che affare, ragazzi

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che affare, ragazzi
CHE AFFARE, RAGAZZI !
(Vado a vivere in
città)
TRADUZIONE IN ITALIANO
Iscrizione SIAE N. 227846
E-Mail: [email protected]
Tel: 0547 666945
Cell: 339 1783850
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CHE AFFARE, RAGAZZI!
Commedia brillante in tre atti di Maria Teresa Pazzaglia
Personaggi e interpreti:
Gustavo:
Sessantenne, vedovo
Lisa:
Figlia di Gustavo
Alvaro:
Figlio di Gustavo
Galina:
Compagna di Gustavo, quarantenne
Nicolai:
Marito di Galina
Colomba:
Amica di Gustavo
Osvaldo:
Padrone di casa
Rutilio:
Agente immobiliare
Isabela:
Compagna di Rutilio
La scena si svolge nell’ appartamento occupato da Gustavo e Galina; l’ arredamento
è attuale, sobrio, con qualche quadro a piacere. Servono un divano e un tavolo con alcune
sedie. A sinistra una porta verso la cucina, a destro verso la camera da letto, al centro
la porta d’ entrata
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ATTO PRIMO
( a volere all’ apertura del sipario suona la canzone “ A sem di rumagnol” di Secondo Casadei)
Sono in scena Gustavo, Galina, Rutilio e Isabela, vicino al tavolo, in piedi; Rutilio ha in
mano dei fogli; da una parte ci sono due-tre valigie, appoggiate a
terra. Isabela è una donna di buona costituzione fisica, vestita con una gonna
abbastanza lunga molto colorata, che richiama quelle tradizionali del Sud-America, indossa
un corpetto e orecchini vistosi a cerchietto alle orecchie. Galina è una donna di media
età, vestita alla moda, ben curata.
GUSTAVO:
Allora facciamo bene i conti: dunque te mi dai sei anni di affitto anticipato per la mia casa in
campagna; qui, per questo appartamento mi fai uno sconto di trentamila euro.
RUTILIO:
Meglio di così non potevi andare: ciou, prendi anticipati sei anni di affitto, che fanno
cinquantamila euro, poi te ne ho lasciati altri trentamila di sconto sul prezzo dell’
appartamento. Cosa vuoi di più, hai un appartamento quasi gratis.
GUSTAVO:
Adesso poi non fare l’ esagerato, l’ affitto lo prenderei lo stesso, anche se da un’ altra
persona.
RUTILIO:
Vuoi mettere prenderlo tutto anticipato al giorno d’ oggi? Che non paga più nessuno? E
affittare proprio al padrone dell’ agenzia? Più sicuro di me non c’ è nessuno. Siccome io ho
già la casa, non voglio prenderne un’ altra per andare in campagna la domenica, mi va bene
in affitto. Hai fatto un affare che non lo sa nessuno, hai vinto alla lotteria, hai una casa quasi
gratis.
GUSTAVO:
Mi hai comnvinto; ecco questi sono i primi soldi della caparra: quindici mila euro.
( prende un assegno e scrive)
RUTILIO:
E questa è la ricevuta. ( firma un foglio e glie lo dà) Io preparo le carte e poi quest’ altra
settimana vengo a prendere il resto della caparra, gli altri ventimila euro e ti dico il giorno
che bisogna andare dal notaio.
GUSTAVO:
Non tardate molto, prima facciamo e meglio è.
RUTILIO:
Non abbiate paura, vado subito a prendere l’ appuntamento dal notaio; non vedi ti ho dato
fiducia, hai le chiavi prima del rogito e puoi già stare qui.
GUSTAVO:
E’ vero, ma io ti ho dato una buona caparra.
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RUTILIO:
Ci siamo venuti incontro tutti e due. Domenica io e la Isabela andiamo due-tre giorni a
trovare i suoi e quando ritorniamo sarà tutto pronto.
GUSTAVO:
Ah sì? Dove stanno i suoi?
ISABELA:
Io sono di Venez…
GUSTAVO:
Venezia! Ci sono stato a fare il viaggio di nozze, insieme alla mia povera moglie, quando
ero giovane; ma che bella gita! Complimenti, divertitevi. Hai sentito Galina? Dopo
che avremo fatto il rogito, ti porto anche a te.
GALINA:
Sì, io andare Venezia, bello, bello, grazie amore, io amo te!
RUTILIO:
E’ vero, Venezia è la città degli innamorati, un giro in gondola lo deve fare.
GALINA:
Che bello, io gondola, andiamo. Tu mi porti vero?
GUSTAVO:
Sì gallinella mia; ( a Isabela) lei sta proprio in città, sopra l’ acqua?
ISABELA:
Io no, io vicino, in terra, no sul mare, i miei genitori lavorano in campagna.
GUSTAVO:
Allora ci intendiamo, perché anche io sono stato sempre in campagna.
RUTILIO:
E’ per quello che a noi piace stare in campagna; quando ritorniamo vogliamo la sua casa a
posto e le chiavi.
GUSTAVO:
Non abbiate paura, dico alla Colomba di andare a dare una pulita, così vi lascio la casa a
posto, pulita e verniciata, come siamo d’ accordo.
RUTILIO:
Ci contiamo, vero Isabela? Ti porto in una casa come piace a te.
ISABELA:
Sì caro, io amo la casa in campagna, mi fai molto felice.
GALINA:
A lei piacere campagna, a me città; noi trovato accordo buono.
RUTILIO:
Avete visto, la nostra agenzia trova il modo di fare tutti contenti, noi troviamo la soluzione a
tutti i problemi. Agenzia “ Muri Sicuri e Affari Felici”, non potevate trovare di meglio.
GUSTAVO:
E’ vero, non mi credevo di fare un affare così buono, è stata proprio una fortuna.
RUTILIO:
Non si chiama fortuna, ma professionalità; la mia agenzia è la migliore che ci sia nel giro
di cento kilometri. Bene Isabela andiamo a preparare tutte le carte.
