Materiale Scuola Forense - Fondazione Forense di Perugia

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Materiale Scuola Forense - Fondazione Forense di Perugia
Cass. civ. Sez. III, 18-08-2011, n. 17365 (rv. 619120)
Tumolo c. Organizzazione Giovanni Pecoraro i Maria Letizia Pecoraro s.a.s. ed Altr
RESPONSABILITA' PATRIMONIALE
RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE - Conservazione della garanzia patrimoniale - Revocatoria
ordinaria (azione pauliana) - Condizioni e presupposti (esistenza del credito, "eventus damni,
consilium fraudis et scientia damni") - Contratti preliminare e definitivo di compravendita Elementi oggettivo e soggettivo richiesti dall'art. 2901 cod. civ. - Collocazione temporale relativa
rispetto ai contratti anzidetti - Individuazione - Fondamento
In tema di azione revocatoria ordinaria di un contratto definitivo di compravendita di un bene
promesso in vendita, la sussistenza dell'"eventus damni" rispetto al creditore procedente va valutata
in riferimento al momento della stipula del contratto definitivo, verificandosi soltanto in tale
momento il compimento di un atto dispositivo del patrimonio del debitore; per contro, l'elemento
soggettivo richiesto dall'art. 2901 cod. civ. in capo all'acquirente va valutato, invece, in relazione al
momento della stipula del contratto preliminare, dovendosi contemperare, in ossequio alla "ratio"
dell'azione revocatoria, la garanzia patrimoniale dei creditori con l'affidamento del terzo nello
svolgimento della propria autonomia privata. (Rigetta, App. Bari, 26/02/2009)
(testo della sentenza)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETTI Giovanni Battista - Presidente
Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere
Dott. ARMANO Uliana - Consigliere
Dott. CARLUCCIO Giuseppa - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
T.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, C/0 STUDIO SPACCATROSI VIA DELLA
FERRATELLA IN LATERANO 33, presso lo studio dell'avvocato FRANCO CONSOLI (Studio
Spaccatrosi), rappresentato e difeso dall'avvocato COLUCCI NICOLA giusta mandato a margine
del ricorso;
- ricorrente contro
ORGANIZZAZIONE GIOVANNI PECORARO DI MARIA LETIZIA PECORARO & C SAS
(OMISSIS) (già Organizzazione G. Pecoraro & C. S.a.s.), in persona del legale rappresentante pro
tempore sig.ra P.M. L., elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO GUIDO MARTINA 1, presso
lo studio dell'avvocato BAGLIVO ANNUNZIATA, rappresentata e difesa dagli avvocati
INGLETTI GENNARO, PLACI' NICOLINA ASSUNTA giusta delega a margine del
controricorso;
- controricorrenti e contro
L.D. (OMISSIS);
- intimato avverso la sentenza n. 182/2009 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 26/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/06/2011 dal Consigliere Dott.
GIUSEPPA CARLUCCIO;
udito l'Avvocato PLACI' NICOLINA ASSUNTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso
per rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. L'Organizzazione Giovanni Pecoraro di Maria Letizia Pecoraro & C. sas vedeva rigettata dal
Tribunale di Lucera l'azione revocatoria ordinaria proposta rispetto alla vendita - effettuata in data
26 luglio 1995 da L.D. a T.L. - di due fondi, pignorati dalla società, con atto notificato al L. il 21
dello stesso mese, per il recupero coattivo di un credito (pari a circa L. 6 milioni) giudizialmente
accertato.
2. In accoglimento dell'impugnazione proposta dalla società, la Corte di appello di Bari dichiarava
inefficace nei confronti della stessa il contratto di compravendita stipulato tra il L. e il T. il 26 luglio
1995 (sentenza 26 febbraio 2009).
3. Avverso la suddetta sentenza il T. propone ricorso per cassazione con tre motivi, corredati da
quesiti ed esplicati da memoria. Resiste con controricorso l'Organizzazione Giovanni Pecoraro di
Maria Letizia Pecoraro & C. sas. Il L., ritualmente intimato, non si difende.
Motivi della decisione
1. La sentenza impugnata si fonda sulle argomentazioni essenziali che seguono.
Qualora l'atto impugnato con azione revocatoria è un contratto di compravendita immobiliare, i
requisiti richiesti dalla legge vanno accertati con riferimento alla data della stipula del suddetto
contratto e non con riferimento alla data dell'eventuale pregresso preliminare di vendita, il quale,
non producendo effetti traslativi, non si configura come atto di disposizione del patrimonio.
Conseguentemente, sono irrilevanti - a prescindere dall'inopponibilità alla società per essere prive di
data certa - le scritture private, datate 31 marzo 1989 e 22 agosto 1991, prodotte dal T. a
dimostrazione che la vendita era avvenuta in adempimento di due distinti e antecedenti contratti
preliminari.
Rispetto alla data della vendita sussistono i requisiti oggettivi e soggettivi previsti per il buon esito
della revocatoria.
Pacifico è l'eventus damni.
Trattandosi di atto a titolo oneroso successivo al sorgere del credito tutelato, è sufficiente la mera
consapevolezza del debitore alienante e del terzo acquirente dell'idoneità dell'atto a recare
pregiudizio alle ragioni creditorie (c.d. scientia damni). Non occorrono, pertanto il consilium fraudis
e la partecipano fraudis, richiesti per la diversa ipotesi di atti pregiudizievoli anteriori al sorgere del
credito tutelato. La prova della scientia damni può essere fornita da più presunzioni semplici e,
anche, da una sola, purchè grave e precisa; nella specie sussistono diversi elementi indiziari.
Innanzitutto, la notevole sproporzione tra il prezzo del rogito e il valore di mercato accertato dalla
consulenza, rispetto alla quale il T. non ha neppure dedotto la parziale simulazione, mentre nessun
rilievo ha la linea difensiva accennata relativa ai miglioramenti apportati. Tanto più se si considera
che il T., essendo stato coltivatore degli stessi fondi, era in grado di apprezzarne personalmente il
valore; tale circostanza connota la suddetta presunzione del requisito della gravità e della
precisione. Comunque, nella specie, emergono altri indizi concordanti: a) la circostanza che il L. si
è spogliato contestualmente degli unici beni immobili di proprietà (cinque giorni dopo la notifica
del pignoramento) in un contesto in cui non possedeva neanche beni mobili (come risulta dai
verbali di pignoramento negativi dell'abitazione e del laboratorio artigianale), senza aver ricevuto
alcun sollecito all'adempimento dal presunto promissario acquirente; b) la circostanza che il T.,
abitando in un piccolo centro (con circa tremila persone), ed essendo creditore sulla base dei pretesi
preliminari di vendita (avendo già versato il corrispettivo, secondo il suo assunto) era
presumibilmente informato delle disagiate condizioni economiche del L., che aveva dismesso anche
l'attività artigianale; c) l'esistenza nel contratto di incongrue e inconsuete clausole, quali la
distinzione tra consegna materiale e cessione del possesso e il riferimento a pregressi compensi per
la produzione di grano, che sembrano inserite per neutralizzare eventuali azioni revocatorie.
2. Con il primo motivo il T. deduce la violazione degli art. 1351 c.c. e art. 2901 c.c. , comma 1, n.
2, in riferimento all'art. 360 c.p.c. , n. 3, nella parte in cui la Corte di merito non ha ritenuto che,
nell'ipotesi di contratto di vendita stipulato in esito ad un preliminare, mentre l'eventus damni va
accertato rispetto al contratto definitivo, la scientia damni dell'acquirente va accertata rispetto al
momento della stipula del preliminare, atteso che la stipula del definitivo non costituisce una libera
scelta, ma un atto dovuto in forza dell'obbligazione precedentemente assunta.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2704 cod. civ.
, in riferimento all'art. 360 c.p.c. , n. 3, nella parte in cui la Corte - ai fini della opponibilità delle
scritture contenenti i preliminari, prive di data certa - non avrebbe considerato che, non essendo
tassative le ipotesi previste dal citato articolo, la prova avrebbe potuto essere raggiunta con
testimonianze, così omettendo di esaminare quelle assunte, attestanti la coincidenza tra l'immissione
del T. nel possesso dei fondi e la data dei preliminari. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la
violazione e falsa applicazione dell'art. 2729 cod. civ. e dell'art. 116 cod. proc. civ. , in riferimento
all'art. 360 c.p.c. , n. 3, sostanzialmente censurando la sentenza di merito nella valutazione
effettuata delle presunzioni e per l'omesso esame delle prove testimoniali.
3. I motivi vanno esaminati congiuntamente, stante la stretta connessione.
3.1. Preliminarmente, è opportuno procedere ad un rapida ricognizione dei principi affermati dalla
giurisprudenza della Corte, rilevanti nella specie, in tema di: a) esercizio dell'azione revocatoria ex
art. 2901 cod. civ. nei confronti del contratto definitivo di vendita e in presenza di un preliminare;
b) condizioni di rilevanza di altri fatti che, ai sensi dell'art. 2704 cod. civ. , stabiliscono in modo
certo l'anteriorità della formazione del documento ai fini della opponibilità a terzi di documenti
privi di data carta.
