Riflessioni di un fisico sulla Pirobazia

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Riflessioni di un fisico sulla Pirobazia
Riflessioni di un fisico sulla PIROBAZIA
Massimo Sarotto, 27 Novembre 2003
Einstein: "Più studio la fisica e più sono condotto verso la metafisica."
Pirobazia, ovvero camminata e danza sui carboni ardenti a piedi nudi con
temperature che raggiungono i 700-900 °C senza alcun danno. La scienza
ufficiale, rappresentata dalla maggioranza della comunità scientifica
internazionale, si ritiene in grado di spiegare il fenomeno con delle semplici
leggi fisiche. Chi invece propone seminari di Pirobazia, ritiene necessario un
training specifico di preparazione. Chi dei due ha ragione?
La risposta sembrerebbe essere scontata, vista l’importanza e il ruolo che la
scienza ha nella società moderna e, soprattutto, per l’oggettività che il metodo
scientifico propone. A dire il vero però, le spiegazioni scientifiche della pratica
della Pirobazia sono mutate nel corso degli anni, a testimonianza del fatto che
il fenomeno non si presta a facili interpretazioni di carattere scientificometodologico. Per citare un esempio, in un certo periodo alcuni fisici erano
convinti che il fenomeno si potesse provare scientificamente con il cosiddetto
effetto Leidenfrost. Ovvero, non ci si brucia perché il sottile strato di sudore
che si trova sotto la pianta dei piedi forma uno strato isolante che, a contatto
col fuoco, tende a vaporizzarsi e quindi a ricevere e smaltire il calore dei
carboni salvando la pelle. Tale giustificazione si è però rivelata inadeguata:
anche se la paura fa sudare, il sudore sotto i piedi svanisce abbastanza
velocemente mentre le camminate sui carboni ardenti raggiungono i 50 metri.
Gli stessi fisici che l’avevano formulata hanno in seguito ammesso che non
poteva essere questa la spiegazione del fenomeno.
Scartando altre esotiche spiegazioni, gli scienziati affermano che non ci si
brucia basandosi su sei principali fattori.
1. Bassa conducibilità termica dei carboni ardenti (cioè bassa attitudine a
trasmettere calore mediante contatto);
2. Bassa capacità termica dei carboni ardenti (cioè nonostante l’elevata
temperatura, i carboni sono leggeri e possono trasmettere solo modeste
quantità di energia sotto forma di calore);
3. Bassa conducibilità termica del corpo umano (cioè bassa attitudine a
ricevere calore mediante contatto);
4. Alta capacità termica del corpo umano (cioè buona attitudine a disperdere
il calore ricevuto senza un aumento sensibile della temperatura);
5. La superficie del letto di braci è rugosa: questo riduce l’ area di contatto
tra piede e carbone;
6. Breve tempo di contatto tra piede e carbone.
Riassumendo il tutto con parole più semplici:

i carboni ardenti hanno poca energia da trasferire al piede e la
trasferiscono in maniera non efficiente (i.e. solo una parte della poca
energia del carbone viene trasferita all’esterno);

il piede assorbe solo una parte dell’energia che il carbone emette ed il
corpo umano è in grado di smaltire bene la (poca) energia ricevuta;

la superficie di contatto piede-carbone è piccola ed il tempo di contatto è
breve.
Queste ipotesi sono tra loro correlate e, soprattutto, la questione tempo risulta
fondamentale per convalidare tutte le altre. Infatti, le proprietà della capacità e
conducibilità termica che entrano in gioco nel contatto piede-carbone
forniscono una spiegazione plausibile del fatto che non ci si bruci a patto che il
tempo di contatto sia molto breve. Questa teoria scientifica sembrerebbe
essere ragionevole ma, a mio avviso, non è sufficiente per interpretare il
fenomeno in modo completo lasciando aperti alcuni interrogativi. Infatti:
a) Non giustifica perché non ci si bruci nelle camminate lunghe, in cui il
contatto tra piede e carbone è prolungato nel tempo (il tempo di contatto
è circa pari alla metà del tempo di attraversamento del letto di braci).
