The Sign Moak X 2-2014

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The Sign Moak X 2-2014
X 02/2014 © Caffè Moak S.p.A.
moakpins
I personaggi della moak
generaction fuggono dalle
illustrazioni della campagna
adv e diventano icone delle
moak pins, le nuove spille a
bottone di for[me]moak. In
moak pins ciascuno potrà
identificarsi o riconoscere
qualcuno a cui regalarla.
Applicate al risvolto di una
giacca, su una t-shirt o su una
bag, le spillette porteranno un
po’ di leggerezza e di ironia tra
amici e colleghi.
l’articolo a pagina 5
The moak generaction
characters fly off the ad
campaign illustrations and
become moak pin icons,
the new for[me]moak pin
buttons. With the moak pins,
everyone can identify oneself
or recognize someone and use
it as a gift. Applying them on
a jacket lapel, on a shirt or on
a bag, the pins will bring a bit
of lightness and irony among
friends and colleagues.
on page 5
Quanto freneticamente la tecnologia e l’innovazione abbiano
cambiato nel giro di poco tempo abitudini e metodi radicati
da anni, lo possiamo constatare tutti i giorni. Se mi fermo a
pensare al giorno in cui realizzai quel piccolo sogno di fondare una mia torrefazione, comprendo bene quanto nel tempo
siano cambiate le cose, dal modo di fare impresa al modo
di pensare del consumatore. Ricordo anche l’entusiasmo di
alcuni quando in produzione arrivava una nuova tostatrice di
caffè e il panico di altri che dovevano fare i conti con un nuovo sistema di macchinari. Ogni cambiamento è giovamento,
dicevano le nostre nonne. E oggi non posso che confermarlo.
A volte serve raccontare e ricordare, per comprendere come
si sia arrivati ad essere ciò che si è oggi. Ricordare ad esempio che i valori umani non possono essere scavalcati dalla
tecnologia, ma che si può fare innovazione rispettando le
regole della qualità, del servizio e della cortesia. Regole spesso dimenticate, le stesse che trent’anni fa si leggevano nei
manuali del buon imprenditore e che oggi, più che mai, vanno
applicate e per i quali Moak vuole dare un continuo supporto
ai proprio clienti e partner. Portavoce spesso è il barista, che
ha il contatto più diretto e frequente con il cliente, sempre più
attento alla qualità e al buon servizio. La scelta di un’ottima
miscela o l’ampia offerta di un menu di caffè diversi possono
essere la carta vincente per un locale. Anche nelle ore di punta non si può prescindere dal buon servizio e dalla cortesia;
l’organizzazione del personale, la loro formazione rappresentano le “stellette” che il barista indossa, insieme alla capacità
di essere innovativi nel modo di fare e di comunicare.
Il mio è anche un invito ad avere più fiducia ed ottimismo, un
invito a non rimanere troppo ancorati ai vecchi sistemi, perché mentre pensiamo a cosa potremmo fare, il mondo attorno
a noi è già cambiato.
Il Presidente
Giovanni Spadola
Commenta su Twitter l’editoriale con l’hashtag #caramoak.
Seguici su @twitmoak
X 02/2014 © Caffè Moak S.p.A.
In copertina:
moak pins in reverse
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Modica n.218/2013 VG - Notizie n.2/2013.
Direttore Responsabile: Sara Di Pietro
Redazione: Sara Di Pietro,
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Editore: Moak Holding S.p.A. Viale delle Industrie s.n. – 97015
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destinatario può avere accesso ai suoi dati, chiederne la modifica o
la cancellazione oppure opporsi scrivendo a: Moak Holding S.p.A. Viale delle Industrie s.n.- 97015 Modica (RG) - Italy
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Pod’s kit
Concorsi Moak 2014
Moak lancia la prima edizione di Fuori Fuoco
Caffè Storico
Il Bicerin “Al Bicerin”
Note di caffè e musica al Music Street di Milano
Moak apre le porte ai concessionari esteri.
L’azienda punta alle grandi catene food
Chef e Pasticceri interpretano il caffè Moak
Eros Picco e Andrea Besuschio
Moakpeople contest
Caffè da leggere
Le piccole e medie imprese ci salveranno dalla crisi.
Intervista a Paolo Preti
Design, ironia e funzionalità nelle opere
ceramiste di Andrea Branciforti
Il caffè Moak in viaggio verso il Polo Sud
con Pietruccio Montalbetti
I giovani architetti guardano alle aziende come
modello di professionalità.
Food & Drink Experience.
Il barman diventa anche chef
Marianna Di Martino, dalla Sicilia a New York.
Caffè e Salute
Proteggetevi dal sole con il caffè
Caffè e dintorni
Lo stile di arredare.
Il bar in valigia
Cocktail al caffè
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Pod’s kit
C
hi progetta ha il compito di creare un prodotto
che abbia una precisa funzione e identità. For[me]
moak segue anche il processo inverso: da un
oggetto già esistente ne svela i suoi molteplici usi. Tra
oggetti e contesti esiste una forte relazione: l’utilizzo può
cambiare a secondo dell’ambiente o della circostanza in
cui colloco l’oggetto stesso, rendendolo così versatile. Lo
facevano le nostre nonne che, finiti i biscotti, conservavano la scatola per destinarla a porta bottoni. Perchè allora
non pensare a come il bicchierino di plastica o la bustina
di zucchero, contenute nel kit per cialde moak, possano
trasformarsi in altro? Niente più utensili e bilance, ma
una nuova forma di misura. Lo stesso bicchiere, da cui
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prima avete bevuto il vostro caffè e la bustina di zucchero
possono essere utilizzati anche per dosare le giuste quantità di ingredienti per preparare ottimi dessert. Nasce così
un nuovo pod’s kit, ideato e progettato da for[me]moak.
Il pack cambia veste e suggerisce tre ricette, distinguibili
dalle tre diverse cromie di ciascuna confezione. Ogni kit
contiene 60 bicchierini di plastica, 60 bustine di zucchero
e 60 palettine.
Destinato alla linea cialde, il nuovo moak pod’s kit nasce dall’idea che for[me]moak ha nel pensare le cose, di
come lo stesso oggetto, cambiato il contesto - dal bar a
casa e viceversa - possa assumere nuove forme di utilizzo
e insospettabili funzioni.
MOAK PINS
L
a prima forma di espressione dell’uomo sono state
le immagini. Un modo di comunicare, seppur appartenente all’era preistorica, che dopo millenni è
ancora efficace, sintetico ed universalmente comprensibile. E se il potere delle immagini sta nel fatto che il loro
messaggio arrivi prima delle parole, perché non utilizzarlo per dire qualcosa di sé o degli altri? La bella, la bestia,
la vamp e la suocera. Sono alcuni dei personaggi catturati
da for[me]moak dalla campagna adv “moak generaction”
per renderli icone delle moak pins, le nuove spille a bottone black and white, dove ciascuno potrà identificarsi o
riconoscere un amico o il proprio capo. Dieci i personaggi illustrati, tre le misure disponibili. Una o molteplici le
combinazioni da applicare al risvolto di una giacca, sulla
maglietta o su una bag. Il linguaggio delle icone è ironico
ed immediato. I personaggi, illustrati con tratti decisi e
uno stile caratterizzante, rispecchiano alcuni volti della
nostra società, con le sue contraddizioni e le sue diversità,
dove l’alternativo condivide un caffè con il conformista,
la bella con la bestia, la vamp con la suocera. Un universo monocromatico per portare un po’ di leggerezza e di
ironia tra colleghi, parenti e amici o semplicemente per
rendere spiritoso e cool un accessorio moda o un grembiule. A dar colore e armonia saranno le reazioni di chi le
riceve o più vistosamente tessuti o cover su cui attaccare
le proprie moak pins.