4. Sulla prima questione (sub a), è principio da lungo tempo consolidato, quello secondo cui non
sono soggetti a revocatoria, a norma dell'art. 2901 cod. civ. , comma 3 gli atti compiuti in
adempimento di un'obbligazione (cosiddetti atti dovuti) e, di conseguenza, anche i contratti conclusi
in esecuzione di un contratto preliminare (o di un negozio fiduciario), non essendosi in tali casi in
presenza di una decisione dell'agente caratterizzata da arbitrarietà, salvo che sia provato il carattere
fraudolento del negozio con cui il debitore abbia assunto l'obbligo poi adempiuto (Cass. 18 ottobre
1991, n. 11025).
Conseguentemente, si è escluso che tra gli atti non soggetti a revocatoria,, in quanto compiuti in
adempimento di un'obbligazione, rientrino gli atti di vendita di immobili locati ad uso non abitativo,
per i quali venga esercitato il diritto di prelazione da parte del conduttore. In tal caso il locatore,
solo se decide di vendere, liberamente determinandosi in tal senso, è obbligato a vendere al
conduttore che si avvalga del diritto di prelazione, con la conseguenza che, nel concorso delle
condizioni previste dall'art. 2901 cod. civ. , detta vendita è revocabile ad istanza del creditore del
locatore che abbia alienato l'immobile.
Parallelamente e conseguentemente, si è escluso che il contratto preliminare di vendita di un
immobile, non producendo effetti traslativi e non essendo perciò configurabile quale atto di
disposizione del patrimonio, fosse assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria; azione
proponibile, invece, nei confronti dell'eventuale contratto di compravendita successivamente
stipulato, rispetto ai quali va accertata la sussistenza dei presupposti della revocatoria (Cass. 15
ottobre 2004, n. 20310).
Negli ultimi anni (Cass. 16 aprile 2008, n. 9970; ripresa da Cass. 20 agosto 2009, n. 18528, in
motivazione) l'attenzione della Corte ha avuto modo di soffermarsi e distinguere nettamente il
momento rilevante per l'accertamento del profilo oggettivo (eventus damni) e quello rilevante per il
profilo soggettivo, rispetto all'azione revocatoria esercitata nei confronti del contratto definitivo di
vendita, preceduto da preliminare. L'esistenza dell'eventus damni, cioè della realizzazione di una
diminuzione del patrimonio del venditore o del pericolo del suo depauperamento, con conseguente
pregiudizio per il soddisfacimento dei crediti vantati dai terzi nei confronti del debitore - venditore,
va valutata, secondo la Corte, al momento della stipula del contratto definitivo, Tanto deriva dalla
natura stessa dell'azione revocatoria che, oggettivamente, è intesa a rimuovere un effetto
pregiudizievole per i creditori derivante dal compimento di un atto dispositivo del patrimonio del
debitore.
Invece, l'esistenza del presupposto soggettivo, va valutata al momento della stipula del preliminare.
Dal raccordo della tutela accordata alla conservazione della garanzia patrimoniale per i creditori, in
ragione della quale l'azione revocatoria costituisce uno strumento di forte impatto sull'autonomia
privata, e la tutela dell'affidamento del terzo, nella possibilità di obbligarsi con la stipulazione di un
contratto cui ha interesse, discende, secondo la Corte (v. in motivazione Cass. n. 9970 del 2008),
che il momento rilevante ai fini della valutazione della sussistenza di tale requisito soggettivo del
terzo è necessariamente quello in cui si consuma la sua libera scelta e, quindi, quello del
preliminare. Solo rispetto a quel momento rileva lo stato soggettivo di buona fede, con conseguente
irrilevanza della successiva consapevolezza della potenzialità lesiva dell'atto che andrà a stipulare.
In estrema sintesi, dalla giurisprudenza di legittimità risulta il seguente principio: Qualora l'azione
revocatoria, ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. , abbia per oggetto il contratto definitivo di vendita di un
bene promesso in vendita, la sussistenza dell'eventus damni rispetto al creditore procedente va
valutata rispetto al momento della stipula del contratto definitivo, verificandosi solo in tale
momento il compimento di un atto dispositivo del patrimonio del debitore; mentre, l'elemento
soggettivo richiesto dall'art. 2901 cod. civ. in capo all'acquirente (nelle diverse configurazioni
rilevanti secondo la previsione legislativa), va valutato rispetto al momento della stipula del
preliminare, dovendosi contemperare, per rispettare la ratio dell'azione revocatoria, la garanzia
patrimoniale dei creditori con l'affidamento del terzo nello svolgimento della propria autonomia
privata.
4.1. Diverso è, naturalmente, l'assetto normativo e, conseguentemente, giurisprudenziale, nel caso
in cui il preliminare di vendita si colleghi alla revocatoria fallimentare ( art. 67 legge fallimentare).
In tale ambito - che non rileva nella specie all'attenzione della Corte - presupposti soggettivi e
oggettivi vanno accertati rispetto al contratto definitivo, ma è anche revocabile il preliminare; del
tutto diverse sono le previsioni del legislatore e la loro ratio, volta alla tutela della par condicio
creditorum.
4.2. La Corte di merito non ha applicato i suddetti principi stabiliti dalla giurisprudenza di
legittimità in materia di azione revocatoria ordinaria, proposta nei confronti di un contratto
definitivo di vendita quando lo stesso è preceduto da un preliminare. Secondo i quali, - fermo
restando che l'azione può concernere solo il contratto definitivo - l'eventus damni va verificato
rispetto alla data del definitivo, mentre l'elemento soggettivo deve essere accertato rispetto al
preliminare. Ritenendo, - attraverso il non appropriato richiamo di pronunce della Cassazione
concernenti la revocatoria fallimentare (come risulta dal testo integrale delle stesse) e la revocatoria
ordinaria nei confronti del preliminare di vendita - che eventus damni e scientia damni vanno
entrambi verificati all'epoca della stipulazione del definitivo, il giudice di merito non ha affrontato,
coerentemente secondo la prospettiva prescelta, divenendo lo stesso irrilevante, il profilo della
opponibilità ai terzi dei due preliminari, pacificamente privi di data certa. Infatti, solo
incidentalmente, senza che tale affermazione avesse alcuna valenza sulla decisione presa, la Corte
di merito ha rilevato la non opponibilità delle scritture ai terzi in mancanza di data certa.
Conseguentemente, mentre la sentenza impugnata va corretta rispetto all'errore in diritto suddetto,
diventa rilevante il profilo della opponibilità a terzi delle scritture private contenenti i preliminari di
vendita, dovendosi verificare se, nella specie, sussistono scritture opponibili ai terzi, rispetto alle
quali potrebbe valere l'indagine del profilo soggettivo dell'azione revocatoria.
5. Va, allora, affrontata la seconda questione giuridica rilevata in premessa (sub b) nel 3.1.), relativa
all'art. 2704 cod. civ. Premesso che nella specie è incontestata la mancanza di data certa, ai sensi di
tutte le condizioni previste dall'art. 2704 cod. civ. , rileva solo la giurisprudenza relativa a un altro
fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento. E' vero
che, secondo la giurisprudenza consolidata, l'art. 2704 cod. civ. non contiene una elencazione
tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticata deve ritenersi certa
rispetto ai terzi, e lascia al giudice di merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza di un
fatto, diverso dalla registrazione, idoneo, secondo l'allegazione della parte, a dimostrare la data
certa; fatto che può essere oggetto di prova per testi o per presunzioni (da ultimo Cass. 22 ottobre
2009, n. 22430).
Ma, in mancanza di una delle situazioni tipiche di certezza contemplate dalla prima parte della
citata norma, la giurisprudenza di questa Corte richiede, rigorosamente, che si deduca e dimostri un
fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l'anteriorità della formazione del documento.
Pertanto, la suddetta dimostrazione può avvalersi anche di prove per testimoni o presunzioni, ma a
condizione che esse evidenzino un fatto munito di tale attitudine, non anche quando tali prove siano
rivolte, in via indiziaria ed induttiva, a provocare un giudizio di mera verosimiglianza della data
apposta sul documento (Cass. 22 novembre 2007, n. 24329; Cass. 11 ottobre 1985, n. 4945).
5.2. Nella specie, come già chiarito, la Corte di merito non si è pronunciata sulla attitudine dei fatti allegati dalla parte e provati (secondo la prospettazione del ricorrente) mediante testimonianze - a
stabilire in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento. Di tanto si duole il
ricorrente (con il secondo motivo), ma, come pure sopra chiarito, tale valutazione sarebbe stata
superflua rispetto alla tesi giuridica sostenuta dalla Corte di merito.
