Gaetano Zenga - Biblioteca Provinciale di Foggia La Magna Capitana

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Gaetano Zenga - Biblioteca Provinciale di Foggia La Magna Capitana
Gaetano Zenga
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso; l’irreversibile
viaggio verso la morte-in-vita; perché non piangere la morte di una
bambina uccisa da una bomba, nelle poesie di Dylan Thomas:
The force that through the green fuse driver the flower;
Twenty-four years; A refusal to mourn the death,
by fire,of a child in London
di Gaetano Zenga
1. La difficoltà di interpretazione della poesia thomasiana
Si terrà conto che le strutture profonde (il significato latente) della poesia
thomasiana costituiscono grandi incroci di ambiguità, ma rappresentano anche un
elevatissimo tasso di informazioni, proprio perché sono oscure e stupefacenti.
Perciò si cercherà di investigare le strutture profonde per cogliere i loro nuclei seminali (grumi segreti) perché diventino un riconoscibile supporto generativo
delle strutture superficiali (o contenuto manifesto); si utilizzerà la complementarità
tra “occultamento” ed “epifania” per valutare in modo più adeguato l’iterazione tra
strutture profonde e strutture superficiali; si cercherà di seguire l’escursione trasformazionale, compiuta da Thomas, dalle strutture profonde alle strutture superficiali1 per poter comprendere i nuclei tematici.
Si metteranno in rilievo le principali modalità stilistiche come l’ossimoro,la
rima, l’assonanza, l’allitterazione, l’enjambment, la sinestesia, la paronomasia, le
iterazioni sia perché servono a far luce sulle strutture profonde sia perchè costituiscono un aspetto caratteristico della poesia thomasiana.
Il rilievo che sarà dato a queste modalità stilistiche è giustificato dal fatto che
la poesia significa per Thomas soprattutto parole e suoni.Infatti, in Notes on the art
of poetry egli affermò che la poesia lo aveva affascinato per le parole e per i loro
suoni. Il significato non lo interessava come le «forme dei suoni» che le parole producevano nelle sue orecchie, e come i colori e le immagini che i suoni evocavano:
Le parole erano per me, come le note delle campane, il suono di
1
Nella sequenza Altarwise by owl-light l’ambiguità delle strutture profonde permane, perché Thomas ha
lasciato filtrare nel testo troppe strutture profonde precludendo così l’accesso alla simbologia. Si ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un sistema di simboli strettamente «personali» e, quindi, non comunicabili
perché non hanno subito traasformazioni.
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L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
strumenti, i clamori del vento, del mare, e della pioggia...il clop clop
degli zoccoli dei cavalli sui ciottoli, il fruscio dei rami sui vetri, potrebbero
essere per qualcuno, sordo dalla nascita, che ha miracolosamente trovato il suo
udito. A me non interessava molto ciò che le parole significavano.
Si valuteranno, infine, le potenzialità di significati del linguaggio, perchè esse
sono spesso responsabili dell’oscurità anche tematica della poesia thomasiana.
2. La ricerca di un linguaggio nuovo
Il periodo degli anni in cui Thomas scrive le poesie della prima
stagione,raccolte in Eighteen Poems il volume pubblicato nel 1934, e in Twentyfive Poems, pubblicato nel 1936, è caratterizzato soprattutto dalla ricerca continua
di un linguaggio nuovo, vivo, dinamico, in opposizione a quelllo convenzionale
che il poeta ritiene logoro e statico.
Infatti, in una lettera del 1934, Thomas mostra di essere preoccupato perché
non sa scrivere scene ordinarie della realtà quotidiana:
Vorrei poter descrivere ciò che sto osservando... Molto lontano, accanto alla linea del cielo, tre donne e un uomo stanno raccogliendo molluschi. A centinaia gli
ostricai protestano intorno a loro. Anche qui vicino a me,una folla di donne sta
raschiando la sabbia umida, grigia con i manici frantumati delle caraffe, e pulendo i molluschi nelle sudice piccole pozzanghere... Ma vedi ne sto facendo di nuovo una giornata letteraria. Non riesco mai a rendere giustizia agli infiniti chilometri di melma e sabbia grigia... alle strida da anime spregevoli dei gabbiani e
degli aironi, alle forme delle mammelle delle pescatrici... Non riesco a dare realtà
a queste cose, eppure sono vive quanto me (Lettera a Pamela Hansford Johnson).
Ma è con il linguaggio convenzionale che egli non riesce a dare convincente
espressione alle scene comuni della realtà che osserva. Ecco perché Thomas decide
di cambiare.
Come mostrano le poesie di questi anni, Thomas opera un vero e proprio
rovesciamento delle formule del linguaggio convenzionale perché intende protestare contro la visione statica della realtà riflessa nel linguaggio ordinario che lui
considera una sorta di coltre opprimente che va squarciata con ogni mezzo.
Egli si preoccupa perché l’equilibrio tra pensiero e sensazioni fisiche, il cardine che sorregge la sua poesia, è minacciato dalle parole convenzionali. Al contrario, il suo linguaggio è privo di propri significati convenzionali, ed è costituito da
termini ambigui, distorti, volti ad acquisire potenzialità di significati multipli.
Sin dalle prime poesie, l’uso continuo del paradosso, dello slang, della
paronomasia, della catacresi, di rime assonanti, vocaliche, mostra la necessità avvertita
da Thomas di utilizzare tutti gli strumenti linguistici idonei a garantire un linguaggio
che assicuri convenientemente le rappresentazioni di un universo nuovo e dinamico.
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Oltre che per la novità del linguaggio la poesia giovanile thomasiana si distingue perché è sostanzialmente una poesia solipsistica in quanto caratterizzata da
un acentuato soggettivismo.
Come si vedrà il processo di evoluzione, dall’ “io” all’uomo, inizierà con le
poesie di The Map of Love (il volume pubblicato nel 1939), le quali mostrano la
necessità avvertita da Thomas di costruire un rapporto con la realtà esterna , e di
relazionarsi agli uomini del suo tempo,e si compirà gradualmente con le poesie
raccolte in Deaths and Entrances (il volume pubblicato nel 1946).
Una delle tematiche più ricorrenti nella poesia di questi anni è quella della
nascita-morte. Occore però notare che tutte le tematiche sia quelle delle poesie
raccolte in Eighteen Poems che di quelle raccolte in Twenty-five Poems sono presentate in maniera astratta perché non investono il vissuto degli uomini.
3. L’impossibilità della comunicazione
In questo lavoro, Ears in the turrets hear (Orecchie ascoltano nelle torrette)2
contenuta in Twenty – five Poems viene presentata prima di The force that through
the green fuse drives the flower (La forza che nella verde miccia spinge il fiore),
raccolta in Eighteen Poems, soltanto per motivi di opportunità. Infatti, si è ritenuto
anticipare il tema della difficoltà di comunicazione del soggetto lirico rispetto a
quello del grido represso dello stesso soggetto lirico, perché anche il grido represso
esprime una forma di non comunicazione. Come si vedrà, in Ears in the turrets
hear la comunicazione è impedita dai dubbi che tormentano il soggetto lirico, e in
The force that through the green fuse drives the flower il grido represso e quindi la
non comunicazione è causata dallo sbigottimento del soggetto lirico di fronte al
mistero dell’universo. Le due poesie si pongono metaforicamente sullo stesso asse
del processo comunicativo impedito all’origine.
Ears in the turrets hear ripete la stessa situazione di isolamento del soggetto
lirico nella propria torre di parole descritta in Especially when the October Wind
(Specialmente se il vento di ottobre),3 poesia scritta nello stesso periodo.
Il senso di isolamento del soggetto lirico nella propria torre di parole riflette
anche l’ isolamento di Thomas dai poeti della sua generazione come Auden, Spencer
e MacNeice, da una parte dovuto al suo netto rifiuto di ogni problematizzazione
ideologica e dall’altra alla sua ribellione a quanti rifiutano una poesia personale e
favoriscono l’intellettualizzazione del mondo poetico. 4
Thomas si batte invece per una partecipazione attiva del poeta alla poesia che
2
La poesia è datata 17 luglio 1933 e viene raccolta, poi, in Twenty-five Poems.
La poesia fu scritta nell’ottobre del 1934 e raccolta in Eighteen Poems.
4
Per un ulteriore approfondimento sull’atteggiamento di Thomas verso i poeti del suo tempo, cfr. Gaetano
ZENGA, L’evoluzione della poesia di Dylan Thomas: dall’ “io” all’uomo, in «la Capitanata», XLI (2003), 14 (ottobre), pp.187 –189.
3
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L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
gli appartiene, e pone al centro della poesia la personalità del poeta,5 perché questa
diventi la sua poesia. Ecco perché si è detto che la poesia thomasiana della prima
stagione è solipsistica.
Al contrario di T.S.Eliot che definisce la poesia “evasione dalla personalità”,6
Thomas vuole un diretto coinvolgimento del poeta nel tessuto della sua opera.
Ears in the turrets hear è costituita da quattro stanze, rispettivamente di 9,7,9,6
versi e di un distico finale:
Ears in the turrets hear
Hands grumble on the door,
Eyes in the gables see
The fingers at the locks.
Shall I unbolt or stay
Alone till the day I die
Unseen by stranger-eyes
In this white house?
Hands, hold you poison or grapes?
Beyond this island bound
By a thin sea of flesh
And a bone coast,
The land lies out of sound
And the hills out of mind.
No birds or flying fish
Disturbs this island’s rest.
Ears in this island hear
The wind pass like a fire,
Eyes in this island see
Ships anchor off the bay.
Shall I run to the ships
with the wind in my hair,
5
Va comunque chiarito, che anche se Thomas partecipa attivamente all’azione della sua poesia, è al centro
del suo sistema, è se stesso nella sua poesia, non ha una voce individuale in alcuna di esse, l’ “io” della sua
poesia diventa continuamente un “altro”. Soffermandosi sull ‘io indifferenziato nella poesia thomasiana, Vanna
Gentili afferma: “Thomas non parla mai o parla raramente di ‘altri’, né descrive il mondo visibile; ma i processi che registra si riferiscono a un io indifferenziato, privo di qualificazioni psicologiche, che si dilata, protendendo i tentacoli della propria fisicità e del proprio patire, a inglobare la generalità umana e con quella, gli
elementi organici e inorganici del cosmo” (Cfr. Vanna GENTILI, Il mondo rappreso di Thomas, in «Paragone»,
202, 1966).
6
In Tradition and individual talent (1919) Eliot afferma: «il cammino di un artista è un continuo sacrificio
di se stesso, una continua estinzione della personalità». Ne risulta, quindi, un capolgimento della concezione
romantica.Il poeta deve rinunciare a quanto di più personale e sentimentale ha nella sua visione del mondo per
agire in armonia con il suo tempo.
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Or stay till the day I die
And welcome no sailor?
Ships, hold you poison or grapes?
Hands grumble on the door,
Ships anchor off the bay,
Rain beats the sand and slates.
Shall I let in the stranger,
Shall I welcome the sailor,
Or stay till the day I die?
Hands of the stranger and holds of the ships,
Hold you poison or grapes?7
La prima stanza svolge il tema dell’isolamento dell’io lirico nella sua casa
bianca e dei dubbi che lo tormentano; la seconda è diversa dalle altre stanze perché
costituisce un momento di pausa e di riflessione sulla pace e sulla tranquillità
dell’«isola»; la terza descrive le navi ancorate al largo della baia e ancora una volta
i dubbi dell’io lirico; la quarta riprende il tema dei dubbi espressi nella prima e nella
terza stanza ma relativi soltanto all’apertura della porta allo straniero e al benvenuto da dare al marinaio; il distico finale riprende, invece, il tema del dubbio espresso
dal verso finale della prima e della terza stanza e relativo, quindi, a ciò che recano le
mani dello straniero e le stive delle navi.
L’io lirico ha una partecipazione attiva nella situazione sia perché è l’autore
dei dubbi che gli impediscono di comunicare, sia perché è lo spettatore attento della
realà esterna.
L’impiego delle funzioni del linguaggio potrebbe far pensare ad una prevalenza della funzione referenziale (o di terza persona) sulla funzione emotiva (o di
prima persona) che rappresenta proprio l’io lirico, visto che il numero dei versi in
cui è presente è superiore a quello dei versi che contengono la funzione emotiva.8
La funzione referenziale si limita a descrivere la realtà ed in modo particolare
quella esterna alla coscienza dell’io lirico, perciò la realtà fenomenologica offre lo
7
“Orecchie ascoltano nelle torrette / Mani brontolano alla porta, / Occhi negli abbaini vedono / Le dita sui
lucchetti. /Aprirò, o resterò / Solo fino alla morte / Senza esser visto da occhi stranieri, / In questa bianca
casa? / Mani, portate / Grappoli o veleni? / Oltre quest’isola cinta / Da un magro mare di carne / E da una
costa d’osso, / I campi si stendono oltre il suono / E le colline oltre la mente. / Né uccelli né pesci volanti /
Disturbano il riposo di quest’isola. / Orecchie in quest’isola ascoltano / Passare il vento come un rogo, /
Occhi in quest’isola vedono / Navi ancorarsi oltre la baia. / Correrò verso le navi / Con il vento fra i capelli /
O resterò fino alla morte / Senza mai dare il benvenuto ad un marinaio? / Navi, portate grappoli o veleni? /
Mani brontolano alla porta, / Navi gettano l’ancora oltre la baia, /La pioggia batte sulla rena / E sulle ardesie
del tetto. / Lascerò entrare lo straniero? / Darò il benvenuto al marinaio? / O starò chiuso fino alla morte? /
Mani dello straniero e stive delle navi, / Portate grappoli o veleni?”.
8
Per
le funzioni del linguaggio cfr. Roman JAKOBSON, Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1980
1
(1961 ), pp.186-191.
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spunto per la riflessione dell’io lirico, che agisce di conseguenza, affermando così il
suo ruolo primario nell’azione.
Quanto alla distribuzione della funzione referenziale, la poesia presenta un
parallelismo strutturale tra la prima, la terza e la quarta stanza. Infatti, i primi quattro versi della prima e della terza stanza, come i primi tre versi della quarta stanza
presentano soltanto la funzione referenziale.
Il fatto significativo è che in queste tre stanze la funzione referenziale introduce sempre la funzione emotiva e ne costituisce, come si vedrà, il correlativo psicologico.
La seconda stanza presenta soltanto la funzione referenziale che al pari della
funzione referenziale delle altre stanze rappresenta un rilevante riferimento psicologico per il soggetto lirico.
La funzione emotiva è espressa dal pronome di prima persona “I” (7 occorrenze: due nella prima stanza, due nella terza e tre nella quarta), che rappresenta il
soggetto lirico, e dall’aggettivo possessivo di prima persona “my” (1 occorrenza
nella terza stanza), riferito anch’esso al soggetto lirico.
L’uso della prima persona implica un coinvolgimento diretto e attivo dell’io
monologante che nelle stanze in cui è presente entra in azione subito dopo aver
riflettuto sulla realtà circostante, descritta con la funzione referenziale, con impeccabile precisione, possiamo dire, di natura cronometrica, alla stregua di un attore
che dopo una pausa di riflessione inizia puntualmente il suo monologo: al quinto
verso nella prima e nella terza stanza, al quarto verso nella quarta.
È proprio la continua presenza della funzione emotiva a mettere in risalto il
profondo stato di nevrosi che tortura l’io lirico monologante. Si nota subito che la
prima, la terza e la quarta stanza, come per la distribuzione della funzione
referenziale, presentano una specularità anche per la distribuzione della funzione
emotiva. Le due funzioni risultano strettamente legate fra loro in ogni stanza, dove
la funzione emotiva viene presentata, come si è appena visto, subito dopo quella
referenziale, sulla quale si innesta.
La prima stanza mostra subito il ruolo preminente dell’io lirico monologante. Essa si articola in due parti: la prima (i primi quattro versi) presenta la realtà
esterna, la seconda (dal quinto al nono verso) presenta l’io lirico in azione. È significativo che nei primi quattro versi, organi del corpo umano come le orecchie, le
mani, gli occhi, le dita siano presenti come “personaggi veri” che svolgono un ruolo
importante per il soliloquio del soggetto lirico.
Non è un caso che il soggetto lirico si rivolga alle mani come al suo
interlocutore attribuendo loro il pronome di seconda persona nel sintagma iterato
“hold you poison or grapes?” (v. 9 e 33).
Nella prima stanza le orecchie e le mani, gli occhi e le dita sono coinvolti a
coppie rispettivamente nella sensazione auditiva espressa dalle voci verbali hear
(v.1) e grumble (v.2) e in quella visiva espressa dalla voce verbale see.
Queste sensazioni fungonono come strumenti che fanno percepire alla coscienza dell’io lirico la realtà esterna alla casa bianca, sorretti dall’arcatura della
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percussione allitterativa del fonema gutturale duro/g/ in grumble (v.2)/gables (v.3)/
fingers (v.4) e dall’assonanza Ears hear (v.1).
Anche l’enjambment che ricorre tra i versi1-2, 3-4 concorre a focalizzare sia
la sensazione auditiva che quella visiva. E ancora, la sinestesia9 “hands grumble”,
che personifica le mani, serve ad enfatizzare che non c’è alcuna comunicazione tra
l’io lirico e l’Altro all’esterno (l’estraneo, lo straniero); si può udire, però, soltanto
il “ brontolio delle mani” di quest’ultimo che figurativamente potrebbe significare
la sua insitente domanda per entrare.
Sebbene questi organi siano usati in senso generale e indeterminato, si comprende subito che le orecchie e gli occhi10 appartengono alla persona espressa dal
pronome personale “I”, soggetto sia di “unbolt” e “stay” (v.5) che di “die” (v.6),
che rappresenta il soggetto lirico tormentato dal dubbio se aprire la porta o rimanere solo fino alla morte. Invece è evidente che le mani che “brontolano” sulla porta,
come è stato appena visto, e le dita sui lucchetti appartengono all’estraneo che è
fuori della porta, presente in questa stanza come “occhi estranei” (v.7).
