alibi perfetto (un)

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alibi perfetto (un)
RASSEGNA STAMPA CINEMATOGRAFICA
ALIBI PERFETTO (UN)
BEYOND A REASONABLE DOUBT
Editore S.A.S. Via Bonomelli, 13 - 24122 BERGAMO
Tel. 035/320.828 - Fax 035/320.843 - Email: [email protected]
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Regia: Peter Hyams
Interpreti: Michael Douglas (Mark Hunter), Jesse Metcalfe (C.J. Nicholas), Amber Tamblyn (Ella Crystal), Orlando Jones (Ben Nickerson), Joel
Moore (Corey Finley)
Genere: Drammatico - Origine: Stati Uniti d'America - Anno: 2009 - Sceneggiatura: Douglas Morrow (sceneggiatura del 1956), Peter Hyams Fotografia: Peter Hyams - Musica: David Shire - Montaggio: Jeff Gullo - Durata: 105' - Produzione: Foresight Unlimited, Rko Pictures, Signature Pictures - Distribuzione: Medusa (2009)
Un alibi perfetto, aggiornamento di un
classico di Fritz Lang del '56. In Louisiana il giovane reporter C.J. Nichols
(Jesse Metcalfe) è convinto che il procuratore Martin Hunter (Michael Douglas), ansioso di diventare governatore,
fabbrichi prove false per vincere i processi. Così, per incastrarlo, semina indizi che lo facciano apparire l'assassino
di una squillo. Poi al processo lo sbugiarderà. Ma non tutto fila liscio. Discreta la suspense, con immancabile
colpo di scena, in palla i protagonisti,
compreso il grintoso gigione Michael
Douglas.
Il Giornale - 13/11/09
Massimo Bertarelli
Remake molto libero dell'ultimo film
americano di Fritz Lang del '56, questo
di Peter Hyams è un giallo classico da
tribunale. Giornalista in Louisiana per
denunciare i falsi indizi di un avvocato
politicante si autoaccusa di un delitto
non commesso, ma all' ultimo sarà difficile discolparsi. E manca ancora la
sorpresa finale. Molti elementi sociali
(la giustizia, il reportage, la corruzione
etc.) son comprimari in un dramma serrato che assicura la giustizia spettacolo
senza momenti di bassa tensione. Michael Douglas è villain.
Il Corriere della Sera - 13/11/09
Maurizio Porro
Otre ogni ragione dubbio è Il titolo originale del film che Fritz Lang realizzò
nel 1956, oggi rielaborato dignitosamente da Peter Hyams. L' "Alibi perfetto" allude aqlla tragica messinscena di
uno scrittore che si accusa di un grave
delitto pur di sostenere una campagna
contro la pena di morte (Lang): e di un
giornalista televisivo che finge di esser
coinvolto nell'assassinio di una donnina
per smascherare un avvocato corrotto
(Hyams). Tutte e due le pellicole esprimono un appello al 'dubbio' che deve render cauto il verdetto giudiziario.
Nel confronto col capo d'opera langhiano, Hyams se la cava piuttosto bene, anche in virtù del serrato dibattito
fra gli ispirati Jesse Metcalfe e Michael
Douglas.
Una curiosità per i biografi: siaLang
che Hyams hanno realizzato il rispettivo "Alibi" a 66 anni. L'età della 'ragionevole' certezza nelle virtù del cinema
educativo.
Il Giornale di Sicilia - 14/11/09
Antonella Ely
'E' amabile. Troppo amabile'. Ma anche
il giornalista tv C.J. Nicholas (il Jesse
Metcalfe amante della Longoria in
"Desperate Housewives") non scherza.
E così, nonostante il suo odio per l'amabile procuratore distrettuale Mark
Hunter (Michael Douglas), lo vediamo
sedurre e non abbandonare la bella vice
del feroce pubblico ministero. Forse
vuole il suo aiuto per incastrare il magistrato, reo secondo lui di falsificare le
prove per mirare alla poltrona di governatore. Forse è semplicemente innamorato. Forse è anche più ambizioso, e
falsificatore, dello stesso magistrato.