5.3. L'idoneità dei fatti allegati dal ricorrente può essere valutata in questa sede dal giudice di
legittimità - proprio perchè si tratta di valutazione alla luce de principio di diritto suddetto - al fine
di riscontrare l'interesse del ricorrente all'accoglimento del primo motivo di ricorso (con
conseguente ipotetica rimessione al giudice di merito per la valutazione dei fatti diversi allegati ai
fini della opponibilità a terzi dei preliminari).
Ritiene il collegio che, emergendo, dalla prospettazione del ricorrente (nel secondo motivo), che il
fatto diverso allegato, e da sottoporre alla valutazione del giudice mediante le testimonianze già
acquisite, concerne la detenzione e il possesso dei fondi da parte del T., in epoca coincidente con la
stipulazione dei preliminari, e il suo comportarsi come proprietario, anche mediante il ricorso al
lavoro di terzi nella coltivazione, risulta evidente - già in astratto - la non univocità di tale
allegazione rispetto alla certezza dell'anteriorità richiesta dalla giurisprudenza di legittimità ed, anzi,
la sua idoneità astratta a non approdare oltre un giudizio di mera verosimiglianza, stante la
riconducibilità dei comportamenti del T. a rapporti obbligatori diversi dalla stipula di un preliminare
con immissione anticipata nella detenzione del bene.
Pertanto, risponde a principi di economia processuale - in ragione del principio di ragionevole
durata del processo di cui all'art. 111 Cost. , che impone di evitare l'inutile dispendio di attività
processuali - valutata l'astratta inidoneità delle allegazioni difensive del T., rispetto al fatto diverso
rilevante per la opponibilità a terzi dei preliminari privi di data certa, rigettare i primi due motivi del
ricorso, correggendo nel senso suddetto la motivazione.
6. Resta da esaminare il terzo motivo, per il profilo che attiene alla valutazione delle presunzioni
effettuata dal giudice del merito rispetto al momento della conclusione del definitivo. Unico dato
temporale oramai rilevante, stante la non opponibilità delle scritture contenenti i preliminari.
Tale motivo è inammissibile perchè, pur deducendo violazione di legge, in realtà si lamentano vizi
motivazionali, senza che la censura assuma le caratteristiche proprie del vizio di motivazione,
attraverso la denuncia di contraddittorietà o insufficienze su fatto decisivo, idonee a incidere sulla
decisione. Si propone, in definitiva, una valutazione diversa e a sè favorevole degli elementi fattuali
che, invece, risultano esaminati dal giudice di merito con motivazione completa e immune da vizi
logici (v. sintesi sub 1 motivazione).
7. In conclusione, il ricorso va rigettato e la sentenza impugnata corretta nel senso suddetto. Le
spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna T.L. al pagamento, in favore
dell'Organizzazione Giovanni Pecoraro di Maria Letizia Pecoraro & C. sas, delle spese processuali
del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle
spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 18 agosto 2011
Cass. civ. Sez. III Sent., 16-04-2008, n. 9970 (rv. 602786)
E.G. c. D.M.T.
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
Contratto preliminare
RESPONSABILITA' PATRIMONIALE
RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE - CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA
PATRIMONIALE - REVOCATORIA ORDINARIA (AZIONE PAULIANA) - CONDIZIONI E
PRESUPPOSTI (ESISTENZA DEL CREDITO, "EVENTUS DAMNI, CONSILIUM FRAUDIS
ET SCIENTIA DAMNI") - Contratto preliminare di vendita di immobile - Soggezione all'azione
revocatoria - Esclusione - Limiti - Fondamento - Fattispecie.
Non sono soggetti a revoca ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. gli atti compiuti in adempimento di
un'obbligazione (cosiddetti atti dovuti) e, quindi, anche i contratti conclusi in esecuzione di un
contratto preliminare o di un negozio fiduciario, salvo che sia provato il carattere fraudolento del
negozio con cui il debitore abbia assunto l'obbligo poi adempiuto, essendo la stipulazione del
negozio definitivo l'esecuzione doverosa di un "pactum de contrahendo" validamente posto in
essere ("sine fraude") cui il promissario non potrebbe unilateralmente sottrarsi. (Nella specie la
S.C., in applicazione del riportato principio, ha confermato la sentenza impugnata di rigetto della
domanda ex art. 2901 cod. civ. proposta in relazione ad un contratto di vendita di un immobile
stipulato in esecuzione di un precedente contratto preliminare, evidenziando che la verifica della
sussistenza dell'"eventus damni" va compiuta con riferimento alla stipulazione definitiva mentre il
presupposto soggettivo del "consilium fraudis" va valutato con riferimento al contratto preliminare).
(Rigetta, App. Roma, 15 Aprile 2003)
FONTI
Mass. Giur. It., 2008
CED Cassazione, 2008
Nuova Giur. Civ., 2008, 11, 1, 1352 nota di MARTONE
Notariato, 2010, 2, 144 nota di CAVAZZANA, CEVASCO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE 14772/2004
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FILADORO Camillo - Presidente
Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere
Dott. FICO Nino - Consigliere
Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere
Dott. BISOGNI Giacinto - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso n. 12703/04 R.G. proposto da:
E.G., elettivamente domiciliata in Roma viale delle Milizie 9, presso lo studio dell'avvocato
GEDERICO BIANCA, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- ricorrente contro
D.M.T., elettivamente domiciliata in Roma via Giovanni Aldini 3, presso lo studio dell'avvocato
BONAMICI RENZO che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente P.C., elettivamente domiciliato in. Roma via Brofferio 3, presso lo studio dell'avvocato Francesco
Caracciolo di Sarno che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente - sul ricorso n. 13625/04 R.G. proposto da:
D.M.T.;
- ricorrente incidentale nei confronti di:
E.G., P.C.;
- intimati e sul ricorso n. 14772/04 R.G. proposto da:
P.C.;
- ricorrente incidentale nei confronti di:
E.G., D.M.T.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1868/03 della Corte d'Appello di Roma, seconda sezione civile emessa il
12/03/03, depositata il 15/04/03; RG. 5066/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/02/08 dal Consigliere Dott.
Giacinto BISOGNI;
udito l'Avvocato Francesco Caracciolo Di Sarno, in proprio e per delega dell'avv.to Bonamici;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha
concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbiti i ricorsi incidentali.
Svolgimento del processo
E.G. citava in giudizio, ai sensi dell'art. 2901 c.c. , davanti al Tribunale di Rieti, la debitrice D.M. e
il compratore di un immobile di proprietà della D., P.C., sostenendo che la vendita aveva
compromesso la sua possibilità di soddisfazione del credito e chiedendo la dichiarazione di
inefficacia della vendita nei suoi confronti.
Il Tribunale di Rieti accoglieva la domanda e compensava le spese.
La D. e il P. proponevano appello principale e la E. appello incidentale contro la sentenza.
La Corte di appello di Roma accoglieva l'appello principale e rigettava l'incidentale, compensando
le spese processuali dei due gradi di giudizio. I giudici di appello ritenevano rilevante, al fine di
escludere la fondatezza dell'azione revocatoria, la circostanza per cui l'atto di vendita del 31 gennaio
1991 fu preceduto e costituì l'esecuzione di un contratto preliminare stipulato il 19 novembre 1990
nonchè la prova dell'ignoranza da parte del promissorio acquirente, al momento della stipula del
preliminare, dell'esistenza di una obbligazione cambiaria della D. nei confronti della E..
Ricorre per cassazione la E. affidandosi a tre motivi di impugnazione.
Si difendono con controricorsi e ricorsi incidentali D.M.T. e P.C..
Motivi della decisione
I ricorsi vanno riuniti.
Con il primo motivo di ricorso si deduce la falsa applicazione degli artt. 2901 e 2932 c.c..
Con il secondo motivo di ricorso si deduce la insufficiente e contraddittoria motivazione su un
punto decisivo della controversia.
Con questi due motivi la ricorrente si duole della esclusione dell'elemento del consilium fraudis
nonostante la consapevolezza da parte del terzo, che procedette alla stipula del contratto definitivo,
del carattere pregiudizievole del suo acquisto per il creditore.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 2704 c.c. , e della
insufficienza e contraddittorietà della motivazione. La ricorrente ritiene non correttamente valutata,
ai sensi dell'art. 2704 c.c. , e inidoneamente motivata da parte del giudice di appello l'acquisizione
di una prova certa in ordine alla ignoranza della situazione debitoria della D. da parte del P. al
momento della stipula del preliminare.
Con il ricorso incidentale condizionato la D. fa valere la circostanza per cui il denaro ricavato
dall'acquisto fu impiegato per estinguere precedenti situazioni debitorie. Il P. a sua volta deduce con
il suo ricorso incidentale che la Corte di appello ha errato nel ritenere estranea alla controversia (e
non invece litisconsorte necessaria) la moglie coniugata in regime di comunione legale dei beni.
