il progetto per un nuovo secolo americano

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il progetto per un nuovo secolo americano
IL PROGETTO PER UN NUOVO SECOLO AMERICANO
Sabato 11 Ottobre 2008 01:05
di Ilvio Pannullo
La caduta agli inferi di alcuni tra i maggiori istituti di credito statunitensi, con il conseguente
piano di recupero a spese della collettività, è stato definito da alcuni analisti come una sorta di
11 settembre dell’economia. E’ probabile infatti, che esso rappresenti la definitiva messa in crisi
dell’impianto monetarista che aveva caratterizzato le politiche economiche dell’amministrazione
Bush. I rovesci in Afganistan e Iraq e la destabilizzazione del Pakistan in questo momento sono
solo lo sfondo della crisi politica che caratterizza la fine del mandato presidenziale. Che è in
primo luogo la fine di quella lobby neocons che così in profondità ha attraversato i due mandati
presidenziali di George W. Bush. Lo strettissimo legame tra le politiche economiche e militari
del peggior presidente della storia Usa, hanno infatti avuto come centro ispiratore della sua
aggressività internazionale proprio questa sorte di conventicola delinquenziale che tanto ha
contribuito all’ascesa di Bush e alle guerre da lui scatenate in giro per il mondo. Per conoscere
meglio pensieri, parole e opere della lobby neocons, almeno sotto l’aspetto della regia occulta
delle operazioni militari, basta leggere il Sunday Herald del 15 settembre 2002, che pubblicò il
sunto di un documento, redatto due anni prima per conto di alcuni dei principali esponenti
dell'attuale governo americano, che descriveva, in dettaglio, un progetto per la sottomissione
militare del pianeta al dominio statunitense.
Stiamo parlando del notorio documento del PNAC - Project for the New American Century - R
ebuilding America’s Defenses
. Fondato nella primavera del 1997, il Project for the New American Century (Progetto per il
Nuovo Secolo Americano) è un’organizzazione didattica non-profit, il cui scopo ufficiale è
promuovere l’egemonia americana. Il Progetto fu un’iniziativa del New Citizenship Project
(Nuovo Progetto per la Cittadinanza) e vede, ad oggi, William Kristol come suo presidente
mentre Robert Kagan, Devon Gaffney Cross, Bruce P. Jackson e John R. Bolton hanno il ruolo
di consiglieri permanenti. Gary Schmitt ne è il direttore esecutivo.
Se questi nomi possono non dire nulla, si deve sottolineare come, al momento della sua
fondazione, il PNAC fosse, tuttavia, guidato da un gruppo di persone, queste si ,destinate ad
entrare nella storia. Ad ispirare e realizzare il Progetto furono, infatti, Dick Cheney, attuale vice
Presidente degli Stati Uniti; Donald Rumsfeld, ex sottosegretario alla Difesa, costretto poi alle
dimissioni dopo lo scandalo del campo di prigionia di Abu Ghraib; Paul Wolfowitz, ex
vicesegretario della Difesa ed ex Presidente della Banca Mondiale, anche lui costretto a
lasciare il suo posto in seguito ad uno scandalo che lo vide coinvolto in una serie di nomine
decisamente non cristalline; Jeb Bush, fratello di George W. Bush nonché attuale Governatore
della Florida e Lewis Libby, pluricondannato coordinatore dello staff di Dick Cheney.
Il testo fu partorito nel Settembre del 2000 dal think-tank dei neo-conservatori americani,
ovvero dalla squadra che solo quattro mesi dopo, in maniera tutt'altro che limpida, sarebbe
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riuscita a conquistarsi la strada per la Casa Bianca. La filosofia del PNAC era imperniata
sull'idea che fosse necessario approfittare del recente crollo dell'impero sovietico e della
momentanea mancanza di avversari a livello mondiale per garantire all'America, sia
strategicamente che politicamente e militarmente, il controllo indiscusso del pianeta.
La lettura del documento può essere molto esplicativa per capire come la guerra contro l'Iraq
non sia nient’altro che la punta di un iceberg. Gli autori partono della ristrutturazione delle forze
armate americane e dal concetto di difesa per arrivare ai bisogni geopolitici degli Stati Uniti.