L’io lirico entra in azione al quinto verso con due attacchi enfatici: “Shall I
unbolt” e “or (shall I) stay /Alone”, che esprimono due dubbi: se aprire la porta
all’estraneo o rimanere solo fino alla morte. Il verbo unbolt nel suo significato di
“togliere la spranga” mette in risalto, con ironia, il senso di insicurezza del soggetto
lirico che considera la realtà esterna soltanto come minaccia.
L’enjambment che ricorre tra i versi 5-6, 6-7, 7-8 serve ad enfatizzare ulteriormente i due dubbi precedenti.
La paronomasia day die (v.6) costituisce un significativo ossimoro che sottolinea il senso della vita (che significa anche comunicazione) in “day” e il senso
della morte (che significa anche non comunicazione) in “die”.
Il “non aprire” la porta giustapposto al “rimanere solo” fino alla morte esprime un’equivalenza: infatti, il soggetto lirico sa che aprire la porta vuol dire iniziare
la comunicazione e quindi non rimanere solo; sa anche che se non ha il coraggio di
farlo subito non lo farà più e quindi rimarrà esiliato per sempre nella solitudine
della sua “casa bianca”.
Tuttavia, questi due dubbi non costituiscono i dubbi chiave della poesia in
quanto essi sono causati da quello più atroce espresso dall’attacco enfatico “Hands,
hold you poison or grapes?”(v.9).
È molto evidente che il dubbio principale è quello riferito ai “grappoli”e/o ai
“veleni”, portati dalle mani dello straniero o, come si vedrà, dalle stive delle navi. I
“grappoli” e i “veleni” costituiscono un altro significativo ossimoro, enfatizzato
9
Thomas mostra una particolare inclinazione per questa figura retorica, si pensi, ad esempio, alle mani che
«indicano» (nel senso che vedono), alle orecchie che«mormorano» e «vedono», alle mani che «vedono» in
When all my five and country senses see, e al dire che ha un «colore» in Once it was the colour of saying.
10
Gli occhi del verso 7 appartengono, invece, allo straniero, come è esplicitamente indicato da “strangereyes”.
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dalla percussione allitterativa del fonema bilabiale sordo /p/ che caratterizza proprio poison e grapes, ma anche due importanti metafore.
Infatti, i “grappoli” esprimono metaforicamente i doni, simboli del bene, che
potrebbero essere portati al soggetto lirico, come segni di simpatia, di amicizia, di
pace e perciò favorirebbero la comunicazione con l’Altro; i “veleni”, al contrario,
sempre a livello metaforico, indicano in maniera chiara gli strumenti del male, dell’offesa che potrebbero essere portati allo stesso soggetto lirico dall’esterno e costituirebbero una minaccia, un rischio, quindi un ostacolo insormontabile alla comunicazione.
È proprio questo dubbio sui “veleni”, infatti, che impedisce, come è stato già
individuato, all’io lirico di uscire dal suo isolamento (“shall I unbolt” v.5), per aprire la porta allo straniero o, come si vedrà, per dare il suo benvenuto al marinaio
(“(shall I) welcome no sailor” v.24 e “Shall I welcome the sailor” v.30).
L’opposizione metaforica grappoli-veleni rappresenta l’effetto della tensione su cui si articola tutta la composizione.
Infatti, il sintagma verbale reiterato “hold you poison or grapes?”, con cui
terminano la prima stanza, la terza e il distico finale, serve proprio ad enfatizzare il
dubbio principale dal quale dipendono tutti gli altri dubbi.
Nella seconda stanza la funzione emotiva è soltanto allusa, il soggetto lirico
non entra direttamente in azione come nella stanza precedente o in quelle successive, in quanto nel descrivere «l’isola», che, come si vedrà, rappresenta la propria
coscienza, egli si ritiene così soddisfatto dalla serenità e dalla tranquillità che trova
in essa, da non essere tormentato da alcun dubbio.
Questa stanza , come è stato già osservato, costituisce un momento di pausa
e di riflessione, ma possiamo dire anche di oblio, sia pure momentaneo, della realtà
esterna, in opposizione allo stato di angoscia e di inquietudine che caratterizza le
altre stanze: l’io lirico svolge il ruolo dell’osservatore attento, che, come si vedrà,
scruta la propria coscienza.
L’enjambment, che ricorre tra i versi 10-11, 11-12, 13 -14, serve a presentare
in un quadro unico di tranquillità, “di là da quell’isola”, la proiezione dei campi e
dei colli non sfiorati da alcun suono o da “pensiero umano”.
La funzione dell’enjambment è enfatizzata dalla percussione dell’arcatura
allitterativa della bilabiale sonora /b / in beyond/bound/by/ bone (vv.10-11-12) e
dalla percussione della sequenza allitterativa della consonante liquida / l / in land/
lies (v.13); l’enjambment tra i versi 15-16, in linea con il primo enjambment, connota allo stesso modo, la quiete e la pace dell’ «isola», messe in risalto anche dalla
percussione allitterativa della spirante sorda / f / in flying/fish (v.15) e dall’arcatura
dell’assonanza birds/disturbs (vv.15-16).
La stanza presenta anche rime oblique come: quella tra bound (v.10), sound
(v.13) e mind (v.14); quella tra flesh (v.12) e fish (v.15); quella tra coast (v.13) e rest
(v.16). Sono rime che a loro volta stabiliscono rime abbracciate tra le due parti della
stanza separate dalla pausa lunga al verso 14, ed assicurano una forte saldatura strutturale-semantica tra le parti stesse.
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Inoltre, l’arcatura delle assonanze lies/island (vv.13-16) e mind/flying/ (vv.1415) segna sia una ulteriore coesione tra le due parti della stanza, separate dalla
pausa al verso 14, sia il correlativo fonico dell’atmosfera di calma e di serenità, che
rappresenta l’elemento caratterizzante della stanza stessa.
La saldatura e la coesione dei versi, assicurate dall’impiego dell’ enjambment,
dell’allitterazione e dell’assonanza, in questa stanza, permettono che la serenità dei
campi, dei colli e dell’isola formi un contrasto evidente con il tormento e l’inquietudine che caratterizzano la prima , la terza e la quarta stanza.
La terza stanza si articola in due parti divise specularmente come nella prima
stanza: la prima (i primi quattro versi) presenta ancora la realtà esterna, la seconda
(dal verso 21 al verso 25) mostra di nuovo l’io lirico in azione.
Le due stanze (la prima e la terza) mostrano un parallelismo strutturale che si
innesta su un parallelismo semantico-concettuale; questi parallelismi sono puntualmente enfatizzati da una serie di iterazioni.
Anche in questa stanza le orecchie, gli occhi appartengono al soggetto lirico e
come nella prima stanza sono rispettivamente soggetti di una sensazione auditiva espressa
dalla voce verbale “hear” e di una sensazione visiva espressa dalla voce verbale “see”,
che ricordano alla coscienza del soggetto lirico monologante la realtà fenomenica vicina, rappresentata dal vento, che “passa come un rogo” (v.18) e una realtà esterna lontana, dalla quale provengono le navi ancorate al largo del golfo (v.20).
Queste sensazioni vengono rappresentate, sia pure con qualche variante, con
due iterazioni significative: “Ears in this island hear”(v.17) che ripete “Ears in the
turrets hear” (v.1); “Eyes in this island see(v.19) che rimanda a “Eyes in the gables
see” (v.3).
Come nella prima stanza, le stesse sensazioni vengono focalizzate dall’enjambment che ha luogo tra i versi17-18, 19-20; inoltre la sensazione auditiva viene enfatizzata dall’iterazione dell’assonanza Ears/hear (verso 1 e 17) oltre che dall’arcatura dell’assonanza island /like (vv.17/18), e la sensazione visiva è messa in risalto
dall’assonanza eyes /island(v.19).
La descrizione della realtà fenomenica (con le relative sensazioni che in essa
hanno luogo) offre all’io lirico lo stimolo per la sua riflessione come nella prima stanza.
All’inizio della seconda parte della stanza, ancora una volta, l’io lirico entra
puntualmente in azione ponendosi i dubbi con due attacchi enfatici: “Shall I run”
(v.21) e “or (shall I) stay till the day I die” (v.23).
Il primo è l’iterazione del sintagma verbale “Shall I unbolt” (v.5): i due
sintagmi, che strutturalmente presentano soltanto le varianti run e unbolt, costituiscono un perfetto parallelismo semantico-concettuale: il “correre” (verso le navi) a
livello profondo (connotativo) ha lo stesso significato di “aprire la porta”, i due
verbi presentano un rapporto di trasposizione figurale perché entrambi prefigurano
l’inizio di una comunicazione del soggetto lirico con l’Altro (in questo caso il marinaio), per uscire dal tunnel della propria solitudine.
Il secondo è l’iterazione puntuale, sia pure con l’omissione di alone, dell’enunciato “or (shall I) stay / Alone till the day I die” (vv.5-6) e, quindi, enfatizza di
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nuovo il rischio di un isolamento completo e duraturo del soggetto lirico, se questi
non decide di iniziare una comunicazione con gli altri esseri umani.
Anche qui la paronomasia day die rappresenta un ossimoro che mette in risalto, ancora una volta il senso della vita e della morte, con le potenzialità significative dei due termini rispetto alla comunicazione, già osservate.
A questo punto è chiaro che gli attacchi enfatici, finora individuati, focalizzano
l’incapacità del soggetto lirico di prendere una decisione perché è ossessionato dai
dubbi, dai quali non riesce a liberarsi; è chiaro che le sensazioni auditive e visive
sono strettamente legate ai dubbi della coscienza: sono sensazioni impresse nel
subconscio che affiorano alla coscienza del soggetto lirico, come una sorta di nevrosi ossessiva, ogni volta che deve decidere se aprire la porta per “fare entrare lo
straniero” o se deve correre a “salutare il marinaio”.
Il dubbio principale espresso dall’attacco enfatico “Ships, hold you poison or
grapes?” (v.25) è una iterazione puntuale di “Hands, hold you poison or grapes?”(v.9).
L’unica variante è rappresentata dall’interlocutore scelto dal soggetto lirico: nel
sintagma della prima stanza il soggetto lirico ha come interlocutore le mani (personificate), nel sintagma della seconda stanza si rivolge alle navi (personificate), come
suo nuovo interlocutore. A livello semantico – concettuale i due sintagmi enfatizzano
lo stesso atroce dubbio del soggetto lirico: le minacce dal mondo esterno, che ostacolano la comunicazione.
La quarta stanza mostra un parallelismo strutturale e semantico –concettuale
con la prima e la terza stanza: la prima parte (i primi tre versi) presenta la realtà
fenomenologica, la seconda parte (i rimanenti tre versi) mostra l’io lirico che entra
in azione con i suoi attacchi enfatici.
A differenza delle due stanze precedenti (prima e terza) che nei primi versi
presentano soltanto una sensazione auditiva e una sensazione visiva, questa stanza
presenta due sensazioni auditive, espresse da “Hands grumble on the door” (v.26) e
da “Rain beats the sand and slates” (v.28), e una sensazione visiva, espressa da “Ships
anchor off the bay” (v.27).
Poiché le sensazioni, come è stato già osservato, sono impresse nel subconscio
del soggetto lirico ed affiorano alla sua coscienza , come una sorta di nevrosi ossessiva,
ogni volta che è tormentato dai dubbi, l’aumento delle sensazioni, in questa stanza,
mostra che il tormento causato dai dubbi è cresciuto in intensità.
La stanza è sostanzialmente la continuazione delle situazioni della prima e
della terza stanza perché si articola su versi iterati11 di quete stanze; infatti, soltanto
il verso 28 “Rain beats the sand and slates” non è iterato.
11
L’impiego continuo delle iterazioni spiega l’importanza che Thomas attribuisce ad esse: egli vuole ottenere parallelismi fonici; vuole assicurare una compattezza strutturale tra le stanze; vuole conferire unità psicologica a tutta la poesia. In merito all’importanza delle iterazioni, qualche anno dopo, Heinrich Lausberg affermava: “le figure della ripetizione arrestano la corrente dell’informazione e concedono il tempo di «gustare»
emozionalmente il contenuto dell’informazione che viene appunto accentuato e posto in evidenza per l’importanza che deve assumere” (Heinrich LAUSBERG, Elemente der literatischen Rhetoric, Munchen, Max Hueber
Verlag, 1949, trad. it., Elementi di retorica, Bologna, il Mulino, 1969, p. 241).
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Gaetano Zenga
I primi due versi iterati “Hands grumble on the door” e “Ships anchor off
the bay”, che troviamo rispettivamente nella prima e nella terza stanza e che si
riferiscono a situazioni che si svolgono in luoghi diversi ( la porta della casa e il
golfo dell’isola), fanno capire che il soggetto lirico è rimasto sempre nello stesso
luogo, nella “casa bianca”, dove, per la prima volta, ha udito “le mani brontolare”,
e dalla quale ha visto “le navi gettare l’ancora”.
Siamo di fronte alla stessa stessa situazione di paralisi e di immobilità delle
altre stanze: il soggetto lirico è semmpre solo nello stesso posto e non prende alcuna decisione.
Anche gli attacchi enfatici “Shall I let in the stranger” (v.29) e “ Shall I welcome
the sailor “(v.30) confermano questa situazione di paralisi e di immobilità: il soggetto lirico è rimasto nello stesso luogo a rimuginare i propri dubbi.
Questi due attacchi, a livello profondo (connotativo), esprimono lo stesso
concetto, ossia lo stesso atroce dubbio: se il soggetto lirico “deve lasciare entrare lo
straniero” o se deve “dare il benvenuto al marinaio” per iniziare la comunicazione
con l’Altro. L’equivalenza di significato dei due sintagmi verbali è suffragata dalla
presenza di un solo attacco epilogante espresso dall’enunciato “Or stay till the day
I die” (v.31) che presenta per entrambi i sintagmi precedenti una sola alternativa: la
prospettiva temporale futura della solitudine fino alla morte, che è messa in rilievo
dall’enjambment che ricorre tra i versi 30-31, ed è enfatizzata dalla percussione
allitterativa dei fonemi dentali / t / e / d/.
I sintagmi “ Shal I let in the stranger” e “Shall I welcome the sailor” costituiscono con i sintagmi “Shall I unbolt” (v.5) e “Shall I run” (v.21) il paradigma del
dubbio della comunicazione di questa poesia. Tutta la stanza presenta una forte
unità psicologica, per la presenza attiva, come si è detto, del soggetto lirico nella
situazione , con i suoi attacchi enfatici “shall I let in” e “shall I welcome”, anche se
nei primi tre versi è caratterizzata da enunciati lapidari e grammaticalmente separati fra loro e dai versi successivi, che rimandano agli enunciatiti presenti nei primi
quattro versi della prima e della terza stanza, anch’essi separati dai versi successivi.
Infatti, l’arcatura delle assonanze door/anchor (vv.26-27), bay/rain/slates/
stranger/sailor/stay/day (vv.27-31) e l’arcatura della serie allitterativa del fonema sibilante sordo/s/ in sand/slates/stranger/sailor/stay (vv.28-31), che costituiscono un’unica ed efficace tramatura fonica, non solo connotano la saldatura dei versi fra loro ma
enfatizzano ancora come il soggetto lirico venga spinto in una definitiva spirale
regressiva, terrorizzato dal “borbottio” delle mani sulla porta, dal “suono delle sirene
delle navi”, dal “continuo scroscio della pioggia” sulla rena e sulle ardesie del tetto, i
cui frenetici rumori rappresentano il correlativo sonoro della sua coscienza inquieta.
La coscienza dell’io lirico terrorizzato è così confusa che sembra scomparire
nell’oscurità, che la avvolge, che la isola completamente dagli altri esseri umani, e nella
quale non si intravedono spiragli di luce per una possibile comunicazione futura.12
12
Il tema dell’oscurità che avvolge la coscienza dell’io lirico fino al punto da farla svanire nel nulla viene
svolto con un chiara ed efficace immagine anche da Thom Gunn, poeta contemporaneo di Dylan Thomas, in
147
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
Nel distico finale la saldatura dei versi prodotta dall’enjambment costituisce
la memoria forte dell’origine del dubbio principale, enfatizzato dall’arcatura
dell’assonanza stranger/grapes e dalla percussione allitterativa della fricativa
glottidale / h/ in hands/holds/hold.
La poesia mostra una compattezza strutturale, assicurata, come si è visto, da
versi iterati, da una straordinaria tramatura fonica di assonanze, allitterazioni,
paronomasie e dall’impiego continuo dell’enjambmen (tutte modalità modalità
stilistiche che caratterizzano questa poesia), che permette ad ogni stanza di esprimere in maniera omogenea il dilemma della coscienza dell’io lirico che non ha il
coraggio di prendere una decisione definitiva per vincere la sua solitudine.
Inoltre, l’uso continuo dell’enjambment13 nella poesia mostra che Thomas
vuole attenuare lo scarto con la lingua parlata, dando un tono più naturale alla voce
del soggetto lirico, e desidera in particolar modo trasmettere emozioni difficilmente contenibili nei limiti imposti dal verso.
A questo punto occorre sottolineare che gli occhi e le orecchie che, come è
stato osservato, appartengono all’io lirico, sono presentati senza alcuna connotazione
che faccia capire in maniera inequivocabile la loro appartenenza e quindi anche essi,
sul piano denotativo (o superficiale), rappresentano la realtà esterna, come le mani
e le dita dello straniero. Questa precisazione fa comprendere il particolare atteggiamento assunto dal soggetto lirico verso i propri occhi e orecchie.
Il modo distaccato con cui il soggetto lirico parla del suo corpo, come se
fosse diviso da esso, - “Ears in the turrets hear”, “Eyes in the gables see”- ricorda
Prufrock di The Love Song Of J.Alfred Prufrock14 di T.S. Eliot.
