricetta.
Anche sui metodi di analisi Coop ha definito
per ciascun allergene sia la metodica più indicata, basata sullo specifico DNA , sia i livelli
di sensibilità che debbono essere i più alti possibile al fine di individuare anche minime presenze di allergeni indesiderati.
A questi aspetti di controllo e garanzia sulla
filiera produttiva e di indicazioni sulle etichette,
è poi da aggiungere che Coop, proprio per
venire incontro alle problematiche di chi ha
problemi di allergie e intolleranze alimentari
ha sviluppato diversi tipi di prodotti che fanno
parte della linea Benesì. In particolare ricordiamo le 23 referenze di prodotti privi di glutine
e destinati a chi soffre di celiachia, tutti approvati dall'associazione italiana celiachia e
caratterizzati dalla scritta "senza glutine" e
dal logo della spiga barrata. Ci sono poi diversi
altri prodotti, i cosiddetti free from, ovvero
quelli a chi, per una patologia o per sua scelta
salutistica, vuole evitare il lattosio o, appunto,
il glutine. Per maggiori informazioni www.ecoop.it/bene.si.
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ed affrontare il problema.
Allergie ed intolleranze
alimentari. Di quali fenomeni si tratta?
Il termine “Allergia Alimentare” indica una risposta
immunitaria nei confronti
di un alimento, con effetti
nocivi per la salute. Tale
manifestazione può essere
immediata o ritardata nel
tempo. Le reazioni allergiche riconducibili al primo
tipo sono caratterizzate da
una comparsa precoce dei
sintomi, da pochi minuti a
massimo due ore dopo l’assunzione di quel determinato alimento. I sintomi
possono essere di tipo lievimoderati fino a essere pericolosi per la vita. Essi sono
rappresentati da orticaria,
angioedema, rinocongiuntivite, vomito, dolori addominali, fino al grave quadro
dell’anafilassi. Le forme ritardate di reazione allergica,
si manifestano invece con
sintomi che compaiono
dopo qualche ora dalla introduzione dell’alimento e,
nella stragrande maggioranza dei casi, sono a carico
dell’apparato gastroenterico.
Esistono, poi, forme miste:
a questo gruppo appartiene
la dermatite atopica. Bisogna precisare che
l’espressione “Intolleranze
Alimentari”, allo stato attuale, si riferisce alle reazioni avverse agli alimenti
su base non immunitaria.
Appartengono a questo
gruppo le manifestazioni
da causa enzimatica (ad es.
l’intolleranza al lattosio),
farmacologica (ad es. gli
effetti della caffeina), tossica
(ad es. la sindrome sgombroide da tossine ittiche) o
idiopatica, ossia non ancora
ben definita (ad es. da solfiti). Per alcune di queste
intolleranze esistono specifici test diagnostici (ad
esempio il test di provocazione orale con additivi e
coloranti) validati scientificamente.
È vero che siamo di fronte
ad un aumento di queste
problematiche e se sì per
quali motivi?
Negli ultimi 10-15 anni l’allergia alimentare ha subito
un notevole incremento nel
mondo, al punto che questo
fenomeno è stato definito
come la seconda ondata epidemica allergica (la prima
aveva riguardato le manifestazioni allergiche respiratorie). L’aumento d’incidenza dell’allergia alimentare è stato posto in relazione con i cambiamenti
nello stile di vita moderno,
che comprendono anche
nuovi modelli alimentari,
oltre che mutamenti della
flora batterica commensale
e l’inquinamento atmosferico.
Quali test esistono per verificare queste problematiche e che grado di attendibilità hanno? I test acquistati in Internet quale
valenza hanno?
Le forme di allergia alimentare che si manifestano subito dopo l’assunzione di
un alimento possono
essere studiate mediante i
test cutanei (cosiddetti prick
test) e sierologici. Essi consentono di identificare la
sensibilizzazione nei con-
fronti dei vari alimenti che
possono comportarsi come
allergeni. La conferma diagnostica dell’allergia alimentare, in casi particolari,
è data dal Test di Provocazione orale in ambiente protetto. Nel sospetto di reazione allergica che insorge
a distanza dall’assunzione
di un alimento l’unico test
valido, ai fini della diagnosi,
è la dieta di esclusione per
alcune settimane che confermi la scomparsa dei sintomi, seguita dalla reintroduzione volta a dimostrarne
la ricomparsa. I numerosi
test diagnostici, attualmente
in commercio e pubblicizzati
come in grado di far porre
diagnosi di “Intolleranza
Alimentare”, sono privi di
validità scientifica.
Di allergie alimentari si
può guarire?
Le forme di allergia alimentare che non insorgono immediatamente dopo l’assunzione di un alimento
(comunemente considerate
intolleranze alimentari ndr)
hanno una prognosi migliore rispetto al tipo di allergia alimentare che manifesta i suoi sintomi subito
dopo aver mangiato un cibo.
Infatti, in genere, si risolvono con il trattamento dietetico, durante i primi anni
di vita. Al contrario, le allergie alimentari di tipo immediato, in una minoranza
di pazienti possono permanere nel tempo e ciò è correlato anche al tipo di alimento (come nel caso della
frutta secca o dei crostacei)
responsabile della reazione
avversa. Tuttavia, è sba-
gliato protrarre una dieta
di eliminazione all’infinito,
basandosi solo sulla persistente positività dei test allergologici, senza valutare
periodicamente l’eventuale
acquisizione della tolleranza
tramite reintroduzione dell’alimento da eseguire in
ambiente con personale sanitario con specifiche competenze.
Le allergie alimentari possono essere fatali?
In alcuni casi molto gravi
di allergia alimentare si può
scatenare, in seguito alla
ingestione del cibo allergizzante per il paziente, una
reazione sistemica definita
Anafilassi o Shock Anafilattico. L’Anafilassi può essere fatale se non è trattata
prontamente, di solito con
una iniezione di adrenalina
(epinefrina), farmaco salvavita per questi soggetti.
L’adrenalina auto iniettabile
va prescritta ogni qualvolta
ci si trovi di fronte a pazienti
che, nella loro storia clinica,
presentino reazioni medio-
gravi in seguito all’introduzione dei cibi verso i quali
il soggetto risulti sensibilizzato.
Quali regole alimentari è
comunque bene seguire
sempre a scopo preventivo?
I pazienti che hanno presentato reazioni mediogravi in seguito all’ingestione anche involontaria
di alimenti per loro allergizzanti, sono tenuti a leggere in maniera molto rigorosa le etichette sulla confezione degli alimenti. La
legge prevede che sia segnalata la presenza dei cibi
che più frequentemente
sono responsabili di Anafilassi (es. latte, uovo, pesce,
crostacei, frutta a guscio,
ecc.), anche se presenti solo
in tracce.
Inoltre, non bisogna mai
dimenticare di portare con
sé l’adrenalina auto iniettiva
ed è indispensabile aver
fatto un training formativo
sul corretto uso di questo
farmaco, in caso di neces-
sità, prima ancora di chiamare sul posto il 118. Non
esistono cibi che possano
definirsi allergizzanti per
un determinato paziente
prima di essere introdotti
nella dieta. In linea generale,
comunque, è raccomandabile che, in un bambino ad
alto rischio di manifestazioni
allergiche (soggetti con un
genitore, fratello allergico),
i nuovi alimenti siano introdotti possibilmente uno
per volta nell’alimentazione
del piccolo paziente. La letteratura non consiglia più,
allo stato attuale, di ritardare
l’introduzione degli alimenti
definiti più allergizzanti,
nella dieta del bambino a
rischio di allergia, con
l’obiettivo di prevenire le
manifestazioni allergiche.