( Rutilio e Isabela si avviano alla porta ed escono salutando)
RUTILIO:
Vi saluto e buona fortuna.
ISABELA:
ciao amici. ( escono)
GALINA:
Che bello, che bello! Io casa, casa mia, vero amore?
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GUSTAVO:
Sì, gallinella mia, casa mia e tua.
GALINA:
Anche mia, tu metti nome mio vero? Io amo te, io sempre con te, tutta la vita.
GUSTAVO:
Sì bella mia, sì. ( la abbraccia) ; portiamo a posto le valigie nella nostra nuova casa, dai.
( prendono le valigie e si dirigono verso la camera da letto; per un attimo la scena rimane
vuota, si sentono dietro le quinte voci )
GALINA:
Ah, amore, amore, vieni qui,
GUSTAVO:
Sono da te , bella, bella (voce appassionata) vieni: ( si sentono delle risa)
( la scena è vuota, suona il campanello, entra Gustavo, che va ad aprire e fa entrare la figlia
Lisa)
Sei te? Proprio in questo momento? Che cosa vuoi?
LISA:
Mo babbo, sei te che mi hai detto di venire qui, io non so neanche che casa sia questa.
GUSTAVO:
Ah, già, è vero; e il tuo fratello dov’ è?
LISA:
Non dovrebbe tardare, ma lo sai che lui non è mai in orario.
GUSTAVO:
Allora mettiti a sedere lì ( indica il divano) e aspettiamo il tuo fratello.
( Gustavo esce e si dirige di nuovo verso la camera da letto. Lisa rimasta sola estrae il
cellulare e inizia giocare e ciattare con esso; da dietro si continuano a sentire risa; dopo un
po’ entra Galina, che attraversa la stanza e si dirige verso la cucina; vede appeno Lisa e la
saluta. )
GALINA:
Ciao.
( Lisa la guarda con aria interrogativa, pur continuando a maneggiare il cellulare; dopo poco
ripassa Galina uscendo dalla cucina, con due bicchieri in mano, si dirige verso la camera; di
nuovo Lisa la gurda, ma continua col cellulare; poco dopo suona il campanello. Lisa si guarda
attorno, non appare nessuno e allora va ad aprire; entra suo fratello Alvaro. Alvaro ha i
capelli con la cresta bionda, il resto dei capelli mori; una maglietta molto Hippy, yeans, una
scarpa di un colore e una uguale, ma di un altro colore, un calzino sì e uno no; un anello di
orecchini in un orecchio. E’ un tipo molto flemmatico.)
ALVARO:
Che posto è questo? Che cosa ci facciamo qui?
LISA:
Di là c’ è il babbo con una donna, sarà la casa di quella lì.
ALVARO:
Vorrà dire che ha trovato una donna, buon per lui; da quando è morta la mamma era
disperato, si vede che adesso sta meglio.
LISA:
Io spero che sia così, perché dì, ormai comincia a diventare vecchio e io non ho mica voglia di
stare dietro a lui e di fargli da infermiera.
( mentre parla continua a giocare col cellulare)
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( in quel momento entra Gustavo, che si dirige verso la cucina e neppure vede i figli; loro lo
guardano con aria interrogativa; poi esce dalla cucina con in mano una bottiglia di vino e va
verso la camera; allora si accorge che ci sono i figli)
GUSTAVO:
E voi che cosa fate qui?
ALVARO:
Mo babbo, sei te che ci hai fatto venire qui!
GUSTAVO:
Ah, già è vero, state buoni lì che vengo subito.
( esce)
ALVARO:
Hai detto che il babbo è ormai vecchio? Non vedi che è più giovane di te e me messi insieme?
LISA:
Ma quella è la ripresa prima della morte.
ALVARO:
Perché è malato? Sta per morire?
LISA:
Ma no, è un modo di dire, volevo dire che anche se sembra un galletto, ormai ha la corda al
collo, è vecchio, cosa vuoi che possa andare avanti ancora.
ALVARO:
Che porta sfiga che sei, magari va avanti ancora vent’ anni.
( entra Gustavo)
GUSTAVO:
Trenta! Ohi! Ho sessant’ anni, non volete che arrivi almeno a novanta? Voglio
divertirmi ancora trent’ anni, come mi diverto oggi.
LISA:
Babbo noi abbiamo piacere per te, poi dopo quello che hai passato per la morte della povera
mamma! Fai bene a divertirti.
ALVARO:
Abbiamo visto che ti sei trovato una donna ed è anche giovane.
GUSTAVO:
( imbarazzato) Avete visto la Galina?
ALVARO:
Bè non siamo mica in un pollaio qui, abbiamo visto una donna.
LISA:
Sarà il soprannome che le ha messo, lui è così affezionato alle sue galline.
GUSTAVO:
( guarda il figlio ) Te invece mi sembri un galletto con quei capelli e poi non vedi come sei
messo, cos’ è stamattina quando ti sei svegliato eri ancora addormentato?
ALVARO:
Perché babbo ce l’ hai sempre con me? Cosa ti ho fatto ancora?
GUSTAVO:
Non ti sei accorto che sei uscito con una scarpa di un colore e una di un altro? E poi guarda,
ti manca anche un calzetto.
ALVARO:
Ma babbo è la nuova moda, adesso si fa così.
LISA:
Cosa vuoi sapere te babbo, te sei rimasto indietro.
GUSTAVO:
Io sarò anche rimasto indietro, ma non sono mica come voi due gigioni, che non siete capaci
di farvi una famiglia.
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LISA:
Questa poi! Lo sai che io ce l’ ho un uomo.
GUSTAVO:
Allora perché non ti spicci a farti la sposa?
LISA:
Al giorno d’ oggi non si usa più e poi lo sai che non sto mai bene, non posso mica fare da
mangiare, lavare e stirare per un uomo.
GUSTAVO:
Te sei come la tua mamma, che aveva tutte le malattie del mondo, però non è morta finchè
non l’ ha messa sotto un camion.
