Scarica il documento
Transcript
Scarica il documento
“STALKING” Il termine stalking, e quindi di stalker, deriva dal verbo to stalk nel significato di "camminare con circospezione", "camminare furtivamente", "colui che cammina in modo furtivo indicante anche il "cacciatore in agguato". Il termine inglese stalking, suggerito dalla letteratura scientifica specializzata anglofona in tema di molestie assillanti, intende indicare quindi un insieme di comportamenti molesti e continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi del domicilio o degli ambienti comunemente frequentati dalla vittima, ulteriormente reiterati da intrusioni nella sua vita privata alla ricerca di un contatto personale per mezzo di pedinamenti, telefonate oscene o indesiderate. Include, inoltre, l'invio di lettere, biglietti, posta elettronica, SMS e oggetti non richiesti; più difficile è l'attribuzione del reato di stalking a messaggi indesiderati di tipo affettuoso - specie da parte di ex-partner o amici - che può variare a seconda dei casi personali. Oppure producendo scritte sui muri o atti vandalici con il danneggiamento di beni, in modo persistente e ossessivo, in un crescendo culminante in minacce, scritte e verbali, degenerando talvolta in aggressioni fisiche con il ferimento od, addirittura, l'uccisione della vittima. Tutto ciò, o parte di esso se compiuto in modo persistente e tenace in modo da indurre anche solo paura e malessere psicologico o fisico nella vittima, sono atti persecutori, e chi li attua è un persecutore: un soggetto che commette un atto criminale, in alcuni Paesi punito come tale dalla legge. Non esiste una definizione generalmente accettata di stalking, ma così come enunciato da studiosi delle molestie assillanti di lingua anglofona è comunque colui che si "apposta", che "insegue", che "pedina e controlla" la propria vittima. Il termine "inseguimento" è quello più largamente usato e tradotto. Quest'ultima definizione sembra la più vicina al comportamento tipico del molestatore assillante che è, infatti, quello di seguire la vittima nei suoi movimenti per poi intromettersi nella sua vita privata. Un'altra traduzione molto usata di "stalking" è "persecuzione", così come lo stalker è chiamato "persecutore" e la vittima "perseguitato". Il persecutore o stalker può essere un estraneo, ma il più delle volte è un conoscente, un collega, un ex-compagno o ex-compagna che agisce spinto dal desiderio di recuperare il precedente rapporto o per vendicarsi di qualche torto subito. In altri casi ci si trova, invece, davanti a persone con problemi di interazione sociale, che agiscono in questo modo con l'intento di stabilire una relazione sentimentale imponendo la propria presenza e insistendo anche nei casi in cui si sia ricevuta una chiara risposta negativa (vedi infra). Meno frequente il caso di individui affetti da disturbi mentali, per i quali l'atteggiamento persecutorio ha origine dalla convinzione di avere effettivamente una relazione con l'altra persona. Questi soggetti manifestano cioè sintomi di perdita del contatto con la realtà e sette volte su dieci hanno un’organizzazione di personalità borderline[9]. Solitamente questi comportamenti si protraggono per mesi o anni, il che mette in luce l'anormalità di questo genere di condotte. v Lo stalker? Chi è? In base alle varie ricerche che si stanno sviluppando, negli anni, sul fenomeno gli stalker potrebbero inquadrarsi in cinque tipologie: 1) il "risentito", caratterizzato da rancori per traumi affettivi ricevuti da altri a suo avviso ingiustamente (tipicamente un ex-partner di una relazione sentimentale); 2) il "bisognoso d'affetto", desideroso di convertire a relazione sentimentale un ordinario rapporto della quotidianità; insiste e fa pressione nella convinzione che prima o poi l'oggetto delle sue attenzioni si convincerà; 3) il "corteggiatore incompetente", che opera stalking in genere di breve durata, risulta opprimente e invadente principalmente per "ignoranza" delle modalità relazionali, dunque arreca un fastidio praticamente preterintenzionale; 4) il "respinto", rifiutato dalla vittima, caratterizzato dal voler contemporaneamente vendicarsi dell'affronto costituito dal rifiuto e insieme riprovare ad allestire una relazione con la vittima