Tra le ombre
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Tra le ombre
Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola I libri per ragazzi scritti dai ragazzi. Racconti che rendono i bambini e i giovani scrittori protagonisti di un’attività che coinvolge l’Italia e tanti altri Paesi europei ed extraeuropei in una fantastica avventura che grazie alla scrittura determina di volta in volta un filo che accomuna, unisce, coinvolge l’attorno … Bimed Edizioni Il racconto viene pubblicato all’interno della Collana annuale della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola, un format che guarda al racconto come a un “bene …” di fondamentale rilevanza per la formazione delle nuove generazioni in grado di determinare relazioni, contaminazioni, confronto, interazione, crescita comune e tanto altro ancora … TRA LE OMBRE Partendo dall’incipit di Sara Magnoli e con il coordinamento dei propri docenti, hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e delle classi appresso indicate: IIS “Isa Conti Eller Vainicher” Lipari (ME) - classe IV/V A Liceo Scientifico Liceo Classico Scientifico “Don Carlo La Mura” Angri (SA) - classe III A Sci. IPSSEOA - Ten. Carabinieri “Marco Pittoni” Pagani (SA) - classe V B Liceo Scientifico “Maria Curie” Pinerolo (TO) - classe V Bnr Liceo Statale “Alfano I” Salerno - classe IV A Indirizzo Musicale Istituto Tecnico Tecnologico “Andrea Pozzo” Trento – classe IV A Liceo Classico Statale “P. Colletta” Avellino – classe I D ITCT “Dionigi Panedda” Olbia - classe IV C Tur. Istituto Tecnico Commerciale “Giovanni Paolo II” Diamante (CS) - classi IV/V B SIA Editing a cura di: Stefania Schiavi Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura - Ente Formatore per Docenti Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero Direzione e progetto scientifico Andrea Iovino Responsabile di redazione e per le procedure Alberto Fienga Coordinamento organizzativo e didattico Ermelinda Garofano Responsabile per l’impianto editoriale Stefania Schiavi Revisione editoriale Francesco Rossi, Shasa Buonino, Ilaria Mascolo, Maria Cristina Folino Gestione esecutiva del Format Angelo Di Maso, Adele Spagnuolo Grafica di Copertina : Bimed Station Impaginazione Tullio Rinaldi Piattaforma escriba UNISA, Dipartimento di Informatica – Progetto Prof. Vittorio Scarano, realizzazione Dott. Raffaele Spinelli Gennaro Coppola, webmaster BIMED Pubbliche Relazioni Nicoletta Antoniello Amministrazione Rosanna Crupi, Annarita Cuozzo I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione commerciale RINGRAZIAMENTI I racconti pubblicati nella Collana della Staffetta di Scrittura Bimed/ Exposcuola 2014/15 si realizzano anche grazie al contributo erogato in favore della Staffetta dai Comuni che finanziano l’azione intesa come esercizio di rilevante qualità per la formazione delle nuove generazioni. Tra gli Enti che contribuiscono alla pubblicazione della Collana Staffetta 2015 citiamo: Ambasciata d’Italia in Libano, Ascea, Atripalda, Bellosguardo, Borgaro Torinese, Castelletto Monferrato, Favignana, Ivrea, Moncalieri, Montemiletto, Osasco, Piaggine, Pinerolo, Saint-Vincent, Santena, Siano. La Staffetta di Scrittura riceve un rilevante contributo per l’organizzazione degli Eventi di presentazione dei Racconti 2015 dai Comuni di: Bellosguardo, Moncalieri, Pinerolo, Procida, Salerno, e dal Parco Nazionale del Gargano/Riserva Naturale Marina Isole Tremiti. Si coglie l’occasione per ringraziare i tantissimi uomini e donne che hanno operato per il buon esito della Staffetta 2015 e che nella scuola, nelle istituzioni e nel mondo delle associazioni promuovono l’interazione con i format che Bimed annualmente pone in essere in favore delle nuove generazioni. Ringraziamenti e tanta gratitudine per gli scrittori che annualmente redigono il proprio incipit per la Staffetta e lo donano a questa straordinaria azione qualificando lo start up dell’iniziativa. Un ringraziamento particolare alle Direzioni Regionali Scolastiche e agli Uffici Scolastici Provinciali che si sono prodigati in favore dell’iniziativa e a Legambiente per l’autorevole apporto tecnico reso alla Staffetta. Vivi ringraziamenti ad ALPEGA Fattoria Didattica che ci ha permesso di collegare la scrittura al mondo della natura e all’educazione verso il nostro Attorno. Infine, ringraziamenti ossequiosi vanno a S. E. l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito la Staffetta 2014 con uno dei premi più ambiti per le istituzioni che operano in ambito alla cultura e al fare cultura, la Medaglia di Rappresentanza della Repubblica Italiana giusto dispositivo SGPR25/09/20140090057P del PROT SCA/GN/1047-2 By Bimed Edizioni Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo (Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura) Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected] La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2015 viene stampata in parte su carta riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il rispetto della tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono risorse ineludibili per il futuro di ognuno di noi… Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di recupero e riciclo di materiali di scarto. La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola 2014/2015 Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero. Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo) senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed destinati unicamente alle scuole partecipanti l’annuale Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola. La Staffetta 2014/15 riceve: l’adesione del Presidente della Repubblica e sua Medaglia di rappresentanza Patrocini: Senato della Repubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Giustizia, Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. PRESENTAZIONE Con la Staffetta quest’anno tanti studenti hanno lavorato sul tema della volontà. È un tema complesso che, però, ci ha permesso di interloquire con i ragazzi sulle grandi questioni del nostro tempo. Lo abbiamo fatto con i bambini della primaria e dell’infanzia e lo abbiamo fatto con i ragazzi delle medie e i giovani delle superiori. È stato un viaggio bellissimo, per certi versi divertente, per altri, impegnativo… Ma ciò che maggiormente colpisce è che la comunità della scuola italiana nel suo insieme, ancora una volta, ha dato prova di straordinaria tenuta. Una tenuta di qualità che accomuna la nostra scuola dalla primaria alla secondaria superiore. Provare a organizzare un esercizio attorno alla volontà significa costringere le nuove generazioni a indicare il proprio volere, la propria visione, quello che “immagini …” ci sia davanti a te e quanto questa immaginazione accomuni l’individuo al proprio contesto. Alla fine della giostra troviamo dei racconti strepitosi, ricchi di fantasia, articolati in una dimensione letteraria molto variegata ma che nel suo insieme dimostra il valore del nostro corpo docente che in ogni livello d’istruzione è assolutamente capace di governare la narrazione e tutti i valori formativi che sono insiti nel progetto e nella costruzione di un racconto. Un racconto, ricordiamolo, che è il frutto di un confronto e di una scrittura di gruppo cioè, è frutto di un esercizio in cui una squadra, o una classe se preferite, unita attorno a un obiettivo riesce a dimensionare, con le parole, LA STORIA. Trasferite tutto questo nel sistema Paese e avrete un modello, il modello da seguire per qualificare il nostro tempo e i nostri spazi. Grazie alle maestre e ai maestri, in generale, ai docenti che si sono sobbarcati le difficoltà che sono insite nella Staffetta di scrittura, grazie ai dirigenti scolastici e agli scrittori, senza la loro “volontà” e la loro disponibilità non avremmo lo start up della Staffetta che si giova della generosità che è nelle parole di chi si dedica per professione alla scrittura e di chi de/tiene la responsabilità della nostra irrinunciabile scuola. Grazie agli sponsor, grazie agli amministratori comunali che investono sulla Staffetta e l’educational, grazie alla filiera dei tecnici e grazie a quanti lontani dai riflettori giorno dopo giorno si dedicano a questa straordinaria avventura di comunità. Un grazie particolare, all’On. Giorgio Napolitano che, ancora una volta, ha voluto premiare la Staffetta con la Medaglia di Rappresentanza della Presidenza della Repubblica Italiana, un encomio che ci gratifica e ci ripaga del lavoro che consente a ognuno di noi, oltretutto, di sentire l’orgoglio del cammino che ci tiene insieme e tiene insieme il passato, il presente e il futuro del mondo di cui siamo parte. Andrea Iovino L’imprescindibile per l’innovazione è nella scrittura È il terzo anno che in partnership con Bimed promuoviamo sul territorio nazionale la Staffetta di Scrittura Creativa e di Legalità che, oramai, ha valicato i confini nazionali coinvolgendo gli studenti di Paesi che vanno dall’America Latina al Medio Oriente e all’Europa. Per noi che abbiamo come mission quella di affermare i valori aggiunti della cultura digitale resta, quest’azione, un’opportunità imperdibile per la disseminazione di ciò che grazie all’innovazione cambierà in meglio la vita del contesto planetario. Grazie alla Staffetta le nuove tecnologie si vanno affermando sempre di più nella scuola italiana e anche nella didattica si determinano cambiamenti dei metodi di apprendimento e di insegnamento. L’interazione tra cultura digitale e Staffetta consente, inoltre, di incidere positivamente sullo sviluppo del pensiero critico e delle competenze digitali che, insieme all’alfabetizzazione, danno modo ai giovani di comprendere appieno i linguaggi e le determinanti positive dell’innovazione tecnologica. L’idea di organizzare attorno alla Staffetta la strategia di ingresso organico dell’informatica nella scuola è, tra l’altro, una modalità di relazione unica tra il contesto degli adulti e gli studenti che sono, oggi, nativi digitali di seconda generazione, dunque, entità che hanno dentro se stessi gli strumenti per poter governare la relazione con gli “oggetti…” che sono parte integrante dell’innovazione che utilizziamo giornalmente. Certipass è sempre più impegnata in favore della diffusione della cultura digitale e continua a operare in linea con le Raccomandazioni Comunitarie che indicano nell’innovazione e nell’acquisizione delle competenze digitali la possibilità evolutiva del contesto sociale contemporaneo. Poter raccontare a una comunità così vasta, com’è quella di Bimed, delle grandi opportunità che derivano dalla cultura digitale e dalla capacità di gestire in sicurezza la relazione con i contesti informatici, è di per sé una occasione imperdibile. Ci è apparso doveroso partecipare anche quest’anno con slancio alla Staffetta Bimed proprio perché siamo certi che attraverso la scrittura potremo determinare una cultura in grado di collegare la creatività e i saperi tradizionali alle moderne tecnologie e a un’idea di digitale in grado di affermare il valore