I primi due motivi del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta
connessione logica e giuridica.
La giurisprudenza risalente di questa Corte (cfr. Cassazione civile sezione 1^, n. 1094 del 16
maggio 1962, Rv. 251822 e Cassazione civile sezione 2^ n. 11025 del 18 ottobre 1991, Rv. 474271)
ha affermato che non sono soggetti a revoca a norma dell'art. 2901 c.c. , comma 3, i c.d. atti dovuti
ovvero gli atti compiuti in adempimento di un'obbligazione (e in particolare i contratti conclusi in
esecuzione di un preliminare (o di un negozio fiduciario) salvo che sia provato il carattere
fraudolento del negozio con cui il debitore abbia assunto l'obbligo poi adempiuto. E ciò perchè la
stipulazione del negozio definitivo non è che l'esecuzione doverosa di un pactum de contraendo,
validamente posto in essere (sine fraude) cui il promissario non potrebbe unilateralmente sottrarsi.
Non sono in contrasto con questo indirizzo giurisprudenziale, ma a ben vedere lo confortano, le
pronunce più recenti di cui alle sentenze n. 20310/2004 (Cassazione civile sezione 2^, n. 20310 del
15 ottobre 2004, Rv. 5,77709) e n. 15625/2006 (Cassazione civile sezione 3^, n. 15625 del 4 luglio
2006, Rv. 591447). Con la prima di tali decisioni si è escluso che il contratto preliminare (nella
specie non eseguito) possa costituire l'oggetto di una azione revocatoria perchè il contratto
preliminare non produce effetti traslativi e conseguentemente non è configurabile come atto di
disposizione del patrimonio assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria. Quest'ultima ha invece
ad oggetto il contratto definitivo stipulato in adempimento del preliminare. Solo al momento della
stipula del contratto definitivo infatti può essere compiutamente valutata l'esistenza dell'eventus
damni ovverosia la realizzazione di una diminuzione del patrimonio del venditore o del pericolo del
suo depauperamento con conseguente pregiudizio per il soddisfacimento dei crediti vantati dai terzi
nei confronti del debitore - venditore. Tale affermazione è pienamente condivisibile e attiene alla
natura stessa dell'azione revocatoria che, oggettivamente, è intesa a rimuovere un effetto
pregiudizievole per i creditori derivante dal compimento di un atto dispositivo del patrimonio del
debitore. Dunque il compimento di un atto negoziale come il contratto preliminare di vendita, che
ha una portata dispositiva solo potenziale e futura, non è idoneo a porre in essere le condizioni per
l'esperimento dell'azione revocatoria e, in ogni caso, anche quando esso sia stato eseguito,
realizzando, con la stipula del contratto definitivo, il presupposto potenziale della disposizione
patrimoniale, non costituirà l'oggetto dell'azione revocatoria. La verifica della sussistenza del
requisito dell'eventus damni dovrà essere compiuta con riferimento all'atto (e al momento) della
stipulazione definitiva che riducendo il patrimonio immobiliare del debitore pone in essere il
concreto pericolo di un effetto lesivo per il ceto creditorio. Un diverso discorso va invece compiuto
per quanto riguarda il presupposto soggettivo del consilium fraudis. L'azione revocatoria costituisce
uno strumento di forte impatto sull'autonomia privata a tutela delle ragioni creditorie. Tale ratio non
arriva però sino a basare il presupposto di operatività dell'azione solo su una considerazione
oggettiva degli effetti dell'atto. In tanto l'azione revocatoria può operare in quanto rispetti
contemporaneamente l'affidamento dei terzi nella conclusione dell'atto. La tutela di tale affidamento
trova la sua identificazione in uno stato soggettivo di buona fede che precipuamente viene
identificato nell'assenza dell'elemento del consilium fraudis. Si tratta in sostanza di garantire
l'operatività della tutela revocatoria solo in quanto essa sia in grado di rispettare la tutela
dell'affidamento del terzo nella possibilità di obbligarsi con la stipulazione di un contratto cui ha
interesse. Il momento rilevante ai fini della valutazione della sussistenza di tale requisito soggettivo
è quindi necessariamente quello in cui si consuma la libera scelta del terzo. Nel caso in cui la
vendita si compia attraverso lo strumento del contratto preliminare non potrà che essere con
riferimento a tale contratto che la sussistenza del requisito soggettivo dovrà essere valutata. E' in
questo momento infatti che va operata la valutazione di priorità della tutela da accordare alla
conservazione della garanzia patrimoniale per i creditori o alla conservazione della scelta negoziale
del terzo. E' quindi improprio e inconferente rispetto alla ratio e alla tipologia rimediale dell'azione
revocatoria ritenere che il terzo che, successivamente al preliminare, abbia avuto consapevolezza
della potenzialità lesiva dell'atto che andrà a stipulare sia costretto a richiedere la risoluzione del
contratto per sottrarsi a tale cooperazione con il debitore nella perpretazione dell'eventus damni. Il
terzo è infatti, al momento in cui diventa consapevole della lesività dell'atto, titolare di un diritto
acquisito in buona fede al trasferimento del bene rispetto al quale la tutela dell'integrità del
patrimonio del debitore diventa necessariamente sub-valente proprio perchè scopo e funzione
dell'azione revocatoria è quello di rendere inefficace gli atti perpretati in danno delle ragioni dei
creditori. Al contrario la buona fede al momento della stipulazione del preliminare rende
definitivamente estraneo il terzo al consilium fraudis.
A tale interpretazione sembra del tutto aderente la seconda sentenza citata la quale, partendo dal
riconoscimento della giurisprudenza risalente della Corte di cassazione sulla esclusione della
soggezione a revocatoria dei contratti conclusi dal debitore in esecuzione di un contratto
preliminare (sine fraude), ritiene invece soggetto a revocatoria l'atto di vendita di un immobile
locato rispetto al quale operi il vincolo di prelazione in favore del conduttore. La Corte enfatizza a
tal fine il carattere discrezionale della scelta del debitore di vendere o meno l'immobile (mentre è
vincolata la scelta dell'acquirente) e la contrappone alla consumazione di tale libertà nel caso di
previa stipulazione di un contratto preliminare che, sembra il caso di aggiungere ai fini del discorso
che si sta svolgendo, rende rilevante lo stato soggettivo del terzo ponendo eventualmente i descritti
presupposti per la tutela del suo affidamento in buona fede.
Può a questo punto esaminarsi il terzo motivo di ricorso con il quale piuttosto oscuramente la
ricorrente ritiene non rispettato il disposto dell'articolo 2704 cod. civ. nella valutazione della prova
della insussistenza del consilium fraudis. Va escluso in primo luogo che la motivazione sul punto
sia affetta da insufficienza o contraddittorieta. Al contrario la motivazione appare assolutamente
lineare e comprensibile. La Corte di appello rileva che la consapevolezza della lesività dell'atto
derivò al P., secondo quanto risulta dalla prova testimoniale espletata, da una notizia che ebbe nel
periodo successivo al 6 gennaio 1991. La Corte di appello ricerca quindi, richiamandosi all'art.
2704 c.c. , un elemento estraneo al contratto preliminare che dia carattere di certezza alla sua data.
Ritrova tale elemento nella richiesta di mutuo effettuata dal P. in cui si indica alla banca l'oggetto
del contratto, il prezzo e la promittente venditrice e, specificamente, lo ritrova nella data apposta
alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, sottoscritta dal P. e autenticata dal funzionario
comunale di M.S. in data 19 novembre 1990, dichiarazione che venne allegata alla domanda di
mutuo. La Corte ha compiuto una valutazione discrezionale del materiale probatorio, che le era
riservata, conformemente a una delle ipotesi attributive di certezza della data della scrittura privata,
la cui sottoscrizione non è stata autenticata, e cioè la verificazione di un fatto che stabilisca
egualmente in modo certo l'anteriorità della formazione del documento. Tale valutazione si basa
sulla strumentalità e la contestualità della dichiarazione sostitutiva, avente data certa e allegata,
come si è detto alla richiesta di mutuo, da cui risulta inequivocabilmente l'avvenuta assunzione
degli obblighi propri del contratto preliminare. Si tratta di una valutazione di merito incensurabile in
questa sede e che è stata adottata all'esito di un iter formativo della decisione reso manifesto in
maniera esaustiva e non contraddittoria dalla motivazione.
Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente assorbimento dei ricorsi incidentali.
Le spese del giudizio di cassazione sostenute dai controricorrenti vanno poste a carico della E. e
sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
i e rigetta il ricorso principale, assorbiti i ricorsi incidentali, condanna la ricorrente al pagamento, in
favore di ciascuno dei controricorrenti, delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate,
per ciascuno di essi, in complessivi Euro 1.600,00 di cui 100,00, Euro per spese, oltre spese generali
e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 febbraio 2008.
