Anno 1 – 1° numero

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Anno 1 – 1° numero
Shin Bun -
NEWS
Il Bollettino del Praticante dello Shin Bu Dojo
Speciale
Quarantennale
Sommario
Editoriale
Speciale Quarantennale:
La nascita dell’Aikikai d’Italia
Racconti
…il Nirvana??? Ultimo Embukai in fondo a sinistra!!!
Un allegro ritorno
Ed ora...Le Foto!
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Senti chi parla
Sensei...ci sei? L’intervista al maestro (I parte)
Il praticante (si) racconta
Bioenergetica: emozioni ed espressione corporea nella teoria
olistica (I parte)
Lo Spazio dei Piccoli
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Umorismo
Lo spirito di Samurai
Giochini Zen
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Dall’oriente
Storie Zen
Ricette dal Giappone
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I pensieri di O’ Sensei
Una roccia in mezzo al fiume
Il segreto di un cerchio
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Varie
Le regole del dojo
Le regole dello Shin Bu
Dizionario giapponese-italiano (A...F)
La Redazione ringrazia...
Responsabile : Fabrizio Ruta
Redazione: Vincenza Patruno, Jacqueline Gentile, Gaetano Nevola
Foto: Vincenza Patruno, Salvatore Scalise
In copertina: Foto di gruppo al Palasavena
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Shin Bun News
Editoriale
Dicembre 2004
Eccoci: ci riproviamo! Vista la numerosità, l'eterogeneità e, soprattutto
l'armonia tra gli iscritti al dojo, questo sembra il momento giusto per una
nuova serie dello Shin Bun - News, ovvero "Il Bollettino del Praticante
dello Shin Bu Dojo". Cercheremo di coinvolgere tutti i praticanti (e simpatizzanti) dello Shin Bu richiedendo impressioni, interviste, domande,
risposte, riferimenti, approfondendo argomenti (non solo riguardanti
l'Aikido) per crescere insieme in questo cammino meraviglioso e cercando
di dare, nel nostro piccolo, un valido contributo alla conoscenza di questa
arte marziale e di noi stessi.
Shin Bun News
Sono previste diverse rubriche: da quelle prettamente tecniche (La pratica), alle domande varie al maestro (Sensei...ci sei?), ai racconti personali
(Senti chi parla), alla cultura giapponese in ogni sua forma. Non mancherà la rubrica umoristico-satirica dove potremo sbizzarrirci nel raccontare barzellette o, ancora meglio, nel prendere il giro il nostro maestro (sì,
si possono prendere di mira anche gli allievi...ma che gusto c'è?).
Questo primo numero (numero zero...speriamo superi la prova!) è stato dedicato in particolare al Quarantennale dell'Aikikai in Italia, quindi troverete testimonianze e foto di coloro del dojo che vi hanno partecipato, ma
dal prossimo numero, ci aspettiamo la collaborazione di tutti.
Questo bollettino parlerà soprattutto di noi, nessuno escluso, del nostro
rapporto con gli altri, sul tatami e fuori dal tatami, perché Aikido non è
solo imparare ad eseguire tecniche in un determinato modo, ma è anche,
e soprattutto, una filosofia di vita, un modo di essere.
Buon Keiko a tutti,
La Redazione.
“Lo scopo dell’Aikido è di allenare la mente e il
corpo, di formare persone oneste e sincere” .
O' Sensei
Speciale Quarantennale: La nascita dell’Aikikai d’Italia
In occasione del Quarantennale riportiamo di seguito un articolo del M° Tada apparso con il titolo:
''Italia Aikikai-wo tsukutta hitobito'' sulla rivista Aikido Tankyu. No. 5, 20 gennaio 1993 pp. 28-29.
Quando sento parlare di diffusione dell'aikido all'estero, nella mia
mente si affollano i ricordi della
festa di commiato in cui O sensei
sedeva attorniato dai suoi migliori allievi che si apprestavano a
partire per l'estero: il Sig. Mochizuki, il Sig. Tohei, il Sig.Abe, il
suono del gong e il fischio della
sirena che annunciavano la partenza della nave dalla banchina
del porto di Yokohama.
A queste memorie si sovrappone il ricordo del giorno in cui,
agli inizi degli anni '30, mio padre
partì per andare in Occidente abordo della ''Tatsutamaru''. Fu in
quell'occasione che, mentre mi
sforzavo affannosamente di colpire la nave con delle stelle filanti
(malgrado i miei slanci non riuscissero minimamente nel loro
scopo), ebbi la vaga sensazione
che anch'io un giorno sarei andato all'estero. Questo mio sogno si venne a realizzare nel
1964.
A quel tempo tutti coloro che si
recavano all'estero per diffondere professionalmente l'aikido, erano tenuti a rispettare tre regole:
1) partire da soli;
2) comprare un biglietto di sola
andata;
3) non portare con sè soldi, nè
farseli spedire o guadagnarseli
lavorando.
Osservando alla lettera queste
tre regole, lasciai la mia casa di
Jiyugaoka con 250 dollari in tasca poco prima che finissero le
olimpiadi di Tokyo.
Partii senza avere programmi
ben precisi, la mia idea era, in
linea di massima, di andare in
ltalia e poi passare per l'America
prima di tornare in Giappone. Il
primo giapponese che fece conoscere l'esistenza dell'aikido in
ltalia fu il Sig. Abe Tadashi, che
svolgeva la propria attività aikidoistica in Francia, cui fecero sePagina 4
guito la scultrice, Sig.na Onoda
Haru, e il Sig. Kawamukai che si
recò a Roma per turismo.
Quando arrivai a Roma, il 26 ottobre del 1964 conobbi il Sig.
Danilo Chierchini, allora responsabile del club-dopolavoro del
Monopolio di Stato dei Tabacchi
situato a Trastevere, e iniziai gli
allenamenti nel suo Dojo. Un
paio di settimane dopo, tenni una
dimostrazione presso la Scuola
di Pubblica Sicurezza di Nettuno
e un corso speciale di aikido,
che durò due mesi, promosso
dal Ministero degli lnterni. Fu cosi che la mia attivita aikidoistica
in Europa ebbe il suo inizio.
A quei tempi viveva a Roma il
prof.Mergé, che aveva frequentato il ''Ueshiba Dojo''nel periodo
in cui aveva lavorato presso
L'Ambasciata ltaliana di Tokyo
durante la guerra. Alcuni fra i
suoi allievi dell'Ismeo di Roma,
che avevano sentito parlare del
Maestro Ueshiba Morihei dal
professore, vennero subito ad
iscriversi.
Grazie all'aiuto di uno di questi
allievi, il Sig. Stefano Serpieri, fu
in seguito possibile spostare la
sede del Dojo in un edificio di
proprietà del demanio. Quest'edificio, circondato sui quattro lati
dai resti delle mura dell'antico
acquedotto romano, dal Museo
Militare e dagli uffici dell'Acquedotto, la sera rimaneva completamente immerso nel silenzio.
L'attuale Scuola Centrale dell'Aikikai d'Italia continua ad essere
situata ancora oggi nello stesso
edificio.
In quel periodo io alloggiavo in
una stanza adiacente al tatami
situata sotto una scala che gli
allievi chiamavano “la grotta del
Maestro''.
L’anno seguente mi venne richiesto di iniziare dei corsi a Napoli e a Salerno, decisi così di
chiamare dal Giappone il Sig.
lKEDA Masatomi (attualmente 7°
Dan - Direttore didattico dell,
Aikikai della Svizzera) del Dojo di
Jiyugaoka. Un anno dopo il Sig.
NEMOTO Toshio, laureatosi
presso l’Universita di Waseda,
che venne in ltalia al ritorno da
un soggiorno di studi in America,
accettò l'incarico di seguire la
diffusione dell'aikido a Torino, nel
nord ltalia, dove ha vissuto per
alcuni anni (attualmente il Sig.
Nemoto svolge l'attivita di amministratore presso la società giapponese”Akai Denki''). In quel periodo, il Sig. Brunello Esposito, il
Sig. Pasquale Aiello e il Sig. Auro Fabbretti, che attualmente
posseggono il grado di 5°Dan,
iniziarono a praticare. .
Nel 1968 tenni il primo raduno
lnternazionale di aikido al Lido
di Venezia. Tale raduno, durante il quale condussi per la prima
volta gli esami di grado Dan, si
rivelò un grande successo ma,
allo stesso tempo, un notevole
disastro sotto l'aspetto economico, a tal punto che non fu
possibile neppure sostenere le
spese di trasporto per ritornare
a Roma e a Torino. Dal terzo
anno in poi, dell'organizzazione
di questo raduno estivo si venne ad interessare il Sig. Giorgio
Veneri di Mantova, che ha conSHIN BUN NEWS
tinuato fino ad oggi ad essere il
responsabile di tale manifestazione, attualmente svolta ogni
estate a Coverciano.
Pur avendo sempre cercato di
fare del mio meglio, dedicandomi
con tutte le mie forze all'attivita di
diffusione dell'aikido, occorsero
ben sei anni prima che l'Aikikai
d'Italia assumesse una struttura
stabile e che riuscissi ad acquistare un biglietto aereo per tornare in Giappone.
Ciò accadde perché si decise di
non appoggiarsi alla federazione
del judo, né ad altre organizzazioni sportive per la diffusione
dell'aikido.
Se l'aikido si fosse diffuso attraverso queste organizzazioni,
probabilmente si sarebbe potuto
incrementare di molto il numero
degli iscritti, ma ciò avrebbe senz'altro comportato la creazione di
un'associazione dalle caratteristiche completamente differenti rispetto a quella attuale.
Quegli anni furono per me brevi
ma allo stesso tempo lunghissimi. Nel frattempo erano scomparsi il Maestro UESHIBA Morihei e l'altro Maestro che aveva
fortemente influenzato la mia formazione: NAKAMURA Tempu.
Anche mio nonno, al quale ero
estremamente legato, scomparve durante lo stesso periodo. In
seguito a questa triste circostanza, nel momento stesso in cui
arrivai all'aeroporto di Haneda
venni assalito da una grandissima emozione. Dopo essere tornato a casa, mi recai subito a visitare la tomba di O Sensei a
Tanabe per annunciare al Maestro il mio ritorno in patria.
Nel corso dello stesso anno tornai un'altra volta in ltalia ma, in
seguito al mio matrimonio con la
violinista, laureatasi presso l'Università di Belle Arti di Tokyo
(Tokyo Geijutu Daigaku) YAMAKAWA Kumi, celebrato nel dojo
di Roma, e in previsione della
nascita di nostro figlio, che desideravamo crescesse in Giappone, decisi di fissare stabilmente
la mia residenza a Tokyo. Da alPagina 5
lora ho iniziato a trascorrere
complessivamente sei mesi all'anno in Europa e, superando
tutte le difficoltà che ciò comporta, ho scelto di vivere fino ad oggi un'esistenza scissa a metà fra
il Giappone e l'Italia. In seguito, il
Sig. FUJIMOTO Yoji, laureatosi
presso l'Università Nihon Taiikudaigaku, e il Sig. HOSOKAWA
Hideki, del dojo di Jiyugaoka, si
recarono rispettivamente a Milano e a Roma, dove, per più di
vent'anni, con grande perseveranza hanno dedicato tutta la loro vita, insieme ai loro familiari,
alla pratica dell'aikido. Ad entrambi vorrei esprimere la mia
riconoscenza per aver sostenuto
l'Aikikai d'Italia nel corso di tutti
questi anni. Successivamente il
Sig. YAMANAKA Kano, il Sig.
NOMOTO Jun e il Sig. lMAZAKI
Masatoshi hanno soggiornato in
ltalia in veste di istruttori in periodi diversi.
In seguito decisi di fare dell'Aikikai d’Italia un'associazione che,
similmente all'Aikikai giapponese, avesse personalità giuridica
e fosse ufficialmente, riconosciuta dallo Stato; a tal fine donai
quindi il mio dojo di Roma
all’Aikikai d'Italia e iniziai ad interessarmi attivamente affinché
tale dojo ottenesse il riconoscimento ufficiale in quanto Scuola
centrale. Con la preziosa collaborazione di alcune cinture nere,
ma soprattutto grazie agli sforzi
durati un decennio dello scomparso avvocato Giacomo Paudice di Roma, l'Aikikai d'Italia, in
quanto Associazione di Cultura
tradizionale giapponese ottenne
la qualifica di Ente Morale, con il
decreto del presidente della Repubblica italiana n. 526, l'8 luglio
del 1978.
Attualmente all'Aikikai d'Italia
sono affiliati dojo situati in 80 città italiane, con un numero di circa 4000 iscritti, senza includere
le svariate migliaia di persone
che hanno praticato nel passato.
Il grande impegno con cui queste decine di migliaia di persone
si sono allenate nel corso di tutti
questi anni, è stato, e continuerà,
in futuro, ad essere di forte incoraggiamento per la pratica dell'aikido.
TADA HIROSHI
Direttore Didattico Aikikai d'Italia
SHIN BUN NEWS
Speciale Quarantennale: Racconti
Alcuni dei partecipanti raccontano, ognuno a modo loro, la propria esperienza
Siamo partiti il venerdì sera ed
eravamo...tanti! E con tanti bagagli. Abbiamo prenotato le cuccette ma, una volta saliti sul treno, nessuno dava la sensazione
di voler andare a dormire. Per la
prima ora di viaggio abbondante,
sembrava una vera gita scolastica tra chiacchere, risate, e la focaccia di Silvia! Avevo già cenato, avvisate, no? Poi qualcuno
ha deciso che era ora di fare
nanna: il primo è stato il maestro
e, quindi, ci siamo ritirati nelle
nostre stanze. Abbiamo dormito?