Prufrock, infatti, si frantuma figurativamente per via della sua schizofrenia
che fa di lui un “oggetto diviso”, quando afferma: “Though I have seen my head
(grown slightly bald) brought in upon a platter”.15 (v.82)
Questa separazione dal corpo appare ancora più evidente allorché Prufrock
riflette sui giudizi che la gente esprimerà sul suo invecchiamento: “(They will say:
‘How his hair is growing thin’)”16 (v.41), “(They will say: ‘But how his arms and
legs are thin’).”17 (v.44)
Human Condition. Infatti, in questa poesia l’io lirico fa esperienza dell’oscurità rappresentata dalla nebbia
che lo avvolge e lo isola dai suoi simili e lo fa sentire “una capocchia di spillo”, ossia un punto infinitesimo : a
mere/ pin point of consciousness (vv.14-15 “una semplice capocchia di spillo della coscienza”).
13
Gli equivalenti italiani «spezzatura» e «inarcatura» mostrano sia la funzione di rottura del parallelismo
tra metro e sintassi sia l’inarcarsi del tono della voce. I poeti romantici considerarono l’enjambment come
simbolo della liberazione dalle regole neoclassiche. Per un ulteriore approfondimento sulla funzione
1
dell’enjambment cfr. Giuseppe G. CASTORINA, Note di poetica inglese, Manfredonia, Atlantica, 1983 (1979 ),
pp. 62-66.
14
Scritta nel 1910-11, fu pubblicata nella rivista americana «Poetry» nel 1915 e successivamente nella
raccolta Prufrock and Other Observations del 1917.
15
“Sebbene abbia visto il mio capo (che comincia un po’ a perdere i capelli) portato su un vassoio”.
16
“(Diranno: ‘Come diventano radi i suoi capelli’)”.
17
“(Diranno: ‘Come son diventate sottili le sue braccia e le sue gambe’)”.
148
Gaetano Zenga
La nevrosi ossessiva del soggetto lirico di Ears in the Turrets hear e la schizofrenia di Prufrock, responsabili della frantumazione figurale dei loro personaggi,
richiamano i montaggi e gli smontaggi della pittura coeva.18
Inoltre, va sottolineato, che in ogni stanza l’entrata in azione del soggetto
lirico è enfatizzato dall’attacco anaforico “shall I” seguito da infinito verbale (vv.5,
21, 29 e 30), che da una parte manifesta la propria esitazione ed angoscia, dall’altra
mette in risalto la propria incapacità di agire.
Questa incapacità di agire strettamente connessa all’indecisione del soggetto
lirico ricorda ancora una volta la stessa incapacità di Prufrock, quando questi si
interroga con l’attacco percussivo: “Then how should I begin... ?”19 (v.59)
Anche per sottolineare il suo dubbio principale, il soggetto lirico si serve
dell’attacco enfatico, espresso in forma molto colloquiale: “hold you poison or
grapes?” (vv.9, 25 e 33).
Come le funzioni del linguaggio, anche i tempi impiegati nella composizione
sono due, il presente e il futuro, e sono in linea con il tema dominante in quanto
mettono in rilievo una situazione di staticità, di paralisi che caratterizza l’incapacità
di decidere e di agire del soggetto lirico.
Il presente non è riferito ad una particolare occasione ed è quindi un presente
atemporale che indica che le azioni, compresa quella relativa ai “veleni” e ai “grappoli”, non hanno sviluppo e si ripetono da tempo sempre allo stesso modo.
Il futuro stesso non ha una prospettiva temporale perché connota la trasposizione di un’azione presente, non risolta, in un futuro nel quale l’azione stessa resterà certamente senza alcuna soluzione in quanto presentata in forma di dubbio, a sua
volta scaturito da un altro dubbio che è quello principale, relativo ai “veleni” e ai
“grappoli”.
La puntuale ricerca dei parallelismi, delle simmetrie, da parte di Thomas,
fino a includere le funzioni del linguaggio e i tempi, si estende anche al piano spaziale,
non solo nella giustapposizione tra spazio interno e spazio esterno, ma anche nella
divisione di ciascuno spazio in due spazi.
Impiegando lo schema topologico del Lotman20 possiamo dire che nella composizione vengono presentati i seguenti spazi: quello interno protetto della «casa
bianca» (IN1), che indica sicurezza ed è quindi spazio amico, in opposizione agli
spazi esterni nemici, quello prossimo che circonda la casa (ES1) e lo spazio esterno
alluso, lontano (ES2) dei mari e dei paesi da cui arrivano le navi.
18
Si pensi soprattutto alle tele dei pittori più rappresentativi del cubismo, come Pablo Picasso e Georges
Braque, caratterizzate dalla disintegrazione della prospettiva, dalla frantumazione e dalla scomposizione delle
figure in forme geometriche.
19
“E allora come dovrei cominciare...?”
20
Per i concetti di spazio interno (IN) e di spazio esterno (ES), cfr. Jurij Mihajlovic LOTMAN, Il metalinguaggio
delle descrizioni tipologiche della cultura, in Jurij Mihajlovic LOTMAN - Boris A.USPENSKIJ, Tipologia della
cultura, Milano, Bompiani, 1975, pp. 145-181.
149
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
Gli spazi esterni sono ostili, perché indicano sospetto, minaccia, rischio, insicurezza e quindi sono responsabili del dubbio dominante.
Chiudendosi in (IN1) il soggetto lirico manifesta il suo assoluto rifiuto o
incapacità di uscire all’esterno o di fare entrare “lo straniero” per comunicare.
Il termine «isola», che nella seconda stanza è messo significativamente in rilievo come: “this island bound/By a thin sea of flesh/And a bone coast” (vv. 10-13),
merita una particolare considerazione perché sul piano connotativo rappresenta un
altro spazio interno (IN2) che si sovrappone a quello della casa (IN1). Infatti, l’«isola»
indica la metafora della coscienza21 del soggetto lirico e i sintagmi nominali “a thin
sea of flesh” (v. 11) e “a bone coast” (v. 12) rappresentano insieme la metafora del
corpo dello stesso soggetto lirico perché entrambi costituiscono l’involucro della
sua coscienza: il corpo costituito di carne e di ossa.
Ancora una volta, il soggetto lirico assume nei confronti della propria coscienza lo stesso atteggiamento distaccato mostrato verso gli occhi e le orecchie. La
divisione del soggetto lirico dalla propria coscienza è messa in risalto dal deittico
this che enfatizza il termine island sia nella seconda che nella terza stanza.
Comunque, l’isola – coscienza connota, come la casa, uno spazio amico, particolarmente caratterizzato dal riposo assoluto perché “No birds or flying fish/
Disturbs this island’s rest” (vv. 15-16) e nel quale, proprio come nella casa, il soggetto lirico si rifugia per sfuggire alle minacce del mondo esterno.
Thomas mostra una visione pessimistica sul tema della comunicazione: l’io
lirico non solo ha paura di comunicare, ma i suoi dubbi rimangono tali perché non
offrono alcuna possibilità di soluzione.
L’isolamento, la solitudine, l’assoluta volontà di non comunicare dell’io lirico caratterizzano anche il giovane Thomas, che, come si diceva all’inizio, si isola
nella sua torre di parole perché si ribella al modo di fare poesia dei poeti della sua
generazione. È opportuno sottolineare che anche se il poeta è «chiuso in una torre
di parole», quella torre rappresenta per lui la sua identità fisico-spirituale.
Infatti, a conferma di ciò, qualche anno dopo la composizione di Ears in the
Turrets Hear così scriveva Thomas a Vernon Watkins: “ritirato nella tua torre puoi
conoscere e imparare del mondo esterno più di chi sta fuori, mischiato così intimamente e inestricabilmente al fango e alla gente odiosa... e ai quattro maledetti sudici
venti” (lettera del 1936).
21
L’interpretazione del termine «isola» come coscienza trova un sicuro aggancio con lo stesso termine usato
da Thomas in una lettera a Pamela Hansford Johnson del 1933, in cui scrive: “Per il tramite della mia piccola
isola legata da ossa ho imparato tutto ciò che so; ho tutto sperimentato e tutto sentito. Tutto ciò che scrivo è
inseparabile dall’isola”. Anche se in questa lettera l’isola indica il corpo e i sensi del poeta, ciò dimostra , tuttavia,
che egli non usa il termine nella sua accezione geografica. Perciò, non ci si deve meravigliare che in Ears in the
Turrets Hear Thomas possa usare lo stesso termine con il significato di coscienza, sul piano connotativo. L’ambiguità del linguaggio di Thomas e quindi l’oscurità della sua poesia dipende anche dal fatto che lo stesso
termine non presenta sempre lo stesso significato in poesie diverse. Ad esempio, in Light breaks where no Sun
Shines, poesia datata 20 novembre 1933 in Buffalo Notebook e poi raccolta in Eighteen Poems, dove Thomas
affronta il problema dell’intuizione creativa, è l’alba che rappresenta la coscienza umana.Non concordo con
l’interpretazione di Roberto Sanesi che, nel suo commento critico a Ears in the Turrets Hear, definisce l’isola “un
aperto simbolo dell’uomo” (cfr. Roberto SANESI, Dylan Thomas, Milano, Garzanti, 1977, p.119).
150
Gaetano Zenga
È evidente, quindi, che la metafora dei “veleni” della composizione significa
per Thomas soprattutto minaccia per la sua poesia, egli teme che la sua poesia possa
essere “contaminata” dal mondo dei poeti del suo tempo e perciò evita di comunicare con loro.
A questo punto la «casa bianca» può essere vista come metafora per la poesia:
il colore bianco può significare la purezza della poesia di Thomas in opposizione a
quella dei poeti del suo tempo, dalla quale egli teme che venga contaminata.
Nel periodo della sua giovinezza, Thomas mostra questo atteggiamento di
repulsione non soltanto verso gli altri poeti ma anche verso la società. In una lettera
del 1932, all’amico scrittore Trevor Hughes, egli afferma: “Vorrei amare l’umanità,
ma demoni divoratori di cadaveri, vampiri, squartatori di donne, stupratori di bambini, ubriaconi tutti verruche, mezzani e finanzieri passano accanto alla finestra,
diretti Dio sa dove e perché”. È la reazione del giovane Thomas alla società, è il
segno della sua paura per il mondo quotidiano fatto di uomini e donne ordinari.22
In I dreamed my genesis 23 (Sognai la mia genesi), una poesia di questo periodo, che è il dettato dell’ ipertensiva reazione di Thomas alla società, il poeta manifesta indignazione per l’orrore della realtà contemporanea, frutto del mondo tecnologico. Si pensi al sogno del narratore che si rivela una grande delusione per la
terribile meccanizzazione del mondo tecnologico in cui viene a trovarsi il neonato:
I dreamed my genesis in sweat of sleep, breaking
Through the rotating shell, strong
As motor muscle on the drill, driving
Through vision and the girdered nerve (vv.1-4).24
Infatti, l’atto con cui il neonato viene al mondo ha poco di umano poiché
somiglia alla messa in moto del motore di una automobile con il suo «guscio rotante» e il suo «trapano».
I passi testé esaminati, scritti nello stesso periodo di Ears in the turrets hear e
che mettono in risalto il disgusto verso la società e la ribellione di Thomas
all’establishment letterario del suo tempo, spiegano perché si è parlato di nevrosi
ossessiva che aggredisce il soggetto lirico, ogni volta che è tormentato dal dubbio di
22
Nelle poesie della maturità, l’atteggiamento di Thomas verso l’umanità è completamente diverso perché
egli mostra di comprendere e di amare gli uomini. Infatti, nelle poesie scritte dopo quelle raccolte in The Map
Of Love, pubblicato nel 1939, come The Hunchback in the Park (Il gobbetto del parco), Among Those killed
in the Dawn Raid was a Man aged a hundred (Fra le vittime dell’incursione dell’alba c’era un uomo di
cent’anni), A Refusal to mourn the Death, by Fire, of a Child in London (Rifiuto a piangere la morte tra le
fiamme di una bambina di Londra), Thomas si muove nella direzione di drammatizzare il proprio rapporto
con l’esterno, con gli altri che ora egli guarda con simpatia e persino con tenereza, abbandonando il suo
atteggiamento di poeta solipsista. Queste poesie, come altre scritte in questo periodo, si caratterizzano come
flusso di vita e di entusiasmo umano. Si pensi alla celebrazione dell’amore come sentimento di fratellanza
universale in This Side of the Truth (Questo lato della verità).
23
Scritta in novembre o nei primi di dicembre del 1934, per essere inclusa in Eighteen Poems.
24
“Sognai la mia genesi nel sudore del sonno, rompendo / Il guscio rotante, potente come il muscolo / Di
un motore sul trapano, inoltrandomi / Nella visione e nel nervo travato”.
151
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
decidere se aprire la porta “per fare entrare lo straniero”, se correre a “salutare il
marinaio” e quindi se deve comunicare con l’Altro o se, al contrario, rimanere rinchiuso nella sua “torre di avorio” fino alla morte senza comunicare con alcun essere umano.
In senso lato, a livello figurale, la poesia può essere considerata un profondo
esame psicologico del subconscio umano, nell’età moderna. In questa ottica, i dubbi, che attanagliano il soggetto lirico, possono costituire il risultato di una profonda
crisi esistenziale dell’uomo moderno fatta di ansie, di angosce e di frustrazioni, per
cui egli si rinchiude in se stesso, nella sua coscienza, temendo ogni forma di comunicazione con i propri simili.
4. Il grido represso del poeta di fronte al mistero dell’universo
In Ears in the turrets hear, come si è visto, Thomas affronta il tema dell’impossibilità di comunicazione per il poeta, in The Force that through the green fuse
drives the flower (La forza che nella verde miccia spinge il fiore)25 scritta nello
stesso periodo,26 egli si interroga sul mistero dell’universo, alla luce dei processi di
vita, nascita e morte, rigenerazione e distruzione che investono sia la natura che gli
aspetti fisici e psicologici dell’uomo, processi tanto cari a Thomas e che già caratterizzano le poesie della raccolta di Eighteen Poems pubblicata nel 1934.
La poesia si sofferma sul fatto che tutta la vita vegetale e animale è soggetta
alle stesse regole della natura e che tutte le cose crescono, invecchiano, decadono e
muoiono. Thomas vide nei processi della biologia una sorta di magica trasformazione che produce unità dalla diversità e continuamente egli cercò nella sua poesia
un rituale poetico per celebrare questa unità come mostrano i primi due versi di
questa composizione: The force that through the green fuse drives the flower /
Drives my green age.
Inoltre, in The force that through the green fuse drives the flower, Thomas
mette in risalto il senso di unità che lega l’uomo ai vari processi della natura e l’identità
di tutte le forme di vita. Il flusso di immagini che si susseguono con grandissima
rapidità, il continuo movimento dalla natura all’uomo, dalla morte alla vita, trasmettono il senso della preminente unità della vita dell’universo.
Tuttavia, come si vedrà, la poesia oltre a mostrare la stretta relazione tra i
processi di crescita, di distruzione e di morte, che investono sia il mondo naturale
che l’uomo, mette soprattutto in risalto il mistero del mondo e l’impossibilità per
25
Datata 13 ottobre 1933 in Buffalo Notebook, raccolta in Eighteen Poems.
Anche se Ears in the turrets hear è raccolta in Twetnry –five Poems, il volume di poesie pubblicato nel
1936 e quindi posteriore a Eighteen Poems, pubblicato nel 1934, che contiene The force that through the green
fuse drives the flower, occorre notare che in Buffalo Notebook la prima poesia è datata luglio 1933, mentre la
seconda è datata ottobre 1933. Sono quindi le date delle due poesie in Buffalo Notebook che mostrano la loro
contemporaneità di scrittura.
26
152
Gaetano Zenga
l’uomo di conoscere le cause oscure che lo governano. È proprio il mistero dell’universo che mette in crisi il soggetto poeta e non gli permette di esternare il suo
grido di dolore o di immensa gioia.
Il grido che rimane represso nella coscienza del soggetto lirico costituisce il
tema principale della poesia.
Occorre sottolineare che la struttura dell’intera poesia è molto più complessa di quanto possa apparire a primo acchito: da una parte il lettore è coinvolto
dall’atmosfera di incantesimo creata dal ritmo,27 da una sintassi semplice e ripetitiva
che è in linea con lo scorrere indifferibile di una forza invisibile, impersonale, universale, dall’altra è proprio questo globale determinismo a creare l’effetto di tensione perché la voce del soggetto lirico lo controbatte caparbiamente , levandosi sul
flusso travolgente della stessa forza misteriosa.
Oltre al ritmo, altri aspetti caratteristici della poesia sono la novità del linguaggio, costituito spesso anche dall’impiego di parole con significati multipli,28 e
la forza delle immagini.
Il linguaggio è impiegato come medium per illudere continuamente il lettore
ad un immediato contatto con l’esperienza percettiva.
La poesia è costituita da quattro stanze di cinque versi ciascuna e da un distico
finale:
The force that through the green fuse drives the flower
Drives my green age; that blasts the roots of trees
Is my destroyer.
And I am dumb to tell the crooked rose
My youth is bent by the same wintry fever.
The force that drives the water through the rocks
Drives my red blood; that dries the mouthing streams
Turns mine to wax.
And I am dumb to mouth unto my veins
How at the mountain spring the same mouth sucks.
The hand that whirls the water in the pool
Stirs the quicksand; that ropes the blowing wind
Hauls my shroud sail.
And I am dumb to tell the hanging man
How of my clay is made the hangman’s lime.
27
Il ritmo è assicurato dall’impiego prevalente del giambo, unità metrica formata da una sillaba debole e da
una forte. Una sequenza di giambi dà luogo a versi il cui ritmo è assai vicino a quello della lingua di ogni
giorno. Thomas, infatti, voleva che la sua poesia riproducesse il ritmo della lingua parlata.