stessa; il "predatore", il cui obiettivo è di natura essenzialmente sessuale, trae eccitazione dal riferire le sue mire a vittime che può rendere oggetto di caccia e possedere dopo avergli incusso paura; è una tipologia spesso riguardante voyeur e pedofili. v Le vittime? Sia del genere maschile che del genere femminile. Tuttavia, gli uomini, generalmente, operano ai danni delle donne, mentre le donne operano ai danni delle altre donne. v I contesti in cui si manifesta? • • • • nel nel nel nel 55% circa nella relazione di coppia; 25% circa in condominio; 5% circa in famiglia (figli/fratelli/genitori); 15% circa sul posto di lavoro/scuola/università NORMATIVA Lo stalking è considerato reato in diversi paesi del mondo. Le norme antipersecuzione sono volte a tutelare le vittime di tutti quegli atti persecutori che, per la loro caratteristica di ripetitività e perduranza nel tempo, provocano nelle persone colpite stati di ansia e paura per la propria incolumità o le costringono ad alterare significativamente le proprie abitudini di vita. In Italia le condotte tipiche dello stalking configurano il reato di "atti persecutori" (art. 612-bis c.p.), introdotto con il D.L. 23 febbraio 2009, n. 11 convertito nella L. 23 aprile 2009 n. 98. Solo di recente, quindi, è stato introdotto nel codice penale una norma che disciplini le fattispecie definite stalking. Il delitto è di competenza del Tribunale monocratico. E’ procedibile a querela della persona offesa o d'ufficio solo in caso di fatto commesso nei confronti di un minore, di una persona disabile o in caso di fatto connesso con altro delitto procedibile d'ufficio. L’arresto è facoltativo; non è previsto il Fermo. Pena prevista: reclusione da sei mesi a quattro anni. La norma introduce nel codice penale l'articolo 612-bis, rubricato "atti persecutori", che al comma 1 recita testualmente: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita » Il nuovo istituto costituisce una sorta di affinamento della preesistente norma sulla violenza privata: delinea infatti in modo più specifico la condotta tipica del reato e richiede che tale condotta sia reiterata nel tempo e tale da «cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura» alla vittima. In Italia, la giurisprudenza, prima dell’introduzione di questa specifica normativa di cui al D.L. in esame, ha tentato di fornire una precisa definizione del fenomeno nei termini che seguono: “commette l’illecito di cui al cd. “stalking”, condotta, peraltro, non ancora prevista e regolamentata, in quanto tale, in maniera idonea ed esaustiva nel nostro ordinamento giuridico nazionale, chiunque, dopo avere (nel caso di specie) leso l’integrità fisica e morale di una persona, la perseguiti, altresì, con pedinamenti serrati ed assillanti, con frequentissimi appostamenti, con intrusioni indebite nella a vita lavorativa, con atti di morbosa invasività e di sottile aggressività, generando nel soggetto passivo uno stato di non irragionevole paura e di continua giustificata grave apprensione ” (C. App. Lecce 28 gennaio 2008, in Dir. Famiglia 2008, 3, 1242). Di conseguenza, prima dell’entrata in vigore del DL 11/09, i singoli comportamenti tipici dello stalking potevano essere ricondotti all’interno di altre fattispecie disciplinate dal codice penale (calunnia, art. 368 c.p.; ingiuria, art. 594 c.p.; minaccia, art. 612 c.p.; danneggiamento, art. 635 c.p.; violazione di domicilio, art. 614 c.p.; violenza privata, art. 610 c.p.; ecc.). Tuttavia, se considerati nel complesso, gli atteggiamenti caratterizzanti la condotta di stalking potevano solo integrare la fattispecie della molestia e disturbo alle persone (art. 660 c.p.), per la quale si prevede soltanto l’arresto fino a sei mesi o una ammenda fino a € 616. Tale pene, ovviamente, avevano un effetto dissuasivo assai limitato. Oggi invece è possibile classificare lo stalking all’interno di una specifica fattispecie di reato (atti persecutori), interpretato da alcuni come “reato abituale”, per il quale, in altre parole, si richiede la reiterazione intervallata di una pluralità di condotte identiche ed omogenee (“condotte reiterate, minaccia o molesta”) che cagionino uno dei tre fatti lesivi previsti dalla norma: stato di ansia e di paura, fondato timore per l’incolumità