ALVARO:
Babbo, porta rispetto alla mamma, che è morta da sei mesi.
LISA:
E te in sei mesi te la sei già dimenticata e guarda lì come ti diverti.
GUSTAVO:
Non vorrai mica che tenga il lutto fino alla morte, anzi vi ho chiamato per dirvi una cosa.
ALVARO:
Sentiamo pure, intanto abbiamo ormai capito; ti vuoi portare a casa quella gallina che è di là.
GUSTAVO:
No, non la porto a casa in campagna, vengo io a stare qui.
LISA:
Davvero? Sei sicuro babbo? Sei nato in campagna, hai l’ orto, le galline, chi ci bada dopo?
ALVARO:
Te non ti adatti mica a stare in città, adesso poi che sei in pensione cos’ è che fai tutto il
giorno?
GUSTAVO:
Mi voglio divertire, proprio con la Galina, lei sì che è brava a farmi divertire e ridere!
LISA:
Ciou, te tieni sempre buona la tua casa, che se lei si stanca e ti manda via, hai sempre un
posto dove andare.
GUSTAVO:
La mia casa l’ ho data in affitto per sei anni.
LISA:
Mo a chi? E’ gente che paga?
GUSTAVO:
Eccome! Ho fatto un affare ragazzi, un affare! Ho fatto l’ affare della mia vita! Ho deciso
di cambiare vita, basta campagna, basta lavorare, voglio fare la vita di città. Qui c’ è il
cinema, fanno le feste, le fiere, non voglio più stare lontano dal paese. E poi la Galina
non vuole abitare in campagna.
ALVARO:
Dove vuoi che stiano i polli, in campagna! Nel paese non si può mica tenere il pollaio,
perché fa la puzza, i vicini non vogliono.
GUSTAVO:
Te prendi in giro, intanto io ho trovato una brava donna, che è innamorata di me, che
mi vuole un gran bene e mi tiene acconto; mica come te, che non ti ho mai visto con
una donna.
ALVARO:
Io ho un sacco di amiche, non voglio una donna fissa, perché sennò si vuole sposare e
mettere su famiglia, non ne ho mica voglia io.
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GUSTAVO:
Mo anche te sei come la tua sorella, voi fate i signorini, comodini comodini; sarebbe meglio
che vi svegliaste. Guarda lei ( indica Lisa) sempre con quel telefono, non sei capace di
spegnerlo, almeno quando dobbiamo parlare?
LISA:
Che fastidio ti dà, sto su Fes-buk.
GUSTAVO:
Cosa fai? I buchi? L’ ho sempre detto io che te sei buona solo di fare quelli; quando facevi
ragioneria telefonava il preside perché andavi al bar e non andavi a scuola, adesso si vede
che hai ancora quel vizio lì.
ALVARO:
Lascia stare queste cose, non ci hai ancora detto a chi hai affittato la casa.
GUSTAVO:
A quello dell’ agenzia.
LISA:
Perché la Galina l’ hai trovata all’ magenzia matrimoniale?
GUSTAVO:
Se non mi fate parlare, come faccio a spiegare; state zitti un pochino.
ALVARO:
Dai vai avanti che siamo qui apposta.
GUSTAVO:
Allora, ho comperato questo appartamento.
LISA e
ALVARO:
Eh? Cosa hai fatto? Hai speso tutti I soldi?
GUSTAVO:
Allora mi fate parlare sì o no?
LISA:
( mette via il cell) Dai va avanti che siamo qui, vè ho spento anche il cellulare.
GUSTAVO:
E’ stato un affare, l’ ho pagato poco, perché adesso con la crisi i prezzi sono calati e
poi siccome il padrone dell’ agenzia cercava una casa in campagna, per sé e per la sua donna,
abbiamo fatto un cambio. Lui mi ha fatto lo sconto pari a sei anni di affitto.
ALVARO:
Io non ho mica capito bene, hai affittato la casa e in cambio ti ha regalato un appartamento?
GUSTAVO:
Eh, bravo, quasi te sei sveglio come un somaro. Ho detto che gli ho dato una cifra buona; ve l’
ho pur detto che ho fatto un grande affare.
LISA:
Se le cose stanno così, hai proprio ragione. Però babbo, tutta la roba della mamma che è a
casa, dove la metti?
GUSTAVO:
Ho chiamato la Colomba, mi ha detto che viene stamattina che c’ è il mercato; faccio fare
tutto a lei.
LISA:
Bene, perché lo sai che io non posso fare gli sforzi.
ALVARO:
E io non mi intendo delle cose delle donne.
GUSTAVO:
Te poverino non fare delle fatiche che ti vengono i calli alle mani, nei piedi e in testa.
( entra Galina, fa un cenno di saluto col capo ai due giovani e si rivolge a Gustavo)
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GALINA:
Amore, tesoro, io finito mettere a posto valigie, vado a fare spesa per mangiare, hai tu 50
euro?
GUSTAVO:
Sè Gallinella mia, vado a prendere il portafoglio.
( esce, seguito da Galina)
LISA:
Il babbo ha proprio perso la testa, non l’ avevo mai visto così.
ALVARO:
Ciou, che si diverta pure, basta che quando muore ci lasci quest’ appartamento.
LISA:
Ci mancherebbe, noi siamo i suoi figli; lei che si faccia pure mantenere e lo badi, ma la casa l’
ha comprata coi soldi della nostra famiglia.
ALVARO:
Per me va bene se ha una donna che lo tiene acconto, così non lo dobbiamo fare noi.
LISA:
Gli diremo che non la sposi, così a lei non rimane il capitale.
ALVARO:
Hai ragione, non gli daremo il consenso.
LISA:
Guarda che è maggiorenne, non ha bisogno del nostro consenso per farsi lo sposo.
ALVARO:
Non vorrai mica che lo faccia senza dire niente a noi che siamo i suoi figli.
