1 LOTTO TIZIANO ARTEMISIA LE STANZE SEGRETE DI VITTORIO

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1 LOTTO TIZIANO ARTEMISIA LE STANZE SEGRETE DI VITTORIO
LOTTO TIZIANO ARTEMISIA
LE STANZE SEGRETE DI VITTORIO SGARBI
a cura di Pietro Di Natale
Osimo, Palazzo Campana, dal 18 marzo – 29 ottobre 2016
L’arte ha una funzione culturale, è autenticamente cultivatio animi, e per questo non è solo utile,
ma anche necessaria nel percorso di ogni uomo. Una collezione d’arte privata è dunque la fondazione di
un sistema simbolico, la creazione di una palestra per l’anima, un luogo dove si materializzano scelte
intime, meditate e, talvolta, sofferte. Sovente si dimentica che la sua più alta vocazione sia quella di
accogliere il pubblico, di offrirsi agli sguardi, di raccontare la propria storia: per quaranta dipinti della
collezione Cavallini Sgarbi questo è già accaduto, prima in Spagna, a Burgos (Il Giardino Segreto. Grandes
maestros de la pintura italiana en la colecciòn Sgarbi, Casa del Cordón, 2013) e a Cáceres (Il furore della ricerca.
Grandes maestros de la pintura italiana en la colecciòn Cavallini Sgarbi, Fundacion Mercedes Calles y Carlos
Ballestero, 2014), poi a Città del Messico, nei prestigiosi spazi del Museo Nazionale di San Carlos
(Teoria de la belleza. Pintura italiana en la colecciòn Sgarbi, 2014). Il disegno costante che ha ispirato il
creatore della raccolta, lo storico dell’arte e critico di fama internazionale Vittorio Sgarbi, è stato la
ricerca della bellezza. Muovendosi tra le centinaia di opere riunite in trent’anni di furibonda attività si
rimane sorpresi dall’eterogeneità dell’insieme, che viene a configurarsi come una vera e propria summa
dell’arte italiana, tra pittura e scultura, dal XIII secolo ai giorni nostri. Questo coltivato assortimento (e
accanimento) riflette d’altronde la cultura ampia e multiforme di chi ha studiato, rintracciato, acquisito
e, in ultimo, protetto i preziosi tasselli che la compongono. Lo stesso Vittorio Sgarbi afferma che il
divertimento e il mistero del collezionismo è “l’interesse per ciò che non c’è” e che una collezione è
“storia di occasioni, d’incontri, di scoperte”, un’avventura che “s’incrocia con curiosità, ricerche, studi”
e si manifesta come “una battuta di caccia, una forma di gioco, anche d’azzardo… una sfida, un
corteggiamento, una conquista”. Essa “non ha regole, non ha obiettivi, non ha approdi, è
imprevedibile”: per questo “non si trova quello che si cerca, si cerca quello che si trova”.
Questa ricerca è espressione del profondo amore del collezionista per la bellezza dell’Italia e
della sua arte e si manifesta in maniera esemplare attraverso le novantadue opere esposte alla mostra
osimana “Lotto Tiziano Artemisia. Le stanze segrete di Vittorio Sgarbi”.
La selezione di dipinti, disegni e sculture dal Cinquecento all’inizio dell’Ottocento vuole dar conto in
primis della peculiare e complessa “geografia artistica” della nostra nazione. Rappresentata in maniera
significativa è la scuola della ragione ospitante, le Marche, con le opere di Johannes Hispanus, Nicola
Filotesio dello Cola dell’Amatrice, Lorenzo Lotto, Battista Franco detto Semolei, Giovanni Francesco
Guerrieri da Fossombrone, Simone Cantarini detto il Pescarese, Andrea Lilio, Giovanni Battista Salvi
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detto Sassoferrato, Pier Leone Gezzi, Sebastiano Ceccarini, Giovan Battista Nini e Francesco Podesti.