Depositato in Cancelleria il 16 aprile 2008
Cass. civ. Sez. III, 12-05-2015, n. 9595 (rv. 635312)
Marani F e altri c. Aspra Finance Spa
Preliminare di vendita per persona da nominare e azione revocatoria
VENDITA - Promessa di vendita - Preliminare di vendita per persona da nominare - Revocatoria
dell'acquisto del nominato - Stati soggettivi - Valutazione - Criteri
In tema di preliminare di vendita per persona da nominare, ove l'acquisto del terzo per "electio
amici" del promissario acquirente sia impugnato in revocatoria, l'elemento soggettivo richiesto
dall'art. 2901, primo comma, n. 2, cod. civ. deve essere valutato riguardo al nominato e al momento
di accettazione della nomina, mentre, se tale valutazione dà esito negativo, prevalgono gli stati
soggettivi del nominante, trovando applicazione l'art. 1391 cod. civ. (Rigetta, App. Perugia,
12/05/2011)
FONTI
CED Cassazione, 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARLEO Giovanni - Presidente Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere Dott. CIRILLO Francesco Maria - Consigliere Dott. VINCENTI Enzo - rel. Consigliere Dott. PELLECCHIA Antonella - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 26732/2011 proposto da:
M.L. ((OMISSIS)), MA.FR. ((OMISSIS)) e C.C. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA GERMANICO 99, presso lo studio dell'avvocato PATRIZIA MARIA CONSUELO
SANGUEDOLCE, rappresentati e difesi dagli avvocati PECCHIOLI Luigi e GIOVANNI
RONDINI giuste rispettive procure speciali a margine del ricorso;
- ricorrenti contro
UNICREDIT CREDIT MANAGEMENT BANK S.P.A., quale incorporante di ASPRA FINANCE
S.P.A., in persona del Dott. F.C., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DELLA CROCE
ROSSA, 2, presso lo studio dell'avvocato RICCARDO TROIANO, rappresentata e difesa
dall'avvocato CESARINI Gianluca, giusta procura in calce al controricorso;
- controricorrente avverso la sentenza n. 271/2011 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 12/05/2011,
R.G.N. 302/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/02/2015 dal Consigliere Dott.
ENZO VINCENTI;
udito l'Avvocato PATRIZIA MARIA CONSUELO SANGUEDOLCE per delega;
udito l'Avvocato RICCARDO TROIANO per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha
concluso per l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
Svolgimento del processo
1. - La Unicredito Gestione Crediti S.p.A. agì in giudizio nei confronti di m.n., C.C., Ma.
F. e M.L. al fine di ottenere, ai sensi dell'art. 2901 c.c. , la declaratoria di inefficacia del contratto
definitivo di compravendita immobiliare, stipulato con rogito del 16 aprile 2004, con il quale il Ma.
e la M. (fideiussori della Marani s.r.l. per finanziamenti a questa concessi dalla società attrice e
successivamente debitori della medesima per Euro 99.992,67 in forza di decreto ingiuntivo emesso
il 22 giugno 2004) avevano alienato al C., a seguito di preliminare per persona da nominare
stipulato il 26 febbraio 2004 con la m., la nuda proprietà di un magazzino e di due fabbricati di
civile abitazione per un prezzo complessivo (già corrisposto) di Euro 65.000,00, con riserva
dell'usufrutto generale del primo in favore di M.A. (padre di M.L.) e del diritto di abitazione
vitalizia dei secondi in favore dei convenuti Ma. e M..
1.1. - L'adito Tribunale di Perugia, respinte le richieste istruttorie dei convenuti, con sentenza
dell'aprile 2003, dichiarata la carenza di legittimazione passiva di m.n. (per essersi la stessa limitata
alla stipula del preliminare avente efficacia soltanto obbligatoria ed inidoneo a determinare il
trasferimento dei beni immobili), in accoglimento della domanda attorea, dichiarò l'inefficacia del
contratto di compravendita, con condanna degli altri convenuti al pagamento delle spese
processuali.
2. - Avverso tale sentenza proponevano impugnazione C. C., Ma.Fr. e M.L., che la Corte di appello
di Perugia, previa estromissione del giudizio della Unicredit Corporate Bank S.p.A., per esser
intervenuta in suo luogo la Aspra Finance S.p.A., rappresentata dalla Unicredit Crediti Management
Bank S.p.A., respingeva con sentenza resa pubblica il 12 maggio 2011.
2.1. - La Corte territoriale, rigettata la richiesta degli appellanti di ammissione di prova testimoniale
(in quanto avente ad oggetto circostanze "di per sè non incompatibili, anche se in ipotese vere, con
la situazione accertata in sentenza"), osservava che era "pacifica la qualità di debitori della Banca
degli alienanti e certo il pregiudizio" a quest'ultima derivante "dalla alienazione di tutto il loro
patrimonio immobiliare, considerata la notevole entità del credito, anch'essa non contestata".
2.2. - Quanto al requisito della scientia damni, il giudice di appello, ritenuta "evidente" la
consapevolezza degli alienanti di recare pregiudizio alle ragioni del creditore (in quanto garanti
dell'esposizione debitoria della società Marani, avendo quindi venduto tutto il loro patrimonio
immobiliare solo pochi giorni dopo la revoca degli affidamenti alla società garantita), reputava che
"altrettanto evidente" fosse una tale consapevolezza in capo all'acquirente, giacchè, "a prescindere
dalla congruità del prezzo, la presenza di usufrutto e di un diritto di abitazione gravante sulla
proprietà rendeva praticamente impossibile rivendere i beni ad un prezzo apprezzabilmente
superiore a quello di acquisto", là dove, peraltro, l'età dei riservatari non era "così veneranda da
indurre ad ipotizzare probabile un loro decesso nel breve periodo".
3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorrono con unico atto C.C., Ma.Fr. e M.L., affidando le
sorti dell'impugnazione a due motivi.
Resiste con controricorso, illustrato da memoria, la Unicredit Credit Management Bank S.p.A.
(quale incorporante della Aspra Finance S.p.A.).
Motivi della decisione
1. - Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 5, violazione e
falsa applicazione degli artt. 2901, 2932 e 2697 c.c. , "per avere l'impugnata sentenza
immotivatamente, ingiustamente e contraddittoriamente omesso di valutare: a) che il contratto
definitivo oggetto di revocatoria dei primi giudici è stato stipulato in esecuzione di precedente
contratto preliminare e, dunque, non è revocabile; b) l'esistenza della scientia fraudis in capo al
terzo contraente, dopo averla esclusa in capo al promissario acquirente sua dante causa".
La Corte territoriale avrebbe errato nel revocare l'atto di compravendita giacchè atto dovuto per
esser stato stipulato in adempimento di un'obbligazione e cioè in esecuzione del precedente
contratto preliminare tra il Ma. e la M., promittenti venditori, e la m., promissaria acquirente.
Inoltre, in relazione al presupposto soggettivo dell'azione revocatoria, il relativo accertamento
avrebbe dovuto essere compiuto in capo alla m., giacchè da correlarsi al momento in cui "si
consuma la libera scelta del terzo" e, dunque, all'atto del contratto preliminare: m. che era stata
l'unico soggetto "ad avere avuto contatti sia con i venditori che con l'acquirente".
Tuttavia, a seguito della declaratoria di carenza di legittimazione passiva della stessa m., quale
statuizione passata in cosa giudicata in difetto di impugnazione, nessun accertamento era stato
compiuto circa la consapevolezza del terzo di arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie, quale
requisito che non poteva "sussistere di certo in capo al C., subentrato alla m.
solamente al momento della stipula del definitivo". Dunque, rispetto alla m., che aveva stipulato il
preliminare e che "aveva ceduto la propria posizione contrattuale al C." (con il quale era stato
stipulato il contratto definitivo), doveva reputarsi "presupposta la buona fede" sicchè, essendo costei
l'"unico soggetto in capo al quale l'accertamento" del consilium fraudis "avrebbe dovuto essere
compiuto", la compravendita non poteva essere revocata.
Peraltro, neppure nei confronti del C. era stata dimostrata la sussistenza della conoscenza del
pregiudizio arrecato al creditore, non potendo le presunzioni operare in una indagine "psicologica"
e, comunque, non essendo idonei "ad indagare sulla sfera soggettiva del terzo acquirente" gli
elementi valorizzati dal giudice del merito.
1.1. - Il motivo è infondato, anche se la motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo è
conforme a diritto, va integrata come segue.
1.2. - In ipotesi di azione revocatoria ordinaria ( art. 2901 c.c. ), che abbia ad oggetto come atto
dispositivo del patrimonio del debitore una vendita immobiliare attuatasi secondo la scansione
contratto preliminare/contratto definitivo, trova applicazione, secondo l'orientamento al quale,
ormai stabilmente, fa capo la giurisprudenza di questa Corte, il principio di diritto di seguito
evidenziato.