propria o altrui, modificazione delle abitudini di vita. Oltre alle diverse letture del reato di atti persecutori, il nuovo art. 612- bis c.p. prevede anche delle circostanze aggravanti, basate sulle caratteristiche dello stalker (“coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa”) e/o della vittima (“un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità”). In aggiunta alle previsioni di cui all’art. 612-bis, devono altresì essere esaminate le altre norme contenute nel D.L. 11/2009 che riguardano la fattispecie dello stalking. Innanzitutto, l’art. 8 del D.L. 11/2009 introduce l’ammonimento del questore: fino a quando la persona offesa non propone querela, la stessa ha la facoltà di richiedere al questore un ammonimento nei confronti dello stalker. Si tratta di un richiamo ufficiale, che comporta soltanto la perseguibilità d’ufficio per i successivi atti di stalking eventualmente compiuti da parte del medesimo soggetto. In secondo luogo, è anche prevista l’introduzione dell’art. 282-ter c.p.p., ovvero la misura cautelare (in attesa di giudizio) del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima ovvero dai suoi prossimi congiunti o conviventi. Inoltre, il giudice può anche vietare all’imputato di comunicare con qualsiasi mezzo con la vittima e coi suoi congiunti, oltre che prevedere discrezionalmente modalità di frequentazione di luoghi comuni. Inoltre, attraverso la previsione di una modifica del comma 1-bis dell’art. 392 c.p.p., è stata introdotta la possibilità di procedere con incidente probatorio per gli atti persecutori. Con l’art. 10 del D.L. 11/2009, si porta a un anno il termine di validità del decreto con cui il giudice ordina la cessazione della condotta criminosa, l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento dai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima. Infine, viene istituito un numero verde a sostegno delle vittime, attivo 24 ore su 24, per fornire “un servizio di prima assistenza psicologica e giuridica da parte di personale dotato delle adeguate competenze, nonché di comunicare prontamente, nei casi di urgenza e su richiesta della persona offesa, alle forze dell’ordine competenti gli atti persecutori segnalati”. Oltre agli interventi specifici sul piano penale ed amministrativo, non si può escludere che la tutela delle vittime di stalking possa riguardare anche il piano civile, attraverso la richiesta del risarcimento dei danni esistenziali alla luce delle disposizioni introdotte dal D.L. 11/2009. La normativa sin qui analizzata, sin dai primi giorni ha avuto immediata ed effettiva applicazione. Si pensi al caso di un ragazzo di Genova, denunciato nella serata di sabato 7 marzo 2011 dalla sua ex-ragazza (la norma è entrata in vigore il 24 febbraio 2011), tormentata per settimane dallo stesso dopo averlo lasciato a causa della sua insopportabile gelosia, divenuta ormai maniacale. Infatti, il ragazzo è arrivato addirittura, dopo continue ed insistenti telefonate e domande, ad aggredirla, picchiarla e fratturarle un gomito. E sabato sera la ragazza, dopo un’iniziale indecisione, ha optato per la denuncia per porre fine al suo incubo. Successivamente ci fu un altro arresto concerne un caso analogo, avvenuto a Napoli, cha ha coinvolto un giovane ventiseienne invaghito di una donna più grande di lui, al punto di pedinarla, minacciarla, molestarla telefonicamente e verbalmente, danneggiarle l’autovettura, e suscitare quindi in lei un vero e proprio stato di sofferenza psichica. Alla luce dell’analisi sin qui esposta, sicuramente si può affermare che l’Italia, dopo le diverse proposte di legge avanzate dal 2004 ad oggi, si sia finalmente adeguata ai tanti altri Paesi che da tempo hanno adottato normative ad hoc al fine di contrastare il sempre più dilagante fenomeno dello stalking. Prima della normativa in esame, senz’altro, il codice penale italiano, come su richiamato, si è rilevato inadeguato a tutelare le vittime di molestie messe in atto da parte di exmariti o ex-compagni, ai danni dell’ex-coniuge o dell’ex-compagno abituale, o semplicemente da conoscenti o colleghi o estranei; ed invero, non era possibile inquadrare in un’unica fattispecie le condotte reiterate degli stalkers. Tuttavia, il D.L. 11/2009 fa già molto discutere per