004 - EXTRA (original)

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004 - EXTRA (original)
Dedico questo articolo all’eroe della
mia infanzia, al più straordinario pilota di Formula 1 che abbia mai visto.
Semplicemente il migliore di tutti
Gran Premio di Australia 1993, ultima gara della stagione: dal gradino più
alto del podio, Ayrton guarda al futuro. C’è una nuova macchina, la più forte
e un nuovo compagno di squadra, Damon Hill. Lauda, Piquet, Mansell e
Prost, avversari di tanti duelli hanno lasciato, ma se ne è già affacciato un
altro, altrettanto ambizioso e veloce: si chiama Michael Schumacher.
La Williams finalmente! Erano anni che Senna
la sognava, ancor prima di entrare in Formula
1. Ora l’obiettivo è vincere il quarto mondiale. Non tutto però va come ci
si aspetta e fin dalla prima prova emergono i primi problemi: la vettura è
stretta e scomoda, bisogna lavorarci su e Senna ci mette la consueta professionalità, la tenacia di sempre.
La prima tappa del mondiale 1994 si corre ad Interlagos: il pubblico è
tutto per lui, lo incoraggia, lo sospinge e lui tira fuori dal cilindro un’altra
pole-position. La migliore macchina per il miglior pilota al primo appuntamento ufficiale non possono deludere, ma il Gran Premio ha un’altra storia:
la Benetton di Schumacher va come il vento, Senna insegue, prende rischi,
finché la sua Williams non finisce di traverso: al traguardo sfreccia davanti
a tutti Michael Schumacher.
17 aprile 1994, Gran Premio del Pacifico: nelle prove Senna è ancora
il più veloce, ma la sua gara dura appena 300 metri, giusto lo spazio per
essere speronato dalle vetture precedenti: Schumacher vince anche qui.
Dopo i due primi appuntamenti, il tedesco è primo con venti punti,
Senna ne ha zero: un avvio disastroso, inaspettato.
Ayrton deve cominciare a contrastare seriamente
Schumacher: ci vuole una vittoria, subito, nella prossima gara ad Imola.
La prima giornata di prove per il Gran Premio di San Marino comincia intorno
all’una e, dopo nemmeno un quarto d’ora, il pilota della Jordan Rubens Barrichello
va a sbattere: il brasiliano viene estratto dalla vettura e trasportato all’ospedale Maggiore di Bologna: è stato fortunato Rubens. Senna va a trovare il suo connazionale,
turbato come tutti da ciò che ha visto in pista, rincuorato nel vedere l’amico ancora
vivo. Il brasiliano è anche confortato dai risultati della prima giornata di prove: è
stato il più veloce di tutti, Schumacher è staccato di mezzo secondo.
Sabato 30 aprile si ricomincia: tra i piloti che tentano di qualificarsi c’è anche l’austriaco Roland Ratzenberger. Ha lottato tanto
per essere là tra i grandi della Formula 1, il suo primo Gran Premio lo ha corso soltanto tre settimane prima. Sabato alle 13.18,
Roland è in pista per provare a migliorare il suo tempo: per ora è
25° in ultima fila, chiede molto alla sua Simtek forse troppo, sta
andando oltre 300 km/h, quando improvvisamente l’ala posteriore
cede di schianto, l’urto contro il muretto della curva Villeneuve è
terrificante. Come Barrichello anche l’austriaco viene portato al Maggiore di Bologna, ma le sue condizioni sono gravissime. Alle 14.15 gli altoparlanti dell’autodromo gelano ogni speranza: Ratzenberger è
morto.
Le reazioni dei piloti dopo lo smarrimento per la morte del collega, sono molteplici. Ayrton rivede le
immagini dell’incidente mortale nel paddock, è sconvolto, si incontra con gli altri piloti, va sul luogo
dell’incidente di Roland, vuole capire come sia potuto accadere. Ayrton vuole fare qualcosa anche per
Roland: fa mettere nell’abitacolo della sua Williams una bandiera austriaca da sventolare domenica dopo la vittoria come omaggio a Ratzenberger. Le qualifiche si concludono in un’atmosfera cupa scossa
dalla tragedia: Senna ottiene la pole-position davanti a Schumacher e alla fine delle prove telefona alla
fidanzata Adriane, una ragazza conosciuta da poco:“on voglio correre, non me la sento”. Ma in cuor
suo Senna sa che non può tirarsi indietro, in Williams c’è già chi comincia a mettere in dubbio il suo
talento, chi lo considera un pilota seduto, completamente diverso dal velocissimo Senna degli anni ’80.