Pertanto, lo svezzamento
del bambino a rischio di allergia, va fatto alla stessa
epoca in cui si svezzi un
bambino non a rischio,
ossia intorno al quinto mese
di vita.
I CELIACI SONO 600 MILA
Un’associazione per aiutare chi
non può assumere il glutine
La celiachia è un’intolleranza permanente al
glutine, sostanza proteica presente in avena,
frumento, farro, grano khorasan (di solito
commercializzato come Kamut®), orzo, segale,
spelta e triticale.
L’incidenza di questa intolleranza in Italia è
stimata in un soggetto ogni 100 persone. I celiaci sono quindi 600.000, ma ne sono stati
diagnosticati, ad oggi, solo 150.000. Ogni
anno vengono effettuate 10.000 nuove diagnosi
con un incremento annuo di circa il 10%.
Per curare la celiachia, attualmente, occorre
escludere dal proprio regime alimentare alcuni
degli alimenti più comuni, quali pane, pasta,
biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di glutine dal piatto. Questo implica
un forte impegno di educazione alimentare.
Infatti l’assunzione di glutine, anche in piccole
quantità, può provocare diverse conseguenze
più o meno gravi. La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia attualmente
che garantisce al celiaco un perfetto stato di
salute. Per avere informazioni su questa problematica, da anni è presente l’Associazione
Italiana celiachia (www. celiachia.it), che ha
costituito anche la Fondazione celiachia con
lo scopo proprio di sostenere e promuovere la
ricerca scientifica.
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Un uomo normale
Da Il medico in famiglia al programma di Raitre Sconosciuti,
passando per il teatro e la scrittura di un libro dedicato alla madre.
Giulio Scarpati è un uomo tranquillo, e con la Roma nel cuore.
di Maria Antonietta Schiavina
Per tutta l’estate l’ex medico in famiglia Lele Martini, alias Giulio Scarpati, che da
quest’anno non appare più nella serie, ha ricoperto su Raitre un ruolo diverso, quello
di conduttore, presentando storie di gente normale in Sconosciuti collection, il
sorprendente programma che, in una stagione come quella estiva in cui si guarda pochissimo la Tv, ha tenuto centinaia di migliaia di persone incollate al piccolo schermo,
per ascoltare e osservare la vita di tutti i giorni di tanti “sconosciuti”, introdotta da
chi, toltosi il camice bianco del medico per finta, ha voluto dare al pubblico un messaggio
diverso.
Una decisione, quella di Scarpati, presa dopo l’uscita del
suo primo libro Ti ricordi la casa rossa? Lettera a mia
madre (Mondadori), scritto mentre la madre
perdeva inesorabilmente la memoria e lui
cercava di aiutarla a ricordare. Un viaggio
poetico, quello di Scarpati, pieno di aneddoti
malinconici ma anche ironici e, soprattutto,
la testimonianza personale di chi si confronta
ogni giorno con la sofferenza della mente.
Come mai ha sentito il bisogno di scrivere
un libro così intimistico e doloroso, pur
se a tratti commovente e anche gioioso?
«Volevo metabolizzare le situazioni imbarazzanti in cui mi sono trovato con mamma,
per affermare la crudeltà della malattia che
l’ha colpita e fare qualcosa: pensare, ad
esempio, a strutture di autosostegno sul modello di quelle che esistono nei paesi nordici,
soprattutto per chi non ha una famiglia numerosa come me e si trova quindi da solo ad
affrontare un male che non lascia scampo e
annienta la dignità».
Perché, invece, si è cimentato nella presentazione di
Sconosciuti, facendo per la prima volta il conduttore?
«Mi è stato chiesto e ho accettato con entusiasmo, colpito
dalle storie raccontate con grande umanità. Mi piaceva
l’idea di presentare una fetta d’Italia che di solito passa
inosservata: tanta gente che affronta i momenti più complicati della vita, cercando di superare le difficoltà, senza
clamori».
La malattia di sua madre
l’ha resa più sensibile a
certi argomenti?
«Sì e più di tutto il libro,
perché mi ha messo in contatto con tante persone che
mi hanno scritto delle proprie esperienze: ascoltare
gli altri m’interessava già
prima, ma ora mi coinvolge
molto di più, perché dentro
sono cambiato».
mento della critica è arrivato,
invece, con Orfani. La sicurezza che, pur facendo
l’attore, si può mandare un
messaggio importante mi
è stata fornita dal film Il
giudice ragazzino; e se
penso a una storia che porto
nel cuore mi viene in mente
Chiedi la luna, in cui ho
avuto come partner una bravissima Margherita Buy».
È più facile raccontare o
recitare?
«È diverso. Monologhi in
teatro ne ho fatti parecchi,
così come ho girato fiction
e film. Ma parlare da solo
in uno studio per me è stata
una cosa nuova. Spero di
esserci riuscito e, a giudicare
dagli ascolti, direi che è andata bene».
Progetti futuri?
«Dopo la grande fatica con
Oscura immensità, un lavoro durissimo per la regia
di Alessandro Gassman,
che l’anno scorso ho portato
nei teatri di tutta Italia e
che ha avuto un successo
inaspettato, continuerò a
tenere degli stage di recitazione nella scuola Percorsi d’attore a Roma, poi
andrò ancora in giro per
presentare il mio libro. E
mi piacerebbe realizzare
una fiction che racconti sul
modello di Sconosciuti la
A quale dei suoi ruoli è
più legato?
«La popolarità me l’ha data
Lele Martini di Un medico
in famiglia. L’apprezza-
normalità nel bene e nel
male, troppo spesso ahimè
dimenticata».
Pur essendo un personaggio famoso, entrato
nelle case degli italiani
dalla porta principale e
avendo molti fan, non è
mai preso di mira dai giornali di gossip. Come mai?
«Sono sposato da tanti anni
con la stessa donna (la regista di teatro Nora Venturini, ndr), ho due figli che
studiano con profitto e non
mi danno grandi preoccupazioni, vado a fare la spesa
al supermercato – cosa che
mi diverte moltissimo –
senza nascondermi agli
occhi della gente e, come
unica trasgressione, faccio
il tifo per la Roma. Non ho
insomma nulla di scandaloso da mostrare, se non la
mia tranquilla normalità,
che non interessa certo chi
cerca a ogni costo la notizia
scandalosa».