La sussistenza dell'eventus damni rispetto al creditore procedente va valutata rispetto al momento
della stipula del contratto definitivo, verificandosi solo in tale momento il compimento di un atto
dispositivo del patrimonio del debitore; mentre, l'elemento soggettivo richiesto dall'art. 2901 c.c. ,
in capo al terzo acquirente (nelle diverse configurazioni rilevanti secondo la previsione legislativa),
va valutato rispetto al momento della stipula del preliminare, dovendosi contemperare, per rispettare
la ratio dell'azione revocatoria, la garanzia patrimoniale dei creditori con l'affidamento del terzo
nello svolgimento della propria autonomia privata (così da ultimo Cass., 18 agosto 2011, n. 17365;
in precedenza, nello stesso senso, Cass., 16 aprile 2008, n. 9970 e Cass., 20 agosto 2009, n. 18528;
nella medesima prospettiva, anche Cass., 18 ottobre 1991, n. 11025).
1.3. - Un siffatto orientamento, che distingue, nella dinamica dell'accertamento dei presupposti
dell'azione revocatoria esercitata nella specifica fattispecie di alienazione di bene già promesso in
vendita, il profilo oggettivo della diminuzione del patrimonio del debitore (il venditore) o del
pericolo del suo depauperamento dal profilo soggettivo del consilium fraudis, esibisce convincenti
giustificazioni (segnatamente, declinate dalla citata Cass. n. 9970 del 2008, da cui le citazioni che
seguono), che il Collegio intende ribadire.
L'ancoraggio dell'accertamento dell'esistenza dell'eventus damni al momento della stipula del
contratto definitivo si correla alla stessa natura dell'azione revocatoria, quale intesa, oggettivamente,
a rimuovere un effetto pregiudizievole per i creditori derivante dal compimento di un atto
dispositivo del patrimonio del debitore: là dove il preliminare di vendita "ha una portata dispositiva
solo potenziale e futura", è soltanto con il contratto definitivo che si determina la riduzione del
patrimonio immobiliare del debitore e che, dunque, si realizza "il concreto pericolo di un effetto
lesivo per il ceto creditorio".
Diversamente, quanto al presupposto soggettivo dell'azione revocatoria, la stessa configurazione di
tale rimedio impone di contemperare il profilo oggettivo degli effetti dell'atto pregiudizievole (a
carattere oneroso) con l'affidamento dei terzi nella conclusione dell'atto stesso, dovendosi quindi
"garantire l'operatività della tutela revocatoria solo in quanto essa sia in grado di rispettare la tutela
dell'affidamento del terzo nella possibilità di obbligarsi con la stipulazione di un contratto cui ha
interesse".
Sicchè, nel disegno codicistico, la tutela del terzo si sostanzia nella ricorrenza di "uno stato
soggettivo di buona fede che precipuamente viene identificato nell'assenza dell'elemento del
consilium fraudis". E il "momento rilevante ai fini della valutazione della sussistenza di tale
requisito soggettivo è quindi necessariamente quello in cui si consuma la libera scelta del terzo".
Pertanto, in caso di vendita di bene promesso, il requisito soggettivo dell'azione revocatoria non
potrà che essere accertato in riferimento al momento di conclusione del contratto preliminare,
giacchè è questo il momento in cui si risolve "la valutazione di priorità della tutela da accordare alla
conservazione della garanzia patrimoniale per i creditori o alla conservazione della scelta negoziale
del terzo". Terzo che, una volta impegnatosi in buona fede a vendere in forza del contratto
preliminare, non può essere costretto, ove acquisti successivamente la consapevolezza della
potenzialità lesiva dell'atto, "a richiedere la risoluzione del contratto per sottrarsi a tale
cooperazione con il debitore nella perpetrazione dell'eventus damni", giacchè esso terzo è ormai
"titolare di un diritto acquisito in buona fede al trasferimento del bene rispetto al quale la tutela
dell'integrità del patrimonio del debitore diventa necessariamente sub-valente proprio perchè scopo
e funzione dell'azione revocatoria è quello di rendere inefficace gli atti perpetrati in danno delle
ragioni dei creditori".
Dunque, "la buona fede al momento della stipulazione del preliminare rende definitivamente
estraneo il terzo al consilium fraudis".
1.4. - La centralità, sempre in tema di azione revocatoria ordinaria, che riveste l'elemento della
libertà negoziale - la cui definitiva consumazione, come detto, segna il discrimine tra possibilità, o
meno, di dare rilievo a stati soggettivi che si formino successivamente a detto momento - trova
ulteriori conferme nella giurisprudenza di questa Corte.
Si è difatti affermato (Casa., 4 luglio 2006, n. 15265) che, "tra gli atti non soggetti a revoca a norma
dell'art. 2901 c.c. , comma 3, in quanto compiuti in adempimento di un'obbligazione (cosiddetti atti
dovuti), quali i contratti conclusi in esecuzione di un contratto preliminare di vendita, non rientrano
gli atti di vendita di immobili locati ad uso non abitativo, per i quali venga esercitato il diritto di
prelazione da parte del conduttore. In tal caso il locatore, solo se decide di vendere, liberamente
determinandosi in tal senso, è obbligato a vendere al conduttore che si avvalga del diritto di cui alla
L. n. 392 del 1978, art. 38, con la conseguenza che, nel concorso delle condizioni previste dall'art.
2901 c.c. , detta vendita è revocabile ad istanza del creditore del locatore che abbia alienato
l'immobile".
Ciò sul presupposto che l'azione revocatoria "è diretta a colpire gli atti che il debitore compia
superando i limiti della sfera di libertà che gli è assegnata; non sono, pertanto, suscettibili di
revocazione gli atti in relazione ai quali il debitore non ha margini di discrezionalità e, cioè, gli atti
che egli è tenuto a compiere per adempiere un'obbligazione".
Del resto, è nella stessa ratio dell'art. 2901 c.c. , comma 3 - secondo cui "non è soggetto a revoca
l'adempimento di un debito scaduto" - che la libertà negoziale opera da discrimine tra atto
revocabile o meno, giacchè la non revocabilità in esso prevista attiene (per non essere astrattamente
configurabili gli estremi dell'eventus damni e del consilium fraudis) ai soli atti di adempimento in
senso stretto del debito scaduto, "in quanto non forieri di una modificazione patrimoniale volontaria
comportante rischi di compromissione delle ragioni di altri creditori". Con la conseguenza che la
costituzione di ipoteca è ben revocabile, in quanto "non si configura come atto dovuto, poichè la
doverosità deve essere intesa in senso tecnico-giuridico di vincolo all'adempimento di
un'obbligazione già in precedenza assunta e tale non è la prestazione di garanzia convenuta ex novo
o prestata volontariamente" (Cass., 25 novembre 2002, n. 16570; analogamente, Cass., 16 marzo
2010, n. 6321).
1.5. - I principi innanzi rammentati devono trovare peculiare applicazione nella fattispecie oggetto
di controversia, che presenta connotati diversi, e singolari, rispetto ai casi in cui la giurisprudenza
sopra richiamata ha avuto modo di pronunciarsi.
Nel caso di specie è incontroverso, in forza dell'accertamento compiuto dalla sentenza impugnata,
che, tra i promittenti venditori Ma. e M. e la promissaria acquirente m., è stato stipulato un contratto
preliminare di compravendita immobiliare "per persona da nominare" e che in sede di stipula del
contratto definitivo la m. provvedeva alla electio amici nei confronti del C., il quale, nel medesimo
contesto, l'accettava.
In questo senso convergono pacificamente anche le allegazioni delle parti in causa, essendo gli
stessi ricorrenti ad insistere nella circostanza che il C. è "subentrato alla m.
solamente al momento della stipula del definitivo" (p. 9 ricorso) e che tale ultimo contratto "venne
realizzato tra i signori Ma. e M., nella veste di venditori, e il sig. C. nella veste di acquirente, che si
incontravano per la prima e unica volta dinanzi al Notaio" (p. 12 ricorso).
1.6. - Come più volte affermato da questa Corte, il "tratto peculiare del contratto per persona da
nominare" ( art. 1401 c.c. ), in cui la riserva di nomina del terzo determina una parziale
indeterminatezza soggettiva del contratto a soggetto alternativo, va ravvisato nel "subentrare nel
contratto di un terzo - per effetto della nomina e della sua contestuale accettazione - che, prendendo
il posto del contraente originario (lo stipulante), acquista i diritti ed assume gli obblighi correlativi
nei rapporti con l'altro contraente (promittente) determinando, inoltre, la contemporanea fuoriuscita
dal contratto dello stipulante, con effetto retroattivo, per cui il terzo si considera fin dall'origine
unica parte contraente contrapposta al promittente e a questa legata dal rapporto costituito
dall'originario stipulante" (Cass., 17 marzo 1995, n. 3115;
analogamente, tra le tante, Cass., 10 ottobre 2002, n. 14460; Cass., 30 ottobre 2009, n. 23066;
Cass., 21 marzo 2013, n. 7217).