Domenica 1 maggio, malgrado tutto, lo spettacolo ricomincia.
Affatto pentito di aver abbandonato le corse, Alain Prost va
trovare ai box l’antico rivale per augurargli buona fortuna. C’è
un gran caldo, le macchine sulla pista attendono, il rumore dei
motori sale, Senna è corrucciato: la gara, Barrichello, la pressione di Schumacher, la morte di Ratzenberger…Al via Ayrton
mantiene la prima posizione davanti a Michael, dietro di loro
uno schianto di lamiere: dalle due macchine coinvolte volano
rottami, alcuni finiscono in tribuna e feriscono alcuni spettatori,
creando altro panico. Entra in pista la Safety Car, mentre si
spazzano via i detriti: cinque giri così prima di ripartire. Al nuovo via Ayrton scatta alla sua maniera,
chiude il sesto giro con sei decimi di vantaggio su Schumacher. Comincia il settimo giro: Senna va oltre i trecento chilometri orari, solo una lunghissima curva veloce di cui non si vede la fine, separa Ayrton dal Tamburello: da affrontare in accelerazione, da percorrere trattenendo il fiato, ma senza difficoltà.
La Williams nr°2, invece, tira dritto verso l’esterno, non piega
nemmeno un centimetro, ribelle al contatto di mani sapienti, ai
comandi del suo signore. Quando il musetto blu scuro della Williams tocca il muretto di protezione, Ayrton Senna è davanti a
tutti. Una ruota vola verso l’alto, la vettura rimbalza in pista sino
a fermarsi sul cordolo esterno: sono le 14.17. Il tempo sembra
essersi fermato, poi ad un certo punto Ayrton muove la testa. In
meno di mezzo minuto arrivano i soccorsi, sono momenti drammatici, alle 14.45 Senna entra in sala di rianimazione, ma i primi
bollettini lasciano pochissime speranze: il brasiliano ha ancora
attività respiratoria e cardiaca, ma l’emoraggia alla testa è devastante.
Intanto sul circuito di San Marino si continua a girare nel terrore. La macchina di Alboreto dopo un
cambio gomme perde una ruota mentre transita a 150 km/h: tre meccanici vengono investiti, il carosello della paura prosegue. Alle 16.25 l’assurda tragica giostra si ferma: Michael Schumacher vince davanti alla Ferrari di Larini e alla McLaren-Peugeot di Hakkinen, nessuno ha voglia di festeggiare, ma il
tedesco della Benetton non risparmia pugni alzati al cielo e sorrisi. All’ospedale Maggiore la ressa di
giornalisti e fotografi aumenta: davanti alla stanza di Senna, in sala rianimazione, ci sono il fratello Leonardo e l’amico Gerhard Berger. In tutto il mondo si aspetta incollati alla televisione una notizia che
nessuno vuole sentire.
Alle 18.40 la dottoressa Fiandri annuncia in diretta l’ultimo doloroso verdetto:”Volevo soltanto dire che gli accertamenti elettroencefalografici che abbiamo eseguito poco fa purtroppo confermano quella che era stata la diagnosi
clinica di morte cerebrale”: Ayrton Senna è morto.
Martedì 3 maggio un aereo della compagnia brasiliana Varig riporta la salma
di Ayrton in patria. La madre del campione brasiliano ha fatto una precisa richiesta:”Lui deve tornare come ha sempre fatto tutte le volte, però non nel bagagliaio, ma come gli altri passeggeri”. Dopo trattative infinite la Varig dà
l’autorizzazione e Ayrton ritorna in patria viaggiando in prima classe.
All’arrivo tutto il Brasile si è fermato, aspetta incredulo e sgomento il ritorno
dell’eroe avvolto nella bandiera brasiliana, mentre sfila tra due ali di folla che
piange come per la morte di un figlio: in duecentomila attendono di entrare
nella camera ardente.
Il giorno dopo ai funerali, oltre due milioni di persone portano
il loro ultimo saluto, mandano un bacio al loro eroe: tutti, amici e avversari, passioni e rancori, smarriti in un dolore infinito.
Due mesi e mezzo dopo la morte di Ayrton, il destino premia
la squadra brasiliana con il titolo mondiale: il 18 luglio a Pasadena il Brasile batte l’Italia ed è tetracampeão, quattro volte
campione del mondo, proprio quello per cui Ayrton lottava.