Alcuni rispondono a questa obiezione affermando che durante tutto il
percorso la temperatura delle braci è disomogenea (si alternano zone
calde e zone fredde) e tra un passo e l’altro il piede “rifiata” (ovvero si
deve considerare come tempo di contatto quello del singolo passo e non il
complessivo). Queste spiegazioni mi sembrano però contraddittorie: si
cammina velocemente per non bruciarsi, ma questa velocità non deve
essere troppo elevata per far raffreddare il piede tra un passo e l’altro.
Tale teoria (un po’ contorta) si scontra con l’esperienza delle camminate
lunghe e non spiega come, in Marocco, ci siano persone che danzano su
un tappeto di braci anche per un’ora di seguito !!
b) La teoria scientifica ufficiale non giustifica neanche le camminate brevi (57 m): infatti, in alcuni seminari o dimostrazioni scientifiche della Pirobazia,
alcune persone si sono bruciate ed altre no! E la spiegazione non può
essere dovuta ad una diversa resistenza della pelle sotto i piedi o al fatto
che si sono calpestate zone diverse del tappeto. Anche perché è già
successo che una persona non si bruci ad un primo passaggio sul fuoco,
ma in quelli successivi (e il calore dei carboni tende a scemare nel tempo,
non ad aumentare). Se poi la differenza la fanno le diverse velocità con
cui si è camminato, si dovrebbe oscillare tra il piede illeso e piccole bolle,
non dal piede illeso (con sensazioni di fresco quali io ho provato in alcune
occasioni*) alle grandi ustioni (esperienza che ha avuto una persona
molto vicina a me, in un seminario in cui io non ero presente).
c) Alcuni sostengono che il “trucco” sta nell’eseguire la pratica nelle ore
fresche serali per le condizioni atmosferiche esterne tra cui, soprattutto, la
condizione del terreno ricoperto da uno strato di rugiada “rinfrescante”. Se
però si pensa che la differenza di temperatura tra il giorno e la notte è
dell’ordine dei 20 °C, mentre la differenza di temperatura tra piede e
carbone ardente va dai 600 °C agli 800 °C, ecco che le condizioni esterne
appaiono irrilevanti. Se in più si allargano le braci nello stesso punto in cui
è bruciata la pira (catasta di legno), il terreno si scalda a prescindere dalle
condizioni atmosferiche esterne.
Nonostante appaia strano, è difficile riuscire a formulare una teoria fisicomatematica che descriva la pratica della Pirobazia in tutti i suoi aspetti in modo
esauriente (anche nel XXI secolo). Questo perché il fenomeno è difficilmente
ripetibile (è praticamente impossibile ripristinare ogni volta le stesse condizioni
sperimentali) e, di conseguenza, ci sono moltissime variabili fisiche e
fisiologiche che rendono la modellizzazione matematica molto complessa (con
ampi margini di ambiguità sul valore effettivo dei parametri fisici e fisiologici da
prendere in considerazione).
Poiché l’implementazione di un modello fisico-biologico che simuli il fenomeno
in modo completo è estremamente difficile, conviene basarci sull‘esperimento
scientifico ovvero sulla sperimentazione della pratica stessa. La Pirobazia viene
eseguita con diverse modalità in tutti i cinque continenti: cito alcuni esempi.
1. In alcuni luoghi (Spagna, Grecia, India, isole Fiji…) si cammina e danza sui
carboni ardenti per tradizione. Le popolazioni locali tramandano la pratica
alle generazioni più giovani come si fa per una festa patronale, ma con un
elevato significato simbolico e spirituale. Alcuni turisti hanno provato a
partecipare a questa “festa” ma si sono bruciati.