Ampiamente documentate sono le altre principali scuole italiane: da quella veneta (Pietro Liberi,
Simone Brentana, Bernardo Falconi, Rosalba Carriera) a quella emiliana e romagnola (Nicola Pisano,
Sebastiano Filippi detto Bastianino, Ferrau Fenzoni, Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino,
Matteo Loves, Guido Cagnacci, Giacomo Zampa, Mauro Gandolfi, Filippo Comerio), da quella toscana
(Giovanni Martinelli, Onorio Marinari, Pietro Balestra, Giovanni Duprè) a quella romana (Giuseppe
Cesari detto il Cavalier d’Artpino, Artemisia Gentileschi, Bernardino Nocchi, Giuseppe Cades, Antonio
Cavallucci, Agostino Masucci) e napoletana (Jusepe de Ribera, Andrea De Leone, Filippo Falciatore,
Gaetano de Simone).
La mostra offre un’ampia panoramica sui temi affrontati dagli artisti in un arco di tempo di oltre
tre secoli. Oltre a dipinti di tema sacro – tra i quali spicca il capolavoro la grande pala con la Maddalena
portata in cielo dagli angeli di Pier Francesco Mazzucchelli detto Morazzone – saranno presentate, e in
buon numero, opere di grande fascino con raffigurazioni allegoriche o mitologiche. Si pensi, ed
esempio, alla coppia di tele raffiguranti la Saggezza divina e la Salvezza dell’Anima umana del toscano
Giovanni Martinelli, all’Allegoria della pittura di Simone Cantarini e alla Vita umana di Giudo Cagnacci, al
tondo con La Fedeltà e la Pace di Pietro Liberi, alle quattro sovrapporte sagomate del mantovano
Schivenoglia, alle due smaglianti versioni del Trionfo di Venere del bavarese Ignaz Stern, alla Danae riferita
al cremasco Mauro Picenardi o al tondo con Il sogno di Erminia del napoletano Filippo Falciatore.
Non mancano la “scena di genere” (di Matteo Ghidoni, detto dei Pitocchi, è il Concerto campestre; di
Monsù Bernardo, pittore danese allievo di Rembrandt, la commuovente Famiglia di contadini) e il
paesaggio (o veduta), praticato da “specialisti” come l’anversese Jan de Momper, il palmarino Giuseppe
Bernardino Bison, il bolognese Antonio Basoli e dell’olandese Anton Pitloo. Ampio spazio è concesso
poi al ritratto. Tra i capolavori pittorici, il misterioso Giovane in nero e al Ritratto di Ludovico Grazioli di
Lorenzo Lotto, il Ritratto di Ippolito de’ Medici di Tiziano, il Francesco Rigetti del Guercino, il Ritratto di un
ecclesiastico di Philippe de Champaigne, quelli dei cardinali Giulio Spinola e Giovan Francesco Ginetti di
Giovan Battista Gaulli detto il Baciccio, i due Gentiluomini di Ferdinand Voet e lo splendido Ritratto di
famiglia nella bottega dell’artista di Pietro Paolini (di cui si espone anche uno dei suoi più lavori più
misteriosi e impressionanti: il Negromante). Tra le sculture, i busti in marmo dei Fratelli Masetti da Bagnano
del carrarese Giovanni Antonio Cybei, al Busto di uomo con cappello di Bernardo Flaconi, quello in
terracotta di Giacomo De Maria raffigurante una delle attrici italiane più celebri dell’inizio
dell’Ottocento, Carlotta Marchionni, il Busto di Elizabeth Albana Upton, prima marchesa di Bristol di
Lorenzo Bartolini, nonché gli splendidi e impressionanti volti in cera dell’artista bolognese Anna
Morandi Manzolini e quelli in marmo scolpiti con impareggiabile maestria da Raimondo Trentanove
(quattro esemplari) e dal ticinese Vincenzo Vela (due esemplari).
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Non mancano poi opere rare e inconsuete. Di grande fascino, tra le altre, è lo straordinario taccuino di
disegni di Felice Giani: sessanta pagine, disegnate fronte e retro, che raccontano le tappe di un viaggio
di studio, pieno di curiosità, tra le opere di Garofalo e di Alfonso Lombardi a Ferrara, gli affreschi di
Andrea del Sarto al chiostro dello Scalzo, le innumerevoli statue antiche tra i portici e i giardini di Villa
Albani a Roma. Altrettanto accattivanti le delicate miniature a tempera di Giuseppe Bernardino Bison
(in primis l’elegante Concertino) e la serie di otto ritratti che Pier Leone Ghezzi dedicò a vari residenti
francesi, alla quale appartengono anche cinque fogli acquistati dalla Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno.