del confronto, della contaminazione, dell’incontro e della sussidiarietà. I docenti chiamati a utilizzare una piattaforma telematica insieme ai giovani che scrivono, loro, una parte del racconto; la possibilità, poi, di vivere e condividere grazie al web con tanti altri studenti la storia che evolve grazie al contributo della scuola è una dimensione unica e… felice. Il libro che avete tra le mani è la prova tangibile di un lavoro unico nel suo genere, dai tantissimi valori aggiunti che racchiude in sé lo slancio nel liberare futuro collegando la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra civiltà all’innovazione tecnologica e alla cultura digitale. Certipass è ben lieta di essere parte integrante di questo percorso, perché l’innovazione è cultura, prima che procedimento tecnologico. Il Presidente Domenico PONTRANDOLFO Sulla Volontà e la Legalità Impegnare i giovani attorno a una riflessione sulla Volontà ci è apparsa una sfida di grande rilevanza che, per tanti versi, accomuna la Staffetta di Scrittura della Legalità alla vision dell’Università Telematica Pegaso. È per questa ragione che il partenariato strutturato con Bimed innanzitutto sui principi istituzionali si è ampliato, quest’anno, ulteriormente determinando una organica interazione che nasce proprio attorno alla Staffetta e coinvolge i tantissimi giovani studenti impegnati nell’attività di Scrittura che annualmente vede questo format protagonista dell’editoria italiana per ragazzi. Il partenariato con Bimed è nelle nostre intenzioni una opportunità di sistema per il Mezzogiorno e il contesto nazionale nel suo insieme: da una parte vi è la consolidata relazione che la Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo ha con un rilevante numero di Scuole Secondarie Superiori italiane, dall’altra parte vi è l’Università Telematica Pegaso che è sempre più proiettata in una innovativa modalità di relazione tra i saperi, le competenze e le conoscenze, che abbiamo il dovere di rendere sempre più accessibili e disseminate, con le nuove generazioni. È partendo da questi elementi che abbiamo investito per l’organizzazione del più qualificato sistema on line di formazione universitaria in cui il l’integrazione di diversi format e tipologie didattiche permette di perseguire un aumento di qualità del processo formativo. Ed è in considerazione della grande opportunità di far conoscere a moltissimi giovani le opportunità che provengono dall’innovazione collegata alla ricerca e allo studio, che abbiamo voluto determinare un partenariato organico con Bimed e la Staffetta di Scrittura di Legalità. A tanto si aggiunge il valore aggiunto dell’opera che vede impegnati tanto Bimed quanto l’Università Telematica Pegaso sul fronte della Legalità che resta il viatico ineludibile su cui incamminare un percorso di sviluppo e di qualificazione sociale tale da essere corrispondente alle aspettative dei nostri giovani. Infine: la Volontà e il volere rappresentano il bacino delle possibilità che ognuno di noi può e deve determinare, di più, sono il riferimento di agostiniana memoria che lega il valore dell’esistenza alla capacità di amare che è, poi, essenza di divenire. Il mio personale plauso va a quanti, docenti, studenti, operatori tecnici, scrittori, etc. rendono ogni anno possibile questa straordinaria storia fatta di un insieme di racconti metafora della “volontà” della scuola di sentirsi protagonista del futuro che libera… Futuro. Università Telematica Pegaso Il Presidente Danilo Iervolino INCIPIT Sara Magnoli Tra le ombre Scivolava. Silenziosamente, l’ombra allungata allontanandosi dai pochi lampioni. Scivolava. Sfiorando appena con il braccio i muri scrostati delle case in quella città che era estranea, sconosciuta. Scivolava, essere estraneo, essenza sconosciuta. Anche a sé. L’avessero saputo in classe sua, di quel suo scivolare nella notte, quell’essere estraneo e quell’essenza sconosciuta sarebbero diventati “eroi”. Siamo eroi, che vuoi di più? Belli come alla tivù. Teneri, incoscienti eroi… Noi siamo eroi, per non morire… Era una canzone, di quel cantante che per anni aveva vestito lustrini e piume e ai cui concerti sua madre era andata tante di quelle volte… Eroi per non morire. Gli eroi non devono morire. Non si vuole che gli eroi muoiano. Bastasse scivolare di notte lungo i muri di una città straniera per essere eroi, pensava… Curioso. Come gli eroi dei racconti, dei fumetti, delle saghe e delle leggende lo siano già mentre sono in vita. Eracle e la sua forza sovrumana che dall’antica Grecia si incarnano poi nell’antica Roma con Ercole. Lucrezia e i valori degli antichi Romani. Camilla, la vergine guerriera dell’Eneide. Fino a Superman e Wonder Woman. Sorrise al pensiero del paragone. Invece, gli eroi della vita quotidiana lo diventano spesso solo quando muoiono, eroi. Pensò a giudici, magistrati, poliziotti e carabinieri. Amministratori e anche giornalisti che avevano sfidato tutti per il senso di giustizia. Pensò anche a chi ogni giorno si alzava per andare a lavorare con onestà. E ripensò a chi nella sua classe avrebbe invece ritenuto eroico il suo coraggio di scivolare di notte al pigro e debole chiarore di pochi lampioni. Teneri, incoscienti eroi… Gli eroi non devono morire. Non voleva che gli eroi morissero. Dovere. Volere. Bastava cambiare un verbo, per cambiare tutto il senso di un’esistenza. E si chiese che cosa dovesse fare. O che cosa volesse fare. Nella notte, scivolando, avrebbe voluto essere un usignolo e cantare nel buio, in attesa che il sole ne potesse mostrare i colori. Nella notte, scivolando, temeva di dover essere un pipistrello e volare nel buio, senza che il sole ne potesse mostrare altri colori se non quello dell’oscurità. Capitolo PRIMO Occhi verdi Le tinte purpuree di un sole appena svegliato venavano il cielo di luce e Venezia giaceva silenziosa ancora tra le braccia di Morfeo. Elia era tornato a casa con la mente annebbiata da mille pensieri. Combattuto tra ciò che sapeva e ciò che doveva fare, in quel momento si sentiva carico di una responsabilità più grande di lui. Amir gli aveva confidato qualcosa di molto importante e lui in quel momento sentiva di essere l’unico in grado di aiutarlo. Giunto nella sua stanza, scorgeva dalla finestra il debole chiarore dell’alba che, come un riflesso scarlatto, si faceva strada nel cielo della Serenissima. Sprofondando nel suo letto, socchiuse lentamente gli occhi ripensando al suo nuovo amico, solo, per le vie della città. Le parole di Amir riecheggiavano nella sua mente, talmente forti, che parevano squarciare il silenzio della sua stanza. Neanche un battito di ciglia che già sua madre entrava, per svegliarlo, nella stanza illuminata dal timido sole del mattino. Sentiva le gambe pesanti, avvolte nelle lenzuola in parte riverse per terra, il cuscino calato sulla testa a lasciare fuori il mondo esterno. «Elia, cosa fai ancora a letto? Alzati o farai tardi a scuola!» La laguna immobile diventava sempre più luminosa ogni volta che Amir alzava il capo. I piedi scalzi premevano sul manto morbido del tappeto su cui stava inginocchiato e le labbra si muovevano al ritmo della sua preghiera. Capitolo primo 19 20 Le braccia tese in direzione della Mecca fendevano l’aria umida del mattino. “Allah akbar”, sussurrava e lasciava fluire le parole della sua supplica, concentrato sul loro suono ridotto a un soffio di voce. La brezza lo accarezzava e lentamente la preghiera diventava il sottofondo di altri pensieri. Le mani aperte, rivolte in avanti, gli occhi offuscati dai ricordi di una notte trascorsa tra calli ignote alla Venezia da cartolina. Le vite di Elia e Amir si erano incrociate durante una notte afosa di agosto. Elia si trascinava per la strada di casa, stanco dopo un duro allenamento. Da un po’ coltivava la passione per le arti marziali e aveva preso l’abitudine, passeggiando, di ripassare mentalmente le mosse appena imparate. Intorno a lui ombre allungate s’intrecciavano sui muri; a un tratto il vociare confuso della città si era fatto più definito; voltato l’angolo, si era trovato di fronte a una scena imprevista: un ragazzino dalla pelle olivastra cercava di divincolarsi dalla presa di tre uomini – avrebbe poi saputo che si chiamava Amir. I suoi occhi verdi spiccavano nel buio e la sua voce dal forte accento straniero rimbombava nella notte. Elia istintivamente decise di intervenire, ma gli aggressori avevano già mollato la presa e abbandonato il ragazzo sul selciato. Elia si era precipitato ad aiutare Amir e, dopo l’imbarazzo e la diffidenza iniziale, si erano ritrovati a parlare del motivo che aveva scatenato il pestaggio. Il ragazzo siriano era arrivato in Italia alla ricerca dal padre, un rifugiato politico. Con il tempo ciò che aveva scoperto, gli aveva Occhi verdi fatto maturare il sospetto che il genitore fosse rimasto vittima di un mondo sotterraneo. Venezia, romantica sotto la luna, possedeva un lato oscuro, regno di un microcosmo di criminalità. Amir, senza rendersene conto, si era ben presto ritrovato in questo mondo, e probabilmente in mezzo ai responsabili della morte di suo padre. «Anche stasera hai intenzione di uscire con gli amici?» «Sì, andiamo al solito pub» rispose Elia, a sua madre, con aria distaccata. La donna insisteva nel voler conoscere i particolari della serata, ma la mente di Elia vagava altrove. Aiutare il suo amico era diventata la sua missione. Quando in classe i professori raccontavano le gesta coraggiose degli eroi della mitologia, lui ripensava a quanto coraggio ci voleva per varcare le soglie di quella Venezia torva, estranea, una Venezia sconosciuta a un ragazzo abituato a frequentare solo posti “per bene”. Siamo eroi per non morire… Gli tornava in mente quella canzone ogni volta che Amir, tormentandosi i capelli corvini, gli raccontava di suo padre scappato dalla Siria per sfuggire alla prigione, e che, sorte beffarda, aveva trovato la morte in un altro paese. Pensavano di aver finalmente trovato una pista. Erano giorni che si recavano inutilmente in quel quartiere in cerca di indizi. Quella sera non avrebbero fatto ancora un buco nell’acqua. Dai balconi di palazzi fatiscenti, dai panni zuppi, stesi ad asciugare, Capitolo primo 21 cadevano grosse gocce che picchiettavano la pietra; l’unica fonte di luce proveniva dalle fessure delle porte. Amir ed Elia riuscivano a malapena a orientarsi in quel dedalo di vicoli. Camminavano vicini, un po’ per lo spazio ristretto un po’ per la paura. Ciocche disordinate incorniciavano il volto cereo di Elia, coprendo le tempie e lasciando liberi gli occhi di indagare l’oscurità. Erano verdi, proprio come quelli di Amir, dotati della stessa sfumatura dorata – ma avevano visto molto meno. Avevano conosciuto, volti, paesaggi, ma non la brutalità e la sofferenza, non conoscevano, come quelli di Amir, la terribile realtà che si viveva in Siria: la guerra, anche se il suo amico, ogni volta in preda a un forte dolore, gli aveva raccontato cosa accadeva nella sua terra. Sembravano completamente soli quando si accorsero della presenza di due figure in atteggiamenti sospetti. I due ragazzi immediatamente indietreggiarono, nascondendosi dietro un angolo, protetti dall’oscurità. 