All`interno - SanZenoTreviglio

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IL GIORNALE DEL “GRUPPO CULTURALE” dell’ ORATORIO S. ZENO
ANNO 3, NUMERO 1
GENNAIO 2006
All’interno
LA RIFORMA
DELLA SCUOLA
2
RICERCATORE?
NO GRAZIE
3
BON VOYAGE,
BON COURAGE!
4
PROPOSTE
5
6
ABBIAMO LETTO:
Tre uomini in bici
IL GRUPPO
CULTURALE
E’ COSTITUITO DA
GIOVANI E
ADOLESCENTI
CHE SI PONGONO
DOMANDE SULLA
REALTA’ CHE LI
CIRCONDA PER
POTER SCEGLIERE
IN MODO
CONSAPEVOLE.
Anche quest’anno con un po’ di fatica
siamo riusciti a pubblicare un numero de
“Lo sgambetto”.
Ciò significa, che il gruppo culturale
dell’oratorio S. Zeno, nato nell’ottobre 2003,
è tutt’oggi in piedi!
Purtroppo, però, andiamo constatando
mese dopo mese, incontro dopo incontro
che è sempre più difficile aggregare attorno
ad un discorso socio-culturale gli altri giovani. Anzi, di anno in anno perdiamo i pezzi…
Più volte ci siamo chiesti il perché di
questa difficoltà nel coinvolgere anche altri.
Non neghiamo di averle provate tutte: è un
problema di giorno, di orario? Spostiamolo;
dipende forse dagli argomenti? Cerchiamo
quelli più attuali; è questione di creare altre
iniziative? Inventiamole… e così via. Ma
nulla è cambiato...
La risposta, perciò, è da ricercarsi in
ragioni più profonde. Oggi, parafrasando
una nota canzone di Gaber, la propria libertà viene cercata, non tanto nella partecipazione, nel sentirsi parte di un mondo, ma
nel sentirsi un mondo a parte. E lo “stare
sopra un albero”, osservare quel che accade e non far nulla, sarebbe già un atteggiamento positivo. Invece è difficile persino
che ci si fermi di fronte ad un telegiornale o
si compri un quotidiano non solo per le
classifiche del fantacalcio. La vera libertà
oggi è pensare a sé e per sé.
Così ci rendiamo conto che gli approfondimenti che proponiamo, le discussioni
su qualsiasi tema, non coinvolgono, non
perché il tema in particolare non interessi,
ma proprio perché l’argomento, che potrebbe essere oggetto di attenzione, è solo
quello che mi riguarda direttamente. Addirittura la riforma della Scuola e dell’Università
(a cui è dedicato questo giornale) non vengono presi in considerazione… eppure sono così vicini alla realtà di tutti i giorni.
Ma la storia di ciascuno non è, e non
può essere, slegata dalla Storia… anzi è un
tassello fondamentale del puzzle. De Gregori cantava: “La storia siamo noi, nessuno
si senta escluso!”.
La Storia si costruisce sulle scelte dei
singoli, sulle nostre scelte… e questa è una
grande responsabilità. Qualsiasi scelta, soprattutto quelle che coinvolgono la società
(non dimentichiamo che tra due mesi saremo chiamati a votare), dovrebbe essere
accompagnata da un approfondimento, da
una presa di coscienza della posta in gioco.
E’ per questo che noi, seppur in tre, continuiamo ad incontrarci e a proporre temi e
occasioni per confrontarci…
Aspettando sempre che qualcun altro si
senta coinvolto!
Silvia, Gianki, Paolo
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Il 28 marzo 2003 la nuova riforma
dell’ordinamento scolastico, la riforma
Moratti tanto per intenderci, è diventata legge a tutti gli effetti.