Vere e proprie “chicche” da collezione sono alcuni modelli preparatori, preziosi documenti delle fasi
creative che precedono l’opera finita. Di Battista Franco è quello, su tavola, per la Madonna col Bambino
tra i santi Pietro e Paolo (1545 circa) conservata presso il Museo Diocesano Albani di Urbino, di Giuseppe
Cades quello per la pala con Apparizione della Vergine Immacolata ai beati Gaspare De Bono da Valencia e
Nicola Saggio dei Longobardi (1791) nella chiesa romana di Sant’Andrea delle Fratte, di Antonio Cavallucci
quelli per la Madonna del Rosario (perduta) già nel duomo di Sansepolcro e per la lunetta con San Giuseppe
Calasanzio invita un fanciullo ad adorare l’immagine della Vergine in Santo Spirito in Sassia a Roma, del
calabrese Vincenzo Morani il modello preparatorio per la tela (oggi smarrita) con Venere reca le armi a
Enea per la difesa dei Troiani presentata alla mostra del Real Museo Borbonico di Napoli del 1839.
Ancora, di Innocenzo Spianazzi, gli straordinari modelli in gesso per le statue in marmo raffiguranti la
Penitenza e la Fede (1781) poste entro nicchie sul fianco sinistro della cappella di Santa Maria Maddalena
dei Pazzi, nella omonima chiesa fiorentina. Tra i “masterpieces” di cultura caravaggesca della pittura
italiana del Seicento sono da segnalare la Cleopatra di Artemisia Gentileschi e il San Girolamo di Jusepe de
Ribera. Tra le scoperte più significative, vale la pena di segnalare gli splendidi rilievi cinquecenteschi
raffiguranti gli evangelisti Luca e Giovanni: come ha chiarito Fabio Speranza essi provengono dalla chiesa
di Sant'Aniello a Caponapoli e fanno parte di un insieme smembrato ab antiquo i cui frammenti si
trovano esposti, come bottega di Giovanni da Nola, nel Museo di Capodimonte di Napoli.
La curatela della mostra e del catalogo edito da Silvana Editoriale è affidata a Pietro Di Natale,
storico dell’arte responsabile della collezione Cavallini Sgarbi e curatore delle citate mostre tenutesi in
Spagna e in Messico. I saggi introduttivi sono di Eugenio Riccòmini, Mina Gregori, David M. Stone e
dei proprietari della collezione ferrarese, Vittorio Sgarbi e Rina Cavallini. Le opere in mostra sono state
studiate da storici dell’arte selezionati in base alle competenze sui singoli argomenti: Michelangelo
Agostini (pittura barocca), Cesare Alpini (autore di studi su Mauro Picenardi), Silvia Benassai
(Università degli Studi di Firenze, autrice della monografia su Onorio Marinari), Luca Canonici (autore
della monografia su Giovanni Martinelli), Michela Cesarini (pittura barocca), Nora Clerici Bagozzi
(Università degli Studi di Bologna, specialista dello Schivenoglia), Alberto Cottino (Università degli
Studi di Bologna), Pietro Di Natale (pittura bolognese ed emiliana), Miriam Di Penta (pittura
napoletana), Giulia Lavagnoli (pittura marchigiana), Alessandro Marchi (Soprintendenza per i Beni
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Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche), Silvia Massari (Università degli Studi di Trento,
esperta di scultura dal XVII al XIX secolo), Annalisa Maurizzi (ceroplastica), Vanessa Montigiani
(studiosa di Lorenzo Bartolini), Stefano Papetti (Conservatore delle Raccolte Comunali di Ascoli
Piceno), Francesco Petrucci (Conservatore di Palazzo Chigi di Ariccia, esperto di pittura di ritratto),
Massimo Pulini (Assessore alla Cultura di Rimini, specialista di Lilio e Sassoferrato), Roberta Roani
(Università degli Studi di Firenze), Barbara Savina (pittura romana), Fabio Speranza (Soprintendenza
Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di
Napoli), Federica Tiripelli (Montevarchi, Il Cassero per la Scultura Italiana dell’800 e del ‘900), Agnese
Vastano (Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche).
Pietro Di Natale
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