CASTELLO NEL CIELO (IL) (1)
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CASTELLO NEL CIELO (IL) (1)
CASTELLO NEL CIELO (IL) TENKU NO SHIRO RAPYUTA RASSEGNA STAMPA CINEMATOGRAFICA Editore S.A.S. Via Goisis, 96/b - 24124 BERGAMO Tel. 035/320.828 - Fax 035/320.843 - Email: [email protected] 1 Regia: Hayao Miyazaki Genere: Animazione/Avventura/Fantasy - Origine: Giappone - Anno: 1986 - Soggetto: tratto dall'omonimo fumetto manga creato da Hayao Miyazaki - Sceneggiatura: Hayao Miyazaki - Fotografia: Hirokata Takahashi - Musica: Joe Hisaishi - Montaggio: Takeshi Seyama, Yoshihiro Kasahara, Hayao Miyazaki - Durata: 124' - Produzione: Studio Ghibli/Tokuma Shoten - Distribuzione: Lucky Red (2012) Vale la pena di recuperare un cartone animato del 1986 se porta la firma di Hayao Myazaki. Infatti in "Il castello nel cielo", prima pellicola da lui prodotta in proprio sotto il marchio Ghibli, le tematiche del maestro giapponese sono già ben evidenti; e la favola possiede quelle qualità di fantasia e poesia che hanno reso incantevoli le sue opere più mature, da "Mononoke" a "Ponyo". Al centro della storia due ragazzini: la piccola Sheeta, in possesso (per eredità familiare) di una pietra fatata sui cui i cattivi di turno vogliono mettere le mani in quanto chiave per accedere a un'isola fluttuante fra le nuvole, Laputa, dove è nascosto un tesoro; e il coraggioso Pazu che vuole a ogni costo trovare quell'isola per confermare e completare le ricerche del defunto papà, esploratore dei cieli. L'elemento avventurosità e magia, la concezione molto orientale dell'uomo come un tutt'uno con la natura, i riferimenti alla letteratura occidentale e alle sue tante 'isole che non ci sono', l'attrazione per gli oggetti aerei e la modernità, il senso dei valori e della tradizione, la centralità del mondo affettivo, la condanna del potere e della violenza, l'umorismo, la suggestiva bellezza dei paesaggi: seppur non ancora messa perfettamente a punto, la ricetta della fiaba è inconfondibile e il risultato delizioso. La Stampa - 27/04/12 Alessandra Levantesi Kezich Primo film prodotto in proprio da Hayao Miyazaki con la neonata Ghibli, "Il castello nel cielo" arriva adesso sugli schermi italiani dopo essere stato distribuito in home video una decina d'anni fa col titolo "Laputa - Il castello nel cielo" (che poi era la traduzione letteraria del titolo originale, "Tenkuu no Shiro Laputa"). Sono passati ventisei anni dalla prima proiezione ma il film non sembra soffrire per niente dell'età. Piuttosto acquista sul grande schermo quella forza e quella spettacolarità che i video familiari non potevano garantire. Perché forse per l'entusiasmo del 'neofita' (Miyazaki aveva già diretto due lungometraggi prima di questo, "Lupin III" e "Nausicaa", ma qui è la prima volta che anche produttivamente è padrone di se stesso) o forse per la voglia di sperimentare, "Il castello nel cielo" sembra anticipare tutti i temi che poi diventeranno centrali nella poetica miyazakiana, dal contraddittorio rapporto con la modernità al fascino per aerei e oggetti volanti, dall'amore-rispetto per la natura alla condanna di ogni militarismo, dalla centralità narrativa dei personaggi più piccoli all'amore per la letteratura europea fino all'intreccio tra realtà e sogno. Oltre naturalmente alla capacità di trasfigurare il reale con la forza dell'immaginazione e della poesia. Lo si vede immediatamente dai titoli di testa, che arrivano subito dopo che un grande dirigibile è stato attaccato da un gruppo di folcloristici pirati dell'aria, grazie al quale la piccola Sheeta riesce a sfuggire al suo misterioso guardiano Muska. I disegni su cui scorrono i credit rimandano a un passato indefinito, tra Otto e Novecento, forse nella Gran Bretagna dell'industrializzazione, forse altrove, dove i simboli del lavoro (ciminiere, fabbriche) si intrecciano a strane e meravigliose macchine volanti. Un mondo fantastico ma anche concretissimo, con cui i protagonisti del film dovranno ben presto fare i conti. Anche perché la piccola Sheeta nella sua fuga dal dirigibile