Tra le ombre

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Tra le ombre
Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola
I libri per ragazzi scritti dai ragazzi. Racconti che rendono i bambini e i giovani scrittori protagonisti di
un’attività che coinvolge l’Italia e tanti altri Paesi europei ed extraeuropei in una fantastica avventura
che grazie alla scrittura determina di volta in volta un filo che accomuna, unisce, coinvolge l’attorno …
Bimed Edizioni
Il racconto viene pubblicato all’interno della Collana annuale della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola, un
format che guarda al racconto come a un “bene …” di fondamentale rilevanza per la formazione delle nuove
generazioni in grado di determinare relazioni, contaminazioni, confronto, interazione,
crescita comune e tanto altro ancora …
TRA LE OMBRE
Partendo dall’incipit di Sara Magnoli e con il coordinamento dei propri docenti,
hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e delle classi appresso indicate:
IIS “Isa Conti Eller Vainicher” Lipari (ME) - classe IV/V A Liceo Scientifico
Liceo Classico Scientifico “Don Carlo La Mura” Angri (SA) - classe III A Sci.
IPSSEOA - Ten. Carabinieri “Marco Pittoni” Pagani (SA) - classe V B
Liceo Scientifico “Maria Curie” Pinerolo (TO) - classe V Bnr
Liceo Statale “Alfano I” Salerno - classe IV A Indirizzo Musicale
Istituto Tecnico Tecnologico “Andrea Pozzo” Trento – classe IV A
Liceo Classico Statale “P. Colletta” Avellino – classe I D
ITCT “Dionigi Panedda” Olbia - classe IV C Tur.
Istituto Tecnico Commerciale “Giovanni Paolo II” Diamante (CS) - classi IV/V B SIA
Editing a cura di: Stefania Schiavi
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura - Ente Formatore per Docenti
Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero
Direzione e progetto scientifico
Andrea Iovino
Responsabile di redazione e per le
procedure
Alberto Fienga
Coordinamento organizzativo e
didattico
Ermelinda Garofano
Responsabile per l’impianto editoriale
Stefania Schiavi
Revisione editoriale
Francesco Rossi, Shasa Buonino,
Ilaria Mascolo, Maria Cristina Folino
Gestione esecutiva del Format
Angelo Di Maso, Adele Spagnuolo
Grafica di Copertina :
Bimed Station
Impaginazione
Tullio Rinaldi
Piattaforma escriba
UNISA, Dipartimento di Informatica
– Progetto Prof. Vittorio Scarano,
realizzazione Dott. Raffaele Spinelli
Gennaro Coppola, webmaster BIMED
Pubbliche Relazioni
Nicoletta Antoniello
Amministrazione
Rosanna Crupi, Annarita Cuozzo
I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione commerciale
RINGRAZIAMENTI
I racconti pubblicati nella Collana della Staffetta di Scrittura Bimed/
Exposcuola 2014/15 si realizzano anche grazie al contributo erogato
in favore della Staffetta dai Comuni che finanziano l’azione intesa come
esercizio di rilevante qualità per la formazione delle nuove generazioni. Tra gli
Enti che contribuiscono alla pubblicazione della Collana Staffetta 2015 citiamo:
Ambasciata d’Italia in Libano, Ascea, Atripalda, Bellosguardo, Borgaro Torinese,
Castelletto Monferrato, Favignana, Ivrea, Moncalieri, Montemiletto, Osasco,
Piaggine, Pinerolo, Saint-Vincent, Santena, Siano. La Staffetta di Scrittura riceve
un rilevante contributo per l’organizzazione degli Eventi di presentazione
dei Racconti 2015 dai Comuni di: Bellosguardo, Moncalieri, Pinerolo, Procida,
Salerno, e dal Parco Nazionale del Gargano/Riserva Naturale Marina Isole Tremiti.
Si coglie l’occasione per ringraziare i tantissimi uomini e donne che hanno
operato per il buon esito della Staffetta 2015 e che nella scuola, nelle istituzioni
e nel mondo delle associazioni promuovono l’interazione con i format che Bimed
annualmente pone in essere in favore delle nuove generazioni. Ringraziamenti e
tanta gratitudine per gli scrittori che annualmente redigono il proprio incipit per
la Staffetta e lo donano a questa straordinaria azione qualificando lo start up
dell’iniziativa. Un ringraziamento particolare alle Direzioni Regionali Scolastiche e
agli Uffici Scolastici Provinciali che si sono prodigati in favore dell’iniziativa e a
Legambiente per l’autorevole apporto tecnico reso alla Staffetta.
Vivi ringraziamenti ad ALPEGA Fattoria Didattica che ci ha permesso di collegare
la scrittura al mondo della natura e all’educazione verso il nostro Attorno.
Infine, ringraziamenti ossequiosi vanno a S. E. l’On. Giorgio Napolitano che ha
insignito la Staffetta 2014 con uno dei premi più ambiti per le istituzioni che
operano in ambito alla cultura e al fare cultura, la Medaglia di Rappresentanza
della Repubblica Italiana giusto dispositivo SGPR25/09/20140090057P
del PROT SCA/GN/1047-2
By Bimed Edizioni
Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
(Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura)
Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY
Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected]
La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2015 viene stampata in parte su carta
riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di
autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il rispetto della
tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi intende contribuire
alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso
la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono risorse ineludibili per il futuro
di ognuno di noi…
Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di recupero
e riciclo di materiali di scarto.
La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura
Bimed/Exposcuola 2014/2015
Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero.
Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo) senza
l’autorizzazione scritta dell’Editore.
La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra
tra i prodotti formativi di Bimed destinati unicamente alle scuole partecipanti l’annuale
Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola.
La Staffetta 2014/15 riceve:
l’adesione del
Presidente della Repubblica
e
sua Medaglia di rappresentanza
Patrocini:
Senato della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Ministero della Giustizia, Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare.
PRESENTAZIONE
Con la Staffetta quest’anno tanti studenti hanno lavorato sul tema della volontà.
È un tema complesso che, però, ci ha permesso di interloquire con i ragazzi sulle
grandi questioni del nostro tempo. Lo abbiamo fatto con i bambini della primaria e
dell’infanzia e lo abbiamo fatto con i ragazzi delle medie e i giovani delle superiori.
È stato un viaggio bellissimo, per certi versi divertente, per altri, impegnativo…
Ma ciò che maggiormente colpisce è che la comunità della scuola italiana nel suo
insieme, ancora una volta, ha dato prova di straordinaria tenuta. Una tenuta di
qualità che accomuna la nostra scuola dalla primaria alla secondaria superiore.
Provare a organizzare un esercizio attorno alla volontà significa costringere le
nuove generazioni a indicare il proprio volere, la propria visione, quello che
“immagini …” ci sia davanti a te e quanto questa immaginazione accomuni l’individuo
al proprio contesto. Alla fine della giostra troviamo dei racconti strepitosi, ricchi di
fantasia, articolati in una dimensione letteraria molto variegata ma che nel suo
insieme dimostra il valore del nostro corpo docente che in ogni livello d’istruzione è
assolutamente capace di governare la narrazione e tutti i valori formativi che sono
insiti nel progetto e nella costruzione di un racconto. Un racconto, ricordiamolo,
che è il frutto di un confronto e di una scrittura di gruppo cioè, è frutto di un
esercizio in cui una squadra, o una classe se preferite, unita attorno a un obiettivo
riesce a dimensionare, con le parole, LA STORIA. Trasferite tutto questo nel sistema
Paese e avrete un modello, il modello da seguire per qualificare il nostro tempo
e i nostri spazi. Grazie alle maestre e ai maestri, in generale, ai docenti che si
sono sobbarcati le difficoltà che sono insite nella Staffetta di scrittura, grazie ai
dirigenti scolastici e agli scrittori, senza la loro “volontà” e la loro disponibilità non
avremmo lo start up della Staffetta che si giova della generosità che è nelle parole
di chi si dedica per professione alla scrittura e di chi de/tiene la responsabilità
della nostra irrinunciabile scuola. Grazie agli sponsor, grazie agli amministratori
comunali che investono sulla Staffetta e l’educational, grazie alla filiera dei
tecnici e grazie a quanti lontani dai riflettori giorno dopo giorno si dedicano a
questa straordinaria avventura di comunità. Un grazie particolare, all’On. Giorgio
Napolitano che, ancora una volta, ha voluto premiare la Staffetta con la Medaglia
di Rappresentanza della Presidenza della Repubblica Italiana, un encomio che ci
gratifica e ci ripaga del lavoro che consente a ognuno di noi, oltretutto, di sentire
l’orgoglio del cammino che ci tiene insieme e tiene insieme il passato, il presente e
il futuro del mondo di cui siamo parte.
Andrea Iovino
L’imprescindibile per l’innovazione è nella scrittura
È il terzo anno che in partnership con Bimed promuoviamo sul territorio nazionale
la Staffetta di Scrittura Creativa e di Legalità che, oramai, ha valicato i confini
nazionali coinvolgendo gli studenti di Paesi che vanno dall’America Latina al Medio
Oriente e all’Europa. Per noi che abbiamo come mission quella di affermare i valori
aggiunti della cultura digitale resta, quest’azione, un’opportunità imperdibile per
la disseminazione di ciò che grazie all’innovazione cambierà in meglio la vita del
contesto planetario. Grazie alla Staffetta le nuove tecnologie si vanno affermando
sempre di più nella scuola italiana e anche nella didattica si determinano
cambiamenti dei metodi di apprendimento e di insegnamento. L’interazione tra
cultura digitale e Staffetta consente, inoltre, di incidere positivamente sullo sviluppo
del pensiero critico e delle competenze digitali che, insieme all’alfabetizzazione,
danno modo ai giovani di comprendere appieno i linguaggi e le determinanti
positive dell’innovazione tecnologica.
L’idea di organizzare attorno alla Staffetta la strategia di ingresso organico
dell’informatica nella scuola è, tra l’altro, una modalità di relazione unica tra
il contesto degli adulti e gli studenti che sono, oggi, nativi digitali di seconda
generazione, dunque, entità che hanno dentro se stessi gli strumenti per
poter governare la relazione con gli “oggetti…” che sono parte integrante
dell’innovazione che utilizziamo giornalmente.
Certipass è sempre più impegnata in favore della diffusione della cultura digitale
e continua a operare in linea con le Raccomandazioni Comunitarie che indicano
nell’innovazione e nell’acquisizione delle competenze digitali la possibilità
evolutiva del contesto sociale contemporaneo. Poter raccontare a una comunità
così vasta, com’è quella di Bimed, delle grandi opportunità che derivano dalla
cultura digitale e dalla capacità di gestire in sicurezza la relazione con i contesti
informatici, è di per sé una occasione imperdibile.
Ci è apparso doveroso partecipare anche quest’anno con slancio alla Staffetta
Bimed proprio perché siamo certi che attraverso la scrittura potremo determinare
una cultura in grado di collegare la creatività e i saperi tradizionali alle moderne
tecnologie e a un’idea di digitale in grado di affermare il valore del confronto,
della contaminazione, dell’incontro e della sussidiarietà.
I docenti chiamati a utilizzare una piattaforma telematica insieme ai giovani che
scrivono, loro, una parte del racconto; la possibilità, poi, di vivere e condividere
grazie al web con tanti altri studenti la storia che evolve grazie al contributo della
scuola è una dimensione unica e… felice.
Il libro che avete tra le mani è la prova tangibile di un lavoro unico nel suo genere,
dai tantissimi valori aggiunti che racchiude in sé lo slancio nel liberare futuro
collegando la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra civiltà all’innovazione
tecnologica e alla cultura digitale. Certipass è ben lieta di essere parte integrante
di questo percorso, perché l’innovazione è cultura, prima che procedimento
tecnologico.