28
Si pensi, ad esempio, al termine fuse (v.1) nei suoi significati di fiore, miccia, esplosione (per via di blasts
(v.12) “fa scoppiare”).
153
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
The lips of time leech to the fountain head;
Love drips and gathers, but the fallen blood
Shall calm her sores.
And I am dumb to tell a weather’s wind
How time has ticked a heaven round the stars.
And I am dumb to tell the lover’s tomb
How at my sheet goes the same crooked worm.29
Ciò che colpisce immediatamente l’occhio del lettore è il parallelismo strutturale, molto evidente, nella disposizione dei versi e della punteggiatura. Infatti, il
terzo verso di ciascuna stanza è più breve degli altri e inoltre presenta, come ogni
quinto verso, una pausa lunga costituita dal punto fermo.
La pausa lunga del terzo verso segna uno stacco tra ciò che l’io lirico percepisce nella realtà esterna e dentro di sé, come nelle prime tre stanze, o soltanto nella
realtà esterna, come nella quarta stanza, e lo sbigottimento per ciò che scopre che lo
rende “muto”.
E ancora, tra il primo e il secondo emistichio del secondo verso delle prime
tre stanze ricorre una pausa di lunghezza media ,che serve ad enfatizzare l’opposizione tra due stati d’animo del soggetto lirico: il senso di gioia goduta dallo stesso
soggetto lirico perché considera l’energia della natura, fonte di movimento, di crescita, quindi di vita e il senso di delusione sofferto allorché la sua coscienza scopre
che la stessa energia è responsabile di distruzione e di morte.
L’opposizione tra questi due stati d’animo del soggetto lirico è determinata
proprio dal mistero che governa il mondo, personificato dalla forza universale ed
invisibile.
Le numerose pause, nella loro disposizione speculare all’interno delle stanze,
rappresentano, quindi, altrettanti momenti di riflessione e di sbigottimento del soggetto lirico per ciò che la sua coscienza percepisce dentro di sé o nella realtà che lo
circonda.
Il deittico that che caratterizza il primo verso delle prime tre stanze è
giustapposto al deittico that, con il quale inizia il secondo emistichio del secondo
verso di ciascuna di queste stanze dopo la pausa, e che sottintende the force nelle
prime due stanze e the hand nella terza stanza.
29
“La forza che nella verde miccia spinge il fiore/ Spinge i miei verdi anni; quella che fa scoppiare le radici
degli alberi / È la mia distruttrice. / E sono muto per dire alla rosa reclina che piega la mia giovinezza la stessa
febbre invernale./ La forza che spinge l’acqua tra le rocce / Spinge il mio rosso sangue; quella che prosciuga le
correnti alla foce / Le mie trasforma in cera./ E sono muto per urlare alle mie vene/ Che alla fonte montana
succhia la stessa bocca./ La mano che fa vortici nell’acqua dello stagno/ Muove le sabbie mobili; quella che
imbriglia i venti / Spinge la vela del mio sudario./ E sono muto per dire all’impiccato / Che della stessa mia
creta è fatta la calce del boia./Le labbra del tempo s’attaccano dove la fonte sgorga;/Amore goccia e si rapprende, ma il sangue versato/Addolcirà le ferite di lei./ E sono muto per dire alle intemperie/ Come il tempo ha
scandito un cielo attorno agli astri./ E sono muto per dire alla tomba dell’amante/ Che verso il mio lenzuolo
striscia lo stesso tortuoso verme.”
154
Gaetano Zenga
L’eco anaforica costituita dai due deittici e la loro giustapposizione all’interno delle tre stanze enfatizzano il contrasto e la contraddizione tra ciò che viene
affermato nel primo verso e nel primo emistichio del secondo verso e ciò che viene
dichiarato nel secondo emistichio dello stesso verso e nel terzo verso.
L’iterazione dell’enunciato And I am dumb to tell (to mouth), che ricorre al
penultimo verso di ogni stanza e al primo verso del distico finale, rappresenta non
solo il punto di tensione di ogni stanza e del distico finale ma di tutta la poesia:
l’impotenza razionale, l’incapacità per il soggetto poeta di fornire ua spiegazione
delle forze oscure che governano l’universo.
Le funzioni del linguaggio usate nella composizione sono soltanto la funzione referenziale e la funzione emotiva.
Con quella referenziale viene descritta la realtà del mondo naturale e alle
volte anche quella dell’uomo come: the hanging man (v.14), the hangman’s lime
(v.15), her sores (v.18) e lover’s tomb (v.21).
La funzione emotiva è espressa dal pronome di prima persona I (5 occorrenze), che rappresenta il soggetto lirico, e dai possessivi di prima persona my (8 occorrenze) e mine (1 occorrenza) riferiti, anche essi, al soggetto lirico.
Alla speculare disposizione delle pause corrisponde anche una speculare distribuzione delle funzioni linguistiche. Infatti, le due funzioni linguistiche si susseguono l’una all’altra con sistematica simmetria, soprattutto nelle prime due stanze:
il primo e il secondo enunciato dei primi tre versi della prima e della seconda stanza
iniziano con la funzione referenziale e terminano con la funzione emotiva espressa
dal possessivo my o mine.
Il primo enunciato della terza stanza presenta soltanto la funzione referenziale,
ma il secondo enunciato della stessa stanza contiene puntualmente il possessivo di
prima persona.
Il penultimo verso di ogni stanza e il primo verso del distico finale iniziano
con la funzione emotiva espressa dal pronome personale I, enfatizzato, poi, dal
possessivo di prima persona my/mine, nello stesso verso o in quello successivo, che
è, tuttavia, assente nella quarta stanza dove ricorre solamente il pronome I al penultimo verso.
La presenza continua della funzione emotiva, anche attraverso i possessivi
my e mine, mostra il coinvolgimento diretto del soggetto lirico, in maniera quasi
sistematica, in ogni enunciato della poesia.30
Il coinvolgimento diretto del soggetto lirico serve a spiegare la sua funzione
30
Siamo di fronte ad una modalità omodiegetica, collegata ad una prospettiva interna, per cui il soggetto
lirico si inserisce completamente e con partecipazione attiva nella situazione; si pensi come, in tutte le strofe e
nel distico finale, l’iterazione del verso “And I am dumb to tell” esprima inequivocabilmene questo
coinvolgimento diretto e attivo del soggetto lirico. Non c’è, quindi, “distanza” narrativa tra l’io personaggio
e la situazione. Per un ulteriore studio dei concetti narratologici di punto di vista o prospettiva o focalizzazione
interna ed esterna, di distanza, e delle modalità omo ed eterodiegetiche, relative alla voce del narrante, cfr.
Hermann GLOSSER, Narrativa, Milano, Principato,1981, p. 64 e segg.
155
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
di spettatore attivo, in quanto osserva attentamente, e di attore passivo, in quanto
subisce profondamente i processi di vita, nascita, crescita, rigenerazione, distruzione e morte, dei quali non riesce a fornire una spiegazione razionale.
Infatti, sono proprio i possessivi di prima persona ad essere utilizzati dal
soggetto lirico per mettere in relazione, di volta in volta, i processi di crescita, di
decadimento o di distruzione della natura con quelli del proprio corpo o del proprio destino mortale espresso da my shroud sail (v.13), e per mettere in risalto l’identità di tutte le forme di vita in quanto tutte soggette all’azione della forza invisibile
e universale.
La quarta stanza, quasi interamente dominata dalla funzione referenziale, è
l’unica in cui l’io lirico non paragona il mondo della natura alla propria condizione, ma prende atto di ciò che osserva per esprimere il proprio sbigottimento che lo
“rende muto”, incapace di esternare il proprio grido, come nelle altre stanze.
Questa è anche l’unica stanza in cui i primi tre versi non presentano gli stessi
processi in opposizione che coinvolgono direttamente l’io lirico,31 come nelle altre
stanze, ma evidenziano una situazione di immobilità, di paralisi, nella realtà
fenomenica, situazione della quale egli non è protagonista e che è giustapposta all’attività dell’amore passionale nel mondo umano.
Nei primi tre versi della prima stanza è la vita vegetale che viene posta in
relazione con la vita dell’uomo, sia per la crescita che per la distruzione.
Sono le iterazioni del lessema attributivo green, nei sintagmi the green fuse
(v.1) e my green age (v.2), e della voce verbale drives, nei sintagmi verbali drives
the flower (v.1) e drives my green age (v.2), che enfatizzano il senso della crescita e della vita, sorretto nel primo verso, The force that through the green fuse
drives the flower ,dalle percussioni allitterative32 della spirante sorda / f / e della interdentale sonora espressa dal digramma / th /; mentre la voce verbale
blasts (v.2) e il sostantivo destroyer (v.3) mettono in risalto la distruzione, anche con l’apporto dell’arcatura della serie allitterativa della vibrante sonora /
r/ che si estende dal secondo al terzo verso... that blasts the roots of trees /Is my
destroyer.
Il contrasto tra vita, crescita, giovinezza, rovina e aridità, è enfatizzato sia
dall’arcatura delle assonanze green, green, trees (vv.1-2) che da quella della percussione allitterativa della dentale sonora / d / in drives, drives, destroyer (vv.1-3).
Inoltre, il lessema attributivo green è anche il simbolo dell’energia che assicura il rigoglio vegetale nel primo verso e quello della giovinezza nel secondo,
31
Nei primi tre versi, quindi, notiamo una modalità eterodiegetica che si collega ad un punto di vista (prospettiva) esterno, e ciò costituisce la “distanza” narrativa tra l’io personaggio e la situazione e mette in risalto
che tale situazione è subita, anche se soltanto per un istante, dall’io lirico, che appare come soggetto passivo.
32
Paolo Valesio in uno studio sull’allitterazione ha sottolineato l’efficacia del termine tedesco Stabreim
(rima a pilastro) per un “rapporto di somiglianza-differenza” con la rima; ha inoltre mostrato l’importanza
dei nessi consonantici sp, st, sc, sk (Cfr. Paolo VALESIO, Strutture dell’allitterazione, Bologna, Zanichelli, 1967,
p. 26 e segg.).
156
Gaetano Zenga
mentre la voce verbale blasts indica l’aridità che colpisce sia gli alberi perché “scoppiano le radici”,33 che il soggetto lirico.
Il distico finale della stanza presenta di nuovo la relazione tra la vita del
mondo vegetale e quella dell’uomo.
Qui il senso dell’invecchiamento è messo in risalto sia dai participi passati
crooked e bent (vv.4-5), riferiti rispettivamente a rose e a youth, che dall’arcatura
dell’assonanza crooked /youth; inoltre, crooked e bent manifestano la sottile ironia
di Thomas perché crooked indica che la rosa ha perso la sua freschezza, il suo rigoglio, e bent che la giovinezza è stata piegata dal peso degli anni.
Tale ironia viene colta nella chiara allusione all’attività sessuale, che pervade
la stanza.
Infatti, i termini green fuse (v.1) e flower (v.1) costituiscono insieme una evidente metafora dell’attività sessuale; la loro giustapposizione, a green age, conferma tale attività, che è sorretta dalla voce verbale drives,34 che esprime materialmente
lo svolgersi della stessa attività sessuale; l’io lirico è consapevole che l’attività sessuale è in atto, perché è assicurata dalla freschezza e dall’energia, e che la procreazione assicura a sua volta la continuità della vita.35
Anche il sintagma the crooked rose giustapposto all’ enunciato my youth is
bent è una chiara allusione all’attività sessuale, ancorché per enfatizzarne la cessazione. L’ io lirico ora sa che la cessazione dell’attività sessuale, causata dalla wintry
fever che ha curvato la rosa e ha piegato la giovinezza, determina anche l’arresto
nella continuità della vita.36
Egli sfrutta abilmente il senso di devastazione del tempo espresso nel mondo
vegetale dalla rosa “reclina’’ e nel mondo umano dalla “giovinezza piegata’’ per
33
L ‘aridità che colpisce le radici degli alberi e il soggetto lirico in questa poesia, rimanda a due versi ben
noti della prima sezione della Waste Land di T.S. Eliot: “What are the roots that clutch, what branches grow
/ Out of this stony rubbish?” (vv.19-20), (Quali sono le radici che si afferrano, quali rami crescono/ Da queste
macerie di pietra?), in cui viene messo in risalto lo stesso problema dell’aridità che investe sia la terra desolata
che i suoi abitanti.
34
La giustapposizione green fuse/flower sorretta da drives, a livello denotativo(superficiale), indica
l’inseminazione nel mondo vegetale assicurata dal fiore e quindi continuità della vita, attività che si svolgono
parallelamente alle stesse che hanno luogo nel mondo umano ed espresse dal sintagma verbale Drives my
green age.
35
Nel commento critico a The Force that through the green fuse drives the flower, Roberto Sanesi afferma
che “il sesso è in un certo modo il deus ex machina del ciclo vitale” (cfr.R. SANESI, Dylan Thomas..., cit., p. 63).
36
Anche le altre poesie scritte nel periodo della giovinezza e raccolte in Eighteen Poems sono caratterizzate
dalla relazione tra i cicli perpetui e i processi di nascita e morte, rigenerazione e distruzione sia nella natura che
nella configurazione fisica e psichica dell’uomo, e dal sesso. Quindi la stretta relazione, che si coglie sin dalla
prima stanza e continua in quelle successive di The force that through the green fuse drives the flower, tra i
processi di crescita ,di trasformazione, di corruzione, di decadenza tra il mondo naturale e quello dell’uomo,
nonché l’enfatizzazione dell’attività sessuale, possono essere comprese nel giudizio critico espresso da Derek
Sanford su All all and all the dry worlds lever (Tutto tutto e tutto gli aridi mondi sollevano), poesia di questo
periodo, raccolta anche in Eighteen Poems. Il critico, infatti, afferma che All all and all the dry worlds lever si
incentra sulle relazioni panteistiche tra la natura e l’uomo: il sesso è la leva del mondo perché senza di esso le
cose rimarrebbero aride. Cfr. Derek STANFORD, Dylan Thomas,London, Spearman, 1954.
157
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
giustapporre la mancata fioritura della rosa all’impotenza sessuale dell’uomo nella
vecchiaia.
Quindi, il soggetto lirico, che rappresenta tutta l’umanità, è talmente
esterrefatto che la misteriosa forza che fa crescere lo stelo del fiore e sostiene la
sua giovinezza è la stessa che fa disseccare gli alberi e fa deperire il suo fisico, da
non riuscire ad esprimere il suo profondo smarrimento e quindi il suo grido di
ribellione al suo interlocutore: la natura, rappresentata dalla crooked rose. In termini comunicativi, il messaggio che il soggetto lirico vorrebbe inviare alla “rosa
reclina’’ non giunge alla “destinataria’’, rimane al “mittente’’ perché c’è un ostacolo alla comunicazione: la comunicazione non si realizza, assume la forma di
grido represso.37
Sin da questa stanza, si può notare che Thomas, oltre a sfruttare gli effetti
delle immagini, delle tramature foniche, dei significati multipli delle parole, delle
metafore, per mettere in risalto l’opposizione tra fertilità, vita, crescita, giovinezza
e aridità, distruzione, ricorre anche a due catene isotopiche contrastanti.
Infatti, la catena isotopica della fertilità, della vita, della crescita, comprende
termini come: force, green fuse, flower, drives, green age; mentre la catena isotopica
dell’aridità, dell’invecchiamento, della corruzione, include termini come: (force) that,
blasts, destroyer, crooked rose, bent, wintry fever.
Le isotopie contrastanti rappresentano il mistero delle forze oscure che governano l’universo, e costituiscono, quindi, il sentiero sicuro che porta al grido
represso dell’io lirico.
Anche nelle altre stanze, come si vedrà, Thomas presenta questa disposizione speculare di due catene isotopiche in opposizione.
Nei primi tre versi della seconda stanza, come nei primi tre versi della stanza
precedente, la vita del mondo naturale è relazionata alla vita dell’uomo.
Infatti, il lessema water (v.6), che rappresenta il mondo naturale ed è simbolo
di movimento, di energia, di vita, perché disseta e nutre, è messo in relazione al
corpo dell’io lirico rappresentato dal sintagma my red blood (v.7), anch’esso espressione di movimento, di energia e di vita, perché il “sangue” è nutrimento delle cellule umane.
Il senso della vita è enfatizzato dall’iterazione della voce verbale drives (vv.67), che indica movimento, con il quale viene assicurata la dinamica della vita stessa,
e dall’arcatura della sequenza allitterativa della vibrante sonora / r / in The force
that drives the water through the rocks/ Drives my red blood (vv.6-7).
Il contrasto tra movimento, vita e immobilità, paralisi, morte, è enfatizzato
dalle voce verbale drives (v.6) e dai sostantivi water (v.6) e blood (v.7) che indicano
il paradigma del movimento, della vita e quindi costituiscono la perfetta antitesi
37
Nella teoria della comunicazione, i soggetti coinvolti nel processo comunicativo sono il mittente (chi
emette il messaggio) e il destinatario (chi riceve il messaggio), mentre il rumore è qualsiasi disturbo che non
permette la realizzazione della comunicazione, e che può riguardare o il mittente o il destinatario o il canale
usato per la comunicazione .Cfr. Umberto ECO, La struttura assente, Milano, Bompiani, 1968, p. 17 e segg.
158
Gaetano Zenga
delle voci verbali dries (v.7), turns (v.8) e del sostantivo wax (v.8), che rappresentano
il paradigma della immobilità, della morte.
Il distico finale ripropone, come nella prima stanza, la relazione dei processi
che investono il mondo naturale e quello dell’uomo, questa volta, però, non per
annunciare l’invecchiamento, ma l’immobilità totale, la fine di ogni forma di vita,
espresse con violenza espressionistica dalla voce verbale sucks (v.10).38
Qui l’interlocutore dell’io lirico è il suo corpo, rappresentato da my veins ,al
quale, per via del suo stupore, non riesce a comunicare il suo grido di ribellione,
perché la stessa misteriosa forza che spinge l’acqua fra le rocce e il sangue nelle sue
vene ha procurato ‘succhiando’ soffocamento e morte.