22 Occhi verdi Capitolo SECONDO Eroi per non morire Tra la bellezza dei vicoletti veneziani, che di giorno non lasciavano trasparire per nulla la cruda verità della notte, Amir ripensò a come tutto era iniziato, alla sua decisione di partire per l’Italia a ogni costo, nella vana speranza di ritrovare suo padre. L’uomo era fuggito dalla Siria in rivolta contro il governo oppressivo del suo paese, ma non aveva mai dimenticato la propria famiglia: ogni mese spediva a sua madre una busta contenente una lettera e dei soldi, a dir vero tanti, troppi, forse. Fino a quell’ultimo anno. All’improvviso silenzio, più nessuna lettera, nessuna busta, nulla, solo silenzio. Così, dopo una notte insonne, al pensiero di cosa potesse essere accaduto a suo padre, la decisione: doveva imbarcarsi per l’Italia. Come in un flashback rivisse quei momenti. Non vi era differenza tra il giorno e la notte, tutto era fermo, stagnante, come l’odore di quell’ammasso di persone che, in quel momento, non erano più esseri umani: inconsapevoli di cosa sarebbe stato di loro. Un lampo, un istante. L’acqua gli salì lungo le gambe, sempre più su, un acre odore di fumo proveniva dal motore, urla strazianti di madri e padri che cercavano di salvare i propri figli. L’acqua iniziava a riempirgli i polmoni, sentiva le forze abbandonarlo e, proprio Capitolo secondo 23 24 quando era pronto ad arrendersi, una luce dall’alto, una mano tesa ad aiutarlo, qualcuno che lo tirava su. Una barca. Poi il buio. Eroi per non morire… Di nuovo quel ritornello lo riportò alla luce, aprì gli occhi. Tanto freddo e un fastidio costante al braccio. Provò a muoverlo, ma fu bloccato da qualcuno che, rassicurandolo, gli diceva: «Sei al sicuro. Tranquillo. Sei nel campo d’accoglienza di Lampedusa». Quei giorni furono interminabili. Amir li trascorse rileggendo le lettere del padre, fra le poche cose che aveva portato con sé dalla Siria. Era trascorso già un anno dall’ultima volta che ne aveva ricevuta una. Fissò il francobollo sulla busta, così diverso da quelli più anonimi del suo paese. Su quel francobollo c’era disegnata una strana barca, di una foggia che lui non aveva mai visto prima e c’era il nome di una città: Venezia; era quello il posto dove avrebbe dovuto cercare suo padre. Così, un giorno, mentre si aggirava per le stradine di Lampedusa, attaccò discorso con un ragazzo. Parlarono dell’Italia, delle sue città; Amir gli mostrò il francobollo, gli chiese di quella città, Venezia, e gli raccontò la sua tragica storia. Il ragazzo si commosse al suo racconto e decise che lo avrebbe aiutato. Caso voleva che il giorno seguente, lui doveva recarsi proprio nella città lagunare in un viaggio di istruzione con la sua scuola. «Domani partirò con la mia classe per Venezia. Vediamoci al porto domani alle sette. Ti nasconderai, all’insaputa di tutti, nel portabagagli del nostro pullman» gli propose il suo nuovo amico. Eroi per non morire Amir non si lasciò scappare l’occasione e, dopo aver dormito una notte in strada, all’alba, carico di emozioni, si recò al porto. Sgattaiolò nel pullman passando del tutto inosservato e, chiuso nel portabagagli, cominciò il suo viaggio: Messina, Calabria, Roma e, finalmente,Venezia, dove per lui cominciò una nuova vita. A Venezia Amir trovò un lavoro come lavapiatti nel ristorante “La Gondola”, mentre per dormire si arrangiava un po’ qui un po’ là. Una sera, era già mezzanotte, stava tornando a casa in compagnia di un collega. Era triste, ma di tanto in tanto guardava la foto del padre che portava sempre con sé, come un santino, nella tasca dei pantaloni; gli sembrava quasi di essere felice al ricordo dei giorni della sua infanzia: rivisse, per un attimo, quella stessa gioia provata quando aveva ricevuto in dono dal padre un amuleto di legno con una particolare incisione: sopra vi era raffigurato un gufo, una guida per aiutare chi si è perso nell’oscurità a ritrovare la retta via. Era l’unico oggetto che faceva sentire Amir vicino a suo padre. L’occhio del collega cadde sulla foto. Era stropicciata, e l’uomo che vi era ritratto aveva una cicatrice sul volto che lo deturpava. Gli occhi di quell’uomo erano gli occhi di chi aveva visto troppi orrori. Il collega riconobbe nell’uomo della foto la persona che poco tempo prima aveva visto aggredire in strada e lo raccontò al ragazzo. Il viso di Amir si fece sofferente e ciò fece riaffiorare nell’uomo un forte senso di colpa, perché lui sapeva che, quel maledetto giorno, non era stato abbastanza coraggioso da intervenire di fronte a Capitolo secondo 25 tanta violenza. Non riuscendo più a guardare Amir negli occhi, gli voltò le spalle e, nell’allontanarsi, la sua figura scomparve lentamente nella nebbia di una Venezia, ormai fredda. Amir, solo ormai, si incamminò turbato e profondamente scosso per quei vicoli stretti e bui verso casa. Ogni sera Amir, dopo il lavoro batteva palmo a palmo i quartieri più malfamati della città nella ricerca di qualche indizio, di un voto, che lo riportasse da suo padre. Una sera la sua preghiera fu esaudita. All’improvviso fu accerchiato da tre uomini, forse gli stessi che avevano aggredito suo padre il cuore gli batteva forte, il respiro gli si faceva sempre più affannoso, le gocce di sudore scivolavano sul suo viso ormai marmoreo, con gli occhi cercava intorno una via d’uscita ma tutto ciò che normalmente sarebbe potuto sembrare semplice, in quel momento diventava la cosa più difficile del mondo. Scivolò sull’asfalto umido e batté la testa. Una serie d’immagini si sovrapposero davanti ai suoi occhi mentre perdeva i sensi. Le urla di un ragazzo lo riportarono alla realtà; solo appena in tempo per vedere i suoi aggressori scappare. Gli sguardi dei due ragazzi si incrociarono e la lucentezza dei loro occhi si fuse. Non ci fu bisogno di parole. Eroi per non morire. 26 Eroi per non morire Capitolo TERZO Si chiama Amelia Gli pareva un angelo Elia. Lì pronto a soccorrerlo, luce nel buio. Amir era rimasto impassibile di fronte alle percosse subite. I suoi occhi erano abituati a tanta crudeltà e tanta violenza e il dolore fisico era nulla in confronto al dolore freddo e cupo che era venuto ad abitare da tempo il suo cuore. Elia dal canto suo, non aveva potuto fare altro che trasformare la sua paura in forza e correre in soccorso di quel ragazzo bisognoso d’aiuto. Un ragazzo fragile, ma anche carico di sofferenze e ricordi atroci. Nel suo sguardo c’era la paura e la speranza in un futuro diverso, migliore. Amir si aggrappò alla spalla di quello sconosciuto. Lo sentiva amico. Gli sembrava forte; gli affidò il suo corpo dolorante e anche il suo cuore. Elia lo accolse, lo strinse, lo sostenne, mentre lo portava via da quel vicolo buio come la sua anima. Via, verso la piazza illuminata dai lampioni che sembravano invitare alla speranza di ritrovare gli affetti perduti. Abbracciati, trascinandosi per le vie strette, a tratti strisciando, giunsero finalmente a casa. Elia bussò con insistenza. Gli importava solo di portare il ragazzo dentro, al sicuro. Voleva chiudere la porta in faccia a quella notte cattiva. «Mamma, apri sono io! Ho bisogno d’aiuto» urlò Elia. La donna accorse impaurita e si trovò di fronte una scena che Capitolo terzo 27 28 la lasciò stordita. Suo figlio stringeva a se’ un ragazzo sofferente. Poteva avere circa la sua stessa età, ma il suo volto e il suo sguardo lo facevano sembrare molto più vecchio. La carnagione scura di quello sconosciuto le ricordava un dolore antico, rimasto sepolto nel suo cuore per tanto tempo, ma ancora vivo e presente nei suoi ricordi. Affrontare questa situazione era troppo per Amelia. Era gonfia di rabbia e di odio per i tanti disperati che a migliaia vengono in Italia per cercare fortuna. Tra loro c’è pure chi, anni prima, le aveva portato via il suo uomo, l’amore della sua vita. Suo marito, il papà di Elia. La notte del 19 Settembre 2003 mentre tornava a casa dopo una serata trascorsa con gli amici di sempre, l’uomo vide in un angolo un giovane che con accento straniero minacciava un povero vecchio puntandogli una pistola alla testa: «Give me your money, your watch, your phone or I will shoot you!» gli urlava. Il padre di Elia, spinto dal senso del dovere legato alla sua professione di poliziotto, si lanciò in soccorso della vittima aiutandolo a scappare e salvandogli la vita, ma ci rimise la sua. Vita spezzata, calpestata, rubata. Ad Amelia dissero che era morto da eroe. Un eroe moderno: sconosciuto finché era vivo ma reso immortale dall’incontro con la morte cui era già sfuggito molte volte. Quell’ombra che non bussa né chiede permesso. Colei che si impossessa della tua vita e se la porta via per sempre. Si chiama Amelia Quanti eroi come lui; quante storie come la sua. A Marco Pittoni, Tenente dell’Arma dei Carabinieri in servizio a Pagani, l’incontro con la morte era toccato nell’Ufficio Postale di quel piccolo paese del Sud. Era il 6 giugno 2008. Amelia guardò gli occhi di Amir. Splendidi occhi verdi, come quelli di suo figlio. Ma tanto diversi. Il verde degli occhi di Amir è il verde dei carri armati e delle divise dei militari. Delle fughe tra i campi e dell’acqua salmastra. Del barcone traballante e dei berretti degli scafisti. Amelia rabbrividì: come potevano gli occhi di un “bambino” aver visto tanta crudeltà? È ingiusto. Amelia di mestiere fa l’avvocato, smaschera le ingiustizie e le combatte: deformazione professionale o senso di maternità? Aveva scelto di aiutarlo. Spalancò la porta di casa per farlo entrare e poco dopo lo porta in ospedale. Vuoleva assicurarsi che stesse bene, non è così che fanno le mamme? In auto, ogni tanto osservava Amir ed Elia seduti sui sedili posteriori. Il legame che si è subito creato tra loro è evidente, sembra quasi si conoscano da sempre. «Come ti chiami?» le chiese Amir a un tratto. «Si chiama Amelia» fu la risposta di Elia. Solo in quel momento la donna si accorse che il suo nome racchiudeva quelli dei due ragazzi: “Am-Elia”: ora era certa di fare la cosa giusta. In ospedale Amir era spaventato, confuso. Si sentiva perso, ma allo stesso tempo fortunato. Ogni suo pensiero è rivolto alla sua famiglia Capitolo terzo 29 che non è lì ma è in guerra. Trovò consolazione nell’amuleto di legno, quello col gufo. Lo accarezzò e lo strinse a sé come se stringesse tra le braccia suo padre. La giovane infermiera gli si avvicinò e la sua attenzione fu attirata da quell’oggetto che le sembrava familiare. Lo aveva visto infatti al collo di un paziente vittima di un pestaggio. L’uomo le aveva raccontato che quello era l’unico oggetto che lo univa al figlio rimasto in patria. La donna, stupita da questa coincidenza, lo raccontò al ragazzo. Troppe emozioni affollavano ora il cuore di Amir: stupore, felicità, paura. Ma anche una timida consapevolezza che da qualche parte, in quella città straniera, il padre lo stava aspettando. La