Il Presidente
Domenico PONTRANDOLFO
Sulla Volontà e la Legalità
Impegnare i giovani attorno a una riflessione sulla Volontà ci è apparsa una sfida
di grande rilevanza che, per tanti versi, accomuna la Staffetta di Scrittura della
Legalità alla vision dell’Università Telematica Pegaso. È per questa ragione che il
partenariato strutturato con Bimed innanzitutto sui principi istituzionali si è ampliato,
quest’anno, ulteriormente determinando una organica interazione che nasce proprio
attorno alla Staffetta e coinvolge i tantissimi giovani studenti impegnati nell’attività
di Scrittura che annualmente vede questo format protagonista dell’editoria italiana
per ragazzi.
Il partenariato con Bimed è nelle nostre intenzioni una opportunità di sistema
per il Mezzogiorno e il contesto nazionale nel suo insieme: da una parte vi è la
consolidata relazione che la Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
ha con un rilevante numero di Scuole Secondarie Superiori italiane, dall’altra parte
vi è l’Università Telematica Pegaso che è sempre più proiettata in una innovativa
modalità di relazione tra i saperi, le competenze e le conoscenze, che abbiamo il
dovere di rendere sempre più accessibili e disseminate, con le nuove generazioni.
È partendo da questi elementi che abbiamo investito per l’organizzazione del
più qualificato sistema on line di formazione universitaria in cui il l’integrazione di
diversi format e tipologie didattiche permette di perseguire un aumento di qualità
del processo formativo. Ed è in considerazione della grande opportunità di far
conoscere a moltissimi giovani le opportunità che provengono dall’innovazione
collegata alla ricerca e allo studio, che abbiamo voluto determinare un
partenariato organico con Bimed e la Staffetta di Scrittura di Legalità. A tanto
si aggiunge il valore aggiunto dell’opera che vede impegnati tanto Bimed
quanto l’Università Telematica Pegaso sul fronte della Legalità che resta il viatico
ineludibile su cui incamminare un percorso di sviluppo e di qualificazione sociale
tale da essere corrispondente alle aspettative dei nostri giovani. Infine: la Volontà
e il volere rappresentano il bacino delle possibilità che ognuno di noi può e deve
determinare, di più, sono il riferimento di agostiniana memoria che lega il valore
dell’esistenza alla capacità di amare che è, poi, essenza di divenire.
Il mio personale plauso va a quanti, docenti, studenti, operatori tecnici, scrittori,
etc. rendono ogni anno possibile questa straordinaria storia fatta di un insieme di
racconti metafora della “volontà” della scuola di sentirsi protagonista del futuro
che libera… Futuro.
Università Telematica Pegaso Il Presidente
Danilo Iervolino
INCIPIT
Sara Magnoli
Tra le ombre
Scivolava. Silenziosamente, l’ombra allungata allontanandosi dai pochi
lampioni.
Scivolava. Sfiorando appena con il braccio i muri scrostati delle
case in quella città che era estranea, sconosciuta.
Scivolava, essere estraneo, essenza sconosciuta. Anche a sé.
L’avessero saputo in classe sua, di quel suo scivolare nella notte,
quell’essere estraneo e quell’essenza sconosciuta sarebbero diventati “eroi”.
Siamo eroi, che vuoi di più? Belli come alla tivù. Teneri, incoscienti
eroi… Noi siamo eroi, per non morire…
Era una canzone, di quel cantante che per anni aveva vestito lustrini e piume e ai cui concerti sua madre era andata tante di quelle
volte…
Eroi per non morire. Gli eroi non devono morire. Non si vuole che gli
eroi muoiano.
Bastasse scivolare di notte lungo i muri di una città straniera per
essere eroi, pensava…
Curioso. Come gli eroi dei racconti, dei fumetti, delle saghe e delle
leggende lo siano già mentre sono in vita. Eracle e la sua forza
sovrumana che dall’antica Grecia si incarnano poi nell’antica
Roma con Ercole.
Lucrezia e i valori degli antichi Romani. Camilla, la vergine guerriera
dell’Eneide. Fino a Superman e Wonder Woman. Sorrise al pensiero
del paragone.
Invece, gli eroi della vita quotidiana lo diventano spesso solo quando
muoiono, eroi. Pensò a giudici, magistrati, poliziotti e carabinieri.
Amministratori e anche giornalisti che avevano sfidato tutti per il
senso di giustizia.
Pensò anche a chi ogni giorno si alzava per andare a lavorare
con onestà.
E ripensò a chi nella sua classe avrebbe invece ritenuto eroico il
suo coraggio di scivolare di notte al pigro e debole chiarore di
pochi lampioni.
Teneri, incoscienti eroi…
Gli eroi non devono morire. Non voleva che gli eroi morissero.
Dovere. Volere. Bastava cambiare un verbo, per cambiare tutto il
senso di un’esistenza.
E si chiese che cosa dovesse fare. O che cosa volesse fare.
Nella notte, scivolando, avrebbe voluto essere un usignolo e cantare nel buio, in attesa che il sole ne potesse mostrare i colori.
Nella notte, scivolando, temeva di dover essere un pipistrello e
volare nel buio, senza che il sole ne potesse mostrare altri colori se
non quello dell’oscurità.
Capitolo PRIMO
Occhi verdi
Le tinte purpuree di un sole appena svegliato venavano il cielo
di luce e Venezia giaceva silenziosa ancora tra le braccia di
Morfeo. Elia era tornato a casa con la mente annebbiata da mille
pensieri. Combattuto tra ciò che sapeva e ciò che doveva fare, in
quel momento si sentiva carico di una responsabilità più grande di
lui. Amir gli aveva confidato qualcosa di molto importante e lui in
quel momento sentiva di essere l’unico in grado di aiutarlo. Giunto
nella sua stanza, scorgeva dalla finestra il debole chiarore dell’alba
che, come un riflesso scarlatto, si faceva strada nel cielo della
Serenissima. Sprofondando nel suo letto, socchiuse lentamente gli
occhi ripensando al suo nuovo amico, solo, per le vie della città. Le
parole di Amir riecheggiavano nella sua mente, talmente forti, che
parevano squarciare il silenzio della sua stanza. Neanche un battito
di ciglia che già sua madre entrava, per svegliarlo, nella stanza
illuminata dal timido sole del mattino. Sentiva le gambe pesanti,
avvolte nelle lenzuola in parte riverse per terra, il cuscino calato
sulla testa a lasciare fuori il mondo esterno.
«Elia, cosa fai ancora a letto? Alzati o farai tardi a scuola!»
La laguna immobile diventava sempre più luminosa ogni volta che
Amir alzava il capo.
I piedi scalzi premevano sul manto morbido del tappeto su cui stava
inginocchiato e le labbra si muovevano al ritmo della sua preghiera.
Capitolo primo
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Le braccia tese in direzione della Mecca fendevano l’aria umida
del mattino. “Allah akbar”, sussurrava e lasciava fluire le parole
della sua supplica, concentrato sul loro suono ridotto a un soffio di
voce. La brezza lo accarezzava e lentamente la preghiera diventava il sottofondo di altri pensieri. Le mani aperte, rivolte in avanti, gli
occhi offuscati dai ricordi di una notte trascorsa tra calli ignote alla
Venezia da cartolina.
Le vite di Elia e Amir si erano incrociate durante una notte afosa
di agosto. Elia si trascinava per la strada di casa, stanco dopo
un duro allenamento. Da un po’ coltivava la passione per le arti
marziali e aveva preso l’abitudine, passeggiando, di ripassare
mentalmente le mosse appena imparate. Intorno a lui ombre
allungate s’intrecciavano sui muri; a un tratto il vociare confuso
della città si era fatto più definito; voltato l’angolo, si era trovato
di fronte a una scena imprevista: un ragazzino dalla pelle olivastra
cercava di divincolarsi dalla presa di tre uomini – avrebbe poi
saputo che si chiamava Amir. I suoi occhi verdi spiccavano nel buio
e la sua voce dal forte accento straniero rimbombava nella notte.
Elia istintivamente decise di intervenire, ma gli aggressori avevano
già mollato la presa e abbandonato il ragazzo sul selciato. Elia si
era precipitato ad aiutare Amir e, dopo l’imbarazzo e la diffidenza
iniziale, si erano ritrovati a parlare del motivo che aveva scatenato
il pestaggio.
Il ragazzo siriano era arrivato in Italia alla ricerca dal padre, un
rifugiato politico. Con il tempo ciò che aveva scoperto, gli aveva
Occhi verdi
fatto maturare il sospetto che il genitore fosse rimasto vittima di un
mondo sotterraneo. Venezia, romantica sotto la luna, possedeva
un lato oscuro, regno di un microcosmo di criminalità. Amir, senza
rendersene conto, si era ben presto ritrovato in questo mondo, e
probabilmente in mezzo ai responsabili della morte di suo padre.
«Anche stasera hai intenzione di uscire con gli amici?»
«Sì, andiamo al solito pub» rispose Elia, a sua madre, con aria distaccata.
La donna insisteva nel voler conoscere i particolari della serata,
ma la mente di Elia vagava altrove. Aiutare il suo amico era diventata la sua missione. Quando in classe i professori raccontavano le
gesta coraggiose degli eroi della mitologia, lui ripensava a quanto
coraggio ci voleva per varcare le soglie di quella Venezia torva,
estranea, una Venezia sconosciuta a un ragazzo abituato a frequentare solo posti “per bene”.
Siamo eroi per non morire… Gli tornava in mente quella canzone
ogni volta che Amir, tormentandosi i capelli corvini, gli raccontava
di suo padre scappato dalla Siria per sfuggire alla prigione, e che,
sorte beffarda, aveva trovato la morte in un altro paese.
Pensavano di aver finalmente trovato una pista. Erano giorni che si
recavano inutilmente in quel quartiere in cerca di indizi. Quella sera
non avrebbero fatto ancora un buco nell’acqua.
Dai balconi di palazzi fatiscenti, dai panni zuppi, stesi ad asciugare,
Capitolo primo
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cadevano grosse gocce che picchiettavano la pietra; l’unica fonte
di luce proveniva dalle fessure delle porte. Amir ed Elia riuscivano a
malapena a orientarsi in quel dedalo di vicoli. Camminavano vicini,
un po’ per lo spazio ristretto un po’ per la paura. Ciocche disordinate incorniciavano il volto cereo di Elia, coprendo le tempie e
lasciando liberi gli occhi di indagare l’oscurità. Erano verdi, proprio
come quelli di Amir, dotati della stessa sfumatura dorata – ma avevano visto molto meno. Avevano conosciuto, volti, paesaggi, ma
non la brutalità e la sofferenza, non conoscevano, come quelli di
Amir, la terribile realtà che si viveva in Siria: la guerra, anche se il suo
amico, ogni volta in preda a un forte dolore, gli aveva raccontato
cosa accadeva nella sua terra.
Sembravano completamente soli quando si accorsero della presenza di due figure in atteggiamenti sospetti. I due ragazzi immediatamente indietreggiarono, nascondendosi dietro un angolo, protetti
dall’oscurità.
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Occhi verdi
Capitolo SECONDO
Eroi per non morire
Tra la bellezza dei vicoletti veneziani, che di giorno non lasciavano
trasparire per nulla la cruda verità della notte, Amir ripensò a come
tutto era iniziato, alla sua decisione di partire per l’Italia a ogni costo, nella vana speranza di ritrovare suo padre. L’uomo era fuggito
dalla Siria in rivolta contro il governo oppressivo del suo paese, ma
non aveva mai dimenticato la propria famiglia: ogni mese spediva a
sua madre una busta contenente una lettera e dei soldi, a dir vero
tanti, troppi, forse.
Fino a quell’ultimo anno. All’improvviso silenzio, più nessuna lettera,
nessuna busta, nulla, solo silenzio. Così, dopo una notte insonne,
al pensiero di cosa potesse essere accaduto a suo padre, la
decisione: doveva imbarcarsi per l’Italia. Come in un flashback
rivisse quei momenti.
Non vi era differenza tra il giorno e la notte, tutto era fermo, stagnante,
come l’odore di quell’ammasso di persone che, in quel momento, non
erano più esseri umani: inconsapevoli di cosa sarebbe stato di loro.