disponibili su store.caffemoak.com
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: My generation - The Who
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Concorsi Moak 2014
Moak lancia la prima edizione di Fuori Fuoco
di Sara Di Pietro
“Non potete fare affidamento ai vostri occhi se la vostra
immaginazione è fuori fuoco”.(Mark Twain)
A
l via la prima edizione di Fuori Fuoco, il concorso internazionale di fotografia, promosso da
Caffè Moak in collaborazione con Archinet, che
da quest’anno affiancherà l’ormai affermato premio
Letterario Moak. Una nuova finestra nel progetto Moak
Cultura, che da anni promuove nuove forme d’arte e crea
opportunità per giovani artisti di emergere nel panorama
culturale nazionale ed internazionale. “Il progetto Moak
Cultura – spiega Annalisa Spadola, direttore Marketing
di Caffè Moak – è nato con un duplice obiettivo: diffondere cultura attraverso le diverse forme d’arte e offrire ai
giovani la possibilità di far conoscere le proprie capacità
in campo creativo e culturale. Una possibilità che in
questi anni e con grandi risultati abbiamo dato a giovani scrittori e aspiranti registi e che vogliamo estendere
anche agli appassionati di fotografia, considerata oggi
una nuova disciplina la cui immediatezza comunicativa e
l’evoluzione digitale ne hanno fatto la forma espressiva
delle nuove generazioni”.
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“Caffè e nuovi miti” sarà il tema della prima edizione di
Fuori Fuoco. Fotografi, professionisti e amatoriali potranno raccontare o documentare attraverso le mutazioni
sociali di cui siamo attori e spettatori; i modelli di oggi, i
simboli che danno corpo a sogni e passioni, gli obiettivi
più o meno raggiungibili che si trasformano in vere e proprie ossessioni.
Il termine ultimo per l’invio delle immagini, esclusivamente in formato digitale, è il prossimo 15 luglio. La giuria, i cui nomi saranno svelati prima della scadenza del
bando, sarà rappresentata da nomi illustri della fotografia,
affermati fotografi e membri di Aiap (associazione italiana design della comunicazione visiva) e di Adi (associazione per il disegno industriale) di cui Moak è partner.
Il vincitore, che riceverà un premio in danaro, sarà svelato durante la serata di premiazione l’11 ottobre 2014. Tutte le foto selezionate dalla giuria saranno invece divulgate e promosse da Caffè Moak in tutto il mondo, attraverso
mostre, eventi o campagne pubblicitarie.
info fuori-fuoco.com
facebook.com/fuorifuocomoak
CAFFÈ LETTERARIO MOAK
U
n vero e proprio scouting di giovani scrittori e di
chi, già affermato, aspira alla pubblicazione e divulgazione dei propri manoscritti – purché il tema sia
quello del caffè. L’arduo compito anche quest’anno spetta
alla giuria della XIII edizione del Caffè Letterario Moak,
il concorso nazionale di narrativa promosso da Caffè
Moak in collaborazione con Archinet. Per l’edizione 2014
Moak ha voluto rendere omaggio alla memoria di William
Shakespeare, drammaturgo e poeta inglese del 500, per il
quale quest’anno si celebrano i 450 anni dalla sua nascita.
Si concorre inviando un racconto inedito dove il caffè è
indiscusso protagonista. La deadline è la mezzanotte del
23 giugno 2014. Il nome del vincitore sarà svelato durante
la serata di premiazione il prossimo 11 Ottobre che, come
ogni anno, si terrà negli spazi del nuovo centro direzionale
Moak. Tutti i racconti selezionati, invece, saranno pubblicati nell’antologia 2014 “I racconti del caffè”.
Ancora celati, invece, i nomi della giuria e del Presidente
che dovranno valutare le opere pervenute e giudicarle per
l’originalità, l’attinenza al tema e lo stile di scrittura. Tra
questi saranno selezionati cinque finalisti, che concorreranno al premio di vincitore dell’edizione 2014.
Il Concorso Letterario Moak, che ogni anno raccoglie
sempre più adesioni, rappresenta una importante vetrina
per giovani scrittori, che grazie al loro talento potranno
emergere nel panorama nazionale della letteratura. Una
opportunità per loro, ma anche per Moak di promuovere
e sostenere arte e cultura.
Il bando completo e le news sul concorso sono disponibili
sul sito www.caffe-letterario.it o accedendo alle pagine di
facebook e twitter agli indirizzi www.facebook.com/caffeletterariomoak e www.twitter.com/letterariomoak
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: See how a white negro flies - Out of Focus
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Caffè Storico
Il Bicerin “Al Bicerin”
di Corrado Passarello
I
l detto “nella botte piccola c’è il buon vino” calza a
pennello se si pensa a uno dei caffè storici più piccoli
del mondo, “Al Bicerin”, situato nel cuore di Torino in
Piazza della Consolata molto vicino al mercato di Porta
Palazzo e non distante dal Duomo di Torino. Il piccolo
bistrot apre nel 1763 e raggiunge ben presto la fama che
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lo accompagna fino ad oggi, ottenuta grazie ad una deliziosa bevanda a base di caffè, cioccolata calda e schiuma
di latte, che darà il nome al locale: il Bicerin. Un gustoso
mix che deriva dall’evoluzione della bavareisa d’origine
settecentesca e composta da caffè, cioccolato, latte e sciroppo, che all’epoca ebbe parecchio successo. Il Bicerin
viene oggi servito in bicchieri di cristallo senza manico
(denominati appunto “bicerin”) e a lume di candela.
Sebbene gli ingredienti siano solo tre e molto semplici,
il vero segreto rimangono le dosi, note unicamente ai
proprietari del locale. Un vero e proprio filtro magico
che ha ottenuto in breve tempo un grande successo e che
viene emulato anche da altri caffè della città, tuttavia
con risultati diversi. L’originale bicerin si beve solo in
questo piccolo locale di tre metri per cinque con solo
otto tavolini in marmo, che negli anni non si è espanso
in varie sale e per tale motivo nel tempo di un bicerin era
possibile osservare la presenza di persone di classi sociali estremamente diverse. Un Caffè pubblico davvero
democratico ed una “bevanda nazionale da piccola patria, amato indifferentemente dai cocchieri e dai viveurs,
dalle sartine e dalle signore” (Tuttocittà 1990). Al suo
interno erano soliti sostare personaggi di spicco come
Alexandre Dumas, Giacomo Puccini, Silvio Pellico,
Friedrich Nietzsche ed ancora figure come il grande statista Cavour e Italo Calvino. Una vera e propria tana di
artisti. Il locale al tempo fu aperto da un uomo ma poco
dopo l’esercizio passò in mano ad un gruppo di donne e
da generazioni è gestito dalla stessa famiglia. Tale conduzione tutta al femminile ha permesso al locale di esser
frequentato anche dal gentil sesso, un fatto non comune
all’epoca quando i bar erano per lo più di dominio maschile. Una caratteristica unica e peculiare che diede “Al
Bicerin” un’impronta di garbo e delicatezza. Un luogo
raro e assolutamente degno di nota, consigliato per chi
fa tappa a Torino e desidera immergersi nel gusto e nella
tradizione del Bicerin, ma anche delle golose cioccolate
calde e del denso zabaione.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Torino - Operaja Criminale
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Note di caffè e musica al Music Street di Milano
di Corrado Passarello
“L
a strada è il più grande teatro del mondo”. La
citazione di Danilo Rossi, prima viola della
Filarmonica della Scala, è stata lo spot per il
grande evento Music Street che si è tenuto in Piazza Gae
Aulenti, nel nuovo centro vitale di Milano. Ai piedi della
modernissima Torre Unicredit, il grattacielo più alto d’Italia, protagonista è stata la musica, in un mix originale
tra genere classico, pop e rock. Una performance collettiva, presentata da dj Linus, dove per la prima volta si
sono esibiti insieme cinque artisti di strada scelti attraverso un contest online e cinque musicisti dell’Orchestra
Filarmonica della Scala. Un evento a cui ha partecipato
anche Caffè Moak in collaborazione con Feltrinelli
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RED, il nuovo point food&culture che serve le miscele
moak. Nella maestosa piazza, ai piedi della Torre Unicredit, Moak, con il supporto di Pedrali ha allestito un
vero e proprio bar on the road, offrendo al numeroso
pubblico presente la migliore qualità delle proprie miscele e la degustazione di cioccolata calda. Una magica
serata tra le note della musica e quelle dell’aroma del
caffè, per celebrare i quindici anni di Unicredit e una
partnership con la Filarmonica della Scala, con l’obiettivo di avvicinare un genere musicale considerato d’elite ad un pubblico più vasto. Un messaggio condiviso da
Moak, da sempre sensibile a promuovere arte e cultura e
a sostenere giovani talenti.