La votazione in aula ha fatto seguito a mesi di aspre discussioni che
hanno visto protagonisti numerosissimi studenti di tutti gli ordini scolastici e
gran parte del corpo docenti, preoccupati per le pieghe che, stando alla proposta di legge firmata dal ministro
dell’istruzione Letizia Moratti, avrebbe
assunto la scuola italiana.
Cosa cambierà.
Ecco, in sintesi, i principali cambiamenti che l’approvazione di questa
legge comporterà.
Il sistema educativo di istruzione si
articola nella scuola dell’infanzia, che
aprirà le sue porte anche ai bambini di
due anni e mezzo (ovvero che compiranno tre anni entro il 30 aprile
dell’anno scolastico in corso ) e avrà
durata triennale, in un primo ciclo che
comprende la scuola primaria e la
scuola secondaria di primo grado e in
un secondo ciclo che comprende il
sistema dei licei ed il sistema
dell’istruzione e della formazione professionale.
Il primo ciclo inizia con la scuola
elementare, della durata di 5 anni, divisi in un primo anno e due bienni; è
previsto sin dal primo anno
l’insegnamento di una lingua straniera
europea e dell’informatica. Il passaggio alla scuola media avverrà automaticamente, senza dover sostenere gli
esami di Stato. La scuola media, della
durata di tre anni, preved e
l’approfondimento degli insegnamenti
di tipo informatico e l’introduzione di
una seconda lingua straniera; si conclude, al termine del terzo anno, con
un esame di Stato.
Superato l’esame di Stato si accede alla scuola superiore: lo studente
potrà scegliere tra il sistema del liceo
(che comprende i licei artistico, classico, linguistico, economico, scientifico,
tecnologico, musicale, delle scienze
L O SGA M BET TO
umane) e il sistema dell’istruzione e
della formazione professionale.
I licei, di durata quinquennale, si
sviluppano in due bienni più il quinto
ed ultimo anno che servirà per il completamento e l’approfondimento degli
studi compiuti e per l’orientamento per
gli studi universitari, mentre i percorsi
del sistema dell’istruzione e della formazione professionale è di durata
quadriennale (con la possibilità di affrontare un quinto anno facoltativo)
che realizzano profili educativi, culturali e professionali, ai quali conseguono titoli e qualifiche professionali di
differente livello. Entrambe le scelte, il
sistema del liceo o il sistema
dell’istruzione e della formazione professionale, si concludono con un secondo esame di Stato, il cui superamento sarà necessario per l’accesso
all’università. E’ inoltre possibile, per
lo studente, cambiare indirizzo
all’interno del sistema dei lice, nonché
passare dal sistema dei licei a quello
dell’istruzione e della formazione professionale, e viceversa.
All’interno di questo nuovo ordinamento sono molte le novità rilevanti;
una di queste è la riduzione delle materie scolastiche nei licei. “I livelli di
apprendimento rispetto alle ore di insegnamento - ha spiegato lo stesso
ministro Moratti in un intervento di replica in commissione Istruzione al Senato - non danno dei risultati qualitativi. Cercheremo di migliorare
l’apprendimento nelle discipline ess e n z i a l i ”. I n o l t r e i l m i n i s t r o
dell’istruzione ha annunciato che presto si agirà perché la competenza di
alcuni indirizzi dell’istruzione professionale (in particolare i licei economici
e tecnologici) passi da competenza
regionale (com’è attualmente) a Statale.
Le critiche.
Pur senza addentrarci nel discorso
riguardante la riforma dell’università,
che è il vero territorio caldo della polemica verso la legge Moratti, diversi
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sono i motivi di perplessità anche per
quello che concerne i due cicli scolastici.
Un primo argomento deriva dalla
precocità della scelta che lo studente
deve operare tra il liceo e la formazione professionale, anticipata a tredici
anni e mezzo, età in cui molti sostengono che il ragazzo non abbia ancora
la capacità e la libertà di decidere il
percorso che segnerà il suo cammino
di studi e forse di lavoro.