Certo che no: tra le chiacchiere
dei ragazzi d’accanto e le capocciate di Valeria che ad ogni fermata decideva di sollevarsi...
mah...misteri delle tredicenni! Finalmente il vocio e i
“buongiorno” nel corridoio: quasi
ci siamo. Siamo tutti pronti tranne....il maestro! Siamo quasi a
Bologna e qualcuno pensa di
svegliarlo, ma qualcun altro lo
sconsiglia. Poi il treno si ferma a
Bologna, quindi bisogna tirarlo
giù dal letto, ma proprio nel senso fisico visto che si era sistemato nella cuccetta alta! Ma allora
qualcuno è riuscito a dormire!? Il
primo contatto con la città
l’abbiamo avuto con un bar/
tavola calda che si vede appena
si esce dalla stazione. L’abbiamo
letteralmente invaso:15 persone
tutte d’un botto con al seguito
bagagli e “pericolose” armi che
hanno fatto parecchie vittime
all’insaputa di chi le portava a
spalla. Il bar era spazioso...prima
che entrassimo noi. E visto che
venivamo da lontano, hanno
pensato bene di darci il benvenuto con un conto salatissimo!!!
Poi, visto che era un po’ presto
per andare in albergo, abbiamo
deciso di dare uno sguardo alla
città facendo qualche giro in autobus: 19, 25, poi di nuovo 19 e
25 in direzione opposta. O era il
19 barrato? Ci siamo, poi, ritirati
in albergo, ci siamo ammassati
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in due stanze (visto che erano le
uniche libere), docce, chiacchiere, un panino o un pezzo di pizza
e siamo pronti per il Palasavena.
Iscrizione (velocissima), spogliatoi e ...tatami!!! Immenso. Almeno in principio. Poi, quando piano piano sono arrivati i partecipanti, la legge delle relatività ha
preso il sopravvento. Emozione
indefinibile: era arrivato il momento tanto atteso. La pratica è
trascorsa velocemente, tranne
l’ultima mezz’ora di ogni sessione che sembrava interminabile.
Abbiamo praticato seguendo la
spiritualità del M° Tada, la pulizia
dei movimenti del Doshu, la simpatia del M° Fujimoto e le estrosità del M° Asai. Ognuno di noi
ha avuto la sua buona dose di
pugni, gomitate e schiacciamento di piedi. Lo spazio era ridottissimo, ma era incredibile come
tutti avessero comunque una
gran voglia di praticare e di come il tori “proteggesse” l’uke di
turno (“non cadere”, “puoi cadere”, “cadi di qua”, ecc., o semplicemente, senza parole, sorreggendolo per il polso). E ora mi
vien da ridere quando qualcuno,
al dojo, se ne esce con espressioni del tipo “c’è poco spazio!” ...”a da’ vdé!” penso.
Un’atmosfera particolare si è
sentita la domenica mattina,
quando un centinaio di Giapponesi hanno “invaso” il tatami: si è
creata una intensa sensazione di
internazionalità. Il giorno prima
(sabato), ad ognuno di noi, era
capitato di praticare con una ragazza francese o un ragazzo tedesco che comunque si confondevano tra la folla, ma 100 Giapponesi sul tatami, be’, un po’ si
notano...
Al termine dei tre giorni, quando
tutto è finito, ero un po’ preoccupata dal lungo viaggio di ritorno
ma, a parte una prima parte iniziale in cui abbiamo sonnecchiato un po’ vista la stanchezza, tra
chiacchiere e spiluccamenti il
tempo è davvero volato. Di cosa
si è parlato? Non saprei dirlo, so
solo che abbiamo riso in continuazione e che, per almeno dieci
giorni, ho usufruito della sensazione benefica di questa grande
festa.
E’ inutile dire che è stata
un’esperienza davvero piacevole
da vari punti di vista: ho conosciuto il mondo Aikikai con i suoi
maestri, ho conosciuto un po’
meglio i miei compagni di dojo e
ho anche conosciuto un po’ di
persone di un forum che frequento telematicamente quasi
tutti i giorni ma che non avevo
mai incontrato di persona. La domenica sera mi sono separata
SHIN BUN NEWS
dei compagni dello shin bu per
p as sare u na s era t a tr a
“forumisti”: è stato strano sentire
i loro accenti e gradevole assaggiare le specialità dei paesi di
origine (Piemonte, Umbria, Toscana). E poi ci siamo dati appuntamento in un angolo del tatami per la mattina seguente ed
abbiamo praticato insieme.
Avrei ancora tante cosa da raccontare, tanti piccoli dettagli, tante situazioni, ma quando finisco?
Ve ne dico solo una. Ho fatto una scoperta incredibile: Tada copia Ruta! Gli stessi movimenti,
gli stessi “path path...zut zut”.
Vatti a fida’ dei Giapponesi!!!
Vincenza
Un’esperienza da praticare
Premetto che all’inizio non volevo andare al quarantennale
dell’Aikikai di Bologna: non mi
sentivo pronto dopo solo due
mesi d’allenamento. La mia preoccupazione era che avrei fatto
fare brutta figura al mio maestro.
Siamo partiti in 12 e già alla stazione ci siamo fatti conoscere.
Le nostre carrozze (possiamo
definirle diligenze di 4° classe)
non erano pronte e, per ingannare il tempo, chi era in possesso
di macchine fotografiche digitali
ha iniziato a fotografare di tutto.
Rilevo che non mi sentivo ancora parte del gruppo, quindi, sono
rimasto un po’ in disparte anche
perché non posseggo una macchina fotografica digitale.
Impossessatici del treno, Roberto (il piccolo) si è subito preoccupato di Piero che, essendo solo
in un altro scompartimento con
un posto a sedere, si poteva addormentare pensando a noi che
facevamo baldoria nel nostro
scompartimento non facendo
dormire nessuno, quindi, ha voluto riunire il gruppo. Le nostre
carrozze, in ogni modo, pagate
per quattro posti erano da sei
(imprecisione della Ferrovia dello
Stato), quindi, un posto in più per
dormire si trovava. Piero però
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(poron
poron
pompero però),
da persona corretta e integerrima (certamente
non come me),
non ha voluto usufruire
della
possibilità di dormire comodo e
non ha chiuso
occhio. Peccato
che non ha fatto
dormire né me né
il maestro, uscendo ed entrando dallo scompartimento timoroso che il bigliettaio
gli potesse fare la multa! Figurati
se stava pensando a lui…
ll viaggio è stato molto stressante: le carrozze erano fatiscenti e
scomode. Siamo arrivati alla città
di Bologna stanchi ed assonnati.
Appena scesi, ci siamo diretti in
un bar per fare colazione: 12
cappuccini e 12 cornetti ad un
prezzo record di 60€. Il benvenuto non è stato niente male e sicuramente qualcuno ha pensato:
“E’ solo l’inizio”. Pertanto, carichi
di bagagli, armi (lance, coltelli,
canne da pesca, bazooka,
ecc...), abbiamo girato per Bologna cambiando quattro autobus,
non riuscendo a trovare quello
giusto per recarci in albergo. Di
questo dobbiamo ringraziare anche un autista molto cortese che
ci ha indicato un numero di linea
errato (che lo spirito di Ueshiba
lo accompagni). Giunti finalmente in albergo, la direzione ci ha
messo a disposizione solo due
stanze: una per i maschietti ed
una per le femminucce. Le altre
non erano pronte.. A questo punto, non sapevamo cosa fare: chi
voleva riposare, chi voleva lavarsi e cambiarsi, chi voleva mangiare, chi voleva andare al Palasavena per iscriversi e chi voleva
liberarsi di cornetto e cappuccino. Siamo riusciti a fare tutto. Alle 12.30 abbiamo ricevuto tutte
le stanze.Alle 13:30 eravamo
pronti per andare al Palasport.
Altra novità: il trasporto fino al
palazzetto era a carico
dell’Albergo ma il ritorno a piedi.
Alle 15:00 eravamo tutti sul tatami pronti per iniziare. Ero molto
emozionato perché era la prima
volta che mi trovavo ad una manifestazione così importante.
Subito l’aria si è riscaldata con
un saluto solenne al maestro
O’ Sensei Ueshiba Morihei fondatore dell’Aikido, celebrato dal
Maestro Tada Hiroshi. Un mare
di praticanti tutti in seiza: uno
spettacolo solo guardarci. Il
maestro Tada ha iniziato la lezione con esercizi di kinorenma.
Dopo questa prima fase di riscaldamento, è iniziata la lezione vera e propria: tecniche di base,
ikkyo, nikkyo, sankyo in tutte le
salse. Così è passata la prima
ora. La seconda è stata diretta
dal maestro Fujimoto, anche lui
con tecniche di base; poi è arrivato il momento del doshu Moriteru Ueshiba ( per chi non lo sapesse è il nipote del fondatore).
Per me è stato un momento indimenticabile: prima di allora, lo
avevo solo letto sui libri o visto in
videocassette e non pensavo minimamente, quando ho iniziato a
praticare, che un giorno, così vicino, mi sarei trovato di fronte ad
un maestro di questo calibro.
La giornata è passata tranquilla,
tra una tecnica e l’altra.
Finalmente giunti in albergo con
un taxi (a nostre spese), dopo
esserci riposati, siamo andati in
un ristorante vicino per cenare.
Tutti abbiamo preso una pizza
normale (chi margherita, chi crudaiola, chi ai quattro formaggi,
SHIN BUN NEWS
ecc.), tranne Francesco che ha
preso una pizza extra-large con
peperoni, melanzane, carne tritata, fagioli, simmenthal, panna,
salame e provolone piccante,
frutti di mare, acciughe e capperi, tonno, rape stufate, nutella:
una cosa esagerata! Tutti ci siamo chiesti: ”Ce la farà?”. Le
scommesse erano 10 ad uno.
Non ce la fa, non ce la può fare.
Ce l’ha fatta!! Che coraggio…
Tutto buono, tranne il conto e un
tavolo vicino, stracolmo di bambini che festeggiavano un compleanno. E’ stata evitata una
strage, anche perché dovevamo
conservare le forze per
l’indomani.
La notte prometteva bene: a cavallo tra il sabato e la domenica
le lancette dell’orologio si mettevano un’ora indietro, si poteva
dormire di più, visto che la notte
prima in treno, in sostanza, non
avevo chiuso occhio. Come non
detto, il cellulare del maestro
suona verso le cinque per la sveglia, il caldo era eccessivo, dalle
finestre lasciate aperte entravano tutti i rumori. Conclusione:
un’altra notte in bianco.
L’appuntamento per il giorno dopo era alle sette, tutti giù per fare
colazione. Posso assicurare che
il buffet era di tutto rispetto.
C’era ogni ben di dio: cornetti,
almeno cinque tipi di torte, frutta,
yogurt a volontà, prosciutto, ecc.
ecc. Come tradizione vuole, da
buoni meridionali, dopo la colazione abbondante ci siamo preparati 6 (sei di numero) panini
(diciamo bocconcini, chiamarli
panini è troppo). Una cameriera
di colore ci ha consigliato, gentilmente, di fornire il numero di camera per addebitarci il costo dei
panini. Nessuno, credo, spero
(devo ancora indagare) gli ha
dato retta.
E’ domenica: alle 8:00 eravamo
quasi tutti pronti (Francesco aveva dei problemi, chissà perché,
forse per la colazione mattutina,
mah!) per imbarcarci su splendide auto blu fornite dall’albergo.
Tutto procede bene.
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Arrivati al Palasavena, il parcheggio era strapieno, gli spogliatoi gremiti. Sul tatami già
c’era un gruppo numeroso di
giapponesi arrivati direttamente
dall’isola di Honshu. In me cresce un po’ di timore, “Vuoi vedere che oggi lascio un arto inferiore o superiore per ricordo a qualcuno?”.
La lezione inizia in orario: il primo è il Maestro H. Tada 9° dan
che, con la sua veneranda età di
74 anni, dimostra a tutti che l’età
è solo un numero impresso sul
passaporto. La sua agilità è impressionante.
A questo punto, decido di praticare solo con i giapponesi. Penso: “quando mi ricapita di incontrare tanti occhi a mandorla tutti
insieme a mia disposizione?”;
neanche agli scavi di Pompei ho
mai visto tanti giapponesi! La
mattinata passa velocemente,
tra una tecnica e l’altra, rincorrendoli di qua e di là del tatami.
Devo affermare che tutti sono
stati molto gentili e delicati nel
praticare, o perché si accorgevano che sono un 9° kyu, o perché
gli era stato consigliato di trattenersi dal dimostrare quello che
veramente sapevano fare. In ogni caso è stata una
bell’esperienza.
Arrivata l’ora di pranzo, ci siamo
rifocillati con i 6 bocconcini al formaggino gentilmente offerti
dall’albergo.
Nel pomeriggio c’è stata la lezione del Doshu e alle 17:00 la di-
mostrazione dell’embukai. Gli
spalti del palasport si sono riempiti e, ad uno ad uno, incominciando dalle cinture nere 1° dan
e via via fino al maestro Morihei
Ueshiba hanno dato dimostrazione al pubblico delle tecniche di
aikido.
Anche il nostro maestro si è esibito. Lara e Francesco si sono
offerti (sotto le minacce delle armi) come uke, sbatacchiati a destra e a sinistra come tradizione
comanda. Il pubblico è in delirio.
Grida, urla, applausi, qualche ferito; ad un certo punto entra un
toro dalle dimensioni impressionanti, ed il pubblico tutto in piedi
esclama in coro “ole!”. Un torero
agitando un drappo rosso cerca
di colpirlo ….. scusate questo è
un altro racconto.
