Il Bazaar A cura di A. Francesconi Demil e Lecocq (2006) ipotizzano

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Il Bazaar A cura di A. Francesconi Demil e Lecocq (2006) ipotizzano
Il Bazaar
A cura di A. Francesconi
Demil e Lecocq (2006) ipotizzano una quarta struttura di governance oltre a mercato, gerarchia e convenzioni chiamata
Bazaar che non è né una convenzione, né un organizzazione gerarchica, né il mercato e che è emersa nelle comunità
online di sviluppo del software open source. Il termine Bazaar è stato adottato perché Raymond lo aveva usato per la
prima volta nel 1997 nel saggio “The Cathedral and the Bazaar” al fine di contraddistinguere l’approccio di sviluppo
del software commerciale, definito “a cattedrale”, rispetto a quello utilizzato nei progetti open source, molto simile a un
bazar, centrati sull’uso del Web e sullo sviluppo delle community online. Inoltre richiama l’idea di un mercato orientale
in cui le transazioni avvengono apparentemente in modo caotico consentendo ai venditori di offrire sul mercato oggetti
che hanno una qualità molto differente tra loro (Geertz, 1978). Secondo i due studiosi francesi (Demil, Lecocq, 2006) la
forma bazar può essere considerata una nuova forma di governo delle transazioni in quanto introduce una nuova
tipologia contrattuale distinta dalle altre e perché governa “transazioni” non esclusive che potrebbero anche essere
governate da altre forme di governo attraverso il mercato, la gerarchia o le convenzioni. La regolazione delle transazioni
nella forma bazar avviene attraverso una generica tipologia di contratti (Demil, Lecocq, 2006), le licenze riconosciute
dall’OSI (Open Society Institute - fondazione creata da George Soros) che rappresentano le più importanti istituzioni
nei progetti open source (Bonaccorsi, Rossi, 2003). Le licenze open source consentono al proprietario di un bene di
condividerlo permettendo ad altri utenti di modificare, migliorare, copiare, utilizzare o distribuire lo stesso.
Secondo tale schema contrattuale l’ideatore del progetto non può selezionare né gli adottanti né i contributori (Demil,
Lecocq, 2006). Le licenze open sono una tipologia particolare di contratti molto differente dalle tipologie utilizzate
dalle altre forme di governo (Demil, Lecocq, 2006). Gli attori, tradizionalmente, vogliono appropriarsi delle rendite dei
propri beni attraverso la segretezza o il possesso di brevetti di esclusiva (Grastrand, 1999) e per promuovere la
cooperazione all’interno di una rete di imprese scambiano i propri diritti di proprietà sul mercato utilizzando accordi di
licenza tradizionali (Granstrand, 1999; Nickerson, 1996). Le licenze open source al contrario garantiscono che nessuno
possa appropriarsi del prodotto chiave, evitando comportamenti opportunistici (Dalle, Jullien, 2003).
Ogni struttura di governance, oltre a essere caratterizzata da un contesto contrattuale di supporto, è caratterizzata inoltre
da meccanismi di controllo, riferiti alla capacità di ridurre comportamenti opportunistici, e da meccanismi di
incentivazione, riferiti alle modalità con le quali gli attori sono motivati a svolgere le proprie attività.
La gerarchia mostra alti livelli di controllo e bassi incentivi, il mercato l’opposto mentre invece le convenzioni
assumono una posizione intermedia di entrambe (Demil, Lecocq, 2006). In tal senso la struttura di governance bazar
occupa una posizione distintiva (Demil, Lecocq, 2006). Diversi studi empirici hanno infatti dimostrato che vi siano
bassi livelli di entrambi i meccanismi (Gosh, Prakash, 2000; McKelvey, 2001; Healy, Schussman, 2003; Hertel et Al.,
2003; Lakhani, Von Hippel, 2003; Lee, Cole, 2003). L’assenza dei contratti di impiego attraverso i quali le
decisioni sono imposte rende bassi i meccanismi di controllo nel bazar. In nessun progetto open source nessun
contributore è obbligato a svolgere determinate funzioni e il lavoro non può essere imposto (Bonaccorsi, Rossi, 2003;
Von Hippel, Von Krogh, 2003). Sebbene nel modello di governance bazar possano emergere delle norme, come ad
esempio la condivisione della conoscenza prodotta, esse non costituiscono forti meccanismi di controllo sugli individui
(Demil, Lecocq, 2006). Anche gli incentivi offerti alle parti coinvolte nelle transazioni sono bassi. La contribuzione
degli utenti è su base volontaria e gli incentivi a partecipare al progetto consistono nell’aumento della reputazione
(Lakhani, Von Hipple, 2003), nella soddisfazione personale, nella motivazione intrinseca e così via. Tuttavia,
all’aumentare dei membri coinvolti nelle comunità open source possono prevalere comportamenti opportunistici (von
Hippel, von Krogh, 2003) in quanto solamente una bassa percentuale di utilizzatori contribuisce attivamente allo
sviluppo del progetto open source (Lakhani, Von Hipple, 2003).
Una comparazione della struttura di governance Bazaar permette di sottolineare alcuni aspetti peculiari.
Le differenze tra la gerarchia e il bazar sono ovvie. Nel bazar l’assenza di contratti di lavoro non permette di imporre
decisioni ai membri della comunità open source a differenza della forma gerarchica (Demil, Lecocq, 2006). Tale
mancanza, tuttavia, non porta all’anarchia. Infatti alcune norme possono emergere all’interno della comunità come ad
esempio la possibilità di modificare e aggiungere funzionalità al software (von Hippel, von Krogh, 2003).