LISA:
Quando ritorna glie lo diciamo. Però hai visto, si è comprato un bel appartamento.
ALVARO:
Quando muore questo lo voglio io, te tieni la casa in campagna.
LISA:
Oh, non lo so mica, dipende quanto si prende a venderla, perché io non voglio stare in quella
casa vecchia, lontano dal paese.
ALVARO:
La venderai, a me non m’ importa niente.
( rientrano Gustavo e Galina)
GALINA:
Io vado mercato, ciao a tutti. ( esce)
LISA:
Babbo, una volta con la povera mamma eri tirchio che non lo sa nessuno, adesso vedo che sei
diventato generoso, le dai i soldi così, senza fare delle storie; alla mamma non davi un soldo
neanche a morire.
GUSTAVO:
Oh, ciou, cosa ti interessa a te? E poi una volta bisognava risparmiare, dovevamo tirare su i
figli, adesso siete grandi.
LISA:
Dì mo, quando c’ era la mamma eri geloso che che non lo sa nessuno e poi con la mamma
non c’ era proprio motivo, la poveretta quando usciva aveva sempre dietro i figli.
GUSTAVO:
Quando andava a lavorare era da sola e poi…questa è giovane.
ALVARO:
Proprio per quello avresti più motivo, adesso con lei non sei geloso?
GUSTAVO:
Cosa vi devo dire… può avere anche dei diritti, proprio perché è giovane.
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LISA:
Ma senti lì; questa è nuova, non l’ avevo mai sentita. Allora io mi devo prendere un uomo
vecchio, così mi mantiene e non è neanche geloso. Non l’ avevo mica capita ancora; è proprio
vero che ci sono sempre delle cose nuove da imparare.
ALVARO:
Chi vuoi che ti prenda a te, non sei mica allegra coma la Galina, che canta tutto il giorno.
LISA:
La gallina canta solo quando fa l’ uovo, ignorante, è il gallo che canta.
ALVARO:
Allora canterà il babbo, per la contentezza di avere una bella donna e giovane.
LISA:
E le corna sulla testa, che deve andare alla fiera di San Martino a Santarcangelo, a passare
sotto l’ arco dei becchi.
GUSTAVO:
State un pochino zitti ragazzi, non è mica detto che me le faccia, anzi, mi vuole un bene che
mai.
LISA:
Babbo, cala, metti i piedi in terra, scendi dalle nuvole!
GUSTAVO:
La mia è diversa dalle altre, lei è proprio innamorata di me, mi vuole bene per davvero.
LISA:
Dì, ma la vuoi sposare quella?
GUSTAVO:
Per il momento non lo so, non ci ho ancora pensato.
ALVARO:
Te fai bene così, stacci insieme, ma non ti sposare, che sennò sono problemi, lo sai, le carte, i
documenti…
GUSTAVO:
Non le dovete mica fare voi due le carte e i documenti, cosa vi interessa?
LISA:
Così, facevamo per parlare, è meglio che la conosci bene, prima di prendere una decisione
così importante.
ALVARO:
E che tu lo dica anche ai figli.
GUSTAVO:
Ho capito, ho capito, non mettetevi dei pensieri per me, che io ho la testa sulle spalle, sono
bravo a fare gli affari e non mi faccio fregare da nessuno, neanche dalle donne; potete stare
tranquilli.
LISA:
Speriamo babbo, allora io devo andare.
ALVARO:
Anche io bisogna che vada; ti saluto babbo.
( Lisa e Alvaro escono)
GUSTAVO:
Se gli dicevo che l’ appartamento lo intesto metà alla Galina, chissà cosa avrebbero detto.
Io coi miei soldi faccio quello che mi pare e non voglio discussioni coi figli, perché a
loro interessa solo l’ eredità. Che vadano a lavorare e si guadagnino i soldi, come ho fatto io.
( Suona il campanello, entra Colomba: ha circa l’ età di Gustavo, vestita di un’ eleganza un po’
demodè, con abiti di parecchi anni fa, ma ancora buoni, pettinatura idem, si notano le origini
contadine )
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COLOMBA:
Gustavo, perchè mi hai fatto venire qui?
GUSTAVO:
Ti piace questa casa?
COLOMBA:
( si guarda attorno) E’ bella, ma di chi è?
GUSTAVO:
La mia.
COLOMBA:
La tua? Mo da quando?
GUSTAVO:
Da oggi.
COLOMBA:
Ma che sorpresa! Come mai?
GUSTAVO:
Oggi è giorno di mercato, so che te vieni sempre in paese e ti ho fatto venire qui perché ho
bisogno di parlarti.
COMBA:
( con aria meravigliata e quasi speranzosa di buone notizie); Dì pure, mi immagino che ci
siano delle novità importanti.
GUSTAVO:
Sì, Colomba, ho una cosa importante da dirti e non so come tu la prenderai.
COLOMBA:
Con te c’ è sempre da aspettarsi tutto e il contrario di tutto.
GUSTAVO:
Hai una bella considerazione di me.
COLOMBA:
Ormai ti conosco bene, non puoi dire che non sia vero.
GUSTAVO:
Sì, ma stavolta ho preso una decisione importante.
COOMBA:
Ah, vedo, hai comperato questa casa.
GUSTAVO:
E ho deciso… ho deciso di sposarmi.
COLOMBA:
( con aria compiaciuta, perché pensa di essere la prediletta). Dici davvero? Di già? Non è un
po’ troppo presto? E’ da poco che è morta tua moglie, non sarebbe meglio aspettare che
passi l’ anno del lutto?
GUSTAVO:
No, no , ho preso la mia decisione, ho comperato questo appartamento perché mi sono
stancato di vivere in campagna, voglio cambiare e non voglio più stare da solo.
COLOMBA:
Ohi, questa è bella, te vuoi venire ad abitare in paese? E l’ orto, le galline, la casa lì vicino alla
mia, cosa ne farai?
GUSTAVO:
La casa l’ ho affittata.