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RIAPERTO DOPO SEI ANNI DI LAVORI IL MUSEO PALEONTOLOGICO DI MONTEVARCHI
Quando nel Valdarno
pascolavano gli elefanti
di Donata Brugioni
Le ossa fossili del Valdarno superiore sono note già dal Rinascimento, e molti esemplari
– sia ossa isolate che ammassi di ossa di animali diversi e numerosi - sono stati
rinvenuti nel corso di lavori agricoli o durante la costruzione di strade e ferrovie, come
pure in alcune delle cave attive sul territorio. Il perché di una tale abbondanza di reperti
preistorici - quest’area è la più ricca al mondo di fossili animali e vegetali - lo spiega
la storia geologica del Valdarno. Circa 3 milioni di anni fa, in un’era di clima caldoumido di tipo subtropicale, in quella depressione che sarebbe poi divenuta la valle
dell’Arno, si formò un lago, ampio e poco profondo. Circa 2 milioni di anni fa, tutta
l’area si trasformò in una vasta palude, mentre il clima iniziò a cambiare, con
un’alternanza di fasi temperate e fredde, via via sempre
più aride. Tutta l’area divenne una savana, percorsa dal
fiume che gli studiosi hanno denominato paleo-Arno, e
che scorreva in senso opposto all’attuale corso dell’Arno;
l’inversione del flusso delle acque si verificò forse fra
700.000 e 500.000 anni fa, probabilmente in seguito a
movimenti tellurici che modificarono l’assetto della valle,
e il corso del paleo-Arno prese la direzione che mantiene
tuttora. Circa 1 milione di anni fa, il clima cambiò nuovamente, alternando fasi temperate e umide ad altre più
fredde e aride: le prime favorirono lo sviluppo di una vegetazione di tipo sub-tropicale in un ambiente palustre,
Scheletro
popolato di rinoceronti, tapiri, cervi di piccola taglia; i
del Mammuthus meridionalis
periodi più aridi furono caratterizzati da ampie praterie che
ospitavano elefanti, rinoceronti,
grandi mandrie di bovini, equini
e cervi di grande taglia, e di conseguenza anche ricche comunità
di predatori (come la tigre dai
denti a sciabola). Le particolari
condizioni ambientali, con la periodica formazione di acquitrini
e torbiere, favorirono la pietrificazione dei resti animali e vegetali, dando origine ai fossili
quali oggi possiamo vedere nel
Museo Paleontologico di Montevarchi; riaperto dal 7 dicembre 2014, dopo sei anni dedicati al riordino delle collezioni e a lavori di restauro e rinnovamento, il Museo
occupa una parte del trecentesco ex convento di San Lodovico a Cennano, dove ha sede anche l’Accademia Val-
Il Museo nell’allestimento ottocentesco
darnese del Poggio, alla quale il Museo
appartiene tuttora. Infatti, la collezione
del Museo Paleontologico di Montevarchi,
uno dei più antichi e prestigiosi d’Italia,
ha avuto origine dalla raccolta che il monaco
vallombrosano Luigi Molinari donò nel
1809 all’Accademia Valdarnese del Poggio;
da allora, il nucleo originario si è costantemente arricchito fino ad accogliere circa
2.600 reperti: i fossili vegetali e la ricca
collezione di fossili animali che formano
il patrimonio del Museo provengono quasi
esclusivamente dal Valdarno Superiore e
sono databili fra 2,5 milioni e 200.000
anni fa. Tra gli esemplari più interessanti
figurano un gigantesco scheletro di elefante
Chiostro di Cennano
quasi completo, con enormi zanne della
lunghezza di 320 cm, esemplare di Mammuthus meridionalis, il cranio della “Tigre
dai denti a sciabola” (Homotherium crenatidens) - chiamata così a causa delle dimensioni dei canini superiori - e il cranio
del Canis etruscus, vissuto circa un milione
di anni fa e progenitore della specie da cui
sono derivate tutte le razze canine.
L’ultima acquisizione è rappresentata dai
resti fossili di Elephas (Palaeoloxodon)
antiquus rinvenuto in località Campitello,
presso Bucine (Ar) nel 2001: si tratta di
ossa appartenute a una femmina adulta,
accanto alle quali sono stati rinvenuti tre
strumenti in pietra di grande interesse,
poiché conservano ancora
i resti del manico realizzato
con legno di betulla incatramato. Gli studi effettuati sui
resti ossei dei piccoli mammiferi rinvenuti insieme all’elefante e sugli strumenti
in pietra, indicano un’epoca
che risale a circa 220.000
anni fa: questi reperti costituiscono una straordinaria
testimonianza di come, in
un’epoca così lontana, le co-
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Veduta delle “balze”
COOP E LIBERA
Dieci anni di collaborazione
nel nome della solidarietà e legalità
munità preistoriche si dedicassero alla caccia di animali di grandi dimensioni,
pur disponendo di strumenti molto elementari, che imponevano di affrontare con
una lotta “corpo a corpo” le prede cacciate.
La storia geologica del Valdarno superiore
è ancora leggibile in alcune zone, in particolare dove il paesaggio è caratterizzato
dalla presenza delle cosiddette “balze”:
veri e propri canyon, la cui formazione è
dovuta all’erosione, da parte degli agenti
atmosferici, dei sedimenti che si erano depositati sul fondo del lago preistorico fino
a formare in alcuni punti uno strato dello
spessore di un centinaio di metri. Poco conosciute al di fuori dell’ambito locale, le
“balze” costituiscono un ambiente di grande
suggestione, che secondo alcuni studiosi
è stato immortalato anche da Leonardo da
Vinci sullo sfondo della Gioconda.
Il riordino del materiale del Museo di Montevarchi ha conservato nella parte iniziale
del percorso la sistemazione ottocentesca,
creando una sorta di “museo del museo”:
le grandi vetrine in legno allineate lungo
la galleria, caratteristiche del modo di
esporre i reperti proprio di epoche passate,
conservano i cartellini originali scritti a
mano, che riportano il nome scientifico
del fossile, il luogo e l’anno di ritrovamento.
A questa interessante testimonianza di
un modo “storico” di concepire gli allestimenti museali, fa seguito il percorso espositivo concepito secondo criteri attuali: i
reperti esposti nelle singole vetrine sono
accompagnati da testi esplicativi sulle trasformazioni delle faune, delle flore e delle
condizioni climatiche e ambientali che
hanno accompagnato la storia del Valdarno
nel corso di tre milioni di anni. Numerosi
sono i disegni, gli schemi e soprattutto le
ricostruzioni paleo ambientali che si arti-
di Irene Mangani
colano lungo il percorso. Il visitatore potrà
approfondire la storia del territorio grazie
a una serie di video, nei quali vengono ricostruite le cause e gli effetti delle oscillazioni
glaciali-interglaciali, i caratteri della foresta
equatoriale caldo-umida diffusa nel Valdarno 3 milioni di anni fa e i caratteri delle
singole specie rinvenute nelle argille e nelle
ligniti della fase a foresta.
Il percorso del Museo è integrato da una
nuova sezione archeologica, in cui sono
esposti reperti etruschi provenienti dal territorio del Valdarno, ma anche dalla zona
del viterbese; gli apparati didattici e la multimedialità permettono di proporre una didattica archeologica innovativa e capace
di approfondire tematiche di vita quotidiana
antica.
Museo Paleontologico
di Montevarchi
Via Poggio Bracciolini, 36-40 Montevarchi (AR)
Tel. 055981227
www.museopaleontologicomontevarchi.it
Cranio della “Tigre dai denti a sciabola”
“Libera, associazioni, nomi
e numeri contro le mafie”
è la realtà ideata da Don
Luigi Ciotti nel 1995.