che la teneva prigioniera è precipitata nel vuoto: sarà salvata nella caduta dalla misteriosa pietra che è riuscita a rubare a Muska e accolta (svenuta) dal piccolo minatore Pazu. Pian piano lo spettatore comincia a ca- pire il valore e il significato di personaggi e oggetti, a cominciare da questa misteriosa pietra che in una delle scene più suggestive del film riesce a far brillare, all'interno di una galleria sprofondata dall'oscurità, tutte le pietre che sono incastonate e nascoste nella terra, ottenendo così un meraviglioso effetto di volta stellata luccicante. In effetti la pietra è la 'chiave' che permette di impadronirsi e controllare la forza misteriosa che si nasconde nel 'castello' cui fa riferimento il titolo, quello cioè che occupa la misteriosissima isola fluttuante di Laputa, di cui Sheeta ignora l'esistenza e che invece il piccolo Pazu cerca disperatamente, fidandosi di quello che il padre (esploratore dei cieli) gli aveva raccontato: che esiste un'isola tra le nubi, meravigliosa e misteriosa. I lettori dei 'Viaggi di Gulliver' avranno forse notato l'omonimia tra l'isola abitata da uomini capaci di sollevarla, abbassarla e regolarne il corso a loro piacimento e quella cercata dai due ragazzi del film. E' uno dei tanti rimandi a una cultura 'fantastica' di cui Miyazaki si nutre profondamente per immaginare le proprie storie e che poi naturalmente stravolge e modifica. Qui si mescola all' 'Isola del tesoro' di Stevenson, alle fantasie di Verne oltre a una concezione profondamente segnata dalla filosofia orientale e dal suo legame tra Vita e Natura. Perché la scoperta del "castello nel cielo" è solo l'inizio di una storia affascinante e appassionante, dove ritrovare Muska, i pirati dell'aria delle prime scene (guidati da una simpatica e arzilla vecchietta sdentata), stranissimi robot-guardiani e un generale avido di tesori. Ma soprattutto sarà l'occasione per lo spettatore di ammirare la straordinaria inventiva pittorica di Miyazaki, che nell'intreccio tra rovine medioevali e creazioni arboricole raggiunge livelli di genialità visiva davvero unica, da far impallidire Cameron e il suo "Avatar". Nei film successivi il regista giapponese toccherà vette poetiche più alte (penso a "Totoro", a "Ponyo", a certe parti della "Città incantata") ma raramente riuscirà ad abbandonarsi a una così sfaccettata inventività narrativa, a un piacere tanto evidente di 'inventare storie'. Il Corriere della Sera - 24/04/12 Paolo Mereghetti Ambientato in un mondo immaginario, all'incrocio tra Ottocento e Novecento, un nostalgico passato e un futuro plasmato dalla rivoluzione industriale, il primo film di Miyazaki targato Ghibli che solo oggi, a 26 anni dalla sua uscita, arriva nelle nostre sale (esisteva solo una versione HV della Disney, con un diverso doppiaggio) è già una perfetta sintesi dei temi che anche in futuro staranno a cuore al regista. Miyazaki celebra l'armonia e l'innocenza di un mondo destinato a scomparire mettendo in guardia contro l'arroganza di scienza e tecnologia, la prepotenza del potere e i pericoli del militarismo, l'avidità degli uomini e l'ingiustizia di una società irrispettosa deIl'ambiente che la circonda. Il regista guarda alle avventure di Jules Verne, Robert Louis Stevenson e Jonathan Swift e dà sfogo alla sua grande passione per i velivoli e i mezzi di locomozione più stravaganti, omaggio a un'archeologia fantastica a metà tra futuribile e retro. Aeronavi, dirigibili, corazzate volanti, biplani (che rimandano al leggendario De Havilland Tiger Moth di fabbricazione inglese) costelleranno anche le opere future. Ma per ricostruire le atmosfere del film Miyazaki si recò anche in Galles, nel turbolento 1984, tra minatori in sciopero e sindacati impegnati a difendere posti di lavoro. Film di avventura classico partorito anni prima della sua realizzazione dalla mente di un regista ancora ventenne che sognava 'un'opera utopica' sulla dedizione e il dono di sé, "Il castello nel cielo" è spettacolare nella creazione di mondi fantastici e affascinanti, esotici e familiari