mano serrata in un pugno quasi a fare da scrigno a quel tesoro tanto prezioso, pian piano si rilassa, si schiuse, lasciando scivolare l’amuleto che toccando il pavimento si apre, rivelando il segreto che aveva a lungo custodito. Un piccolissimo foglio di carta, su cui era scritto: “Sarò sempre vicino a te, a presto figlio mio!” Una lacrima accarezzò la guancia di Amir. Ora ne era certo: suo padre era vivo! 30 Si chiama Amelia Capitolo QUARTO Luci al neon Il rumore di una lattina calciata da uno dei due loschi figuri riportò Amir alla realtà. Il vociare confuso gli ricordava il paese natio: erano siriani. Spinti dalla curiosità Amir ed Elia protesero cautamente il collo al di là dell’edificio. Tra le varie imprecazioni che ascoltarono, Amir captò alcune informazioni riguardo a un gruppo di connazionali che usava riunirsi davanti a una lavanderia a gettoni poco distante. Dopo che si furono allontanati, Amir disse al suo compagno quello che i due siriani si erano detto. Poi, svicolando tra stretti ponti e buie calli, giunsero a destinazione. Si trovarono davanti a un locale parzialmente illuminato da tristi luci al neon. La foschia che saliva dai canali rendeva la debole luce, soffusa e sinistra, e un odore salmastro penetrava nelle narici dei due ragazzi. L’umidità diffusa nell’aria pareva formata da tanti punteruoli che trafiggevano in profondità i corpi dei due giovani mentre un gruppo di persone adulte, che formavano un capannello di fronte al locale, sembrava non soffrisse la sgradevole atmosfera. Avvicinatisi abbastanza, i due ragazzi sentirono dal gruppo di persone con tratti evidentemente mediorientali che conversava animatamente, riecheggiare un nome. Amir trasalì a sentire quel nome che gli riportava alla mente momenti felici dell’infanzia. Quel nome Capitolo quarto 31 32 che lo induceva alla speranza di magici momenti futuri al fianco di suo padre. Non appena vide un uomo uscire dalla lavanderia, in preda alla speranza e all’emozione, gli si fiondò addosso con tanto impeto che quasi lo travolse. Quando riuscì a guardarlo in volto, fu pervaso da una delusione mista a sorpresa: non era suo padre; il volto che stava scrutando era quello del suo vecchio vicino di casa. Scoppiò a piangere e l’uomo, preso da un istinto paterno, lo abbracciò. Elia, ignaro di tutto, assisteva attonito alla scena, senza capire veramente cosa stesse accadendo. Dopo momenti che gli parvero eterni vide tornare Amir con aria turbata, e gli chiese cosa era successo. «Per trovare mio padre devo partire!» disse il suo amico. Era un giorno come gli altri, e i raggi del sole accarezzavano la pelle mulatta di Mohamed steso sotto le lenzuola. L’altra metà del letto era vuota: da un po’ Chiara si era alzata per preparare la colazione. L’ampio appartamento di via Cairoli, ereditato dal padre di lei, soddisfaceva esaurientemente i bisogni di quella nuova coppia. Le vie strette e umide di Genova creavano un netto contrasto con l’interno caldo e accogliente dell’alloggio. Un nuovo giorno era appena nato, preceduto dall’ennesima notte insonne e tormentata. Quando calava il sole, infatti, nella mente dell’uomo si affollavano demoni che con la luce rimanevano nell’ombra ma sempre pronti ad assalirlo e col buio uscivano allo scoperto. Luci al neon «Buongiorno» disse Chiara, porgendogli il vassoio con un sorriso. Lei vedeva in Mohamed l’uomo della sua vita, ma vedeva in lui solo la parte di che lui aveva deciso di mostrarle: quella di un uomo solo ma determinato a integrarsi e a raggiungere obiettivi ambiziosi. Il resto non poteva vederlo. Mohamed rispose con un sorriso ricolmo di una luce magnetica. Ripensò, come ogni mattina, a suo figlio, un’altra delle cose di lui che Chiara aveva accettato a malavoglia. Amir, il suo bambino, era nella sua testa in ogni secondo della giornata, lo sentiva più vicino di qualsiasi altra presenza; continuava a vedere i suoi occhi luminosi anche nel buio della notte. «Sul giornale ci sono offerte di lavoro interessanti, tu hai cercato qualcosa su internet?» Era un po’ di tempo che Chiara insisteva con lui perché cercasse un lavoro. Il suo reddito le permetteva di mantenerlo senza problemi, tuttavia si era resa conto, assai presto, che la scarsa mobilità dell’uomo aveva provocato in lui una sorta di apatia. «Sì, ho trovato qualcosa» il tono allegro di lui fece molto piacere a Chiara. Lui, dal canto suo, era motivato a trovare un impiego per continuare a sostenere economicamente la sua famiglia lontana, nonostante avesse trovato una nuova donna in Italia. Mohamed si alzò dal letto con un fastidioso ronzio nelle orecchie, il ronzio di chi aveva trascorso la giornata precedente a dormire Capitolo quarto 33 34 e guardare la TV. Il leggero rimorso misto ad angoscia, che ormai caratterizzava la sua vita, era dovuto alla consapevolezza della propria improduttività. Da quando era giunto in Italia era sempre riuscito a far arrivare un po’ di soldi in patria, alla sua famiglia, grazie a un suo amico. Ashraf lo aveva accolto e aiutato nel primo periodo in Italia: si era occupato di far pervenire i contanti alla famiglia di Mohamed. I due erano rimasti in contatto fino a che, un fatidico giorno non era accaduto qualcosa. Mohamed si stava recando al bar dove lavorava Ashraf. Voleva chiedergli aiuto, poiché era stato licenziato e non sarebbe più stato in grado di aiutare la sua famiglia. Svoltato l’angolo si trovò di fronte a una scena che lo paralizzò: tre individui avevano afferrato Ashraf e lo stavano portando via privo di sensi. Da quel giorno non lo vide più. Nei giorni seguenti il suo umore andò via via peggiorando; continuando così avrebbe raggiunto il fondo. Un giorno, sconfortato, si trascinò verso il primo bar che aveva trovato per tentare di occupare la mente, di non pensare, in cerca di un appiglio alla vita. Varcò la soglia e immediatamente e vide alcuni uomini che consumavano birra seduti al bancone. S’avvicinò agli altri e si sedette. Ordinò da bere. La donna che lo servì aveva circa la sua età e, dopo qualche bicchiere, Mohamed trovò il coraggio di chiederle il nome: Chiara. Continuò a bere per far uscire dalla testa Luci al neon i pensieri che si affollavano dal giorno della sparizione di Ashraf e, al loro posto, cominciò a nascere il desiderio di conoscere quella bellissima cameriera. Giunti quasi all’ora di chiusura, nel locale erano presenti solo Mohamed e Chiara, che egli scoprì essere la proprietaria. Avvicinatosi al bancone, dietro al quale la donna stava asciugando alcuni bicchieri appena usciti dalla lavastoviglie, cominciò a raccontarle la sua storia. Capitolo quarto 35 Capitolo QUINTO Tra decisioni e rivelazioni In casa di Elia, Amir si preparava a partire. Prese velocemente le sue cose e con occhi pieni di lacrime rivolse un cenno di saluto ai suoi benefattori. Salutò Elia e la madre ringraziandoli e chiedendo loro di non essere seguito, né più cercato. Amir si diresse verso la stazione: si sentiva carico di energia, pronto a cercare suo padre ma, allo stesso tempo, solo, privato di quell’amore che gli era stato donato gratuitamente. Salì sul primo treno diretto a Genova e prese posto. Era solo anche lì. Amir fissò il sedile accanto a lui a lungo fin quando, alla stazione di Padova, salì un ragazzo dall’aria frastornata, anche lei sembrava spaesato. Si accostò ad Amir e gli chiese se il posto accanto al suo fosse libero. Amir annuì; poi bastò uno scambio di sguardi e cominciarono a parlare. Qualcosa sembrava unirli. Amir, chissà, forse non era solo uno dei tanti ragazzi che si incontrano per caso. Timidamente gli porse la mano e si presentò: «Piacere, mi chiamo Amir. Ho 17 anni, e tu?» Il ragazzo, altrettanto imbarazzato, rispose: «Sono Lucas e ho 18 anni, sono diretto a Genova per far visita a mia sorella». «Anche io sono diretto lì» ribatté Amir. «E come mai vai a Genova?» Capitolo quinto 37 38 A quel punto, Amir fece esplodere tutta la tensione che aveva racchiusa nel cuore e scoppiò in lacrime. Da subito tra loro ci fu una grande complicità, un lungo abbraccio spontaneo: non serviva alcuna parola, i loro occhi dicevano ogni cosa. Lucas accarezzò soavemente il volto di Amir, le loro labbra si sfiorarono e si socchiusero dolcemente in un bacio tra lo stupore da parte di entrambi per ciò che stava accadendo. Intanto Elia era tormentato da quell’addio improvviso. Immaginava Amir da solo, in un luogo a lui sconosciuto, senza nessuno che lo aiutasse. Le sue parole gli rimbombavano nella testa: “Vi prego, non seguitemi, non cercatemi”. Come faceva a lasciarlo andare così? Ormai erano passate ore dalla partenza di Amir ed Elia continuava a rigirarsi nel letto senza riuscire ad addormentarsi. Finalmente i primi raggi del sole vennero a illuminare la stanza, Elia non aspettò oltre e si alzò, trascinandosi con fatica verso la cucina, come se i pensieri pesassero davvero e, con stupore, trovò anche lsu madre già sveglia: «Buongiorno Elia, hai dormito bene?» «Non ho chiuso occhio stanotte!» rispose lui. «Tutta questa storia ha scombussolato anche me. Spero solo che Amir non si metta nei guai». Rimasero in silenzio a lungo, nessuno riusciva a trovare le parole adatte, tutte sembravano troppo vuote e fredde. Amelia preparò Tra decisioni e rivelazioni la colazione e, come d’abitudine, accese la radio. “Ed ora un brano degli anni ’70 del grande Renato Zero, Eroi. Una canzone che ci farà riflettere molto e speriamo che d’ora in poi tutti ci sentiremo degli eroi in questi tempi così difficili”. “Smetti di sognare e vai, tieni il passo se no guai… Su quella strada si diventa eroi”. Non c’erano parole migliori di queste, ormai la scelta era presa. Elia e la madre sarebbero andati ad aiutare Amir. Mohamed e Chiara avevano appena terminato la loro colazione. Quella mattina regnava un’aria di felicità nella casa: Mohamed era riuscito finalmente a trovare un lavoro e, improvvisamente, si sentì sollevato dato che da tempo non aveva avuto più la possibilità di mandare denaro alla famiglia lontana. Il sorriso di Chiara era più acceso che mai, come quel sole che li aveva appena svegliati. «Sei ancora più bella stamattina» le disse accarezzandole il volto. Lei gli sorrise e disse: «Devo darti una bellissima notizia». «Di cosa si tratta?» le rispose incuriosito ma, allo stesso tempo, preoccupato per aver capito già cosa la donna voleva dirgli. Lei lo guardò con le lacrime agli occhi e disse: «Aspetto un bambino». In quel momento per Mohamed il tempo cessò di trascorrere, sembrava gli fosse caduto il mondo addosso: una notizia così bella, l’aveva distrutto. Pensò ad Amir, non aveva intenzione di avere un altro bambino. Che egoista sarebbe stato, altrimenti. La felicità Capitolo quinto 39 40 che inizialmente irradiava i loro volti, si trasformò in un sentimento negativo, quasi una delusione, tanto che Mohamed si voltò e uscì di casa senza dare spiegazioni. Chiara rimase da sola, immobile, incredula alla reazione del compagno e, improvvisamente, quelle lacrime di gioia divennero di dolore. Nel frattempo, Mohamed, confuso, si