Era da poco finita la
stagione delle stragi
e l’opinione pubblica italiana si stava
mobilitando per contrastare il
fenomeno mafioso; Don Ciotti ebbe l’intuizione di creare una rete tra tutte le organizzazioni che si stavano formando, per
riuscire così ad avere un importante peso
politico e sociale nel paese. Da questa idea
nasce LIBERA, che ad appena un anno dalla
sua nascita riesce a raccogliere un milione
di firme per promuovere in parlamento una
legge che prevedesse il riutilizzo sociale dei
beni confiscati alle mafie. Quella legge, la
109/96, segnerà un momento di svolta nel
coinvolgimento dei cittadini nelle tematiche
di legalità, giustizia sociale e lotta alle mafie.
L’incontro tra Coop e Libera avviene nel
2004, quando ci si rende conto che i valori
che stanno alla base dell’impegno di Libera
sono tra quelli fondativi delle cooperative
stesse. Quest’anno si festeggiano i dieci
anni da quell’incontro, un’occasione per
ripercorrere insieme le tappe di questo cammino e per immaginare il percorso futuro.
Il primo passo per rinnovare questo impegno
è stato un seminario nazionale, organizzato
da ANCC e Libera, che si è tenuto a Bologna
lo scorso 10 novembre. La mattina è stata
dedicata al racconto dei progetti portati
avanti dalle cooperative: dall’impegno per
le cooperative del Consorzio Libera Terra
Mediterraneo, alla partecipazione di soci,
dipendenti e giovani ai campi di volontariato
estivi, fino agli aspetti commerciali della
diffusione dei prodotti delle cooperative a
marchio LiberaTerra. Il presidente di Legacoop nazionale Mauro Lusetti ha portato il
suo contributo insistendo sull’importanza
della rete all’interno del movimento cooperativo; ha auspicato il proseguimento
degli intensi rapporti tra Coop e Libera e
una più forte sinergia tra tutte le cooperative.
Nel pomeriggio si è passati alla parte operativa del seminario, in cui si è dibattuto
sui possibili sviluppi futuri della collaborazione. Ci si è soffermati in particolare su
tre punti: i beni confiscati, che sono moltissimi anche nei territori di Coop; i campi
di volontariato estivi, importante momento
di formazione e di impegno sociale; la giornata della memoria e dell’impegno in ricordo
delle vittime delle mafie. Il seminario si è
chiuso proprio con questo appuntamento:
troviamoci tutti a Bologna il prossimo 21
marzo!
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Fare impresa, ma cooperativa
I cooperatori toscani a congresso. Legacoop tra presente e
futuro. Ne parla Stefano Bassi, presidente di Legacoop Toscana
di Roberto Cavallini
Legacoop Toscana celebrerà il prossimo 5 e 6 dicembre il suo dodicesimo congresso
nel quale verrà eletta la delegazione toscana che parteciperà al trentanovesimo congresso
nazionale di Legacoop, previsto a Roma per il prossimo 18 e 19 dicembre. Si chiamerà
“Codice cooperativo – Fare l’impresa del nuovo millennio”. Obiettivi ambiziosi, dunque,
di lungo periodo, ma il presente non ci lascia certo tranquilli. Deflazione, disoccupazione,
crisi aziendali e di interi comparti produttivi hanno messo l’economia in ginocchio e
i bilanci familiari sono sempre più in rosso.
Quali sono le risposte che la cooperazione toscana ha tentato di dare in questi
ultimi drammatici anni per contribuire a difendere i livelli occupazionali e le
attività imprenditoriali delle sue associate?
Non c’è dubbio che al centro del congresso ci sarà innanzitutto il presente, le situazioni
di difficoltà che investono le realtà cooperative e allo stesso tempo le prospettive di riposizionamento economico nei settori e nei territori. Fino al 2012 abbiamo tenuto in
termini di occupati dando un contributo fondamentale alla coesione sociale, utilizzando
la solidità patrimoniale e la rete cooperativa come antidoto verso le manifestazioni più
acute che ha avuto, anche in Toscana, la crisi. Oggi la sua durata e la profondità ha
indebolito anche la cooperazione. I prossimi mesi saranno decisivi in molti settori per
sviluppare nuovi progetti di aggregazione e investimento, dalle costruzioni, all’agroalimentare, dal sociale ai servizi. Al centro il lavoro, l’innovazione, la rete del welfare.
Allo stesso tempo anche la cooperazione tra consumatori attraverso
le importanti iniziative che si stanno
sviluppando sul versante della convenienza sta confermando il presidio
importante che svolge sul terreno
della difesa del reddito, della qualità
e sicurezza alimentare. E ciò riguarda
non solo i consumatori ma anche
una rete vasta di fornitori e produttori
nella nostra regione.
Le cooperative di consumatori, associate a Legacoop
e presenti in Toscana con una rete di vendita moderna
e ramificata sul territorio, da anni sono impegnate
con le loro politiche distributive ad arginare quello
che una volta si chiamava “il carovita” e che oggi si
chiama impossibilità, per molte famiglie, a garantire
l’acquisto di quanto indispensabile per l’uso domestico
quotidiano. Si sono ottenuti in questi anni risultati
apprezzabili?
Certamente. Mi preme ricordare che questo ruolo
concreto non è solo assolto
dalle principali cooperative
di consumo ma anche dalle
rete diffusa delle piccole e
medie nostre associate che
operano in territori extraurbani in cui costituiscono,
per molti aspetti allo stesso
tempo un presidio di servizio, altrimenti assente, e
una funzione di convenienza essenziale anche per
quelle popolazioni. Naturalmente accanto a quella
che resta la funzione mutualistica essenziale della
cooperazione di consumo
si sono sviluppate nuove
iniziative nel campo del risparmio energetico, della
lotta allo spreco alimentare,
della raccolta differenziata,
che mettono in evidenza
l’apporto essenziale della
cooperazione di consumatori
a diffondere stili di vita e di
consumo ispirati a valori di
sobrietà e rispetto dell’ambiente.
Da diversi anni ormai
siamo in presenza di tagli
consistenti ai servizi essenziali erogati da Comuni
e Enti Locali, sanità,
scuola, assistenza, servizi
alla persona. Anche con
questa legge di stabilità
in discussione in Parlamento non si intravede la
benché minima inversione
di rotta. Molte delle cooperative sociali e di servizi,
che in questi anni con il
loro impegno si erano fatte
carico di rispondere a una
domanda di servizi qualificati e anche innovativi,
rischiano di subire gravi
ripercussioni occupazionali.
La questione del futuro del
sistema di protezione sociale, del carattere universale
del sistema sanitario e del
ruolo che in essa può svolgere la cooperazione è uno
dei temi centrali della trasformazione del paese.
Questi anni tra tagli alla
spesa e ritardati pagamenti
sono stati un percorso difficile per la cooperazione
sociale che pure occupa in
Toscana, nel mondo di Legacoop oltre 10.000 addetti
prevalentemente laureati,
giovani e donne. La cooperazione sociale ha dimostrato fino ad ora, anche
oltre ogni aspettativa, una
capacità di resistenza indubbia. Certo i suoi bilanci
sono spesso appesantiti
dagli oneri finanziari sostenuti per far fronte alla liquidità mancante a causa
dei ritardati pagamenti, ai
minori trasferimenti ai comuni, alla riduzione delle
basi d’asta per la gestione
dei servizi.