Un lampo, un istante. L’acqua gli salì lungo le gambe, sempre più
su, un acre odore di fumo proveniva dal motore, urla strazianti di
madri e padri che cercavano di salvare i propri figli. L’acqua iniziava
a riempirgli i polmoni, sentiva le forze abbandonarlo e, proprio
Capitolo secondo
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quando era pronto ad arrendersi, una luce dall’alto, una mano tesa
ad aiutarlo, qualcuno che lo tirava su. Una barca. Poi il buio.
Eroi per non morire… Di nuovo quel ritornello lo riportò alla luce,
aprì gli occhi. Tanto freddo e un fastidio costante al braccio. Provò
a muoverlo, ma fu bloccato da qualcuno che, rassicurandolo, gli
diceva: «Sei al sicuro. Tranquillo. Sei nel campo d’accoglienza di
Lampedusa».
Quei giorni furono interminabili. Amir li trascorse rileggendo le lettere
del padre, fra le poche cose che aveva portato con sé dalla Siria.
Era trascorso già un anno dall’ultima volta che ne aveva ricevuta
una. Fissò il francobollo sulla busta, così diverso da quelli più
anonimi del suo paese. Su quel francobollo c’era disegnata una
strana barca, di una foggia che lui non aveva mai visto prima e
c’era il nome di una città: Venezia; era quello il posto dove avrebbe
dovuto cercare suo padre. Così, un giorno, mentre si aggirava per le
stradine di Lampedusa, attaccò discorso con un ragazzo. Parlarono
dell’Italia, delle sue città; Amir gli mostrò il francobollo, gli chiese di
quella città, Venezia, e gli raccontò la sua tragica storia. Il ragazzo
si commosse al suo racconto e decise che lo avrebbe aiutato. Caso
voleva che il giorno seguente, lui doveva recarsi proprio nella città
lagunare in un viaggio di istruzione con la sua scuola.
«Domani partirò con la mia classe per Venezia. Vediamoci al porto
domani alle sette. Ti nasconderai, all’insaputa di tutti, nel portabagagli del nostro pullman» gli propose il suo nuovo amico.
Eroi per non morire
Amir non si lasciò scappare l’occasione e, dopo aver dormito
una notte in strada, all’alba, carico di emozioni, si recò al porto.
Sgattaiolò nel pullman passando del tutto inosservato e, chiuso nel
portabagagli, cominciò il suo viaggio: Messina, Calabria, Roma e,
finalmente,Venezia, dove per lui cominciò una nuova vita.
A Venezia Amir trovò un lavoro come lavapiatti nel ristorante “La
Gondola”, mentre per dormire si arrangiava un po’ qui un po’ là.
Una sera, era già mezzanotte, stava tornando a casa in compagnia
di un collega. Era triste, ma di tanto in tanto guardava la foto del
padre che portava sempre con sé, come un santino, nella tasca dei
pantaloni; gli sembrava quasi di essere felice al ricordo dei giorni
della sua infanzia: rivisse, per un attimo, quella stessa gioia provata
quando aveva ricevuto in dono dal padre un amuleto di legno con
una particolare incisione: sopra vi era raffigurato un gufo, una guida
per aiutare chi si è perso nell’oscurità a ritrovare la retta via. Era
l’unico oggetto che faceva sentire Amir vicino a suo padre.
L’occhio del collega cadde sulla foto. Era stropicciata, e l’uomo che
vi era ritratto aveva una cicatrice sul volto che lo deturpava. Gli
occhi di quell’uomo erano gli occhi di chi aveva visto troppi orrori.
Il collega riconobbe nell’uomo della foto la persona che poco tempo prima aveva visto aggredire in strada e lo raccontò al ragazzo.
Il viso di Amir si fece sofferente e ciò fece riaffiorare nell’uomo un
forte senso di colpa, perché lui sapeva che, quel maledetto giorno,
non era stato abbastanza coraggioso da intervenire di fronte a
Capitolo secondo
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tanta violenza.
Non riuscendo più a guardare Amir negli occhi, gli voltò le spalle e,
nell’allontanarsi, la sua figura scomparve lentamente nella nebbia
di una Venezia, ormai fredda. Amir, solo ormai, si incamminò turbato
e profondamente scosso per quei vicoli stretti e bui verso casa.
Ogni sera Amir, dopo il lavoro batteva palmo a palmo i quartieri
più malfamati della città nella ricerca di qualche indizio, di un voto,
che lo riportasse da suo padre. Una sera la sua preghiera fu esaudita. All’improvviso fu accerchiato da tre uomini, forse gli stessi che
avevano aggredito suo padre il cuore gli batteva forte, il respiro
gli si faceva sempre più affannoso, le gocce di sudore scivolavano
sul suo viso ormai marmoreo, con gli occhi cercava intorno una via
d’uscita ma tutto ciò che normalmente sarebbe potuto sembrare
semplice, in quel momento diventava la cosa più difficile del mondo.
Scivolò sull’asfalto umido e batté la testa. Una serie d’immagini si
sovrapposero davanti ai suoi occhi mentre perdeva i sensi. Le urla
di un ragazzo lo riportarono alla realtà; solo appena in tempo per
vedere i suoi aggressori scappare. Gli sguardi dei due ragazzi si
incrociarono e la lucentezza dei loro occhi si fuse. Non ci fu bisogno
di parole.
Eroi per non morire.
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Eroi per non morire
Capitolo TERZO
Si chiama Amelia
Gli pareva un angelo Elia. Lì pronto a soccorrerlo, luce nel buio. Amir
era rimasto impassibile di fronte alle percosse subite. I suoi occhi
erano abituati a tanta crudeltà e tanta violenza e il dolore fisico
era nulla in confronto al dolore freddo e cupo che era venuto ad
abitare da tempo il suo cuore. Elia dal canto suo, non aveva potuto
fare altro che trasformare la sua paura in forza e correre in soccorso
di quel ragazzo bisognoso d’aiuto. Un ragazzo fragile, ma anche
carico di sofferenze e ricordi atroci. Nel suo sguardo c’era la paura
e la speranza in un futuro diverso, migliore.
Amir si aggrappò alla spalla di quello sconosciuto. Lo sentiva amico.
Gli sembrava forte; gli affidò il suo corpo dolorante e anche il suo
cuore. Elia lo accolse, lo strinse, lo sostenne, mentre lo portava via
da quel vicolo buio come la sua anima. Via, verso la piazza illuminata dai lampioni che sembravano invitare alla speranza di ritrovare
gli affetti perduti. Abbracciati, trascinandosi per le vie strette, a
tratti strisciando, giunsero finalmente a casa.
Elia bussò con insistenza. Gli importava solo di portare il ragazzo
dentro, al sicuro. Voleva chiudere la porta in faccia a quella notte cattiva.
«Mamma, apri sono io! Ho bisogno d’aiuto» urlò Elia.
La donna accorse impaurita e si trovò di fronte una scena che
Capitolo terzo
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la lasciò stordita. Suo figlio stringeva a se’ un ragazzo sofferente.
Poteva avere circa la sua stessa età, ma il suo volto e il suo sguardo
lo facevano sembrare molto più vecchio. La carnagione scura di
quello sconosciuto le ricordava un dolore antico, rimasto sepolto
nel suo cuore per tanto tempo, ma ancora vivo e presente nei
suoi ricordi. Affrontare questa situazione era troppo per Amelia.
Era gonfia di rabbia e di odio per i tanti disperati che a migliaia
vengono in Italia per cercare fortuna. Tra loro c’è pure chi, anni
prima, le aveva portato via il suo uomo, l’amore della sua vita. Suo
marito, il papà di Elia.
La notte del 19 Settembre 2003 mentre tornava a casa dopo una
serata trascorsa con gli amici di sempre, l’uomo vide in un angolo un
giovane che con accento straniero minacciava un povero vecchio
puntandogli una pistola alla testa: «Give me your money, your watch,
your phone or I will shoot you!» gli urlava. Il padre di Elia, spinto dal
senso del dovere legato alla sua professione di poliziotto, si lanciò
in soccorso della vittima aiutandolo a scappare e salvandogli la
vita, ma ci rimise la sua. Vita spezzata, calpestata, rubata. Ad Amelia dissero che era morto da eroe. Un eroe moderno: sconosciuto
finché era vivo ma reso immortale dall’incontro con la morte cui
era già sfuggito molte volte. Quell’ombra che non bussa né chiede
permesso.
Colei che si impossessa della tua vita e se la porta via per sempre.
Si chiama Amelia
Quanti eroi come lui; quante storie come la sua. A Marco Pittoni,
Tenente dell’Arma dei Carabinieri in servizio a Pagani, l’incontro con
la morte era toccato nell’Ufficio Postale di quel piccolo paese del
Sud. Era il 6 giugno 2008.
Amelia guardò gli occhi di Amir. Splendidi occhi verdi, come quelli
di suo figlio. Ma tanto diversi. Il verde degli occhi di Amir è il verde
dei carri armati e delle divise dei militari. Delle fughe tra i campi e
dell’acqua salmastra. Del barcone traballante e dei berretti degli
scafisti. Amelia rabbrividì: come potevano gli occhi di un “bambino”
aver visto tanta crudeltà?
È ingiusto. Amelia di mestiere fa l’avvocato, smaschera le ingiustizie
e le combatte: deformazione professionale o senso di maternità?
Aveva scelto di aiutarlo. Spalancò la porta di casa per farlo entrare
e poco dopo lo porta in ospedale. Vuoleva assicurarsi che stesse
bene, non è così che fanno le mamme? In auto, ogni tanto osservava
Amir ed Elia seduti sui sedili posteriori. Il legame che si è subito creato
tra loro è evidente, sembra quasi si conoscano da sempre.
«Come ti chiami?» le chiese Amir a un tratto.
«Si chiama Amelia» fu la risposta di Elia.
Solo in quel momento la donna si accorse che il suo nome racchiudeva
quelli dei due ragazzi: “Am-Elia”: ora era certa di fare la cosa giusta.
In ospedale Amir era spaventato, confuso. Si sentiva perso, ma allo
stesso tempo fortunato. Ogni suo pensiero è rivolto alla sua famiglia
Capitolo terzo
29
che non è lì ma è in guerra.
Trovò consolazione nell’amuleto di legno, quello col gufo. Lo accarezzò e lo strinse a sé come se stringesse tra le braccia suo padre.
La giovane infermiera gli si avvicinò e la sua attenzione fu attirata
da quell’oggetto che le sembrava familiare. Lo aveva visto infatti al
collo di un paziente vittima di un pestaggio. L’uomo le aveva raccontato che quello era l’unico oggetto che lo univa al figlio rimasto
in patria. La donna, stupita da questa coincidenza, lo raccontò al
ragazzo.
Troppe emozioni affollavano ora il cuore di Amir: stupore, felicità,
paura. Ma anche una timida consapevolezza che da qualche parte, in quella città straniera, il padre lo stava aspettando. La mano
serrata in un pugno quasi a fare da scrigno a quel tesoro tanto prezioso, pian piano si rilassa, si schiuse, lasciando scivolare l’amuleto
che toccando il pavimento si apre, rivelando il segreto che aveva
a lungo custodito.
Un piccolissimo foglio di carta, su cui era scritto: “Sarò sempre
vicino a te, a presto figlio mio!”
Una lacrima accarezzò la guancia di Amir. Ora ne era certo: suo
padre era vivo!
30
Si chiama Amelia
Capitolo QUARTO
Luci al neon
Il rumore di una lattina calciata da uno dei due loschi figuri riportò
Amir alla realtà. Il vociare confuso gli ricordava il paese natio: erano
siriani. Spinti dalla curiosità Amir ed Elia protesero cautamente il collo
al di là dell’edificio. Tra le varie imprecazioni che ascoltarono, Amir
captò alcune informazioni riguardo a un gruppo di connazionali che
usava riunirsi davanti a una lavanderia a gettoni poco distante.
Dopo che si furono allontanati, Amir disse al suo compagno quello
che i due siriani si erano detto. Poi, svicolando tra stretti ponti e buie
calli, giunsero a destinazione.