Inoltre, questo è l’unico distico in cui il verbo tell, nell’enunciato iterato And
I am dumb to tell, è sostituito dal verbo mouth che è una permutazione (conversion)39
del sostantivo mouth, ma è anche l’unica volta che l’interlocutore del soggetto lirico è il corpo del soggetto lirico stesso.
L’uso del verbo mouth, che ricorda, comunque, sempre l’organo bocca, rende con molta concretezza l’impossibilità di comunicazione del soggetto lirico perché la sua bocca è rimasta paralizzata al punto che non può articolare alcun suono
che possa raggiungere le ‘sue vene’. La preposizione unto mette in risalto, in senso
negativo, il percorso del suono dalla bocca alle vene, in quanto l’azione non ha
avuto luogo.
E ancora, il verbo mouth e il sostantivo mouth costituiscono un ironico gioco di parole, un vero e proprio pun. Infatti, se pensiamo che il sostantivo mouth è
sinonimo di force (v.6) siamo di fronte all’equazione: quella forza (mouth v.10) che
ha prosciugato le sorgenti, che ha trasformato il sangue del soggetto lirico in cera,
ha paralizzato la sua bocca per non farlo parlare (to mouth v.9).
Sfruttando appieno la funzione del termine mouth come sostantivo e come
verbo, e la sinonimia tra ‘bocca’ e ‘forza’, Thomas riesce a rappresentare in maniera
molto efficace il grido di dolore represso dell’io lirico.
L’impossibilità per l’io lirico di comunicare con il proprio corpo è enfatizzato
dall’arcatura della percussione allitterativa della consonante nasale bilabiale sonora
/ m / in And I am dumb to mouth unto my veins/ How at the mountain spring the
same mouth sucks (vv.9-10).
In questa stanza l’isotopia della vita e del movimento include termini come:
force, water, red blood, drives; mentre l’isotopia dell’immobilità totale, della paralisi è espressa da termini come: (force) that, dries, turns, wax, same mouth, sucks.
Il distico finale della stanza mostra come l’efficacia complessiva di una poesia
38
L’azione espressa dalla voce verbale sucks fa prefigurare la forza universale invisibile come un mostruoso
vampiro gigante che ‘succhiando’ l’acqua delle sorgenti e il sangue dell’uomo provoca soffocamento e morte.
39
Conversion è il termine tecnico usato per definire il procedimento di word-formation, che dà forza,
vitalità e brio alla lingua e che consiste nell’usare senza alcuna modifica morfologica un verbo come nome
(walk, a walk ), un aggettivo come verbo (dirty, to dirty), un aggettivo come nome (bitter, a bitter), un nome
come verbo (mouth, to mouth). (Cfr. G. G. CASTORINA, Note di Poetica Inglese..., cit., p. 217).
159
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
come questa abbia a che fare con il particolare uso che Thomas fa del linguaggio.
Qui l’efficacia del suono è parte integrante del senso, una funzione del linguaggio,
come è stato già osservato, come medium per illudere continuamente il lettore ad
un immediato contatto con l’esperienza percettiva.
La terza stanza, a differenza delle precedenti, non inizia con il termine force,
ma con il termine hand che è suo sinonimo, come il termine mouth (v.10) della
seconda stanza.
Inoltre, questa stanza presenta un’altra differenza con le precedenti perché,
come è stato notato, il primo enunciato contiene soltanto la funzione referenziale e
ciò non permette di coinvolgere il soggetto lirico negli effetti positivi prodotti dalla
forza invisibile nel mondo naturale.
Al contrario, come nelle stanze precedenti, il secondo enunciato coinvolge
direttamente il soggetto lirico negli effetti negativi causati dalla stessa forza nel mondo
fisico: that ropes the blowing wind/ Hauls my shroud sail (vv.12-13).
Tutta l’energia vitale della forza universale è messa in risalto dall’arcatura
dell’assonanza delle voci vebali whirls (v.11) e stirs (v.12).
La voce verbale ropes, che è una permutazione del sostantivo rope, viene sfruttata dal soggetto poeta per la creazione di una meravigliosa immagine visiva che
raffigura la forza universale che lega i venti con una fune: that ropes the blowing
wind (v.12).
Anche il sintagma verbale “hauls my shroud sail” (v.13) costituisce un’altra
splendida immagine visiva in quanto rappresenta la forza misteriosa che spinge la
vela (ricavata dal sudario) della barca40 dell’uomo, nell’indifferibile viaggio 41 verso
la morte.
La permutazione ropes, anche se nel suo significato esprime immobilità, soltanto a livello denotativo (o superficiale), è in contrapposizione alla voce verbale
hauls,42 che nei suoi significati di trascinare, trasportare, rimorchiare indica movimento.
Tuttavia, poiché il sintagma verbale “hauls my shroud sail” (v.13) rappresenta la metafora della morte, la voce verbale hauls, in questo contesto, a livello
connotativo (o profondo), è in linea con il significato di ropes che con l’azione di
legare i venti determina con la loro immobilità la loro fine(morte). Infatti, il significato profondo di hauls è trascinare ineluttabilmente verso la morte che è immobilità.
40
È una barca allusa, simbolica. L’idea della barca è suggerita proprio dal termine composto shroud sail
(vela del sudario), che può essere interpretato come sineddoche per la barca.
41
Il senso del viaggio verso la morte, espresso da hauls my shroud sail, ricorda a shroud for a journey (v.4,
“un sudario per un viaggio”) di Twenty-four years, poesia inviata a Vernon Watkins il 24 ottobbre 1939,
raccolta, poi, in The Map of love, il volume di poesie pubblicato nello stesso anno.
42
Nella traduzione ho preferito il termine “spinge”, perché, a mio avviso, rende con efficacia il senso della
vela del sudario che viene trascinata verso la morte dalla forza universale. Altri traduttori hanno scelto voci
verbali come “regge”, “tende” o “issa”, che mi sono sembrate riduttive, in quanto non rendono l’idea del
viaggio dell’uomo verso la morte.
160
Gaetano Zenga
Tra le voci verbali ropes e hauls si stabilisce, quindi, un rapporto di trasposizione figurale: l’io lirico come i venti, viene figurativamente legato (immobilizzato)
nel suo sudario e trascinato verso la morte.
Il distico finale di questa stanza non presenta più una relazione tra il mondo
naturale e quello dell’uomo in quanto il tema della morte riguarda soltanto l’uomo:
the hanging man, che a sua volta rappresenta l’umanità. Cambia anche l’interlocutore
dell’io lirico che non è né il mondo vegetale, the cooked rose della prima stanza, né
il corpo dello stesso io lirico, my veins della seconda stanza, ma l’umanità, the hanging
man.
Il secondo verso del distico finale, How of my clay is made the hangman’s
lime, enfatizza ancora il tema della morte dell’uomo, espressa dal termine clay 43 e
dal suo sinonimo lime e che ha il suo correlativo fonico nella sequenza allitterativa
della nasale bilabiale sonora / m /.
La sinonimia tra clay e lime è un sottile gioco di parole, che mette in risalto
che tutti gli uomini rappresentati dal soggetto lirico e dal boia sono fatti della stessa
‘creta’ e perciò soggetti alla stessa morte.
A livello connotativo (profondo) e nelle sue accezioni religiose, il termine
‘creta’ viene sfruttato da Thomas per esprimere il ciclo vita-morte. Infatti la ‘’creta’’
non è soltanto sinonimo di cenere, di polvere e perciò di morte, ma è anche simbolo della vita perché ricorda la polvere del suolo con la quale fu creato l’uomo.44
In questa stanza, il soggetto poeta ha scelto di considerare la terribile condizione del destino umano legato alla morte, l’indifferibile viaggio della vita dell’uomo verso la morte, rappresentato metaforicamente, come si è visto, dal sintagma
verbale “hauls my shroud veil”.
Il grido di dolore represso è senz’altro il più intenso e profondo di cui fa
esperienza il soggetto lirico perché si riferisce alla ribellione alla morte.
Il senso di ribellione alla morte diventa molto più significativo, perché il soggetto lirico, dopo aver considerato in generale il destino dell’uomo legato alla morte espresso da “hauls my shroud veil”, si sofferma in particolare sulla morte violenta: il boia che ammazza un suo fratello.
A livello connotativo (profondo), considerata anche la presenza del termine
biblico clay, il tema della violenza può ricordare al soggetto lirico il primo esempio
di assassinio tramandato dalla Bibbia: Caino che ammazza suo fratello Abele.
È proprio la violenza dell’uomo sul proprio fratello a rendere più profondo
il dolore del soggetto lirico e non permettergli di esprimerlo con un grido.
43
Considerati i vari significati che ogni termine può avere nel linguaggio simbolico di Thomas, si può
certamente ritenere che clay è un termine religioso usato come sinonimo di polvere, cenere. Nel linguaggio
religioso la cenere è ciò che resta del corpo umano dopo la morte; da qui simbolo della morte: divenir cenere,
morire. Le Ceneri ricorrono il primo giorno di quaresima in cui il sacerdote impone sulla fronte dei fedeli un
pò di cenere come segno di penitenza, ma anche come ricordo della trasformazione in cenere alla fine della
loro vita terrena: mercoledì delle ceneri.
44
Cfr. Genesi 2, 7 “allora Jahve Dio plasmò l’uomo con la polvere del suolo e soffiò sulle sue narici un alito
di vita”.
161
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
Si spiega così perché questa volta il soggetto lirico sceglie come suo interlocutore l’umanità sofferente: l’impiccato, la vittima del boia.
In questa stanza l’isotopia della vita, del movimento, comprende termini come:
hand, water, whirls, stirs; mentre l’isotopia dell’immobilità totale, è rappresentata da
termini come: (hand) that, ropes, hauls, shroud, hanging man, clay, hangman’s lime.
La quarta stanza può essere definita un momento di riflessione ottimistica
dell’io lirico che si accorge del potere dell’amore come unica e valida giustificazione
della vita e della sopravvivenza: il fatto che la vita continui in quanto il processo di
generazione nell’uomo e nella natura non viene mai meno, mostra che una volontà
benefica è nel cuore dell’universo.
Questa volta, come si vedrà, il grido represso del soggetto lirico è grido di
gioia immensa.
Il primo verso, “The lips of time leech to the fountain head” (v.16), è un’audace immagine metafisica: le labbra del tempo che succhiano alla fonte che sgorga.
È un’immagine che configura, a livello figurale, una simbiosi tra il tempo e
l’acqua: il tempo ha bisogno dell’acqua per tenersi in vita e l’acqua ha bisogno del
tempo per continuare ad esistere.45
L’immagine è la celebrazione della continuità della vita, sorretta dalla presenza del tempo, che è considerato come dimensione dell’esistenza umana.
La voce verbale leech è la permutazione del sostantivo leech (sanguisuga)
che viene sfruttata per rappresentare in maniera realistica le labbra del tempo che,
come una sanguisuga, s’attaccano e succhiano alla fonte.
L’enunciato “Love drips and gathers” (v.17), è un’immagine cruda che esprime, in termini fisico-biologici, il risultato dell’azione dell’accoppiamento sessuale:46 il liquido organico che “gocciola” e si “rapprende”.
L’attacco enfatico espresso dai due accenti forti dello spondeo “Love drips”
e l’accento forte sulla gutturale dura /g/ della voce vebale “gathers”, secondo elemento del giambo “and gathers”, rappresentano, da una parte, il correlativo fonico
di una immagine violenta, dall’altra, costituiscono un invito al lettore ad una maggiore attenzione e partecipazione.
Anche l’enunciato successivo “the fallen blood /shall calm her sores” (vv.1718) costituisce un’altra immagine cruda dell’atto sessuale che descrive in termini
realistici l’azione del sangue che lenirà le ferite della donna amata.
Nella sequenza giambica l’azione viene enfatizzata dalla presenza dell’accento forte sulle parole chiave, come blood, calm, sores.
45
Questa immagine metafisica si fonda quindi sul sillogismo tra tempo e acqua, che ricorda quello usato
da John Donne in A Valediction: Forbidding Mourning, dove l’immagine del compasso rappresenta i due
amanti e l’estensione dell’amore: Our two souls therefore, which are one,/ Though I must go, endure not yet
/A breach, but an expansion, like gold to airy thinnes beat./ If they are two, they are two so /As stiff twin
compasses are two (vv.21-26. “Le nostre due anime perciò, che sono una sola, / sebbene io debba andare, non
soffrono per nulla, / una separazione, ma una espansione, / Come l’oro battuto in sottilissime foglie della
consistenza dell’aria. / Se esse sono due, sono due come / Le rigide gemine branche del compasso sono due”).
46
Il termine love va, quindi interpretato, a livello fisico, come l’atto sessuale di due amanti in tutti i suoi
aspetti e dettagli fisiologici.
162
Gaetano Zenga
Il distico finale di questa stanza è un distico diverso, nel suo significato, da
quello delle stanze precedenti perché lo sbigottimento che impedisce al soggetto
lirico di esprimere il suo grido di gioia è causato dallo stupore che prova per la
grande ed intensa passione con la quale gli uomini continuano ad amare e per l’armonia che regola l’infinità dell’universo: “a heaven round the stars” (v.20); quindi,
tutta la stanza mostra un atteggiamento ottimistico dell’io lirico. Nelle stanze precedenti, al contrario, come è stato notato, lo sbigottimento impedisce all’io lirico di
esprimere il suo grido di ribellione per i processi di distruzione e di morte, e perciò
in queste stanze il grido di ribellione represso rivela un atteggiamento pessimistico
del soggetto lirico.
Anche se, a differenza delle altre stanze, qui la forza universale è soltanto
allusa, mai nominata, la sua presenza è avvertita nel suo operare nel tempo:47 “The
lips of time leech to the fountain head” (v.16) e “time has ticked a heaven round the
stars” (v.20).
Di certo, se la forza misteriosa, come è stato già osservato, è vista come volontà benefica nella stanza, assistiamo ad un rapporto di trasposizione figurale tra
tempo e forza stessa.
Nell’ultimo verso, in particolare, la voce verbale has ticked e il morfema di
comparazione avverbiale how possono esprimere insieme la saggezza con la quale,
la forza “ha scandito il tempo” della sua azione nella costruzione dell’universo.
Tutto il verso presenta un’immagine visiva di rara bellezza, in linea con il
messaggio positivo di questa stanza. L’immagine celebra l’armonia dell’universo,
raffigurato con le stelle che si muovono liberamente nel suo spazio infinito senza
mai scontrarsi.
L’interlocutore dell’io lirico, come nella prima stanza, è il mondo naturale
rappresentato da weather’s wind (v.19).
Il distico finale della poesia presenta l’associazione tra amore e morte espressa dal sintagma the lover’s tomb (v.21).
Il grido di ribellione represso è legato di nuovo alla morte come nella terza
stanza. Ancora una volta è proprio il soggetto poeta che fa esperienza della morte,
esperienza confermata dalla presenza del lenzuolo funebre che lo avvolge nella tomba, e che ricorda il sudario della terza stanza.
Il sintagma the same crooked worm è una cruda immagine macabra che descrive il verme che divora il corpo putrefatto dello stesso soggetto lirico, e che ricorda il sintagma the crooked rose della prima stanza.
I due sintagmi sono entrambi legati al processo di corruzione, di distruzione,
in senso fisico, con la differenza che mentre la “rosa reclina’’ è l’agente passivo di tale
47
Nella stanza il tempo è considerato nella prima parte, come dimensione temporale limitata in quanto misura
dell’esistenza e in particolar modo di quella umana - The lips of time leech to the fountain head—, nella seconda
parte come eternità - time has ticked a heaven round the stars. È in questa ottica temporale diversa che si inserisce
la considerazione della forza universale come volontà provvidenziale perché nel tempo relativo all’esistenza umana essa assicura l’amore e quindi la procreazione, e nel tempo-eternità si preoccupa dell’armonia dell’universo.
163
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
processo, infatti “reclina’’ sottolinea la mancanza di vigore della pianta destinata a
deperire, il “verme tortuoso’’ ne è l’agente attivo, poiché “tortuoso’’ esprime il vigore
con il quale l’animale aggredisce la carne del cadavere, azione messa in risalto dal
deittico goes che regge la preposizione at che in questo caso indica ostilità.
La straordinaria giustapposizione figurale, anche se a distanza, tra i due sintagmi,
non è affatto casuale, perché certamente Thomas, maestro degli effetti delle immagini, nel chiudere la poesia con l’immagine the same crooked worm , ha voluto richiamare l’attenzione del lettore sull’immagine the crooked rose della prima stanza.
Non è neppure casuale che il soggetto lirico abbia scelto come interlocutore
l’ “amante’’, che è la personificazione della “tomba dell’amante”.48 Infatti, il soggetto lirico vorrebbe esprimere il suo grido di dolore per la macabra scena che si
svolge all’interno della tomba, ma non riesce. Egli non riesce a spiegarsi razionalmente come possano sussistere nello stesso mondo un sentimento nobile come
l’amore e la sudicia, repellente volgarità del verme che si satolla della carne putrefatta, espressione della morte umana.
Comunque, è proprio il ricordo dell’amore che rende meno dura, al soggetto
lirico, la morte stessa.
Se il grido represso, causato dal mistero dell’universo, costituisce, come è
stato già detto, il punto di tensione di The force that through the green fuse drives
the flower, è opportuno notare che anche in altre poesie, scritte nello stesso periodo
di questa poesia, Thomas si interroga sull’impotenza razionale.
