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PONTE DI LEGNO
Adelio Cominoli
Distanza da Brescia: 120 Km
Altitudine sul livello del mare: 1256 mt.
Punto più elevato del Comune: Corno dei Tre Signori mt. 3359; punto più basso
del Comune: prati di Poia mt. 1204.
Superficie totale del Comune: ha 9763
Abitanti: (Dalignesi) 1809 (1861), 1864 (1871), 1815 (1881), 1952 (1901), 2149
(1911), 1977 (1921), 2125 (1931), 2228 (1936), 2332 (1951), 2194 (1961), 2090
(1971), 2091 (1981), 1977 (19991), 1859 (2001).
Centri abitati: Ponte di Legno, Poia, Zoanno, Precasaglio, Pezzo.
Il fiume Oglio nasce nell’abitato di Ponte di Legno dalla confluenza del
Narcanello (che raccoglie le acque della zona del Tonale, del Pisgana e
Castellaccio) con il Frigidolfo (che nasce dal Lago Nero e raccoglie le acque della
zona del Gavia, dell’Ercavallo, del Montozzo ecc.).
Sulla destra orografica del Frigidolfo sorgono le frazioni di Zoanno (120 ab.) e
Precasaglio (230 ab.); mentre Pezzo (370 ab.), il centro abitato più alto della
Provincia, è posto tra il Frigidolfo e l’Arcanello o Ogliolo che scorre dalla Valle
di Viso. Dopo il capoluogo, troviamo a valle la frazione di Poia (74ab.), posta
sulla sinistra dell’Oglio.
Da Pontedilegno si dipartono due strade nazionali: la SS.42 del Tonale e della
Mendola che con una lieve pendenza in 10 Km permette di raggiungere il Passo del
Tonale e attraverso la Valle di Sole il Trentino-Alto Adige, e la SS.300 del Gavia
che attraverso panorami stupendi ma con un tracciato molto difficoltoso sia per la
ristrettezza della sede stradale che per alcuni punti veramente molto ripidi,
permette di raggiungere la Valtellina.
L’imponente sviluppo edilizio della zona non è circoscritto come per il passato
alla immediata periferia del Capoluogo ma con l’approvazione di numerosi piani di
lottizzazione interesserà quasi tutto il territorio costruibile del comune.
Lungo la strada che porta al Passo Gavia, vi è la località di S.Apollonia dove fin
dall’antichità è conosciuta una sorgente di acqua minerale dalle molteplici
proprietà curative.
L’economia del Comune è attualmente completamente dipendente dall’industria
turistica sia direttamente che indirettamente mentre prima della guerra mondiale
l’80% della popolazione viveva miseramente con l’agricoltura e i rimanenti o
emigravano in Svizzera o vivevano di commercio della carne salata, in quanto
numerosi erano i pastori residenti in luogo, o lavorando come carbonai e boscaioli.
CENNI STORICI
Anche per Ponte di Legno non esistono documenti specifici per cui si possa datare
la sua origine. Facilmente gli scrittori di storia locale si abbandonano a
ricostruzioni non sempre serie animati da amor di patria e gestendo sulle grandi
linee della storia generale le vicende della propria terra.
Celti, romani, longobardi, lasciarono certo in Valle loro ricordi per cui
logicamente si può definire anche per le terre dell’alta Valle una loro presenza,
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anche per i contatti con le Valli trentine. Certo dei longobardi qualche ricordo si
ritrova essere a Vione; ma nulla più.
Più tardo è il primo ricordo scritto ed è nel diploma con cui Carlo Magno investiva
delle nostre terre i Monaci di Tours nel 774: “donamus etiam at praefatum
sanctum locum vallem illam quaem vocatur Camonia cum salto confino vel usque
Dalanias cum montibus et alpibus a fine Trentino qui vocatur Thonale usque in
fine brixianiense seu in fine bergamasci”.