Al centro del congresso
nazionale ci sarà il tema
della unificazione del movimento cooperativo in
una grande e unitaria organizzazione, l’Alleanza
delle Cooperative Italiane.
Un obiettivo ambizioso
che necessita di processi
di armonizzazione organizzativa, ma prima di
tutto di un incontro e di
una comunione di intenti
sostenuto da unità e condivisione dei valori fon-
danti sui quali costruire
una nuova presenza cooperativa nella società e
nell’economia. Processi
che non possono essere
costruiti solo dall’alto, ma
vissuti in primo luogo
nelle realtà di base della
cooperazione, le imprese
e le loro basi sociali. A che
punto è questo processo
in toscana?
Per quanto ci riguarda la
prospettiva della costruzione
dell’Alleanza cooperativa
costituisce uno degli obiettivi
fondamentali dei prossimi
mesi. Noi crediamo di dare
in questo modo un contributo concreto ad uscire dalla
crisi della rappresentanza
che investe le forme associative e tocca anche il
mondo cooperativo. La Toscana da molti anni sta
dando un contributo concreto a questa prospettiva,
sia rafforzando la propria
capacità di proposta verso
le sedi istituzionali, in particolare la Regione, sia confrontando ed avvicinando,
nei settori, le esperienze
delle singole cooperative.
Non sarà un processo facile,
dovrà essere perseguito con
generosità in primo luogo
nell’interesse della cooperazione e della sua capacità
di rappresentanza. Nel confronto con le istituzioni restano aperti i temi relativi
alle comuni azioni per affermare legalità nel mercato
del lavoro e la creazione di
strumenti finanziari a sostegno della ristrutturazione
e sviluppo del sistema cooperativo (soprattutto sul
versante delle aggregazioni).
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Cambio di passo
La cooperazione toscana nella crisi apparato produttivo e sociale
della Regione. Per Roberto Negrini, Vicepresidente Legacoop
toscana occorre progettualità, imprenditorialità, spirito cooperativo
di Roberto Cavallini
Nell’ambito delle iniziative congressuali Legacoop toscana ha organizzato, lo scorso 27
ottobre, a Firenze un convegno sulla economia toscana, gli effetti della crisi e i mutamenti
in atto nell’apparato produttivo regionale.
“Il quadro complessivo con il quale dobbiamo confrontarci – ha detto Roberto Negrini, vicepresidente di Legacoop toscana nella sua relazione – è caratterizzato dal permanere,
anche nel 2014, di una forte spinta recessiva: cede la domanda interna regionale in tutte
le sue componenti: consumo finale e intermedio, investimenti. Il reddito disponibile è
diminuito in un anno dell’1%, abbiamo una caduta del 23% dei beni durevoli negli anni
2012-2013 e la caduta continua anche nel 2014. Per stare agli investimenti negli ultimi
sette anni si sono persi almeno 40 miliardi, fra investimenti pubblici e privati e il potenziale
produttivo non aumenta da più di 10 anni.”
Toscana alle corde
Una economia in crisi, che si avvita su se stessa e non intravede una via di uscita? “Occorrono
immediatamente investimenti in capitale, sia da parte del pubblico che del privato, - ci dice
Negrini – e una immissione di alta specializzazione nei processi economici per aumentare
la produttività, mentre per quanto riguarda la competitività necessita innovazione di prodotti
e servizi e nella crescita di imprese di media dimensione, ma dotate di mezzi e risorse per
competere nel mercato globale. Anche nelle esportazioni, dove esprimiamo storicamente
eccellenze imprenditoriali, stiamo perdendo quote di mercato, pur in presenza di una forte
dinamica della domanda del Made in Italy.”
Di fronte a una congiuntura negativa e una spesa pubblica in forte diminuzione, la legge
di stabilità all’esame del parlamento prevede ulteriori tagli alla Regione Toscana per circa
240 milioni di euro, come può il movimento cooperativo contribuire a invertire le tendenze
negative in atto?
“Abbiamo il congresso alle porte – ci dice Negrini – e quella sarà l’occasione per definire le
nostre proposte e l’impegno delle nostre associate. Il primo
obiettivo comunque, che perseguiamo con ostinazione, riguarda
la salvaguardia e sostegno del potere di acquisto delle famiglie,
con politiche di convenienza attuate dalle imprese cooperative
che agiscono nella grande distribuzione, e la tenuta della
qualità dei servizi di welfare, garantita dalle nostre cooperative
sociali. Ma abbiamo anche una serie di progetti, dall’ambiente
alla logistica integrata, dall’agroalimentare alle energie
rinnovabili, che possono contribuire a qualificare e incrementare
produzione e lavoro. Ne parleremo diffusamente nel nostro
congresso, con la voce dei diretti protagonisti, soci delle nostre
cooperative, che con passione e capacità, unite ai tanti sacrifici
anche economici richiesti alla loro base sociale, nelle loro
imprese esplorano le possibilità di innovazione e rafforzamento
dimensionale e produttivo.”
E le imprese
cooperative?
900 sono le cooperative aderenti a Legacoop Toscana, con
47.000 addetti, 2.800.000
soci e un fatturato che supera
i 9 miliardi di euro. Una realtà
imprenditoriale “di peso” che
purtroppo ha risentito della
congiuntura sfavorevole degli
ultimi anni, come nei settori
delle costruzioni e dell’abitativo, con i relativi indotti. In
altri settori, grazie soprattutto
ai sacrifici della propria base
sociale – contratti di solidarietà, rinuncia volontaria a
alcuni istituti contrattuali, aumento di capitale sociale – c’è
stato fortunatamente un contenimento dei fattori di crisi
o, addirittura, in alcuni casi,
anche un loro miglioramento.
“Dal 2007 ad oggi – ci dice
Roberto Negrini – sulla base
di una ricerca da noi effettuata
che riguarda le cooperative
che sono sopra i 5 milioni di
fatturato negli ultimi tre anni
– il valore della produzione è
aumentata del 20%, gli addetti
+ 10%, il patrimonio netto più
del 20%, mentre l’indebitamento commerciale e verso
le banche si attesta all’incirca
al + 20%. Nel comparto del
consumo i dati più interessanti
sono l’aumento consistente
del patrimonio netto e del valore della produzione, la diminuzione dell’indebitamento
verso le banche; nelle costruzioni tutti gli indici in caduta
consistente; nelle cooperative
industriali, grazie soprattutto
a un gruppo di cooperative
“virtuose” un aumento del
valore della produzione e degli
addetti con un parallelo aumento dell’indebitamento;
nell’agroalimentare un aumento di tutti gli indici con
un preoccupante aumento di
circa il 100% dell’indebitamento verso le banche; infine
nella cooperazione di servizi
l’aumento di oltre il 20% in
valore della produzione e degli
addetti, con un più rilevante
aumento del patrimonio netto
e dell’indebitamento commerciale e verso le banche. Le
cooperative sociali meritano
una attenzione particolare: il
fatturato è aumentato quasi
del 60%, gli addetti +30%, il
patrimonio netto più dell’80%,
mentre l’indebitamento commerciale schizza al 200% e
quello verso le banche addirittura a quasi il 260%. Dati
influenzati negativamente,
per quanto riguarda l’indebitamento, dalla caduta dei
margini nelle gare di appalto,
con una corsa al ribasso e
dalla crescita esponenziale
dei crediti verso la pubblica
amministrazione che, se non
vi viene apposto rimedio,
strangolerà tante nostre realtà.”