Ad esempio in Why east wind chills (Perché levante gela), poesia scritta nel
1933, Thomas affronta di nuovo il tema del mistero del mondo e viene a trovarsi
ancora di fronte all’impossibilità per l’uomo di conoscere la profondità del mondo con le sue cause.
La poesia presenta un moltiplicarsi di domande simili ai perché dei bambini
che rimangono senza una risposta esauriente. L’unica risposta sarà ‘una risposta
nera’, ossia il mistero assoluto:
Why east wind chills and south wind cools
Shall not be known till windwell dries
And west’s no longer drowned
In winds that bring the fruit and rind
Of many a hundreds falls;
Why silk is soft and the stone wounds
The child shall question all his days,
Why night-time rain and the breast’s blood
Both quench his thirst he’ll have a black reply (vv.1-9).49
48
La “tomba dell’amante” è una metonimia nella quale il nome del contenente, la tomba, viene usato per il
contenuto, l’amante.
49
“Perché levante gela e austro rinfresca / Non sarà conosciuto finché il pozzo del vento non dissecchi / E
l’ovest non resti più immerso / Nei venti che recano il frutto e la corteccia / Di centinaia di cadute; / Perché la
seta è soffice e la pietra ferisce / Il fanciullo si chiederà ogni giorno, / Perché pioggia notturna e sangue di
mammella / Tutti e due lo dissetano, avrà una nera risposta”.
164
Gaetano Zenga
Anche il sonetto IV di Altarwise by owl-light (Come altare al lume di civetta), pubblicato nel 1935, presenta una serie di domande che danno per scontato una
risposta di impotenza da parte della ragione umana:
What is the metre of the dictionary?
The size of genesis? the short spark’s gender?
Shade without shape? The shape of Pharaoh’s echo?
(My shape of age nagging the wounded whisper).
Which sixth of wind blew out the burning gentry?
(Questions are hunchbacks to the poker marrow).
What of a bamboo man among your acres?
Corset the boneyards for a crooked boy? (vv.1-8)50
Il dilemma enunciato in The force that through the green fuse drives the flower
e che non trova una risposta adeguata, per cui il soggetto lirico non riesce ad esternare il suo grido, caratterizza un pò buona parte della poesia thomasiana della
prima stagione, che spesso presenta il tema della futilità del sapere, una sorta di
risposta ironica all’impotenza della ragione umana.
5.L’irreversibile viaggio verso la morte-in-vita.
Le poesie di The Map of Love, il volume di poesie pubblicato nel 1939, al
quale appartiene anche Twenty-four years (Ventiquattro anni), mostrano l’interesse di Thomas di addentrarsi nella vita degli uomini del suo tempo.
Il poeta cerca un linguaggio che si oppone al soliloquio, operando, infatti,
una scelta in favore del superamento di una poesia solipsistica: la vecchia “torre’’
(in cui si era isolato) si è trasformata in un “campanile’’ che si allunga su se stesso
per tuffarsi nella vita, come in The spire cranes (Il campanile si allunga).
Siamo di fronte ad una drammatizzazione dell’itinerario individualizzato del
poeta, del suo soliloquio, nel senso di coinvolgimento di una più vasta area di esperienza, dell’intento di incominciare a rivelare come il “me stesso” sia i “me stessi”,
vittime di una tragica realtà, come dirà qualche anno dopo in Ceremony after a fire
raid (Cerimonia dopo un bombardamento): Myselves /The grievers / Greve / Among
the streets burned to tireless death (vv. 1-4).51
Il motivo della morte in opposizione alla vita che, in The force that through
the green fuse drives the flower, come si è visto, è anche responsabile del grido di
dolore represso del soggetto lirico, permane e viene approfondito in Twenty-four
50
“Qual è il metro del dizionario? La misura / Della genesi? Il genere della breve scintilla? / Ombra
informe? Forma dell’eco del Faraone/ (La mia forma d’età che molesta il bisbiglio ferito ). / Quale sesto di
vento spense i brucianti possidenti? / ( le domande sono gobbe per il midollo dell’attizzatoio). / Che dire di
un uomo di bambù fra i tuoi acri di terra? I recinti di ossa sono un busto per un ragazzo contorto?”
51
(“Me stessi / Coloro che piangono / Piangono / Fra strade arse sui roghi di instancabile morte”).
165
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
years (poesia scritta da Thomas in occasione del suo compleanno),52 alla luce di
questo nuovo modo di fare poesia da parte di Thomas, soprattutto nell’intento di
costruire un rapporto con il mondo degli uomini.
Però, il tema vita-morte, che è certamente uno dei più ricorrenti della poesia
thomasiana e soprattutto di quella della prima stagione, assume in Twenty-four
year,come si vedrà, il significato metaforico di morte- in- vita.
In questa poesia Thomas cerca di descrivere ogni fase del processo della vita,
iniziando dalla prima esperienza di vita del nascituro nel grembo materno, per concludere con il viaggio indifferibile dalla vita verso la morte.
Sul tema di fondo della poesia costituito proprio dal processo della vita dal
grembo materno alla tomba, si innesta la concezione della nascita come iniziazione
alla morte, ma anche, come si vedrà, della morte come rigenerazione, rinascita.
Twenty –four years è una poesia breve di nove versi, che consiste di tre enunciati principali e di un quarto che possiamo definire sussidiario:
Twenty- four years remind the tears of my eyes.
(Bury the dead for fear that they walk to the grave
in labour).
In the groin of the natural doorway I crouched like a tailor
Sewing a shroud fora journey
By the light of the meat-eating sun.
Dressed to die, the sensual strut begun,
With my red veins full of money,
In the final direction of the elementary town
I advance for as long as forever is.53
I tre enunciati principali hanno una disposizione speculare: il primo, “Twentyfour years remind the tears of my eyes”(v.1), annuncia il compleanno; il secondo, “In
the groin of the natural door way I crouched like a tailor / Sewing a shroud for a
journey “(vv. 3-4), mette in rilievo l’attività del nascituro nel grembo materno; il terzo,
“I advance for as long as forever is” (v.9), descrive il viaggio verso la meta conclusiva.
La disposizione speculare di questi enunciati va vista nel fatto che essi sono
collegati fra loro anche se il primo può sembrare avulso dagli altri due. In realtà
l’annuncio lapidario del compleanno, contenuto nel primo enunciato, ha luogo nel
ricordo delle lacrime, e quindi crea l’atmosfera di tristezza che pervade anche gli
altri due enunciati.
52
La poesia fu inviata a Vernon Watkins il 24 ottobre 1939, tre giorni prima del compleanno del poeta; fu
raccolta poi in The Map of Love, pubblicato lo stesso anno.
53
Ventiquattro anni rammentano le lacrime degli occhi./ (Sotterra i morti per paura che vadano alla tomba
in travaglio) /Nel vano della porta naturale stavo accosciato come un sarto /A cucire un sudario per un viaggio / Alla luce del sole mangiatore di carne. / Vestito per morire, il sensuale incedere iniziato, / Con le mie
rosse vene zeppe di soldi , / Nella direzione conclusiva della città elementare, / Io vado avanti quanto è lungo
il sempre”.
166
Gaetano Zenga
L’occasione del compleanno diventa triste riflessione sulla nascita che è strettamente ed ineluttabilmente legata alla morte.
Il quarto enunciato, “Bury the dead for fear tha they walk to the grave in
labour” (v.2), che costituisce una sorta di “epigrafe’’ fuori testo, per il suo significato, è decisamente in linea con gli altri enunciati.
La funzione linguistica prevalente è quella emotiva, rappresentata dal pronome di prima persona I (2 occorrenze) e dall’aggettivo possessivo my (anche 2 occorrenze). Ciò significa che l’io lirico è direttamente coinvolto nelle azioni come
protagonista. Infatti, egli si serve di un flash-back, per evocare la sua vita fetale nel
grembo materno54 e di un flash-forward per prefigurarsi e descrivere il suo viaggio
verso la tomba.
Il secondo verso presenta la funzione conativa nella seconda persona singolare dell’imperativo esortativo del verbo bury. Comunque, è sempre l’io lirico ad
essere coinvolto direttamente anche in questa azione, in quanto soggetto attivo dell’esortazione.
È significativo, che il verso d’apertura, in una poesia che celebra il compleanno e che fa generalmente prefigurare un’atmosfera di festa, faccia riferimento alle
lacrime degli occhi del soggetto lirico, e che il secondo verso presenti termini come
“morti’’ e “tomba’’.
Questi termini contenuti nell’ “epigrafe’’ rappresentano una sorta di premessa al tema della morte strettamente legato al tema della vita e spiegano anche il
perché delle lacrime del verso precedente: sono lacrime che ricordano al soggetto
lirico, proprio nel giorno del suo genetliaco, l’ineluttabilità della morte.
Infatti, nei versi successivi, viene subito presentata l’immagine del nascituro
che prima ancora di venire al mondo è intento a cucire il suo sudario del viaggio
verso la morte: “Sewing a shroud for a journey” (v. 4).
A livello connotativo si stabilisce un rapporto di trasposizione figurale tra i
“morti’’ e il “sudario’’: in opposizione, ma anche in complementarità con i termini
“compleanno’’ (termine mai nominato ma alluso) e “viaggio’’, che sono espressione
di vita, ma anche presagio di morte.
La similitudine, presente nell’enunciato “I crouched like a tailor/Sewing a
shroud” (vv. 3-4), che paragona il soggetto lirico, ancora nel grembo materno, a un
sarto, mette in risalto la perizia con la quale il nascituro cuce il suo “sudario’’ di
morte.
Il soggetto poeta vuole affermare che ogni nascituro conosce perfettamente
come cucire il proprio sudario in quanto obbedisce ad un istinto naturale congenito: l’atto di cucire diventa così un gesto meccanico per tutti i nascituri.
54
Anche in The tombstone told when she died (La lapide diceva quando è morta), poesia inviata a Vernon
Watkins nel 1938, l’io lirico adulto racconta la sua esperienza vissuta da nascituro, quando vede proiettato,
come in un “film accelerato’’, sul “muro mortale’’ dell’utero materno il suo sudario di morte: I who saw in a
hurried film /Death and this mad heroine / Meet once on a mortal wall “(vv. 21-23) Io che vidi in un film
accelerato /La morte e questa folle eroina /Incontrarsi una volta sopra un muro mortale”.
167
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
La sottile ironia di Thomas si coglie nel duplice significato del termine shroud
inteso, a livello denotativo (superficiale), come lenzuolo funebre, e a livello connotativo (profondo), come corpo, sudario dello spirito.55
Si stabilisce così un rapporto di trasposizione figurale tra il corpo, sudario
dello spirito, e il lenzuolo funebre, in quanto il lenzuolo funebre alla morte avvolgerà il corpo che in vita avvolge lo spirito.
Il fatto che un termine possa avere più significati, come è stato visto più volte
per Ears in the turrets hear e per The force that through the green fuse drives the
flower, costituisce una caratteristica del linguaggio thomasiano,56 che è un linguaggio privo dei propri significati convenzionali, fatto di termini ambigui distorti, volti ad acquisire nuove potenzialità di significati multipli.57
Il doppio senso di un termine permette a Thomas di usare la sua sottile ironia, si pensi, ad esempio, al duplice significato di journey (v.4), che indica sia il
viaggio dal grembo materno alla vita, che il viaggio dalla vita verso la morte, o ai
vari significati di labour (v.2), che può indicare pena, fatica, travaglio. Infatti, è proprio il significato di labour come travaglio, che fa pensare alle doglie del parto,58 in
linea con il tema nascita-morte della poesia.
Si consideri, inoltre, il duplice significato di groin (v. 3) nell’espressione “In
the groin of the natural doorway”: evidente metafora per il ventre materno nell’atto della nascita, resa più esplicita dal fatto che groin, oltre al significato di ingresso,
vano, ha anche quello di inguine. Questa metafora rappresenta, quindi, la continuità figurale di labour, del verso precedente, nel significato di “doglie del parto’’.
E ancora il termine doorway, specificato dal lessema attributivo natural , per
la sua valenza doppia sul piano connotativo, costituisce un’immagine centrale della
poesia.
Infatti, impiegando lo schema topologico di Lotman, possiamo vedere che
“la porta naturale” conduce a due spazi principali: quello interno protetto dell’utero materno (IN) e quello esterno amico della vita (ES1). Ma, “la porta naturale”
oltre che alla vita si apre ad un altro spazio esterno nemico (ES2) mai nominato,
eppure costantemente presente a livello profondo, quello della tomba. In questa
ottica spaziale, la vita assume il significato di aspettativa della morte.
Un’altra immagine centrale, con valenza doppia sul piano connotativo (profondo), è costituita dal lessema tailor (v.3). Infatti, sul piano detonativo (superficiale),
55
Il termine shroud, con questo particolare significato di corpo come sudario dello spirito, che riguarda il
nascituro nel grembo materno, ricorda: I, born of flesh and ghost (v.37 “Io, nato di carne e spirito”), di Before
I knocked (Prima che io bussassi), poesia che Thomas compose nel 1933, e che tratta anche il tema della
nascita legata all morte.
56
Per un ulteriore approfondimento del linguaggio thomasiano, cfr. G. ZENGA, L’evoluzione della poesia di
Dylan Thomas: dall’ ‘io’ all’uomo..., cit., pp.190-191.
57
Elder Olson ha criticato le forzature del linguaggio operate da Thomas, perchè, a suo giudizio esse non
gli consentono di capire se un termine è inteso in senso letterale o metaforico. Cfr.Elder OLSON, The poetry of
DylanThomas, Chicago, The University of Chicago Press,1954.
58
Nel linguaggio corrente, l’espressione to be in labour significa avere le doglie.
168
Gaetano Zenga
tailor significa soltanto il “sarto’’, mentre sul piano connotativo il “sarto’’ è il “feto
rannicchiato’’ intento a cucire e allo stesso tempo si identifica anche con la “Parca’’
che recide il filo della vita.59
Se “sarto’’ può avere il significato di “Parca” è perché si stabilisce un rapporto di trasposizione figurale tra “sarto’’ e “sudario’’ nel significato di lenzuolo funebre e quindi di morte.
Le tramature dei rapporti di trasposizioni figurali, stabilitesi tra i “morti” e il
“sudario’’, tra il “corpo, sudario dello spirito’’ e il “lenzuolo funebre’’, tra il “sarto’’
e il “sudario”, oltre ai significati duplici e a volte anche multipli di alcuni termini,
servono ad enfatizzare il tema chiave vita-morte e a rafforzare la coesione tra gli
enunciati.
Il sintagma Dressed to die (v.6) è la continuazione del senso espresso dal lessema
shroud (v.4), del quale può essere considerato sinonimo in forma di perifrasi.
Però, mentre l’io lirico, parlando del “sudario” che egli cuce da nascituro all’interno del grembo materno, fa riferimento, con ironia, ad un generico viaggio (anche se è molto evidente che è il viaggio verso la morte, come fa pensare il “lenzuolo
funebre”, egli non lo specifica) che egli farà nel futuro, dopo aver lasciato il grembo
materno. L’unica determinazione concernente il viaggio è che esso avverrà: By the
light of the meat-eating sun (v.5). Al contrario, quando egli riferisce di essere “Tutto
elegante per morire”, non solo fa capire di essere fuori del grembo materno, ma indica anche il suo “sensuale incedere” verso la “meta conclusiva, la città elementare”.
Il termine composto meat-eating sun è un neologismo creato da Thomas ed
è metafora per la morte-in-vita: a livello denotativo il termine indica gli uomini
uccisi dal calore intenso del sole, ma a livello connotativo rappresenta la vita come
inferno: tutti i mali della vita moderna.
L’espressione “With my red veins full of money”(v.7) è una chiara metafora
del benessere che esprime la sottile ironia con la quale Thomas mette in risalto
l’inutilità del denaro di fronte alla morte, anche se si tratta di morte-in-vita. Tale
ironia si coglie anche nel fatto che, sul piano denotativo, il lessema veins, significa
parte del “corpo, sudario dello spirito”, mentre sul piano connotativo indica il
soppanno del “sudario”, inteso come “lenzuolo funebre”.
Il significato di veins, come “imbottitura di soldi”, rimanda di nuovo al sarto che
l’ha confezionata e che nel suo ruolo crudele di “Parca” ne ha deciso la distruzione.
La vita si identifica per ogni uomo con l’ “I advance” (v.9) ossia l’ “incedere
da solo” nel proprio vestito verso la morte.
In questa ottica, il vivere si riduce, quindi, ad un andare avanti per “quanto è
lungo il sempre” come esplicitamente afferma l’io lirico nell’ultimo verso, enfatizzando ironicamente il finito “sempre” della vita stessa.
A livello connotativo, però, il viaggio della vita verso “la meta conclusiva, la
città elementare” va visto verso una fine che è un principio, in quella “direzione del
59
Per l’interpretazione del “sarto’’ come “feto rannicchiato’’ e come “Parca’’, cfr. Francesco BINNI, Dylan
Thomas, Firenze, La Nuova Italia (Il Castoro), 1972.
169
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
principio” che è il titolo di un racconto, uno splendido poème en prose di Thomas.
È significativo che i racconti scritti da Thomas in questo periodo, sette dei
quali volle includere in The Map of Love, presentino le stesse tematiche, gli stessi
simboli delle poesie, la stessa relazione tra sogno e realtà, ed infine la stessa intensa
aspirazione di vivere in un mondo migliore ed innocente.
Si consideri, ad esempio, in The Visitor l’esperienza di Peter, che morendo
vive la continuità tra vita e morte, e l’illusione da morto di essere vivo o da vivo di
essere morto.
Se il viaggio della vita si muove verso una fine che è un principio, il senso
unico originario, obbligato del viaggio verso la morte, in Twenty-four years, acquisisce, quindi, un doppio senso, in quanto la morte non rappresenta il ramo finito
della vita, ma il suo nuovo inizio e quindi la sua rinascita.