COLOMBA:
Oltro, fai presto te a prendere delle decisioni; capisco che tu non voglia più stare da solo, ma
le cose vanno fatte per bene, non bisogna avere fretta. Anche la gente cosa dirà? No, no, è
troppo presto, la gente farà delle chiacchere.
GUSTAVO:
Cosa mi importa a me della gente!
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COLOMBA:
Ciou, è una decisione importante; ce ne sono delle cose da mettere a posto, non si può mica
fare così di fretta. Prima ci vuole il fidanzamento.
GUSTAVO:
Sì va bene, intanto adesso non è più come una volta e alla nostra età, poi si va a stare
insieme, senza fare tante mosse.
COLOMBA:
E i tuoi figli, hai parlato con loro? Perché se non sono d’ accordo dopo si trova da dire,
bisogna sempre fare le cose fatte bene e andare d’ accordo con tutti, a cominciare dai figli.
GUSTAVO:
Sono andati via proprio adesso, loro sono d’ accordo hanno detto che io devo stare bene e
farmi passare il dispiacere della morte della mia povera moglie; hanno detto che sono
contenti, che io devo fare la mia vita.
COLOMBA:
Ciou, tutto così all’ improvviso…cambiare casa, cambiare vita…ma se ti piaceva tanto lavorare
nell’ orto e tutta la roba che c’ è nell’ orto chi la va a raccogliere? E chi va adare da mangiare
alle galline, non vorrai mica lasciarle all’ affittuario?
GUSTAVO:
Per questo voglio parlare con te; io vorrei che te ammazzassi tutte le galline e per il lavoro
che fai, invece di pagarti, ho pensato che potremmo fare metà per uno; La mia metà me le
porti qui pulite da mettere nel frigo e pronte da cuocere. Per l’ orto facciamo lo stesso a
metà.
COLOMBA:
Vuoi ammazzare tutte le galline? Mo se c’ eri così affezionato, hai le romagnole di razza
buona, non si può mica ammazzarle, mandare a male la razza.
GUSTAVO:
Io la razza la faccio con la Galina, quelle altre te le puoi tenere te, se non vuoi tirargli il collo
le tieni da fare le uova.
COLOMBA:
( comincia ad essere incerta, a non capire bene) Bè mo fino al matrimonio verrai pure ancora
a stare nella tua casa là in campagna.
GUSTAVO:
Io sto qui, ho fatto San Martino stamattina e là non ci vengo più.
COLOMBA:
Ma… io… non riesco a capire…una decisione così; lo so che sei sempre stato una testa calda,
ma così poi no, non credevo.
GUSTAVO:
E poi mi devi fare il piacere di pulire la casa di campagna, perché deve venire l’ affittuario.
Per questo lavoro ti pago.
COLOMBA:
Ma…non m’ interessa essere pagata, adesso che…
GUSTAVO:
No, no quel che è giusto è giusto, quel che devi avere te lo dò. Mi dispiace solo che non
mangerò più la tua pida, che te sei così brava a farla, come la fai te non c’ è nessuno.
COLOMBA:
( ancora più confusa) Co…come, come sarebbe a dire che non la mangerai più? ( si appoggia
al divano, perché sta per cadere)
GUSTAVO:
Dì, se me la farai ancora io sono contento e come, perché la Galina non è mica capace di
farla.
COLOMBA:
Ma cosa dici mai! La gallina! Sei sempre un gran burlone te, sempre pronto a fare scherzi!
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GUSTAVO:
Ma dico davvero, in Russia la pida non la fanno mica.
COLOMBA:
Cosa c’ entra la Russia, qui siamo in Romagna.
GUSTAVO:
Appunto, la piadina la facciamo solo noi.
COLOMBA:
E io la faccio sempre, tutti i giorni, anche il mio povero marito la voleva tutti i giorni.
GUSTAVO:
Come me; bisognerà che la mia donna impari a farla.
COLOMBA:
Ma… ma, ho capito bene? Non sarà mica che ti sei trovato una di quelle straniere?
( Cerca di ricomporsi per non fare vedere l’ emozione)
GUSTAVO:
Te l’ ho pur detto; perché pensi che io non sia capace di trovarne una giovane e bella?
COLOMBA:
( si appoggia ancora al divano) Non ci vuole molto a trovare una di quelle, si fanno
concorrenza anche tra di loro.
GUSTAVO:
Eh, vuol dire che noi uomini possiamo scegliere nel mazzo la più bella, che abbiamo una gran
scelta.
COLOMBA:
Anche di trovare la più sciocca o quella che guarda di più all’ interesse.
GUSTAVO:
Mo no! Che io sono sveglio e accorto, non avere paura. Piuttosto senti Colomba, da quando è
morto tuo marito?
COLOMBA:
Sono ormai tre anni che sono vedova.
GUSTAVO:
E in tre anni non hai mai trovato un uomo per farti di nuovo una famiglia?
COLOMBA:
Non è mica come parlare, alla mia età poi, sarebbe già una fortuna trovare un vedovo.
GUSTAVO:
Bè mo và pure bene, guarda me, io ho trovato.
COLOMBA:
Non dirai mica sul serio? Vuoi prendermi in giro o dici davvero?
GUSTAVO:
Certo che dico davvero. Dai non fare quella faccia triste, devi essere allegra, vedrai che anche
te troverai un uomo.
COLOMBA:
( sostenuta ) Io sto bene lo stesso, non preoccuparti per me, pensa di stare bene te. E
quando sarebbe il matrimonio?
GUSTAVO:
Per il momento stiamo insieme, poi si vedrà; lei è tanto innamorata, mi vuole un bene che
mai.
COLOMBA:
E anche te sei innamorato? Hai fatto presto a dimenticare la tua povera moglie.
GUSTAVO:
Ciou Colomba, non bisogna mica sempre piangere, la vita è corta, bisogna prendere su tutto
quello di buono che si può, bisogna stare bene e divertirsi.