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Moak apre le porte ai concessionari esteri.
L’azienda punta alle grandi catene food
a cura della redazione
Alessandro Spadola
A
nche quest’anno si è svolto l’ormai consueto appuntamento con il Meeting Concessionari Estero,
nella sede del centro direzionale Moak. Oltre
cinquanta i partner provenienti dai Paesi che distribuiscono le miscele Moak nel mondo. Per l’edizione 2014
presenti anche i nuovi concessionari che hanno ampliato
il network estero: Taiwan, Stati Uniti, Iraq, Australia, Siria e Montenegro. Una ulteriore espansione che dimostra
come l’azienda confermi la volontà di investire in nuovi
mercati, potenziando la rete distributiva e renderla il più
possibile competitiva su tutti i fronti. Gli interventi che si
sono susseguiti nel corso della giornata hanno permesso
di offrire una panoramica dei risultati raggiunti nel 2013
e degli obiettivi fissati per il 2014 e per gli anni a seguire.
Nell’intervento di apertura dei lavori, il direttore generale di
Caffè Moak Alessandro Spadola ha confermato il trend di
crescita dei mercati esteri che nel 2013 ha permesso di ritornare sui livelli di fatturato della quota export dell’anno precedente. Spadola ha inoltre presentato uno degli obiettivi del
2014: puntare l’attenzione sui grandi gruppi internazionali.
“Oggi – ha spiegato il direttore generale di Moak – grazie
agli investimenti di innovazione del sistema produttivo e
alle certificazioni che l’azienda ha ottenuto negli ultimi anni,
siamo pronti per presentarci alle grandi catene food del panorama internazionale, dove contiamo di entrare con il nostro prodotto che rappresenta il vero espresso italiano e che
mantiene alta, ancora oggi, la qualità della produzione artigianale”. Sul tavolo dei relatori i responsabili commerciali e
di for[me]moak hanno sottolineato l’importanza di rendere
sempre più solido e collaborativo il rapporto di partnership
tra Moak e i concessionari, garantendo loro il supporto logistico e quello dell’area marketing, che ha permesso di rafforzare l’immagine del brand nel mondo.
Il meeting è stata anche l’occasione per avere un confronto
più diretto e umano tra l’azienda e i suoi partner,
la possibilità di fornire nuove nozioni a tutti i partecipanti
e nuovi stimoli per affrontare, nonostante la crisi, nuove
sfide di mercato.
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Chef e Pasticceri interpretano il caffè Moak
Eros Picco e Andrea Besuschio
di Sara Di Pietro
Accanto ai migliori chef saranno i maestri pasticceri d’Italia a mostrarci come il nostro ingrediente preferito possa assumere
innumerevoli ruoli nell’arte culinaria e dolciaria. Espresso, in polvere o in chicchi, a renderlo protagonista saranno Eros Picco
del Ristorante Innocenti Evasioni e il maestro pasticcere Andrea Besuschio.
U
n intreccio tra l’utilizzo dei prodotti del territorio
e una buona dose di creatività. È la cucina di Eros
Picco, Chef del Ristorante Innocenti Evasioni. A
pochi passi da viale Certosa a Milano, un giardino in stile
Zen accoglie gli ospiti, che possono curiosare tra i profumi
e i sapori di una cucina che osa abbinamenti inusuali.
Lombatina di agnello e melanzana al caffe
ingredienti per 4 persone: 2 lombatine di agnello, 1 melanzana viola, 50g caffè in polvere, 50g salsa di carne di
agnello, qb burro chiarificato, aglio, timo, maggiorana,
sale Maldon.
Preparazione. L’agnello: preparare la costoletta di agnello
eliminando le parti grasse superflue. In una pentola aggiungere del burro chiarificato, uno spicchio d’ aglio e un
rametto di timo. Lasciare scaldare. Quando si raggiunge il
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punto di fumo, eliminare l’ aglio e le erbe. Rosolare la costoletta su tutta la sua superficie. Una volta rosolata, mettere la costoletta per circa 20 minuti in forno ad una temperatura di circa 100° C. Portare a bollore la salsa di agnello ed
emulsionarla con poco olio extra vergine di oliva.
La melanzana: pelare la melanzana. Tagliare delle fette di
circa 3 cm di spessore. In una pentola antiaderente versare poco olio extra vergine. Rosolare la melanzana sui due
lati. Salare e pepare. Panare un lato della melanzana con
la polvere di caffè. Conservare al caldo.
Completamento del piatto:Tagliare le costolette di agnello.In un piatto di portata disporre le costolette di agnello
salate e pepate. Disporre ora la fetta di melanzana tenendo la parte al caffè verso l’alto. Terminare con germogli
freschi e patate croccanti
L
a grande passione di Andrea Besuschio è il cioccolato. Figlio d’arte - l’omonima pasticceria di Abbiategrasso risale al 1845 – ha saputo creare una vera e
propria boutique di prodotti dolciari innovativi, rivolti ad
una pasticceria moderna. Tra le sue realizzazioni “signature”, oltre alle creazioni di cioccolato come il Porfido o
Zeropuntouno, spiccano in vetrina dessert legati alla tradizione come la Tegola o il Crakelè ai marroni di Cuneo.
Una filosofia, quella di unire tradizione e innovazione, che
a noi piace tanto. Così come il dolce al caffè che gli abbiamo chiesto di preparare e adatto alle grandi occasioni.
Isotta
Per il Sablè
Ingredienti: 360 g burro, 6 g sale, 270 g zucchero a velo,
90 g farina di nocciole, 3 uova, 180 g farina 00, 525 g farina 00, 15g caffè polvere Moak.
Procedimento: Portare il burro a pomata, aggiungere sale,
zucchero a velo, farina di nocciole, uova e la quantità
più piccola di farina (180 g). Impastare senza montare e
quando l’impasto è omogeneo aggiungere la restante farina. Stendere l’impasto e cuocere a 160°C.