Tale denominazione che si ritrova in altro documento nel 791, si riferisce a tutta la
popolosa comunità che si estendeva nell’alta Valle e che comprendeva gli attuali
centri di Ponte di Legno, Temù, Lecanù, Pontagna, Villa, Sancampel, Nì, Suan,
Precasaglio e Pezzo; e solo molto più tardi il nome di Dalegno toccò a Villa e a
Ponte.
Altro documento in cui è ricordato Dalegno è del 994.
Attorno al mille è considerata comunità a sé e con Davena nel 1080, offrì una
scorta al Vescovo Olderico nel passaggio del Tonale, per cui ottenne l’esenzione
dalle decime vescovili. Nello stesso anno è ricordato un lascito alla pieve di S.
Maria in Daligno, che con decreto vescovile del 1001 veniva dotata di fonte
battesimale staccandola da quella di Edolo, la prima chiesa in tal modo
privilegiata, data anche la sua distanza dalla pieve di Edolo.
Nel 1158 il Vescovo di Brescia Raimondo, che non bisogna dimenticare era il
grande feudatario di tutta la Valle, perdurando le lotte fra quelfi e ghibellini,
infeudava Da legno e le terre vicine a Pietro e Lanfranco Martinengo. Sono questi
gli anni che vedono sorgere al Tonale, come in altri importanti punti di passaggio,
un ospizio che è dedicato a San Bartolomeo e la cui fondazione è attribuita a un
certo Mario de Pizzani di Vermiglio.
L’importanza via via assunta da questa terra è desumibile anche da un atto del
Liber Potheris del 1288, in cui si accenna a fortini in quel di Vezza e di Dalegno.
Nelle vicende delle fazioni parteggianti per l’uno o per l’altro signore del tempo,
la sconfitta dei Federici che porta la Valle sotto il dominio di Marco Visconti, nel
1294 il Consiglio Generale di Brescia emanò un bando in cui tra l’altro si
promettono L. 100 a chi avesse contribuito alla distruzione del Castello di
Dalegno.
In queste lotte locali si consumarono energie e vite per oltre un secolo, quando
alla fine si giunse ad una pacificazione generale del grande incontro al Ponte
Minerva di Breno del 1397. Rappresentavano Dalegno: Giacomo di Faustino
Favalino, Zuan di Baratieris, un Cerutti, uno Zambon su una procura stilata dal
notaio Antonio Pedercino da Davena.
Fu pace breve come era solito in quei tempi nonostante i giuramenti sui vangeli.
Dopo l’eccidio dei Nobili di Lozio ad opera dei Federici, Giovan Maria Visconti
istituiva un procuratore in Valle, Giovanni de Bardolino che il 7 giugno 1410
riceveva dal duca per i Federici l’investitura della nuova contea di Edolo Dalegno
con totale indipendenza da Brescia e dalla Comunità di Valle. Vezza ne fu il
centro, ma si teneva casa di giustizia a Edolo e a Sancampel di Dalegno.
Non fu un dominio felice se nel 1420 una delegazione di cui faceva parte un
Bonfardo di Dalegno, andò a Milano per protestare contro l’imposizione di nuove
tasse, avendo dal duca soddisfazione.
Ma tempi nuovi erano all’orizzonte con l’avvento in Valle del Dominio Veneto,
completato nel maggio 1428. Vi saranno ancora sussulti e ribellioni di parte ma
effimeri nello sforzo e nello spazio, perché Venezia seppe dare alla Valle un
periodo di pace con il pugno di ferro nei confronti dei riottosi e di ampie garanzie
di giustizia alla generalità dei cittadini. In queste condizioni andarono
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consolidandosi le situazioni dei vari centri che componevano la Comunità di
Dalegno: Villa, Temù, Ponte, Poia, Pezzo, Precasaglio, Pontagna, Lecanù.