1.7. - Sicchè, nella specie - diversamente dall'ipotesi di alienazione di un bene immobile già
promesso in vendita, in cui non vi è mutamento delle parti che abbiano stipulato sia il contratto
preliminare, che quello definitivo l'esistenza di un contratto preliminare di vendita "per persona da
nominare", che ha visto realizzarsi gli effetti della dichiarazione di nomina ( art. 1404 c.c. ) in sede
di conclusione del contratto definitivo, non consente, anzitutto, di ritenere "terzo" ai fini dell'azione
revocatoria il soggetto (la m.) che ha stipulato il contratto preliminare, giacchè detto "terzo" va
individuato nella persona dell'accettante la dichiarazione di nomina (il C.), che ha acquistato i diritti
ed assunto gli obblighi "derivanti dal contratto con effetto dal momento in cui questo fu stipulato"
(art. 1404 cit.), determinando la fuoriuscita dallo stesso contratto dell'originario stipulante il vincolo
preliminare.
Nel caso all'esame, "terzo" è unicamente l'acquirente C., il quale soltanto, del resto, si è
avvantaggiato dell'atto di disposizione patrimoniale (alienazione dei beni immobili) dei debitori Ma.
e M., venditori dei beni medesimi.
1.8. - Quanto allo stato soggettivo rilevante ai fini della revoca dell'atto dispositivo pregiudizievole,
trova rilievo, nella fattispecie, il regime che il codice civile stabilisce in materia di rappresentanza,
con la disciplina recata dall'art. 1391 c.c..
Un siffatto approdo è coerente, infatti, con la stessa giurisprudenza di questa Corte (Cass., 15
dicembre 1987, n. 9301;
Cass., 4 ottobre 1983, n. n. 5777) secondo cui, nel contratto per persona da nominare, i rapporti tra
il dichiarante e la persona nominata sono regolati dalla disciplina della rappresentanza volontaria e
il contraente che si è riservata la facoltà di nomina assume la funzione di rappresentante del terzo
nell'arco di tempo che corre dalla conclusione del contratto alla dichiarazione di nomina.
Peraltro, la dottrina che non condivide pienamente una siffatta impostazione, per la sua pervasiva
attrazione dell'intero operare dell'istituto del contratto per persona da nominare nell'alveo dei
principi della rappresentanza, ammette che a tali principi debba comunque farsi ricorso una volta
che la dichiarazione di nomina abbia avuto effetto.
1.9. - Nella prospettiva appena delineata rileva anzitutto dell'art. 1391 c.c. , comma 2, il quale
radica sulla persona del rappresentato (e, dunque, del nominato accettante) la rilevanza dello stato di
mala fede o di conoscenza (di "determinate circostanze", come si esprime dello stesso art. 1391 c.c.
, comma 1), che impedisce allo stesso di giovarsi dello stato di ignoranza ("di determinate
circostanze") o di buona fede del rappresentante.
La buona fede o l'ignoranza (su "determinate circostanze") del rappresentato sposta, invece, la
verifica sugli stati soggettivi (buona fede, mala fede o ignoranza) del rappresentante, che, in tal
caso, prevalgono.
In tale precipua ottica, fatta propria da autorevole dottrina, si colloca la stessa giurisprudenza di
questa Corte, allorquando ha affermato che, "nella ipotesi di un negozio concluso a mezzo di
rappresentante, e qualora trattasi di rappresentanza volontaria, la malafede del rappresentato prevale
a norma dell'art. 1391 c.c. , comma 2, sulla eventuale buona fede del rappresentante, non potendo il
rappresentato trarre profitto dalla propria malizia" (Cass., 29 ottobre 1963, n. 2874).
1.10. - Una siffatta conclusione si presta, del resto, a soddisfare l'esigenza - in precedenza
evidenziata - di tutela dell'affidamento del terzo nell'ambito dell'azione revocatoria ordinaria di atto
dispositivo a titolo oneroso. Esigenza che, nella singolare fattispecie oggetto di scrutinio, orienta la
verifica sullo stato soggettivo rilevante ex art. 2901 c.c. , anzitutto sulla persona nominata che ha
accettato l'electio amici, e con riferimento al momento in cui l'accettazione è avvenuta, perchè è in
questo momento che il terzo - ossia il nominato - consuma la propria libertà negoziale, in forza del
cui esercizio viene poi ad acquistare i diritti e ad assumere gli obblighi contrattuali ex tunc. Sicchè,
è in riferimento al nominato, e nel momento dell'accettazione della nomina, che - come detto -, in
applicazione del citato art. 1391 c.c. , andrà verificato che detto "terzo" abbia, o meno, la
consapevolezza del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie dall'atto dispositivo del debitore
ovvero sia partecipe della sua dolosa preordinazione (a seconda che l'atto a titolo oneroso anzidetto
sia o meno anteriore al sorgere del credito: art. 2901 c.c. , comma 1, n. 2).
Ove una tale verifica dia esito negativo, prevarranno allora gli stati soggettivi dello stipulante, sui
quali dovrà spostarsi l'indagine.
E' evidente, peraltro, che restano comunque immutati gli oneri di allegazione e prova imposti dalla
fattispecie legale di cui all'art. 2901 c.c..
1.11. - Così integrata la motivazione in diritto della Corte territoriale, risulta in ogni caso
correttamente indirizzata l'indagine dalla stessa effettuata in riferimento allo stato soggettivo del C.,
quale terzo acquirente degli immobili venduti dai Ma. e M..
Verifica che muove da una premessa che non è stata affatto investita da impugnazione in questa
sede (dovendosi, pertanto, ritenere ormai non più suscettibile di essere messa in discussione) e che
attiene alla anteriorità del credito della banca rispetto all'atto di disposizione patrimoniale oggetto
dell'azione revocatoria (p. 9 sentenza impugnata, in cui la circostanza è data per "pacifica e
comunque documentata"). Di qui, pertanto, la valutazione del profilo soggettivo in termini di c.d.
scientia damni, ossia di consapevolezza da parte del terzo del pregiudizio arrecato al creditore, la
cui prova può essere fornita tramite presunzioni, l'apprezzamento delle quali è devoluto al giudice
di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato (tra le tante, Cass., 17
agosto 2011, n. 17327; Cass., 5 marzo 2009, n. 5359).
Nella specie, il giudice di appello ha correttamente ed adeguatamente fatto uso della prova
presuntiva, in coerenza con il principio di regolarità causale al quale tale riscontro deve informarsi,
evidenziando a tal fine non solo che veniva alienato da parte dei debitori "tutto il loro patrimonio
immobiliare" (p. 9 della sentenza impugnata) - ciò che, per la giurisprudenza di questa Corte (ex
plurimis, Cass., 25 luglio 2013, n. 18034), già integra l'esistenza e la consapevolezza in re ipsa sia
in capo al debitore, che al terzo acquirente, del pregiudizio patrimoniale arrecato alle ragioni
creditorie -, ma anche la presenza di una previsione contrattuale (conosciuta anche dal "nominato"
terzo acquirente) di riserva di usufrutto e di diritto di abitazione sulle proprietà alienate, alla quale si
accompagnava la circostanza che i riservatari avevano una età che non faceva ipotizzare come
probabile "un loro decesso nel breve periodo".
Trattasi, quindi, di motivazione che si sottrae alle censure dei ricorrenti, le quali, del resto, si
pongono su un piano di assoluta astrattezza, senza impingere nella concretezza delle ragioni
espresse dal giudice del merito, e, dunque, come tali non sono in grado di scalfirne la portata.
2. - Con il secondo mezzo è prospettata "violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. , in
relazione all'art. 2901 c.c..
Contraddittorietà della ordinanza di rigetto delle richieste istruttorie, difetto di prova circa la
scientia fraudis".
La Corte territoriale avrebbe errato a non rigettare la domanda attorea in assoluto difetto di prova
circa i requisiti richiesti dall'art. 2901 c.c. , in punto di "conoscenza del pregiudizio per le ragioni
del creditore", da parte di debitore e terzo, la cui sussistenza avrebbe dovuto esser dimostrata dalla
banca attrice.
Inoltre, non sarebbe "condivisibile l'ordinanza di rigetto delle istanze istruttorie" avanzate dagli
allora appellanti, giacchè le prove richieste, ove ammesse, "avrebbero consentito di far luce
sull'animis del terzo contraente" e sul fatto che promissario acquirente ed acquirente definitivo
erano entrambi estranei "alle motivazioni che avevano spinto i venditori a stipulare l'atto".
2.1. - Il motivo non può trovare accoglimento.