Per la crema di mandorle
Ingredienti: 760 g burro, 760 g zucchero a velo, 760 g
farina di mandorle, 75 g di fecola, 8 uova
Procedimento: portare il burro a pomata. Aggiungere lo
zucchero a velo, la fecola e la farina di mandorle setacciate; aggiungere un uovo per volta senza montare l’impasto.
Per la composta di barbabietola e lampone
Ingredienti: 800 g polpa di barbabietola, 200 g polpa di lamponi, 100 g zucchero e 20 g di pectina Nh, 500 g zucchero.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Cook it - Cookin’ on 3 burners
Procedimento: portare le polpe a 60°C, aggiungere la
piccola parte dello zucchero con la pectina precedentemente miscelata. Portare ad ebollizione, aggiungere il
restante zucchero e riportare a ebollizione. Far bollire
per 2/3 minuti
Per la ganache montata caffè Moak
Ingredienti: 460 g panna, 90 g chicchi di caffè Moak, 45
g zucchero invertito, 45 g glucosio, 315 g copertura bianca, 690 g panna liquida fredda
Procedimento: scaldare i chicchi di caffè a 160°C per
3 minuti. Metterli in infusione per 10 minuti in 460 g
di panna liquida tiepida. Filtrare e ripesare il liquido in
modo da avere ancora i 460 g di panna. Scaldare aggiungendo lo zucchero invertito e il glucosio.Versare
lentamente al centro della copertura bianca, sciolta precedentemente, formando un composto elastico e brillante.
Terminare l’emulsione con la restante panna. Aggiungere
la panna liquida fredda, mixare il tutto e filmare a pelle e
lasciare una notte in frigorifero. Il giorno seguente montare in planetaria il composto.
Per la barbabietola candita
Ingredienti per sciroppo: 1 lt acqua, 550 g zucchero semolato, 1 kg barbabietola
Procedimento: fare uno sciroppo con acqua e zucchero
portate a bollore e versare sulla barbabietola, precedentemente tagliata a cubetti 1x1 cm. Filmare il contenitore
a pelle e mettere in frigorifero a 4°C. Il giorno seguente
scolare, recuperare lo sciroppo, aggiungere 110 g di zucchero e portare a bollore e versare sui cubetti di barbabietola. Filmare a pelle e riporre in frigorifero a 4°C. Ripetere lo stesso procedimento per altre 6 volte.
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Caffè da leggere
in collaborazione con
Il caffè visto come alimento di prima necessità, che non può mancare in dispensa e nelle provviste. Un libro-diario che racconta, attraverso gli occhi di una nonna, una Italia che, nonostante tutto, può ancora sperare in un cambiamento.
Sale, zucchero e caffè
di Bruno Vespa
Ad ispirare l’ultimo libro di Bruno Vespa è nonna Aida. Una nonna che
faceva di nascosto provviste di sale, zucchero e caffè per non lasciarsi sorprendere da imprevedibili emergenze come quelle della guerra. Nel ricordo
di questa donna straordinaria, Vespa racconta la storia d’Italia dalle rovine
della guerra ai recenti sussulti imposti, alla politica dalla condanna di Berlusconi, nella sua personalissima visione, prima di spettatore e poi, fin da
giovanissimo, di testimone professionale di settant’anni di vita nazionale. I
sacrifici di un Paese in ginocchio, la morte prematura del padre, la rinascita
e il miracolo economico vissuti nel microcosmo della provincia, il ruolo
decisivo di una scuola in cui l’autorità del sapere assicurava agli insegnanti
una posizione centrale nella società. La prima giovinezza sacrificata a un
giornalismo troppo precoce, la diffidenza verso Roma e poi l’abbandono
al suo fascino irresistibile. Un diario a cuore aperto per conoscere meglio i
chiaroscuri di quello che - nonostante tutto - rimane un grande Paese, con il
diritto alla speranza.
L’autore
Collana: I libri di Bruno Vespa
Edizioni: Mondadori
Anno: 2013
Numero di pagine: 448
Prezzo: 16,15 euro
ISBN: 8804633522
Bruno Vespa ha deciso di raccontare un pezzo della storia del nostro Paese
scegliendo una chiave autobiografica. Dalle incursioni notturne nel lettone
dell’amatissima nonna Aida, dove cercar rifugio dai brutti sogni, all’infanzia all’Aquila, nell’Italia della ricostruzione, alla gavetta giornalistica nella
redazione locale del “Tempo”, al concorso nazionale per radio telecronisti
del 1968 in cui si classificò al primo posto e in seguito al quale venne assegnato al telegiornale, per poi diventare un osservatore delle vicende - non
solo politiche - italiane, fino alla più stringente attualità. Una storia personale fatta di molti incontri (con i potenti ma anche con gente comune), di
forti emozioni e di esperienze epocali, che è anche la ricostruzione di tanta
parte della storia e del costume del nostro Paese.
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Le piccole e medie imprese ci salveranno dalla crisi.
Intervista a Paolo Preti
di Sara Di Pietro
S
e negli ultimi anni molte delle imprese italiane
per sopravvivere hanno scelto di allearsi con le
multinazionali, oggi forse non è questa la strada da
seguire. Per Paolo Preti, Professor delle Organizzazioni
delle Piccole e Medie Imprese dell’Università Sda Bocconi, a salvare l’Italia saranno proprio le imprese di piccola e media dimensione, quelle ancora legate al territorio
e di proprietà familiare. Una visione che ci rassicura,
soprattutto per chi ancora batte i pugni per salvaguardare
e preservare il vero made in italy. Ad avere un ruolo da
protagonista è il consumatore, che, nonostante sia più
consapevole ed informato, reputa gli acquisti sempre
meno affidabili e vuole tornare a fidarsi del bar e della
bottega sotto casa.
Negli ultimi mesi i media affermano che i prodotti
made in italy nel settore food ci salveranno dalla crisi
economica. Possiamo sperarci?
Il food in Italia ha una grandissima importanza e può
tracciare la strada che tutte le aziende dovranno seguire per portare il Paese fuori dalla crisi. La strada è
Paolo Preti
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quella che io chiamo dell’impresa forte. Lo slogan è
“fare meglio quello che si è sempre fatto rendendolo
visibile”. Le piccole imprese non possono competere
sull’economia di scala, devono trasformare quello che
per molti può essere un limite in una opportunità: la
piccola dimensione come regno della qualità. Altro
aspetto è la specializzazione. Il meglio a cui siamo obbligati per competere è l’esito soltanto di una specializzazione sempre più spinta, oltre al saper fare innovazione anche nei settori maturi, purchè sia di tipo incrementale, ovvero quella dei piccoli passi. Le piccole
e medie imprese hanno sempre alla guida imprenditori
che amano il fare, dove l’unica difficoltà è riuscire a
comunicarlo nel modo giusto. In Italia abbiamo bisogno di gente che aiuti la diffusione, che porti in giro i
prodotti, che ne parli bene, li faccia trovare vicino ai
potenziali consumatori, in tutto il mondo. Se vogliamo
competere con le multinazionali dobbiamo farlo con
le armi della piccola impresa, che punta sulla qualità,
saper far bene il proprio mestiere, avere una storia alle
spalle fatta di persone.
A proposito di gente che parli bene dei nostri prodotti, recentemente si è posta l’attenzione su una nuova
community: i food-evangelist. Chi sono e come si
comportano?
Avere dei pionieri che testano, sperimentano e che ne
parlino vuol dire diffondere conoscenza. Il vero food
evangelist, però, secondo me non è quello che va in
giro a parlare di mestiere. Mi piacerebbe piuttosto che
si creasse un modello tripadvisor per il settore alimentare, un giudizio che arrivi dal basso e non dall’alto.
