D. Antonello "L`arrivo della tv e il gioco dei

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D. Antonello "L`arrivo della tv e il gioco dei
Associazione per lo studio dell'immaginario
D. Antonello "L'arrivo della tv e il gioco dei bambini"
L'arrivo della tv e il gioco dei bambini anni '60 - '70 di Daniela AntonelloEstratto dal catalogo "Mamma e papà
giocavano così"
"L'arrivo della televisione, in casa, fu per noi bambini, come per gli adulti, un avvenimento che cambiò un bel po' la nostra
vita e le nostre abitudini. Quando arrivò quella scatola misteriosa, una sera, verso l'imbrunire, eravamo tutti in entrata per
accoglierla, come si acco-glie un ospite di riguardo... Veniva considerata come una scoperta stupefacente ed aveva
attorno a sé un alone di magia. Noi bambini facevamo di tutto per non perdere l'occasione di guardare i nostri
programmi preferiti, perciò anche i nostri giochi diventarono meno artico-lati e meno pericolosi. "Possiamo guardare
"Carosello" eh? " imploravamo i grandi, verso sera. "Va bene ma poi tutti a letto!" ci rispondevano contenti di aver trovato
il modo di farci star tranquilli, almeno per un po'
Guardare la televisione, anche solo per poche ore, il pomeriggio, ci intontiva e, subito dopo i programmi, non facevamo
altro che raccontarci quello che avevamo visto e imitavamo le gesta dei nostri eroi dello schermo. Così, un po' alla volta,
i nostri fantasiosi giochi all'aperto cambiarono e qualche "banda" di amichetti di gioco si sciolse. Mio fratello cominciò a
giocare con Mario a "Rin-Tin-Tin" o a "Lassie" e non facevano altro che correre su e giù per il giar-dino abbaiando come
dei forsennati. La mia amica Carla ed io, invece, ci ritiravamo nello studio, a fare le prove di ballo per assomigliare alle
gemelle Kessler o per imitare Rita Pavone cantando a squarciagola:"Vi-iva la pappa-pappa, col po-po-pomodoro" D'altra
parte, le trasmissioni televisive interrompevano il ritmo del tempo pomeridiano perciò non ci si avventurava più di tanto in
giochi lunghi e complicati. Il cambiamento non capitò tutto in una volta, ma un po' oggi, un po' domani, senza che ce ne
accorgessimo, e quando ormai la cosa fu evidente nessuno ricordava più tutto quello che riuscivamo a combinare, con i
nostri giochi creativi e liberi, prima della venuta di "quell'oggetto" in casa.... Nessuno potrà mai dire come andò e se fu
proprio quella scatola misteriosa che, con una magia, assorbì improvvisamente tutta la nostra fantasia e le nostre energie
togliendoci il gusto di inventarci la vita, i giochi e i giocattoli, com'era stato, fino a quel momento, con le nostre
scorribande all'aria aperta!."[1] L'apparecchio televisivo entrò nelle case di tutti gli Italiani, a cominciare dagli anni
Sessanta, quelli del boom eco-nomico, con le famose trasmissioni dal monocanale della Rai, come "Campanile sera" e
"Lascia o raddoppia"; gli anni Settanta furono invece quelli dell'avvento delle trasmissioni a colori, mentre gli anni Ottanta
videro la consacrazione della cosiddetta "televisione commerciale", che, partita da singole esperienze locali, si trasformò
anche in vere e proprie catene diffuse sull'intero territorio nazionale. Via via, sempre più rapidamente, il fenomeno
"televisione" prese il sopravvento non solo su tutti gli altri mezzi di comunicazione, dalla stampa al cinema, ma anche
sugli altri settori del tempo libero: a partire dai giochi dei bambini, agli stadi, teatri, ristoranti, bar degli adulti. La
televisione, col suo fluire di immagini e suoni, occupò la maggior parte del tempo delle persone, dopo il sonno e il lavoro,
ma soprattutto, cosa che da più settori psicopedagogici, venne segnalata come molto preoccupante, occupò il tempo che i
bambini avrebbero impiegato altrimenti, usando l'immaginazione tipica che caratterizza-va i loro giochi; invase le
generazioni di adolescenti che non la usarono più come strumento comunicativo, ma come linguaggio stesso.