Si trovarono davanti a un locale parzialmente illuminato da tristi luci
al neon. La foschia che saliva dai canali rendeva la debole luce,
soffusa e sinistra, e un odore salmastro penetrava nelle narici dei
due ragazzi. L’umidità diffusa nell’aria pareva formata da tanti
punteruoli che trafiggevano in profondità i corpi dei due giovani
mentre un gruppo di persone adulte, che formavano un capannello
di fronte al locale, sembrava non soffrisse la sgradevole atmosfera.
Avvicinatisi abbastanza, i due ragazzi sentirono dal gruppo di
persone con tratti evidentemente mediorientali che conversava
animatamente, riecheggiare un nome. Amir trasalì a sentire quel nome
che gli riportava alla mente momenti felici dell’infanzia. Quel nome
Capitolo quarto
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che lo induceva alla speranza di magici momenti futuri al fianco di
suo padre.
Non appena vide un uomo uscire dalla lavanderia, in preda alla
speranza e all’emozione, gli si fiondò addosso con tanto impeto che
quasi lo travolse. Quando riuscì a guardarlo in volto, fu pervaso
da una delusione mista a sorpresa: non era suo padre; il volto che
stava scrutando era quello del suo vecchio vicino di casa. Scoppiò
a piangere e l’uomo, preso da un istinto paterno, lo abbracciò. Elia,
ignaro di tutto, assisteva attonito alla scena, senza capire veramente
cosa stesse accadendo. Dopo momenti che gli parvero eterni vide
tornare Amir con aria turbata, e gli chiese cosa era successo.
«Per trovare mio padre devo partire!» disse il suo amico.
Era un giorno come gli altri, e i raggi del sole accarezzavano la
pelle mulatta di Mohamed steso sotto le lenzuola. L’altra metà del
letto era vuota: da un po’ Chiara si era alzata per preparare la colazione. L’ampio appartamento di via Cairoli, ereditato dal padre di
lei, soddisfaceva esaurientemente i bisogni di quella nuova coppia.
Le vie strette e umide di Genova creavano un netto contrasto con
l’interno caldo e accogliente dell’alloggio.
Un nuovo giorno era appena nato, preceduto dall’ennesima notte
insonne e tormentata. Quando calava il sole, infatti, nella mente
dell’uomo si affollavano demoni che con la luce rimanevano nell’ombra ma sempre pronti ad assalirlo e col buio uscivano allo scoperto.
Luci al neon
«Buongiorno» disse Chiara, porgendogli il vassoio con un sorriso. Lei
vedeva in Mohamed l’uomo della sua vita, ma vedeva in lui solo la
parte di che lui aveva deciso di mostrarle: quella di un uomo solo ma
determinato a integrarsi e a raggiungere obiettivi ambiziosi. Il resto
non poteva vederlo.
Mohamed rispose con un sorriso ricolmo di una luce magnetica.
Ripensò, come ogni mattina, a suo figlio, un’altra delle cose di lui
che Chiara aveva accettato a malavoglia. Amir, il suo bambino, era
nella sua testa in ogni secondo della giornata, lo sentiva più vicino
di qualsiasi altra presenza; continuava a vedere i suoi occhi luminosi
anche nel buio della notte.
«Sul giornale ci sono offerte di lavoro interessanti, tu hai cercato
qualcosa su internet?» Era un po’ di tempo che Chiara insisteva
con lui perché cercasse un lavoro. Il suo reddito le permetteva di
mantenerlo senza problemi, tuttavia si era resa conto, assai presto,
che la scarsa mobilità dell’uomo aveva provocato in lui una sorta
di apatia.
«Sì, ho trovato qualcosa» il tono allegro di lui fece molto piacere
a Chiara. Lui, dal canto suo, era motivato a trovare un impiego per
continuare a sostenere economicamente la sua famiglia lontana,
nonostante avesse trovato una nuova donna in Italia.
Mohamed si alzò dal letto con un fastidioso ronzio nelle orecchie,
il ronzio di chi aveva trascorso la giornata precedente a dormire
Capitolo quarto
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e guardare la TV. Il leggero rimorso misto ad angoscia, che ormai
caratterizzava la sua vita, era dovuto alla consapevolezza della
propria improduttività. Da quando era giunto in Italia era sempre
riuscito a far arrivare un po’ di soldi in patria, alla sua famiglia, grazie
a un suo amico. Ashraf lo aveva accolto e aiutato nel primo periodo
in Italia: si era occupato di far pervenire i contanti alla famiglia di
Mohamed. I due erano rimasti in contatto fino a che, un fatidico
giorno non era accaduto qualcosa.
Mohamed si stava recando al bar dove lavorava Ashraf. Voleva
chiedergli aiuto, poiché era stato licenziato e non sarebbe più
stato in grado di aiutare la sua famiglia. Svoltato l’angolo si trovò
di fronte a una scena che lo paralizzò: tre individui avevano
afferrato Ashraf e lo stavano portando via privo di sensi. Da quel
giorno non lo vide più.
Nei giorni seguenti il suo umore andò via via peggiorando;
continuando così avrebbe raggiunto il fondo. Un giorno, sconfortato,
si trascinò verso il primo bar che aveva trovato per tentare di
occupare la mente, di non pensare, in cerca di un appiglio alla
vita. Varcò la soglia e immediatamente e vide alcuni uomini che
consumavano birra seduti al bancone. S’avvicinò agli altri e si
sedette. Ordinò da bere. La donna che lo servì aveva circa la
sua età e, dopo qualche bicchiere, Mohamed trovò il coraggio di
chiederle il nome: Chiara. Continuò a bere per far uscire dalla testa
Luci al neon
i pensieri che si affollavano dal giorno della sparizione di Ashraf e,
al loro posto, cominciò a nascere il desiderio di conoscere quella
bellissima cameriera. Giunti quasi all’ora di chiusura, nel locale
erano presenti solo Mohamed e Chiara, che egli scoprì essere la
proprietaria. Avvicinatosi al bancone, dietro al quale la donna
stava asciugando alcuni bicchieri appena usciti dalla lavastoviglie,
cominciò a raccontarle la sua storia.
Capitolo quarto
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Capitolo QUINTO
Tra decisioni e rivelazioni
In casa di Elia, Amir si preparava a partire. Prese velocemente le sue
cose e con occhi pieni di lacrime rivolse un cenno di saluto ai suoi
benefattori. Salutò Elia e la madre ringraziandoli e chiedendo loro
di non essere seguito, né più cercato.
Amir si diresse verso la stazione: si sentiva carico di energia, pronto
a cercare suo padre ma, allo stesso tempo, solo, privato di quell’amore che gli era stato donato gratuitamente. Salì sul primo treno diretto
a Genova e prese posto.
Era solo anche lì. Amir fissò il sedile accanto a lui a lungo fin quando,
alla stazione di Padova, salì un ragazzo dall’aria frastornata, anche
lei sembrava spaesato. Si accostò ad Amir e gli chiese se il posto
accanto al suo fosse libero. Amir annuì; poi bastò uno scambio di
sguardi e cominciarono a parlare. Qualcosa sembrava unirli. Amir,
chissà, forse non era solo uno dei tanti ragazzi che si incontrano
per caso. Timidamente gli porse la mano e si presentò: «Piacere, mi
chiamo Amir. Ho 17 anni, e tu?»
Il ragazzo, altrettanto imbarazzato, rispose: «Sono Lucas e ho 18
anni, sono diretto a Genova per far visita a mia sorella».
«Anche io sono diretto lì» ribatté Amir.
«E come mai vai a Genova?»
Capitolo quinto
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A quel punto, Amir fece esplodere tutta la tensione che aveva
racchiusa nel cuore e scoppiò in lacrime. Da subito tra loro ci fu
una grande complicità, un lungo abbraccio spontaneo: non serviva
alcuna parola, i loro occhi dicevano ogni cosa. Lucas accarezzò
soavemente il volto di Amir, le loro labbra si sfiorarono e si socchiusero dolcemente in un bacio tra lo stupore da parte di entrambi per
ciò che stava accadendo.
Intanto Elia era tormentato da quell’addio improvviso. Immaginava
Amir da solo, in un luogo a lui sconosciuto, senza nessuno che lo
aiutasse. Le sue parole gli rimbombavano nella testa: “Vi prego, non
seguitemi, non cercatemi”. Come faceva a lasciarlo andare così?
Ormai erano passate ore dalla partenza di Amir ed Elia continuava
a rigirarsi nel letto senza riuscire ad addormentarsi.
Finalmente i primi raggi del sole vennero a illuminare la stanza, Elia
non aspettò oltre e si alzò, trascinandosi con fatica verso la cucina,
come se i pensieri pesassero davvero e, con stupore, trovò anche
lsu madre già sveglia:
«Buongiorno Elia, hai dormito bene?»
«Non ho chiuso occhio stanotte!» rispose lui.
«Tutta questa storia ha scombussolato anche me. Spero solo che
Amir non si metta nei guai».
Rimasero in silenzio a lungo, nessuno riusciva a trovare le parole
adatte, tutte sembravano troppo vuote e fredde. Amelia preparò
Tra decisioni e rivelazioni
la colazione e, come d’abitudine, accese la radio.
“Ed ora un brano degli anni ’70 del grande Renato Zero, Eroi. Una
canzone che ci farà riflettere molto e speriamo che d’ora in poi tutti
ci sentiremo degli eroi in questi tempi così difficili”.
“Smetti di sognare e vai, tieni il passo se no guai… Su quella strada
si diventa eroi”.
Non c’erano parole migliori di queste, ormai la scelta era presa. Elia
e la madre sarebbero andati ad aiutare Amir.
Mohamed e Chiara avevano appena terminato la loro colazione.
Quella mattina regnava un’aria di felicità nella casa: Mohamed era
riuscito finalmente a trovare un lavoro e, improvvisamente, si sentì
sollevato dato che da tempo non aveva avuto più la possibilità
di mandare denaro alla famiglia lontana. Il sorriso di Chiara era più
acceso che mai, come quel sole che li aveva appena svegliati.
«Sei ancora più bella stamattina» le disse accarezzandole il volto.
Lei gli sorrise e disse: «Devo darti una bellissima notizia».
«Di cosa si tratta?» le rispose incuriosito ma, allo stesso tempo, preoccupato per aver capito già cosa la donna voleva dirgli.
Lei lo guardò con le lacrime agli occhi e disse: «Aspetto un bambino».
In quel momento per Mohamed il tempo cessò di trascorrere,
sembrava gli fosse caduto il mondo addosso: una notizia così bella,
l’aveva distrutto. Pensò ad Amir, non aveva intenzione di avere un
altro bambino. Che egoista sarebbe stato, altrimenti. La felicità
Capitolo quinto
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che inizialmente irradiava i loro volti, si trasformò in un sentimento
negativo, quasi una delusione, tanto che Mohamed si voltò e uscì
di casa senza dare spiegazioni. Chiara rimase da sola, immobile,
incredula alla reazione del compagno e, improvvisamente, quelle
lacrime di gioia divennero di dolore.
Nel frattempo, Mohamed, confuso, si recò in un bar e iniziò a bere.
I pensieri lo uccidevano e non riusciva a smettere di pensare alle
parole di Chiara e a quello che aveva fatto. Assalito dai sensi di
colpa, decise di tornare a casa. Trovò Chiara nel letto che non
aveva smesso di piangere da quando l’aveva abbandonata. Il suo
viso era distrutto, pieno di collera.
«Scusami… scusami davvero» le disse Mohamed mortificato.
«Vai via, non voglio più vederti!» gli urlò lei.
«Sono stato uno stupido… non so cosa mi è preso, ero confuso».
L’idea di un altro bambino, da un’altra donna, costruire una nuova
famiglia quando non era stato neppure in grado di mantenerne una.
«Perdonami per quello che ho fatto, non volevo, ho agito d’impulso,
scusami».
Chiara lo guardò mentre Mohamed si avvicinava sempre di più a lei.
