addio al sogno americano di suv e fuoristrada

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ADDIO AL SOGNO AMERICANO DI SUV E FUORISTRADA
Domenica 20 Luglio 2008 01:05
di Marco Montemurro
Negli Stati Uniti il sogno delle macchine grandi e potenti è ormai in declino e sono in forte calo
le richieste di fuoristrada e Suv, le classiche icone del mito americano e simbolo di opulenza.
Adesso le piccole vetture, in passato considerate mediocri e incapaci di soddisfare i desideri dei
consumatori, vengono apprezzate anche negli Stati Uniti dove incomincia a diventare oneroso il
prezzo dei carburanti. Si prevedono grandi cambiamenti nel mercato automobilistico dal
momento che la situazione è molto diversa rispetto a dieci anni fa. Prima la benzina nei
distributori era disponibile a 1 dollaro al gallone, ma ora il prezzo è salito fino a 4 dollari e ciò
comporta che, secondo uno studio del Cambridge Energy Research Associates, gli americani
devono spendere in carburanti il 4% dei loro guadagni lordi, non più l’1,9% come nel 1998.
Gli elevati costi energetici stanno mettendo in crisi l’industria automobilistica americana poiché
la produzione di automobili grandi, con grossa cilindrata e pertanto molto esigenti di carburante,
ha avuto sempre un ruolo importante nelle aziende statunitensi. I costruttori finora hanno diretto
i loro investimenti soprattutto su fuoristrada e Suv in quanto per ogni unità venduta la redditività
è alta. Di fronte al problema energetico però l’utilizzo di tali modelli è destinato a ridursi, come
dimostrano le recenti analisi di mercato.
Negli ultimi cinque anni infatti le vendite di Suv negli Stati Uniti sono calate del 50% e le cifre
nel primo semestre di quest’anno si mostrano ancora più drastiche. Da gennaio a marzo 2008
le richieste di Suv sono scese del 28% e tale tendenza, riconfermata anche negli ultimi mesi,
mostra la piena crisi delle principali aziende automobilistiche statunitense. A maggio General
Motors ha perso il 30% e Ford il 19% e nel mese di giugno entrambe sono ulteriormente calate
rispettivamente del 18% e 28%. Forte è il malessere in General Motors, reso evidente il 26
giugno 2008 per il clamoroso crollo del 12% a Wall Street che ha portato le azioni a 11 dollari
(lo stesso valore del 1955). Nella celebre compagnia di Detroit ora si parla apertamente di crisi,
si prospettano tagli di costi, chiusura di fabbriche in Nord America e perdita di posti di lavoro.
Gli analisti si domandano dunque come le aziende americane potranno adattarsi rapidamente
alle nuove esigenze dei consumatori poiché, in controtendenza rispetto ai grandi veicoli, cresce
sempre di più la domanda di piccole macchine che consumino poco. Negli Stati Uniti benché
l’intero mercato automobilistico sia in calo, le cifre relative alle vetture di dimensioni ridotte sono
le uniche in crescita. Nel primo trimestre di quest’anno le vendite sono salite del 32%, in aprile
un'auto su cinque venduta apparteneva alla categoria delle compatte o subcompatte e già nel
2007 tale settore aveva raggiunto i 2,8 milioni di veicoli, un segmento consistente. George
Pipas, analista vendite della Ford ha ammesso che la situazione rappresenta un cambio
epocale per il paese e che ormai “tutti i camion e veicoli sul modello Suv sono lungo un sentiero
in discesa”.
Il mercato negli Stati Uniti è pertanto in fase di ristrutturazione e, se le aziende americane
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General Motors, Ford e Chrysler non riusciranno presto a cambiare la propria produzione
spostandola verso nuovi modelli a minor consumo, le compagnie asiatiche si rafforzeranno
ulteriormente. La concorrenza delle auto straniere è forte e già nel 2007 le vendite in America
della General Motors sono state sorpassate dalla giapponese Toyota divenuta la maggiore casa
di produzione mondiale. Nonostante la crisi del settore colpisca tutte le compagnie, Toyota e
Honda incluse con perdite a giugno rispettivamente del 18% e 21,5%, gli analisti considerano
comunque favorite le ditte nipponiche poiché, grazie alla loro produzione diversificata, hanno la
capacità di adattarsi più rapidamente agli attuali cambiamenti del mercato.