Panorama
a tinte fosche
“Ci è di conforto – termina
Negrini – una recente indagine
di Prometeia, che ha segmentato i comportamenti delle imprese toscane ( 18.000 imprese con un minimo di 20
addetti ) in rapporto alla loro
capacità di rispondere ai mutamenti di scenario. Sono stati
così individuati quattro tipologie di impresa: quelle dinamiche che hanno avuto la capacità di riposizionarsi com-
petitivamente; quelle virtuose,
che hanno saputo reagire alla
crisi sobbarcandosi però elevati rischi; quelle resilienti,
che si sono ristrutturate senza
però investire in fattori distintivi e competitivi; infine
quelle statiche, che attendono
gli eventi senza intervenire
sui fattori che possono aiutarle
quando arriverà, e dovrà pur
arrivare, la ripresa del ciclo
economico. Abbiamo ripetuto
l’operazione di Prometeia sul
nostro campione cooperativo
e con sollievo ci siamo accorti
che nel gruppo dinamico ci
sono l’8% di imprese private
e il 6% di imprese cooperative;
nel gruppo virtuoso le imprese
private sono il 9% e le cooperative il 14%; nel gruppo
resiliente il 34% sono le imprese private, il 45% sono le
cooperative e infine quasi la
metà delle imprese private, il
49%, sono nel gruppo statico
a differenza delle cooperative
che sono solo il 33%. Meno
di un terzo. La via per la crescita della cooperazione in
Toscana quindi non è occlusa:
occorrono idee e coraggio per
liberarla dagli ostacoli e percorrerla per intero, con determinazione.”
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MONTAGNA PISTOIESE
I nostri formaggi e le farine
Li producono nell’azienda di Catia Verdetti. Si trovano
nei punti vendita di Unocoop Montagna Pistoiese
di Sauro Romagnani
Una bellissima storia, quella dei coniugi Catia Verdetti e Roberto Petrucci, agricoltori. Da
raccontare perché è esemplare della vita della Montagna Pistoiese. Una storia del passato
e del presente che spiega la fede incrollabile nei valori della terra e del lavoro manuale.
Capace di spiegare il trascorso di moltissime persone che, qui in montagna, sui monti dell'Appennino, non hanno avuto una vita né comoda né semplice, ma fatta di duro lavoro
eseguito con orari lunghissimi, particolarmente nel periodo estivo, periodo in cui le giornate
sono più lunghe «Giornate di lavoro a volte interminabili: dall'alba al tramonto». Catia e
Roberto hanno recentemente festeggiato i cinquanta anni di matrimonio.
Una storia d'altri tempi.
Catia, nata a Gavinana, a 16 anni ha fatto il manovale per la costruzione della casa dove
abita, si è sposata a 19 anni. Ha lavorato per 7 anni alla Smi (Società Metallurgica Italiana)
a Campo Tizzoro e per 10 anni presso il ristorante "Ducci" che si trovava sul Monte Oppio.
Dal 1980, è coltivatore diretto. Roberto è nato
al Melo, una piccola frazione del comune di Cutigliano, sotto l'attuale agriturismo "Le Roncacce".
«Non ho frequentato molto la scuola, dovevo
lavorare. A settembre iniziava la raccolta delle
castagne e finché non si era finito non si poteva
andare a scuola. Nel 1946, all'età di 7 anni, la
mia famiglia si è trasferita in un podere a San
Vito. nel comune di San Marcello, di proprietà
dell'Azienda Agraria di Limestre (Società creata
dalla famiglia Orlando, proprietaria degli stabilimenti Smi)
dove sono rimasto, come mezzadro, fino all'età di 23 anni. Il
podere era ben fornito di bestiame come vacche, pecore, cavalli
e muli. La terra era fertile e rendeva molto. Si seminavano
patate, grano, segale. Si campava alimentandosi con patate,
castagne, animali da cortile, maiali e naturalmente col pane
fatto in casa. Quando ci trasferimmo a San Vito eravamo molto
poveri. Salvatore Orlando, che aveva la stessa età di mio padre
e si conoscevano, ci dette il podere a mezzadria attrezzato di
tutto punto. Ci trovammo davvero bene. Lasciato il podere
sono andato a lavorare alle Cave Tana di Martinelli e Sabatini.
Ci sono rimasto per 11 anni. In quel periodo la Società Cave
Tana mi faceva lavorare come camionista alla costruzione dell'autostrada Firenze-Mare. Successivamente, terminato il
lavoro sull'autostrada, ho avuto "il posto" di autista al Co.Pi.T.
Ci sono rimasto per 20 anni ma nel frattempo, mentre facevo
questi lavori, non ho mai abbandonato l'azienda agricola
che seguivo con mia moglie
Catia».
Produzione del formaggio
a "latte crudo"
Il locale, all'interno della casa
colonica, è curatissimo, tenuto
igienicamente in modo impeccabile, tanto che sembra
un salotto più che un luogo
di lavoro quotidiano «Certo
la pulizia è molto importante»
dice Catia «specialmente qui
dove produciamo il nostro
formaggio a "latte crudo". Seguiamo un procedimento
molto particolare e rigoroso.
Le pecore vengono munte e
subito dopo si procede a fare
il formaggio. Noi seguiamo
un procedimento che pochi
allevatori usano. Si porta il
latte alla temperatura di 31
gradi centigradi e a questo
punto introduciamo il caglio.
Fatto il formaggio procediamo
a fare la "ricotta" che è un prodotto molto ricercato». Uno
dei segreti per ottenere un
buon formaggiuo è quello di
avere un ottimo latte che si
ottiene tenendo bene gli animali e alimentandoli con cibo
genuino e naturale, come
spiega Roberto. «Alimentiamo
le nostre pecore con i prodotti
dei nostri pascoli. Quando la
stagione lo permette le pecore
le portiamo al pascolo.
Quando invece le alimentiamo
nella stalla diamo loro fieno,
biada da latte, composta da
orzo e granturco che produciamo in proprio»
La produzione di farina di
grano e di farro
Non è semplice produrre una
buona farina di grano o di
farro per chi vive in queste
zone perché richiede un procedimento complesso e lungo.
«Il grano lo portiamo a macinare in un mulino a Lizzano
in Belvedere, in provincia di
Bologna, che dista da qui
quasi 50 chilometri» racconta
Roberto «mentre il farro prima
lo portiamo a "decorticare",
cioè a toglierli il guscio, in località Villa Campanile, provincia di Pisa e successivamente a macinare sempre a
a Lizzano in Belvedere. Prima
di diventare farina il farro fa
un viaggio, fra andata e ritorno di 150 chilometri». Come
si può facilmente capire si
tratta di prodotti genuini che
vengono commercializzati
anche attraverso la Unicoop
della Montagna Pistoiese.