Le accarezzò il volto per asciugarle le lacrime e la strinse forte a sé:
«Non preoccuparti amore, andrà tutto bene».
Tra decisioni e rivelazioni
CAPITOLO SESTO
Ho difeso il mio amore
Alla stazione di Genova, una giovane signora era andata incontro
ai due ragazzi e stava abbracciando Lucas con fraterno calore.
«Che sorpresa Chiara! Non sarei dovuto venire io direttamente a
casa tua?» disse suo fratello.
«Si, ma ho voluto farti una sorpresa. Inoltre ho tante novità da
raccontarti».
Sciolto l’abbraccio, l’attenzione di Chiara si spostò su Amir e
domandò a suo fratello: «Lui è con te?»
«Si, è un ragazzo che ho conosciuto durante il viaggio, è in una
situazione difficile vorrei aiutarlo».
Chiara porge la mano ad Amir come per abbracciarlo e lui imbarazzato per questo gesto ai suoi occhi inusuale tra uomini e donne, si
blocca e volge uno sguardo dubbioso su Lucas. Un brivido percorre
la schiena di Chiara alla vista del verde profondo e delle sfumature
dorate degli occhi di Amir. Gli erano famigliari, forse troppo per una
coincidenza.
Come un agghiacciante rivelazione Chiara fu presa da un pensiero
irrefrenabile: tutto sembrava coincidere…”E se Amir fosse suo figlio?”
pensò.
Con forzata cortesia invitò Amir a parlare maggiormente di sé, della
Capitolo sesto
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sua storia e mentre lui le raccontava della sua intenzione di ritrovare
suo padre rifugiatosi in Italia, i suoi dubbi diventavano sempre di
più certezze e ogni certezza si trasformava in una gelida sferzata
al suo cuore. Il caos della Hall della stazione era nulla al confronto
del battito del cuore di Chiara, i pensieri le ronzavano in testa in
maniera assordante: lo stesso treno che le aveva portato il fratello
avrebbe potuto portarle via il compagno e lei si immaginava già
sola con un figlio.
Nel frattempo, usciti dalla stazione, Lucas chiese alla sorella: «Quali
sono le novità che volevi raccontarmi?»
«Ho un nuovo compagno; viviamo insieme da poco tempo ed è per
questo che preferisco non ospitarti» rispose lei con distacco.
Lucas rimase sconcertato per la freddezza di quelle parole
che sembravano quasi ergersi come un muro invalicabile.
«Sono proprio contento, di aver perso il mio posto-letto a Genova»
rispose lui con affettuoso sarcasmo. «Vorrà dire che per stasera
ci sistemeremo in qualche modo poi, se vorrai, me lo presenterai
domani il tuo nuovo fidanzato».
«Vedo che hai intuito la situazione» ribatté Chiara. «Vi accompagno
a un alberghetto qui vicino».
Le scale del civico 12 di via del Campo, sembravano lunghissime nei
pensieri tumultuosi e tormentati di Chiara. Quando si aprì la porta del
Bed & Breakfast “La Superba”, Chiara aveva già deciso: avrebbe
Ho difeso il mio amore
fatto di tutto per tener lontano Amir dal suo padre. Mohamed era
“suo”, il suo uomo, il padre del figlio che aveva in grembo. L’odore
del mare e il verso dei gabbiani entravano nella stanza a svegliare i
due amici che avevano dormito profondamente tutta la notte. Amir
aveva ancora nelle orecchie la confusione e il rumore dei treni. Il
compagno si stava preparando per andare a trovare la sorella, in
ansia per quello che avrebbe potuto ascoltare. Ad attendere Amir
c’era una giornata pesante, fatta di ricerche, seguendo gli indizi che
aveva raccolto a Venezia dal suo vicino di casa.
I ragazzi si diedero appuntamento a mezzogiorno di fronte
alla stazione e uscirono per mete diverse. Amir scese le scale
velocemente, si fermò davanti all’ingresso dell’hotel e si guardò
attorno. Sentì il vociare delle persone provenire da una viuzza
poco lontana, così si avviò lentamente incuriosito. Il “caruggio” era
pieno di negozi che esponevano merce orientale, profumi di spezie
a lui familiari, sacchi di uva sultanina e datteri. Sembrava di essere
piombati all’improvviso in un vicolo di Damasco. I tappeti artigianali
coloravano la via e la musica orientale si diffondeva ovunque. Una
sensazione piacevole riempiva l’animo di Amir, guardava il volto
delle persone riconoscendo ora in un uomo ora in un altro i tratti
levantini del padre. Si fermò davanti a diversi negozi cercando di
scorgere dietro ai banconi la sagoma del padre e tese l’orecchio
alle frasi dei clienti cercando di riconoscere un’espressione o un
Capitolo sesto
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accento familiare. Intanto Elia e sua madre Amelia avevano deciso
di raggiungere Amir nonostante li avesse congedati con un addio.
Dopo aver fatto i bagagli velocemente, i due si erano recati di
corsa alla stazione e stavano ascoltando gli annunci dei treni
in partenza, aspettando quello per Genova. Elia, in ansia per
il suo amico, snervato dall’attesa decise di telefonare ad Amir,
poi rivolgendosi alla madre disse: «Possiamo viaggiare tranquilli,
Amir è ben sistemato per fortuna» poi riprese «Adesso dobbiamo
solo pensare come aiutarlo». Intanto Amir, rinfrancato per l’aiuto
inaspettato di Elia e sua madre continuava a camminare con
maggior determinazione fra i vicoli di Genova, quasi dimenticando
il suo compagno di viaggio. Lucas aveva raggiunto sua sorella al
bar ritrovando inaspettatamente la “Chiara” di sempre: in stazione
era rimasto molto turbato dal suo strano atteggiamento e dalle mille
domande con cui aveva travolto Amir. Chiara offrì subito a suo
fratello una porzione di infarinata di ceci di cui sapeva che era
ghiotto: «Sarai affamato» gli disse sorridendo.
«Non sai quanto mi mancano le tue specialità» rispose lui tirando
subito a sé il piatto.
«Allora Lucas, che mi dici del tuo amico?» riprese Chiara con l’estrema
calma di chi cerca di nascondere il perché dei suoi interessi.
«Di Amir ne so poco più di te, piuttosto parlami tu, parlami del tuo
nuovo compagno, raccontami qualcosa e, soprattutto, quando me
Ho difeso il mio amore
lo presenti?» rispose Lucas cambiando argomento.
Chiara rispose nervosamente: «Il mio compagno è un tipo molto
riservato, ora è fuori città per lavoro e ha orari molto particolari».
Poi con malcelato imbarazzo continuò: «Spero di fartelo conoscere
nei prossimi giorni».
La sua voce sottile fu sovrastata dalla musica in sottofondo, una
voce cantava: “Sopra una pietra c’era scritto così: ho difeso il mio
amore”.
Capitolo sesto
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CAPITOLO SETTIMO
Eroi per non morire
Il sole si era levato da qualche ora, quando Lucas si recò nel bar di
Chiara per fare colazione. Restò sorpreso di non trovare la sorella a
servirlo. Al suo posto c’era un uomo di mezza età dalla carnagione
scura, quasi calvo, con una barba incolta e una particolare cicatrice; gli occhi persi nel vuoto.
«Tre, tre, otto…» Lucas compose il numero di Amir a voce alta «Amir,
sono Lucas!»
«Come stai?» Rispose il suo amico felice di ricevere quella telefonata.
«Bene, grazie. Che ne diresti di vederci per un caffè?» continuò Lucas.
«Volentieri. Dove?» chiese Amir.
«Che ne dici di vederci al bar di mia sorella, alle 10:30?» propose Lucas.
«Perfetto, ci vediamo lì tra mezz’ora» confermò Amir.
Terminata la chiamata, entrambi immaginarono il loro incontro. Amir,
combattuto tra il sentimento improvviso che provava per Lucas e la
paura di ammetterlo a se stesso, camminava tra la gente e nessun
posto sembrava appartenergli, preso dall’ansia dell’incontro. Era
quasi giunto a destinazione, stava per entrare nel bar quando si
fermò sull’uscio a sbirciare dal vetro della porta. «Eccolo» bisbigliò
tra sé «Com’è bello!» Poi ebbe paura: «Che sto dicendo? No, non
è così, non devo scompormi, devo solo stare tranquillo e mi passerà
Capitolo settimo
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come tutte le altre volte e nessuno si accorgerà di nulla. Tranquillo,
devo restare calmo e tranquillo. Come faccio? Che mal di testa!»
Continuava a farfugliare tra sé.
Nel frattempo Lucas aveva scorto Amir in strada e con la mano gli
fece cenno di entrare, poi vedendo le titubanze di Amir, decise di
andargli incontro aprendo lui stesso la porta del Bar per invitarlo
a entrare. Ancora più confuso dal gesto inaspettato di Lucas, Amir
arrossì – i due erano vicini, vicinissimi, pochi centimetri separavano le
loro labbra. Lucas provò a baciarlo, ma Amir si ritrasse.
«Scusami, devo aver capito male» disse Lucas.
«Capito cosa?» rispose Amir mettendosi sulla difensiva mentre in
cuor suo si sentiva irresistibilmente attratto dal profumo e dalla sua
bellezza del suo amico, che gli suscitavano un’irrefrenabile voglia
di baciarlo.
Amir ricordava perfettamente com’era andata la prima volta che si
era abbandonato a un simile sentimento, e il prezzo che dovette
pagare. Lucas, intanto, aveva trovato un tavolino libero e invitò
Amir ad accomodarsi; era intenzionato a parlare con lui e magari
chiarire quel bacio in treno. Mohamed era rimsto dietro al bancone
del Bar senza neppure badare più di tanto ai due ragazzi, era
nervoso, litigava con la macchinetta del caffè, un po’ perché non
l’aveva mai usata prima, un po’ perché era stato costretto da Chiara
a sostituirla senza neppure capire bene il perché, e la circostanza lo
Eroi per non morire
aveva infastidito non poco.
«Tu cosa prendi?» chiese Lucas ad Amir tentando di metterlo a suo agio
«Un caffè va benissimo, grazie» rispose frettolosamente Amir ancora
imbarazzato.
Lucas si avvicinò al bancone e con garbo chiese a Mohamed di
portargli al tavolino due caffè, senza parlare Mohamed sempre più
agitato per prendere tempo portò al tavolo anche un vassoio con
dei pasticcini, fu allora che, guardando Amir per la prima volta, fu
pervaso da un brivido che gli fece cadere in terra il vassoio. Amir
lo guardò e sorridendo fece per chinarsi ad aiutare Mohamed a
raccogliere i pasticcini, e così facendo il pendente che aveva al
collo fu chiaramente visibile.
«Dove hai preso quel ciondolo?» gli chiese Mohamed.
«Questo ciondolo lo porto al collo dalla nascita, è l’unico ricordo
della mia famiglia e di mio padre» rispose Amir ricacciando il
ciondolo sotto il collo del maglione.
Mohamed all’improvviso sbiancò, gli occhi si fecero lucidi e gonfi di lacrime.
«Che ti succede, non ti senti bene?» chiese Lucas preoccupato.
Mohamed non riusciva neppure a parlare, sembrava paralizzato;
come in un film, in un attimo i ricordi lo portarono indietro nel tempo:
risentì la voce di suo figlio, che aveva lasciato da solo con la madre
tanto, tanto tempo prima.
«Come hai chiamato il tuo amico?» chiese Mohamed con un filo di
Capitolo settimo
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voce Lucas.
«Amir, perché?» rispose Lucas incuriosito dal tono apprensivo
dell’uomo.
Mohamed si sentiva paralizzato e senza parole: possibile che quel
ragazzo fosse proprio suo figlio? La tivù accesa interruppe i suoi pensieri.
Tragedia alla stazione di Genova: è stato trovato il corpo di una
donna uccisa da due colpi di pistola. È stata accertata l’identità
della vittima: una donna veneziana di mezza età, rimasta vedova
pochi anni fa, Amelia Boscolo. L’omicidio è avvenuto in seguito a un
tentativo di rapina. I testimoni hanno permesso l’identificazione di un
uomo sospettato dell’omicidio: Mohamed Majeed, di origini siriane.