COLOMBA:
A te il divertimento non è mai mancato, l’ hai preso sempre su, non hai perso nessuna
occasione.
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GUSTAVO:
Io sono un cacciatore, lo sai, a me piacciono le donne belle, come sei anche te.
COLOMBA:
Sì, lo so magari e chi non lo sa, che sei sempre in giro.
GUSTAVO:
Però questa volta mi sono fermato, basta frullare intorno, questa donna mi fa divertire
molto, non ho bisogno di andare in giro a cercare altro.
COLOMBA:
Ho piacere per te e ti faccio tutti i miei auguri.
( entra Galina, con due borse della spesa)
GALINA:
Amore sono tornata, mi aiuti a mettere spesa in frigo?
GUSTAVO:
Ecco Colomba ti presento la mia donna.
( intanto prende le borse della spesa e va in cucina)
GALINA:
Ciao, io Galina e tu?
COLOMBA:
Anche io ho le ali, ma somno una picciona bianca, di nome mi chiamo Colomba.
GALINA:
Oh, che bello, tu picciona?
COLOMBA:
Oh sì, i piccioni arrosto sono più buoni delle galline, i piccioni sanno di selvatico, a chi piace,
sono meglio; ma si vede che stavolta a lui è piaciuta più una gallina. ( a parte ) E pensare che
io avevo capito tutta un’ altra roba, va pure là.
GALINA:
cosa essere pizoni? Io no capito bene.
COLOMBA:
I pizoni volano liberi, in alto, vanno dove gli pare, vedono il modo; le galline invece stanno nel
pollaio e dormono sopra il bastone lordo.
GALINA:
Tu sapere tante cose, io no romagnola, tu insegnare a me.
( rientra Gustavo)
GUSTAVO:
Davvero Colomba, perché non le insegni a fare la piadina? Dai sta un pochino qui. Io devo
uscire due minuti, vado e torno, fate amicizia.
( esce)
COLOMBA:
Ti devo insegnare a fare la pida?
GALINA:
Mio amore piace molto pida, lui dice tu molto brava, tu insegnare me.
( le due donne si siedono sul divano)
COLOMBA:
Allora devi prendere la farina, te lo tieni in mente o vuoi scrivere?
GALINA:
Io menta, no quella da mangiare, vero? Io memoria buona, io brava cuoca, bene cucina.
COLOMBA:
Prendi la farina bianca o anche gialla, come vuoi, la ammolli.
GALINA:
A- molli? Molli, cosa?
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COLOMBA:
No, le mollette servono dopo per stendere la pasta e attaccarla su, con le mollette, quelle
per stendere i panni.
GALINA:
Io no capito, perché stendere pasta?
COLOMBA:
Per asciugarla, ma quello viene dopo; prima ci vuole l’ acqua, il sale, molto sale. A Gustavo
piace picanta, per cui ci metti molto peperoncino rosso.
GALINA:
Pida picanta piace a Gustavo?
COLOMBA:
Lui vuole tutto picanto, molto, molto, dice che gli fa bene per le moroidi.
GALINA:
Morodi? Devo mettere in farina?
COLOMBA:
No quelle le ha già, non c’ è bisogno di metterle nella pida.
GALINA:
Dove avere morodi?
COLOMBA:
E’ meglio che tu non lo sappia , lascia stare, andiamo avanti. Allora, hai capito?
GALINA:
Ah, capito, molto picanta, molto sale.
COLOMBA:
Sì che ha la presione alta, gli fa bene.
GALINA:
Gustavo presione?
COLOMBA:
Lui è vecchio e pieno di malanni.
GALINA:
Lui malanni?
COLOMBA:
Deve prendere la medicina, tutti i giorni, sempre.
GALINA:
Io no sapere lui tanto malato, poverino, lui tenuto me scuro.
COLOMBA:
Eh, lui non dice mica niente, sennò ha paura che te lo lasci.
GALINA:
Io no lasciare lui, lui buono, lui casa regala.
COLOMBA:
Ma senti lì, questa poi è proprio grossa; cosa vuole dire essere giovane e io che mi
credevo…valà lasciamo perdere!
GALINA:
Tu dire me pida, no lasciare.
COLOMBA:
Dove eravamo arrivate?
GALINA:
A picanto.
COLOMBA:
Allora dopo devi fare l’ impasto, sei capace di impastare?
GALINA:
Mescolare tutto, vero?
COLOMBA:
La impasti con un pochino di acqua, un pochino di vino, che a lui piace tanto, un po’ di latte
e un po’ di aceto. Li devi mescolare tutti insieme e fai una bella palla rotonda. Poi ci vuole lo
s-ciaduro.
15
GALINA:
S-cia… s-ciaduro? Come fatto e cosa serve?
COLOMBA:
E’ un bastone tondo che serve per tirare la sfoglia e delle volte anche per dare una botta in
testa al marito.
GALINA:
Voi romagnole bote in testa a marito? Noi no, mai, noi ubbidire, sempre.
COLOMBA:
Quando Gustavo ti fa arrabbiare glie lo dai in testa, intanto ci ha fatto l’ abitudine, la sua
moglie glie lo dava tutte le sere quando ritornava a casa imbriaco.
GALINA:
Moglie dava botte? perchè im-briaco?
COLOMBA:
Te non lo sai, ma beve molto e spende tutti i soldi all’ osteria, quella povera moglie l’ ha fatta
morire dal dispiacere.
GALINA:
Rusia uomini bere vodka, sempre briaghi loro, noi donne zitte, no botte.
COLOMBA:
( a parte) Oh, ma qui non ne indovino una, non c’ è modo di farle paura.
( a Galina) Allora andiamo avanti, perché è ormai ora che io mi vada a casa. E poi la pida la fai
asciugare e la attacchi su con le mollette.
GALINA:
Io mollette, stesa dove?
COLOMBA:
Va bene anche quello per asciugare i panni.
GALINA:
E quanto io sugare?