Ritorniamo a noi.
La celebrazione dell’Embu-kai è
stata molto interessante e mi ha
fatto capire dove un giorno arriverò nella preparazione e
nell’esecuzione delle tecniche,
almeno mi auguro!!!
La serata è trascorsa in pizzeria
per alcuni e alla cena sociale per
altri.
Alla cena sociale, abbiamo conosciuto altri praticanti fino ad allora contattati solo virtualmente sul
forum dell’Aikikai. E’ stato molto
piacevole; ognuno di noi ha portato qualcosa tipico della propria
regione: dalla torta novecento
tipica di Ivrea, la cui ricetta è
strettamente segreta, ai taralli e
vino rosso di Castel del Monte
della Pug l i a
(indovinate chi li
ha portati) offerto
al Maestro Fujimoto
il
quale ha
gradito e
ringraziato (domo
arigato
gozaimashita maSHIN BUN NEWS
dai nezu posterj – grazie molto
sono contento di essere qui con
voi, non bevete troppo, cercate
di fare i bravi e salutatemi il vostro maestro).
Dopo un’altra notte trascorsa insonne, tra caldo, telefonini che
squillavano e camion della nettezza urbana che, alle prime luci
dell’alba,
raccolgono
l’immondizia con sirene a tutto
spiano (forse per far scappare i
gatti), ci accingiamo a raggiungere la sala per fare colazione.
Tutto buono come il giorno prima: i soliti panini e poi di nuovo
in camera per preparare i bagagli.
Ad uno ad uno, ci ritroviamo alla
reception per fare i conti ed è a
questo punto che iniziamo ad alterarci: nel conto erano stati inseriti ben 17 panini (bocconcini).
Non riuscendo a capire chi avesse dato il numero della stanza
mia e del maestro (qualche idea
me la sono fatta, ma la tengo per
me), promettendomi di indagare
in un altro momento (bugia, passato il santo passata la festa) ed
essendo in ritardo sul piano di
marcia, riteniamo sia meglio pagare.
Arrivati al Palasevena, ci accorgiamo che la giornata sarebbe
stata più faticosa del previsto; ci
sono meno persone del giorno
prima e la scusa di non poter cadere, perché non c’è posto, non
regge. La fortuna è che non solo
io mi sento stanco ed esausto
ma anche gli altri, quindi si procede in modo calmo e rilassato.
Alcuni di noi (senza fare nomi)
decidono di praticare con lo spirito dagli spalti.
Interessanti sono state le tecniche di proiezione con due uke.
Le ore passano e neanche me
ne accorgo, la stanchezza no,
anzi, inizia proprio a sentirsi.
Il treno del ritorno è alle 15:20;
restiamo in stazione ad aspettare in piedi per più di un’ora, gustando i panini al formaggino costati 17€, una prelibatezza tipica
di Bologna, insieme ai tortellini
naturalmente.
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Arrivati sul
treno,
la
domanda
n a s c e
spontanea:
“Possiamo
finalmente
riposare?”.
La risposta
è: “No!”. I
posti sono
stati occupati da altri,
il treno è
strapieno e
non ci sono
posti liberi.
Con lo spirito dell’aikido “che fa
la differenza”, il Maestro, Roberto e Francesco cercano di convincere, con le buone, gli attuali
occupanti che erano posti prenotati. C’è chi si convince subito e
chi dopo un po’, tranne una ragazza che vedendo me, che cedo il posto a Piero che non aveva prenotato, pensa ad una nostra bugia e non si scolla da noi.
Il gruppo iniziale si divide. Non
avendo prenotato tutti nei medesimi tempi, decine di carrozze ci
separano dal terzetto fuori di testa, (A.N.S.) allegro, spiritoso, di
compagnia, tranquillo, spensierato, simpatico, gioviale, euforico, divertente, amabile, garbato,
cortese (basta, altrimenti si montano la testa).
Iniziamo subito a commentare la
maratona appena trascorsa: mi
sento ancora l’adrenalina per tutto il corpo, è stata un’esperienza
unica e, sinceramente, mi dispiace per chi non ha potuto partecipare.
Le ore trascorrono felici, cerchiamo comunque di mantenere alto
il livello di risate, anche se il
triumvirato era lontano. Sembra
di ritornare indietro nel tempo,
alle gite scolastiche di quando
ero ragazzo: manca solo la chitarra. Non ricordo di aver riso così da tempo, da moltissimo tempo.
Unica nota negativa: una famiglia confinante, composta da
quattro bambini, madri e padri.
Hanno dato fastidio per tutto il
viaggio, non si poteva neanche
riposare. A questo punto, organizziamo un falò al centro della
carrozza per cuocere a fuoco
lento una bambina scelta tra i
quattro, particolarmente piena di
“ki”, dalle sembianze tipiche di
un maialino obeso.
E’ arrivato il momento di salutarci, anche perché nel frattempo il
treno è arrivato in stazione.
Tutto sommato ritengo di non aver fatto fare brutta figura al maestro: il livello di preparazione
era vario e, personalmente, ho
avuto i complimenti da un maestro di Napoli. Mi ritengo soddisfatto.
Con questo racconto, spero di
aver trasmesso sensazioni e stati d’animo.
Ciao e buon keiko a tutti.
Gaetano
SHIN BUN NEWS
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SHIN BUN NEWS
…il Nirvana??? Ultimo Embukai in fondo a sinistra!!!
Ovvero
Cronaca semiseria di un viaggio strano tra tortellini, occhi a mandorla, auto blu ed attori di
grido con fans al seguito.
di Salvatore Scalise
Finalmente l’evento tanto atteso
sta per arrivare.
A fine ottobre, si celebrerà il quarantennale della fondazione
dell’Aikikai d’Italia.
Saranno presenti le massime
personalità praticanti quest’ arte.
Al Dojo, prima e dopo le lezioni ,
non si capisce più nulla.
Si sentono le cose più strane :
1 No non vengo!
2 Certo che vengo!
3 Io non so se vengo, ma
se vengo non sono sicuro di venire!
Al momento, l’unico che mi ha
dato la certezza assoluta della
sua presenza, confermatami tramite fax, è il M° H. Tada, che
vuole approfittare dell’occasione
per conoscermi.
Sapete, non è da tutti fracassarsi
la clavicola in tre parti inciampando nel proprio keikogi: sono
cose che passano alla storia ed
il Maestro vuole conoscere i particolari.
Assodato che l’unica cosa sicura
è che nessuno è sicuro di venire
a Bologna, si passa alla seconda
fase del piano: come , quando e
con chi partire.
Anche in questa seconda fase,
le voci più strane rimbalzano tra
gli spogliatoi.
C’è chi ha deciso che verrà in
auto, chi in treno, chi col camper;
qualcuno per risparmiare e, nel
contempo tenersi in forma, ha
deciso di coprire il percorso BariBologna a “botte di mae-ukemi“;
c’e chi gli risponde che sarebbe
più sportivo fare almeno il ritorno
con le “ushiro-ukemi“ mentre
qualcuno che ha appena visto
Star Trek ha deciso che si materializzerà direttamente al Palasport la mattina di sabato, in
tempo per l’iscrizione.
Intanto il tempo passa, Tada telefona e noi non “quagliamo“ nulPagina 11
la.
Finalmente un giorno qualcosa
comincia a muoversi ed i primi
ardimentosi, incuranti del rischio
e dei sacrifici, capitolano.
Tranne Pasquale e Vito che verranno in auto, i rimanenti scelgono una molto più prosaica corsa
in treno.
Visto che i carri bestiame non ci
sono sul percorso Bari-Bologna,
prenotiamo un vagone cuccettecomfort e, come previsto, il giorno della partenza…ci danno un
carro bestiame!
Comunque ad esser onesti, le
cicche,lo sporco e le cartacce
sparse dappertutto erano già
comprese nel prezzo del biglietto.
Dopotutto, per un branco di aspiranti samurai assetati di sangue,
cosa vuoi che sia un po’ di disagio e di totale assenza del rispetto di ogni norma igienica a bordo?
Ad ogni modo, la sera del 29 ottobre siamo tutti in stazione per
la partenza; saliti a bordo accade
l’incredibile: nella folla immane
che c’è, Alessandro, caso stranissimo, riesce a trovare tre ragazze che “viaggiano sullo stesso treno “.
In partenza per Bologna
Le ragazze, poverine, non sanno
chi hanno incontrato e non sapendo nemmeno quello che si
perdono, non se lo filano nemmeno.
Mah, segreti della psiche muliebre!
Finalmente il treno parte; qualcuno di noi comincia a circuire Silvia che emana uno strano ed invitante odore di focaccia al forno
che scopriamo esser stivata in
una capace borsa: “sapete, è per
una mia carissima amica di Bologna… mi ha chiesto di portargliene un po’. “
Penso che l’amica la stia ancora
aspettando.
Alcuni furbi, sentendo caldo,
spalancano il finestrino che, offeso, si vendicherà rimanendo ostinatamente aperto per tutta la
notte.
Mai avuto le estremità inferiori
così fresche in vita mia!
In ogni modo, come Dio volle,
giungiamo a Bologna alle 06.30:
colazione di rito e poi via a prendere l’autobus diretti all’Hotel
Fiera.
A bordo del mezzo, l’autista, non
sapremo mai se per idiozia a per
mero sadismo, ci fa scendere in
un posto sbagliato; altri suoi solerti colleghi, per riparare al danno, ci scarrozzano su e giù per la città
per oltre un’ora continuando a sbagliare.
Cominciamo ad avere il
dubbio che qualcosa
non quadri ancora una
volta quando, in lontananza, scorgiamo la familiare e cara sagoma
dello stadio S. Nicola
ornata di striscioni biancorossi.
Dopo altri tre autobus,
imbrocchiamo quello
buono.
SHIN BUN NEWS
Nel salire a bordo,( accidentalmente lo giuro!), meno una mazzata di jo in testa ad una tedeschina stupenda ( manco a dirlo
bionda e con gli occhi azzurri ).
La bionda Walkiria mi guarda
con occhio ceruleo ed estasiato
attraverso i serici capelli per tutto
il percorso, probabilmente vedendomi come una via di mezzo
tra George Clooney, Papa Wojtyla ed uno dei fratelli Marx.
Mi sorride rapita e, nelle pause,
mi apostrofa dicendomi : “Mein
Gott “, ma io ho il dubbio che ciò
sia solo dovuto alla recente contusione cranica occorsale.
Finalmente giunti in albergo,
possiamo prepararci per il pomeriggio.
Veniamo accompagnati al Palasport in auto blu ( giuro che è vero ) con autista in giacca e cravatta ( veramente avrei preferito
la livrea ).
Appena entrati il colpo d’occhio è
notevole: una marea di gente,
una distesa di tatami ed
un’indescrivibile sensazione di
fermento dappertutto.
Capiamo che le cose sono state
fatte in grande e forse neanche
gli organizzatori si aspettavano
tanti praticanti.
Comincia la seduta di allenamento e siamo veramente in tanti, mai viste tante “ hakame “ tutte insieme.
All’inizio, come è naturale, ognuno si unisce al proprio gruppo
ma, nell’arco di un’ora, tutti praticano con tutti.
Devo dire che, dopo la timidezza
iniziale, sciolto il ghiaccio, esplode l’eccitazione.
E’ bellissimo incontrare così tante persone che condividono le
proprie passioni.
Le tre ore volano via in un battibaleno.
Forse solo un principiante riesce
a godere veramente della possib i li tà d i appr ende re d a
“conventions“ come queste:
l’emozione di incontrare personaggi come Tada, il Doshu e
tanti altri è veramente intensa.
Concludiamo la serata in pizzeria.
SH I N B U N NE W S
Domenica mattina alle otto, siamo già pronti per partire alla volta del Palazzetto dello Sport e
qui le cose si complicano.
Nella notte, sono arrivati oltre un
centinaio di giapponesi che si
aggiungono a quelli che già erano presenti; è tutto un turbinio di
inchini e di volti esotici.
In tutto, sono state contate oltre
1100 presenze: sarà dura praticare così numerosi!
Sul tatami, siamo circondati da
hakame con gli occhi a mandorla
di ogni età.
Un gruppo dei nostri si infiltra fra
le fila dei “japs “ e, credendo di
esser protetti dalle difficoltà linguistiche, si lancia in apprezzamenti non del tutto pertinenti
l’aikido per esser smentiti, dopo
alcuni minuti, da Mikiko Sugawara la quale, in perfetto italiano, ci
chiede : “ Venite da Bari? Piacere io mi chiamo Miko. “.
Ahem!!!
Ma questa è un’altra storia sulla
quale sorvolerò per non tediarvi…
Iniziamo la pratica e passano in
tanti: Kuboi, Yamada, Fushimoto, ecc. ma quello che lascia il
segno è il M° Tada.
Difficile spiegare la carica che
trasmette a tutti, il senso di carisma e profondo rispetto che emana dalla sua persona: freddo
e distaccato come un guerriero
di tempi passati, marziale e compito, misurato nei gesti e nelle
parole, elegante e pulito
nell’esecuzione delle tecniche.
So di esprimere un giudizio personale, ma a mio avviso è un
pianeta a sé.
Abbiamo visto diversi stili di aikido, ma il M° Tada Hiroshi è
l’aikido.
Nel frattempo, praticare è divenuto veramente difficile e pericoloso: siamo veramente tanti e
non c’è più spazio nemmeno per
le cadute.