Mentre nel bar si commentava la notizia, gli sguardi dei tre si intrecciarono. A sentire quel nome, Amir volse lo sguardo verso Mohamed
riconoscendo in lui l’uomo della foto; Lucas si alzò di scatto e impugnò la rivoltella che portava sempre con sé per sicurezza, e la puntò verso l’uomo; Mohamed afferrò un borsone che teneva nascosto
dietro il bancone, e che pobabilmente contenente la refurtiva, e
corse via in preda alla disperazione. “Ho appena ritrovato il mio Amir e l’ho già perso. Ho perso tutto. Non
avrei dovuto abusare dell’amore di Chiara; non sarei dovuto entrare
in quel giro di soldi sporchi. Sono un uomo perverso finirò male, e so
già che ancor prima di riuscire a chiedere perdono a mio figlio, sarò
crocifisso alla sua memoria” pensò Mohmed.
Eroi per non morire
Genova, 18 ottobre 23:40
Elia e la madre sono appena scesi dal treno della stazione semideserta. Un gruppo di uomini loschi dai tratti stranieri sbucano al nulla e
tentano di derubare la donna: neppure il tempo di avvertire la loro
presenza, che due spari rimbombano fra le mura della stazione con
un riverbero letale. Amelia cade in terra, priva di vita. Per momenti
interminabili Elia rimane immobile, con lo sguardo fisso sulla pozzanghera di sangue che si allarga sul marciapiede.
Polizia. Ambulanze. Sirene.
Eroi per morire.
Capitolo settimo
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CAPITOLO OTTAVO
La via della speranza
Aveva aspettato la polizia accanto al corpo di sua madre.
L’avevano allontanato da lei poi l’avevano coperta. Il mondo gli
cadde addosso, erano arrivati e l’avevano portata via. Elia sapeva
che si doveva rialzare, ma trovare un motivo per andare avanti era
difficile. Le sue forze scorrevano via come acqua. Lacrime amare
gli rigavano il viso, le sentì scivolare, arrivare alla bocca, formare
un velo nei suoi occhi, come un mare profondo in cui Elia sperava
di sprofondare. Il dolore era una voragine che si apriva nel petto,
troppo grande per potersi rimarginare. Il ricordo di sua madre era
lacerante, i dubbi lo braccavano, come una bestia che tornava
all'attacco, non appena lui abbassava la guardia. Elia non sa cos’è
successo, non sa perché sua madre è morta. Non conosce la bestia
che si muove nel suo petto, che gli afferra e gli dilania il cuore,
che grida per uscire e divorare ogni cosa. Non vuole quella bestia,
vuole sua madre lì, con lui. Lei gli avrebbe sorriso e sarebbero
andati da Amir. Amir, che cercava da mesi suo padre. Amir, figlio di
un uomo che gli aveva portato via ogni cosa. Amir, con cui aveva
setacciato la Venezia sotterranea, a cui aveva aperto la sua casa.
Elia continuava a ricordare i momenti trascorsi con l’amico mentre
percorrevano nel cuore della notte le strade deserte. Riaffiorava
Capitolo ottavo
53
tutto alla sua memoria: il rumore dei loro passi sui ciottoli della strada,
le parole sussurrate, lo sguardo profondo del suo amico. Ricordava
il momento in cui aveva portato Amir a casa sua, l’esitazione di sua
madre di fronte al giovane ferito.
Come foglie che sono portate via dal vento così Elia si sentiva
trasportato dalla forza degli eventi.
54
Genova, 19 ottobre ore 7:30
Mohamed non sapeva dove andare, si era rifugiato nel retro del bar
di Chiara. Passò la notte insonne. Sconvolto per ciò che sarebbe
potuto accadere ripensava agli eventi del giorno prima. Era deluso
e la paura lo dominava, il terrore di essere raggiunto dai suoi “amici”
malviventi lo tormentava, pensava solo all’incontro con Kaboul e
alla consegna dei soldi. Afferrò la borsa e si diresse di corsa verso
casa, tanti erano i pensieri che affollavano la sua mente, era successo tutto così in fretta, quasi non riusciva a crederci. In pochi minuti
era nella via di casa. Un rumore assordante. Un bagliore accecante,
erano macchine della polizia.
Mohamed era braccato: non poteva incontrare Kaboul. Doveva
nascondersi in un posto sicuro. Ma dove? Non aveva amici fidati,
l’unico parente che aveva lo riteneva un criminale, non sapeva
dove andare! Poi un’idea, l’unica via di fuga erano le fogne.
La via della speranza
Ore 11:20
Il rumore dell’acqua echeggiava nell’aria, l’odore fetido e pungente
gli penetrava nel naso, era buio e i ratti gli sgusciavano tra le
gambe. Mohamed era spaventato, non sapeva cosa fare e l’unica
cosa che possedeva era quella borsa che gli aveva causato tanti
problemi. Pensava ad Amir.
«L’ho perso nello stesso momento in cui l’ho incontrato; dove sarà
ora? Cosa penserà di suo padre» disse pensando a voce alta
Mohamed.
I dubbi, le paure, le angosce lo agitavano, ma poco lontano da
lui qualcun altro viveva nel tormento. Amir era confuso. La felicità
per aver ritrovato il padre era indescrivibile, quasi non riusciva a
crederci. I battiti del cuore erano accelerati, Lucas lo guardava
con tenerezza e non capiva, riusciva solo a percepire la tensione
che travagliava il suo giovane amico. Gli occhi di Amir si riempirono
di lacrime mentre il televisore, posto sopra il bancone del bar,
trasmetteva le scene dell’ omicidio. "Come ha potuto, mio padre,
uccidere qualcuno?” Pensò dentro di sé. Aveva solo voglia di
piangere, di urlare, di scappare da quella pesante realtà che
lo soffocava, avrebbe voluto riavvolgere il nastro della vita,
cancellare tutto, ma non poteva. Poteva solo provare a reagire,
rialzarsi; forse il tempo avrebbe cicatrizzato le ferite, ma non avrebbe
potuto cancellare i ricordi. Poteva solo tentare di ricominciare. Era
Capitolo ottavo
55
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terrorizzato, ma non poteva tirarsi indietro proprio adesso. “Aver
paura è umano, ma riuscire a superare le paure significa essere eroi”,
ripensava alle parole che spesso ripeteva Amelia, la madre di Elia.
Ora Amir doveva fare sue le parole della donna, doveva affrontare
i suoi mostri. E paure ne aveva tante. Anche i suoi sentimenti erano
stati una scoperta. Quando si trovava in Siria, non aveva mai avuto
l’occasione di riflettere sul proprio orientamento sessuale. Dopo la
scomparsa del padre, Amir era stato costretto a prendere il ruolo
di capo famiglia, doveva occuparsi di sua madre e dei suoi fratelli,
non aveva tempo per pensare a sé. Incontrare Lucas sul treno fu una
vera sorpresa, non si sarebbe mai aspettato di provare dei sentimenti
così forti. Fin dal primo momento in cui lo vide, ebbe la certezza
che fosse la persona giusta, quella di cui aveva bisogno. L’intesa
tra i due era evidente. Quel bacio in treno fu così spontaneo e
naturale da essere la conferma di tutto, era come se si conoscessero
da sempre. Qualsiasi incertezza svanì, le sue idee si chiarirono, era
deciso: voleva stare con Lucas! Voleva scusarsi, era stato così
freddo e distaccato, ma aveva paura di non essere accettato. Gli
sarebbe piaciuto chiarirsi con Lucas, ma le priorità erano altre per
il momento: doveva scappare. Si alzò frettolosamente, le uniche
parole che uscirono dalla sua bocca furono: «Mi dispiace Lucas».
Si sentiva mortificato, ma oramai non poteva far altro. Lucas lo lasciò
andare senza troppe domande, per l’ennesima volta il tempo non
La via della speranza
l’era stato amico, la loro storia era rimasta inconclusa. Né Lucas
né Amir erano però preoccupati, sapevano che quello non era un
addio avevano la certezza che si sarebbero ritrovati, ma ora Amir
doveva fuggire da quella crudele realtà, doveva solo scappare.
Ma dove? Amir si trovò, quasi senza rendersene conto, all’interno
dell’unica Moschea di Genova, centinaia di persone chinate
venerano Allah e cercano pace, quella pace che Amir non prova
da tempo. Volontà e fede lo spingono ad affrontare un’impresa,
quella di trovare il padre. Quel padre, forse un po’ codardo che
non è stato in grado di assumersi le proprie responsabilità e, di
fronte alla vista del proprio figlio, l’unica cosa che ha saputo fare
è scappare.All’interno della Moschea filtrava un filo di luce, quella
luce fioca e rossastra che annunciava il tramonto del sole. Gli unici
suoni che si percepivano erano quelli delle persone che, rivolte
verso la Mecca seguivano i movimenti della propria guida spirituale:
l’Imam. All’improvviso un rumore, la grande porta d’ingresso si aprì,
Amir interruppe la propria preghiera e si voltò per capire cosa stesse
succedendo. La luce velata del sole inondò l’edificio e Amir vide una
figura maschile che avanzava: Elia. Un tuffo al cuore, gelidi brividi gli
percorsero la schiena. “Perché è qua? Cosa ha intenzione di fare?”
pensò. Era la prima volta che Elia entrava in quel luogo di culto, si
stupì e rimase affascinato nel vedere tante persone accovacciate
che si muovevano ritmicamente. Nel silenzio si levava un coro che
Capitolo ottavo
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rispondeva alla voce dell’Imam. Lentamente Amir si alzò e si avvicinò
all’amico e disse: «Salām Elia! Oumuka Li Rouh Al Salām (“Pace allo
spirito di tua madre”). Vorrei tanto aiutarti se mi dessi la possibilità
di parlarti!»
«Non sono qui per accusarti Amir, sono convinto della tua estraneità, non cerco vendetta, ma voglio solo sapere perché? Perché
tanta ferocia? Perché vivere di espedienti, di furti e di criminalità? Ti
prego, dammi una risposta in questo luogo di pace e di preghiera»
chiese Elia con l'aria di chi ha bisogno di dare un valore a quanto
era accaduto.
«Non so Elia, sono confuso, il padre che cercavo non è questo, non
può essere questo. Vorrei che fosse innocente! Dobbiamo sapere la
verità e credo di sapere come fare» rispose Amir sconcertato.
Amir uscì dalla Moschea ed Elia lo seguì. Un sussulto: un losco
individuo lo apostrofò con fare aggressivo: «Ma dov’eri finito,
Mohamed? Dovevamo vederci un’ora fa!»
Il cuore di Amir cominciò a palpitare, i respiri si fecero più pesanti. Si
fece avanti una certezza: l’uomo misterioso lo aveva scambiato per
suo padre, forse c’era ancora una speranza. Si fece coraggio: «Io
non sono Mohamed, sono il figlio, mi chiamo Amir. Tu chi sei? Perché
stai cercando mio padre?»
«Sono Kaboul, pensavo fossi in Siria, cosa ci fai qua? Dov’è tuo padre?»
«Sono arrivato in Italia perché pensavo che lui fosse morto, l’ho
La via della speranza
ritrovato, ma ora ho scoperto una realtà terribile, si è macchiato di
un crimine inaudito: ha ucciso una persona. Sono confuso e deluso,
non so più cosa fare» rispose Amir.
«Non preoccuparti, Mohamed non ha mai smesso di pensare a te
e a tua madre, ha cercato in qualsiasi modo di trovare dei soldi
e li ha trovati anche attraverso espedienti non sempre legali. Io
l’ho conosciuto poco tempo fa e mi ha chiesto di inviare dei soldi
alla sua famiglia, in Siria. Stai tranquillo, non si è macchiato di un
omicidio. Io conosco la verità» rispose Kaboul.
Elia e Amir si guardarono negli occhi. La speranza riprese vita.