recò in un bar e iniziò a bere. I pensieri lo uccidevano e non riusciva a smettere di pensare alle parole di Chiara e a quello che aveva fatto. Assalito dai sensi di colpa, decise di tornare a casa. Trovò Chiara nel letto che non aveva smesso di piangere da quando l’aveva abbandonata. Il suo viso era distrutto, pieno di collera. «Scusami… scusami davvero» le disse Mohamed mortificato. «Vai via, non voglio più vederti!» gli urlò lei. «Sono stato uno stupido… non so cosa mi è preso, ero confuso». L’idea di un altro bambino, da un’altra donna, costruire una nuova famiglia quando non era stato neppure in grado di mantenerne una. «Perdonami per quello che ho fatto, non volevo, ho agito d’impulso, scusami». Chiara lo guardò mentre Mohamed si avvicinava sempre di più a lei. Le accarezzò il volto per asciugarle le lacrime e la strinse forte a sé: «Non preoccuparti amore, andrà tutto bene». Tra decisioni e rivelazioni CAPITOLO SESTO Ho difeso il mio amore Alla stazione di Genova, una giovane signora era andata incontro ai due ragazzi e stava abbracciando Lucas con fraterno calore. «Che sorpresa Chiara! Non sarei dovuto venire io direttamente a casa tua?» disse suo fratello. «Si, ma ho voluto farti una sorpresa. Inoltre ho tante novità da raccontarti». Sciolto l’abbraccio, l’attenzione di Chiara si spostò su Amir e domandò a suo fratello: «Lui è con te?» «Si, è un ragazzo che ho conosciuto durante il viaggio, è in una situazione difficile vorrei aiutarlo». Chiara porge la mano ad Amir come per abbracciarlo e lui imbarazzato per questo gesto ai suoi occhi inusuale tra uomini e donne, si blocca e volge uno sguardo dubbioso su Lucas. Un brivido percorre la schiena di Chiara alla vista del verde profondo e delle sfumature dorate degli occhi di Amir. Gli erano famigliari, forse troppo per una coincidenza. Come un agghiacciante rivelazione Chiara fu presa da un pensiero irrefrenabile: tutto sembrava coincidere…”E se Amir fosse suo figlio?” pensò. Con forzata cortesia invitò Amir a parlare maggiormente di sé, della Capitolo sesto 41 42 sua storia e mentre lui le raccontava della sua intenzione di ritrovare suo padre rifugiatosi in Italia, i suoi dubbi diventavano sempre di più certezze e ogni certezza si trasformava in una gelida sferzata al suo cuore. Il caos della Hall della stazione era nulla al confronto del battito del cuore di Chiara, i pensieri le ronzavano in testa in maniera assordante: lo stesso treno che le aveva portato il fratello avrebbe potuto portarle via il compagno e lei si immaginava già sola con un figlio. Nel frattempo, usciti dalla stazione, Lucas chiese alla sorella: «Quali sono le novità che volevi raccontarmi?» «Ho un nuovo compagno; viviamo insieme da poco tempo ed è per questo che preferisco non ospitarti» rispose lei con distacco. Lucas rimase sconcertato per la freddezza di quelle parole che sembravano quasi ergersi come un muro invalicabile. «Sono proprio contento, di aver perso il mio posto-letto a Genova» rispose lui con affettuoso sarcasmo. «Vorrà dire che per stasera ci sistemeremo in qualche modo poi, se vorrai, me lo presenterai domani il tuo nuovo fidanzato». «Vedo che hai intuito la situazione» ribatté Chiara. «Vi accompagno a un alberghetto qui vicino». Le scale del civico 12 di via del Campo, sembravano lunghissime nei pensieri tumultuosi e tormentati di Chiara. Quando si aprì la porta del Bed & Breakfast “La Superba”, Chiara aveva già deciso: avrebbe Ho difeso il mio amore fatto di tutto per tener lontano Amir dal suo padre. Mohamed era “suo”, il suo uomo, il padre del figlio che aveva in grembo. L’odore del mare e il verso dei gabbiani entravano nella stanza a svegliare i due amici che avevano dormito profondamente tutta la notte. Amir aveva ancora nelle orecchie la confusione e il rumore dei treni. Il compagno si stava preparando per andare a trovare la sorella, in ansia per quello che avrebbe potuto ascoltare. Ad attendere Amir c’era una giornata pesante, fatta di ricerche, seguendo gli indizi che aveva raccolto a Venezia dal suo vicino di casa. I ragazzi si diedero appuntamento a mezzogiorno di fronte alla stazione e uscirono per mete diverse. Amir scese le scale velocemente, si fermò davanti all’ingresso dell’hotel e si guardò attorno. Sentì il vociare delle persone provenire da una viuzza poco lontana, così si avviò lentamente incuriosito. Il “caruggio” era pieno di negozi che esponevano merce orientale, profumi di spezie a lui familiari, sacchi di uva sultanina e datteri. Sembrava di essere piombati all’improvviso in un vicolo di Damasco. I tappeti artigianali coloravano la via e la musica orientale si diffondeva ovunque. Una sensazione piacevole riempiva l’animo di Amir, guardava il volto delle persone riconoscendo ora in un uomo ora in un altro i tratti levantini del padre. Si fermò davanti a diversi negozi cercando di scorgere dietro ai banconi la sagoma del padre e tese l’orecchio alle frasi dei clienti cercando di riconoscere un’espressione o un Capitolo sesto 43 44 accento familiare. Intanto Elia e sua madre Amelia avevano deciso di raggiungere Amir nonostante li avesse congedati con un addio. Dopo aver fatto i bagagli velocemente, i due si erano recati di corsa alla stazione e stavano ascoltando gli annunci dei treni in partenza, aspettando quello per Genova. Elia, in ansia per il suo amico, snervato dall’attesa decise di telefonare ad Amir, poi rivolgendosi alla madre disse: «Possiamo viaggiare tranquilli, Amir è ben sistemato per fortuna» poi riprese «Adesso dobbiamo solo pensare come aiutarlo». Intanto Amir, rinfrancato per l’aiuto inaspettato di Elia e sua madre continuava a camminare con maggior determinazione fra i vicoli di Genova, quasi dimenticando il suo compagno di viaggio. Lucas aveva raggiunto sua sorella al bar ritrovando inaspettatamente la “Chiara” di sempre: in stazione era rimasto molto turbato dal suo strano atteggiamento e dalle mille domande con cui aveva travolto Amir. Chiara offrì subito a suo fratello una porzione di infarinata di ceci di cui sapeva che era ghiotto: «Sarai affamato» gli disse sorridendo. «Non sai quanto mi mancano le tue specialità» rispose lui tirando subito a sé il piatto. «Allora Lucas, che mi dici del tuo amico?» riprese Chiara con l’estrema calma di chi cerca di nascondere il perché dei suoi interessi. «Di Amir ne so poco più di te, piuttosto parlami tu, parlami del tuo nuovo compagno, raccontami qualcosa e, soprattutto, quando me Ho difeso il mio amore lo presenti?» rispose Lucas cambiando argomento. Chiara rispose nervosamente: «Il mio compagno è un tipo molto riservato, ora è fuori città per lavoro e ha orari molto particolari». Poi con malcelato imbarazzo continuò: «Spero di fartelo conoscere nei prossimi giorni». La sua voce sottile fu sovrastata dalla musica in sottofondo, una voce cantava: “Sopra una pietra c’era scritto così: ho difeso il mio amore”. Capitolo sesto 45 CAPITOLO SETTIMO Eroi per non morire Il sole si era levato da qualche ora, quando Lucas si recò nel bar di Chiara per fare colazione. Restò sorpreso di non trovare la sorella a servirlo. Al suo posto c’era un uomo di mezza età dalla carnagione scura, quasi calvo, con una barba incolta e una particolare cicatrice; gli occhi persi nel vuoto. «Tre, tre, otto…» Lucas compose il numero di Amir a voce alta «Amir, sono Lucas!» «Come stai?» Rispose il suo amico felice di ricevere quella telefonata. «Bene, grazie. Che ne diresti di vederci per un caffè?» continuò Lucas. «Volentieri. Dove?» chiese Amir. «Che ne dici di vederci al bar di mia sorella, alle 10:30?» propose Lucas. «Perfetto, ci vediamo lì tra mezz’ora» confermò Amir. Terminata la chiamata, entrambi immaginarono il loro incontro. Amir, combattuto tra il sentimento improvviso che provava per Lucas e la paura di ammetterlo a se stesso, camminava tra la gente e nessun posto sembrava appartenergli, preso dall’ansia dell’incontro. Era quasi giunto a destinazione, stava per entrare nel bar quando si fermò sull’uscio a sbirciare dal vetro della porta. «Eccolo» bisbigliò tra sé «Com’è bello!» Poi ebbe paura: «Che sto dicendo? No, non è così, non devo scompormi, devo solo stare tranquillo e mi passerà Capitolo settimo 47 48 come tutte le altre volte e nessuno si accorgerà di nulla. Tranquillo, devo restare calmo e tranquillo. Come faccio? Che mal di testa!» Continuava a farfugliare tra sé. Nel frattempo Lucas aveva scorto Amir in strada e con la mano gli fece cenno di entrare, poi vedendo le titubanze di Amir, decise di andargli incontro aprendo lui stesso la porta del Bar per invitarlo a entrare. Ancora più confuso dal gesto inaspettato di Lucas, Amir arrossì – i due erano vicini, vicinissimi, pochi centimetri separavano le loro labbra. Lucas provò a baciarlo, ma Amir si ritrasse. «Scusami, devo aver capito male» disse Lucas. «Capito cosa?» rispose Amir mettendosi sulla difensiva mentre in cuor suo si sentiva irresistibilmente attratto dal profumo e dalla sua bellezza del suo amico, che gli suscitavano un’irrefrenabile voglia di baciarlo. Amir ricordava perfettamente com’era andata la prima volta che si era abbandonato a un simile sentimento, e il prezzo che dovette pagare. Lucas, intanto, aveva trovato un tavolino libero e invitò Amir ad accomodarsi; era intenzionato a parlare con lui e magari chiarire quel bacio in treno. Mohamed era rimsto dietro al bancone del Bar senza neppure badare più di tanto ai due ragazzi, era nervoso, litigava con la macchinetta del caffè, un po’ perché non l’aveva mai usata prima, un po’ perché era stato costretto da Chiara a sostituirla senza neppure capire bene il perché, e la circostanza lo Eroi per non morire aveva infastidito non poco. «Tu cosa prendi?» chiese Lucas ad Amir tentando di metterlo a suo agio «Un caffè va benissimo, grazie» rispose frettolosamente Amir ancora imbarazzato. Lucas si avvicinò al bancone e con garbo chiese a Mohamed di portargli al tavolino due caffè, senza parlare Mohamed sempre più agitato per prendere tempo portò al tavolo anche un vassoio con dei pasticcini, fu allora che, guardando Amir per la prima volta, fu pervaso da un brivido che gli fece cadere in terra il vassoio. Amir lo guardò e sorridendo fece per chinarsi ad aiutare Mohamed a raccogliere i pasticcini, e così facendo il pendente che aveva al collo fu chiaramente visibile. «Dove hai preso quel ciondolo?» gli chiese Mohamed. «Questo ciondolo lo porto al collo dalla nascita, è l’unico ricordo della mia famiglia e di mio padre» rispose Amir ricacciando il ciondolo sotto il collo del maglione. Mohamed all’improvviso sbiancò, gli occhi si fecero lucidi e gonfi di lacrime. «Che ti succede, non ti senti bene?» chiese Lucas preoccupato. Mohamed non riusciva neppure a parlare, sembrava paralizzato; come in un film, in un attimo i ricordi lo portarono indietro nel tempo: risentì la voce di suo figlio, che aveva lasciato da solo con la madre tanto, tanto tempo prima. «Come hai chiamato il tuo amico?» chiese Mohamed con un filo di Capitolo settimo 49 50 voce