“Senna, aceleramos juntos, o tetra è nosso”-“Senna, acceleriamo insieme, il quarto titolo è nostro”: c’è scritto così sullo
striscione che i Campioni del Mondo innalzano verso il cielo,
verso un eroe che tutti credevano immortale.
Oggi Ayrton riposa sopra una collina a San Paolo, vicino al luogo dove abitava con la sua famiglia, ma
il suo spirito continua a vivere nei ricordi di milioni di tifosi che hanno assistito alle sue mitiche imprese. Sulla lapide in bronzo, posta sulla sua tomba, è incisa una frase che lo riassume in poche parole:”ada pode me separar del amor del Deus”-“iente può separarmi dall’amore di Dio”.
Il 20 febbraio 1997 comincia ad Imola il processo per la morte
di Ayrton Senna. Il 5 marzo 1997 vengono imputati di omicidio colposo il titolare della scuderia Frank Williams, il responsabile tecnico Patrick Head, il progettista Adrian Newey il direttore di gara Roland Bruynseraede, l’amministratore delegato
Sagis Federico Bendinelli e Giorgio Poggi direttore del circuito
di Imola. Il Pubblico Ministero illustra la teoria dell'accusa: rottura del piantone per errore di
progettazione e di montaggio
e difetto del circuito
(dislivello tra asfalto e banchina) che ha reso impossibile la frenata.
Gli imputati si difendono: da una parte gli avvocati di Newey controbattono chiedendo nuove perizie sul piantone, che si sarebbe rotto
nell’incidente, mentre i difensori di Williams e Head addossano la
colpa sulle anomalie del circuito. Per contro la difesa dell’autodromo
di Imola assicura che il circuito era in perfetto stato.
L’11 marzo 1997 saltano fuori i primi testimoni: Mario Casoni, autista di un
mezzo di soccorso, dichiara di aver notato che il piantone dello sterzo non era in
uno stato “normale”. Stefano Stefanini, capo della unità di Polizia di Bologna,
asserisce che era stata aggiunta una placca di metallo alla sospensione posteriore
della vettura.
Il 17 marzo 1997 viene ascoltato Michele Alboreto il quale ritiene che
l’incidente sia stato causato da un problema meccanico, perchè le condizioni del
circuito non erano tali da causare un’uscita di pista.
Il 18 marzo 1997 il delegato FIA Charles Whiting testimonia che furono effettuate delle modifiche alla vettura di Senna, senza un preventivo permesso della Federazione, ma che in
ogni caso tali modifiche sarebbero state approvate.
Il 15 aprile 1997 per la prima volta alla presenza di Patrick Head e Adrian Newey, esperti nominati dal
P.M. dichiarano che la causa dell'incidente è stata l’errato montaggio del piantone dello sterzo.
Il 28 ottobre 1997 viene interrogato il giovane collaudatore David Coulthard il quale dichiara normale
il fatto che prima dello schianto Senna facesse ondeggiare vistosamente lo sterzo, perché la Williams
era una vettura molto ballerina.
Il 29 ottobre 1997 Frank Williams addossa le colpe dell’incidente ad un fattore accidentale, sostenendo che l'incidente fu causato da una caduta d'assetto dell’auto dovuta al raffreddamento dei pneumatici
durante il regime di Safety Car.
L’8 novembre 1997 il Pubblico Ministero Maurizio Passarini chiede contemporaneamente
l’assoluzione di Frank Williams dall’accusa di concorso in omicidio colposo per non aver commesso il
fatto, ma condanna a un anno di reclusione il direttore generale Patrick Head e per il capo progettista
Adrian Newey: secondo il P.M. l’istruttoria ha evidenziato come Newey e Head progettarono male il
piantone, ma soprattutto non controllarono l’esecuzione dei lavori. I consulenti della Procura individuarono subito nella rottura del piantone la causa principale. Due indagini di laboratori indipendenti tra
loro sono giunte alle stesse conclusioni: il piantone aveva segni di fatica per il 75% della circonferenza
e per il 40% della sezione; la stessa difesa Williams riconosce questa impostazione. Viene chiesta
l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato e per non aver commesso il fatto anche per Poggi,
Bruynseraede e Bendinelli, i quali pur non rispettando i regolamenti in relazione alla sicurezza della
curva del Tamburello (criterio che farebbe sussistere il nesso causale), non possono essere colpevoli,
perché la morte di Senna derivò da un evento casuale: un braccetto della sospensione si infilò tra visiera e casco devastandogli la fronte.