Furono anni però, fino al periodo della rivoluzione francese, che non fecero
dimenticare totalmente le miserie del passaggio delle truppe che ci furono e non di
poco conto, oltre che fenomeni di banditismo, ma soprattutto danni gravi e
dolorosi di fenomeni naturali: carestie, inondazioni, malattie, incendi. Di questi
ultimi è da ricordare quello del 24-10-1559 che distrusse un centinaio di case,
fenomeno assai frequente in tutta la Valle dati i materiali con cui si costruiva ed il
fatto che le case erano una addossata all’altra, come ora del resto nel centro
storico. Disastro che ottenne l’aiuto del Senato Veneto con esenzioni da imposte e
tasse per dieci anni. Da ricordare anche quello di Precasaglio che nel 1700
distrusse quasi totalmente il paese salvando unicamente la chiesa in quanto in
pietra; ed infine quello nuovamente di Ponte avvenuto nel luglio 1573 per il quale
il Senato Veneto concesse l’esenzione da imposte e tasse per dodici anni.
Nel 1576 si ebbe nuovamente la peste, poi nel 1630.
Un grande avvenimento di quegli anni fu la visita di S. Carlo Borromeo alla Valle,
ove inviò per la preparazione suoi delegati, tra cui don Giacomo Celeri, parroco di
Lovere.
Dalla lettura degli atti della visita oltre a minuziose notizie di carattere religioso
se ne hanno altre ancor più interessanti dal punto di vista economico e
demografico. Come altrettanto interessante in questo senso è la relazione del
podestà di Valle Giovanni da Lezze del 1610. Questi parlando del Comune di
Ponte di Legno dice che esistevano nuove terre: Ponte, Pezzo, Precasaglio,
Zoanno, Poia, Villa, Pontagna, Temù, Lecanù.
Le stesse terre che il Celeri cinquant’anni prima diceva contassero 2.600 abitanti,
di cui solo la metà facevano regolarmente la comunione.
Sono quegli abitanti che il Lezze dice dediti all’agricoltura, specie all’allevamento
delle pecore da cui “cavano ogni anno qualche quantità di denaro, lana e castrati
che vendono et buona parte di loro stanno assenti da essa valle dal principio di
ottobre a fine maggio con le pecore, parte nel territorio bresciano et parte nel
cremonese et nello stato di Milano, et poi ritornano a casa a mezzo maggio dove
stanno fino all’ottobre e quelli che restano a casa attendono all’agricoltura”.
Accanto a questa attività vi sono “undici mulini, due folli per indumenti, due
raseghe, quattro fucine, non da lavorare ferro grosso, ma da lavorare alla minuta
cose pertinenti all’agricoltura”.
Un panorama economico che troviamo non variato due secoli dopo, quando il Rizzi
scriveva che “i suoi 1870 abitanti – nel 1845 erano 1713 – attendono in modo
speciale alla pastorizia: commerciano eziandio di carni salate, ed alcuni
lavoravano in una conceria di pelli, e in 8 fucine per la riduzione del ferro, per la
confezione di istrumenti rurali e pezzi da taglio”.
Poco dopo il periodo descritto dal Lezze inizia la lunga serie di diatribe, liti,
contese e giudizi che porteranno alla vertenza arbitrale della suddivisione dei beni
censuari delle nuove terre di Dalegno con la formazione di quattro comunità
diverse: Ponte di Legno, Villa Dalegno, Pontagna e Temù. Iniziata la controversia
il 1 settembre 1624 si concluderà oltre un secolo e mezzo dopo, il 4 giugno 1790,
quando il Senato Veneto emanò il decreto di approvazione delle divisioni.
Durante il dominio veneto oltre a mutazioni all’ordinamento civile se ne ebbero
anche in campo ecclesiastico.
Dopo non poche polemiche il 6 marzo 1626 il Vicario Generale della Diocesi di
Brescia Mons. Cornelio Melliorini firmava il decreto di erezione della nuova
parrocchia di Precasaglio. La prima parrocchiale fu la chiesa di San Rocco,
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parroco don Simone Giordanino da Cemmo, in attesa che si terminasse la nuova
dedicata ai SS. Fabiano e Sebastiano, consacrata dal Vescovo Mons. Marco
Morosini il 24 giugno 1652.