Un altro argomento caldo è quello
della graduatoria degli insegnanti, che
rimarrà affidata all’interno del corpo
scolastico; in particolare il quotidiano
Civiltà Cattolica, curato dai gesuiti,
sottolinea in un editoriale come tale
valutazione “debba necessariamente
essere fatta da un’agenzia esterna al
ministero dell’istruzione oppure uno
dei cardini della modernizzazione del
sistema scolastico cadrà”. La conseguenza di tutto ciò è che ora il Dirigente Scolastico ha l’autorità di assumere
o licenziare gli insegnanti, potendo
così provare emozioni finora riservate
agli industriali, per non parlare del caos dei concorsi e delle graduatorie,
con decine di docenti che hanno speso tempo e denaro per corsi di perfezionamento resi del tutto inutili.
Accanto a queste accese discussioni è arrivato nei primi giorni del 2006 il non rassicurante rapporto
dell’Ocse (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico,
che raccoglie 30 membri) sui dati relativi all’istruzione nei diversi paesi del
mondo, rapporto che suona subito
come una bocciatura senza appello.
Osservando le decine di tabelle diramate dall’Ocse, si notano alcuni dati
preoccupanti: sono notevolmente al di
sotto della media le percentuali dei
diplomati e dei laureati italiani (anche
Malesia, Perù è Filippine ci superano
in quanto a titoli di studio), la spesa
annuale è in linea con la media per la
scuola, ma non per l’università, i docenti sono tra i più vecchi e i loro
- segue a pag. 5 -
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Il 25 ottobre 2005 la Camera dei
Deputati è stata assediata per ore da
studenti, professori, rettori universitari.
Perché mai una tale mobilitazione?
Semplice: all’interno del Palazzo si
stava tenendo la votazione definitiva
del disegno di legge per le “nuove disposizioni concernenti i professori e i
ricercatori universitari e delega al governo per il riordino del reclutamento
dei professori universitari”. In altre
parole, la “seconda” riforma Moratti (la
prima è quella del riordino dei cicli
scolastici)!
In realtà è dal gennaio 2004 che
nelle università si respira un clima di
mobilitazione, quasi di lotta, incominciata e portata avanti tenacemente dai
ricercatori, sostenuti poi dai professori
e dagli studenti.
Nelle righe che seguono cercherò
sinteticamente di spiegare cosa voleva dire fino all’ottobre 2005 per uno
studente decidere di fare il ricercatore
e cosa è cambiato con la riforma Moratti.
Il percorso per la carriera di ricercatore prevedeva:
- la laurea di primo livello (3 anni),
- la laurea specialistica (2 anni),
- il dottorato di ricerca di 3 anni
- un assegno di ricerca di 2 anni rinnovabile per altri 2 anni
- un concorso per ricercatore a tempo
indeterminato (altrimenti si prosegue
in attesa che questo diventi possibile
tramite collaborazioni varie)
- un periodo (3 anni) di “osservazione”
- la conferma del ruolo di ricercatore
Se tutto va bene, perciò, all’età di
35 anni lo studente che aveva deciso
di diventare ricercatore ha un lavoro a
tempo indeterminato. La sua carriera
può arrestarsi lì e rimanere ricercatore
a vita oppure proseguire diventando
professore associato e poi ordinario,
tramite un unico concorso locale indetto dall’università.
Con il DDL Moratti, invece, lo studente che intraprende la carriera di
ricercatore dopo il dottorato di ricerca
potrà avere un assegno di ricerca (2
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anni rinnovabili con 2 anni) e/o un
contratto di ricerca (3 anni rinnovabili
per altri 3 anni). A questo punto, dopo
aver conseguito l’idoneità ad un concorso nazionale, se l’università trova i
fondi e, a detta dei ricercatori, se qualcuno ti ha fortemente appoggiato (nel
ddl, infatti, non si parla di merito), puoi
accedere ad un concorso per professore associato in sede locale. Se non
si crea la possibilità per un posto il
neo-ricercatore non può più avere
contratti con l’università.