Compleanno alla Coop di San Marcello
Lo scorso 26 novembre l’Unicoop Montagna
Pistoiese ha voluto festeggiare in modo originale il sesto compleanno dall'apertura del
negozio di San Marcello. Questa ricorrenza
è stato ricordata in Piazza Maestri del Lavoro,
con l'organizzazione di una festa dedicata in particolar modo ai bambini.
Per i più piccoli il Mago Giacomino ha
tenuto uno spettacolo di animazione.
Era presente un folto numero di bambini festanti attratti dalle magie offerte
dal mago che è stato da loro e dai genitori presenti molto seguito. Era
inoltre presente l'artista Lisa Innocenti
che nel ruolo di “truccabambini”, ha
dipinto a colori i giovanissimi volti.
Molto gradito anche il “Nutella Party”
offerto dalla Coop. Per tutti i soci Uni-
coop Montagna Pistoiese invece è stato riservato, per l'intera giornata, lo sconto del
10% sull'importo della spesa effettuata presso
il negozio. Un bilancio positivo per una festa
ben riuscita.
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COOP BISENZIO OMBRONE
Contro la crisi, convenienza dell’offerta. Le iniziative per il Natale
Il nostro impegno: mille prodotti a prezzi ribassati
di Roberto Cavallini
Siamo stati a rivisitare, a poco più di due
mesi dall’inaugurazione, il nuovo punto
vendita della coop e il relativo centro commerciale a Vaiano. “I risultati – ci dice
Paolo Gelli, responsabile commerciale
della cooperativa – sono soddisfacenti, in
linea con le previsioni del preventivo. Dopo
il settembre, caratterizzato da una grande
affluenza nei giorni dell’apertura, abbiamo
avuto un ottobre nel quale gli incassi sono
stati eccellenti: quasi il 50% in più”. Questi
risultati hanno consentito alla cooperativa
di recuperare quel poco di perdite nelle
vendite che si era accumulato nei mesi
precedenti dell’anno.
“Un anno terribile – afferma Bruno Gucci,
presidente della cooperativa – soprattutto
per i bilanci familiari. Non si intravede una
via di uscita alla crisi e le crescenti difficoltà
economiche delle famiglie si assommano
alla insicurezza per il futuro. Una miscela
esplosiva che colpisce le capacità di acquisto.” Nonostante il calo delle vendite
registrato, il bilancio semestrale della cooperativa, come si può vedere dalle tabelle
che mi mostrano, ha chiuso con un utile
commerciale e finanziario. “Il nostro consiglio di amministrazione – continua Gucci
– presa visione dei risultati del primo semestre e considerando appunto le estreme
difficoltà di una parte consistente della
nostra base sociale e delle famiglie più in
generale, ha preso l’iniziativa di utilizzare
i risultati conseguiti per iniziative che favorissero le possibilità di acquisto di generi
alimentari di uso quotidiano”
Mille
prodotti coop
a prezzo
ribassato
Come altre cooperative di consumatori infatti Coop Bisenzio
Ombrone ha lanciato, dai
primi giorni di novembre,
una iniziativa con prezzi ribassati su circa mille prodotti
a marchio coop. A questa iniziativa si aggiunge l’offerta
soci, per il periodo natalizio,
di olio extravergine della impresa Orlandini, in dame da
tre litri, e del parmigiano reggiano. “ E’ quello che le cooperative possono fare per contribuire a rilanciare un poco
i consumi in un periodo di
stagnazione degli stessi. Offrire una ampia
gamma di prodotti a marchio coop che possano soddisfare le esigenze alimentari
quotidiane.
Il centro commerciale
Con Gucci, dopo aver visitato il supermercato, ci fermiamo a prendere un caffè, nel
centro commerciale. “Anche i negozi presenti nel centro – ci dice Gucci – sono soddisfatti della frequenza. Questo bar prepara
anche piatti per la pausa pranzo. C’è il negozio per la telefonia, un ottico/fotografo
e anche un salone di parrucchieri “la compagnia degli artisti”. A gennaio aprirà una
lavanderia di tipo tradizionale. C’è anche
uno spazio attrezzato per i bambini e naturalmente il punto di distribuzione del
latte crudo proveniente dalla azienda di
Montepiano, aperto tutti i giorni sulle 24
ore e rifornito giornalmente.” Per chi vorrà
visitare il centro il 13 e 14 dicembre, grazie
alla collaborazione con i negozi del centro
naturale di Vaiano, sarà messo a disposizione un collegamento tra centro storico
e centro commerciale con un trenino elettrico, per la gioia dei bambini e la comodità
delle loro famiglie e di chi non vuole o non
ha la possibilità di utilizzare l’auto.
Con Gucci ci diamo appuntamento per il
prossimo 5 dicembre, alla assemblea congressuale di Legacoop toscana. “Parteciperemo come sempre, come cooperativa
portando la nostra esperienza. Spero che
esperienze come la nostra, presenti in tante
altre cooperative, di un rapporto diretto e
quotidiano con la base sociale, ci permettano
di trovare forme e modi per superare disaffezione e apatia. Occorre stimolare la
partecipazione e rilanciare la funzione sociale del movimento cooperativo. E occorre
farlo con determinazione e rapidità.”
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COOP UNIONE AMIATINA
Le donne e i giovani,
la nostra forza
Il miglior modo di competere. Rinnovati i comitati soci della cooperativa.
Nuovi soggetti e esperienze per costruire il futuro prossimo della cooperativa
e contribuire alla ripresa economica del territorio. Giuseppe d’Alessandro
ci parla degli obiettivi della consulta annuale delle sezioni soci
di Roberto Cavallini
Il 29 novembre scorso (mentre andavamo in stampa) all’auditorium comunale di Santa
Fiora Coop Unione Amiatina ha convocato la consulta annuale delle sue sezioni soci.
Una giornata tutta dedicata alla discussione sul presente, ma soprattutto sul futuro di
questa cooperativa, sul suo radicamento territoriale, il rapporto con la base sociale, le
capacità e possibilità di sviluppo, la sua mission: garantire convenienza e qualità negli
acquisti, offrire occupazione stabile, sviluppare socialità e solidarietà.
“Abbiamo voluto organizzare questa giornata – ci dice Giuseppe D’Alessandro, presidente
della cooperativa – che abbiamo incontrato qualche giorno prima dell’iniziativa, - con una
cura e una attenzione anche maggiore rispetto agli anni precedenti. In questi giorni c’è
infatti una particolare coincidenza che vede intrecciarsi i nostri motivi di riflessione sullo
stato e le prospettive della nostra cooperativa, alla fine di un anno particolarmente difficile
per i riflessi della situazione economica e sociale nazionale, con lo svolgersi del congresso
regionale e nazionale della nostra organizzazione di riferimento, Legacoop. Abbiamo
quindi l’occasione di ragionare sulle prospettive future del movimento cooperativo, magari
portare anche un nostro peculiare contributo, e saldare queste riflessioni al futuro della
cooperativa, sulla base dei risultati raggiunti in questi anni.