2. Nel 28 Settembre 1935, in un lavoro pubblicato sulla rivista Nature, si stabilì
mediante una accurata misurazione che durante una camminata sul fuoco di
5-6 metri la temperatura del piede cresce di soli 15-20 °C a patto di
camminare velocemente (con circa due passi al secondo il rischio di
bruciarsi sarebbe minimo). Tale aumento di temperatura nel piede non
sarebbe quindi sufficiente per produrre delle ustioni (che si ottengono oltre i
50 °C). Parallelamente però, tra il 1930 e il 1937, la London’s Council for
Physical Research organizzò delle dimostrazioni della camminata sul fuoco
in cui qualche partecipante si procurò delle (leggere) ustioni.
3. Nei seminari di Pirobazia organizzati negli ultimi 20 anni in Italia (e in
Europa) migliaia di persone hanno camminato sul fuoco senza alcun danno
ma, in alcuni casi (a dire il vero molto rari), qualche partecipante è
addirittura finito in ospedale con ustioni di terzo grado!
Pur affrontando l’esperienza pirobatica in modi completamente diversi, il
risultato della sperimentazione è sempre lo stesso: alcuni passano indenni ed
altri, o si feriscono lievemente o finiscono addirittura in ospedale. Se la teoria
scientifica “ufficiale” fosse valida, proprio perché è scientifica non dovrebbe
valere per tutti i casi senza eccezioni? Al limite con delle piccole variazioni tra i
partecipanti illesi e quelli con qualche bollicina, ma non tra partecipanti illesi
che sentono fresco ai piedi ed altri che finiscono in ospedale ustionati !!!
Invece, gli istruttori di Pirobazia garantiscono che tutti possono camminare sui
carboni ardenti senza alcun danno, a patto di partecipare ad un training
specifico di preparazione all’evento. Attenzione: non si tratta di non sentire il
dolore, ma di non arrecare alcun tipo di danno ai piedi (dalle bollicine alle
ustioni). Non è da sottovalutare il fatto che, per continuare ad operare, queste
persone devono poter garantire che tutti possano raggiungere il risultato di
passare indenni. Basterebbe un solo caso di ustione per far si che non ci siano
più altri “clienti” disposti a rischiare.
La Pirobazia viene proposta non come evento goliardico da raccontare agli
amici al bar, ma come un’esperienza che serve all’uomo. Al di là dei significati
esoterici dell’elemento fuoco**, Pirobazia serve all’uomo per dimostrare a se
stesso che può raggiungere i propri obiettivi, anche se le circostanze intorno a
lui sembrano essere tutt’altro che favorevoli. Passare sui carboni ardenti
costituisce un’analogia molto stretta con ciò che succede nella vita di tutti i
giorni: al di là del tappeto infuocato ci sono i nostri obiettivi, i nostri desideri,
mentre le braci rappresentano i problemi, i carboni ardenti della quotidianità, le
nostre carenze interiori, le paure che dobbiamo superare per realizzare le
nostre aspirazioni.
Metafore a parte, l’obiezione principale è che ci sono racconti di persone che
sono effettivamente passate illese sui carboni ardenti senza alcuna
preparazione specifica. Tra di queste alcuni scienziati che volevano dimostrare
la validità della teoria secondo cui non ci si brucia sui carboni ardenti per
motivi prettamente fisici-fisiologici. Queste persone però, a ben pensarci,
avevano un’ottima preparazione: erano convinte che non si sarebbero bruciate!
Credevano fermamente nelle loro teorie e avevano un grande desiderio di
dimostrare a se stessi che erano vere. Avevano quindi una forte motivazione
ed hanno ottenuto il risultato di passare indenni. A prescindere dal fatto che il
loro modello teorico fosse applicabile o meno al tappeto di braci su cui hanno
camminato (ovvero che le condizioni sperimentali rispecchiassero le ipotesi
teoriche formulate), queste persone avevano una forte motivazione per
affrontare la prova. Che è esattamente una delle principali richieste che fanno
gli istruttori dei seminari di Pirobazia ai partecipanti per camminare sul fuoco.
A quel punto, dissertare sul fatto che la teoria scientifica sia valida oppure no è
irrilevante (personalmente ritengo di no altrimenti nessuno si brucerebbe),
l’importante è che tu stia lottando per un qualcosa in cui credi e… con quel tipo
di motivazione i carboni ardenti li voli!