Inoltre, acquisita l’idoneità e superato il concorso locale, il ddl prevede
che sia una delibera dell’università a
stabilire il tipo di contratto. Non è più
quindi espressamente scritto che questo sia necessariamente a tempo indeterminato.
Ecco dunque che ormai all’età di
41 anni il professore associato potrebbe non poter lavorare in università. A
quel punto che fa? Dato che le aziende e gli istituti di ricerca in Italia sono
pochi, potrebbe emigrare all’estero
dove dovrà competere con altri ricercatori molto più giovani di lui e probabilmente più esperti.
Il DDL Moratti mina alla base anche la qualità della didattica universitaria.
Fino al 2005 il 40% della didattica
era svolto dai ricercatori, nonostante
ciò non fosse scritto nel contratto.
Secondo la nuova legge ai ricercatori e ai tecnici laureati possono essere assegnati moduli di insegnamento,
con il loro consenso attribuendogli per
quel periodo il titolo di professore aggregato e togliendolo alla fine
dall’incarico.
Se, però, i ricercatori non accettassero i moduli superiori a 4 CFU (crediti
formativi universitari), comprendenti gli
insegnamenti più importanti per i corsi
di laurea, a chi potrebbero essere assegnati quei corsi se non ai
“contrattisti” (laureati specialistici da
pochi anni)? E’ chiaro che un ricercatore con anni di esperienza alle spalle
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avrà maggiore competenza nella materia che deve insegnare rispetto ad
un giovane appena laureato!
Inoltre, nella riforma Moratti scompare anche ogni riferimento al “lavoro
di ricerca”. Sembra, anzi, che l’unico
metro di misura del lavoro dei docenti
sia costituito dal semplice calcolo delle
ore di lezione frontale.
In conclusione la “seconda” riforma
Moratti, approvata l’ottobre 2005 con
voto di fiducia (alla faccia del dialogo?), è stata vissuta veramente come
un momento tragico per la cultura e la
ricerca nel nostro Paese. Ero in università quel giorno ed ho sentito molti
ricercatori commentare così la notizia:
“la ricerca in Italia è morta!”
Non ho sviscerato in queste poche
righe tutti gli aspetti del ddl Moratti. Mi
sono soffermata solo sulle difficoltà
che incontrerà un giovane che sogni
già da bambino di diventare un piccolo
Einstein, un Fermi, un Pasteur oppure
una madame Curie.
Eppure, nonostante tutte queste
difficoltà, nonostante la riforma Moratti
(e anche nonostante gli stipendi da
fame rispetto agli altri paesi Europei)
ci sono ragazzi e ragazze neo-laureati
che decidono oggi di intraprendere il
dottorato di ricerca in Italia. E lo fanno
con entusiasmo, con quella passione
capace di muovere anche le montagne… e, ne sono sicura, non lo fanno
solo per sé, lo fanno per tutti noi!
Silvia
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A volte succede che, senza pensarci, accetti una proposta che comprendi essere una di quelle occasioni
che non puoi farti scappare. E’ così
che mi sono ritrovato all’inizio del novembre scorso con uno zaino e tre
compagni di viaggio ad attraversare 3
sospettose dogane fino all’ultimo (e
speriamo lo resti) grande cimitero di
guerra europeo: la Bosnia.
Abbiamo passato 48 ore in una
stupenda e già gelata Sarajevo e, in
questo presente tenacemente diffidente verso tutto ciò che porta i segni dell’
Islam, siamo rimasti affascinati nel
vedere i minareti e stregati dagli occhi
azzurri di biondissime ragazze col velo
proprio nel cuore dell’Europa, di
quell’Europa che condivide una storia
comune e non ha i confini economici
dei 25 membri.