Dovremmo per tali motivi, riascoltare le parole sempre attuali di Karl R. Popper, il filosofo che con grande atten-zione e
preveggenza, segnalò nel suo libriccino "Cattiva maestra televisione" la necessità di mettere "sotto con-Irollo la televisione"
almeno fino a quando "il potere della televisione non sarà pienamente scoperto". Fin dall'inizio la TV segnalò una svolta
nei rapporti sociali tra adulti e bambini: ogni cittadino si sentì improv-visamente partecipe del mondo attraverso le notizie
e le informazioni trasmesse in tempo reale e allo stesso tempo trovò un insostituibile mezzo di svago, comodo e poco
costoso, fruibile in casa. Essa diventò così, ben pre-sto, importante a tal punto da condizionare il comportamento, le
opinioni e gli atteggiamenti delle persone, par-licolarmente se giovani, poiché più facilmente influenzabili. George
Gilder, docente presso la Scuola di Governo di Harvard ed esperto di comunicazione, autore de "La vita dopo la
televisione", edito da Castelvecchi, dichiarò: " la tv non vuole riconoscere la rigogliosa diversità dei suoi nienti. La gente fa
migliaia di lavori diversi, ha hobby diversificati, legge centinaia di migliaia di differenti pub-blicazioni... La tv ignora la realtà
che gli esseri umani non sono patate lesse ma reagiscono ai messaggi prurigi-nosi e alle paure e alle ansietà morbose".
Come, dunque, questo importante strumento massmediale intervenne nei processi ludici tipici dell'infanzia a partire dagli
anni sessanta? Innanzi tutto ridusse il tempo e lo spazio del gioco: i bambini, abituati a passare il pomeriggio all'aria
aperta o in r.isa, inventandosi giochi e giocattoli da costruire insieme, con materiali semplici e di recupero (il rocchetto, la
canna di bambù, i rami per la "fionda"...), furono assorbiti dalle trasmissioni pomeridiane rivolte a loro, da vedere in casa,
da soli o al massimo tra fratelli (sempre meno, si va verso la famiglia mononuclerare) e qualche amichetto. Ridusse, di
conseguenza, la socialità e la condivisione di giochi sociali liberi quali "Mosca cieca", "Palla avvele-nata", "Nascondino"
"Chi ha paura dell'Uomo Nero?" "Rubabandiera", "L'elastico", il "Salto della corda", "La campana" il tiro delle biglie o dei
tappi ... ma anche giochi da tavolo come "Monopoli", "Il gioco dell'Oca", "La Tombola"... Cambiò non solo "il modo" di
giocare ma anche i giocattoli. Attraverso l'influenza della televisione commerciale, che sempre più fece uso della
pubblicità rivolta in special modo a bambini e ragazzi, si diffusero e si incanalarono le scelte per l'acquisto di particolari
giocattoli, prodotti in serie, come le bambole e i bambolotti, sempre più umanizzati e sofisticati come: Poldina, Jenny,
Barbie, (completamente "adultizzata"), Ambrogino, Cicciobello.. corredati di guardaroba specifico, rinnovabile, e di tutta
una serie di oggettistica (carrozzine, pentoline, pettinini, trucchi...) e strumentazione atta a farli vivere in un conte-sto di
pieno benessere dalla casa, alla mobilia, alla macchina, alla piscina.... La quotidianità ludica dei bambini si riempì di giochi
e giocattoli pensati dagli adulti, acquistati, costruiti, dif-fusi seguendo le mode del mercato e per lo più composti dal
medesimo materiale: la plastica. La pubblicità di "Carosello", seguitissimo dai bambini, con i suoi divertentissimi spot,
realizzati anche con lin-guaggi semplici e divertenti, talvolta ingenui, come i "cartoni animati", non solo indusse a
comperare alcuni tipi di giochi, come i trenini della "LIMA" o le scatole di costruzioni "LEGO", ma trasformò gli stessi
personaggi delle pubblicità in pupazzi-giocattolo come "Calimero", "Topo Gigio", "Angelino"... Molti degli alimenti destinati
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ai bambini vennero pubblicizzati tramite gadget costituiti da piccoli giocattoli, come le sorprese contenute negli ovetti
Kinder, che diventarono oggettini da collezionismo e perciò molto ricer-cati dai bambini anche attraverso giochi di
"scambio", come con le figurine. Dunque, al giocattolo costruito con le proprie mani, spesso in compagnia, fonte di
apprendimento di combina-zioni di materiali (con i loro segreti), oggetti vari, tecniche di costruzione, di progettazione...
spesso imperfetto, fragile, anche pericoloso, soggetto a continue trasformazioni, rimaneggiamenti e restauri, che attivava
processi di conoscenza attraverso le mani, la mente, i materiali e le emozioni, si passò al "gioco usa e getta", al giocatto-lo
industriale, che spesso non si può ne smontare né riaggiustare. Comparvero i robot, le macchinine teleco-mandate, i
giocattoli elettrici ed elettronici sempre più sofisticati che rappresentarono un mondo fatto sempre più di apparenze, di
cose non vere... Si pigia un bottone e l'oggetto va da solo: fa musica, si muove, gira, si apre, parla... insomma "gioca da
solo" ... il giocattolo che crea illusione e non immaginazione, che diventa bellissimo ma senz'anima. [1] Da "La casa dei
giochi" di D.Antonello, in II faro, Annuario della Biblioteca Civica Popolare "P. Migliore" di Rivanezzano, 1999.
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