Come fisico, ma soprattutto come uomo che ha sperimentato più volte la
Pirobazia, ritengo che le motivazioni fornite dalla scienza ufficiale siano
plausibili (è molto più difficile camminare sul metallo caldo che è un buon
conduttore rispetto al legno-carbone) ma non sufficienti. Per camminare sul
fuoco ci sono delle valide tecniche: ma una tecnica non è una spiegazione. E
inoltre, nessuna tecnica ci dà la garanzia del risultato. In fondo, camminare sul
fuoco è bello anche perché non è spiegabile con assoluti scientifici.
Quello che so, e la Pirobazia mi ha aiutato ad esserne maggiormente
consapevole, è che noi utilizziamo solo una piccola parte del nostro potenziale
fisico e psichico. Di solito, di fronte a queste affermazioni, i più scettici mi
rispondono dicendo che sono una di quelle persone convinte che la con la
mente possiamo governare la materia (ovvero il nostro corpo fisico).
Personalmente non lo escludo, ma neanche lo affermo: per me è sufficiente
pensare che la mente è un tutt’uno con la materia, altrimenti si ritorna ai
concetti cartesiani del 1600 con la netta separazione tra mente e corpo. E solo
ammettendo che la mente è un tutt’uno con il nostro corpo, o ne è comunque
strettamente correlata (vedi psicosomatica o effetto placebo), ci si può
avvicinare ad interpretare correttamente la Pirobazia.
Per avvicinarsi a spiegazioni non complete, ma che ci conducono a mio avviso
nella corretta direzione, può essere utile ritornare al concetto di elevata
capacità termica del corpo umano. Nonostante esso riceva una determinata
quantità di energia-calore dai carboni ardenti, esso è in grado di smaltirla
senza variare sensibilmente la sua temperatura. Un ruolo importante in questo
processo è svolto dalla circolazione del sangue che funziona come un
refrigerante: asporta via calore dal piede e lo distribuisce nel resto del corpo.
Inoltre, il sangue circola meglio (vasi dilatati) se si ha una buona ossigenazione
(= buona respirazione) e in situazioni in cui non si ha paura (un pensiero di
paura agirebbe da vaso-costrittore). E guarda caso nei seminari di Pirobazia si
educano le persone a respirare correttamente (noi usiamo solo 1/6 delle nostre
capacità respiratorie) e a non farsi bloccare dalla paura. Prima di prendere la
rincorsa per eseguire un salto con l’asta di sei metri, un atleta fa un bel respiro
e parte con un pensiero di non paura. Tutte le volte in cui stiamo per affrontare
una prova nella vita, facciamo un bel respiro e partiamo col pensiero: “Ce la
faccio!”. Alla fine non è sempre la stessa cosa? Così come l’atleta si allena a
lungo per eseguire un salto con l’asta di sei metri, non si può semplicemente
ammettere che per camminare sul fuoco è sano e ragionevole affrontare prima
un training di preparazione? Anche perché, e questo lo dicono tutti gli
scienziati, camminare e danzare sul fuoco è un’attività molto pericolosa!
Per avvicinarsi ad una spiegazione scientifica plausibile occorre dunque
investigare le relazioni tra mente e corpo. Non è sufficiente ragionare sulla
conducibilità e capacità termica di materia statica: i nostri piedi non possono
essere paragonati a bistecche di manzo. Nell’uomo c’è l’energia vitale, l’uomo
respira, nell’uomo circola il sangue che funge (anche) da refrigerante, c’è il
sistema nervoso che, se stimolato, provoca dei cambiamenti elettro-chimici,
ecc.. Qualcuno si brucia e altri no: la differenza principale tra i due casi estremi
è rappresentata dalla persona, non dalle condizioni atmosferiche, dal tipo o
dalla temperatura dei carboni ardenti. Educando il pensiero ed il respiro l’uomo
può cambiare le proprie condizioni psico-fisiche (che vanno a braccetto) e, nel
caso specifico, può variare conducibilità/capacità termica del proprio corpo.