Io approfitto della ghiotta occasione e agguanto al volo un
maestro “made in Japan“ il quale
mi spiega ushiro ryotetori shihonage in giapponese stretto: se
ricordo bene era un dialetto mi-
nore dell’isola di Kyoto.
Confesso di non aver compreso
una sillaba di quanto il mio logorroico tori andava dicendo mentre
mi martirizzava, in compenso il
dolore si capiva in pieno.
Finisco di praticare con lui con
gli occhi umidi, non penso sia
per l’emozione, io lo chiamerei
dolore, sì esatto, la parola giusta
è dolore.
Sono deciso a rifarmi ed anche a
tirare un attimo il fiato per cui agguanto con fiero cipiglio e sguardo di sfida una nonna giapponese che avrà almeno 55 anni, 80
kilogrammi e secondo me è (lo
capirò dopo) cintura nera da novanta.
Si parte col ballo: la tecnica in
oggetto è ki awase sankyo in suwariwaza.
La nonna, dopo il saluto ed il
sorrisetto di rito, fulminea mi agguanta, mi tira, mi torce, mi strizza, mi arriccia come un polpo di
barese memoria e poi mi inchioda sul tatami peggio di una caccola umana.
Alla fine, raccolti i brandelli del
mio amor proprio, sorrido, mi inchino, ringrazio e fuggo via lontano da lei a leccarmi le ferite
Ad oltre dieci giorni dal nostro
primo e mi auguro ultimo incontro, porto ancora i dolori dovuti
alle sue amorevoli attenzioni.
Si continua la pratica fino alle 12.30: ormai siamo fradici, senza
fiato, stremati.
Si approfitta delle chiusure delle
tecniche per tirare un attimo il
fiato.
Alle 15.30, comincia l’esibizione
prima delle cinture nere, divise
per grado, e poi dei maestri giapponesi: i più grandi sono lì davanti a noi è veramente uno
spettacolo indimenticabile.
Ma quando arriva Lui, Tada, la
folla ammutolisce.
Sembra fatta come frase, ma, vi
assicuro, che è esattamente
quello che è successo.
Il Maestro saluta ed esegue happo giri col bokken ad una velocità impressionante.
A quel punto l’unica cosa da fare
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è alzarsi , chiudere ed andar via.
Come diremmo noi a Bari:
”avast! “.
Ed invece il Maestro continua la
sua esibizione; non si può descriverla, bisogna solo vederla:
impressionante è l’unico aggettivo che trovo adeguato.
Alla fine dell’esibizione, c’è la cena sociale ma alcuni di noi, dopo
dodici ore di aikido, sentono il
bisogno di cambiare aria.
Difatti finiamo in ristorante, gestito da tarantini, insieme ad un altro praticante di Mosca…a parlare di aikido.
Memorabile la pizza scelta da
Alessandro, come il film “La corazzata Potiomkin“: si rivelerà
“una cagata pazzesca” !!!.
Esausti, torniamo in albergo: la
stanchezza comincia ad esser
pressante.
Passo una notte fra dolori ai gomiti e strani esseri con gli occhi a
mandorla che mi rincorrono, nel
sogno, per farmi sankyo.
Al mattino balzati, pardon, rotolati cigolando giù dal letto ci rimettiamo in movimento per la tornata finale.
Al Palazzetto, finalmente siamo
in numero minore rispetto agli
altri giorni e la differenza si vede:
finalmente c’è spazio per le cadute e volano hakame come se
piovesse!
Ancora una grande lezione con i
vari Maestri ed infine il M° Tada.
Che dire? Da godersela un mondo!
Ad un certo punto, però, ecco
l’imprevisto che rischia di trasformarsi in tragedia.
Alessandro viene afferrato ad
una spalla, si gira e si trova a
guardare l’ombelico di un bulgaro di due metri.
Abbozza un sorriso ed alzando
lo sguardo si trova davanti un
volto alla “ ti spiezzo in due “ con
occhi di fuoco.
Ancora una volta, e purtroppo
non sarà l’ultima, gli occhi da
cerbiatto impaurito di Alessandro
hanno fatto colpo.
Il bulgaro lo prende ( non in senso biblico, beninteso ) e comincia a farlo volteggiare nell’aere.
Sarà stata la paura, sarà stata
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l’incapacità di reagire, sarà stato
amore, fatto sta che i due cominciano una storia che dura un po’.
Il nostro Ale non ha il coraggio di
interrompere il rapporto, il bulgaro non lo vuole mollare: a voi immaginare cosa sia potuto succedere.
C’è stato il lieto fine solo perché,
nel frattempo, è terminata
l’ultima giornata del raduno.
Ci apprestiamo a partire ma, le
nuvole bolognesi, incapaci di lasciarci senza un saluto, si radunano all’improvviso rovesciando
un diluvio breve ma intenso.
Come la storia fra Ale ed il bulgaro o la mia con la nonna-jap.
Stanchi ed un po’ tristi ci apprestiamo al ritorno.
Saliti in treno, ci dividiamo in tre
vagoni differenti.
Folla da impazzire, confusione
totale,e porte scorrevoli divisorie
bloccate che impediscono di raggiungere il vagone ristorante; di-
menticavo: siamo quasi digiuni
da ieri sera.
La monotonia del lungo viaggio
viene però interrotta, ad un certo
punto, dall’arrivo. nel nostro
scompartimento. di due tipe strane: due teen-agers.
Le tipe, gettando uno sguardo
distratto nel nostro scompartimento, lanciano un urlo.
Accade quello che a tutti i costi
volevamo non succedesse, quello che in ogni modo abbiamo
impedito durante tre giorni di raduno, quello che paventavamo.
Le ragazzine, che tanto normali
non dovevano essere, riconoscono il famoso attore, Alessan-
dro Minerba, indimenticato interprete di Nirvana di Salvatores.
Nello scompartimento scoppia il
pandemonio: urla, strepiti, baci,
abbracci, foto, autografi, pianti,
crisi isteriche.
Non si capisce più nulla: dal “mi
pareva di averlo visto in un film“,
della ragazza seduta al mio fianco, al “pensavo all’inizio che fosse uno scherzo“ di un’altra avvenente ragazza seduta di fronte a
Nicola, dalla gente che giunge
da altri scompartimenti per capire cosa stia accadendo a quelli
che in Ale riconoscono addirittura un famoso cantante rock.
Meno male che siamo quasi arrivati a Bari e quindi il fenomeno
risulta esser contenuto.
Scendiamo dal treno stanchi ,ma
contenti dell’esperienza vissuta.
In strada c’è già chi ci aspetta,
dopo i saluti ognuno torna a casa.
Conclusioni:
Pensavo fosse un‘esperienza non utile per chi è
alle prime armi: sarebbe
invece stato un errore
non esser presenti al
raduno.
E’ una cosa che da neofita mi sento di consigliare vivamente ad altri.
Non penso che abbiamo
fatto sfigurare il nostro
M° Ruta ed il nostro dojo.
Pensavo che non mi sarei divertito molto ma mi sbagliavo perché tante risate non me le
facevo dai tempi delle gite al liceo.
Ho trovato un calore umano che
la vita di tutti i giorni a volte nasconde.
E poi “dulcis in fundo” , volete
mettere la soddisfazione che c’è
a tornare a casa e dire a tua moglie “cara, non indovineresti mai
con chi ho viaggiato!!! “.
Vostro Kikiyashiashiasi Hashi
SHIN BUN NEWS
Un allegro ritorno
di Maurizia Sforza e Valeria Gambacorta
Personaggi (rigorosamente in ordine alfabetico):
A: talentuosa ed aitante promessa del cinema internazionale.
M e V : teenagers in cerca di un’amica.
S : brillante ed affascinate compagno di avventura di A.
Signora 1 : passeggera abbondante e gentile
Signora 2 : passeggera dall’aria vissuta
Signorina : passeggera secca, seccata e seccante
In treno. Due ragazze alla ricerca di un’amica.
M e V: Anna, dove sei? Anna…? Sei qui…?
Entrano in uno scompartimento:
M (rivolta ad A) : Scusami…ma sei tu…Alessandro Minerba?
A: Io? No, no…
V: Hai visto? Lascia perdere…
M : Dai, dico sul serio…sei tu?
A : No, lasciate stare…
Signora 1 (rivolta ad A) : Mè, che stronzo! (rivolta ad M e V). Sì, è lui!!
M e V (urletti eccitati) : Sei tu!! Lo sapevo, sei tu! (si fiondano sul sedile)
Signora 1 (con aria di vanto) : Io ci ho dormito accanto per ben tre ore; (alzandosi) prego ragazze, sedetevi pure…
S : Oh no, ci risiamo!
V (rivolta ad A) : Posso toccarti? Posso toccarti?
S : State calme, non c’è bisogno di agitarsi! Mò, guarda quella: sta tremando!
M : Dio- Dio-Dio-Dio-Dio-Dio…
Signorina : Ehi voi, non potreste farlo fuori questo casino?
V : Ma come si fa? E’ troppo bello!
M : Ma voi sapete chi è lui? E’ l’attore di Nirvana! Quello stupendo che creava i virus!!! (Signora 2 annuisce). E’ vero? Se
lo ricorda anche lei, no?
Signora 2 : …sì adesso che me lo dici, me lo ricordo. E’ vero…(con fare da donna navigata)
Signorina : A dire la verità, io non guardo la televisione…e adesso un po’ mi vergogno di non aver capito chi fosse…
Signora 2 : Ah no! A me, invece, è subito sembrato un viso conosciuto.
Signora 1 (in piedi) : E io che all’inizio non ci avevo creduto! Invece, è proprio lui!
S : Io ve l’avevo detto, belle signore!
A : Dai Salvo, non ti ci mettere anche tu…basta!
M : Senti Alessandro, posso farti una domanda? (speranzosa)
A : No!
Signora 1 : Dai, poverina, ci è rimasta male!
A : Scherzavo, dimmi pure!
M : Ma è vero che farai “Cento vetrine”?
A (disgustato) : Chi io? Che schifo!
V (subito) : Già, che schifo!
M (mesta) : Ma io l’avevo letto su “Cioè”…
Signorina :Perché, la fanno ancora quella rivista da scenette?
V (sognante) : Com’è bello…Ti prego, fai una foto con noi?
M : Sì, ti prego, ti prego!
A : No, che cosa? Poi le mettono su internet…
S : E su, accontenta queste due fanciulle! Non lo vedi come stanno?
A (scocciato) : Ok…
S ( rivolto a Signora 2) : Ogni volta è sempre la stessa storia! Foto, autografi…non se ne può più!
I tre si mettono in posa. A è al centro.
Signora 2 : Bacio, bacio!
M si avventa su A, ma il tentativo fallisce.
A : Aiuto!
M (imbarazzata) : Scusa, scusa, scusa!
Signorina : Ma questa è matta…
Signora 2 : E io che, fino ad ora, stavo così tranquilla a dormire…
V : Ale (con il cellulare) guarda l’obiettivo e dimmi qualcosa, così ti riprendo!
A : No, ma che cosa…
V : Veramente…dai…qualcosa: “ciao, un bacio”!
Signora 2 : Alessà, e dille qualcosa!
A : Dai, no no…togli quel cellulare…
S (rivolto a M) : Forza, è il momento buono di chiedergli l’autografo!
M : Ale, mi fai l’autografo?
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SHIN BUN NEWS
A : Ok, questo si può fare…Come ti chiami?
M : No, non te lo dico…mi vergogno!
A (con occhi dolci ed aria affabile) : Coraggio, so che puoi farlo!
M : Hermy, cioè Ermenegilda…ma preferisco Hermy, è più elegante.
S (soffocandosi per le risa): No, è un bel nome.
M : Ecco, tieni, scrivi qua.
A : A Hermy…
M : Hermy con l’H, Ermenegilda senza!
A : Ma su cosa mi hai fatto scrivere?
M : E’ la scatola delle medicine, non avevo altro!
A ( a V ) : E tu come ti chiami?
V : Valeria. Io sì che ho un nome bello!
Signora 2 ( a M ) : Scusa, non per sapere, ma mi dici quanti anni hai?
M : 18
S : Uno più di me ne ha lei…
M : Perché?
Signora 2 : Beh, hai 18 anni, allora è normale…
Signorina : Io a 18 anni non ero così…
V : Infatti, è normale se vediamo un ragazzo che ci piace!
S : Invece tu quanti anni hai?
V : Anch’io 18 : li ho fatti a maggio.
S : Tutti bene li hai fatti?
Signora 2 : Anch’io avevo un attore che mi piaceva, ma non è che facevo tutti ‘sti salti mortali!
S : See, Totò!
M : Ma lui non è solo bello: è anche bravo!
S : Però, che noia le ragazzine! Meno male che io, una moglie, me la sono già trovata!
V : Io sto riprendendo. Dai Ale, recita una frase come solo tu sai fare…
A (inebriato da se stesso) : Va bene, ti leggo qualcosa che ho scritto io…
A si alza prendendo qualcosa dal portapacchi: M, agitata, fa cenni col capo a V.
Signora 2 : “Prendigli il di dietro”- ti sta dicendo.
M : Madò che vergogna, che vergogna…andiamocene!
M si fionda fuori dallo scompartimento. A la trattiene per una mano.
A : No, non andartene.
V : Infatti, io voglio prima un bacio.
A : Con piacere!
S : Non essere ingiusto! Dallo ad entrambe!
A (ad M) : A te, però, lo do sulle labbra…
M (tramortita): Sììì….
A : Te lo darei ma ho mangiato la cipolla a pranzo (ridendo).
M : Dio che figura, che figura! Andiamocene, andiamocene!
V : Ok, che la povera Anna ci sta ancora aspettando.