al tempo stesso, frutto di straordinarie visioni, dove tra le oscure viscere della terra e gli azzurri spazi celesti convivono operai e robot soldati, crudeli generali e sgangherati pirati dell'aria, eccentrici ingegneri e coraggiosi adolescenti. Grande affabulatore capace di arrivare tanto ai piccoli che agli adulti, Miyazaki fa convivere in questo film le sue due anime cinematografiche, quella che si esprime attraverso rocambolesche scene d'azione in grado di sfruttare il potenziale comico di alcuni personaggi, e quella che invece, intrisa di poesia, riflette sul destino degli uomini. Ciak - 2012-5-95 Alessandra De Luca Laputa è un castello nel cielo, che naviga dove nessuno lo può vedere: un luogo mitico, misterioso, una Atlantide aldilà delle nuvole. Sheeta è una ragazzina tredicenne che non ha più i genitori. Alcuni brutti ceffi la vogliono rapire perché discende dalla famiglia reale di Laputa e porta con sé un diamante magico e luminoso, capace di salvarla nelle situazioni di pericolo. Poi c'è Pazu. Anche lui tredicenne e anche lui orfano, ha un sogno: quello di dimostrare che suo padre non era né un pazzo né un visionario quando affermava di aver visto Laputa e di conoscerne, in parte, i segreti. Questi gli elementi portanti del terzo lungometraggio diretto da Hayao Miyazaki. Il primo, intitolato "Il castello di Cagliostro", nel 1979 aveva visto protagonista Lupin III, il ladro dalla straordinaria creatività che deve molto del suo successo televisivo proprio a Miyazaki. Poi nel 1984 aveva diretto "Nausicaa della Valle del Vento", un film interamente suo che aveva come produttore Isao Takahata, il grande regista e suo maestro che sarebbe diventato il socio nella fondazione dello Studio Ghibli. Ecco: "Laputa, il castello nel cielo", del 1986, è il primo film targato Ghibli, l'etichetta che avrebbe cambiato il destino del cinema d'animazione. Oggi Miyazaki è un settantenne maestro venerato che si sottrae al mondo. Allora era un quarantacinquenne che insieme a Takahata aveva realizzato indimenticabili serie tv ('Heidi', 'Anna dai capelli rossi', 'Conan il ragazzo del futuro') e che, con molta ambizione, voIeva trovare nel cinema il suo riscatto di autore indipendente. Senza però rinnegare il suo passato: con "Laputa" voleva rivolgersi anche al pubblico dei più piccoli riprendendo certi temi della letteratura europea già affrontati ed amati. 'I viaggi di Gulliver' di Swift (dove l'isola nel cielo viene descritta nella terza parte), ma anche 'L'isoIa del tesoro' di Stevenson e i romanzi fantasiosi di Jules Verne sono alla base di questo film. Chi ha amato i cartoni giapponesi in tv potrà qui trovarne varie tracce. Nel design dei personaggi, ovviamente, o in sequenze in cui Miyazaki gioca con l'avventura rendendo plausibile l'impossibile, 'distruggendo' enormi scenografie che nei cartoni (anche quando non c'era ancora il computer) costano relativamente, perché sempre di disegni si tratta. Certe capacità acrobatiche di Pazu ricordano poi quelle di 'Conan il ragazzo del futuro' (da non confondere con l'omonimo barbaro), mentre alcune situazioni rimandano a quelle di Heidi sulle montagne. Ma tutta la struttura generale di "ll castello nel cielo" ricorda quella di una serie tv perché il film è diviso in capitoli, e prevede una serie di risultati intermedi prima dell'esito finale. Si comincia dunque con Sheeta, prigioniera su uno dei fantasiosi mezzi volanti che affollano tutto il film. La ragazza riesce coraggiosamente a liberarsi e al termine della sua magica fuga viene soccorsa da Pazu, che lavora come aiutante in una miniera. Tra i due ragazzi nasce quell'amore meraviglioso, tutto sguardi e complicità, tipico dei film di Miyazaki: sono due anime pure che cercano di salvarsi in un mondo in cui gli adulti possono essere buoni o cattivi (e magari entrambe le cose), ma hanno comunque perso la voglia e la capacità di capire il senso e la magia dell'esistenza. Questa dote loro devono salvaguardare dagli attacchi di Muska (il più cattivo di tutti). La Repubblica - 24/04/12 Luca Raffaelli