Scorsese: «A Fellini devo la libertà,

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Scorsese: «A Fellini devo la libertà,
Scorsese: «A Fellini devo la libertà,
oggi mi ispirano Gomorra e Marra»
di Leonardo Jattarelli
ROMA (31 ottobre) - Cinquant'anni dal capolavoro.
Cinquant’anni in cui quella dolce vita sognante ma anche
intellettualmente impegnata è diventata purtroppo solo un ricordo
lontano. Sembrano trascorsi anni luce dall’Italia in cui tutto era
possibile, quasi come nel sogno americano. Ma la magia del
cinema riesce ancora una volta a restituircela intatta attraverso “il
film dei film” di Federico Fellini oggi restaurato e proiettato ieri
sera all’Auditorium.
Non serve il 3D; quell’immersione sognante nella Fontana di Trevi della Ekberg (che ha sfilato ieri in sul red carpet,
molto dimagrita e vestita di scuro), quel sorriso mesto di Mastroianni, quella Roma fulgida in bianco e nero che
sembra scolpita dal Bernini brucia spazio e tempo, fa riaffiorare la vita dolce a dispetto dell’esistenza amara del 2010.
Il maestro Martin Scorsese, presidente della “Film Foundation” inaugurata vent’anni fa, ieri al Festival era raggiante
al solo ricordo della pellicola-evento: «Mai prima della Dolce vita - dice il regista, punta di diamante dell’intera
sfilata di star di questa quinta edizione - si era visto un grande film ricco di intensità morale, di intelligenza e di
moralità con, allo stesso tempo, un incredibile potenziale commerciale. Ha cambiato la scena in tutto il mondo». E
Fellini è stato uno dei suoi ispiratori, uno dei maestri del suo cinema: «Quello che mi ha insegnato ad amare e a
trasporre sulla pellicola il concetto di libertà d’affresco. L’aggettivo felliniano nasce con questo film e così come
Raffaello o Michelangelo avevano un loro modo di dipingere, vedendo La Dolce vita si intuiva cos’era felliniano:
luci, ombre, nessuna trama. La storia sarebbe rimasta legata al personaggio, alle atmosfere, allo sguardo di
qualcuno».
Scorsese, che qui al Festival del Film presenterà anche un assaggio (settanta minuti) del suo ultimo Boardwalk
Empire sull’altra faccia “maledetta” di Atlantic City, spiega anche che l’opera di restauro «serve soprattutto alle
nuove generazioni, per far conoscere ai giovani un genio e il suo capolavoro. Abbiamo lavorato molto finora,
salvando dalla sicura sparizione oltre 550 pellicole. E il solo pensiero che l’80 per cento dei film muti sia andato
perduto fa star male». Come in una ideale moviola, il regista di Taxi Driver, Toro Scatenato, Gangs of New York
riassapora nella sua mente le più belle immagini della Dolce vita e confessa: «La scena più bella rimane per me lo
sguardo di Marcello Mastroianni alla fine del film».
Qualcuno gli chiede di tornare all’oggi, e in particolare all’oggi di quel cinema italiano che da sempre è nel cuore e
nell’occhio di Scorsese: «Guardo sempre i vostri film, anche i più recenti - spiega il maestro -. Ultimamente sono
stato molto incoraggiato da pellicole come Gomorra di Garrone, dai lavori di Vincenzo Marra e dal film di
Guadagnino Io sono l’amore. Mi hanno anche ispirato; si tratta di una nuova generazione che racconta temi eterni,
universali ma che sta crescendo in stile e dunque va incoraggiata».
Curato, oltre che da Gucci e “The Film Foundation”, anche dalla Cineteca di Bologna, da Medusa Film, Pathé,
Fondation Jérôme Seydoux-Pathé, Paramount Pictures e Cinecittà Luce, il restauro realizzato nel 2010 dal laboratorio
“L’Immagine Ritrovata”, sottoposto a 8 mila ore di pulizia digitale necessaria per riparare ai segni del tempo, ai graffi
e alle giunte, già dagli anni ’90 era stato iniziato da Mediaset per il programma “Cinema Forever”. Ieri Giampaolo
Letta, ad di Medusa Film, ha annunciato: «Distribuirò in 12 città italiane per due giorni la copia restaurata de La
Dolce vita e si potrà assistere alla visione gratuitamente».