Già queste potrebbero essere le motivazioni che ci hanno
sollecitato a organizzare una iniziativa di significativo
spessore, ma la cooperativa ne ha una ulteriore: la composizione
fortemente rinnovata
della rappresentanza
sociale delle sezioni
soci, conseguita con la
elezione dei comitati
soci, svoltasi nella settimana del 12/19 novembre scorso”.
Una tornata elettorale,
quella delle sezioni soci
della cooperativa, preparata con cura e attenzione, di cui abbiamo dato conto
anche nel numero pre-
cedente della rivista, che
aveva come obiettivo quello
di eleggere comitati soci rappresentativi della base sociale
territoriale di ciascuna sezione
soci, desiderosi di dedicare
tempo e capacità alle problematiche sociali e alla affermazione dei valori cooperativi, interessati a sviluppare
attività e partecipazione. E
la partecipazione è stato il
dato di assoluto valore che
si è potuto riscontrare in tutta
la complessa fase di individuazione delle candidature
e nella partecipazione alle
elezioni. “Senza dubbio livelli
di partecipazione e di consapevolezza importanti e che
ci riempiono di soddisfazione
– afferma Cristina Renai, coordinatrice delle attività sociali
della cooperativa, - mostran-
doci una tabella riassuntiva
dei partecipanti al voto, sezione per sezione. Rispetto
alle elezioni del 2008 abbiamo più che raddoppiato
il numero degli elettori e
anche rispetto a tre anni fa
gli elettori sono aumentati
più di un centinaio. Altro dato
significativo: dei votanti,
oltre i due terzi sono donne.
Anche la partecipazione dei
giovani è stata significativa.”
“Tutte queste positività – aggiunge Giuseppe D’Alessandro – si sono felicemente
coniugate con la nuova composizione dei comitati soci,
rinnovati fortemente, con
una presenza significativa
delle donne e anche di giovani. E’ stato così premiato
il lungo e impegnativo lavoro
che ha riguardato innanzi-
tutto le commissioni elettorali,
tredici per i sedici negozi, e
i 39 loro componenti , che
hanno sollecitato e poi esaminato le numerose autocandidature, le hanno selezionate in base ai criteri dettati dalla cooperativa e hanno
operato per il corretto e partecipato adempimento elettorale. A loro va un ringraziamento particolare mio e
della cooperativa tutta.
Adesso abbiamo operanti le
nostre strutture sociali di
base, con i loro quasi settanta
componenti, che appunto abbiamo convocato per il 29
novembre per concordare un
percorso comune che caratterizzerà i prossimi tre anni
di vita futuri della cooperativa.
In questa giornata oltre a
una mia introduzione sul futuro prossimo della cooperativa e una relazione di Cristina Renai sui compiti delle
sezioni soci in rapporto alle
loro basi sociali, parleremo
di cooperazione e partecipazione con un nostro grande
amico, della cooperativa e
dell’Amiata, Sergio Staino,
e con Maurizio Boldrini
esperto di comunicazione.
Nel corso della giornata abbiamo voluto dare voce, con
una tavola rotonda, anche a
diverse esperienze e sensibilità che sono un patrimonio
e una ricchezza della cooperativa: interverranno Flavio
Batini, componente del consiglio di amministrazione
della cooperativa, Vincenzo
Millucci, astrofilo e socio attivo, Letizia Nucciotti, socia
attiva, Valentina Pascucci,
animatrice del progetto di
educazione al consumo con-
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sapevole, Roberto Papalini,
capo negozio di Castiglione
d’Orcia, Luciana Rosati, capo
negozio di Abbadia San Salvatore. Ci sarà poi un intervento di Johnny Dotti, imprenditore sociale e pedagogista e in conclusione una
prequel del laboratorio teatrale
“Le figurine mancanti” di
Teresa Delogu.”
Parteciperà ai lavori il presidente di Legacoop Toscana
Stefano Bassi. Partecipazione
gradita che ci permetterà di
approfondire anche i temi del
dibattito congressuale. Una
giornata impegnativa, di lavoro, ma anche di socializzazione, nella quale sarà presentato anche una pubblicazione “Niente balle in pentola” edito da Effigi e Coop
Amiatina, che come redazione seguiremo e di cui daremo conto nel prossimo nu-
mero della rivista. Di una
cosa siamo però già certi: servirà a rafforzare le conoscenze e i legami di socialità
della cooperativa, rendendo
tutti più consapevoli e impegnati nel perseguire con passione e determinazione gli
obiettivi economici e sociali
che la cooperativa si è data
nella sua storia, continuando
il lavoro di chi li ha preceduti.
COLORA IL TUO NATALE
Un ricordo di Gianluca
di Giuliano Vannini
Nel corso dell’ultimo
saluto a Gianluca
Cerrina
Feroni,
scomparso prematuramente dopo
breve malattia Gianluca è stato paragonato ad un diesel,
ad indicare la sua
costanza, potenza, perseveranza, anche
se un po’ lento a mettersi in moto. Questa
osservazione mi trova d’accordo per le
qualità dell’uomo ma non per il tipo di
motore. Ho infatti ripensato al breve periodo che Gianluca ha trascorso alla presidenza dell’Associazione delle Cooperative
di Consumatori del Distretto Tirrenico;
in pratica circa sei mesi, prima di assumere
un altro e più alto incarico nel mondo
cooperativo. In quel tempo ero responsabile amministrativo del Cis, il consorzio
di servizi delle piccole e medie cooperative
toscane di consumatori e, come tutti i
funzionari dell’associazione, fui contattato
per esprimere le mie idee in merito al futuro delle cooperative e dell’attività dell’associazione. Non nego una certa preoccupazione per quell’incontro: io, funzionario amministrativo di una struttura
poco più che provinciale, abituato a rapportarmi con la gente semplice dei consigli
di amministrazione delle piccole coope-
rative, in quel momento mi trovavo invece
a dover esporre le mie idee ad un onorevole, deputato per tre legislature.
Gianluca ascoltò con molta attenzione le
mie proposte, demolendo fin da sotto le
fondamenta quel muro di timore reverenziale che la diversità di esperienza e
competenza aveva costruito nella mia
mente e mi trovai subito a mio agio con
una sintonia con quell’interlocutore così
importante, che poche altre volte ho provato al primo incontro. Un diesel? Semmai
un turbo diesel e con il turbo, si sa, le
prestazioni sono più pronte e potenti e
progressive, ma si consuma di più ed i
motori durano di meno. È successo così
anche per Gianluca, ma le soddisfazioni
di chi l’ha conosciuto e l’ha potuto apprezzare lavorandoci insieme sono state
anche queste di un livello superiore: proprio come di un turbo. Ciao Gianluca è
stato bello conoscerti e lavorare con Te,
anche se per un tempo troppo, troppo
breve.
La redazione di Coopinforma esprime
le sue condoglianze alla famiglia per
la prematura scomparsa di Gianluca.
Abbiamo lavorato con lui per molti
anni e ne abbiamo apprezzato la passione, le capacità politiche, l’umanità,
l’attaccamento ai valori della cooperazione e del mondo del lavoro. Grazie
Gianluca per quello che ci hai dato.
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Progetto promosso dalla Commissione Pari Opportunità di Legacoop Nazionale con il supporto di COOPFOND
e con il contributo di CAMST
T, CCFS, Cooperativa sociale 29 Giugno.