COLOMBA:
Due-tre ore vanno bene. Dopo la devi cuocere sulla teggia; ce l’ hai?
GALINA:
Tegia? Io no, io non avere.
COLOMBA:
Allora la fai comperare da Gustavo; gli devi dire che comperi quella più buona, sennò si
rompe subito, quelle di terracotta e poi la metti sul gas, fai il fuoco alto alto, al massimo, la
riscaldi bene bene.
GALINA:
Fuoco alto io bruciare pida.
COLOMBA:
La teggia di terracotta vuole il fuoco alto, si deve scaldare subito, dopo abbassi il fuoco e
cuoci la pida tonda, tirata col s-ciaduro.
GALINA:
Io grazie, tu brava, anche io diventare brava a fare pida.
COLOMBA:
Te fai come ti ho detto e vedrai che pida buona, e come Gustavo sarà contento. Adesso vado,
ti saluto.
( esce)
GALINA:
Io spero ricordare tutte quelle cose che volere per fare pida. La vecchia dove lavoravo la
comprava pronta, no aveva sciaduro, no tegia.
( esce verso la cucina, ma subito entra Gustavo, ha in mano una bottiglia di spumante)
16
GUSTAVO:
Amore, gallinella, dove sei? Vieni a vedere cosa ho comperato.
GALINA:
Tesoro cosa c’è?
GUSTAVO:
Dobbiamo festeggiare, ho comperato una bottiglia di spumante, quello più buono.
GALINA:
Spumante, ancora? Ma tu bevuto vino prima, festeggiato già.
GUSTAVO:
Stamattina abbiamo bevuto un goccio di vino appena, poi sono arrivati i miei figli, adesso
invece finalmente siamo da soli, adesso ci vogliamo imbriagare per la contentezza.
GALINA:
Io no volere, tu no imbriago, tu cambiare, tu fare bravo, tu no bere più, sennò io s-caduro.
GUSTAVO:
Che cosa hai, l’ allergia per il vino? Ti viene lo scadore? Se invece stamattina non hai detto
niente.
GALINA:
Io no volere te bere, io scaduro tua testa, io marito brico lasciato in Russia.
GUSTAVO:
Se avevi un marito che era ignorante come un somaro hai fatto bene a scappare via, ma io
invece sono un uomo per bene.
GALINA:
Io no marito somaro, marito imbrico di vodka.
GUSTAVO:
Era ubriaco di vodka?
GALINA:
Lui vodka matina a colazione.
GUSTAVO:
Io non sono mica un ubriacotto, con me sei sicura, io bevo solo ogni tanto, un bicchiere a
tavola e basta.
GALINA:
Tu vino, spumante
GUSTAVO:
Ma questo è solo per oggi, perché dobbiamo festeggiare la casa nuova.
GALINA:
Tu prometti solo oggi?
GUSTAVO:
Mo bè, hai dei dubbi? Dai vieni qui che adesso è ora di mangiare e dopo beviamo lo
spumante; ciou è il migliore, il brut, te non hai mai sentito una bottiglia come questa.
GALINA:
Sì amore, io volere bene a te, io volere te no briaco.
GUSTAVO:
Te lo giuro; piuttosto la Colomba ti ha insegnato a fare la pida?
GALINA:
Sì, ma tu comperare tegia di tera bona e s-caduro, per fare pida e se te bere io scaduro testa
tua come donne romagnole.
( si chiude il sipario)
( A piacere suona la canzone “ La Pida” di Secondo Casadei )
FINE PRIMO ATTO
17
SECONDO ATTO
( A piacere suona la canzone “ Magna la piadina”)
( sul palco è stato messo uno stendipanni, sopra ci sono delle piadine stese ad asciugare;
Galina, ne sta stendendo un’ altra, possibilmente le ferma con le mollette, se le cadono, le
prende da terra e le stende. )
GALINA:
Che fatica stendere queste pide, no ci stanno, cadono, perdono forma.
( entra dalla porta d’ entrata Gustavo, ha in mano un pacco di pasticcini e una borsa della
spesa)
GUSTAVO:
Galina sono qui, ho comperato le paste e il vino. ( vede Galina che stende le pide)
Ma cosa fai? Che cos’ è quella roba?
GALINA:
Io sugare pida, prima di cuocere.
GUSTAVO:
Moh, io non ho mai visto la mia mamma asciugare la pida, le tagliatelle sì, ma la pida non mi
ricordo…Galina, questa è la pida, non si deve asciugare, ti sbagli con la sfoglia.
GALINA:
Io seguire regole di Colomba, lei dire sugare due ore.
GUSTAVO:
Ma no poverina, non avrai capito bene, neanche da quando sono vedovo che lei mi faceva da
mangiare, non l’ ho mai vista asciugare la pida.
GALINA:
Sì, lei detto, io sicura.
GUSTAVO:
Bo, fa come vuoi, io sono un uomo, non ho mai fatto la sfoglia. Piuttosto, spicciamoci che tra
poco arrivano i miei figli.
GALINA:
Figli arrivare tra poco, io indietro lavoro, noi festeggiare casa nuova con loro.
GUSTAVO:
Allora vediamo di fare presto a cuocere le pide; io ho comperato prosciutto e squaqquerone
da mangiare con la pida e le paste con lo spumante.
GALINA:
Io ceso gas, scaldato tegia, tu cuocere pida;
( prende una piadina e glie la dà)
Questa sugata, questa qui due ore, tu cuoci.
GUSTAVO:
La cuocio subito; ho una voglia di vedere come sei diventata brava a fare la pida! La Colomba
è la più brava cuoca romagnola, con una maestra così non ti puoi sbagliare.
( prende la piadina e va verso la cucina, ma suona il campanello, Gustavo, con la pida in
mano, fa entrare Lisa e Alvaro)
18
LISA:
Babbo, siamo arrivati.
ALVARO:
Come mai questa novità che ci hai invitati?