Dalla vetrata sbuca la testa di V. Risate generali.
Prima che cadiate in preda alla disperazione, precisiamo che non si tratta del copione dell’ultimo film dei fratelli Vanzina
(“Ognissanti a Bologna”), bensì di uno scherzo, alquanto ben riuscito,
per giunta organizzato durante il viaggio di ritorno dall’Embukai. Avrete, quindi, intuito che i personaggi coinvolti sono: Alessandro, Maurizia, Salvatore e Valeria. Tutto è nato dal fatto che Alessandro aveva raccontato, alle sue compagne di
viaggio, di essere un attore: il gioco ci ha, forse, preso un po’ la mano ma, come potete constatare voi stessi, il risultato è
stato esilarante. (V: “Ma che dici: fa schifo!”; M: “Taci che non se ne accorgono!”).
Il dialogo riporta fedelmente l’accaduto anche grazie alle riprese effettuate dal cellulare (V: “Se volete vederle: 10 €”; M:
“Ma che dici? 20 €”).
Forse ci avranno prese per pazze ma, in compenso, Alessandro si è rivelato davvero un ottimo attore: avrà imparato dal
suo maestro Salvatore? Ad ogni modo, sono stati davvero bravi. (V: “Ma noi siate molto più brave!!!”; M: “ Sciocca, le grandi attrici sono anche modeste!”)
Tutto ciò c’entra ben poco con l’Aikido ma, a ben guardare, in questa vicenda è nascosto un messaggio profondo: a voi il
compito di scoprirlo.
Buon Keiko , buona cena e buona notte!
Maurizia e Valeria
V : Ma qual è il messaggio?
M : Aspetta…siamo sole?
V : Mi sembra di sì!
M : Ok, allora…NON C’E’ NESSUN MESSAGGIO! Bello scherzo, vero?
V : Già…Eccellente…
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Ed ora…Le Foto!
Il VERO Maestro viaggia
leggero...
...ed è sempre vigile!
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C’è chi sogna la focaccia...
...chi sogna il diploma di shodan
ad occhi aperti (e hara scoperto)...
...e chi si dedica alla meditazione
profonda….
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Nuovi amori nati durante il viaggio
Al Palasavena...
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In pizzeria...
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Sensei...ci sei?
Ovvero
L’intervista al Maestro (I parte)
a cura di Vincenza Patruno
Redazione: Quando e come hai
conosciuto l'Aikido?
M° Ruta: Il 1° novembre 1980
ho fatto la prima lezione. Appena arrivati, scopriamo che il dojo
si era allagato ... per cui ci recammo in un boschetto di Modugno per un allenamento fisico. Ricordo ancora i dolori del
giorno dopo …
Ho incontrato l'Aikido veramente per un caso fortuito. Il mio insegnante di religione del tempo
(andavo al liceo "Fermi") si ammalò e venne a sostituirlo un
tale Antonio Bosna :un uomo
veramente affascinante, colto e
fisicamente molto forte (allora
aveva quarant'anni ...). Dopo un
po’, scoprii che praticava ed insegnava una disciplina marziale. Andai a vedere e rimasi fulminato e innamorato a prima
vista: così iniziò l'avventura ...
Redazione:- Come è nato lo
Shin Bu?
M° Ruta: Da una scissione! Il
nostro insegnante voleva uscire
dall'Aikikai e creare un suo
gruppo mescolando aikido, taichi e filosofia. Noi (io, Domenico
Casale, Roberto Nuovo e Antonio Lomonte) avevamo appena
conosciuto H. Hosokawa, Y. Fujimoto e ne eravamo rimasti entusiasti .Chiedemmo, così, al M°
Hosokawa se potevamo aprire
un dojo tutto nostro: disse di sì.
sempre di fare aikido; preparai
anche una lettera per l'Aikikai e
diedi incarico ad un’agenzia di
affittare i locali del dojo ( e poi ci
ho rimesso 2 milioni ...). Avevo
veramente deciso poi, mentre
mettevo da parte i miei keikogi,
l'hakama e la spada, iniziai a
piangere ...
Redazione: Perchè "Shin Bu" ?
Redazione: Cosa ne pensi dei
tuoi allievi?
M° Ruta: Scelsi io il nome perché mi piaceva l'idea di praticare e di insegnare un’ arte marziale (bu) all'interno di una prospettiva e di una dimensione
spirituale (shin). In una delle
sue memorie, O Sensei descrive appunto l'Aikido come uno
"shin-bu" e poi… mi piaceva
l'assonanza fonetica con Honbu che è il nome del Quartiere
generale dell'Aikido a Tokyo! A
dire il vero, proposi ai miei compagni anche il termin e
"Masakatsu dojo" (il dojo della
giusta e vera vittoria) ma, per
fortuna, fu scartato perché un
dojo che si leggeva come
"masacazzo" in via Ricchioni
era veramente TROPPO!!!
Redazione: Quali sono stati i
momenti alti e bassi del dojo?
M° Ruta: Sono corrisposti ai
miei alti e bassi personali e alle
mie crisi nella pratica. Il momento più tragico è avvenuto qualche anno fa. Avevo deciso di
chiudere il dojo e smettere per
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Il momento più alto: ORA con
tutti voi!
M° Ruta: Tutto il bene e tutto il
male possibile! A volte, penso
che siete straordinari e veramente bravi, altre volte che non
capirete mai ... ma non si può
fare di tutta l’erba un fascio: ognuno ha qualità e difetti esattamente come me!
Redazione: C'è un allievo perso che rimpiangi o uno che sei
stato contento di perdere?
(Questa è un po' cattivella!)
M° Ruta: Rimpiango Nicola Lagattolla e Rossana Tursi: due
mie cintura nera veramente brave.
Sono stato contento di perdere
più di un allievo e qualcuno lo
vorrei perdere anche adesso
(capisci a me!)
Continua...
SHIN BUN NEWS
Il Praticante (si) racconta…
Saverio e Jacqueline ci raccontano come hanno conosciuto l’Aikido, le loro esperienze precedenti e i
loro progetti per il futuro.
Mi piacerebbe parlare delle mie
esperienze nell'ambito della pratica delle arti marziali.
ma è “meditazione in movimento” come sostiene il mio Maestro
Fabrizio Ruta. Grazie a lui e a
tutti i praticanti, nel "Dojo" si crea
Ho iniziato col praticare il Karate
e, dopo alcuni anni, ho pensato
di praticare il Kempo: uno stile di
Kung-Fu.
Praticando il Karate, avevo notato, tra i praticanti, molta voglia di
competitività: esso, infatti, dà
molta importanza all'agonismo,
alle gare e ai risultati che ne derivano. Ho notato che, durante le
gare, le "parate" non vengono
mai applicate ma viene data molta importanza alla velocita' dei
colpi tirati a "molla", al movimento dei piedi ed al mantenere la
guardia alta. Quando, poi, ho incominciato a praticare il Kempo,
ho notato la differenza di stile:
nel kempo, infatti, non si tirano i
colpi a "molla", le posizioni sono
molto allungate, si da importanza
alle parate ed allo studio teorico
e pratico della disciplina.
Solo per caso ho conosciuto l'Aikido, essendo esso, per
me, una disciplina sconosciuta e
totalmente diversa dalle esperienze marziali da me praticate precedentemente.
Con la pratica dell'Aikido, ho
scoperto un nuovo modo di intendere le arti marziali: l'Aikido,
infatti, non sottolinea la competitività ma la tranquillità interiore
ed il potenziamento dell'energia (ki) che abbiamo dentro di
noi e che, di solito, non utilizziamo in quanto si preferisce usare
piu' la forza che essa.
Molte discipline abituano
a "spingere" o ad attaccare invece che a spostare il nostro corpo e lasciare passare l'energia e
l'aggressività di chi attacca.
L'Aikido non è un’arte marziale
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un’atmosfera di lavoro senza
competizione dove ognuno di noi
aiuta l'altro a migliorarsi e a crescere interiormente.
Io sono dell'opinione che il fine
ultimo dell' Aikido sia quello di
creare un' energia positiva in un
ambiente positivo, con lo scopo
di stare bene con gli altri ma sopratutto di stare bene con se
stessi.
Saverio
Aikido
e
Yoga:
vie
dell’armonia interiore.
Ho iniziato la pratica dell’ Aikido
da poco tempo per cui sarebbe
velleitario da parte mia avere idee chiare in merito ma l’uscita
del numero 0 dello Shin BunNews mi dà l’occasione di parlare del mio percorso individuale.
Nel corso della mia prima lezione di Aikido, il Maestro ha asse-
rito che, a volte, si passa dalla
pratica di una disciplina alla pratica di un’altra ma tutto quello
che è stato vissuto, durante le
esperienze precedenti, non viene cancellato o accantonato ma
d i ve n ta p a r t e i n t e g r a n te
dell’interiorità di un individuo. Alcuni aspetti dei percorsi effettuati, così interiorizzati, fungono da
base per successive esperienze.
Molto spesso la conoscenza di
un “mondo”, infatti, solleva nuove curiosità ed esigenze che portano a compiere passi in una
nuova direzione che può sembrare diversa o distante dalla
precedente ma che, in realtà,
risulta essere intimamente concatenata ad essa nell’ottica di un
cammino personale di evoluzione interiore.
Ho immediatamente condiviso
quest’opinione in quanto riflettente, non solo quello che è a
me stessa accaduto, ma anche
quello che le mie esigenze rinnovate mi portano a sentire.
Negli scorsi anni, ho praticato
dalla ginnastica al tennis, dalla
danza moderna al teatro ma la
mia esperienza più recente e
precedente al mio approccio
all’Aikido riguarda la pratica
dell’Hatha Yoga durata quattro
anni alla quale, negli ultimi due,
si è affiancato una sorta di tirocinio realizzato con la mia insegnante mirato ad approfondire le
tematiche dello yoga e ad
“imparare ad insegnare”.
L’Hatha Yoga ha rappresentato
un percorso, per me, speciale:
credo mi abbia dato molto e di
aver imparato tanto; ho praticato
con passione e volontà e continuo a farlo nei momenti liberi.
Quando ho deciso di avvicinarmi
allo yoga, avvertivo la necessità
di ritagliare uno spazio esclusivo
per me stessa in cui imparare ad
ascoltarmi, a conoscermi, a riSHIN BUN NEWS
scoprirmi. Le ore di yoga sono,
quindi, diventate, per me, momento di raccoglimento in cui,
pur essendo circondata da altri
praticanti, mi isolavo in deliziosa
solitudine attenta ad avvertire il
più possibile quello che, di me,
andava emergendo: è come se
avessi trovato il modo di
“coccolare” la mia parte interiore
più profonda, l’avessi accarezzata e l’avessi pian piano aiutata
ad uscire allo scoperto.
Nella pratica delle asanas, mi
sono riscoperta testarda e volitiva: alcune posizioni mi erano naturali, altre ho dovuto conquistarle con tenacia e perseveranza.
Ho conosciuto le potenzialità ed i
limiti del mio corpo e della mia
mente: mi sono dovuta mettere
in gioco con curiosità, grinta e,
soprattutto, umiltà.
La pratica dello yoga, infatti, è
intimamente connessa alla psiche dell’individuo: a volte, alcune
posizioni risultano impraticabili
anche se , fisicamente, nulla impedisce la loro realizzazione.
Questa forma di “blocco” è legata a paure, emotività, precedenti
esperienze spiacevoli, stati
d’animo particolari, inibizioni, ansie che prepotentemente emergono nel momento in cui chiediamo al nostro corpo di assumere
una postura che non riteniamo
essere naturale per esso o che
ci crea fastidio.
Mantenere un’asana per alcuni
minuti richiede, trattandosi di uno
stretching estremo, uno sforzo
fisico, una resistenza ed una
convivenza con il dolore: a lungo
andare, il corpo si modifica, diventa più elastico, i muscoli si
tonificano e questo si riflette anche sui movimenti della mente.
Nella sua apparenza statica, lo
yoga possiede, in realtà, una sua
intrinseca dinamicità: mantenere
una postura per alcuni minuti
non implica, infatti, immobilità
ma, al contrario, vi è un costante
e lento “sentire” la posizione, appropriarsene e migliorarla man
mano che il corpo inizia a sciogliersi mantenendo la concentraPagina 22
zione fissa unicamente sul flusso del respiro che, malgrado lo
sforzo, deve restare regolare e
naturale.
Il corpo si stanca ma se ne ricava benessere e, soprattutto, il
lavoro fisico viene ad integrarsi
con il lavoro (ben più arduo!) della mente.
Ho trovato, infatti, molto interessanti anche gli aspetti legati alla
meditazione ( la pratica del Vipassana: semplice ascolto del
respiro che entra ed esce dalle
narici che aiuta a liberare la
mente, a svuotarla; lo Yoga Nidra: il “sonno dinamico” che aiuta a rilassare la mente rilassando
il corpo; il Pratyahara: il ritiro dei
sensi; il lavoro sui chakras) e
quelli riguardanti le tecniche di
Pranayama cioè esercizi sul controllo ritmico del respiro.
Nell’Hatha Yoga, quindi, il lavoro
delle asanas serve a liberare il
corpo dalle impurità e a renderlo
pronto per la meditazione: il corpo diventa, così, veicolo idoneo
al proprio spirito.