Capitolo ottavo
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CAPITOLO NONO
Un amore a colori
Kaboul rivede negli occhi di Amir la stessa forza di volontà che
aveva visto in Mohamed quando per la prima volta aveva bussato
alla sua porta in preda all'angoscia e ai sensi di colpa. Nonostante
voglia di dissipare tutti i dubbi di Amir sull'innocenza del padre si
rendeva conto che non era compito suo rivelargli tutta la verità
riguardo suo padre per cui decise comunque di dargli una risposta
sommaria: «Conosco abbastanza bene tuo padre, e ho in mente
alcuni posti in cui potrebbe essersi rifugiato».
Queste semplici parole bastarono per riaccendere la speranza in
Amir ed Elia che subito, sulle indicazioni date da Kaboul ripresero
le ricerche.
Mohamed non sapeva dove andare, era solo e, cosa peggiore, un
pensiero continuava a tormentarlo: “Mio figlio mi crede un assassino
come posso essere un buon padre per il bambino che aspetta da
Chiara se non era stato capace a dare il buon esempio al mio Amir?”
In preda alla disperazione, iniziò a pensare a come tutto aveva
avuto inizio e, senza rendersene conto, il volto si rigò di lacrime fu
così che decise di andare nel luogo che descriveva spesso nelle
lettere spedite alla sua famiglia in Siria, un luogo di pace in cui
sperava di lasciare fuori tutti i problemi, le sue disgrazie… magari lì
Capitolo nono
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sarebbe riuscito a trovare una soluzione.
«Neanche qui l’hanno visto!» esclamò Amir in preda allo sconforto.
«Rimane solo un posto da controllare… dai Amir non perdere la
speranza!» lo esortò Kaboul.
Elia e Amir seguirono Kaboul fino ad arrivare a una piccola casa in
aperta campagna.
Amir appena ne varca la soglia restò impietrito e senza parole: quello
era chiaramente il luogo che suo padre gli descriveva nelle lettere.
Chinato, al centro della stanza, intravede la figura di un uomo. Il
cuore inizia a palpitargli forte.
Mohamed sentendo strani rumori provenire dall’esterno pensò:
“Mi hanno trovato! Ora è tutto perso”.
Si alzò con tutta la dignità che ancora gli era rimasta deciso a
consegnarsi senza porre resistenza agli uomini che erano venuti
a prenderlo ma non alza lo sguardo negli occhi si accende una
nuova luce e con un filo di voce riesce solo a dire: «Figlio mio, devi
credermi io sono innocente!»
Amir è confuso: non sa se cedere al bisogno di abbracciarlo ma
deve conoscere la vera natura di suo padre: «Padre, ho bisogno di
sapere la verità» esclamò Amir.
«Hai ragione, è arrivato il momento di raccontarti tutto, figlio mio»
ripose Mohamed.
«Quando sono arrivato in Italia inizialmente ho avuto non poche difficoltà, tuttavia grazie all’aiuto di alcuni amici sono riuscito a trovare
Un amore a colori
un lavoro e a mandare dei soldi a te e a tua madre in Siria. Tutto è
iniziato ad andare male quando ho perso il lavoro e per rifarmi ho
iniziato a frequentare brutte persone, a sfogare le mie ansie nell'alcool. La mia vita non aveva più uni scopo e devo solo ringraziare
Chiara, che mi ha aiutato sia economicamente sia umanamente, se
ho smesso di bere e ho provato a cercare un nuovo lavoro. Ho
provato a chiudere ogni rapporto con i delinquenti che avevo
frequentato, ma hanno iniziato a minacciarmi e ricattarmi! Non ho
ucciso io quella signora, un loro complice ha fornito il mio identikit
per incastrarmi! Devi credermi figlio mio, non sarei capace di tanto!»
Nel frattempo, Elia non riesce a trattenere le lacrime: «Quella donna
era mia madre, ma non l’ho con lei signore, mia madre è stata vittima
di una stupida rapina finita male per mano di uomini senza cuore».
Il silenzio che si crea nella sala rende tutto più difficile. A un certo
punto Amir inizia a parlare.
«Caro padre, i vostri occhi non stanno mentendo. Io vi credo e dovete
assolutamente denunciare questi delinquenti, dovete redimervi agli
occhi di tutti, voi non siete un assassino! Vi accompagneremo tutti e
tre dalle autorità, è la cosa giusta da fare!»
È il secondo giorno che Amir non si muove dalla stazione di polizia.
Elia e Kaboul gli sono rimasti sempre vicino. Suo padre ha accettato
di denunciare tutto alla polizia e sta collaborando con loro per far
arrestare i colpevoli dell’omicidio di Amelia e di tante altre vittime come lei.
Spronato da Elia, Amir decide di tornare nel B&B dove era stato; fu
Capitolo nono
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meravigliato di ritrovare lì Lucas con sua sorella che non appena lo
vide, gli si gettò con le braccia al collo e con le lacrime negli occhi
gli disse: «Mi dispiace di non averti detto nulla su tuo padre Amir, ero
molto scossa da tutta questa situazione».
«Non preoccuparti Chiara, so che hai aiutato mio padre e l’hai
fatto con il cuore. Ora ho intenzione di restare in Italia al suo fianco.
Cercherò di spiegare tutta la situazione alla mia famiglia in Siria,
omettendo qualche particolare che creerebbe solo dolore a mia
madre... tu mi capisci…» disse Amir con la calma ormai di un uomo.
Nel frattempo il suo sguardo incrocia quello di Lucas.
«Sì, resterò in Italia anche per te» continuò Amir.
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13 dicembre ore 09:00
È una mattina piovosa, sono tutti lì presenti per lui: Chiara, Elia e
Amir. Mohamed gli rivolge un sorriso speranzoso carico di promesse
e serenità. Le ore che lo separano dalla libertà o da una condanna
senza appello sono interminabili. Gli avvocati si alternano, il giudice
si ritira per emettere la sentenza. I minuti più lunghi della sua vita
scorrono lenti, goccia a goccia. Sembra passata un'eternità quando
finalmente il giudice rientra in aula pronto a decidere le sorti della
sua vita. È come essere in una bolla, tutto ti sembra ovattato, ti
trovi lì ma in realtà è come se non lo fossi. Allegria, felicità, stupore:
intense sensazioni e meraviglia si alternano nella sua mente quando
Un amore a colori
il giudice lo dichiara innocente! Innocente! Mille pensieri si affollano
nella sua testa, finalmente potrà avere la vita che ha sempre
desiderato, crescere i suoi figli e amare la nuova esistenza che lo
attende. Solo gioia, niente più lacrime, nonostante la nostalgia ogni
tanto arriverà comunque nel suo cuore, una nostalgia che saprà di
casa, la sua vera casa devastata ora da guerre fratricide ma che
spera possa tornare un giorno a credere nella pace.
EPILOGO
Due anni dopo
È il giorno del matrimonio di Chiara e Mohamed, dopo tanti
sacrifici finalmente hanno realizzato il loro sogno e ora si guardano
innamorati stringendo il frutto del loro amore. Elia è sereno adesso,
sa di avere due angeli lassù che lo proteggono. Sorride ad Amir
intento a stringere la mano di Lucas che lo guarda rapito, il loro
amore è prevalso su tutto, nulla è riuscito a fermarli, neppure la paura
di non essere compresi, accettati. Le loro storie sono un esempio
per tutti quelli che affrontano ogni giorno ostacoli insormontabili
ma che con la sola forza di volontà riescono a superarli, per tutti
quelli che nonostante la vita presenti loro un conto amaro riescono
ancora a sorridere al primo che incontrano per strada, per quelli
che credono ancora che la VITA vada davvero vissuta, per tutti
quelli che desiderano fortemente un Amore a colori.
Capitolo nono
65
APPENDICE
1. Occhi verdi
IIS “Isa Conti Eller Vainicher” Lipari (ME) - classe IV/V A Liceo Scientifico
Dirigente Scolastico
Tommasa Basile
Docenti referenti della Staffetta
Giovanna Buscemi, Maria Antonietta Drago
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Giovanna Buscemi
Gli studenti/scrittori delle classi:
V A - Federica Addamo, Sabrina Beninati, Andrea Celeste Calabrese, Ilaria
Mandarano, Andrea Giorgia Marino, Elisa Merlino, Vanessa Reitano, Rebecca
Sabatini, Albarosa Sgroi, Ludovica Villanti
IV A - Roberta Acquaro, Maurizio Fonti, Marco Lo Piccolo, Pierluigi Rifici, Barbara
Rijtano, Vittoria Torre
Hanno scritto dell’esperienza:
“...Scrivere per noi vuol dire animare un foglio bianco. E anche quest’anno speriamo
di esserci riusciti. Durante gli incontri abbiamo cercato di coniugare idee e pensieri
molto diversi tra loro, ma nonostante ciò, la passione e la voglia di fare hanno vinto
e ispirato il capitolo. Ormai è il quarto anno che intraprendiamo questo viaggio
nel mondo della scrittura creativa e abbiamo sempre cercato di immedesimarci
nei nostri personaggi e nel ruolo di scrittori. è stato ancora più avvincente ed
emozionante scrivere il primo capitolo, avendo avuto l’occasione di accendere la
scintilla che permetterà alla storia di prendere vita”.
APPENDICE
2. Eroi per non morire
Liceo Classico Scientifico “Don Carlo La Mura” Angri (SA) - classe III A Sci.
Dirigente Scolastico
Filippo Toriello
Docente referente della Staffetta
Raffaele Rossi
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Giovanna Ferraioli
Gli studenti/scrittori della classe III A Sci.
Tutta la classe III A, in particolare gli alunni: Abate Alessia, Balsamo Anna Chiara,
Vitolo Maria, Aldo Smaldone, Luigi Buoninconti, Maria Carla Giordano
Hanno scritto dell’esperienza:
“. . . È stata davvero un’esperienza emozionante, certamente da ripetere, che ha
coinvolto tutta la classe, contribuendo a creare un’atmosfera di sintonia quasi
magica. Abbiamo piacevolmente passato diverse ore a elaborare varie parti del
capitolo, che, in seguito, abbiamo unito, dando vita ad un unico grande testo.
Abbiamo preferito partire con un flashback, spiegando tutto dal punto di vista di
Amir: come è arrivato in Italia, il viaggio travagliato sul barcone, che ha dovuto
affrontare, e tutto ciò che ne è derivato.
Ringraziamo tutti coloro che ci hanno permesso di partecipare a questa interessante
iniziativa; qualora ce ne fosse la possibilità, con vero piacere accoglieremo di
nuovo tale esperienza”.
APPENDICE
3. Si chiama Amelia
IPSSEOA - Ten. Carabinieri “Marco Pittoni” Pagani (SA) - classe V B
Dirigente Scolastico
Rosa Rosanna
Docente referente della Staffetta
Anna Maria Simeone
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Rosa Zito
Gli studenti/scrittori della classe V B
Rosa Albano Paduano, Valentina Avitabile, Franco Cascetta, Antonio Ciancia,
Francesco Contaldo, Anna Coppola, Marco Desiderio, Giovanni Farace, Francesco
Ferraioli, Nunzio Ferraioli, Marco Fezza, Giuseppe Izzo, Anna Maiorino, Simone
Molinari, Francesco Meo, Veronica Nacchia, Antonio Raimo, Alessandro Scoppetta,
Francesco Serpe, Francesco Sorrentino, Antonio Tiano, Domenico Troiano, Antonio
Tufano, Giovanni Vitolo
Hanno scritto dell’esperienza:
“...Quando la nostra professoressa ci ha proposto di partecipare alla Staffetta,
abbiamo accolto l’invito con entusiasmo. Alcuni di noi avevano già preso parte
a quest’esperienza ma per la maggior parte era la prima volta. La storia di Amir
ci ha colpito subito: la sua non è una vita facile, perciò ci è piaciuto immaginare
che l’incontro con Elia e sua madre Amelia possa essere l’occasione per una svolta
positiva. Ci siamo soffermati sulla figura di Amelia e sul suo nome che comprende i
nomi dei due ragazzi: Amir ed Elia. Abbiamo inoltre fatto riferimento a Marco Pittoni,
il giovane Tenente Eroe morto proprio a Pagani, la nostra città. A lui è intitolata la
nostra scuola e per noi è come un amico, un fratello maggiore“.