Per gran parte dei bosniaci era il
tempo del Ramadam ma anche di un
decimo compleanno che quella terra
festeggia a fatica: la ratifica degli accordi di Dayton. Se da una parte questi portarono alla fine delle operazioni
militari e delle violenze, dall’altra lasciarono una profonda e tutt’ora sanguinante cicatrice dividendo fisicamente e spiritualmente quella che era
un grande esempio di convivenza interculturale e interrazziale.
Proviamo a spremere la storia così
da ricavare il perché di tanta amarezza.
Dopo gli scontri tra serbi e croati
avvenuti tra l’agosto del 1991 e il gennaio del 1992, la Croazia e la Slovenia
ottengono l’indipendenza contagiando
la vicina Bosnia-Erzegovina. Qui il
Partito Democratico Serbo aveva già
proclamato l’autonomia della parte
serba del territorio, mettendo di fatto in
crisi una convivenza tra popolazioni
che vivevano da tempo mescolate fra
loro con molti matrimoni misti.
Nel febbraio 1992 si svolge un referendum per chiedere l’indipendenza
della Bosnia dalla Jugoslavia.
Malgrado il forte ostruzionismo da
parte serba vincono i favorevoli facen-
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do precipitare la situazione.
A Sarajevo i serbi alzano le barricate e il 5 aprile i cittadini di Sarajevo
manifestano contro una guerra che
non vogliono, ma i cecchini sparano
sui pacifisti facendo scattare di fatto il
riconoscimento da parte della comunità internazionale dell’indipendenza
della Bosnia-Erzegovina.
Iniziano così l’assedio di Sarajevo,
che durerà tre lunghi anni (il più lungo
assedio di una città europea), e la pulizia etnica con i suoi genocidi, le sue
violenze estreme culminate addirittura
nell’apertura di lager.
Nel frattempo anche le popolazioni
croate di Bosnia creano una comunità
indipendente stringendo nella morsa
degli scontri militari la parte musulmana (intesa come qualifica etniconazionale e non religiosa) guidata da
Izetbegovic. Ma i musulmani non possono contare su un aiuto militare da
parte di nessun esercito, come invece
accade per i serbi appoggiati da Milosevic e per i croati che, già dotati di
una loro forza militare, vengono comunque sostenuti dalla Croazia di Tudjman.
Si delineano così 3 diverse parti in
conflitto fra loro che l’ONU e UE cercheranno di mettere d’accordo con il
Piano di Vance-Owen che prevedeva
lo smembramento della Bosnia in 3
macroregioni su basi etniche.
Il piano venne rifiutato sia dai serbi
che dai musulmani e la guerra continuò per tutto il 1994 e buona parte del
1995.
In questo periodo, ed esattamente
nel marzo 1994, le forze croate indebolite cercarono e ottennero un’unione
con la parte musulmana costituendo la
Federazione Croato-Musulamana.
L’intervento armato della NATO e
un piano di pace che si concretizzò
negli accordi di Dayton, firmato ufficialmente a Parigi dai tre signori della
guerra (Milosevic, Tudjman e Izetbegovic), mise fine alla guerra. La Bosnia ora poteva godere, sì di confini
ben delineati, ma rimaneva al suo in-
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terno profondamente divisa tra la Repubblica Serba (Republika Srpska) e
la Federazione Croato-Musulmana
che occupano rispettivamente il 49% e
il 51% del territorio bosniaco.
Oggi in Bosnia non esiste ancora
una pace definitiva. Conseguenze di
ciò sono la mancata concezione di
uno sviluppo unitario del paese, un
fragile quadro legislativo a causa delle
difficoltà di accordo tra le tre parti, una
lentissima crescita economica e una
forte emigrazione dei giovani istruiti e
altamente specializzati.
Forse abbiamo dimenticato la Bosnia e la ex-Juogoslavia perchè non
fanno più notizia sui nostri quotidiani
e, ipnotizzati dai voli low cost diretti
nelle lussuose città dell’Europa sicura,
non immaginiamo nemmeno si possa
far turismo in un paese “appena” uscito da una guerra e a maggioranza musulmana, timorosi di pericoli presenti
solo nella nostra fantasia.