Per la erezione della nuova parrocchia non fu poco l’impegno dei cittadini di
Precasaglio e di Pezzo che per il nuovo parroco dovettero costituire un adeguato
beneficio.
Gravi avvenimenti esterni stavano oramai chiudendo il capitolo della dominazione
veneta in Valle, che avvenne ufficialmente il 18 marzo 1797, quando il Conte
Lechi Giuseppe lo dichiarò decaduto su tutta la provincia bresciana e fondava la
repubblica di Brescia, che dopo circa otto mesi il 17 ottobre 1797 veniva aggregata
alla Repubblica Cisalpina.
Con la nuova suddivisione amministrativa Ponte di Legno diveniva sede di una
delle otto municipalità della Valle assegnata prima al Dipartimento del Serio poi a
quello dell’Adda e dell’Oglio e infine ancora a quello del Serio, passando quindi
alla provincia di Bergamo, fino al 1859 quando, finito il dominio austriaco,
succeduto a quello napoleonico, anche la Valle divenne parte del costituendo regno
d’Italia.
Questo variare di dominazione portò non pochi lutti e rovine alla Comunità di
Ponte, spesso terra di confine quindi luogo di continuo movimento di truppe:
francesi e austriache.
Con il 1814 la definitiva dominazione austriaca fa sperare in un periodo di pace
con facilità di transito e di commerci con il vicino trentino; ma l’appena ritrovata
quiete fu rotta nel 1816 da una tremenda carestia, conseguenza del continuo
movimento di truppe degli anni precedenti, che avevano esaurito anche le sementi.
Vennero anche gli incendi, come quello del 1822 che distrusse totalmente
Precasaglio. E’ di questi anni travagliati una nuova suddivisione ecclesiastica con
la creazione della parrocchia di Pezzo staccatasi da quella di Precasaglio. Le liti, i
maneggi non si contano; ma la richiesta, iniziata nel 1805 e più volte ripetuta,
ebbe soddisfazione con il decreto definitivo dei confini il 30 settembre 1819.
Avevano preparato il terreno alla loro richiesta quelli di Pezzo con la costruzione
della chiesa di S. Lucia nel 1726, chiesa a cui nel 1783 era stato concesso il fonte
battesimale e gli oli santi.
Ma la sospirata pace ebbe non lunga vita perché nel 1848 ebbero inizio le vicende
in Valle del risorgimento nazionale e Ponte con il Tonale fu nuovamente campo di
scorrerie delle truppe.
Un risultato positivo da questi movimenti guerreschi fu l’inizio dello studio del
collegamento della Valle con il Trentino, di cui fu realizzata la prima parte dal
Genio Militare Austriaco, prima del 1859, da Vermiglio al Passo del Tonale; il
completamento avvenne nel 1880 da parte del governo italiano, dopo sei anni di
duro lavoro.
L’aggregazione alla patria italiana non cambiò di molto la situazione a Ponte, pure
sempre terra di confine, per quanto riguardava il movimento di truppe; ma di
fronte a ciò sta l’iniziarsi di una serie di azioni tese al miglioramento delle
condizioni di vita della popolazione.
Tra queste vanno annoverati: il primo esperimento turistico con la valorizzazione
delle acque minerali di S. Apollonia, il miglioramento nello stesso anno della
viabilità interna con numerosi allargamenti e la costruzione del ponte sul
Frigidolfo; nel 1900 si dà inizio allo studio per dotare il paese della luce elettrica,
che si realizza in breve; nel 1906 si fa l’impianto per la linea telefonica; nel 1910
si parla di una tramvia elettrica da Edolo a Ponte di Legno, tramvia che avrebbe
dovuto costruire l’impresa automobilistica Bottarelli che era in concorrenza con la
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società svizzera Alb-Buss che nel 1919 cedette le armi all’impresa locale che però
non ne fece più niente.