Non una professione che inevitabilmente prima o poi
innesca una lobby. Qualcuno che dia vita ad un mezzo sul web dove ciascuno possa dare un giudizio non
pilotato. È ovvio che ce ne vorrebbero almeno cento
di giudizi per ciascun prodotto, tra quelli negativi e
quelli positivi, per avere un feedback quanto più veritiero. Unico limite potrebbe essere quello del giudizio
espresso secondo i propri gusti.
Il consumatore italiano, rispetto al passato, è sempre
più attento ed informato. Quanto è consapevole di ciò
che acquista?
Il vero problema è fidarsi. Nessuno è profondo conoscitore di tutto ed essere informati non sempre chiarisce
le idee. Il consumatore può fidarsi delle certificazioni,
del prodotto che espone il marchio made in Italy, ma
la vera fiducia deriva da un rapporto di lungo periodo
tra chi produce e chi acquista. È quella fatta di rapporti
personali, che nel mercato globalizzato è difficilissimo
ottenere. Ecco perché è importante il forte attaccamento al territorio. In qualunque settore le piccole e medie
imprese non ha quasi mai sede nei capoluoghi, ma nei
piccoli centri di provincia, dove i rapporti sono consolidati, dove la famiglia da sempre ha operato; lì vivono
i collaboratori, lì c’è un rapporto stretto con le banche
del territorio. Chi fa bene il proprio lavoro emerge. Sopravvive chi non vuole puntare ai grandi numeri, ma ai
rapporti personali. Il bar sotto casa che serve le trecento
persone che abitano in zona, matura rapporti di lungo
periodo e quindi crea fiducia.
Un rapporto quindi, quello tra chi acquista e chi produce,
sempre più diretto. Quanto hanno inciso i social network?
Oggi tutti sono amici sui social network, ma tutti sono
chiusi in camera da soli e non hanno un amico vero.
Senza dubbio è un ottimo strumento. Dal punto di vista
personale su facebook si può rafforzare un legame, ma
non aspettarsi di avere nuovi amici veri. Dal punto di
vista del marketing posso rafforzare la comunicazione e
sfruttare questo mezzo come passaparola grazie a chi ha
avuto modo di conoscere il mio prodotto o servizio e lo
promuove e divulga liberamente in rete.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: A good idea at the time - Ok Go
[ the sign moak ]
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Design, ironia e funzionalità nelle opere ceramiste di
Andrea Branciforti
di Paola Rinciani e Corrado Passarello
BN 1
L
a nostra è una terra ricca di talenti, idee, iniziative.
Una fucina d’autorevoli personalità che decidono di
investire nei propri sogni e nella propria terra natia.
Andrea Branciforti è architetto, designer, figlio d’arte di
origine calatina. È riuscito nell’intento di legare indissolubilmente design e funzionalità, un connubio spesso di
difficile realizzazione. Veicola le proprie ispirazioni nella
ceramica, una materia in cui il padre, nella città calatina,
è vero maestro. Il suo interesse per la ceramica trova ragion d’essere già al termine degli studi in Architettura a
Palermo, con la tesi “ la ceramica dal 700 ad oggi” e si
realizza definitivamente con l’attuale collezione “Improntabarre”, una serie di oggetti che rispecchiano la filosofia
aziendale di una ricerca sempre presente ed aperta a nuovi linguaggi, ”…un luogo di idee sogni ed utopie che si
proiettano nella realtà”.
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[ X 02/2014 ]
Quanto è stata importante l’influenza di tuo padre per
le tue aspirazioni?
Il percorso artistico di papà, oltre all’impegno in azienda, si è sempre alternato tra la scultura e le figurine in
terracotta. Se nella scultura la sua ricerca è indirizzata
ad una scomposizione geometrica della figura, ad una
riflessione sulle forme arcaiche neoclassiche, nel trattare la figurina, invece, esce fuori la sua capacità di
fotografare e ricreare nei dettagli i personaggi reali ed
immaginari. È proprio la curiosità, la ricerca e questo
cogliere l’attimo di una società sempre di corsa che mi
ha trasmesso, facendomi capire che si può fare innovazione utilizzando un materiale antico lavorato anche con
strumenti e tecniche artigianali. Il mio percorso però lo
devo molto agli studi universitari ed in particolare al
mio professore di università Michele Argentino che ol-
tre a sostenere il mio lavoro e la mia ricerca, mi ha fatto
conoscere maestri del design che hanno segnatoil mio
percorso, come Ettore Sottsass o Enzo Mari.
Qual è il leitmotiv delle tue opere?
Il tema ricorrente nei miei progetti è l’ironia supportata
dalla funzionalità. Se poi l’oggetto riesce a creare un
legame di natura affettivo con il suo acquirente, allora è
il massimo. Nel progetto “Art. in Tavola”, selezionato e
presentato alla Biennale di Venezia e al Mic di Faenza,
porto a tavola i 12 articoli fondamentali della Costituzione. L’idea era di rendere “visibile” il concetto degli
articoli, utilizzando il carattere tipografico come strumento espressivo e il piatto da tavola come supporto.
Tra gli oggetti quello a cui sono molto legato è “Etna”,
un set di piatti da tavola impilabili. Un omaggio al nostro vulcano e che è stato presentato a Milano in occasione del Design Week 2014.
Come viene vista a Caltagirone la tua rivisitazione
della ceramica in chiave moderna?
Questa è una domanda che posso rigirare alla mia città.
Un paio d’anni fa la mia azienda ha collaborato con l’architetto Ugo La Pietra, che quando ha visto i miei lavori
è rimasto molto sorpreso, definendoli come “uno studio e
una progettazione netta e decisa” in rapporto alla produzione corrente. Credo che questa sia la spiegazione per il
Etna
consenso che negli anni è riuscito ad avere il mio lavoro
sia in città che fuori.
Da cosa deriva la scelta del nome “Improntabarre”?
Il nome, come il logo, è l’unione di due concetti: produzione seriale e artigianato. Ovvero codice a barre, tipico
di una produzione industriale e l’impronta del dito, a
sottolineare che il lavoro dell’artigiano è presente in ogni
fase di esecuzione dell’oggetto su cui lascia la sua impronta.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Uno dei progetti futuri è la trasformazione di Improntabarre in uno studio Handcraft & Design Laboratory, in cui prevale la ricerca e la contaminazione con altri
materiali
Per un designer quanto è importante l’appartenenza
ad una realtà come ADI nel territorio siciliano?
Credo di essere stato tra i primi ad aderire al progetto
Adi Sicilia. Adi è riuscita a creare in Sicilia un corto circuito tra varie realtà: dalle associazioni alle scuole sino
ad arrivare alle aziende. In una realtà come la nostra è
importante la sua presenza sia per i molti amici e colleghi
che si occupano di design ma anche per le aziende che
vedono nella figura del designer una scommessa per il
loro futuro.