Ma Sarajevo è là che aspetta.
Una città assetata di occhi e cuori
che possano imparare dai segni della
guerra una storia che non dovrebbe
ripetersi.
Ci sono fori di granate che come
terribili fiori si aprono su gran parte
delle facciate dei palazzi; o cimiteri,
ricavati in tutti i più piccoli spazi verdi,
dove finalmente convivono in pace le
infinite identiche steli di marmo bianco
musulmane e le nere croci ortodosse,
condividendo, oltre alla terra, le date
di morte (tutte tra il 1992 e il 1995).
Ma è anche una città vivace, piena di
giovani e accogliente, con moschee,
chiese ortodosse, cattoliche e sinagoghe a poche decine di metri l’una dalle
altre. Si trovano viali con negozi Nike,
Benetton, Swatch di fianco a tavolini di
signore che vendono frutta; un centro
costellato di microscopici fast food di
kebab, cevapi e pita, e altrettanti negozietti dove il metallo acquista vita in
arabeggianti cesellature, dove chi ha
una stanza la mette a disposizione
come ostello per guadagnare
- segue a pag. 5 -
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L O SGA M BET TO
PAGINA 5
LA RIFORMA DELLA SCUOLA
- continua da pagina 2 stipendi tra i meno pagati d’Europa e
nei test di apprendimento i nostri allievi sono agli ultimi posti.
Insomma, il nostro è un sistema
educativo che appare subito inadeguato alla settima potenza industriale
del mondo, e l’approvazione della riforma Moratti apre un nuovo periodo
di incertezza finanziaria (non dimentichiamo che ora le scuole di ogni ordine dovranno munirsi di computer e
materiale tecnologico) e culturale, se è
vero che gli interventi statali sulla ricerca intensificheranno il fenomeno
della cosiddetta “fuga di cervelli”, già
massiccia nel nostro paese.
Paolo
CINEFORUM
Stiamo organizzando un cineforum per tre sabati sera
rivolte a tutta la comunità,
in particolare ai giovani e agli adolescenti.
Ecco le date:
SABATO 18 FEBBRAIO
SABATO 11 MARZO
SABATO 25 MARZO
Il primo film che vedremo insieme sarà
“MEDITERRANEO”
(G. Salvatores)
BON VOYAGE, BON COURAGE!
- continua da pag. 4 qualcosa, ma poi vuole sapere tutto
del tuo viaggio comunicando con un
minestrone di francese, inglese e italiano e non potendo partire con te ti
benedice con un “bon voyage, bon
courage” ripetuto all’infinito.
Il nostro viaggio ci ha portati mezza
giornata a Mostar concentrando le
nostre attenzioni al famoso ponte ricostruito, un arco semplice, una mezzaluna di pietra che al sole sembra dorata e che per secoli ha unito la parte
musulmana della città a quella croata.
Benché di nessun interesse strategico-militare è stato abbattuto a cannonate ed è il simbolo di un odio etnico
fomentato da chi aveva solo scopi espansionistici ed economici; un odio
che la Bosnia faticherà a dimenticare
e ad accantonare per mostrarci di
nuovo il suo profetico esempio di convivenza tra culture.
Le proiezioni inizieranno alle 20.30
nell’aula “IL CASCINETTO” dell’oratorio.
Seguirà dibattito.
CONOSCERE per SCEGLIERE
In vista delle elezioni del 9 aprile organizzeremo
tre incontri, per i giovani, di approfondimento
sul tema della POLITICA.
Ecco il calendario (non ancora definitivo):
21 MARZO
Il significato della Politica
28 MARZO
Destra e Sinistra a confronto
4 APRILE
Tra Simboli e Programmi… la situazione italiana
Gianki
Gli incontri si terranno alle ore 21.00 in oratorio.