Il mio approccio all’Aikido è, invece, di natura ben diversa. Dopo anni intrisi del silenzio caratteristico dello Yoga, ho piacevolmente scoperto l’allegra atmosfera dello Shin- bu dojo. L’aver
oltremodo apprezzato l’aria di
amicizia, complicità, solidarietà
che si respira all’interno del dojo
mi ha portato a riflettere sul fatto
che, probabilmente, l’eccessiva
disciplina e la solitudine dello yoga avevano risvegliato in me voglia di movimento, di suoni, di
interazioni con altri praticanti. Ho
avvertito, inoltre, voglia di soddisfare nuove curiosità, desiderio
di crescita, di evoluzione interiore. Dell’Aikido mi ha immediatamente colpito l’eleganza dei movimenti, la coordinazione necessaria per attuarli, i ruoli di “tori”
ed “uke”, l’assenza di competitività, la complessità delle tecniche.
Ritengo personalmente che
l’Aikido abbia degli aspetti in comune con lo yoga: la disciplina, il
raccoglimento che precede la
lezione, gli aspetti meditativi,
l’importanza della respirazione e
della concentrazione. Nella etimologia stessa di entrambe le
parole che danno il nome a queste due discipline sono insiti concetti che fanno pensare ad esse
come cammini spirituali finalizzati alla ricerca dell’armonia interiore.
La parola “Yoga” deriva dalla radice sanscrita “Yug” che significa
unire, legare assieme ma ad essa sono stati attributi altri numerosi significati quali: saggezza,
armonia, moderazione nel lavorare, abile modo di vivere o definizioni come ad esempio:
“equilibrio dell’anima che rende
capace di guardare alla vita uniformemente in tutti i suoi aspetti”.
“Quando i sensi si sono calmati,
quando la mente riposa, quando
l’intelletto non tentenna allora,
dice il saggio, il più alto stadio è
raggiunto”. Kathopanishad
Il termine Aikido, invece, significa
letteralmente via (do)
dell’armonia (ai) con l’energia
assoluta (ki).
"Lo scopo dell'Aikido è di allenare la mente e il corpo, di formare
persone oneste e sincere." - Morihei Ueshiba
Ritengo che, per quanto mi riguarda, l’esperienza dello yoga,
nei suoi aspetti positivi e meno,
mi abbia dato degli elementi per
poter vivere in modo consapevole l’attuale esperienza
dell’Aik ido. Sono attratta
dall’essenza di questa arte marziale, dal fatto che non venga uSHIN BUN NEWS
sata la propria forza ma che,
spesso, si sfrutti quella del partner con cui si pratica, dal rispetto esistente tra i praticanti; mi
piace il fatto che, contrariamente
ad altre arti marziali, esso sia incentrato su un movimento circolare: mi fa pensare all’energia
che, partendo dall’individuo, si
espande in tutte le direzioni con
armonia, fermezza e stabilità al
tempo stesso. Quando guardo i
praticanti avanzati eseguire le
tecniche, ho l’impressione di as-
sistere ad una sorta di danza elegante e sinuosa, coordinata e
permeata di energia positiva e
sono contenta di aver fatto il mio
ingresso in questo nuovo mondo, di aver iniziato un nuovo
cammino che mi si schiude, lezione dopo lezione, nella sua
bellezza, complessità e che lascia scorgere bagliori di un futuro pregno di nuove ed interessanti sorprese.
Jacqueline Gentile
Bioenergetica:emozioni ed espressione corporea nella teoria olistica
Prima puntata. Energia, consapevolezza ed espressione corporea
di Maria Martinelli
Nella concezione olistica, l’unità
corpo-mente-spirito è indissolubile ed è legata a un altro concetto
fondamentale, che è quello di
energia.
Il campo energetico universale
era conosciuto, nelle diverse civiltà, circa 5000 anni prima di
Cristo. In India, esso veniva definito “fonte che dava origine ad
ogni forma di vita” ed era denominato prana; i Greci lo consideravano come un corpo luminoso
in grado di curare le malattie e lo
chiamavano energia vitale. Nel
XIX secolo, Mesmer lo definì fluido magnetico; negli anni '40
Reich lo definì energia orgonica;
poi Lowen parlò di bioenergia ed
elaborò la terapia detta Analisi
Bioenergetica, che è un modo di
comprendere la personalità nei
termini dei suoi processi energetici. L’energia è la forza su cui
poggia lo spirito ed è quindi la
base della spiritualità del corpo.
Usata consciamente, essa diventa forza.
Nell’Analisi Bioenergetica, viene
messo l’accento soprattutto sul
linguaggio
corporeo,
sull’espressione e sulla sperimentazione nel presente delle
emozioni soffocate e spesso rimosse. Il campo di energia misurabile di un sistema biologico
è chiamato campo bioenergetico
Pagina 23
dai ricercatori odierni e aura dai
terapeuti. La prima definizione è
relativa a studi effettuati in laboratorio, la seconda deriva da una
conoscenza sensibile ed intuitiva.
I processi bioenergetici del corpo
sono in relazione con lo stato di
vitalità del corpo stesso: più si è
vivi, più energia si ha; la rigidità
e la tensione cronica diminuiscono la vitalità. Una buona postura
è segno che le varie parti del
corpo lavorano tra di loro in modo corretto e godono di buona
salute. Secondo la teoria sulla
quale si fondano sia la tecnica
psico-corporea di Integrazione
Posturale – sviluppatasi sulla base della Analisi Bioenergetica –
sia il Rolfing, dentro di noi c’è un
meccanismo di mantenimento
della forma e della mobilità fisica, purtroppo poco conosciuto.
Esso si chiama fascia: si tratta di
un tessuto diffuso in tutto
l’organismo che avvolge, separa,
nutre, compatta e sostiene ogni
parte del corpo.
Quando siamo affetti da uno
squilibrio di qualsiasi genere
(fisico, emozionale, mentale, spirituale), questo si manifesta sul
piano somatico con una modificazione della postura: se osserviamo con occhi attenti come si
muove una persona, possiamo
dire che cosa le sta “succedendo
dentro”. Ogni cambiamento posturale, che persista nel tempo o
abbia una certa intensità, si trasmette alla fascia, la quale mette
in moto processi chimici di densificazione per sostenere il maggiore stress. Essa pare comportarsi come una memoria che
sfrutta la percezione del movimento in ogni parte del corpo.
I guasti al nostro organismo derivano, in effetti, da un insieme di
tensioni che si compensano
l’una con l’altra nel tentativo di
mantenere la stazione eretta,
mentre la spina dorsale perde la
sua flessibilità e si accorcia. La
scoliosi, l’artrosi cervicale o lombare, l’ernia del disco sono alcune delle conseguenze di uno sviluppo eccessivo, nella nostra civiltà, della funzione pensante a
spese di una equilibrata integrazione tra le parti del nostro essere. Simbolicamente, la spina dorsale è il tronco del nostro albero
della vita: essa ci sostiene e ci
permette di essere di fronte al
mondo eretti, ma insieme flessibili, di far fluire tutta la nostra energia vitale adattandoci alle
molteplici richieste dell’ambiente.
Quando ci irrigidiamo di fronte
alla vita, “teniamo duro” per troppo tempo oppure ci lasciamo anSHIN BUN NEWS
dare ripiegandoci su noi stessi
ed evitiamo di affrontare le cose
faccia a faccia, la spina dorsale
si indebolisce e perde la capacità di rispondere correttamente
alle sollecitazioni. Il mal di schiena, sia esso di origine psicogena
o traumatica, si cronicizza nel
tentativo disarmonico di rapportarsi alla forza di gravità.
La condizione di salute difficilmente si riscontra negli individui,
dove per salute si intende non
solamente la mancanza di un
quadro patologico, ma uno stato
positivo di energia fisica, lucidità
mentale e pace dell’anima: una
condizione “attiva” di armonia
con l’ambiente e di piacere per la
vita. Il solo crescere e sviluppare
un ego porta a una quantità sufficiente di conflitti interiori ed esteriori.
La lingua inglese gioca in modo
interessante e rivelatore con la
parola selfconsciousness nei
suoi tre significati: consapevolezza, consapevolezza di sé ed autoconsapevolezza. Sono simili,
ma descrivono concetti e stati
dell’essere piuttosto diversi.
Nasciamo con/come un sé. Il nostro ego, la parte consapevole
del nostro sé o il nostro senso
del sé (cioè, la nostra percezione
di chi siamo), non si è ancora
sviluppato. L’ego e il sé non sono separati o divisi, poiché l’ego
è radicato nel sé, il che vuol dire
che, in questo stadio, la nostra
percezione di chi siamo proviene
da come ci sentiamo. Col crescere della consapevolezza,
l’ego si sviluppa, ma può svilupparsi verso la consapevolezza di
sé o verso l'autoconsapevolezza:
la consapevolezza di sé si sviluppa quando c’è poco conflitto
tra
l’ego
e
il
sé;
l’autoconsapevolezza, al contrario, si sviluppa quando, piuttosto
che provenire dal corpo e dalle
sue sensazioni, proviene
dall’esterno, come se percepissimo chi siamo attraverso gli occhi
di un osservatore esterno; in
questo caso, la percezione di chi
siamo si trasforma in una immagine - spesso ideale e stereotiPagina 24
pata - che abbiamo di noi stessi.
L'esperienza interiore individuale
dell'autoconsapevolezza varia,
naturalmente; tuttavia, sensazioni di goffaggine, vergogna e incongruenza rispetto al mondo
esterno sono comuni. Dall'esterno, l'autoconsapevolezza è anche percepita come goffaggine e
come meccanicità nel movimento. La meccanicità proviene da
un coinvolgimento della volontà,
che rende il movimento volontario. I movimenti spontanei, invece, sono compiuti principalmente
dall'impulso e dal sentire, con
poco coinvolgimento dell'ego.
Movimenti aggraziati sono caratterizzati da un equilibrio tra movimenti spontanei e voluti consciamente. Ciò è descritto benissimo
da Lowen: l'ego nella sua relazione al corpo è come un cavaliere sul cavallo; se impone la
sua volontà, può far fare all'animale ciò che vuole ma, in quel
caso, sacrificherà la grazia naturale del cavallo. Se guida il cavallo, permettendogli di rispondere con le sue sensazioni, cavallo e cavaliere diventeranno
tutt'uno in movimenti che sono
aggraziati e piacevoli.
Ecco perché la terapia bioenergetica insiste sulla necessità del
radicamento (grounding), in
quanto nelle persone esistono
difficoltà, rifiuto e paura ad aprirsi alla dimensione energetica
della Terra.
L'energia deve venire dal basso
ed essere radicata nella metà
inferiore del corpo, lontano dalla
testa, cominciando dai piedi e
fluendo all'insù attraverso la pelvi. Qualsiasi movimento, anche
quello della parte superiore del
corpo, appare in qualche modo
meccanico, a meno che non abbia una connessione con il terreno. Diversamente dai "semplici
movimenti", i movimenti radicati
forniscono l'esperienza interiore
di connessione e gioia che possono spontaneamente mostrarsi
nel viso con un sorriso o anche
con una soffusa luminosità. Mentre l'autoconsapevolezza tende
al trattenimento e all'arrossire,
l'energia che fluisce fa risplendere il viso e brillare gli occhi.
L'affannarsi, per esempio, è il
nemico naturale del fluire dell'energia. Affannarsi implica una
tendenza allo sradicamento, a
tirarsi via dal terreno, a tirarsi via
dalla pelvi. Affannarsi è un risultato di un tratto del carattere o
dell'incalzare del tempo. In entrambi i casi l'ego e i pensieri sono già occupati da attività future
in competizione e perciò già
staccati dal corpo e dai suoi sentimenti. Non c'è tempo per sentire. Spesso questo si mostra fisicamente in una testa che è protrusa in fuori e in avanti rispetto
al resto del corpo e in occhi che
sembra non stiano nelle orbite,
anche essi sono "in fuori" e "in
avanti". Per controbilanciare, la
pelvi è all'indietro. In altri casi, la
testa è "sopra a tutto", che pensa, mentre il corpo sottostante
sta correndo e i piedi a malapena toccano il suolo. In queste
condizioni il corpo, incluso il collo, deve irrigidirsi.
Come l'affannarsi è nemico del
flusso energetico, così lo è anche lo sforzo. Nel precipitarsi, la
mente va troppo veloce e in troppe direzioni, mentre lo sforzo richiede che la mente si dedichi a
un singolo obiettivo. La volontà
si fissa su questo obiettivo piuttosto che essere diretta verso di
esso. I muscoli volontari seguono la volontà; spontaneità e serenità rimangono soffocati e imprigionati in questa azione muscolare volontaria. La connessione del sentire con l'obiettivo si
perde e l'obiettivo diventa un valore dell'ego e, a quel punto, o la
persona si fissa nel provare a
raggiungerlo o l'obiettivo non dà
più piacere. Questo fenomeno
viene spesso notato nei ballerini:
anche se sembrano aggraziati
quando danzano, i loro movimenti di ogni giorno sembrano
ripetitivi e controllati, perché i loro muscoli sono stati strutturati
dall'eccessivo esercizio e hanno
perso l'impulsività e la spontaneità.
( Continua…)
SHIN BUN NEWS
Lo Spazio dei Piccoli
Allegra e Valentina, due giovanissime praticanti di Aikido, raccontano…
a cura di Paolo Gissi
Le lezioni per i più piccoli
nello Shin Bu Dojo.
Le lezioni dei bambini, nello Shin
Bu Dojo, sono diverse da quelle
degli adulti.
Appena arrivati ci togliamo le
giacche e, negli appositi spogliatoi, indossiamo il kimono, cioè
una giacca e dei pantaloni bianchi fermati in vita dalla cintura.
Alle 18:00 ci mettiamo in ginocchio sul tatami, una specie di
materasso che evita di farsi male
durante la lezione, ed eseguiamo il saluto iniziale (diverso da
quello finale).