Lucas. «Amir, perché?» rispose Lucas incuriosito dal tono apprensivo dell’uomo. Mohamed si sentiva paralizzato e senza parole: possibile che quel ragazzo fosse proprio suo figlio? La tivù accesa interruppe i suoi pensieri. Tragedia alla stazione di Genova: è stato trovato il corpo di una donna uccisa da due colpi di pistola. È stata accertata l’identità della vittima: una donna veneziana di mezza età, rimasta vedova pochi anni fa, Amelia Boscolo. L’omicidio è avvenuto in seguito a un tentativo di rapina. I testimoni hanno permesso l’identificazione di un uomo sospettato dell’omicidio: Mohamed Majeed, di origini siriane. Mentre nel bar si commentava la notizia, gli sguardi dei tre si intrecciarono. A sentire quel nome, Amir volse lo sguardo verso Mohamed riconoscendo in lui l’uomo della foto; Lucas si alzò di scatto e impugnò la rivoltella che portava sempre con sé per sicurezza, e la puntò verso l’uomo; Mohamed afferrò un borsone che teneva nascosto dietro il bancone, e che pobabilmente contenente la refurtiva, e corse via in preda alla disperazione. “Ho appena ritrovato il mio Amir e l’ho già perso. Ho perso tutto. Non avrei dovuto abusare dell’amore di Chiara; non sarei dovuto entrare in quel giro di soldi sporchi. Sono un uomo perverso finirò male, e so già che ancor prima di riuscire a chiedere perdono a mio figlio, sarò crocifisso alla sua memoria” pensò Mohmed. Eroi per non morire Genova, 18 ottobre 23:40 Elia e la madre sono appena scesi dal treno della stazione semideserta. Un gruppo di uomini loschi dai tratti stranieri sbucano al nulla e tentano di derubare la donna: neppure il tempo di avvertire la loro presenza, che due spari rimbombano fra le mura della stazione con un riverbero letale. Amelia cade in terra, priva di vita. Per momenti interminabili Elia rimane immobile, con lo sguardo fisso sulla pozzanghera di sangue che si allarga sul marciapiede. Polizia. Ambulanze. Sirene. Eroi per morire. Capitolo settimo 51 CAPITOLO OTTAVO La via della speranza Aveva aspettato la polizia accanto al corpo di sua madre. L’avevano allontanato da lei poi l’avevano coperta. Il mondo gli cadde addosso, erano arrivati e l’avevano portata via. Elia sapeva che si doveva rialzare, ma trovare un motivo per andare avanti era difficile. Le sue forze scorrevano via come acqua. Lacrime amare gli rigavano il viso, le sentì scivolare, arrivare alla bocca, formare un velo nei suoi occhi, come un mare profondo in cui Elia sperava di sprofondare. Il dolore era una voragine che si apriva nel petto, troppo grande per potersi rimarginare. Il ricordo di sua madre era lacerante, i dubbi lo braccavano, come una bestia che tornava all'attacco, non appena lui abbassava la guardia. Elia non sa cos’è successo, non sa perché sua madre è morta. Non conosce la bestia che si muove nel suo petto, che gli afferra e gli dilania il cuore, che grida per uscire e divorare ogni cosa. Non vuole quella bestia, vuole sua madre lì, con lui. Lei gli avrebbe sorriso e sarebbero andati da Amir. Amir, che cercava da mesi suo padre. Amir, figlio di un uomo che gli aveva portato via ogni cosa. Amir, con cui aveva setacciato la Venezia sotterranea, a cui aveva aperto la sua casa. Elia continuava a ricordare i momenti trascorsi con l’amico mentre percorrevano nel cuore della notte le strade deserte. Riaffiorava Capitolo ottavo 53 tutto alla sua memoria: il rumore dei loro passi sui ciottoli della strada, le parole sussurrate, lo sguardo profondo del suo amico. Ricordava il momento in cui aveva portato Amir a casa sua, l’esitazione di sua madre di fronte al giovane ferito. Come foglie che sono portate via dal vento così Elia si sentiva trasportato dalla forza degli eventi. 54 Genova, 19 ottobre ore 7:30 Mohamed non sapeva dove andare, si era rifugiato nel retro del bar di Chiara. Passò la notte insonne. Sconvolto per ciò che sarebbe potuto accadere ripensava agli eventi del giorno prima. Era deluso e la paura lo dominava, il terrore di essere raggiunto dai suoi “amici” malviventi lo tormentava, pensava solo all’incontro con Kaboul e alla consegna dei soldi. Afferrò la borsa e si diresse di corsa verso casa, tanti erano i pensieri che affollavano la sua mente, era successo tutto così in fretta, quasi non riusciva a crederci. In pochi minuti era nella via di casa. Un rumore assordante. Un bagliore accecante, erano macchine della polizia. Mohamed era braccato: non poteva incontrare Kaboul. Doveva nascondersi in un posto sicuro. Ma dove? Non aveva amici fidati, l’unico parente che aveva lo riteneva un criminale, non sapeva dove andare! Poi un’idea, l’unica via di fuga erano le fogne. La via della speranza Ore 11:20 Il rumore dell’acqua echeggiava nell’aria, l’odore fetido e pungente gli penetrava nel naso, era buio e i ratti gli sgusciavano tra le gambe. Mohamed era spaventato, non sapeva cosa fare e l’unica cosa che possedeva era quella borsa che gli aveva causato tanti problemi. Pensava ad Amir. «L’ho perso nello stesso momento in cui l’ho incontrato; dove sarà ora? Cosa penserà di suo padre» disse pensando a voce alta Mohamed. I dubbi, le paure, le angosce lo agitavano, ma poco lontano da lui qualcun altro viveva nel tormento. Amir era confuso. La felicità per aver ritrovato il padre era indescrivibile, quasi non riusciva a crederci. I battiti del cuore erano accelerati, Lucas lo guardava con tenerezza e non capiva, riusciva solo a percepire la tensione che travagliava il suo giovane amico. Gli occhi di Amir si riempirono di lacrime mentre il televisore, posto sopra il bancone del bar, trasmetteva le scene dell’ omicidio. "Come ha potuto, mio padre, uccidere qualcuno?” Pensò dentro di sé. Aveva solo voglia di piangere, di urlare, di scappare da quella pesante realtà che lo soffocava, avrebbe voluto riavvolgere il nastro della vita, cancellare tutto, ma non poteva. Poteva solo provare a reagire, rialzarsi; forse il tempo avrebbe cicatrizzato le ferite, ma non avrebbe potuto cancellare i ricordi. Poteva solo tentare di ricominciare. Era Capitolo ottavo 55 56 terrorizzato, ma non poteva tirarsi indietro proprio adesso. “Aver paura è umano, ma riuscire a superare le paure significa essere eroi”, ripensava alle parole che spesso ripeteva Amelia, la madre di Elia. Ora Amir doveva fare sue le parole della donna, doveva affrontare i suoi mostri. E paure ne aveva tante. Anche i suoi sentimenti erano stati una scoperta. Quando si trovava in Siria, non aveva mai avuto l’occasione di riflettere sul proprio orientamento sessuale. Dopo la scomparsa del padre, Amir era stato costretto a prendere il ruolo di capo famiglia, doveva occuparsi di sua madre e dei suoi fratelli, non aveva tempo per pensare a sé. Incontrare Lucas sul treno fu una vera sorpresa, non si sarebbe mai aspettato di provare dei sentimenti così forti. Fin dal primo momento in cui lo vide, ebbe la certezza che fosse la persona giusta, quella di cui aveva bisogno. L’intesa tra i due era evidente. Quel bacio in treno fu così spontaneo e naturale da essere la conferma di tutto, era come se si conoscessero da sempre. Qualsiasi incertezza svanì, le sue idee si chiarirono, era deciso: voleva stare con Lucas! Voleva scusarsi, era stato così freddo e distaccato, ma aveva paura di non essere accettato. Gli sarebbe piaciuto chiarirsi con Lucas, ma le priorità erano altre per il momento: doveva scappare. Si alzò frettolosamente, le uniche parole che uscirono dalla sua bocca furono: «Mi dispiace Lucas». Si sentiva mortificato, ma oramai non poteva far altro. Lucas lo lasciò andare senza troppe domande, per l’ennesima volta il tempo non La via della speranza l’era stato amico, la loro storia era rimasta inconclusa. Né Lucas né Amir erano però preoccupati, sapevano che quello non era un addio avevano la certezza che si sarebbero ritrovati, ma ora Amir doveva fuggire da quella crudele realtà, doveva solo scappare. Ma dove? Amir si trovò, quasi senza rendersene conto, all’interno dell’unica Moschea di Genova, centinaia di persone chinate venerano Allah e cercano pace, quella pace che Amir non prova da tempo. Volontà e fede lo spingono ad affrontare un’impresa, quella di trovare il padre. Quel padre, forse un po’ codardo che non è stato in grado di assumersi le proprie responsabilità e, di fronte alla vista del proprio figlio, l’unica cosa che ha saputo fare è scappare.All’interno della Moschea filtrava un filo di luce, quella luce fioca e rossastra che annunciava il tramonto del sole. Gli unici suoni che si percepivano erano quelli delle persone che, rivolte verso la Mecca seguivano i movimenti della propria guida spirituale: l’Imam. All’improvviso un rumore, la grande porta d’ingresso si aprì, Amir interruppe la propria preghiera e si voltò per capire cosa stesse succedendo. La luce velata del sole inondò l’edificio e Amir vide una figura maschile che avanzava: Elia. Un tuffo al cuore, gelidi brividi gli percorsero la schiena. “Perché è qua? Cosa ha intenzione di fare?” pensò. Era la prima volta che Elia entrava in quel luogo di culto, si stupì e rimase affascinato nel vedere tante persone accovacciate che si muovevano ritmicamente. Nel silenzio si levava un coro che Capitolo ottavo 57 58 rispondeva alla voce dell’Imam. Lentamente Amir si alzò e si avvicinò all’amico e disse: «Salām Elia! Oumuka Li Rouh Al Salām (“Pace allo spirito di tua madre”). Vorrei tanto aiutarti se mi dessi la possibilità di parlarti!» «Non sono qui per accusarti Amir, sono convinto della tua estraneità, non cerco vendetta, ma voglio solo sapere perché? Perché tanta ferocia? Perché vivere di espedienti, di furti e di criminalità? Ti prego, dammi una risposta in questo luogo di pace e di preghiera» chiese Elia con l'aria di chi ha bisogno di dare un valore a quanto era accaduto. «Non so Elia, sono confuso, il padre che cercavo non è questo, non può essere questo. Vorrei che fosse innocente! Dobbiamo sapere la verità e credo di sapere come fare» rispose Amir sconcertato. Amir uscì dalla Moschea ed Elia lo seguì. Un sussulto: un losco individuo lo apostrofò con fare aggressivo: «Ma dov’eri finito, Mohamed? Dovevamo vederci un’ora fa!» Il cuore di Amir cominciò a palpitare, i respiri si fecero più pesanti. Si fece avanti una certezza: l’uomo misterioso lo aveva scambiato per suo padre, forse c’era ancora una speranza. Si fece coraggio: «Io non sono Mohamed, sono il figlio, mi chiamo Amir. Tu chi sei? Perché stai cercando mio padre?» «Sono Kaboul, pensavo fossi in Siria, cosa ci fai qua? Dov’è tuo padre?» «Sono arrivato in Italia perché pensavo che lui fosse morto, l’ho La via della speranza ritrovato, ma ora ho scoperto una realtà terribile, si è macchiato di un crimine inaudito: ha ucciso una persona. Sono confuso e deluso, non so più cosa fare» rispose Amir. «Non preoccuparti, Mohamed non ha mai smesso di pensare a te e a tua madre, ha cercato in qualsiasi modo di trovare dei soldi e li ha trovati anche attraverso espedienti non sempre legali. Io l’ho conosciuto poco tempo fa e mi ha chiesto di inviare dei soldi alla sua famiglia, in Siria. Stai