Chi ricorda il classico del '56 di Fritz
Lang "L'alibi era perfetto" ha già capito
dove andrà a parare questo interessante
remake firmato con penna e cinepresa
dal veterano Peter Hyams, che a differenza di Lang inserisce più sesso (ma
patinato), humour (l'amicizia virile tra
il giornalista e il suo cameraman ricorda i duetti tra Gould e Blake in un ottimo Hyams del '74: "Mani sporche sulla
città"), politica (bianchi e neri mai uguali) e parolacce (grande chiusa; Lang
non poteva permetterselo). Tutto som-
mato poteva andare molto peggio, anche se Douglas timbra il cartellino senza dare spessore al suo personaggio.
Ma il tocco di Hyams e quell'aria da
cinema vissuto tengono in piedi la baracca come nel botta e risposta estemporaneo tra C.J. e un energumeno con il
piercing: 'Cosa succede con l'anello al
naso quando starnutisci?' - 'Si riempie
tutto di muco fetido'.
Il Messaggero - 13/11/09
Francesco Alò
"Un alibi perfetto" di Peter Hyams è la
versione aggiornata in epoca di cellulari, fotografia digitale, Dna e reporter
televisivi de "L'alibi era perfetto", ultimo film americano di Fritz Lang entrambi nella versione Usa intitolati
"Beyond a reasonable doubt", oltre un
ragionevole dubbio. Che è poi la frase
con cui nei processi per omicidio si
chiede alla giuria di valutare attentamente prima di decidere prove dell'accusa e tesi della difesa.
Entrambi hanno in comune un processo
che comporta la pena capitale, e il ruolo
dei mass media, solo che in quello del
1956 le foto erano Polaroid e il giornalista era un cronista di quotidiano, per
di più nel nuovo il tema non è battersi
contro la pena di morte, con rischio di
condannare anche innocenti, ma il
comportamento di quanti usano a loro
beneficio la giustizia che dovrebbero
amministrare.
Come fa Michael Douglas, procuratore
distrettuale di una cittadina della Luisiana che in pochi anni è riuscito a
mandare nel braccio della morte 17 accusati, una persona retta e onesta secondo il giudizio della gente, che più
che vantarsi dei propri trionfi con i
mass media parla delle vite straziate
anzitempo e del dolore dei familiari
delle vittime. In realtà egli è un bastardo che con l'aiuto del capo delle indagini altera le prove per vincere, come
sospetta il reporter tv Jesse Metcalfe,
innamorato ricambiato di Amber
Tainblyn aiuto del procuratore.
Spostato dalla redazione investigativa
alla cronaca più vacua assieme all'amico e collega Joel Moore perché la gente
vuole il futile, Jesse ha un brillante e
pericoloso piano per risorgere: accumulare su di sé gli indizi di un omicidio
riprendevo dalla telecamera per divenire sospettato e incastrare il procuratore.
E l'occasione viene quando è rinvenuto
il cadavere di una prostituta, però pure
Douglas ha mangiato la foglia e Jesse,
persi l'amico e il dvd con il suo alibi,
entra nella cella della morte. Ma saranno colpi di scena e una clamorosa sorpresa...
Nel suo noir, ottimo anche nella fotografia e negli interpreti, Lang denunciava il male che alligna nell'uomo,
Hyams invece si accoda alla visione
pessimistica Usa da dopo Twin Towers
della legge e dei mass media e lo fa con
correttezza, ma senza troppo slancio e
usando attori nati in tv (Metcalfe), o
star che danno il minimo sindacale
(Michael Douglas). Ne risulta un prodotto di consumo che, nonostante una
certa cura realizzativa e l'impegno della
Tamblyn,tutta sorrisi o lacrime, e di Orlando Jones asciutto poliziotto di colore, profuma di telefilm dilatato.
Il Giornale di Brescia - 16/11/09
Marco Bertoldi
to, si fa passare per il maggiore indiziato di un omicidio mettendo in pericolo
la vita di un amico e della donna che
ama. Il remake di "L'alibi era perfetto"
(1956), ultimo film americano di Fritz
Lang, è un discreto thriller di Peter
Hyams che manipola con mestiere mistero, bugie e corruzione. Ma non regge
il confronto con l'originale. Incisivo
Michael Douglas.