APPENDICE
4. Luci al neon
Liceo Scientifico “Maria Curie” Pinerolo (TO) - classe V Bnr
Dirigente Scolastico
Marco Bolla
Docente referente della Staffetta
Pasquale Simonetti
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Pasquale Simonetti
Gli studenti/scrittori della classe V Bnr
Emanuele De Bettini, Lorenzo Mizzau, Martina Molinari, Fabio Rossetti, Andrea,
Servetti Tarzia Irene, Francesco Ughetti
Hanno scritto dell’esperienza:
“...Considerate le esperienze positive dei due anni precedenti e sebbene
quest’anno la classe avesse anche l’impegno dell’esame di stato, abbiamo
deciso ugualmente di ripetere l’esperienza della “Staffetta di scrittura creativa”.
Pur sapendo che avremmo dovuto confrontarci con un’attività piacevole ma allo
stesso tempo impegnativa, abbiamo voluto metterci nuovamente alla prova di
fronte ad un esercizio linguistico non indifferente ma che, allo stesso tempo, dà
notevoli soddisfazioni. Dopo una rilettura dei capitoli precedenti ed in particolare
del capitolo terzo, gli alunni sono passati ad analizzare la struttura della narrazione
e la costruzione dell’intreccio. I personaggi sono sembrati subito troppo statici e si
è pensato di movimentare un po’ le azioni della narrazione. Dopo un primo momento
di confronto e discussione tra i vari gruppi però, si è deciso di non stravolgere
l’intreccio già adottato negli altri tre capitoli ma continuarne la narrazione così
come era giunta fino a noi. Si è pensato così di dividere la classe in sei gruppi
di lavoro ognuno dei quali procedesse autonomamente alla scrittura dell’intero
capitolo. Successivamente vi è stato un confronto ed una discussione su quanto era
emerso nei vari gruppi e solo dopo si è proceduto alla sintesi ed alla rielaborazione
fatta solo da alcuni studenti. Si è proceduto così alla scrittura vera e propria del
capitolo da parte del gruppo di studenti scelto per la stesura.
Il gruppo di lavoro è stato composto da sette studenti che materialmente hanno
sviluppato il capitolo su idee però elaborate dall’intera classe. In questo modo
siamo riusciti a lavorare senza sprechi di tempo e prendendo in considerazione
quanti più pareri possibili dagli altri gruppi della classe”.
APPENDICE
5. Tra decisioni e rivelazioni
Liceo Statale “Alfano I” Salerno - classe IV A Indirizzo Musicale
Dirigente Scolastico:
Elisabetta Barone
Docente Referente Della Staffetta:
Annarita Anastasio
Docente responsabile dell’azione Formativa:
Annarita Anastasio
Gli Studenti /scrittori della classe IV A Indirizzo Musicale
Cristiana Ascione, Daniel Avossa, Carmine Barba, Lesnayvis Caballero, Marika
Caputo, Federica Carbone, Stefano Cardiello, Maria Rosaria Citro, Simona
Cuomo, Gaetano D’amato, Rosaria Del Mastro, Gianguido Gaeta, Marco Giorgio
Gaggia, Aleksander Ianulardo, Giovanni La Ferrara, Annapaola Martinangelo,
Mario Martone, Gerardo Masturzo, Giovanni Matrone, Vincenzo Monetta, Monica
Noschese, Antonio Palumbo, Giuseppina Paolillo, Angelo Peduto, Giulia Pescatore,
Martina Pironti, Carlo Rufo, Michele Santaniello, Francesca Siani, Ylenia Taurisano,
Olga Violante
Hanno scritto dell’esperienza:
Terza esperienza alla Staffetta. La composizione del capitolo è capitata proprio in
concomitanza con la fine del primo quadrimestre, quindi con le ultime interrogazioni
e poco tempo a disposizione. Alla prima lettura dei capitoli già pubblicati, si è
generato un certo dissenso in un clima di apatia e quasi di ritrosia, in quanto il
tema appariva molto simile all’argomento del racconto della staffetta dello scorso
anno. Ma subito dopo è emersa la forza del pensiero e la voglia dei ragazzi di
dimostrare tutta la loro bravura e creatività. Il lavoro di composizione è stato
curato principalmente dalle allieve Cristiana Ascione, Giulia Pescatore, Francesca
Siani, Martinangelo Annapaola e Rosaria Del Mastro ed Ylenia Taurisano che
hanno curato anche la realizzazione di un disegno. Gli allievi si sono messi in
gioco, hanno voluto dare la loro impronta significativa alla storia e contribuire alla
buona riuscita del racconto. Terza esperienza ma forse la più formativa e carica di
valenza educativa”.
APPENDICE
6. Ho difeso il mio Amore
Istituto Tecnico Tecnologico “Andrea Pozzo” Trento – classe IV A
Dirigente Scolastico
Elina Massimo
Docente referente della Staffetta
Piergiuseppe Filanti
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Salvatore Marà
Gli studenti/scrittori della classe IV A
Hirjan Abazi, Serena Baldessari, Leonardo Bianchin, Samanta Biasiolli, Dimitri
Brugnara, Matteo Decarli, Gabriele Ducati, Erik Forti, Dennis Franceschi, Nicolò
Giovannini, Lorenzo Grosello, Sofyan Lachhab, Matteo Leoni, Tommaso Micheloni,
Matteo Morandini, Gianluca Morena, Alex Pedrolli, Andrea Piffer, Tommaso
Spagnolli, Saverio Tripodi, Teo Valle, Massimiliano Viola, Luca Zanotti
Hanno scritto dell’esperienza:
“Abbiamo trovato l’ iniziativa stimolante e coinvolgente, nonostante le difficoltà
iniziali. Con il procedere della lettura dei capitoli precedenti abbiamo visto
nascere un piccolo romanzo che ci ha invogliati a fare la nostra parte.
La compresenza in aula di due insegnanti ha reso l’ atmosfera inusuale ma
costruttiva. Nella discussione per la creazione della scaletta abbiamo usato con
spontaneità le parole “protagonista, antagonista, voce narrante...” a suo tempo
studiate in narrativa. La classe è soddisfattadel lavoro eseguito, ci vediamo al
Festival della Scrittura”.
APPENDICE
7. Eroi per morire
Liceo Classico Statale “P. Colletta” Avellino – classe I D
Dirigente Scolastico
Claudia La Pietra
Docente referente della Staffetta
Giulietta Fabbo
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Carmela De Angelis
Gli studenti/scrittori della classe I D
Federica Barra, Giusy Catino, Simona Crò, Antonia De Stefano, Francesco Dente,
Lorenzo Di Biccari, Giusy Donnarumma, Giulia Festa, Asia Follo, Cristiana Guarino,
Francesca Guerra, Sara Iandolo, Marianeve Liguori, Federica Medugno, Naomi
Panarella, Antonio Pio Picone, Gaia Pisacreta, Diana Maria Pop, Fiorenza Rizzo,
Martina Russo, Gian Paolo Sellitto, Allegra Veneruso
Hanno scritto dell’esperienza:
“...Nonostante abbiamo già partecipato alla stesura di un altro capitolo
della staffetta nell’anno scolastico 2013/2014, sottolineiamo l’entusiasmo e la
partecipazione ancora più attiva rispetto all’anno precedente. Ci siamo sentiti più
responsabilizzati e spinti a realizzare un capitolo che sentiamo particolarmente
nostro, nella stesura del quale ognuno di noi si è mostrato entusiasta ed orgoglioso
di poter prendere parte ad un’attività così formativa. Il nostro principale obiettivo
nel capitolo è stato quello di aumentare la suspense soffermandoci anche sullo
sviluppo delle relazioni umane che si sono create tra i personaggi principali del
romanzo”.
APPENDICE
8. La via della speranza
ITCT “Dionigi Panedda” Olbia - classe IVC Tur.
Dirigente Scolastico
Giovanni Maria Mutzu
Docente referente della Staffetta
Raffaella Stelletti
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Raffaella Stelletti
Gli studenti/scrittori della classe IV C Turismo
Alessia Angius, Andrea Bianco, Paolo Carboni, Roberta Di Palo, Beatrice Maria
Fasolino, Edvige Franceschi, Roberta Manzottu, Leonardo Mazzucchelli, Samuele
Muroni, Chiara Puggioni, Sara Salaris, Nicole Satta, Giovanni Sotgiu Falquez,
Andrea Spanu, Stefano Testoni
Hanno scritto dell’esperienza:
“...La staffetta si è rivelata una grande esperienza per la classe. Tutti noi abbiamo
dimostrato un grande spirito di squadra e la capacità di lavorare in breve tempo.
Abbiamo riflettuto su alcuni temi di grande attualità, ci siamo confrontati e ciascuno
di noi ha contribuito alla realizzazione del lavoro. È stata una bella sfida e la
stesura del capitolo ha reso tutti noi più uniti e consapevoli. Il lavoro di gruppo
ci ha resi più forti, aperti alla cooperazione. Insieme abbiamo compreso quanto
sia importante la volontà e quanto sia forte il suo potere anche per vincere le
sfide della quotidianità “I campioni […] si costruiscono dall’interno, partendo da
qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono
avere l’abilità e la volontà, ma la volontà deve essere più forte dell’abilità (M. Ali)”.
APPENDICE
9.Un amore a colori
Istituto Tecnico Commerciale “Giovanni Paolo II” Diamante (CS) - classi IV/V B SIA
Dirigente Scolastico
Concetta Smeriglio
Docente referente della Staffetta
Maria Stella Fabiani
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Maria Stella Fabiani
Gli studenti/scrittori delle classi
V B SIA - Federica Bianco, Noemi Casella, Luigi Cersosimo, Raffaele Fiorentino,
Federica Forestiero, Alessia Laino, Umberto Perrone, Anna Ricca
IV B SIA - Marta Annuzzi, Miriana Crusco, Valentina Crusco, Sabrina Lacco,
Arianna Marino, Debora Pisciotta, Daniela Tarnicer
Hanno scritto dell’esperienza:
“...Sono ormai tre anni che scriviamo uno dei capitoli della Staffetta di Scrittura
Creativa. Siamo dei veterani, ma non è affatto scemato in noi l’entusiasmo.
Quest’anno, in particolare, poiché ci è stato assegnato il capitolo finale, abbiamo
sentito il peso e la responsabilità di chiudere una storia impegnativa e interessante.
L’abbiamo gustata perché non ci piace il mondo in bianco e nero (da qui il titolo del
nostro capitolo), in quanto riteniamo che le diversità, ogni diversità, contribuiscano
a rendere la vita più ricca di opportunità. Nel mondo reale non sempre le storie
difficili si concludono in modo positivo. Tuttavia, noi abbiamo voluto sperare,
sognare che almeno in un racconto la fine sia solo il primo passo di un nuovo, e
migliore, inizio. Basta volerlo!”
NOTE
INDICE
Incipit di Sara Magnoli ..................................................................................pag 17
Cap. 1 Occhi verdi ............................................................................................. » 19
Cap. 2 Eroi per non morire ................................................................................ » 23
Cap. 3 Si chiamava Amelia .............................................................................. » 27
Cap. 4 Luci al neon ............................................................................................. » 31
Cap. 5 Tra decisioni e rivelazioni .................................................................. » 37
Cap. 6 Ho difeso il mio amore ...........................................................................» 41
Cap. 7 Eroi per non morire… ............................................................................» 47
Cap. 8 La via della speranza ...........................................................................» 53
Cap. 9 Un amore a colori ...................................................................................» 61
Appendici .................................................................................................................» 68
Finito di stampare nel mese di aprile 2015
dalla Tipografia Gutenberg di Fisciano (SA), Italy
ISBN 978-88-6908-105-7