Tutte queste iniziative si inquadravano in una nuova visione dell’economia
dalignese, che dai primi del secolo avvia i suoi passi, seppure esitanti, in un
settore che le cambierà il volto: quello turistico. Nel 1908 il nobile Arici porta a
Ponte il primo paio di sci acquistati in Norvegia; ma sarà Zampatti Gioacchino che
nel 1908/9, dopo aver lavorato a Chiavenna, venne a Ponte ad aprire la sua
fabbrica di sci. Così furono emigranti coloro che per primi costruirono a Ponte
slitte e slittini. Ci furono le prime vittorie in campionati di D. Beltracchi e A.
Leoncelli nel 1909 e nel 1910.
Nel 1911 si fonda lo Sci Club Ponte di legno. Oramai la via è tracciata e nel 1912
una pubblicazione del T.C.I. definisce Ponte “prima stazione italiana di turismo e
sports invernali”.
Nel 1914 lo Sci Club organizza i campionati italiani assoluti a Ponte.
Purtroppo la prima guerra mondiale stronca questo fervore di iniziative e il 27
settembre 1917 le granate incendiarie degli austriaci sparate dai Monticelli e dai
forti circostanti distruggono totalmente Ponte, fortunatamente evacuato dalla
popolazione.
Fu una pausa forzata, dolorosamente sofferta; ma all’indomani della guerra
l’iniziativa riprese, come riprese con nuovo vigore e miglior esperienza anche
dopo il secondo conflitto mondiale.
Alcuni dati di questo cammino: con decreto ministeriale del 23 ottobre 1927 il
comune di Ponte di Legno venne riconosciuto “stazione di soggiorno cura e
turismo” e viene istituita l’Azienda Autonoma; nel 1928 l’Azienda è presente alla
Fiera di Milano; nel 1929 ci sono le prime gare sul trampolino gigante; nel 1937 si
svolge a Ponte il 4° Raduno Nazionale della FISI.
Dopo la seconda guerra mondiale, pur tra numerose difficoltà, vengono assunte
nuove iniziative: nel 1945-46 nasce la S.I.T., la Società Impianti Turistici, che
dopo alterne vicende sarà la promotrice delle infrastrutture turistiche dalignesi una
volta divenuta a prevalente capitale pubblico: Seggiovia del Corno d’Aola; vari
skilift; gli impianti di Casola-Valbione nel 1980-81; ed infine l’inaugurazione del
primo impianto per la produzione artificiale di neve nel 1982.
Accanto iniziative private hanno dotato Ponte di una ricettività di prestigio.
Non si possono chiudere queste brevi note su Ponte senza richiamare l’esistenza
qui di una istituzione le cui vicende sono secolari e che è un esempio del modo
democratico di reggersi dei nostri antenati: la vicinìa agraria, la cui importanza ed
autonomia da altre istituzioni, come il comune, vennero sancite con decreto reale
del 28-2-1940, pubblicato sulla G.U. del 25-4-1940.
L’origine di questa, come delle altre esistenti in paesi della Valle fino ad alcuni
decenni fa, risale alla nascita del comune rurale, di cui molti vogliono sia la
vicinìa sia la matrice.
La parola vicinìa deriva dall’assemblea dei vicini, cioè degli abitanti del vicus
radunati per trattare degli interessi locali. Col tempo venne a designare questi
vicini come unità, come ente, come una forza che doveva essere rispettata, anche
nelle sue proprietà che dovevano essere godute assieme. Da questa denominazione
di vicini verrà poi la designazione nei vari statuti, di chi erano, per giungere nel
settecento-ottocento al termine di antichi originari.
La vita delle vicinìe era regolata infatti da statuti ed i beni amministrativi erano i
più vari: boschi, pascoli, molini ecc.
Tutto si dibatteva in pubbliche adunanze. I compiti della vicinìa si sono esauriti o
mutati nel tempo: mantenimento di ponti e strade, godimento di beni comuni.
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Molte di queste funzioni sono passate ai comuni.
A Ponte questo passaggio non è avvenuto come altrove totalmente, per cui, per
esempio, la locale vicinìa è proprietaria di immobili ed è azionista della SIT.