Art. in tavola
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Ironic Rainbow - Olivia Ruiz
[ the sign moak ]
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Il caffè Moak in viaggio verso il Polo Sud
con Pietruccio Montalbetti
di Sdp
F
ondatore e leader dello storico gruppo rock italiano
dei Dik Dik, nella sua vita non ha scalato solo la
vetta del successo, ma anche quella della montagna
più alta delle Ande, l’Aconcagua, dopo essere arrivato
un anno prima in cima al Kilimangiaro. Pietruccio Montalbetti ha sempre avuto la passione per i viaggi e per la
natura e se ai tempi dei Dik Dik ha girato il mondo in
compagnia e per lavoro, oggi il musicista errante ama
viaggiare in solitaria, immergendosi nella natura e nella
cultura dei popoli del luogo e vivendo a stretto contatto
con tribù primitive che mai hanno incontrato la nostra
civiltà. Pietruccio è un uomo che ha molto da raccontare,
da musicista e da viaggiatore e lo ha fatto anche attraverso i suoi libri “Io e Lucio Battisti” e “Sognando la California, scalando il Kilimangiaro”, dove ama svelare la
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[ X 02/2014 ]
vera anima delle persone e dei luoghi. Da poche settimane è tornato dalla Patagonia – è il caso di dirlo - in capo
al mondo. Un viaggio lungo ed emozionante, dalle Ande
fino alla Terra del Fuoco con i suoi ghiacciai tra più vasti
al mondo. Un viaggio dove a tenerlo sveglio, per non far
sfuggire ai suoi occhi e alla sua memoria la bellezza della
natura, è stato proprio il nostro caffè.
Sei appena tornato dalla Patagonia. Perché questa
meta e cosa ti sei portato dietro da questo viaggio?
L’anno scorso quando ho raggiunto la vetta dell’Aconcagua, a 7000 metri il mio fiato era sospeso dinnanzi alla
maestosa bellezza della natura. La mia guida, un cileno,
in quel momento mi disse “sapessi come è bella la Patagonia e la Terra del Fuoco”. Così a gennaio decisi che
dovevo vederla. Il cileno non si sbagliava: è uno dei luoghi più affascinati che abbia mai visto, dove la natura,
con i suoi ghiacciai è abitata solo da pinguini e balene.
Da cosa nasce la passione per i viaggi e cosa ti spinge a
girare il mondo da solo?
È una passione innata. Da piccolo sognavo di fare l’esploratore. Grazie alla musica ho riscoperto la voglia di viaggiare, ma in modo diverso. Ho sentito forte il bisogno di
isolarmi, per ritrovare me stesso e capire da dove nascesse
il mio ateismo. Viaggiare vuol dire avere più rispetto del
mondo e delle persone. Mi piace spostarmi con i mezzi dei
popoli che abitano quel posto, mangiare e dormire come
loro, immergendomi completamente in quella realtà.
I tuoi, più che viaggi, sono vere e proprie spedizioni,
imprese ardue in luoghi inesplorati, dove bisogna avere anche una buona dose di coraggio?
Più che coraggio bisogna avere rispetto del proprio corpo
e dello spirito. Ho sempre condotto una vita abbastanza
sana, mantenendo un certo rigore nel cibo, non bevendo
alcolici, né facendo uso di droghe. Mi alleno quotidianamente e questo mi consente di avere anche a settant’anni
una buona resistenza e forza fisica.
Pietruccio Montalbetti non solo musicista e viaggiatore,
ma anche autore di libri, dove ami raccontare la vera
anima delle persone e dei luoghi che hai conosciuto.
Ho scritto tre libri, il primo “I ragazzi della via Stendhal”,
che racconta la generazione degli anni sessanta. Qualche
anno dopo esce “Sognando la California. Scalando il Kilimangiaro”, che non è il racconto di un viaggio, ma di
come quest’ultimo aiuti a conoscere meglio se stessi, soprattutto quando sei da solo, in una tenda a 25 gradi sotto
lo zero e non puoi fare a meno di riflettere e pensare.
Nell’ultimo libro “Io e Lucio Battisti”, invece, ho voluto
rendere giustizia non all’artista, ma all’uomo Lucio Battisti e al suo mondo di emozioni e timidezze, lontano dai
riflettori.
Quale sarà la tua prossima meta?
Non ho ancora deciso, ma mi piacerebbe andare in Costa
Rica e in Tasmania.
A tenerti sveglio in Patagonia c’è stato anche il caffè.
Sarà il tuo compagno di viaggio nella tua prossima
impresa?
Assolutamente sì. Quello Moak e rigorosamente senza
zucchero.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: L’isola di Wight - Dik Dik
[ the sign moak ]
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I giovani architetti guardano alle aziende come
modello di professionalità.
di Sara Di Pietro
U
n’opera, un architetto, un’impresa e un luogo gastronomico. Secondo i giovani architetti
dell’Associazione “Architettura plug-in” di Siracusa sono queste le risorse che messe insieme illustrano
l’identità di un territorio. Un percorso non solo teorico,
ma anche fisico che l’associazione aretusea ha voluto
tradurre nel progetto “Le città del mondo”, un programma di visite, viaggi e itinerari, che si propone la conoscenza diretta dei luoghi, delle opere e degli architetti.
Moak è stata una delle tappe della giornata dedicata alle
“architetture iblee”. Dopo aver visitato l’ex Convento di
Santa Maria del Gesù a Modica, studenti e neo architetti,
guidati dal Professor Fabrizio Foti, presidente di Architettura Plug-in, hanno fatto tappa nel centro direzionale
Moak, dove il team di for[me]moak ha spiegato come
oggi non è importante spostare le sedi aziendali nelle
grandi metropoli, ma conoscere bene le reali esigenze
del mercato, avere quante più informazioni possibili
dall’esterno e tradurle in progetti che oltre ad essere belli
devono anche rispondere ai cambiamenti sociali ed economici e al target a cui si rivolgono. “Quella di inserire
Moak – ha spiegato Fabrizio Foti – come tappa nei nostri
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[ X 02/2014 ]
viaggi è stata una scelta d’eccezione; solitamente visitiamo un’impresa legata all’edilizia. Il modello Moak è un
esempio di come si possa creare sinergia tra produzione,
ricerca e sviluppo attraverso il lavoro dei creativi e di
un’area marketing ben organizzata. La stessa sinergia
che deve interessare anche l’architetto, che ormai non
progetta solo case o monumenti, ma deve avere un approccio metodologico che riconosca la progettualità in
qualsiasi opera”. Il progetto “Città nel mondo. Visite”
ha anche l’obiettivo di svelare il dolce e l’amaro della
professione dell’architetto: da un lato il dolce è la vocazione e la passione del progettista di realizzare un’opera. L’amaro è la burocrazia, il dover assistere inermi
all’incuria e all’abbandono di opere di interesse storico.
Una metafora che Foti associa ai luoghi. Come nel caso
di Modica, “dove l’amaro è aver constatato l’abbandono
di un’opera rinascimentale come l’ex Convento di Santa
Maria del Gesù, destinato a una casa circondariale, mentre il dolce è dato da realtà come Moak, che rappresenta
l’esempio di un’impresa che ha saputo fare innovazione,
senza rinunciare alla produzione artigianale e al forte legame con il territorio”.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Architecture - Chequerboard
Food & Drink Experience.
Il barman diventa anche chef
a cura della redazione
Chi ha detto che a un buon piatto bisogna necessariamente abbinare un ottimo vino? Anche un cocktail può esaltarne i sapori. Lo sa bene Flavio Esposito, il giovane BarChef che a Milano promuove il suo progetto Food & Drink Experience, dove il
mondo del bar incontra quello della cucina. Il barman diventa quindi anche chef, facendo esperienza non solo dietro il bancone, ma anche tra i fornelli. La passione per l’arte culinaria Flavio ce l’ha fin da quando viveva a Napoli, dove si appassiona del
caffè, tanto da considerarlo come uno degli ingredienti che unisce cibi e bevande e che dà equilibrio a tutto.