Iniziamo con gli esercizi del ri-
scaldamento, che ci permettono
di aspettare i ritardatari.
Di solito, finiti gli esercizi di riscaldamento, eseguiamo la corsa. Prima circa 3 minuti di corsa
con esercizi, dopo la corsa ad
ostacoli.
Il maestro, insieme alla sua aiutante, ci aspetta in un angolo per
colpirci col bastone di gommapiuma, che dobbiamo evitare.
Dopo ci sistemiamo in ginocchio,
nella parte iniziale della palestra
dove, in ordine di anzianità di
cintura, eseguiamo le cadute in
avanti ed all'indietro. Finite le cadute il maestro e la sua aiutante
ci mostrano le tecniche, cintura
per cintura.
Ci dividiamo in coppie di uguali
cinture, le eseguiamo, e le mostriamo al maestro.
Nella parte finale della lezione
giochiamo: il maestro ci fa dividere in gruppi e ci fa scegliere
un gioco, fra quelli stabiliti negli
anni passati. Alle 19:00 eseguiamo in ginocchio il saluto finale ed
andiamo negli spogliatoi per toglierci il kimono.
Allegra
Braccia aperte all'Aikido.
Ciao ragazzi,
vi scrivo per informarvi di una
bellissima iniziativa: "l'Aikido per
bambini"!.
Cosa è l'Aikido? Ma come, non
lo sapete?
L'Aikido è un'arte marziale di difesa, ed è insegnata per i più
piccoli in modo divertente e giocoso, in modo da non annoiarsi
mai!
Naturalmente ci sono dei momenti di tecnica, ma ci sono anche dei momenti di gioco, come
ad esempio il gioco del gallo, o
la staffetta, ristrutturati a stile…
AIKIDIANO!
Allora che cosa aspettate, andate ad iscrivervi alla più vicina palestra di Aikido, e ne vedrete delle belle!!!
Vostra amica Valentina
PS: L'Aikido non è uno sport solo
per maschi, quindi femminucce
non lasciatevi sfuggire questa
opportunità. VI ASPETTO!!!
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SHIN BUN NEWS
Lo Spirito di Samurai
di Roberto Vinciguerra
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SHIN BUN NEWS
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SHIN BUN NEWS
Storie Zen
a cura di Vincenza Patruno
Gli insegnanti di Zen abituano i loro giovani allievi a esprimersi. Due templi Zen avevano ciascuno un
bambino che era il prediletto tra tutti. Ogni mattina uno di questi bambini, andando a comprare le verdure, incontrava l’altro per la strada. "Dove vai?" domandò il primo. "Vado dove vanno i miei piedi" rispose l’altro. Questa risposta lasciò confuso il primo bambino, che andò a chiedere aiuto al suo maestro. "Quando domattina incontrerai quel bambino" gli disse l’insegnante "fagli la stessa domanda. Lui
ti darà la stessa risposta, e allora tu domandagli: "Fa’ conto di non avere i piedi: dove vai, in quel caso?".
Questo lo sistemerà. La mattina dopo i bambini si incontrarono di nuovo. "Dove vai?" domandò il primo bambino. "Vado dove soffia il vento" rispose l’altro.Anche stavolta il piccolo rimase sconcertato, e
andò a raccontare al maestro la propria sconfitta. "E tu domandagli dove va se non c’è vento" gli consigliò il maestro. Il giorno dopo i ragazzi si incontrarono per la terza volta. "Dove vai ?" domandò il primo bambino. "Vado al mercato a comprare le verdure" rispose l’altro.
Giochini Zen
a cura di Emanuele Covino
1.
.
Unisci i puntini
1.
Scopri le differenze fra le figure
1.
- Quanti maestri zen servono per avvitare una lampadina?
-Nessuno, sono già illuminati.
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SHIN BUN NEWS
Le Regole del Dojo
a cura di Gaetano Nevola
Regole del Dōjō
1. Conformarsi alle norme della buona educazione, osservare le regole e seguire fedelmente gli insegnamenti dei maestri.
2. Quando si entra nel dōjō, togliersi nell'ingresso cappello, guanti, soprabito, ecc., e, dopo aver eseguito il saluto in direzione del lato principale (shōmen), salutare il maestro e andare a cambiarsi
nello spogliatoio.
3. Nel caso si arrivi in ritardo e l'allenamento sia già iniziato, si dovrà attendere ai bordi del tatami
finché non siano conclusi gli esercizi di respirazione e torifune.
4. All'interno del dōjō osservare l'armonia reciproca e impegnarsi nella pratica con gioia e serenità.
5. Praticare con serietà e spontaneità, sforzandosi di evitare infortuni.
6. Dedicare sufficiente tempo alla pratica da soli.
7. Non criticare mai le tecniche eseguite da altri praticanti.
8. Nella pratica con le armi (jō e bokken) attenersi correttamente alle regole stabilite.
9. L'abbigliamento usato durante la pratica (keikogi e hakama) deve essere sempre pulito.
10. Prima di iniziare la pratica è opportuno togliersi gioielli, orologi, ecc., legarsi i capelli, se portati lunghi, e assicurarsi che le unghie siano corte, al fine di prevenire incidenti.
11. Al termine di ogni allenamento fare sempre le pulizie del dōjō così da permettere che la pratica si
svolga in un ambiente pulito.
12. E' proibito fumare all'interno del dōjō e non sono ammesse persone in stato di ubriachezza.
13. Nel dōjō astenersi dal fare discorsi di natura privata che esulano dal contesto della pratica e possono intrarciarla.
14. I visitatori sono invitati ad osservare l'ordine stabilito all'interno del dōjō e, dopo aver ottenuto il
permesso, possono assistere agli allenamenti sedendo in seiza nel posto che viene loro indicato.
15. Quando ci si reca a praticare in altri dōjō, osservare con attenzione le regole in essi stabilite e non
toccare assolutamente gli oggetti (armi, ecc.) presenti nel dōjō in cui si viene ospitati.
Norme generali di etichetta, regole da osservare sul tatami
1. Cercare di uniformare il modo di esprimersi e di comportarsi nella vita quotidiana alla pratica dell'aikidō.
2. Evitare di passare davanti alle persone.
3. Quando si apre o si chiude una porta, accertarsi che non vi siano persone nelle immediate vicinanze.
4. Nel porgere o ricevere un oggetto utilizzare entrambe le mani.
5. Se ci si rivolge ad una persona seduta sul tatami, sedersi in seiza prima di salutare, parlare o porgere qualcosa.
6. Non soffermarsi in piedi dietro ad una persona che sta seduta sul tatami (tale norma di buona educazione deriva dal fatto che in Giappone tale posizione veniva tradizionalmente assunta da coloro
che recidevano il collo a chi commetteva seppuku).
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SHIN BUN NEWS
Le Regole dello Shin Bu
a cura di Gaetano Nevola e Fabrizio Ruta
Ferme restando le regole descritte precedentemente
1) Onora maestro e sua famiglia. (Non toccare moglie di maestro).
2) Non avrai altro sensei all’infuori di tuo maestro Ruta.
3) Non desiderare i “kyu” di altri. (I dan poi, scordali proprio).
4) Lava piedi prima di salire su tatami, se vuoi puoi fare doccia completa prima di allenamento.
5) Usa sempre ghi puliti e profumati. (L’omo non addà puzzà)
6) Allenati con Costanza (Maria, Vincenza, Jacqueline, Valeria, Ilaria, Maurizia, Rossella, ecc.).
7) Quando ti lavi non allagare vano doccia. Se proprio non riesci a camminare sospeso nell’aria, cerca
almeno di asciugare e non sporcare vano spogliatoio.
8) Se bagno ha luce accesa vuol dire che è occupato, se dopo mezza ora è ancora accesa vuol dire che
chi è uscito prima non l’ha spenta. In ogni caso prima di entrare bussa.
9) Non lasciare ciabatte in spogliatoio. Se asciutte riponi in scarpiere. Se bagnate porta via (scarpe no
scarpiere).
10) Se esci ultimo da spogliatoio spegni luce.
11) Pratica senza far male uke.
12) Non usare armi altri, se hai tue bene, se no ci sono quelle comuni in rastrelliera. (Se compri meglio).
13) E’ assolutamente vietato usare armi non tue chiuse in foderi.
14) Dopo lezione riponi tutte armi che hai usato al loro posto.
15) Non sottrarre armi da dojo.
16) Tutto ciò che dimentichi in palestra o in spogliatoio diventa di proprietà di maestro.
17) Paga puntualmente mensile: erede cresce e latte costa.
18) Se non hai ancora capito in questo dojo no democrazia: comanda maestro!!!
RUTA DIXIT:
“Ragazzi...sto una pezza…”
LaSpezia 1999
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SHIN BUN NEWS
I Pensieri di O’ Sensei
a cura di Gaetano Nevola
Una roccia in mezzo al fiume
Mi chiedono sovente cosa auguro, cosa vorrei veder realizzato per coloro che studiano l'Aikido. Ecco, spero che tutti sappiano guardare con attenta considerazione al
mondo che li circonda e con eguale attenzione sappiano ascoltare quello che dicono
gli altri facendo tesoro di quanto di buono c'è nelle parole di ognuno. E spero anche
che questo atteggiamento sia per ogni allievo una base da cui ampliare il suo punto di
vista.
Ponete mente al moto dell'universo e fatene fonte di sapere perché solo dopo averne
raggiunta una perfetta comprensione si diviene capaci di agire senza esitazioni. Poi,
dopo aver agito con immediatezza, bisogna riflettere sull'azione compiuta.
Costruite questa sequenza di comprensione/riflessione/azione/riflessione e farete costanti progressi.
Per chi pratica o desidera praticare un'arte marziale è importante farsi partecipe del
moto dell'universo così che ogni più attento sguardo ne riveli un profondo segreto,
Ogni cosa ha una voce per chi voglia intenderne il linguaggio.
Osservate, per esempio, una roccia in mezzo ad un fiume. Guardate con quanta destrezza l'acqua fluisce intorno ad essa. Da questo apprendete a regolare i vari spostamenti e movimenti del vostro corpo. Montagne e fiumi, alberi ed ogni cosa sulla terra
sono i vostri maestri.
Ci sono alcuni che non amano la religione, e questo accade perché non la capiscono
o non la conoscono. Per quanto possiate non amare la religione, è per voi un vantaggio accettare quanto la religione può offrirvi ed assimilarlo nell'arte marziale che praticate.
Quando ascoltate sutre o sacre scritture fatelo con gratitudine. Adattate all'arte marziale i principi che trovate in esse, avendo sempre presente, nel cominciare i vostri
studi, il moto e l'armonia delle cose nell'universo. Così, quando leggete sutre o sacre
scritture o qualsiasi altra cosa, ponete tutta la vostra abilità nel cercare di assorbire
quanto lo scrittore aveva da dire.
Non dovete mai trascurare niente.
Comprensione, riflessione, studio devono essere perseguiti costantemente.
Ricordo una strofa di un canto della religione cui sono stato convertito " In tutto il mondo, nello stesso tempo, fioriscono i fiori di susino ". Il fiore di susino ha cinque petali
che fanno pensare ai cinque elementi terra, acqua, fuoco, vento ed aria. Dunque, anche questo piccolo fiore ci insegna qualcosa dell'armonia dell'universo.
Guardando tutte le cose con occhi consapevoli, senza trascurare nulla, tenendo sempre presente nella vostra mente il vario moto delle cose nell'universo, allora la vera
essenza, l'anima dell'universo vi si rivelerà.
E' vero che il mondo fu fatto e completato nei Cieli, ma siamo noi che dobbiamo conservarlo. Solo osservando attentamente il moto dell'universo intorno a noi potremo
scegliere la giusta via per poterlo custodire.
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Il segreto di un cerchio
Le tecniche di Aikido si generano nel momento in cui un cerchio, ruotando, ne incontra un altro e lo spirito del cerchio si determina quando il corpo reagisce ai movimenti
delle tecniche.
I cerchi sono vuoti.
Essere vuoti significa essere libero e senza costrizioni
Quando un centro si genera nel vuoto esso produce Ki. Lo spirito sta nel centro del
vuoto quando il centro è in accordo con l'universo infinito.
Lo spirito è la sorgente dell'intero universo, madre dell'eternità.
Con lo spirito nel centro, un cerchio contiene gli elementi capaci di creare numerose
tecniche. I cerchi sono pregnanti e densi.
Tutte le creature sulla terra possono essere unite fra loro se allevate e protette da cerchi.
Tutti gli accadimenti nel mondo si generano dal movimento di cerchi e il Bu (arte marziale) dell'Aikido è uno di essi.
E' il cerchio che racchiude in sé lo spirito che aiuta l'uomo a prosperare in unità di corpo e di mente.
Nel cerchio dell'Aikido, che ha in sé lo spirito, sono presenti infinite tecniche pronte a
prendere forma ad ogni momento.
Se non fosse per l'esistenza di cerchi che hanno in sé lo spirito, la prosperità dell'uomo sarebbe difficile da realizzare.
Lo spirito del cerchio è la radice del Bu dell'Aikido.
Quando riusciamo ad avere un tale spirito dentro di noi, possiamo assorbire ogni cosa
come se la tenessimo nelle nostre mani, fronteggiando un attacco.
Ciascuno ha un suo proprio spirito.
Quando da entrambe le parti gli spiriti sono in armonia fra di loro, producono genuini
movimenti di Aikido che risultano inseriti in un cerchio.
I cerchi hanno tutto ai loro ordini.
Il segreto di un cerchio è di far sì che ogni tecnica abbia origine dal centro del
vuoto.