Verso il 1000 può farsi risalire la sua origine ma si ha documentazione solo dopo
il 1631 per intervenuti incendi. Tra i legati più importanti che possono dare idea
della formazione della vicinìa si possono ricordare: un legato del 1764 per la
manutenzione della strada che porta al Tonale; un legato per la distribuzione del
sale, un alimento sommamente importante dato il suo costo nei tempi andati.
Col tempo la vicinìa assunse anche le funzioni di Monte di Pietà per le sementi,
precisamente dal 1681.
Con l’avvento del comune nacquero molte contese fra questo e le vicinìe, per cui
molte sparirono mentre quella di Ponte di Legno rimase per la tenacia dei suoi
soprastanti, che non ebbero paura neppure delle imposizioni vescovili per oneri
che ritenevano esorbitanti.
Ora la vicinìa è retta da cinque consiglieri, che eleggono tra loro un presidente e
sono scelti dall’assemblea dei capifamiglia, a rotazione, uno all’anno, per la
durata in carica di cinque anni. Non votano le donne.
CENNI ARTISTICI
Il patrimonio d’arte di Ponte di Legno come delle sue frazioni è racchiuso
totalmente nelle chiese.
La parrocchiale di Ponte, a cui si accede da due signorili scalinate in granito
completate da una elegante balconata, tutta in pietra lavorata, è ornata all’esterno
da un colossale campanile con merlature e bifore a coronamento, in stile d’epoca
tra il XV e il XVI secolo.
L’interno, del secolo XVII, è di bella architettura; così altrettanto interessante è
l’ornamento a stucco della volta e delle pareti.
Ma le opere di maggior rilievo sono: il polittico, dorato e policromo, di maestro
del secolo XVI, allievo dell’Oliveri, secondo alcuni critici; l’ancona dell’altare
maggiore, dorata e policroma, della bottega di Domenico Ramus e Giovanni
Battista Zatti; il paliotto dell’altare maggiore, dorato e policromato, sempre della
stessa bottega; la tribuna del ciborio sull’altare maggiore, dorata e policromata,
pure della bottega del Ramus e dello Zatti.
Sono tutte sculture lignee di pregevole fattura sia nell’impalcatura architettonica
che nella cura delle singole numerose figure che ornano le varie composizioni.
Da ricordare sono, infine, sempre nella parrocchiale della SS. Trinità: la cancellata
che chiude il battistero in bel disegno secentesco di accurata esecuzione, ornata di
appropriati passanti in bronzo; una bella croce professionale in smalto argentato,
ricca di figure, in stile secolo XV; e la porta dell’entrata principale, in noce, opera
dello scultore Annibale Pagnoni.
Nella piccola frazione di Poia si trova la chiesetta dedicata a S. Giacomo
Apostolo, fatta affrescare al pittore Servalli di Bergamo, per intervento dei conti
Zucchi, che promossero nel primo dopoguerra la costruzione dell’imponente
castello in stile medievale del posto. Le opere di maggiore rilievo artistico sono
però: l’ancona dell’altare maggiore, dorato e policromato, della bottega di
Domenico Ramus (1707), di non minore pregio di quelle di Ponte; e le numerose
medaglie che ornano le porte di accesso alla chiesa, opera del celebre scultoremedaglista Calvelli, dalignese d’adozione.
Nella chiesa parrocchiale dei Santi Fabiano e Sebastiano di Precasaglio oltre ad
opere dei Ramus troviamo pregevoli lavori del Fantoni e di altri.
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Ricordiamo: l’ancona dell’altare maggiore, dorata e policromata, di maestro della
seconda metà del secolo XVI; la tribuna dell’altare della Madonna del Carmine, in
legno chiaro verniciato, attribuita a Giovanni Battista e Pietro Ramus; ed infine la
tribuna del ciborio sull’altare maggiore, in legno di noce olivo e bosso, opera di
Andrea Fantoni e aiuti (1716).
BIBLIOGRAFIA
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