A questo punto, il tema chiave della poesia, la nascita come inizio della morte, l’equivalenza womb-tomb (utero-tomba), che Thomas mutuò da John Donne,
va inquadrato in una interpretazione più profonda della poesia stessa.
Per comprendere il vero significato dato da Thomas al viaggio verso la morte, possiamo considerare, ad esempio che lo stesso motivo che lega il processo del
vivere al luogo della morte, ricorre anche in Poem on his birthday (Poesia per il
proprio compleanno) scritta molti anni dopo,60 in cui, in merito alla “meta conclusiva”, l’io lirico afferma: Dark is a way and light is a place.../But dark is a long way
(vv.48-63).61
Questi versi possono rappresentare, rispetto alle prime poesie che trattano
anche il tema vita-morte, il progresso graduale, ma continuo compiuto dall’immaginazione poetica(peraltro già ben presente in Twenty-four years), che considera il
viaggio in direzione della “città elementare”: un viaggio che è tenebra e alla fine si fa
luce, sebbene la tenebra duri a lungo.62
Anche se con fatica, però, l’io lirico (in Poem on his birthday) compie con
fiducia questo tragitto: Who slaves to his crouched eternal end / Under a serpent
cloud (vv.31-32).63 Egli, comunque, è consapevole che il tragitto verso la “città elementare” è tenebra, ma quando vi giunge può godersi una luce immensa.
A mio parere, è in questa ottica di tenebra-luce che va visto anche il viaggio
compiuto in Twenty-four years dall’io lirico, in direzione della “città elementare”:
viaggio nella tenebra per la conquista della luce.
La morte, quindi, diventa metafora della morte-in-vita, ossia della morte spirituale dell’uomo moderno, vittima delle sue angosce, delle sue frustrazioni, della
60
La poesia, che è dell’estate del 1951, fu pubblicata in «World Review», n.s. XXXII (1951), ottobre, e
venne poi raccolta in Country Sleep.
61
“La tenebra è una via, la luce è un luogo.../ Ma è una lunga via la tenebra”.
62
I primi segni di questo nuovo percorso immaginativo possono essere già colti in And death shall have no
dominion (E la morte non avrà dominio), poesia scritta nel 1933, in cui viene celebrata la resurrezione ad
opera della natura: il “nulla si crea e nulla si distrugge”.
63
“Egli che si affatica verso l’eterna, rannicchiata fine / Sotto una nuvola serpente”.
170
Gaetano Zenga
sua alienazione, della sua crisi esistenziale,64 causate dalla perdita dei valori etici e
religiosi tradizionali.65
La morte-in-vita rappresenta la “caduta” dell’uomo, in senso biblico, che gli
ha fatto perdere la felicità goduta nell’Eden.
Infatti, è, il simbolismo biblico della creazione, caduta e rigenerazione (redenzione) che informa Twenty-four years.
Non si tratta di una forzatura interpretativa, poiché Thomas ha sempre ammesso che l’intero sviluppo della sua poesia trae ispirazione dal simbolismo biblico.
A ragione, nel suo commento critico a Twenty-four years, Binni osserva con
acutezza: “l’io vive della continuità tra il proprio ingresso nel mondo e la determinazione di patirne tutta la mortalità ma anche di trascenderla nel ritorno all’innocenza originaria”.66
La poesia propone, quindi, metaforicamente il ritorno dell’uomo all’ “innocenza blakiana”, che segna la sua rinascita spirituale, il ritorno alla luce dopo aver
fatto esperienza della tenebra (del male) nel tunnel della morte-in-vita che è tormento, sofferenza.
È un difficile cammino di espiazione, di purgazione, di liberazione dal male
per riconquistare l’innocenza dell’ Eden.
Twenty-four years rivela, quindi,una visione mitica rigeneratrice in linea con
la visione mitica del mondo dei grandi romantici William Blake e Samuel Taylor
Coleridge.
È proprio questa visione mitica che informa la poesia di Thomas a connotare
la sua vocazione romantica e a distinguerlo dai poeti contemporanei che, a suo giudizio, mostrano un’inclinazione neoclassica.
La visione mitica rigeneratrice di Twenty-four years, oltre a presentare delle
affinità con gli stati di innocenza e di esperienza celebrati da Blake,67 si coniuga
idealmente con il tema del viaggio di espiazione compiuto dal vecchio marinaio, in
The rime of the ancient mariner di Coleridge, dopo aver fatto esperienza del male,
uccidendo soltanto per capriccio l’albatro.
64
L’idea del viaggio metaforico dal grembo materno verso la morte–in-vita è già espressa da Thomas in una
lettera del 1934 in cui descrive la vita come prigione:«La vita scorre davanti alle finestre e io la odio ancor di
più di minuto in minuto [...] Vedo i bambini non ancora nati faticare su per la salita entro le loro madri,
battendo contro il lastrone imprigionante dell’utero, senza rendersi conto che è una più presuntuosa prigione
quella in cui vorrebbero emergere...» (Lettera a Pamela Hansford Johnson).
65
T. S. Eliot in The Waste Land mostra grande stupore che tanti uomini siano colpiti dalla morte in vita: A
crowd flowed over London Bridge, so many, / I had not thought death had undone so many (vv.63-64). “Una
gran folla fluiva sopra il London Bridge, così tanta, / Che io non avrei mai creduto che morte tanta ne avesse
disfatta”.
66
F. BINNI, Dylan Thomas..., cit., pp. 56-57.
67
William Blake in Songs of Innocence e in Songs of experience presenta rispettivamente i due opposti stati
dell’animo umano: l’innocenza e l’esperienza. L’innocenza è la condizione di suprema felicità e libertà, si
identifica con lo spirito puro della fanciullezza, e ha come simbolo l’agnello; l’esperienza, che significa esperienza del male e della schiavitù, causati dalle leggi e dalle istituzioni dell’uomo, ha come simbolo la tigre.
171
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
Alla luce del viaggio di espiazione che continua fino alla “città elementare”
dove avrà inizio la rinascita dello spirito, si comprendono meglio alcuni aspetti
della poesia. Il sudario che accompagna il soggetto lirico dalla vita alla morte può
esser visto come la metafora di tutti i mali che gli hanno causato il dramma della
morte-nella-vita; le lacrime ricordate dal soggetto lirico nel giorno del suo compleanno sono l’espressione concreta della sua sofferenza causata dalla sua crisi esistenziale, dalla sua morte- in-vita. E ancora, si può tentare un’interpretazione dell ‘ambiguo enunciato “Bury the dead for fear they will walk to the grave in labour” (v.2),
la cui ambiguità è enfatizzata dall’assonanza dei due termini chiave grave /
labour,considerando il lessema grave sia come termine del viaggio della morte-invita che come inizio della rinascita.La necessità di sotterrare i morti-in-vita perché
non arrivino alla tomba con le “doglie”, può essere interpretata come: tenere sepolta la coscienza dei morti-in-vita, perché la sua purificazione si compia in maniera
completa nel tempo, così la rinascita alla vita spirituale non avvenga con tormento,
ma sia un graduale risveglio.
6. Perché non piangere la morte di una bambina uccisa da una bomba
A refusal to mourn the death, by fire, of a child in London (Rifiuto di piangere la morte tra le fiamme d’una bambina di Londra)68 appartiene a Deaths and
Entrances, il volume di poesie pubblicato nel 1946.
La poesia segna il passaggio del motivo della morte-in-vita dell’umanità, trattato in Twenty-four years, alla descrizione di una morte reale: una bambina uccisa da
una bomba a Londra durante un bombardamento della seconda guerra mondiale.
È significativo che A refusal to mourn the death,by fire, of a child in London,
come Among those killed in the dawn raid was a man aged a hundred (Tra le vittime dell’incursione all’alba c’era un uomo di cent’anni)69 e Ceremony after a fire
raid siano state scritte in occasione dei bombardamenti di Londra e presentino,
quindi, il tema della morte legato all’avvenimento storico della seconda guerra
mondiale.
Di certo, lo scoppio della seconda guerra mondiale non lasciò indifferente
Thomas che con le poesie scritte in occasione dei bombardamenti volle manifestare
la sua partecipazione alle sofferenze degli uomini.
Le poesie di Deaths and Entrances, da una parte, mostrano l’indignazione di
Thomas per la tragedia della guerra e per ogni forma di violenza del mondo moderno, ma dall’altra, anche molta serenità interiore che gli permette, come si vedrà, di
celebrare l’amore come sentimento di fratellanza universale in This side of the truth
68
La poesia fu inviata a Vernon Watkins con una lettera del 28 marzo 1945, fu pubblicata in «New Republic»,
CXII (1945), 20 (14 maggio), e venne successivamente raccolta in Deaths and Entrances.
69
La poesia fu pubblicata in «Life and Letters To-day», XXX (1941), 48 (agosto), e venne poi raccolta in
Deaths and Entrances.
172
Gaetano Zenga
(Questo lato della verità)70 e di esaltare l’innocenza della fanciullezza in Fern Hill
(Colle delle felci).71
Quindi anche l’evento bellico contribuì all’evoluzione della poesia thomasiana
che si fece meno solipsistica nei confronti del mondo e manifestò l’esigenza di rivolgersi ad un pubblico più vasto, nell’intento di costruire una relazione con gli uomini.
Le poesie scritte successivamente a quelle pubblicate in The Map of Love
mostrano che la tematica si è ampliata e non insiste più sul motivo quasi esclusivo
della morte-in-vita trattato spesso in maniera astratta. Al contrario, in queste poesie il motivo della morte è legato a persone viste realmente vivere o morire.
Possiamo dire che il processo evolutivo della poesia thomasiana, cui si è fatto
cenno in precedenza a proposito delle poesie di The Map of Love, si è gradualmente compiuto, anche se la tecnica compositiva non rivela cambiamenti notevoli.
A refusal to mourn the death,by fire, of a child in London, è una poesia breve,
costituita da quattro sestine che presentano uno schema di rima alternata (abcabc,
defdef, gbigbi, bcbbcb):
Never untill the mankind making
Bird beast and flower
Fathering and all humbling darkness
Tells with silence the last light breaking
And the still hour
Is come of the sea tumbling in harness
And I must enter again the round
Zion of the water bead
And the synagogue of the ear of corn
Shall I let pray the shadow of a sound
Or sow my salt seed
In the least valley of sackcloth to mourn
The majesty and burning of the child’s death.
I shall not murder
The mankind of her going with a grave truth
Nor blaspheme down the stations of the breath
With any further
Elegy of innocence and youth.
Deep with the first dead lies London’s daughter,
Robed in the long friends,
70
La poesia fu inviata a Vernon Watkins il 28 maggio 1945, pubblicata in «Life and Letters To-day », XLVI
(1945), 95 (luglio) e raccolta in Deaths and Entrances.
71
La poesia fu pubblicata la prima volta in «Horizon», XII (1945), 70 (ottobre) e venne poi raccolta in
Deaths and Entrances.
173
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
The grains beyond age, the dark veins of her mother,
Secret by the unmourning water
Of the riding Thames.
After the first death,there is no other.72
La poesia è un lamento funebre per la morte di una bambina, che il soggetto
poeta forse non conosceva, uccisa durante un bombardamento di Londra.
La bambina non è descritta né fisicamente né psicologicamente, probabilmente perché il soggetto lirico si rifiuta di piangere la sua tragica morte. Gli unici tratti
che la distinguono sono: “la maestà della sua morte” (v.13) causata dal fuoco (come
viene specificato dal titolo e dal verso 13); il luogo della morte, Londra (che viene
indicato nel titolo e nel verso19); il luogo di sepoltura (definito nei versi 19 e 23).
Il tema chiave della poesia è costituito dal rifiuto del soggetto lirico di piangere la morte tragica della bambina; tale rifiuto è sostenuto dall’idea che la morte
significa ritorno di tutte le cose, animali, vegetali, umane alla loro prima origine, in
quella “oscurità primordiale”, che come si vedrà, rappresenta la personificazione
della forza che dà la nascita e la vita a tutte le creature viventi.
La prima impressione offerta dalla poesia è la fredda e sorprendente indifferenza dell’io lirico di fronte all’orrore di una bambina che muore bruciata dalle
fiamme di una bomba, ma si vedrà che non è così.
Le funzioni linguistiche impiegate sono quella emotiva, espressa dal pronome di prima persona I (3 occorrenze), che rappresenta il soggetto lirico, e dal possessivo my (1 occorrenza) anch’esso riferito al soggetto lirico, e quella referenziale
o di terza persona che descrive la realtà del mondo naturale e il luogo di sepoltura
della bambina.
Anche se a primo acchito la poesia mostra una disposizione speculare delle
funzioni del linguaggio nelle stanze, in quanto la prima e la quarta stanza presentano soltanto la funzione referenziale, come la seconda e la terza presentano soltanto
la funzione emotiva, occorre dire che l’azione del soggetto lirico investe anche la
prima stanza come conferma il lungo periodo che si estende dal primo al tredicesimo
verso e unisce, senza alcuna pausa, la prima, la seconda e l’inizio della terza stanza.
Infatti, è il soggetto lirico che fa una dichiarazione definitiva: egli non piangerà
mai la morte della bambina finché non si verificheranno certe condizioni, che sono
quelle espresse chiaramente da: all humbling darkness / Tells with silence...(vv.3-4).
72
“Mai, finché il buio che la specie umana / Uccelli bestie e fiori /Genera e tutto umilia non racconti / Con il
silenzio l’ultima luce apparsa / E l’ora della quiete /Sarà giunta dal mare che cadrà imbrigliato / E io dovrò
rientrare nella sferica / Gerusalemme della perla d’acqua / E nella sinagoga della spiga di grano,/ Mai lascerò
pregare l’ombra d’un suono o spargere / Il mio seme salato / Nella minima valle d’un saio per piangere / La
maestà e le fiamme della morte di questa bambina. / Io non massacrerò / L’umanità della sua fine con una grave
verità / Né starò a bestemmiare la via crucis del fiato / Con un’altra / Elegia d’innocenza e giovinezza. / Giù, con
i primi morti, giace la figlia di Londra, / Dei lunghi amici rivestita, / I grani senza età, le oscure vene di sua madre,
/ Segreta presso l’acqua che non piange / Del galoppante Tamigi. / Dopo la prima morte, non ce ne sono altre”.
174
Gaetano Zenga
È significativo che l’annuncio che farà “l’oscurità primordiale”(darkness) sarà
un annuncio che avverrà “nel silenzio”. Il silenzio, infatti, sarà in linea con l’annuncio stesso in quanto riguarderà la fine del mondo (quando cesserà ogni forma di
vita, di attività, e non ci saranno più suoni o rumori di alcun genere), caratterizzata
da due immagini apocalittiche : la scomparsa definitiva della luce “the last light
breaking” (v.4) e lo sprofondamento del mare “the sea tumbling in harness” (v.6).
Il soggetto lirico intende dire che “non piangerà mai” per la morte di un
essere umano finché nel mondo non ci sarà buio completo e il mare non sarà scomparso con le sue maree (condizioni essenziali per il suo pianto).
D’altro canto, la presenza dell’io lirico anche nella prima stanza è confermata
dalla posizione dell’avverbio never (v.1) che si trova in questa stanza , ma che regge
il sintagma verbale “shall I let pray” (v.10) della seconda stanza, e costituisce con
esso un attacco enfatico a sostegno della ferma intenzione dell’io lirico stesso: il
netto rifiuto di piangere “the majesty and burning of a child’s death” (v.13).
Il periodo lungo, di tredici versi, introdotto da never e continuato poi da
until (v. 1)crea l’atmosfera di unità che rispecchia l’atteggiamento dell’io lirico verso la tragedia della bambina uccisa da una bomba.
La prima stanza costituisce la prolessi dell’azione dell’io lirico annunciata
nella seconda stanza dalla proposizione principale “shall I let pray” e mette in rilievo l’importanza del ruolo del lessema darkness, l’ “oscurità primordiale”.
Infatti, il lessema darkness (v. 3), che è il soggetto di making (v.1), di fathering
(v.3) e di humbling(v.3), è la metafora che indica l’ “oscurità primordiale”,
personificazione della forza responsabile dell’origine e della fine della vita (come la
forza di The force that through the green fuse drives the flower), forza che è genesi
ed apocalisse, alla quale ritornano tutte le cose dopo la loro morte.
Questa interpretazione è possibile per il duplice significato che viene ad assumere il termine darkness in quanto soggetto delle voci verbali making e fathering che
indicano rispettivamente creazione e riproduzione (e perciò conferiscono a darkness il
significato di forza generatrice) e della voce verbale humbling che esprime la metafora
della morte (e quindi trasmette a darkness il significato di forza distruttrice) in quanto
sul piano figurale indica con ironia l’umiliazione subita da tutte le cose viventi, allorché
vengono distrutte, proprio come se fossero state sconfitte da un avversario.
Il senso della genesi, della vita espresso da making e fathering, ha come
correlativo sonoro l’omofonia dell’assonanza delle due voci verbali, la sequenza
allitterativa espressa dalla bilabiale /m / in mankind making e dall’arcatura allitteativa
espressa dalla spirante sorda / f / in flower fostering.
È opportuno notare che Thomas affronta il tema della morte e della rinascita
anche in And death shall have no dominion, in cui descrive il ritorno dell’uomo al
mondo dal quale proviene, e la sua resurrezione fisica e spirituale:
Dead men naked they shall be one
With the man in the wind and the west moon;
When their bones are picked clean and the clean bones gone,
175
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
They shall have stars at elbow and foot;
Though they go mad they shall be sane,
Though they sink through the sea they shall rise again; (vv. 2-7)73
Il poeta afferma che i morti con le loro “ossa spolpate” si ricongiungeranno
al vento e alle stelle in una rinascita comune; l’uomo può essere vuoto nello spirito
alla sua morte, ma subito dopo risorgerà spiritualmente sano.
I versi mostrano la complementarità fra questa poesia e A refusal to mourn
the death, by fire, of a child in London.
