IL CACCIATORE DI AQUILONI di Khaled Hosseini recensione a
Transcript
IL CACCIATORE DI AQUILONI di Khaled Hosseini recensione a
IL CACCIATORE DI AQUILONI di Khaled Hosseini recensione a cura di Irene Zingaretti e Olimpia Proietti Il Cacciatore di aquiloni è un romanzo che mi ha fatto emozionare. E’ la storia di due ragazzi legati fino alla morte da un legame taciuto, divisi dalla loro condizione, uniti dal gioco degli aquiloni. E’ una storia di amicizia, spezzata e ricomposta, di un passato che non si può cancellare e che riaffiora sempre. E’ un viaggio in sé, che anche io ho provato insieme ad Amir, un viaggio nella propria coscienza. E’ la storia dell’Afghanistan martoriato dalla guerra, dove ci si abbandona alla disperazione e non c’è più spazio per giocare con gli aquiloni. Una storia forte e cruda, ma nello stesso tempo toccante e commovente. Una storia di redenzione che porterà Amir a correre di nuovo, ad apprezzare una vita non corrotta e a far volar ancora in alto un aquilone. E’ un libro che mi ha fatto riflettere, che mi ha scosso l’anima con la forza delle parole attraverso cui l’autore traccia un ritratto del suo paese e dei rapporti umani. Una storia che non illude ma fa sperare che, saldando i conti con i propri errori, con i fantasmi del passato in un mondo violento e sinistro, gli aquiloni torneranno a volare. I personaggi principali sono Amir e Hassan. Amir è un bambino che cerca in tutti i modi l’amore e l’orgoglio del padre nei suoi confronti, un padre che, secondo lui, lo ritiene responsabile della morte della madre avvenuta per il parto del figlio. Con questa ricerca, Amir perde l’amicizia di Hassan, perché lui non cerca di porre rimedio e di chiarire quanto avvenuto all’amico, ma prova a coprirlo con altra sporcizia. Ma il senso di colpa è sempre lì pronto a ritornare in superficie. Amir vive con questo peso nel cuore da quando ha 12 anni, ormai da adulto ci convive. Ma quella telefonata fa muovere qualcosa in lui e così parte alla ricerca del perdono. Si può dire che Amir è un personaggio dinamico, in quanto durante le vicende il suo spirito, il suo modo di pensare cambia. Mentre Hassan, dall’inizio alla fine del romanzo, è sempre lo stesso: il servo rispettoso e pronto a tutto per il suo amico. Ha un animo buono, forte, ma allo stesso tempo gentile e premuroso. Possiamo dire che Amir e Hassan hanno due caratteri nettamente distinti, uno egoista, l’altro generoso, e forse è proprio per questo che la loro amicizia, nonostante il tempo, era sempre viva dentro di loro. E’ un romanzo di facile lettura, molto scorrevole, ma che ha delle vicende e dei significati molto profondi. E’ molto il modo di scrivere di Hosseini, come riesca a farti rendere partecipe del dolore di Amir e della disperazione di Sorhab. Un romanzo che prende come pochi e che alla fine lascia un amore per un Paese mai visto. L’autore, attraverso la storia di Amir, ci mostra infatti un Paese, l’Afghanistan, devastato da una guerra insensata, dove ogni persona non è più libera di esprimersi, di provare vere emozioni. . Un mondo nel quale le donne sono invisibili, dove le varie guerre hanno annientato una cultura e un modo di vivere, dove c’è chi vende la propria protesi per dar da mangiare ai figli. E’ molto interessante questa tematica, perché noi dalle nostre case vediamo in TV dei popoli sempre in guerra, uomini con fucili in mano e volti coperti, ma con questo libro Hosseini ci fa entrare dentro le loro case e ci fa vedere la vera realtà, dura e sofferta di un popolo imprigionato nelle sue tradizioni spesso violente. E’ un messaggio molto attuale, affinché l’uomo moderno comprenda l’inutilità di guerre, soprusi e violenze che causano l’annientamento di ogni individuo. Uno degli episodi più toccanti è quello in cui si narra della lapidazione di due giovani amanti nel XXI capitolo. Le grida della donna dal burqa verde come di «un animale selvaggio» che non si rassegna al suo destino e il silenzio acuto dell’uomo “tagliano l’anima”. E quel religioso che con il Corano in mano asserisce il principio assurdo secondo il quale «Dio dice che ogni peccatore deve essere punito in maniera conforme al suo peccato» … sa di ipocrisia religiosa, di violenza, di una legge assurda in nome di un Dio invocato per giustificare una giustizia sommaria che fa orrore. Forse ci colpisce in quanto donne, che soffriamo con tutte quelle donne che non possono far valere i propri diritti, soggiogate ancora da leggi ingiuste, vittime di una ingiustificata vendetta maschilista. Sono ancora molte le donne vittime di violenze inammissibili. Si prova orrore, vergogna e una dolorosa pietà. Noi siamo con queste donne, perché tutte sono aquiloni in grado di volare più in alto del sole. “Mi chiesi se quello fosse il modo in cui sboccia il perdono, non con le fanfare di una epifania, ma con il dolore che, nel cuore della notte, fa i bagagli e si allontana senza nemmeno avvisare”. Questa frase viene detta da Amir verso la fine quando torna in America con Sorhab. Colpisce particolarmente: quando meno ce l’aspettiamo, quando non pensiamo più a una determinata circostanza che ci ha procurato del male, il dolore se ne va e sboccia un bellissimo fiore, quello del perdono. E così, come Amir, ci ritroviamo questo fiore nel cuore che lì per lì non sappiamo da dove provenga, ma poi ci rendiamo conto che il dolore se ne è andato, così in silenzio che non ce ne siamo neppure accorti.