tranquillo, non si è macchiato di un omicidio. Io conosco la verità» rispose Kaboul. Elia e Amir si guardarono negli occhi. La speranza riprese vita. Capitolo ottavo 59 CAPITOLO NONO Un amore a colori Kaboul rivede negli occhi di Amir la stessa forza di volontà che aveva visto in Mohamed quando per la prima volta aveva bussato alla sua porta in preda all'angoscia e ai sensi di colpa. Nonostante voglia di dissipare tutti i dubbi di Amir sull'innocenza del padre si rendeva conto che non era compito suo rivelargli tutta la verità riguardo suo padre per cui decise comunque di dargli una risposta sommaria: «Conosco abbastanza bene tuo padre, e ho in mente alcuni posti in cui potrebbe essersi rifugiato». Queste semplici parole bastarono per riaccendere la speranza in Amir ed Elia che subito, sulle indicazioni date da Kaboul ripresero le ricerche. Mohamed non sapeva dove andare, era solo e, cosa peggiore, un pensiero continuava a tormentarlo: “Mio figlio mi crede un assassino come posso essere un buon padre per il bambino che aspetta da Chiara se non era stato capace a dare il buon esempio al mio Amir?” In preda alla disperazione, iniziò a pensare a come tutto aveva avuto inizio e, senza rendersene conto, il volto si rigò di lacrime fu così che decise di andare nel luogo che descriveva spesso nelle lettere spedite alla sua famiglia in Siria, un luogo di pace in cui sperava di lasciare fuori tutti i problemi, le sue disgrazie… magari lì Capitolo nono 61 62 sarebbe riuscito a trovare una soluzione. «Neanche qui l’hanno visto!» esclamò Amir in preda allo sconforto. «Rimane solo un posto da controllare… dai Amir non perdere la speranza!» lo esortò Kaboul. Elia e Amir seguirono Kaboul fino ad arrivare a una piccola casa in aperta campagna. Amir appena ne varca la soglia restò impietrito e senza parole: quello era chiaramente il luogo che suo padre gli descriveva nelle lettere. Chinato, al centro della stanza, intravede la figura di un uomo. Il cuore inizia a palpitargli forte. Mohamed sentendo strani rumori provenire dall’esterno pensò: “Mi hanno trovato! Ora è tutto perso”. Si alzò con tutta la dignità che ancora gli era rimasta deciso a consegnarsi senza porre resistenza agli uomini che erano venuti a prenderlo ma non alza lo sguardo negli occhi si accende una nuova luce e con un filo di voce riesce solo a dire: «Figlio mio, devi credermi io sono innocente!» Amir è confuso: non sa se cedere al bisogno di abbracciarlo ma deve conoscere la vera natura di suo padre: «Padre, ho bisogno di sapere la verità» esclamò Amir. «Hai ragione, è arrivato il momento di raccontarti tutto, figlio mio» ripose Mohamed. «Quando sono arrivato in Italia inizialmente ho avuto non poche difficoltà, tuttavia grazie all’aiuto di alcuni amici sono riuscito a trovare Un amore a colori un lavoro e a mandare dei soldi a te e a tua madre in Siria. Tutto è iniziato ad andare male quando ho perso il lavoro e per rifarmi ho iniziato a frequentare brutte persone, a sfogare le mie ansie nell'alcool. La mia vita non aveva più uni scopo e devo solo ringraziare Chiara, che mi ha aiutato sia economicamente sia umanamente, se ho smesso di bere e ho provato a cercare un nuovo lavoro. Ho provato a chiudere ogni rapporto con i delinquenti che avevo frequentato, ma hanno iniziato a minacciarmi e ricattarmi! Non ho ucciso io quella signora, un loro complice ha fornito il mio identikit per incastrarmi! Devi credermi figlio mio, non sarei capace di tanto!» Nel frattempo, Elia non riesce a trattenere le lacrime: «Quella donna era mia madre, ma non l’ho con lei signore, mia madre è stata vittima di una stupida rapina finita male per mano di uomini senza cuore». Il silenzio che si crea nella sala rende tutto più difficile. A un certo punto Amir inizia a parlare. «Caro padre, i vostri occhi non stanno mentendo. Io vi credo e dovete assolutamente denunciare questi delinquenti, dovete redimervi agli occhi di tutti, voi non siete un assassino! Vi accompagneremo tutti e tre dalle autorità, è la cosa giusta da fare!» È il secondo giorno che Amir non si muove dalla stazione di polizia. Elia e Kaboul gli sono rimasti sempre vicino. Suo padre ha accettato di denunciare tutto alla polizia e sta collaborando con loro per far arrestare i colpevoli dell’omicidio di Amelia e di tante altre vittime come lei. Spronato da Elia, Amir decide di tornare nel B&B dove era stato; fu Capitolo nono 63 meravigliato di ritrovare lì Lucas con sua sorella che non appena lo vide, gli si gettò con le braccia al collo e con le lacrime negli occhi gli disse: «Mi dispiace di non averti detto nulla su tuo padre Amir, ero molto scossa da tutta questa situazione». «Non preoccuparti Chiara, so che hai aiutato mio padre e l’hai fatto con il cuore. Ora ho intenzione di restare in Italia al suo fianco. Cercherò di spiegare tutta la situazione alla mia famiglia in Siria, omettendo qualche particolare che creerebbe solo dolore a mia madre... tu mi capisci…» disse Amir con la calma ormai di un uomo. Nel frattempo il suo sguardo incrocia quello di Lucas. «Sì, resterò in Italia anche per te» continuò Amir. 64 13 dicembre ore 09:00 È una mattina piovosa, sono tutti lì presenti per lui: Chiara, Elia e Amir. Mohamed gli rivolge un sorriso speranzoso carico di promesse e serenità. Le ore che lo separano dalla libertà o da una condanna senza appello sono interminabili. Gli avvocati si alternano, il giudice si ritira per emettere la sentenza. I minuti più lunghi della sua vita scorrono lenti, goccia a goccia. Sembra passata un'eternità quando finalmente il giudice rientra in aula pronto a decidere le sorti della sua vita. È come essere in una bolla, tutto ti sembra ovattato, ti trovi lì ma in realtà è come se non lo fossi. Allegria, felicità, stupore: intense sensazioni e meraviglia si alternano nella sua mente quando Un amore a colori il giudice lo dichiara innocente! Innocente! Mille pensieri si affollano nella sua testa, finalmente potrà avere la vita che ha sempre desiderato, crescere i suoi figli e amare la nuova esistenza che lo attende. Solo gioia, niente più lacrime, nonostante la nostalgia ogni tanto arriverà comunque nel suo cuore, una nostalgia che saprà di casa, la sua vera casa devastata ora da guerre fratricide ma che spera possa tornare un giorno a credere nella pace. EPILOGO Due anni dopo È il giorno del matrimonio di Chiara e Mohamed, dopo tanti sacrifici finalmente hanno realizzato il loro sogno e ora si guardano innamorati stringendo il frutto del loro amore. Elia è sereno adesso, sa di avere due angeli lassù che lo proteggono. Sorride ad Amir intento a stringere la mano di Lucas che lo guarda rapito, il loro amore è prevalso su tutto, nulla è riuscito a fermarli, neppure la paura di non essere compresi, accettati. Le loro storie sono un esempio per tutti quelli che affrontano ogni giorno ostacoli insormontabili ma che con la sola forza di volontà riescono a superarli, per tutti quelli che nonostante la vita presenti loro un conto amaro riescono ancora a sorridere al primo che incontrano per strada, per quelli che credono ancora che la VITA vada davvero vissuta, per tutti quelli che desiderano fortemente un Amore a colori. Capitolo nono 65 APPENDICE 1. Occhi verdi IIS “Isa Conti Eller Vainicher” Lipari (ME) - classe IV/V A Liceo Scientifico Dirigente Scolastico Tommasa Basile Docenti referenti della Staffetta Giovanna Buscemi, Maria Antonietta Drago Docente responsabile dell’Azione Formativa Giovanna Buscemi Gli studenti/scrittori delle classi: V A - Federica Addamo, Sabrina Beninati, Andrea Celeste Calabrese, Ilaria Mandarano, Andrea Giorgia Marino, Elisa Merlino, Vanessa Reitano, Rebecca Sabatini, Albarosa Sgroi, Ludovica Villanti IV A - Roberta Acquaro, Maurizio Fonti, Marco Lo Piccolo, Pierluigi Rifici, Barbara Rijtano, Vittoria Torre Hanno scritto dell’esperienza: “...Scrivere per noi vuol dire animare un foglio bianco. E anche quest’anno speriamo di esserci riusciti. Durante gli incontri abbiamo cercato di coniugare idee e pensieri molto diversi tra loro, ma nonostante ciò, la passione e la voglia di fare hanno vinto e ispirato il capitolo. Ormai è il quarto anno che intraprendiamo questo viaggio nel mondo della scrittura creativa e abbiamo sempre cercato di immedesimarci nei nostri personaggi e nel ruolo di scrittori. è stato ancora più avvincente ed emozionante scrivere il primo capitolo, avendo avuto l’occasione di accendere la scintilla che permetterà alla storia di prendere vita”. APPENDICE 2. Eroi per non morire Liceo Classico Scientifico “Don Carlo La Mura” Angri (SA) - classe III A Sci. Dirigente Scolastico Filippo Toriello Docente referente della Staffetta Raffaele Rossi Docente responsabile dell’Azione Formativa Giovanna Ferraioli Gli studenti/scrittori della classe III A Sci. Tutta la classe III A, in particolare gli alunni: Abate Alessia, Balsamo Anna Chiara, Vitolo Maria, Aldo Smaldone, Luigi Buoninconti, Maria Carla Giordano Hanno scritto dell’esperienza: “. . . È stata davvero un’esperienza emozionante, certamente da ripetere, che ha coinvolto tutta la classe, contribuendo a creare un’atmosfera di sintonia quasi magica. Abbiamo piacevolmente passato diverse ore a elaborare varie parti del capitolo, che, in seguito, abbiamo unito, dando vita ad un unico grande testo. Abbiamo preferito partire con un flashback, spiegando tutto dal punto di vista di Amir: come è arrivato in Italia, il viaggio travagliato sul barcone, che ha dovuto affrontare, e tutto ciò che ne è derivato. Ringraziamo tutti coloro che ci hanno permesso di partecipare a questa interessante iniziativa; qualora ce ne fosse la possibilità, con vero piacere accoglieremo di nuovo tale esperienza”. APPENDICE 3. Si chiama Amelia IPSSEOA - Ten. Carabinieri “Marco Pittoni” Pagani (SA) - classe V B Dirigente Scolastico Rosa Rosanna Docente referente della Staffetta Anna Maria Simeone Docente responsabile dell’Azione Formativa Rosa Zito Gli studenti/scrittori della classe V B Rosa Albano Paduano, Valentina Avitabile, Franco Cascetta, Antonio Ciancia, Francesco Contaldo, Anna Coppola, Marco Desiderio, Giovanni Farace, Francesco Ferraioli, Nunzio Ferraioli, Marco Fezza, Giuseppe Izzo, Anna Maiorino, Simone Molinari, Francesco Meo, Veronica Nacchia, Antonio Raimo, Alessandro Scoppetta, Francesco Serpe, Francesco Sorrentino, Antonio Tiano, Domenico Troiano, Antonio Tufano, Giovanni Vitolo Hanno scritto dell’esperienza: “...Quando la nostra professoressa ci ha proposto di partecipare alla Staffetta, abbiamo accolto l’invito con entusiasmo. Alcuni di noi avevano già preso parte a quest’esperienza ma per la maggior parte era la prima volta. La storia di Amir ci ha colpito subito: la sua non è una vita facile, perciò ci è piaciuto immaginare che l’incontro con Elia e sua madre Amelia possa essere l’occasione per una svolta positiva. Ci siamo soffermati sulla figura di Amelia e sul suo nome che comprende i nomi dei due ragazzi: Amir ed Elia. Abbiamo inoltre fatto riferimento a Marco Pittoni, il giovane Tenente Eroe morto