I primi tre versi della seconda poesia, proprio per i significati di creazione, di
riproduzione e di morte conferiti rispettivamente dalle voci verbali making, fathering
e humbling a darkness, stabiliscono una relazione tra la morte e il rinnovamento
ciclico della natura.
Anche le voci verbali breaking (v.4) e tumbling (v.6), come humbling, esprimono il senso della distruzione e dell’apocalisse ed indirettamente sono legate a
darkness, perché è quest’ultima che deve annunciare che queste azioni apocalittiche
hanno avuto luogo.
A questo punto è opportuno sottolineare che proprio il paradigma dell’apocalisse costituito dalle voci verbali humbling, breaking e tumbling, permette di vedervi un’allusione dell’io lirico al Giudizio universale, allusione che gli consente di
affermare che nessun uomo deve piangere la morte di un altro essere finché non ci
sarà il Giudizio universale, con il quale “la morte non avrà più dominio”.
Il senso di distruzione espresso da breaking e tumbling ha come correlativo
fonico il martellamento dell’arcatura allitterativa della sibilante sorda / s / in tells,
silence, last, still, sea, harness e della liquida /l/ in tells, last, light, still, tumbling.
Thomas usa quindi due catene isotopiche contrastanti: quella della vita espressa
da making e fathering e quella della morte espressa da humbling, breaking e tumbling.
È significativo che le metafore della vita, della morte o della distruzione siano espresse da forme gerundive, la cui omofonia delle assonanze mette in risalto la
loro somiglianza o opposizione di significato, e stabilisce, comunque, un forte legame tra loro.
La speculare disposizione delle forme gerundive, la speculare disposizione
della rima, il cui schema “abcabc” stabilisce una rima abbracciata, le arcature
allitterative, l’uso continuo dell ‘enjambement, mettono in risalto l’unità e la coesione della prima stanza, ed enfatizzano il ruolo dell’ “oscurità primordiale”.
La seconda stanza si incentra sull’azione principale dell’io lirico espressa dai
sintagmi verbali “Shall I let pray” (v.10) e “or (shall I ) sow” (v.11) che si collegano
all’infinito to mourn (v.12).
73
“I morti nudi saranno una cosa / Con l’uomo nel vento e la luna d’occidente; / Quando le loro ossa
saranno spolpate e le ossa pulite scomparse, / Ai gomiti e ai piedi avranno stelle;/ Benché impazziscano saranno sani di mente, / Benché sprofondino in mare risaliranno a galla”.
176
Gaetano Zenga
Le due immagini “And I must enter again the round / Zion (vv.7-8) e “And
the synagogue74 of the ear corn” (v.9) sono immagini di chiara ispirazione biblica e
di grande importanza religiosa.
Anche “the least valley of a sackloth” (v.12), che è la metafora della peniten75
za, rappresenta un’altra immagine biblica e religiosa.
I termini water e corn, che hanno valenza positiva, perché rispettivamente
simboli della rigenerazione e della vita, e dell’abbondanza, si oppongono metaforicamente al paradigma della distruzione e dell’apocalisse costituito da humbling,
breaking e tumbling della stanza precedente.
La sinestesia “the shadow of a sound” (v.10) che a livello connotativo indica
il minimo sforzo (l’ombra) per articolare una parola (suono), legata al sintagma
verbale “Shal I let pray” dipendente da never, ma che si collega, come si è visto,
anche a to mourn, forma una sola metafora per significare che il soggetto lirico non
ha alcuna intenzione di piangere per la bambina.
I termini sow, (salt) seed, valley fanno pensare, a livello denotativo, al “seminare il seme (salato) in un campo” per “un futuro raccolto”. Tenendo presente che
il sintagma my salt seed (v.11) è metafora per lacrima e che tutto l’enunciato “or sow
my salt seed /In the least valley of sackloth” (vv.11-12) dipende da never, si comprende che il soggetto lirico enfatizza con queste immagini l’inutilità del pianto e
della penitenza, perché seminare il “seme salato” nelle valli (pieghe) del saio (l’abito
della penitenza e del dolore) non produce alcun frutto per il futuro; che l’inutilità
del pianto ha come correlativo fonico la percussione allitterativa della sibilante sorda /s/.
Il rinvio del pianto significa effettivamente il suo annullamento; il soggetto
lirico intende dire che ci sarà un tempo in cui il piangere per la morte di un essere
umano non sarà più avvertito come opportunità pertinente. Ciò avverrà quando
l’atteggiamento dell’umanità verso la morte colmerà il vuoto esistente tra il processo organico naturale e l’interpretazione sociale di esso.
Inoltre, occorre notare che le immagini che rappresentano simboli religiosi
tradizionali, e che coinvolgono direttamente l’io lirico hanno una valenza altamente ironica. L’ironia dell’io lirico è espressa dalla voce verbale must che indica che,
entrare a Gerusalemme e nella sinagoga, indossare il “saio della penitenza”, sono
doveri morali, riti sacri imposti dalla tradizione.
Di certo, il soggetto lirico non accetta gli imperativi morali imposti dalla tradizione, egli lascia chiaramente intendere che: non andrà a Gerusalemme, né entrerà nella
sinagoga, né indosserà il “saio della penitenza” per compiangere “la maestà e le fiamme
della morte di questa bimba” (v.13). Infatti, egli è convinto della inadeguatezza dei riti
religiosi e dei pianti funebri tradizionali, per celebrare la morte della bambina.
74
La sinagoga, il termine che designa sia l’assemblea che il luogo di culto dell’ebraismo, fu istituita dopo
l’esilio babilonese (586-538 a.C.). Essa rappresenta il decentramento del culto, prima imperniato e incentrato
nell’unico tempio di Gerusalemme, reso possibile e necessario soltanto nell’esilio e nella diaspora.
75
Si pensi alla penitenza di S. Giovanni Battista nel deserto.
177
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
È proprio l’orrore della guerra che rivela al soggetto lirico l’inopportunità
dei simboli religiosi.
A livello profondo, l’atteggiamento del soggetto lirico mostra una velata ma sottile allusione, alla dissacrazione di questi simboli da parte dell’uomo, ogni volta che si
rende responsabile di guerre, di tragedie, le cui vittime sono spesso esseri innocenti
come la bambina uccisa dalla bomba (che la società vorrebbe piangere). Si può avere
anche l’impressione che il soggetto lirico intenda dire che i simboli religiosi vengano
strumentalizzati dagli uomini per giustificare immani tragedie come la guerra.
Thomas aveva fatto sua la lezione di W. Blake che in Songs of experience aveva
affermato che le leggi e le istituzioni del tempo (Chiesa inclusa) erano responsabili dei
mali della società76 e soprattutto della distruzione dell’innocenza del bambino.
Ora possiamo comprendere perché, in questo periodo, mentre Thomas prova
orrore per la violenza della guerra, scrive poesie che sono l’esaltazione dell’amore,
della fratellanza o dell’nnocenza, in opposizione all’istinto di distruzione e di morte.
Infatti, in This side of the truth, dedicata al figlio Llewylin, Thomas celebra
con estrema delicatezza il sentimento dell’amore:
And all your deeds and words,
Each truth, each lie,
Die in unjudging love (vv.34-36).77
L’amore viene considerato come sentimento di fratellanza universale, con il
quale si possono neutralizzare tutte le forme di rottura o di divisione.
Fern Hill, poesia scritta nello stesso anno di This side of the truth, rappresenta l’esaltazione del paesaggio dell’innocenza della fanciullezza:
Now as I was young and easy under the apple boughs
About the lilting house and happy as the grass was green,
The night above the dingle starry,
Time let me hail and climb
Golden in the heydays of his eyes,
And honoured among wagons I was prince of the apple towns (vv.1-6).78
Sono proprio il sentimento della fratellanza universale e lo stato dell’innocenza della fanciullezza, celebrati in queste poesie, che spiegano l’atteggiamento
del soggetto lirico, in A refusal to mourn the death, by fire, of a child in London, nei
confronti dei simboli religiosi e dei riti dissacrati dall’uomo.
76
Cfr. nota 67.
“ E ogni tuo atto o parola, / Ogni verità, ogni menzogna, / Muoiono nell’amore che non giudica”.
78
“Quando ero giovane e ingenuo sotto i rami del melo / Presso la casa armoniosa e felice come l’erba era
verde,/ La notte alta sulla valletta stellata, / Il tempo mi lasciava esultare e arrampicarmi/ Dorato nel fulgore
dei suoi occhi,/ E fra i carri ero il principe onorato delle città di mele”.
77
178
Gaetano Zenga
Per il soggetto lirico, continuare ad usare questi simboli e riti comuni, significherebbe profanare la “maestà” stessa della morte della bambina e la forza immortale della sua innocenza.
La terza stanza contiene due attacchi enfatici “I shall not murder” (v.14) e
“Nor (shall I ) blaspheme” (v 16) che costituiscono specularmente l’eco anaforica
degli attacchi enfatici “(Never) shall I let pray” (v.10) e “Or (shall I) sow” (v.11)
della seconda stanza e servono a enfatizzare l’atteggiamento negativo del soggetto
lirico verso simboli e riti religiosi tradizionali.
Il sintagma with a grave truth (v.15) indica una verità molto grave: la morte
tragica della bambina vittima innocente di quella violenza che secondo il soggetto
lirico ha dissacrato i simboli religiosi tradizionali. È una verità che la bambina si
porta nella tomba, come lascia intendere l’espressione “of her going with a grave
truth”; verità per la quale il soggetto lirico prova immenso dolore.
Tuttavia, per il soggetto lirico questa grave verità viene sublimata dalla sua
visione della morte: il ritorno, nel tempo, di tutte le cose viventi al mondo naturale
dal quale provengono.
Ciò può spiegare anche il motivo per cui l’io lirico non intende “opprimere
l’umanità” rinfacciandole “la grave verità”: i suoi errori (le guerre), che rendono,
perciò, inutili i suoi riti (il pianto per le vittime innocenti). Il rifiuto categorico
dell’io lirico “I shall not murder / The mankind of her going with a grave truth” ha
il suo correlativo fonico nella percussione allitterativa della nasale bilabiale sonora
/m/ e delle gutturali dure /k / e / g/.
Il simbolismo religioso è espresso dal sintagma “the stations of the breath”
(v.16), una evidente metafora della via crucis, ma “le stazioni del fiato” indicano
anche la metafora della vita in generale ed in particolare le sofferenze patite dalla
bambina mentre veniva bruciata dalle fiamme della bomba.
Ciò dimostra, ancora una volta, che il soggetto lirico non è indifferente alla
tragica morte della bambina, ma sente pietà per le sue sofferenze fisiche e le paragona alla via crucis del Cristo.
Questa nuova immagine religiosa rappresenta la continuazione delle immagini: “Gerusalemme”, la “sinagoga” e la “minima valle del saio”.
Di certo, il soggetto lirico intende affermare la superiorità sacra delle “stazioni del fiato” della bambina sulla tradizione delle stazioni della via crucis, come
della “perla d’acqua” sulla Gerusalemme consacrata dalla tradizione e della “spiga
di grano” sulla sinagoga, anch’essa consacrata dalla tradizione.
Si ha l’impressione che il soggetto lirico consideri tutti questi simboli e riti
religiosi invenzioni umane basate sull’ipocrisia e create per confondere i veri credenti e perciò non sono utili a ricordare la memoria della bambina morta tragicamente.
Ecco perché egli usa termini lapidari come murder e blaspheme coniugati al
negativo per affermare anche (oltre a quanto è stato già detto in merito al rifiuto di
opprimere l’umanità) che se egli continuasse ad usare i simboli e i riti religiosi tradizionali “massacrerebbe” l’umanità o “profanerebbe” le stazioni della via crucis.
179
L’impossibilità di comunicazione; il grido represso...
L’impiego della metafora della via crucis significa che il soggetto poeta ha
rispetto per la passione del Cristo sul Calvario, ma considera , il rito religioso delle
stazioni della via crucis una ipocrita strumentalizzazione, in contraddizione con le
sofferenze della bammbina vittima innocente della guerra.
Nella seconda stanza l’io lirico esprime il suo netto rifiuto di piangere per la
bambina morta, in questa stanza, invece, si rifiuta di comporre “any further / Elegy
of innocence and Youth”( vv.17-18).
La composizione di una nuova elegia rappresenterebbe chiaramente la profanazione della tenera età e dell’innocenza della bambina e delle sue “stazioni del
fiato”.
I termini murder (v.14) e further (v.17) costituiscono una rima obliqua con i
termini flower (v.2) e hour (v.5) della prima stanza e stabiliscono, quindi, una rima
abbracciata tra le due stanze, che mette in rilievo il loro legame psicologico: l’io
lirico, infatti, ha sempre presente il ruolo dell’ “oscurità primordiale” alla quale,
come si è visto, ritorneranno tutte le cose dopo la morte, ruolo messo in rilievo,
proprio nella prima stanza, dall’immagine apocalittica della fine del mondo.
La quarta stanza, o meglio i primi cinque versi di essa sono dedicati interamente al luogo di sepoltura della bambina. Il lessema attributivo deep nel suo significato letterale di profondo fa pensare piuttosto ad una fossa e non ad una tomba,
come luogo di sepoltura della bambina, e deve probabilmente trattarsi di una fossa
comune scavata come, tante altre, per l’occasione, durante la guerra, come fanno
pensare il sintagma “robed in the long friends” (v.20) (il corpicino della bambina
coperto dai cadaveri “più lunghi” degli altri morti) e il lessema attributivo secret
(22).
La bambina, come indica appunto secret, non è stata sepolta in un luogo pubblico, in un cimitero, ma in luogo appartato, “segreto”: forse proprio una fossa
comune scavata presso il Tamigi.
Il primo verso “Deep with the first dead lies London’s daughter” mette ancora una volta in risalto il tema chiave della poesia: il ricongiungimento della bambina ai primi morti per partecipare con essi alla comune rinascita finale, avvenimento che trova il suo correlativo fonico nella percussione della sequenza allitterativa
espressa dalla dentale sonora / d /.
I lessemi friends (v.20) e grains (v.21) meritano un’attenta considerazione per
i loro particolari significati: il primo esprime con estrema delicatezza i compagni di
sventura della bambina, anche essi vittime della guerra e perciò “amici” resi tali
dalla sorte; il secondo può avere una duplice valenza, infatti, può semplicemente
significare i “granelli di sabbia o di terra” che ricoprono la bambina sepolta, ma è
più probabile che indichi i “chicchi di grano”, che stabiliscono, quindi, un evidente richiamo al “grano” e all’ “acqua” della seconda stanza.
Così, i “chicchi di grano” con l’ “acqua” e il “grano” possono costituire un
unico asse paradigmatico della rigenerazione e quindi della rinascita della bambina.
L’interpretazione di grains come “chicchi di grano” è suffragata dalla locuzione
beyond age, metafora per l’eternità (immortalità): la rigenerazione (rinascita) dei
180
Gaetano Zenga
“chicchi di grano” è proiettata nell’eternità, in linea con l’ immortalità della bambina.
L’espressione “ the dark veins of her mother” (v.21) rappresenta l’unico tratto fisico di distinzione della bambina in quanto descrive appunto il “colore scuro
delle sue vene” che ricordano quelle di sua madre.
L’immagine “the unmourning water / Of the riding Thames “(vv.22-23)
rispecchia lo spirito della poesia, perché mette in risalto che anche la natura condivide con il soggetto lirico l’idea dell’inutilità di piangere per la bambina morta.
Come per la terza stanza anche per questa la rima rimanda ancora alla prima
stanza. La novità rispetto alla terza stanza è che ci sono soltanto due tipi di rime,
entrambe collegate con la prima stanza, e che una di queste è collegata anche con la
terza stanza stessa.
Infatti, i termini friends (v.20) e Thames (v.23) che fra loro costituiscono un
rima obliqua, a loro volta stabiliscono una rima obliqua con i termini darkness (v.3)
e harness (v.6) della prima stanza e quindi una rima abbracciata. Invece i termini
daughter (v.19), mother (v.21),water (v.22) e other (v.24) costituiscono una rima
abbracciata con i termini murder (v.14) e further(v.17) della terza stanza e con i
termini flower (v.2) e hour (v.5) della prima stanza.
La rima abbracciata unisce, quindi, a livello psicologico, questa stanza alla
terza e alla prima e si può dire anche alla seconda stanza considerato il lungo periodo che lega saldamente la prima alla seconda. Ciò a riprova della coesione fra le
stanze e l’unità psicologica che le pervade tutte, per mettere in risalto il motivo
chiave della poesia: il rifiuto di piangere per la bambina morta tragicamente, perché
la morte non è fine ma rinascita.
L’ultimo verso “Dopo la prima morte, non ce ne saranno altre”, che rimanda
alla “grave truth” (v.15) in quanto afferma perentoriamente il principio dell’eternità, ha una risonaza e un ascendente sia per il credente che per il non credente proprio, perché suggerisce un credo nella vita eterna.
A refusal to mourn the death, by fire, of a child in London è certamente una
poesia sull’immortalità e come And death shall have no dominion è caratterizzata
dalla fede nella resurrezione fisica e spirituale dopo la morte.
Con l’ultimo verso, quindi, il soggetto lirico esorta il lettore ad un’attenta
riflessione sulla morte nella prospettiva dell’eternità.
Alla luce della fede nella rinascita,nella resurrezione, si comprende il perché
del rifiuto del soggetto lirico di piangere per la morte della bambina: ella è felice ora
perché è ritornata al principio cosmico, ed è entrata nell’eternità.
Secondo il soggetto lirico, soltanto quando l’umanità considererà la morte in
questa nuova visione di fede nell’immortalità, potrà liberarsi di riti tradizionali
inutili come il pianto; soltanto allora il sentimento di compassione per i morti diventerà decisa affermazione della loro continua rinascita dopo la “prima morte”.
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