Cocktail - E nù juorn’ buon
Piatto - Chicchi pieni di felicità
Ingredienti: 15gr di caffè macinato, 1 tazza di acqua, 1 cl.
liquore alla violetta, 2 cl. Rum spice, spuma homemade
di mozzarella al cacao
Procedimento: Riempire una parte del boston con acqua
e mescolare con due cucchiaini di caffè macinato fresco
molto fine. Mixare il tutto con la tecnica indiana del Chai
Tea, ovvero versando da un boston all’altro la miscela
per tre volte. Portare quindi ad ebollizione e lasciar raffreddare per 5 minuti. Nel frattempo aggiungere liquore
alla violetta e il Rum spyce. Unire anche il ghiaccio e una
parte del caffè equivalente a un doppio nell’altro boston e
shakerare energicamente per 9 secondi. Lasciar riposare
per 5 minuti e servire in una tazza da cappuccio in vetro.
Completare con una spuma di latte al cacao e guarnire
con un baccello di vaniglia e rosa canina essiccata.
Ingredienti: 250 gr di ceci lessati, 100 gr di radicchio lollo rosso, ½ scalogno da tritare, sale, pepe e olio extra vergine, 1 bicchiere di prosecco, 100 ml di brodo vegetale
Procedimento:Fate soffriggere lo scalogno in una casseruola con due cucchiai d’olio. Quando lo scalogno si sarà
dorato aggiungere il radicchio e dopo circa due minuti i
ceci ben scolati. Dopo circa 3 minuti sfumate con vino
bianco frizzante e aggiungete qualche mestolo di brodo.
Portate a ebollizione e fate cuocere per circa 2 ore. Quando i ceci saranno teneri toglieteli dal fuoco e aggiungete
sale, pepe, una noce di burro e parmigiano. Passate tutto
con un mixer a immersione, fino ad ottenere una vellutata
di ceci. Servite in un piatto e decorando aggiungendo del
radicchio croccante al centro con polvere di liquirizia e
chicchi di caffè.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: The coffee beans - Erik Rothenstein
[ the sign moak ]
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Marianna Di Martino, dalla Sicilia a New York.
di Sara Di Pietro
I
l 2013 è stato un anno importante per il cinema italiano, ma anche per la carriera della bella attrice siciliana
Marianna Di Martino. A soli ventiquattro anni il suo
primo red carpet con il film “La Santa” e adesso anche
una parte in The man from U.N.C.L.E, il nuovo film di
Guy Ritchie, con Hugh Grant. E dire che Marianna aveva
altri progetti per il suo futuro, che non erano certo quelli
del mondo dello spettacolo. Gli studi a New York le fanno cambiare idea e adesso sogna il cinema internazionale
di Tarantino e Scorsese. Nata e vissuta tra il mare e il vulcano, non nasconde il suo temperamento passionale, che
si riflette nei tratti della sua bellezza tutta mediterranea.
esprimere come attrice; ma è anche vero che senza una
buona dose di fortuna non sarebbe stato possibile!
A soli ventiquattro anni puoi vantare il set internazionale. Una grande opportunità per aver studiato a New
York all’Actor Studio di Anna Strasberg o semplicemente esserti trovata nel posto giusto al momento giusto?
Allo Strasberg’s Institute mi sono innamorata della recitazione e lì ho appreso i primissimi strumenti per potermi
E la Sicilia che posto occupa?
La Sicilia è il posto del cuore, il nido in cui torno ogni
volta che posso, un po’ il mio “carica batteria naturale”.
Nascere tra un vulcano ed il mare, crescere correndo sulla
pietra lavica e la sabbia, tra il profumo di gelsomino e
zagara, ti lascia un marchio indelebile, unico, sulla pelle.
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[ X 02/2014 ]
Momenti d’oro per il cinema italiano, grazie all’Oscar
vinto da Sorrentino. Se dovessi scegliere tra la carriera
in Italia o in America il tuo cuore dove ti porterebbe?
Considerato che proprio oltreoceano ho iniziato a studiare,
direi che questa decisione l’ho già presa a suo tempo, tornando in Italia. Sentivo il bisogno di vivere e costruire il mio
sogno partendo da casa, per potermi proiettare in qualsiasi
altra direzione. Ora sogno ad occhi aperti di poter tornare, un
giorno, dove mi sono innamorata della recitazione.
La passione per il mondo del teatro e dello spettacolo
è nel tuo dna. Quanto ha inciso nella scelta di intraprendere questa carriera?
Per nulla in realtà. Mia madre mi ha sempre sostenuta
nelle mie scelte, libere dai condizionamenti. Fino ai 19
anni ero certa che non avrei fatto l’attrice, proprio per
distaccarmi dall’identità dei miei genitori; poi allo Strasberg’s Institute di New York sono stata folgorata e da
quel momento ho cambiato tutta la mia vita per recitare.
Una scelta condivisa anche da mia madre, mio grande
punto di riferimento, che mi sostiene profondamente.
Hai anche calcato le passerelle internazionali di Fendi e
Armani. Quanto conta la bellezza per avere successo?
La bellezza fisica è una delle cose più effimere della vita; la
bellezza vera risiede nell’anima delle persone e affiora agli
occhi quando sorridono e questa differenza conta molto nella
recitazione. Gli occhi parlano, la bellezza no. Il successo, poi,
è un’altra cosa; si costruisce con il tempo e con il lavoro, senza smettere mai di studiare. Matthew McCauneghy ricevendo
l’Oscar ha detto una cosa che mi ha colpito tantissimo “da
bambino il mio eroe ero io tra 10 anni, ma 10 anni dopo non
ero ancora il mio eroe, così ho rimandato di altri 10 anni e
così per tutta la vita, spinto ad essere sempre il meglio di me”.
Nel tuo cassetto dei sogni chi è il regista con cui vorresti lavorare?
Impazzirei a lavorare con Tarantino. Credo plasmi i suoi
attori in personaggi dalle sfumature geniali, percorrendo
una linea sottile tra genio e follia. Trasformarsi psicologicamente così tanto è esaltante per un attore. Podio
d’onore anche a Scorsese (non credo ci sia bisogno di
dire perchè). Completano la lista Steave McQueen e
Spike Jonze per la sensibilità, la delicatezza, le sfumature ed i dettagli dei personaggi che dipingono. Anche nei
miei sogni, però, stento a sperare tanto (sorride)
È un cassetto pieno di sogni che ti auguriamo di realizzare. E adesso Marianna e il caffè.
Lungo con latte freddo, se ho il tempo per la mia colazione preferita (uova, bacon e formaggio) o espresso al
bar, quasi sempre di corsa.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Tu vuò fa l’americano - The Ray Gelato Giants
[ the sign moak ]
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Caffè e Salute
Proteggetevi dal sole con il caffè
di Corrado Passarello
U
n connubio vincente quello tra caffeina ed attività
fisica, che rappresenterebbe un importante metodo
preventivo per combattere il cancro alla pelle. Lo
sostiene uno studio americano pubblicato sui Proceedings
of the National Academy of Sciences in cui i ricercatori
dell’Università Rutgers in Florida hanno esposto ratti a
dosi di raggi ultravioletti B, dannosi per la pelle e considerati precursori del cancro. Gli scienziati ipotizzano,
quindi, che si sviluppi una sorta di sinergia fra la ginnastica e la caffeina, che aiuta ad eliminare in modo massiccio le cellule precancerose. Una scoperta che potrebbe
rivelarsi utile anche per altri tipi di tumore, come spiega
il dottor Yao Pin Lu, che ha condotto la ricerca e che abbiamo intervistato.
