Inondazioni, morti e sfollati: è emergenza in Serbia

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Inondazioni, morti e sfollati: è emergenza in Serbia
Inondazioni, morti e sfollati: è emergenza in Serbia e Bosnia Erzegovina. ‐ testo di Rodolfo Toè, casco bianco Caritas Italiana ‐ Non è mai successo niente del genere, da più di cento vent'anni – ovvero, da quando esistono dei registri pubblici che tengono nota del livello dei fiumi e delle precipitazioni. La Serbia e la Bosnia Erzegovina, da quarantotto ore, sono in uno stato d'emergenza a causa delle piogge che si sono riversate nei due paesi nel corso di questa settimana. Il bilancio, per il momento, è di tre morti e di migliaia di sfollati (6.175 nella sola Serbia). Ma il conto sembra, purtroppo, destinato a salire, mentre arrivano le notizie di persone che risultano disperse, i fiumi calano ma lasciano dietro di sé un pericolo altrettanto grande – quello delle frane. In Serbia è stato dichiarato lo stato d'emergenza in diciotto municipalità. Tra le più colpite, Valjevo, Sabac, Loznica, Cacak, Ljig, Gornji Milanovac. Una persona è morta, nella notte tra mercoledì e mercoledì, ad Umcari, quartiere a sudovest di Belgrado, dopo essersi rifiutata di lasciare la propria abitazione. La stessa capitale, come sottolinea il sindaco Sinisa Mali, potrebbe essere evacuata nelle prossime ore se le condizioni non dovessero migliorare. Nel paese la situazione più grave si è verificata ad Obrenovac, una trentina di chilometri soltanto dalla capitale. In questo momento, la città per l'ottanta per cento è finita sott'acqua: i cittadini si sono rifugiati sui tetti e in molti casi si rifiutano di abbandonare le proprie abitazioni, per paura di lasciare i propri averi. Una persona è data per dispersa. “Al momento la situazione è gravissima”, conferma il sindaco della città, Miroslav Cuckovic: “ci sono moltissime persone che non siamo riusciti a raggiungere, nemmeno utilizzando le forze speciali. La priorità per ora resta l'evacuazione delle persone rimaste qui, insieme alla distribuzione di cibo e acqua potabile, che mancano”. La situazione è più o meno la stessa anche a Svilajnac, 40 chilometri da Jagodina, nella Serbia centrale: circa mille persone attendono sui tetti delle proprie case per essere evacuate. “La situazione continua ad essere drammatica”, constata il coordinatore di Caritas Serbia, Darko Tot, “circa 300.000 persone sono senza elettricità in tutto il paese, la Sava continua a crescere ed è molto difficile stabilire un contatto, anche solo telefonico, con i nostri operatori presenti soprattutto nelle parrocchie di Valjevo e Sabac. Al momento la difficoltà di raggiungere le persone colpite dall'alluvione è la maggiore, certe zone – anche quando parliamo di città, non solo dei villaggi – sono raggiungibili sono in elicottero”. Tot spiega che, per ora, Caritas Serbia si è attivata soprattutto a livello locale: “lì dove siamo già presenti ci siamo messi in contatto con le autorità, collaboriamo con loro distribuendo vestiti e cibo. Stiamo anche allertando la Caritas a livello europeo, in modo che – speriamo – già la prossima settimana saremo in grado di intervenire con degli aiuti più consistenti. In questo momento la situazione è urgente, ma occorre muoversi anche con molta cautela, per evitare sovrapposizione con altri aiuti che arriveranno nei prossimi giorni”.Il direttore di Caritas Sabac ha fatto un appello per la raccolta urgente di acqua, cibo in scatola e coperte. Nella città anche la mensa per i poveri è stata sommersa dall'acqua Altrettanto drammatica è la situazione nella vicina Bosnia Erzegovina, dove nel corso delle ultime quarantotto ore le emergenze hanno riguardato soprattutto la parte centrale del paese: tra i comuni più colpiti Maglaj, Banja Luka, Zepce, Vitez, Travnik, Tuzla, Bijeljina, Zvornik, Bratunac, Srebrenica, Kotor Varos e Doboj. L'esercito lavora con la protezione civile per evacuare gli abitanti e assistere chi ha bisogno di aiuto. Rispetto alla Serbia, la situazione in Bosnia Erzegovina è resa più grave per la mancanza dei materiali. In alcuni casi, come a Doboj, si è arrivati a chiedere aiuto ai club di kayak per utilizzare anche le loro barche al fine di prestare i primi soccorsi nelle zone più colpite. “Al momento la situazione resta molto seria”, spiega Robert Bosnjak, di Globarica, un piccolo villaggio vicino a Zepce. “Siamo senza corrente perché la centrale è finita sott'acqua, il livello dell'acqua si è abbassato, per fortuna, ma non è ancora possibile lasciare il villaggio in auto, dobbiamo rimanere qui”. Nella cronaca di questi giorni, emergono piccole storie di situazioni drammatiche: a Maglaj, che è stata interamente sommersa dall'acqua, circa 70 lavoratori di una fabbrica locale (la Natron) sono rimasti bloccati nell'edificio, tenuti in ostaggio dalla piena, e hanno potuto essere tratti in salvo solo dopo parecchie ore, grazie all'intervento di alcuni volontari di Konjic. A Zeljezno Polje, vicino a Zepce, una colonna di seicento persone, inclusi anziani e bambini, hanno dovuto abbandonare a piedi il proprio villaggio per trovare un rifugio quando ormai le case erano circondate dall'acqua su tre lati. Poco a poco, il livello dei fiumi sta diminuendo, ma il bel tempo non arriverà prima del weekend. E anche allora, questa notizia non significherà la fine dei problemi. Perché un rischio che sta emergendo in queste ore è, anche, quello delle frane. Nella notte, a Vogosca, una frana ha seppellito otto case. Per fortuna, non ci sono state vittime. “Abbiamo sentito un rumore fortissimo, come se un aereo si fosse schiantato sopra il nostro edificio”, racconta uno dei residenti, Husein Hadziadvija. “Siamo fuggiti appena in tempo. In un secondo, tutto quello che io ho costruito in vita mia è andato perduto”. Sia in Serbia che in Bosnia Erzegovina, la solidarietà internazionale si è messa in moto per aiutare le popolazioni colpite dalle alluvioni. In Serbia, i governi russo e macedone hanno annunciato l'invio di proprio personale, così come quello montenegrino, che si è reso disponibile ad aiutare anche i vicini bosniaci. In Bosnia Erzegovina, la Croce rossa internazionale ha già promosso una campagna per raccogliere cibo e aiuti da destinare agli sfollati, mentre la Croazia ha messo a disposizione due elicotteri e l'EUFOR ha annunciato che farà “il possibile” per mettersi a disposizione della cittadinanza. Caritas Bosnia Erzegovina ha già lanciato un appello per raccogliere aiuti materiali per le famiglie che hanno dovuto lasciare le proprie case. “I nostri volontari e lo staff delle Caritas parrocchiali stanno facendo tutto il possibile” si legge nell'appello pubblicato sul sito, “per aiutare i cittadini in difficoltà”. Si ribadisce “la necessità di acqua potabile, di cibo in scatola, candele, stivali e materiali per l'igiene personale”. (Fonti: B92; Aljazeera Balkans; Radio Sarajevo; Klix).