proprio a Pagani, la nostra città. A lui è intitolata la nostra scuola e per noi è come un amico, un fratello maggiore“. APPENDICE 4. Luci al neon Liceo Scientifico “Maria Curie” Pinerolo (TO) - classe V Bnr Dirigente Scolastico Marco Bolla Docente referente della Staffetta Pasquale Simonetti Docente responsabile dell’Azione Formativa Pasquale Simonetti Gli studenti/scrittori della classe V Bnr Emanuele De Bettini, Lorenzo Mizzau, Martina Molinari, Fabio Rossetti, Andrea, Servetti Tarzia Irene, Francesco Ughetti Hanno scritto dell’esperienza: “...Considerate le esperienze positive dei due anni precedenti e sebbene quest’anno la classe avesse anche l’impegno dell’esame di stato, abbiamo deciso ugualmente di ripetere l’esperienza della “Staffetta di scrittura creativa”. Pur sapendo che avremmo dovuto confrontarci con un’attività piacevole ma allo stesso tempo impegnativa, abbiamo voluto metterci nuovamente alla prova di fronte ad un esercizio linguistico non indifferente ma che, allo stesso tempo, dà notevoli soddisfazioni. Dopo una rilettura dei capitoli precedenti ed in particolare del capitolo terzo, gli alunni sono passati ad analizzare la struttura della narrazione e la costruzione dell’intreccio. I personaggi sono sembrati subito troppo statici e si è pensato di movimentare un po’ le azioni della narrazione. Dopo un primo momento di confronto e discussione tra i vari gruppi però, si è deciso di non stravolgere l’intreccio già adottato negli altri tre capitoli ma continuarne la narrazione così come era giunta fino a noi. Si è pensato così di dividere la classe in sei gruppi di lavoro ognuno dei quali procedesse autonomamente alla scrittura dell’intero capitolo. Successivamente vi è stato un confronto ed una discussione su quanto era emerso nei vari gruppi e solo dopo si è proceduto alla sintesi ed alla rielaborazione fatta solo da alcuni studenti. Si è proceduto così alla scrittura vera e propria del capitolo da parte del gruppo di studenti scelto per la stesura. Il gruppo di lavoro è stato composto da sette studenti che materialmente hanno sviluppato il capitolo su idee però elaborate dall’intera classe. In questo modo siamo riusciti a lavorare senza sprechi di tempo e prendendo in considerazione quanti più pareri possibili dagli altri gruppi della classe”. APPENDICE 5. Tra decisioni e rivelazioni Liceo Statale “Alfano I” Salerno - classe IV A Indirizzo Musicale Dirigente Scolastico: Elisabetta Barone Docente Referente Della Staffetta: Annarita Anastasio Docente responsabile dell’azione Formativa: Annarita Anastasio Gli Studenti /scrittori della classe IV A Indirizzo Musicale Cristiana Ascione, Daniel Avossa, Carmine Barba, Lesnayvis Caballero, Marika Caputo, Federica Carbone, Stefano Cardiello, Maria Rosaria Citro, Simona Cuomo, Gaetano D’amato, Rosaria Del Mastro, Gianguido Gaeta, Marco Giorgio Gaggia, Aleksander Ianulardo, Giovanni La Ferrara, Annapaola Martinangelo, Mario Martone, Gerardo Masturzo, Giovanni Matrone, Vincenzo Monetta, Monica Noschese, Antonio Palumbo, Giuseppina Paolillo, Angelo Peduto, Giulia Pescatore, Martina Pironti, Carlo Rufo, Michele Santaniello, Francesca Siani, Ylenia Taurisano, Olga Violante Hanno scritto dell’esperienza: Terza esperienza alla Staffetta. La composizione del capitolo è capitata proprio in concomitanza con la fine del primo quadrimestre, quindi con le ultime interrogazioni e poco tempo a disposizione. Alla prima lettura dei capitoli già pubblicati, si è generato un certo dissenso in un clima di apatia e quasi di ritrosia, in quanto il tema appariva molto simile all’argomento del racconto della staffetta dello scorso anno. Ma subito dopo è emersa la forza del pensiero e la voglia dei ragazzi di dimostrare tutta la loro bravura e creatività. Il lavoro di composizione è stato curato principalmente dalle allieve Cristiana Ascione, Giulia Pescatore, Francesca Siani, Martinangelo Annapaola e Rosaria Del Mastro ed Ylenia Taurisano che hanno curato anche la realizzazione di un disegno. Gli allievi si sono messi in gioco, hanno voluto dare la loro impronta significativa alla storia e contribuire alla buona riuscita del racconto. Terza esperienza ma forse la più formativa e carica di valenza educativa”. APPENDICE 6. Ho difeso il mio Amore Istituto Tecnico Tecnologico “Andrea Pozzo” Trento – classe IV A Dirigente Scolastico Elina Massimo Docente referente della Staffetta Piergiuseppe Filanti Docente responsabile dell’Azione Formativa Salvatore Marà Gli studenti/scrittori della classe IV A Hirjan Abazi, Serena Baldessari, Leonardo Bianchin, Samanta Biasiolli, Dimitri Brugnara, Matteo Decarli, Gabriele Ducati, Erik Forti, Dennis Franceschi, Nicolò Giovannini, Lorenzo Grosello, Sofyan Lachhab, Matteo Leoni, Tommaso Micheloni, Matteo Morandini, Gianluca Morena, Alex Pedrolli, Andrea Piffer, Tommaso Spagnolli, Saverio Tripodi, Teo Valle, Massimiliano Viola, Luca Zanotti Hanno scritto dell’esperienza: “Abbiamo trovato l’ iniziativa stimolante e coinvolgente, nonostante le difficoltà iniziali. Con il procedere della lettura dei capitoli precedenti abbiamo visto nascere un piccolo romanzo che ci ha invogliati a fare la nostra parte. La compresenza in aula di due insegnanti ha reso l’ atmosfera inusuale ma costruttiva. Nella discussione per la creazione della scaletta abbiamo usato con spontaneità le parole “protagonista, antagonista, voce narrante...” a suo tempo studiate in narrativa. La classe è soddisfattadel lavoro eseguito, ci vediamo al Festival della Scrittura”. APPENDICE 7. Eroi per morire Liceo Classico Statale “P. Colletta” Avellino – classe I D Dirigente Scolastico Claudia La Pietra Docente referente della Staffetta Giulietta Fabbo Docente responsabile dell’Azione Formativa Carmela De Angelis Gli studenti/scrittori della classe I D Federica Barra, Giusy Catino, Simona Crò, Antonia De Stefano, Francesco Dente, Lorenzo Di Biccari, Giusy Donnarumma, Giulia Festa, Asia Follo, Cristiana Guarino, Francesca Guerra, Sara Iandolo, Marianeve Liguori, Federica Medugno, Naomi Panarella, Antonio Pio Picone, Gaia Pisacreta, Diana Maria Pop, Fiorenza Rizzo, Martina Russo, Gian Paolo Sellitto, Allegra Veneruso Hanno scritto dell’esperienza: “...Nonostante abbiamo già partecipato alla stesura di un altro capitolo della staffetta nell’anno scolastico 2013/2014, sottolineiamo l’entusiasmo e la partecipazione ancora più attiva rispetto all’anno precedente. Ci siamo sentiti più responsabilizzati e spinti a realizzare un capitolo che sentiamo particolarmente nostro, nella stesura del quale ognuno di noi si è mostrato entusiasta ed orgoglioso di poter prendere parte ad un’attività così formativa. Il nostro principale obiettivo nel capitolo è stato quello di aumentare la suspense soffermandoci anche sullo sviluppo delle relazioni umane che si sono create tra i personaggi principali del romanzo”. APPENDICE 8. La via della speranza ITCT “Dionigi Panedda” Olbia - classe IVC Tur. Dirigente Scolastico Giovanni Maria Mutzu Docente referente della Staffetta Raffaella Stelletti Docente responsabile dell’Azione Formativa Raffaella Stelletti Gli studenti/scrittori della classe IV C Turismo Alessia Angius, Andrea Bianco, Paolo Carboni, Roberta Di Palo, Beatrice Maria Fasolino, Edvige Franceschi, Roberta Manzottu, Leonardo Mazzucchelli, Samuele Muroni, Chiara Puggioni, Sara Salaris, Nicole Satta, Giovanni Sotgiu Falquez, Andrea Spanu, Stefano Testoni Hanno scritto dell’esperienza: “...La staffetta si è rivelata una grande esperienza per la classe. Tutti noi abbiamo dimostrato un grande spirito di squadra e la capacità di lavorare in breve tempo. Abbiamo riflettuto su alcuni temi di grande attualità, ci siamo confrontati e ciascuno di noi ha contribuito alla realizzazione del lavoro. È stata una bella sfida e la stesura del capitolo ha reso tutti noi più uniti e consapevoli. Il lavoro di gruppo ci ha resi più forti, aperti alla cooperazione. Insieme abbiamo compreso quanto sia importante la volontà e quanto sia forte il suo potere anche per vincere le sfide della quotidianità “I campioni […] si costruiscono dall’interno, partendo da qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono avere l’abilità e la volontà, ma la volontà deve essere più forte dell’abilità (M. Ali)”. APPENDICE 9.Un amore a colori Istituto Tecnico Commerciale “Giovanni Paolo II” Diamante (CS) - classi IV/V B SIA Dirigente Scolastico Concetta Smeriglio Docente referente della Staffetta Maria Stella Fabiani Docente responsabile dell’Azione Formativa Maria Stella Fabiani Gli studenti/scrittori delle classi V B SIA - Federica Bianco, Noemi Casella, Luigi Cersosimo, Raffaele Fiorentino, Federica Forestiero, Alessia Laino, Umberto Perrone, Anna Ricca IV B SIA - Marta Annuzzi, Miriana Crusco, Valentina Crusco, Sabrina Lacco, Arianna Marino, Debora Pisciotta, Daniela Tarnicer Hanno scritto dell’esperienza: “...Sono ormai tre anni che scriviamo uno dei capitoli della Staffetta di Scrittura Creativa. Siamo dei veterani, ma non è affatto scemato in noi l’entusiasmo. Quest’anno, in particolare, poiché ci è stato assegnato il capitolo finale, abbiamo sentito il peso e la responsabilità di chiudere una storia impegnativa e interessante. L’abbiamo gustata perché non ci piace il mondo in bianco e nero (da qui il titolo del nostro capitolo), in quanto riteniamo che le diversità, ogni diversità, contribuiscano a rendere la vita più ricca di opportunità. Nel mondo reale non sempre le storie difficili si concludono in modo positivo. Tuttavia, noi abbiamo voluto sperare, sognare che almeno in un racconto la fine sia solo il primo passo di un nuovo, e migliore, inizio. Basta volerlo!” NOTE INDICE Incipit di Sara Magnoli ..................................................................................pag 17 Cap. 1 Occhi verdi ............................................................................................. » 19 Cap. 2 Eroi per non morire ................................................................................ » 23 Cap. 3 Si chiamava Amelia .............................................................................. » 27 Cap. 4 Luci al neon ............................................................................................. » 31 Cap. 5 Tra decisioni e rivelazioni .................................................................. » 37 Cap. 6 Ho difeso il mio amore ...........................................................................» 41 Cap. 7 Eroi per non morire… ............................................................................» 47 Cap. 8 La via della speranza ...........................................................................» 53 Cap. 9 Un amore a colori ...................................................................................» 61 Appendici .................................................................................................................» 68 Finito di stampare nel mese di aprile 2015 dalla Tipografia Gutenberg di Fisciano (SA), Italy ISBN 978-88-6908-105-7