Qual’è l’origine di tale scoperta?
Studi precedenti nei nostri laboratori hanno rivelato che
la somministrazione orale di bevande contenenti caffeina
a topi nudi SKH-1 ha portato a un effetto inibitorio sulla
formazione di tumori alla pelle benigni e maligni causati
da UVB. Abbiamo riscontrato che le bevande con caffeina erano più efficaci di quelle decaffeinate.
Come agisce la caffeina sulle cellule malate?
La caffeina può inibire forme di melanoma, incrementando selettivamente l’apoptosi nelle cellule con un DNA
danneggiato o nei tumori, ma non nelle cellule normali.
Abbiamo recentemente scoperto che la caffeina, che ha
contribuito a proteggere dai tumori alla pelle, potrebbe
il dottor Yao Pin Lu ed il suo team
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[ X 02/2014 ]
essere collegata anche alla diminuzione del tessuto grassoso e quindi alla riduzione dei livelli di citochine associati all’infiammazione.
mostrato che le applicazioni topiche di caffeina o caffeina
sodio benzoato prima o dopo l’esposizione alla luce solare inibiscono il cancro alla pelle sui topi.
Qual’è lo stato attuale della vostra ricerca?
Abbiamo riscontrato che i topi sono stati esposti alla luce
UVB per venti settimane (topi ad alto rischio); quelli che
avevano preso della caffeina (pari a circa 1-3 tazzine di
caffè per un adulto), insieme a un esercizio fisico della
durata di 14 settimane, hanno sviluppato il 62 % di tumori in meno rispetto ai topi che non avevano assunto
caffeina o svolto attività fisica. Il nostro lavoro ha di-
La caffeina potrebbe allora diventare un ottimo schermo solare?
Stiamo avviando esperimenti clinici che possano confermare l’efficacia e la sicurezza delle applicazioni topiche di caffeina o insieme a tradizionali creme solari. Se
i risultati ci daranno ragione, come crediamo, il caffè
ridurrebbe i tumori della pelle durante l’abbronzatura e
potrebbe diventare un ottimo alleato delle tintarelle.
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Brown skin girl - Harry Belafonte
[ the sign moak ]
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Caffè e dintorni
rubrica a cura di Carmelo Chiaramonte
Bandire dalla tavola carne, pesce, latte e uova. È la filosofia dell’alimentazione vegana, che esclude totalmente l’uso di prodotti animali e loro derivati. Considerato fino a poco tempo fa un fenomeno di nicchia, oggi sempre più persone, per lo più
donne, tra i 25 e i 34 anni, si sono “convertite” a questo regime alimentare, facendo una scelta non soltanto legata alla salute,
ma anche etica. Lo chef errante Carmelo Chiaramonte, nella rubrica “caffè e dintorni” ci accompagnerà in un nuovo viaggio e
vi farà scoprire come la cucina vegana possa essere prelibata, facile da preparare e alla portata di tutti.
Primavera vegetariana
Caponata di carciofi
Nel silenzio delle notti di primavera esplodono come fuochi
d’artificio lentissimi, piante magiche in forma di polloni,
germogli, turioni, gemme, fiori e infiorescenze. L’arcobaleno vegetale inizia con un caleidoscopio di sapori fantastici.
Le piante “nuove” hanno quella bella energia di una cucina
mediterranea un po’ trascurata, quella cioè che incantò i
nutrizionisti di mezzo mondo e fissata nel primo libro di cucina vegetariana siciliana, scritto nel 1930 dal Duca Alliata
di Salaparuta: Vegetarianesimo e naturismo crudo (Sellerio
ed.). Ecco una delle quindici varianti isolane della Caponata.
Insolito il turione di asparago di bordura (ruscus aculeatus),
conosciuto da pochi, che tuttavia si può sostituire con l’asparago dei campi incolti. In moltissimi temono l’aglio ma
quello nuovo è delicatissimo e degnamente profumato.
Come si prepara
Tagliare i cuori di carciofi a spicchi da scottare in padella
con olio e asparagi, per 3 minuti a fuoco vivace. Poggiare
la padella sulla fiamma piccola, coprire e lasciare cuocere
per 5 minuti; aggiungere ai carciofi aglio e cipollotti tagliati a julienne fina e riportare la padella a fiamma viva
per due minuti. Profumare le piante con miele, aceto, olive e le altre erbe.
La caponata è uno dei pochi piatti siciliani che preferisce essere attaccata dalle forchette avide solo quando è
fredda purché la si accompagni a fette di pane che sprigionano i gradi della temperatura corporea. Gradisce una
abbinamento frizzante, come la birra bianca di frumento
o un’italianissima gazzosa.
Dosi ed ingredienti per 4 ospiti:
- Menta a piacere
- 4 cucchiai aceto di vino rosso artigianale
- 2 cucchiai di miele d’agrumi
- 16 olive verdi in salamoia
- Peperoncino a piacere
- 4 cucchiai olio d’oliva extra vergine
- 20 gr aglio nuovo
- 12 cuori di carciofo
- 100 gr cipollotti verdi
- 4 ciuffi di finocchietto selvatico
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[ X 02/2014 ]
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Max - Paolo Conte
Lo stile di arredare.
Il bar in valigia
rubrica a cura della redazione
Un banco bar in valigia. È l’accessorio “da viaggio” che
tutti i baristi vorrebbero avere, soprattutto con l’arrivo della
stagione outdoor. La workstation trolley proposta da Odk
è ideale per servizi esterni al locale, piccoli e grandi eventi.
La rivoluzione sta nella praticità e versatilità: una valigia
che misura 45x64x88 centimetri quando è chiusa e diventa
un banco bar largo 150, alto 110 e profondo 64 quando è
aperta. L’intera struttura è robusta, semplice e veloce da
montare. Completa di tutto il necessario per organizzare
ovunque un servizio di cocktails bar è anche dotata di ruote
e maniglie per agevolarne il trasporto.
Una sola postazione, poco spazio e tutto a portata di mano.
La trolley di Odk è una workstation pratica e professionale.
La struttura è in acciaio ed è completa di vasche, porta bicchieri, porta bottiglie e di un ampio piano di lavoro.
info contact consulant for[me]moak designer:
[email protected]
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[ X 02/2014 ]
Cocktail al caffè
a cura di for[me]training
Pochi ingredienti, pochi minuti e un po’ di colore. È ciò che serve per preparare semplici cocktail per chi non vuole rinunciare
all’espresso. Ecco alcune ricette di Marco Poidomani preparate per for[me]training, dove il caffè è indiscusso protagonista.
Unico accorgimento: servire con un sorriso.
coffee creme nocciola
1 oz crema di noc ciola
fill di crema al caffé montata nel mixer
decorazione crustas di granella di noccioline
coffee creme zabaione
1 oz crema di zabaione
fill di crema al caffé montata nel mixer
decorazione crustas di zucchero colorato
coffee frozen alla pera
4 oz purea alla pera
2 oz latte di mandorla
1 oz caffé in superfice
ghiaccio blender decorazione pera
white russian coffee
3/4 oz vodka
3/4 oz kalhua
1 oz caffé
2 oz panna liquida semi montata
ghiaccio
Brano consigliato per la lettura di questo articolo: Artichokes - Maps & Atlases
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scarica i pdf completi su: www.caffemoak.com/the-sign-moak - www.caffemoak.com/en/the-sign-moak
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03/2013 © Caffè Moak S.p.A.
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