Il Mattino - 20/11/09
Alberto Castellano
Purtroppo per l'onesto Peter Hyams, ex
giornalista e autore dell'amato "Atmosfera zero"(1981), abbiamo visto da
poco l'originale di Fritz Lang, "L'alibi
era perfetto" (1956), tra i titoli preferiti
del grande critico francese Serge Daney
e di cui questo film è una specie di libero rifacimento. Quindi è come se fossimo passati da Mozart a Franco Battiato. Nulla contro il cantautore catanese,
anzi, e infatti questo "Un alibi perfetto"
si lascia vedere, con il suo bel mix di
cinema classico, procedural alla Sidney
Lumet e, appunto sottomorale langhiano. Vale a dire: poco fiducia nella struttura umana che amministra la giustizia
e paranoia della punizione che colpisce
un innocente. Il quale, nel nostro caso,
non è uno scrittore in lotta contro la pena di morte come nell'originale, ma un
giornalista che, cercando di incastrare
un procuratore corrotto, fa credere a
tutti di essere il maggiore sospettato di
un omicidio. Solo che alla fine ci credono in tanti, tranne una fanciulla, che
cercherà di aiutarlo. Molto meno essenziale di Lang, ma con una notevole capacità di mantenimento del ritmo,
Hyams sfodera il proverbiale mestiere
per raccontarci una storia non più magistrale, ma fulcro di un filmetto piacevole, ben servito dagli attori, specie i
caratteristi.
Film TV - 2009-45-10
Mauro Gervasini
Per smascherare il procuratore distrettuale Mark Hunter, che falsifica le prove e aspira alla carica di governatore, il
giornalista C.G.Nicholas si fa passare
per il maggiore indiziato in una causa
d'omicidio. Usando a fin di bene gli
stessi metodi dell'avversario, però, rischia di rimetterci la pelle. È il remake
dell' ultimo film diretto in America da
Fritz Lang, "L'alibi era perfetto". Se il
maestro tedesco, però, rifletteva sugli
errori della giustizia e il relativismo
della colpa, Hyams riduce il tutto a uno
scontro tra buoni e cattivi, aggiungendo
alle scene da 'courtroom movie' sequenze violente destinate a produrre
maggiore emozione. L'originale di
Lang non ne conteneva, ma era molto
più emozionante lo stesso.
La Repubblica - 14/11/09
Roberto Nepoti
Scoperto che il procuratore Michael
Douglas falsifica le prove per inanellare successi in tribunale e diventare governatore, un giornalista precario (la tv
ha tagliato la cronaca investigativa)
fabbrica indizi a proprio carico per fingersi colpevole dell'omicidio di una
donna. E' certo che lo incastreranno.
Infatti. Ma il suo gioco è stato scoperto,
il complice eliminato e lui rischia l'esecuzione. Meno male che ha una fidanzata che lavora per il nemico… Poiché
all'origine c'è uno splendido noir di
Fritz Lang (1956) in cui uno scrittore
viene convinto a denunciare i rischi
della pena morte, tutto ciò che qui funziona evoca passate atmosfere: la musica incalzante, le labbra e le natiche sensuali dell'angosciata/innamorata Amber
Tamblyn, i grugni dei comprimari, il
colpo di scena finale (rovinato da una
battutaccia). Il resto stona: un protagonista bamboccio che viene dal giardino
(e dal letto) della casalinga/disperata
Eva Longoria, l'amico brutto per contrasto, il tono da telefilmetto, l'approssimazione nei dettagli decisivi, gli autoscontri nell'inseguimento mortale e
nell'esecuzione mancata: il killer
sgomma a vanvera intorno alla sua vittima in piedi. Dirige Peter Hyams che
diede il meglio di sé con la fantascienza: in "Atmosfera Zero" e nel seguito di
"2001".
City - 16/11/09
Alessio Guzzano