Ueshiba Morihei
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Dizionario giapponese-italiano
a cura di Jacqueline Gentile
(lettere A … F)
A
Ai = Armonia,unione. Ai è il principio attivo dell’Aikido
Ai hanmi = Posizione reciproca in cui entrambi gli atleti hanno il medesimo piede avanzato
Ai hanmi katate dori = Presa con la mano destra sul polso destro e viceversa
Aiki = Armonia del ki.Tutti gli elementi dell’universo sorgono attraverso l’armonia del ki positivo e negativo.Chi pratica l’aikido cerca di armonizzare il proprio ki con quello del compagno e con l’ambiente che lo circonda
Aikido = L’arte di utilizzare con armonia l’energia interna. Nome che ha scelto il Fondatore dopo decenni di severa
disciplina fisico-psichica per definire l’attività che si pratica sul tatami
Aiki ken = Tecniche aiki di spada. Arte della spada secondo i principi dell’aiki (che sta alla base dell’Aikido)
Aiki otoshi = Lancio con caduta di schiena
Aiki taiso = Fare ginnastica per prepararsi alle tecniche dell’Aikido
Arigato gozaimashita = Saluto finale (forma elegante e cortese di saluto) e che letteralmente vuole dire “molte grazie” per qualcosa che è stata appena finita.
Ashi = Piede, gamba
Ashi-Kubi = Caviglia
Ashi-Waza = Tecnica dei movimenti di gamba
Atemi = Colpo ad un punto vitale del corpo.Il colpo difensivo utilizzato per neutralizzare il ki dell’avversario.
Ayumi = Marcia
Ayumi-Ashi: Movimenti di spostamento naturale
B
Barai o Harai = Sgambettare
Bokken = Spada di legno ad imitazione del Katana
Bogyo = Difesa
Boshi = Pollice
Bu = Marziale.Valore e spirito indomabile,non rivalità o conflittualità. L’Aikido è l’espressione più alta del Bu.
Budo = Arte marziale.
Budoka = Praticante di arti marziali
Bujin: Guerriero
Bushi: Guerriero
C
Chiara = Forza
Chudan = Medio
Chudan tsuki = Attacco con pugno,bastone,spada ecc....altezza media
D
Dan = Gradi delle cinture nere
Do = Arte,via.In Giappone viene considerata un Do ogni arte tesa a sviluppare il fisico e lo spirito (via per armonizzare corpo e mente)
Dojo = Palestra,locale dove viene praticata un’arte.
Dori = Presa
Dosa = Esercizi
Doshu = Gran Maestro. Seguendo la tradizione Giapponese la posizione del Doshu viene ereditata.Ueshiba Kisshomaru il figlio del Fondatore è l’attuale Doshu
E
Eri = Bavero (parte alta)
Embukai = Manifestazione aperta al pubblico
F
Fudo no shisei = Posizione immobile.In piedi o seduti occorre rimanere sempre immobili,non rigidi ma imperturbabili
Fukka = Posizione seduta a gambe incrociate
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Ricette dal Giappone
a cura di Gaetano Nevola
Chawan-mushi
Ingredienti
Antipasto
90 g di funghi cinesi, 3 uova, 3 tazze di dashi (brodo di pesce) 2, 1 cucchiaino di sale, 1 cucchiaio di salsa di soia,
½ tazza di pollo cotto tagliato a dadini, 6 gamberetti cotti tagliati a pezzetti, 6 castagne d'acqua tagliate a dadini,
1 cucchiaio di mirin (aceto di vino dolce e poco alcolico ricavato dal riso), 4 foglie di spinaci.
Preparazione
Lavate i funghi e teneteli a bagno in poca acqua per un'ora circa o finché sono morbidi.
In una ciotola battete le uova, il dashi, il sale e metà della salsa di soia. In una altra ciotola mescolate, amalgamando bene, i funghi tagliati a dadini, il pollo, i gamberetti, le castagne, il mirin e la salsa di soia. Distribuite il
composto nel fondo di 4 tazze da chawan-mushi o in stampini alti da crème-caramel.
Nelle 4 tazze, o stampini, versate in parti uguali il composto a base di uova e dashi; posate in superficie lòe foglie
di spinaci ben lavate e sgrondate. Portate a bollore, in una pentola a bordi alti, la quantità d'acqua sufficiente per
arrivare circa a metà altezza delle tazze; calatevi delicatamente queste ultime, mettete un coperchio alla pentola
e cuocete a calore medio per 13-15 minuti(se utilizzate le tazze da chawan-mushi, chiudete bene con i rispettivi
coperchi; se usate invece stampini da crème.caramel, copriteli bene con un foglio d'alluminio ma lasciate parzialemnte scoperta la pentola).
Per sentire il giusto punto di cottura, pungete la crema con un stecchino di legno: è pronta quando lo stecchino
esce pulito. Non cuocete troppo altrimenti impazzirà.
Servite caldo nei recipienti di cottura, come portata principale o come accompagnamento a un piatto di carne.
Minestra d'uova
Ingredienti
Zuppe e Minestre
3 cucchiaini di maizena (mais bianco), 2 cucchiai di acqua, 4 tazze di dashi (brodo di pesce) 1, 1 cucchiaino di
sale, 3 cucchiai di salsa di soia, ½ cucchiaino di glutammato monosodico, 2 uova, 1 radice di zenzero, 15 g di mitsuba (prezzemolo di palude) oppure 2 cucchiai di porro finemente tritato.
Preparazione
Diluite la maizena con l'acqua, poi mescolatela al brodo e mettete tutto in una casseruola; aggiungetevi il sale, la
salsa di soia, il glutammato monosodico e portate a bollore mescolando.
Battete a parte le uova e versatele lentamente, a filo, nel brodo caldo, nello stesso tempo mescolando con un
movimento circolare. Cuocete finché le uova salgono in superficie. Versate in coppe individuali da minestra.
Spremete lo zenzero con uno spremi aglio e fate cadere in ogni coppa due gocce di sugo; aggiungete il mitsuba,
se possibile, oppure cospargete di porro tritato, servite subito.
Tempura
Ingredienti
Secondi Piatti
700 g di gamberetti, 800 g di filetti di sogliola, 1 coda d'aragosta, 2 carote medie, ½ melanzana media, 220 g di
fagioline verdi.
Per la minestra tensuya:
1 tazza di dashi (brodo di pesce) 2, 1/3 di tazza di mirin (aceto di vino dolce e poco alcolico ricavato dal riso), 1
cucchiaino di zucchero, 1/3 di tazza di salsa di soia, 1/3 di cucchiaino di glutammato monosodico.
Per servire:
olio abbondante per friggere, daikon (ravanello giapponese), rafano (ravanello) appena grattugiato, zenzero appena grattugiato, succo di limone.
Preparazione
Lavate, scolate e sgusciate i gamberetti badando a lasciare la coda intatta. Praticate un'incisione nel senso della
lunghezza, eliminate la vena e fate un altro piccolo taglio nella parte inferiore, vicino all'estremità, per evitare che
i
g a m b e r e t t i
s ' a r r i c c i n o
t r o p p o
d u r a n t e
l a
c o t t u r a .
Lavate i filetti di sogliola e tagliateli in quadrati di 6 cm circa di lato; tagliate a pezzetti la coda di aragosta.
Asciugate tutto con cura. Raschiate e lavate le carote, tagliatele a fettine lunghe 7 cm circa; lavate e pelate la
melanzana, tagliatela a fette spesse ½ cm, e ogni fetta in quarti; nettate i fagiolini eliminando le estremità e, se
c'è, il filo, e tagliateli in tronchetti di 7 cm circa.
1 e ½ tazza di farina, 1 uovo, 1 tazza d'acqua.
Setacciate la farina. In una tazza battete insieme l'uovo e l'acqua, poi gradualmente unitevi la farina, mescolando
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molto delicatamente con una forchetta. Non usate assolutamente un mixer elettrico, e badate a non mescolare
troppo.
Per la minestra tensuya:
Riunite tutti gli ingredienti in una casseruola, portate a bollore mescolando, togliete dal fuoco e conservate coperto fino al momento dell'uso.
Per servire:
Versate 6-7 centimetri d'olio in una padella a bordi alti e scaldatelo a 180° scarsi. Mentre l'olio si sta scaldando
versate la salsa in ciotole individuali e distribuitele nei posti riservati ai commensali; mettetevi accanto piattini di
daikon, rafano e zenzero.
Mettete una piccola brocca di succo di limone in un punto dove tutti la possono raggiungere facilmente.
Quando l'olio è pronto, cominciate a friggere; prendete i gamberetti per l'estremità, tuffateli nella pastella poi
nell'olio, friggeteli finché sono leggermente dorati da ogni parte, sgocciolateli e immediatamente serviteli; procedete nello stesso modo per gli altri ingredienti, con la sola differenza che per immergerli nella pastella dovrete
usare un cucchiaio. Continuate così, sempre servendo ogni cosa non appena dorata e sgocciolata, fino ad esaurimento degli ingredienti; ogni commensale provvederà da sé a condire quel che gli viene servito.
Broccolo alla senape
Contorni
Ingredienti
500 g di broccoli tritati grossolanamente, ½ cucchiaino di sale, 1 tazza d'aceto, ¼ di cucchiaino di glutammato
monosodico, 2 e ½ cucchiai di senape, 4 cucchiaini di zucchero
Preparazione
Nettate e lavate i broccoli, copriteli a filo con acqua salata, portate a bollore; togliete dal fuoco, versate via l'acqua calda e bagnate con altra fredda; scolate bene e mettete in una ciotola. Unite gli altri ingredienti, già mescolati insieme a parte, poi versate tutto in un vaso, coprite e lasciate riposare due giorni.
Prima di servire fate ghiacciare in frigorifero.
Dolce di Azuki
Dolci
Ingredienti
Per il ripieno:
2 tazze di azuki (fagioli di soia rossi), 2 tazze di zucchero, 1 tazza di castagne.
Per la pasta:
2 tazze di farina, 1 tazza di zucchero, ½ cucchiaino di sale, 1 cucchiaino di lievito in polvere, 1 uovo, 2 cucchiai di
olio.
Preparazione
Per il ripieno:
Tenete gli azuki a bagno in acqua fredda per almeno 8 ore; bolliteli finché sono teneri, scolateli e passateli al setaccio.
Rimettete la purea al fuoco per qualche istante, mescolando senza interruzione perché non bruci, e fatela asciugare bene; togliete dal fuoco, subito aggiungete lo zucchero e mescolate finché è sciolto.
Intanto avrete lessato, sbucciato e tritato finemente le castagne; unitele alla purea di azuki, mescolate ancora e
lasciate raffreddare.
Per la pasta:
Setacciate insieme in una terrina gli ingredienti asciutti; aggiungetevi l'uovo leggermente battuto, l'olio e acqua
quanta ne occorre per ottenere un impasto piuttosto sostenuto. Lavoratelo bene sulla spianatoia infarinata, poi
con il mattarello tiratene una sfoglia spessa 4-5 millimetri, che ritaglierete in forme diverse.
Mettete su ogni pezzo di sfoglia un cucchiaio da tavola ben colmo di ripieno, chiudete premendo insieme gli orli e
cuocete a vapore per 45 minuti, poi fate dorare rapidamente in forno ben caldo.
Buon Appetito!!!
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La Redazione ringrazia…
Ed eccoci qui…
Incredibile, ma vero, il numero 0 dello Shinbun -News ha visto la luce.
La redazione ha ricevuto una tale quantità di materiale da essere indecisa se pubblicarlo sul bollettino oppure creare il primo numero di un’enciclopedia del dojo.
Scherzi a parte, aikidoisti (noi compresi), siete stati GRANDI ad aver messo a disposizione la vostra penna, il vostro umorismo, il vostro estro, le vostre esperienze di vita e, soprattutto, ad aver aderito a questa
bella iniziativa con grande entusiasmo e partecipazione.
I contribuiti dei praticanti e del maestro hanno solo confermato la splendida atmosfera di complice solidarietà e
di amicizia presente nel dojo e la capacità di sapersi divertire con poco ma in maniera genuina e spensierata.
Mettere insieme i diversi punti di vista, scrivere, leggere i
lavori ha dato l’occasione di conoscerci meglio, di fare
ricerche sull’Aikido ed altro e, quindi, allo stesso tempo
di soddisfare varie curiosità.
La redazione, quindi, ringrazia per aver fatto in modo
che l’iniziativa del giornale proposta dal maestro diventasse concreta e che le storie narrate o disegnate che
ognuno di noi ha voluto raccontare agli altri si trasformassero in una realtà stampata su carta.
Questo ci ha molto entusiasmati e divertiti (ehm…forse
un po’ si nota dalla foto, no?).
Vi auguriamo, quindi, una buona lettura sperando che il
La Redazione riceve i consensi del dojo
numero 0 sia solo l’inizio di un percorso che affianchi la
nostra pratica al dojo e che la vostra partecipazione sia sempre attiva in modo da rendere continuative ed
aggiornate le uscite del bollettino.
Vi invitiamo ad esporre i vostri giudizi su questo lavoro, ad apportare critiche costruttive, a segnalare cosa
potrebbe essere migliorato: siamo qui per ascoltarvi e per crescere insieme.
Speriamo vivamente che questo primo numero sia di vostro gradimento anche perché, se così non fosse,
sappiate che…NON AVRETE MAI LE NOSTRE DIMISSIONI!
SHIN BUN—NEWS
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SHIN BU DOJO
VIA G. PETRONI TRAV.39 N.5
TEL.:080/5574488
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