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L O SGA M BET TO
ABBIAMO LETTO
TRE UOMINI IN BICICLETTA
di PAOLO RUMIZ, FRANCESCO ALTAN, EMILIO RIGATTI
FELTRINELLI EDITORE
“DOVE andate?" Istanbul. Confine di Trieste, ore 16, vento
di Nordest. Il poliziotto sloveno confronta i ciclisti sbucati
dal nulla con le foto segnaletiche sui loro passaporti. Altan
Francesco, 58, vignettista. Rigatti Emilio, 47, professore.
Rumiz Paolo, 53, giornalista. I tre matti in mutande aspettano davanti all'autorità costituita, si godono l'effetto della
loro risposta demenziale.
[…] "Siamo curdi che tornano a casa". Emilio rompe il silenzio, dimentica che le stellette hanno poco senso del humor. Ma gli va bene, il "witz" buca la divisa, il poliziotto sorride e si decolla leggeri verso le foreste della Slovenia, imboccando all'incontrario il corridoio dei clandestini, dal confine più colabrodo d'Europa alla stazione centrale dell'emigrazione asiatica. Ci andiamo apposta, alla faccia del nostro onorevole ministro dell'immigrazione. Addio Occidente,
ristorantini, strade liscie, mousse au chocolat. Si va a Oriente, da dove la gente scappa. Alla faccia di Bossi e del
piscio di porco, di Berlusconi e dei manganelli genovesi,
noi cerchiamo la feccia d'Europa. Bulgari, zingari, serbi,
popoli delle polverose latitudini extracomunitarie. E ci chiediamo se usare così la nostra bici non sia una cosa anarchica, antiglobale. Dunque di sinistra.
(Paolo Rumiz)
L´anno scorso, in estate, quando i loro coetanei stavano
sotto gli ombrelloni a rimirare il dondolio dei pattini e a dare
i voti al fondoschiena delle ragazzine con il due pezzi brasileiro, tre vecchi ragazzi, Altan Francesco, 58 anni, vignettista, Rigatti Emilio, 47, professore e Rumiz Paolo 53, giornalista, pedalavano da Trieste a Istanbul lungo la Grande
Diagonale del Bosforo, diciotto tappe attraverso i Balcani,
con i resoconti dettati da Rumiz a Repubblica la sera stessa, come si fa al Giro e pubblicati in differita qualche settimana più tardi.
Poteva essere semplicemente una zingarata. Gli italiani dai
40 ai 60 sono tutti degli Amici Miei potenziali e la sola idea
di mollare tutto, lavoro, famiglia, fidanzate, figli, per andare
a zonzo, a cazzeggiare con qualche vecchio amico, fingendo un´impresa sportiva, risulta più allettante di qualsiasi
altra proposta, decente o indecente, loro possano ricevere.
Ma in questo particolare caso c´erano due varianti che facevano intuire che la zingarata non c´entrava o c´entrava
solo molto lateralmente. Si trattava infatti di attraversare i
paesi dei Balcani, nei libri di storia di una volta chiamati «la
polveriera d´Europa», di recente squassati da una delle
peggiori esplosioni che abbiano mai subito e si vedevano
ancora in giro le fumanti rovine.
(da un articolo di Stefano Malatesta apparso
su “la Repubblica” il 30/05/2002)
PAGINA 6
Per approfondire
gli argomenti trattati
Riforma Moratti
www.istruzione.it
www.edscuola.it
www.osservatorio-ricerca.it
Guerra in Bosnia
www.peacereporter.it
www.macondo3.org
www.osservatoriobalcani.org
HANNO COLLABORATO:
Paolo Brusaferri
Giancarlo (Gianki) Ceruti
Silvia (Cipa) Rozzoni
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IL GRUPPO CULTURALE
E’ ON-LINE:
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(sezione “I giovani”)
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