alcuni aspetti che lo caratterizzano. Innanzitutto, si registrano osservazioni negative relative alla generale vaghezza che caratterizza la formulazione della disposizione. In aggiunta a ciò, per quanto specificamente concerne l’aggravante prevista al comma 2 dell’art. 612- bis , si osserva che essa è valida solo se lo stalking è commesso ai danni dell’ex-partner, mentre si applica la pena base se a commettere il fatto è l’attuale e compagno della vittima. Di conseguenza, non pare comprensibile perché il rapporto di convivenza possa alleggerire il profilo della pericolosità. Inoltre, un altro punto critico potrebbe essere quello di condizionare la violenza alla presentazione della denuncia da parte della vittima: è noto che spesso la vittima è così impaurita, spaventata o in uno stato di soggezione tale da non avere il coraggio di sporgere denuncia nei confronti del suo aggressore. In ogni caso, sarà compito della giurisprudenza interpretare in maniera adeguata e corretta la normativa sin qui esaminata, al fine di catalogare i comportamenti rientranti nella fattispecie dello stalking e di applicare correttamente la disciplina, nonostante i punti critici su evidenziati e nonostante la difficile ed incompleta conoscenza del fenomeno in tutte le sue più varie sfaccettature e manifestazioni. Dalla lettura delle relazioni di inaugurazione degli ultimi anni giudiziari nelle varie Corti d'Appello della penisola si ricavano dati preoccupanti sul fenomeno che è in aumento. I reati di stalking sono in aumento (80% nel distretto della Corte d'Appello pedopornografia (+50%), a fronte di un associazione a delinquere, di di stampo amministrazione, dei delitti contro la personale. di denunce in più nell'ultimo anno) di Trento, insieme a quelli di significativo decremento dei reati di mafioso, dei reati contro la Pubblica personalità individuale e la libertà Trend molto simile a Brescia, dove sono in aumento stalking e stupri (anche sui minori). I reati di stalking sono stati 577 sull'intero distretto e 271 a Brescia, contro i 215 del periodo precedente. Elevati anche i delitti contro la libertà sessuale: 229 contro i 180 del periodo precedente. In Piemonte si è registrato un aumento record (+1000% rispetto all'anno scorso) di casi di stalking. Nel tribunale di Torino le cause sono salite a 33, a fronte delle tre dell'anno precedente. A Biella i processi sono stati 23, a fronte di zero dell'anno precedente; a Casale Monferrato nove contro zero. Quasi un caso di stalking al giorno (346; +449%) nel 2010 nelle Marche, che immaginiamo come un'isola felice. Dai singoli casi di cronaca, che riguardano talora personaggi famosi, talaltra semplici cittadini, si evince che lo stalking non risparmia l'esercito, né dipende dalla minore o maggiore scolarizzazione dei perpetratori. Un caso che più frequentemente potrebbe riguardare oggi i cittadini è quello di chi fotografa o registra con il cellulare per poi pubblicare in Internet immagini non autorizzate della vittima delle sue attenzioni. In questi casi è bene cercare di fermare l'autore del gesto e, se non si riesce, sporgere denuncia alla polizia postale. Giurisprudenza L'orientamento più recente della Suprema Corte di Cassazione ha confermato i precedenti approdi giurisprudenziali in materia: in particolare, i giudici di legittimità ritengono configurabile il reato di stalking quando il comportamento minaccioso o molesto, posto in essere con condotte reiterate, abbia cagionato un grave e perdurante stato di turbamento emotivo, “essendo sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità, dell'equilibrio psicologico della vittima”; evento che, nella fattispecie, si è ritenuto sussistente riguardo a ripetuti atti di danneggiamento non rivolti contro l'incolumità fisica della vittima, bensì verso beni di proprietà della medesima (in tali termini, Cass. Sez. V penale, sentenza 7 marzo 2011, n. 8832). Ed ancora di recente la Suprema Corte ha ritenuto configurabile il reato di stalking anche per molestie avvenute tramite ripetuti contatti telefonici, ritenendo addirittura irrilevante, ai fini dell’esclusione o dell’attenuazione della colpevolezza, il fatto che, nel caso di specie, il molestatore telefonico fosse ubriaco (Cass. Sez. V penale, sentenza 18 aprile 