Nella sezione” Key Findings” il rapporto elenca quattro missioni per le forze armate degli Stati
Uniti: 1)"difendere i possedimenti nord americani"; 2) "lottare e vincere guerre multiple e
simultanee"; 3)"realizzare lavori di polizia associati alla manutenzione della sicurezza in regioni
critiche"; 4) "trasformare le forze armate degli Stati Uniti per sfruttare la rivoluzione nel campo
militare".
Per arrivare a far compiere alle forze armate nord americane le quattro missioni, il documento
raccomanda investimenti senza freno nel sistema militare, dopo aver constatato il "declino della
potenza militare degli Stati Uniti". Proponeva lo sviluppo di nuove armi, comprese armi
biologiche di nuova generazioni capaci – si legge nel documento – di distruggere "specifici
genotipi". Si auspicava, cioè, uno sforzo economico diretto alla creazione di una sorta di bomba
etnica: un ordigno, dunque, capace di distinguere un determinato tipo di persona destinata ad
essere uccisa in mezzo ad altri individui eletti per sopravvivere.
Nel capitolo V° intitolato “La creazione di una futura forza dominante” (Creating Tomorrow’s
Dominant Force ndr) troviamo, infatti, frasi come: “ … al momento attuale gli Stati Uniti non
hanno alcun rivale a livello globale. Il nostro disegno ultimo deve mirare a prolungare il più
possibile nel futuro questa posizione di vantaggio …”. E ancora: “… Gli Stati Uniti devono
mantenere un esercito in grado di essere dispiegato rapidamente e di vincere
contemporaneamente più guerre su larga scala … bisogna riposizionare le nostre forze ed
adeguarle alle realtà strategiche del XXI° secolo spostando su base permanente le truppe nel
Sud-est Europeo e in Medio Oriente”. Quindi, più avanti, “…il budget annuale dell’esercito deve
crescere fino ad un livello di 90 – 95 miliardi di dollari all’anno e questa trasformazione
dell’esercito va considerata un obiettivo tanto urgente quanto quello di prepararsi allo scenario
bellico di oggi …”.
Ma c’è soprattutto un passaggio illuminante in questo documento che non può che risultare
inquietante alla luce di quanto occorso un anno dopo ed è il seguente: ”Questo processo di
trasformazione, pur portando un cambiamento rivoluzionario, è destinato a durare molto a
lungo, a meno che non intervenga un evento disastroso e catalizzatore come una nuova Pearl
Harbor.” Rileggendo alcuni passaggi del documento conclusivo del PNAC i possibili dubbi circa
la possibilità di un auto-attentato s’infittiscono sotto il peso di una chiara quanto fanatica ed
immorale volontà di dominio.
È infatti dalla lettura di questo testo che molti avvenimenti del nostro tempo sembrano trovare
la giusta interpretazione. Man mano che aumentano, con riferimento ai fatti dell’11/9, gli indizi di
un c.d. “inside job” , aumentano, infatti, anche le indicazioni che a volerlo non fu il governo
americano, ma un gruppo molto ristretto di personaggi: appunto i cosiddetti neocons ovvero
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personaggi la cui alleanza politica risale addirittura a più di 30 anni fa e che oggi occupano i più
importanti ruoli all’interno dell’amministrazione Bush.
A leggerlo non sembra possibile, ma il testo è ovviamente pubblico e la traduzione non
potrebbe essere differente. Questo significa che, un anno prima del crollo delle torri, un gruppo
ristretto di persone, che si sarebbero ritrovate di lì a poco a guidare il popolo americano,
nell’elaborazione dei loro scenari geopolitici riteneva necessario alzare a dismisura il livello di
efficacia militare degli Usa e, di fronte a possibili obiezioni interne, riteneva che queste
sarebbero potute venir meno solo in caso di un attacco militare agli Usa stessi. In qualche modo
giungendo ad auspicare per il bene della nazione un evento da loro stessi definito “catastrofico”.
Questo ovviamente non vale come prova della colpevolezza dei neocons quali responsabili
dei fatti dell’11/9, ma certo che quanto meno si può evincere che non tutti si sono stracciati le
vesti. Se per gli Stati Uniti l’era dell’invincibilità finiva, per alcune lobbies cominciava.
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