Il 14 novembre 1997 i difensori di Newey chiedono l’assoluzione perchè il loro assistito non c’entra
con le modifiche allo sterzo, i test Williams hanno escluso che avesse a che fare con il piantone modificato: il P.M. lo accusa solo di omissione di controllo. Newey dovrebbe quindi essere assolto per non
avere commesso il fatto.
Il 16 novembre 1997 si conclude la sentenza di primo grado del processo:”Il tribunale di Imola visto
l'art. 530 del Codice di Procedura Penale, assolve gli imputati Williams Frank, Head Patrick, ewey
Adrian per non avere commesso il fatto e gli imputati Bandinelli Federico, Poggi Giorgio e Bruynseraede Roland perchè il fatto non sussiste”.
Il 4 ottobre 1998 il P.M. Passarini annuncia il ricorso in Appello contro le assoluzioni di Head e Newey, ma non degli altri, tra i quali figura Frank Williams.
Il 22 novembre 1999 la Corte d’Appello di Bologna modifica la sentenza del pretore di Imola a vantaggio della difesa. Il presidente, Francesco Mario Agnoli, accogliendo il ricorso presentato dalla difesa
di Head e Newey e l’appello incidentale presentato da Williams, assolve i tre con la formula “perché il
fatto non sussiste”, con il secondo comma dell’articolo 530 che si applica quando i giudici ritengono
che l’accusa non abbia prodotto la prova della colpevolezza.
Il 14 gennaio 2003 la Corte di Cassazione accoglie il ricorso della Procura Generale di Bologna, annullando la sentenza di assoluzione dei vertici Williams emessa dalla Corte d’Appello nel 1999: a quasi
dieci anni dalla morte di Ayrton Senna il processo è da rifare completamente.
L’11 maggio 2005 ha inizio il secondo processo di Appello. Il Procuratore Generale Rinaldo Rosini
nella sua requisitoria ribadisce le accuse in particolare nei confronti di Head, ma in ragione del tempo
trascorso la sua richiesta è ora di non doversi procedere causa la prescrizione del reato. Invariate le richieste e le argomentazioni della difesa.
Il 27 maggio 2005 la Corte d’Appello di Bologna emette la sentenza definitiva sul travagliato caso
Senna:”La Corte d'Appello di Bologna giudica il tecnico aerodinamico ewey Adrian innocente per
non aver commesso il fatto e stabilisce il non doversi procedere per Head Patrick, responsabile tecnico
del team Williams, per essere il reato a lui ascritto estinto per prescrizione”. Così facendo la Corte
d’Appello riconosce indirettamente la tesi dell’accusa e indica come causa dell’incidente mortale il cedimento del piantone dello sterzo.
Il 13 aprile 2007 viene scritto l’ultimo atto del travagliato caso Senna: la terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione rigetta la richiesta di assoluzione presentata da Patrick Head perchè “dagli
atti non emergono in modo evidente ed assolutamente non contestabile circostanze che escludano l'esistenza del fatto, o la sua rilevanza penale”.
Dopo il GP d’Europa 1993 a Donington, quello nel quale Senna compì la
sua più celebre impresa, Stirling
Moss, pilota di Formula 1 degli anni
’50 così commentò:”Ayrton Senna,
con questa gara, si è definitivamente
consacrato come il più grande pilota
di tutti i tempi. Dopo Fangio e Clark
sarà lui, ora, la pietra di paragone
per la generazione futura di piloti”.
In pista Ayrton si trasformava, ma al
di fuori era una persona generosa,
premurosa e sensibile. Destinava
molti dei suoi guadagni per aiutare la
sua gente meno fortunata. Per il suo
carattere Ayrton è sempre stato attaccato da quei piloti che si sentivano minacciati dal suo talento: primo fra tutti Piquet, che non perdeva
occasione per gettare fango sul suo nome, Prost, che spalleggiato dalla federazione, lo riteneva un pilota pericoloso. Lo hanno spesso umiliato, preso in giro per il suo forte credo religioso e il suo ossessivo
attaccamento alla famiglia, lo hanno incolpato di nefandezze varie e di sconfitte clamorose, lo hanno
definito scorretto, sleale, spregiudicato, mistico. Era semplicemente il migliore di tutti.
Fonti: “Sfide”, “Processo di Ayrton”, Formula1news.it
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