2012). Quando la condotta delittuosa è realizzata tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie (per esempio internet, posta elettronica, chat, sms e messaggistica istantanea), il fenomeno prende il nome di “cyberstalking” e si caratterizza per l’assenza di contatto “fisico” con la vittima, pur sussistendo la reiterazione di condotte minacciose o moleste. Sovente, peraltro, il cyberstalking appare più invasivo e dannoso dello stalking tradizionale, dato che l’interazione persecutore / vittima si sposta dal piano privato a quello pubblico, creando effetti di maggiore lesività nel soggetto perseguitato in ragione della più ampia e incontrollata diffusione dei contenuti tramite meccanismi virali. Dal punto di vista sanzionatorio, benchè non sia espressamente previsto il reato di “atti persecutori per via telematica”, diverse sono le pronunce, sia di merito che di legittimità, che riconducono il fenomeno nell’ambito della fattispecie di cui al citato art. 612bis c.p. Con la sentenza n. 32404 del 30 agosto 2010 la Cassazione ha confermato, infatti, il provvedimento di custodia cautelare (prima in carcere, poi agli arresti domiciliari) inflitto per il reato di stalking nei confronti di una persona che aveva diffuso su Facebook una serie di filmati e di fotografie a sfondo sessuale che ritraevano la propria ex. Nel caso in esame, la Suprema Corte ha ritenuto configurabile il reato di stalking ex art. 612bis c.p. attuato tramite tag su foto e video, oltre che con messaggi continui diretti tanto alla ragazza, quanto al suo nuovo compagno, sul social network, nonché la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato perché “i comportamenti persecutori erano iniziati proprio dopo la fine della relazione tre il ricorrente e la donna perseguitata, fine che questo non aveva voluto accettare (…) e hanno dato conto di continui episodi di molestie, concretatisi in telefonate, invii di sms e di messaggi tramite internet (Facebook), anche nell’ufficio dove la donna prestava il suo lavoro”, condotta che aveva provocato nella donna un tale stato di ansia e di vergogna da costringerla a dimettersi. A questa prima pronuncia sono seguite le sentenze n. 25488 del 24 giugno 2011 e n. 13878 del 12 aprile 2012 della Cassazione che nel confermare la riconducibilità del cyberstalking alla fattispecie di cui all’art. 612bis c.p. hanno ribadito la rilevanza del reato in caso di atti persecutori compiuti tramite social network. Nel primo caso (legato alla conclusione di un rapporto affettivo) l’imputato era passato dalla persecuzione su Facebook attuata con continui messaggi contenenti minacce e ingiurie, alle vie di fatto violando il domicilio della vittima e aggredendola fisicamente, mentre nel secondo il persecutore prendeva di mira due ragazze utilizzando sempre il social network per inviare messaggi molesti. Ebbene per i giudici della Suprema Corte, a prescindere dallo strumento utilizzato, la realizzazione di atti persecutori tramite Facebook, piuttosto che altri social network, integra il reato di cui all’art. 612bis c.p. ben potendo rientrare tale modalità attuativa nella fattispecie delittuosa delineata nel codice penale. Conclusioni Ad avviso di scrive rimane la convinzione che per tutelare effettivamente le vittime la previsione di legge debba accompagnarsi ad una politica di prevenzione e di effettiva tutela del soggetto debole. In altre parole la legge non è sufficiente. Il fenomeno sempre più frequente del cyberstalking anche ad opera dei più giovani, come il caso del ragazzino che filma la propria compagna di classe e mette su facebook o comunque in rete il filmato ove la ignara, magari ha la maglia scostata o i pantaloni dai quali si intravede l’inizio della biancheria intima, è il segnale di una mancata educazione e di un’abitudine, sempre costante, a considerare il corpo delle donne, e le donne stesse come “oggetti” da “poter”, anzi “dover” fotografare, pubblicizzare etc. con violenza, anche senza il loro consenso. Manca ancora l’educazione al rispetto, la cultura al rispetto, la parità vera tra i sessi e tra i cittadini che sono le condizioni necessarie per un vivere civile che consenta non di diminuire i fenomeni delittuosi sopra menzionati, bensì di eliminarli. Avv. Isetta Barsanti Mauceri