L’analista economico Jesse Toprak, direttore vendite di Edmunds.com, ha dichiarato infatti che
“le case giapponesi hanno impianti più flessibili che permetteranno di incrementare la
produzione di piccole auto in tempi più rapidi”. Molti altri esperti concordano con tali opinioni,
come Shinya Naruse, analista della Nomura Securities, per il quale “i produttori giapponesi
sono cresciuti in quanto sono relativamente forti nelle piccole automobili. E' quasi impensabile
che Suv e grandi veicoli riguadagneranno la popolarità dato l’attuale prezzo del petrolio".
La Toyota si prepara dunque ad espandersi ulteriormente negli Stati Uniti e già ha in progetto
la costruzione di un nuovo stabilimento nel Missisipi dove intende produrre la Prius, la nuova
macchina con motore ibrido e bassi consumi. Il responsabile delle vendite Toyota negli Stati
Uniti, James Lentz, è fortemente convinto che il mercato americano stia intraprendendo una
svolta radicale: “Il cambiamento degli acquisti verso veicoli più piccoli riflette le ampie
preoccupazioni riguardo i prezzi dei carburanti e l’economia globale. Ci sono monti timori nelle
menti dei consumatori oggi. Tutto ciò ha ridotto la fiducia dei clienti verso un minimo che non si
vedeva dai tempi dell’embargo petrolifero del 1973”.
Ma il mercato americano non è il solo ad attraversare grandi cambiamenti, anche in Europa la
crisi energetica sollecita sempre più le case automobilistiche a ripensare il futuro modello di
sviluppo. Le difficoltà non sembrano temporanee ma strutturali, in quanto incidono sempre più i
costi di produzione. Il vicepresidente della Vda (associazione tedesca dei produttori d'auto),
Juergen Geisinger, così ha spiegato la crisi del settore: “Non pesa solo il caro petrolio.
Aumentano anche le materie prime vitali per il comparto e per l' indotto: +174% per il rame,
+176% per i metalli riciclati, +55% per l' alluminio, +60% per l'energia elettrica”. In Europa
inoltre gli acquisti nel settore negli ultimi mesi sono in calo e i dati rispetto al 2007 mostrano
-7,9% a giugno. Italia e Spagna sono i paesi che risentono maggiormente della crisi dal
momento che le immatricolazioni sono scese rispettivamente del 18% e 24% a maggio e del
19,5% e 30,8% nel mese di giugno.
Attualmente le vendite di auto sono ingenti solo nei paesi in espansione economica come
Brasile, Russia, Cina e India, regioni però dove le compagnie americane, giapponesi e europee
devono fronteggiare la concorrenza della produzione locale. Le aziende cinesi e indiane infatti
per soddisfare il vasto mercato interno puntano verso automobili molto economiche, scelta
necessaria per diffondere rapidamente l’uso dell’automobile in paesi come la Cina dove sono
presenti solamente 20 veicoli ogni mille abitanti. All’inizio di quest’anno l’indiana Tata Motors ha
stupito presentando la nuova “Nano”, modello acquistabile con meno di 2000 euro.
In Nord America e in Europa le case automobilistiche invece, senza un mercato interno in
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espansione e di fronte la preoccupazione per i carburanti, dovranno necessariamente adattarsi
per soddisfare la richiesta di veicoli a basso consumo. Per le aziende statunitensi sarà difficile
ottenere i grandi utili del passato vendendo più veicoli piccoli e meno Suv e fuoristrada, ma un
cambio nei gusti e nei consumi è inevitabile anche negli Stati Uniti. Per anni il mercato è stato
diretto verso auto sempre più veloci e potenti, un modello di sviluppo ormai non più sostenibile
non solo dai produttori, ma anche dalle tasche dei consumatori. Probabilmente in futuro sempre
di più saranno richieste auto eleganti, sobrie, piccole, ma soprattutto che consumino molto
poco, magari con motore ibrido o elettrico.
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