Quanto alla censura in tema di onere probatorio, è sufficiente rinviare alle considerazioni già svolte
in sede di scrutinio del motivo che precede, che danno contezza invece del raggiungimento, nel caso
di specie, della prova circa la consapevolezza di debitori e terzo sul pregiudizio arrecato alla banca
dalla compravendita dei beni immobili dei primi (rispetto ai quali debitori la Corte territoriale
evidenzia, sebbene non fosse necessario, anche un quid pluris rispetto alla mera consapevolezza e
cioè anche la preordinazione dell'atto a "sottrarre il bene alla eventualità di un'azione esecutiva": p.
10 sentenza impugnata). Con la precisazione che le doglianze dei ricorrenti non colgono la ratio
decidendi là dove insistono sul requisito del dolo o della preordinazione dell'atto al fine di
pregiudicare il soddisfacimento del credito, trattandosi nella specie - come già accertato - di azione
revocatoria di atto dispositivo a titolo oneroso successivo al sorgere del credito.
In riferimento, poi, alla censura che attiene alla mancata ammissione della prova, essa, prima ancora
che infondata, è inammissibile, posto che i ricorrenti non hanno indicato specificamente le
circostanze che formavano oggetto della prova stessa, al fine di consentire alla Corte il controllo
della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse che, per il principio di
autosufficienza del ricorso, il giudice di legittimità deve essere in grado di compiere solo sulla base
delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini
integrative (tra le tante, Cass., sez. un., 22 dicembre 2011, n. 28336).
3. - Il ricorso va, dunque, rigettato e i ricorrenti solidalmente condannati, ai sensi dell'art. 385 c.p.c.
, comma 1, al pagamento in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio
di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento, in favore della
società controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi
Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di
Cassazione, il 6 febbraio 2015.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2015
Cass. civ. Sez. III, 25-07-2013, n. 18034 (rv. 627751)
Maini c. Sanpaolo Imi S.p.A. e altri
RESPONSABILITA' PATRIMONIALE
RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE - Conservazione della garanzia patrimoniale - Revocatoria ordinaria
(azione pauliana) - Condizioni e presupposti (esistenza del credito, "eventus damni, consilium fraudis et
scientia damni") - Vendita contestuale di una pluralità di beni da parte del debitore - Pregiudizio
patrimoniale - Consapevolezza del debitore e del terzo - Sussistenza "in re ipsa" - Subacquirenti - Prova
della "scientia fraudis" - Ragionevole possibilità - Sufficienza
In tema di azione revocatoria ordinaria, nel caso in cui il debitore disponga del suo patrimonio mediante
vendita contestuale di una pluralità di beni, devono ritenersi "in re ipsa" l'esistenza e la consapevolezza
(sua e dei terzi acquirenti) del pregiudizio patrimoniale che tali atti arrecano alle ragioni del creditore, ai fini
dell'esercizio da parte di quest'ultimo dell'azione pauliana, mentre, per i subacquirenti, la prova della
"scientia fraudis" può essere desunta come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di
normalità, da una molteplicità di fatti noti connessi tra loro, come nel caso in cui il primo acquirente, legato
da vincolo familiare al venditore-debitore, a breve distanza abbia rivenduto tutti i beni acquistati. (Rigetta,
App. Milano, 23/02/2006)
FONTI
CED Cassazione, 2013
Cass. civ. Sez. III, 21-06-1999, n. 6248
Paticchio c. Monte Paschi Siena
CREDITORE
In tema di azione revocatoria ordinaria, nel caso in cui il debitore disponga del suo patrimonio mediante
vendita contestuale di una pluralità di beni, l'esistenza e la consapevolezza sua e dei terzi acquirenti del
pregiudizio patrimoniale che tali atti recano alle ragioni del creditore ai fini dell'esercizio da parte di
quest'ultimo dell'azione pauliana, sono "in re ipsa".
FONTI
Mass. Giur. It., 1999
Cass. civ. Sez. III, 06-04-2005, n. 7104 (rv. 581681)
Revocatoria ordinaria in genere
In tema di azione revocatoria ordinaria, nel caso in cui il debitore disponga del suo patrimonio mediante
vendita contestuale di una pluralità di beni, devono ritenersi "in re ipsa" l'esistenza e la consapevolezza
(sua e dei terzi acquirenti) del pregiudizio patrimoniale che tali atti arrecano alle ragioni del creditore, ai fini
dell'esercizio da parte di quest'ultimo dell'azione pauliana.
FONTI
Mass. Giur. It., 2005
CED Cassazione, 2005
Cass. civ. Sez. III, 29-05-2013, n. 13447 (rv. 626640)
Mazzanti c. Banca Mps S.p.A. e altri
RESPONSABILITA' PATRIMONIALE
RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE - Conservazione della garanzia patrimoniale - Revocatoria ordinaria
(azione pauliana) - Condizioni e presupposti (esistenza del credito, "eventus damni, consilium fraudis et
scientia damni") - Requisito soggettivo - Prova per presunzioni - Vincolo di parentela tra il disponente ed il
terzo - Rilevanza - Limiti
La convinzione del giudice di merito che, in tema di azione revocatoria ordinaria, desuma l'intento di
sottrarre il bene ai creditori dal rapporto di parentela esistente tra il disponente ed il terzo è logica e
congrua, laddove tale rapporto - che di per sé solo può essere più o meno significativo in relazione al
contesto in cui si colloca - si caratterizzi per la coabitazione tra le medesime parti, riguardi parenti stretti
(nella specie, di madre e figlia) e non risulti alcun altro motivo oggettivo idoneo a rendere ragione del
trasferimento. (Rigetta, App. Catania, 07/05/2007)
FONTI
CED Cassazione, 2013
Cass. civ. Sez. III, 26-07-2005, n. 15603 (rv. 584892)
Polimeno c. La Fondiaria Assicurazioni SpA ed altro
Revocatoria ordinaria
in genere
RESPONSABILITA' PATRIMONIALE - CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA PATRIMONIALE - REVOCATORIA
ORDINARIA (AZIONE PAULIANA) - AMBITO OGGETTIVO - Trasferimento della proprietà di un bene in
adempimento dell'obbligo di mantenimento - Rilevanza dello scopo dell'atto - Esclusione - Soggezione alla
revocatoria - Sussistenza.
FAMIGLIA - MATRIMONIO - SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI - EFFETTI - ASSEGNO DI
MANTENIMENTO - IN GENERE - Adempimento - Trasferimento della proprietà di un bene - Azione
revocatoria - Ammissibilità.
L'art. 2740 cod. civ., dispone che il debitore risponde con tutti i suoi beni dell'adempimento delle proprie
obbligazioni, a prescindere dalla loro fonte, e quindi anche se le stesse derivino dalla legge, come l'obbligo
di mantenimento del coniuge e dei figli minori; contemporaneamente, l'art. 2901 cod. civ. tutela il
creditore, rispetto agli atti di disposizione del proprio patrimonio posti in essere dal debitore, senza alcun
discrimine circa lo scopo ulteriore avuto di mira dal debitore nel compimento dell'atto dispositivo; sono
pertanto soggetti all'azione revocatoria anche gli atti aventi un profondo valore etico e morale, come quello
con cui il debitore, per adempiere il proprio obbligo di mantenimento nei confronti dei figli e del coniuge,
abbia trasferito a quest'ultimo, a seguito della separazione, la proprietà di un bene.
FONTI
Mass. Giur. It., 2005
CED Cassazione, 2005
Cass. civ. Sez. I, 07-06-2013, n. 14420 (rv. 626597)
F.Lli Iorio di Tommaso Iorio s.n.c. c. Curatela Fall. Romini S.r.l.
RESPONSABILITA' PATRIMONIALE
RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE - Conservazione della garanzia patrimoniale - Revocatoria ordinaria
(azione pauliana) - Ambito oggettivo - Adempimento di debito scaduto - Revocabilità - Esclusione Fondamento - Alienazione con destinazione del prezzo al soddisfacimento di debiti scaduti - Revoca Ammissibilità - Esclusione - Limiti
L'esenzione dalla revocatoria ordinaria dell'adempimento di un debito scaduto, alla stregua di quanto
sancito dall'art. 2901, terzo comma, cod. civ., traendo giustificazione dalla natura di atto dovuto della
prestazione del debitore una volta che si siano verificati gli effetti della mora ex art. 1219 cod. civ.,
ricomprende anche l'alienazione di un bene eseguita per reperire la liquidità occorrente all'adempimento di
un proprio debito, purché essa rappresenti il solo mezzo per tale scopo, ponendosi in siffatta ipotesi la
vendita in rapporto di strumentalità necessaria con un atto dovuto, così potendosene escludere il carattere
di atto pregiudizievole per i creditori richiesto per la revoca. (Rigetta, App. Napoli, 17/05/2006)
FONTI
CED Cassazione, 2013
Conforme Cass. civ. Sez. III, Sent., 19/04/2016, n. 7747