Camminando sul fuoco ci si rende conto che le leggi naturali dipendono anche
da Noi !!!
Un’ultima riflessione sul calore parlandone dal punto di vista microscopico. Un
corpo riscaldato è diverso da se stesso ad una temperatura inferiore perché i
suoi atomi vibrano più velocemente. Come dire: gli atomi dei carboni a 700 °C
vibrano molto più velocemente degli atomi del piede nudo a 37 °C. Nel
contatto questa vibrazione si trasmette da un corpo all’altro (mediante il
fenomeno che è chiamato macroscopicamente conduzione) e anche gli atomi
del piede cominciano ad agitarsi più velocemente (il piede si scalda). Ma se
entriamo nel campo della fisica microscopica e parliamo di atomi, allora lì le
certezze fisiche cui siamo abituati spariscono. I risultati sperimentali non sono
mai certi, ma avvengono con determinate probabilità (come dire: se lancio una
moneta, so che viene al 50% testa e al 50% croce, ma non conosco a priori il
risultato). E, sempre nella fisica atomica, chi sta facendo l’esperimento non
può essere considerato un osservatore imparziale, visto che ha un’influenza
inevitabile sul risultato della misurazione. Citando Heisenberg (uno dei padri
fondatori della meccanica quantistica): “non esiste una misurazione oggettiva
della natura, ma la natura risponde in modi diversi in base ai nostri metodi di
indagine”. La natura cambia la sua risposta in base a ciò che stiamo cercando!!
E’ vero che, per la legge dei grandi numeri, alla fine la natura risponde con un
risultato “ragionevole” per i corpi macroscopici composti da miliardi di atomi
(quali il nostro corpo fisico che, “ragionevolmente”, sul fuoco si brucia). Ma i
nostri atomi hanno dei gradi di libertà maggiori di quello che appare
all’evidenza macroscopica, hanno modi di vibrare che cambiano nel tempo: per
i nostri atomi l’universo è una “zuppa di potenzialità” con cui potersi esprimere.
E sono intimamente convinto che le vibrazioni, le potenzialità che vengono poi
effettivamente espresse (dai nostri atomi e quindi dai noi stessi) siano legate
alle condizioni psico-fisiche (o viceversa). Ripensando alla pianta del mio piede
quando cammino sul fuoco, mi viene da pensare che forse, e sottolineo forse,
con un pensiero ed un respiro corretti gli atomi del mio corpo mutano il loro
modo di vibrare ritrovando un equilibrio “naturale” con l’elemento fuoco.
Condizione che le popolazioni che fanno Pirobazia “nature”, come tradizione,
vivono normalmente senza tanti giri di parole !!!
----------* I seminari di Pirobazia a cui ho partecipato fanno riferimento alla tradizione
tibetana, in cui i monaci utilizzano la camminata sui carboni ardenti come
esercizio nel percorso spirituale verso l’illuminazione. Alcuni ospiti stranieri,
tra cui Ken Kadigan guaritore e terapeuta americano, assistettero all’evento
ed ebbero il merito di portare la pratica in America ed in Europa adattandola
ai canoni dell’uomo occidentale, culturalmente non educato alla meditazione
(ovvero all’assenza di mente). La Pirobazia non è quindi più legata alla
religione, è accessibile a tutti e viene utilizzata come forma di educazione
per la Vita, motivando le persone ad esprimere pienamente i propri talenti.
** Il fuoco ha molteplici significati simbolici e spirituali. E’ l’unico elemento
che, per sua natura, tende verso l’alto (contro la forza di gravità) verso la
trascendenza, la spiritualità: dove si prega o medita c’è sempre una
candela accesa. Ma, soprattutto, è il simbolo della trasformazione:
attraverso un processo spirituale ed alchemico si utilizza l’energia del fuoco
per ottenere dei benefici tangibili, per trasformarsi, rigenerarsi.