Le differenze tra il mercato e il bazar sono marcate: nel mercato i prezzi sono meccanismi di coordinamento degli
scambi mentre il bazar né è privo: il codice sorgente è infatti condiviso su internet gratuitamente. Nel mercato clienti e
venditori sono chiaramente distinti, la gerarchia individua ruoli definiti (Demil, Lecocq, 2006) mentre la distinzione tra
utilizzatori e contributori nelle comunità open source non è chiara perché un attore può assumere le funzioni di
utilizzatore e di contributore (Franke, von Hippel, 2003; Kuan, 2000). Il bazar a prima vista sembra avere maggiori
punti di contatto con la forma di governance rete in cui reputazione, relazioni personali e dipendenza reciproca sono
caratteristiche importanti che limitano comportamenti opportunistici degli agenti coinvolti. Tuttavia emergono alcune
differenze tra le caratteristiche di una rete e quelle tipiche di un progetto open source. Le identità degli agenti nel
bazar non contano e spesso gli utenti che partecipano non si conoscono, mentre le reti sono costituite da forti legami
tra le parti coinvolte la cui identità deve essere conosciuta (Jones et al., 1997). Una seconda differenza è che nel bazar
non vi è una selezione dei membri della comunità mentre nella rete vi è una selezione dei partecipanti (Demil, Lecocq,
2006). Il bazar non presuppone forti legami tra gli attori o relazioni di lungo termine (Demil, Lecocq, 2006), mentre la
forma rete prevede spesso contratti di lungo termine per minimizzare comportamenti opportunistici (Jones et Al, 1997).
Il mercato, la gerarchia e la rete infine promuovono il controllo delle attività invece il bazar attraverso le licenze open
source consente l’apertura (Demil, Lecocq, 2006).
Il bazar può essere descritto come la struttura di governance con il maggior grado di incertezza nel regolare le
“transazioni”. L’incertezza, infatti, è parte integrante dei progetti open source fin dalla loro fondazione (Demil,
Lecocq, 2006). L’incertezza è riscontrata dal fondatore in quanto il progetto potrebbe non essere interessante non
riuscendo ad attirare potenziali utenti (McKelvey, 2001). Anche se il progetto risulta essere interessante, tuttavia,
l’incertezza si presenta in quanto vi è un grande gap temporale tra le prime transazioni degli adottanti e il rilascio della
licenza open source. Nei progetti open source, inoltre, pochi utilizzatori diventano contributori e i contributi degli utenti
non sono predeterminati (Demil, Lecocq, 2006). La mancanza di regole formali di divisione del lavoro lascia liberi gli
sviluppatori di scegliere quello su cui vogliono lavorare (Raymond, 1999; Bonaccorsi, Rossi, 2003) facendo diminuire
l’efficienza in senso stretto dello sviluppo del prodotto: molte funzioni simili sono svolte da diversi contributori nello
stesso momento con consistenti ridondanze (Lee, Cole, 2003).
Tre meccanismi, tuttavia, consentono di controbilanciarne l’inefficienza e l’incertezza.
Il primo meccanismo è l’assenza di una ricompensa in termini monetari che riduce i costi di transazione in modo
significativo. Il secondo meccanismo è insito nella natura virale delle licenze open source permettendone una rapida
e vasta diffusione e rinforzando le esternalità positive di rete. Il terzo meccanismo risiede nella capacità dei progetti
open source di attirare molti utenti. Un alto numero di contributori fa aumentare potenzialmente gli output generati e
diminuire il grado di incertezza (Lee, Cole, 2003). I punti di forza del modello di governance bazar derivano
direttamente dalle sue debolezze: bassi incentivi e controlli consentono di attirare un grande numero di agenti che
contribuiscono alla produzione, amplificano il numero di transazioni e contribuiscono alle esternalità di rete (Lee, Cole,
2003).
Ovviamente anche la forma bazar può essere ulteriormente ibridata con le altre forme di governo. Ad esempio una
gerarchia informale può svilupparsi all’interno di una comunità (bazar-gerarchia); certi agenti possono tentare di
proteggere i loro miglioramenti attraverso una protezione brevettuale (bazar-forma ibrida); alcuni agenti possono
interagire in maniera duratura con forti legami (bazar-reti). Nei progetti open source ci possono essere degli agenti che
selezionano i miglioramenti da rendere ufficiali (Lee, Cole, 2003) oppure ci può essere un gruppo di volontari che guida
il processo di sviluppo (Lankhani, Von Hipple, 2003). Si introduce nel modello bazar una sorta di gerarchia in risposta
alla necessità di determinare i miglioramenti da incorporare o meno nelle versioni ufficiali (McKelvey, 2011). Il
fondatore del progetto open source spesso seleziona i membri che prendono parte nelle fasi iniziali costituendo relazioni
personali di lungo periodo. Si delinea dunque una forma di governance bazar-rete. Infine l’adozione delle licenze open
source hanno consentito di introdurre il mercato nella forma di governance bazar al fine di rendere il modello più
appetibile con le aziende (Lee, Cole, 2003).
Ricerche empiriche hanno mostrato che il modello di governance bazar è particolarmente adatto per i beni-informazione
(Benkler 2002, Shah, 2005) ed in particolar modo all’industria dei software. Tuttavia può essere applicato ad altri
ambiti. La comunità scientifica, ad esempio, è organizzata e governata da principi simili al modello bazar da molto
tempo. I ricercatori contribuiscono a creare beni comuni, ogni partecipante è libero di modificare una teoria nella
direzione preferita, prevalgono forme di anonimato.