GUSTAVO:
Vogliamo festeggiare tutti insieme l’ inaugurazione della casa nuova.
LISA:
Oh, sei diventato meno selvatico, si vede che la Galina ti insegna bene.
GALINA:
Io insegno educazione, modo di fare.
ALVARO:
Ci voleva proprio, babbo era ora che tu imparassi a stare al mondo.
LISA:
Lo sai che hai pèrorio fatto un grande affare? La casa nuova, la donna nuova che ti custodisce
e ti fa anche da badante gratis.
GUSTAVO:
Proprio gratis del tutto no…
ALVARO:
Bè le darai da mangiare, ma lei in cambio ti lava e ti stira.
GUSTAVO:
Sì… E poi perché da badante? Io non sono mica ancora vecchio.
LISA:
Sarà già pronta quando ne avrai bisogno.
GUSTAVO:
Valà, prima che diventi vecchio vado a cuocere questa pida.
( esce verso la cucina)
GALINA:
Io no badante.
ALVARO:
Perché quando sarà vecchio non starai più con lui?
GALINA:
Io sempre stare con lui, io mai andare via da questa casa.
LISA:
Ci credo, mi immagino che dove abitavi non avevi una casa così bella.
ALVARO:
E neanche un marito bello come il mio babbo.
GALINA:
Io in Russia casa vecchia e marito lasciato perché sempre ubriaco di vodka.
GUSTAVO:
( da dietro le quinte) Porca paletta! ( entra) Si è crepata la teglia! Nuova, nuova! Al giorno d’
oggi fanno delle robe che non sono più buone da fare niente. Te Galina, l’ hai scaldata piano,
piano?
GALINA:
Io ceso foco alto.
GUSTAVO:
Ma no! La teglia di terra cotta va scaldata piano, piano, sennò si rompe. Ecco perché si è
crepata subito, ma guarda, la prima volta che l’ adoperiamo.
GALINA:
Colomba detto fare foco forte, forte.
GUSTAVO:
Non avrai capito bene, giù; dai, ormai è fatta. Quest’ altra volta la compero di ferro, così
faccio prima e non si rompe.
19
LISA:
Dì, babbo, non è niente, dai, io la pida la compero, vedrai che faccio prima.
GUSTAVO:
Mo te poverina non puoi fare gli sforzi, per quello la comperi. Fare la pida è una fatica!
ALVARO:
Faremo lo stesso.
GUSTAVO:
Forse riesco a cuocerla lo stesso, almeno per oggi.
( esce, va in cucina)
GALINA:
Gustavo comperato anche pasticcini.
ALVARO:
Quelli che piacciono a me, io sono gloso che non lo sa nessuno, io posso fare anche a meno
della pida, se ci sono i pasticcini.
GUSTAVO:
( entra con una piadina in mano) Ce l’ abbiamo fatta, anche se la teglia si è crepata, per il
momento cuoce lo stesso. La pida l’ ha fatta Galina, eh! Galina dammi una mano, che
facciamo i pezzi e ci mettiamo il prosciutto e il formaggio.
( Galina e Gustavo eseguono )
Galina è diventata una cuoca brava, come una romagnola.
LISA:
( assaggia la piadina, fa delle boccacce ) Sì, ma mi parte che abbia messo troppo sale.
ALVARO:
( assaggia e sputa la piadina) Oltro che sale, è piccante!
GUSTAVO:
( la sente e la sputa fuori) Ma cos’ è questa roba! Il mio signore, cosa ci hai messo dentro?E’
salata, ha il pepe, che schifo!
GALINA:
( addolorata, quasi piangente) Io fatto ricetta, io seguito bene istruzioni; a me dispiace se no
buona, io lavorato.
GUSTAVO:
Non ti offendere, dai, ti chiedo scusa; quest’ altra volta la comperiamo, così non sbagliamo.
LISA:
Bravo babbo, così si fa con le donne; ma vè, Galina ti ha proprio cambiato.
GUSTAVO:
Dicono che solo chi non cambia mai è uno zuccone, perché le esperienze devono insegnare.
Ma per fortuna ci sono le paste.
( Gustavo e Galina aprono i pasticcini e lo spumante e lo versano per tutti)
ALVARO:
La pida è sempre buona, ma le paste! Chi era quella regina che ha detto di dare le paste da
mangiare a quelli che non avevano il pane? Brava, brava, quella sì che ragionava bened.
LISA:
Se non mi sbaglio era quella a cui hanno tagliato la testa.
ALVARO:
Ah, però, allora è meglio la pida?
GUSTAVO:
Per un romagnolo sì, vuoi mettere?
LISA:
Quando è buona sì…
GALINA:
A me dispiace, io sbagliato, a me insegnato Colomba.
20
ALVARO:
Non mi interessa, per me vanno bene le paste.
LISA:
Dai valà, adesso basta mangiare, andiamo via.
ALVARO:
Av salout. Hai ragione, è ora che vada anche io. Vi salutiamo.
( Lisa e Alvaro escono)
GUSTAVO:
Ma dimmi una cosa, cosa ci hai messo nella pida? Una gran quantità di sale e poi?
GALINA:
Sale sì, tu fare bene; poi peperino roso, tu fare bene morodi.
GUSTAVO:
Lascia stare che è meglio; da adesso in poi te lo dico io come si fa e poi lo sai? Quasi mi metto
io a fare la pida, perché io sono un romagnolo, te invece sei nata dove crescono solo le
patate. La pida della bottega non mi piace; sì, sì, mi tocca fare da solo, ciou, bisogna
adattarsi. Vuoi vedere che io sono capace a farla? Bisogna che mi adatti a farmi la pida.
( suona il campanello, Gustavo va ad aprire, entrano Rutilio e Isabela)
RUTILIO:
E’ tutto pronto, i documenti sono a posto, tra dieci giorni andiamo dal notaio, ricordalo, alle
quattro precise.
GUSTAVO:
Noi cosa dobbiamo portare?
RUTILIO:
I vostri documenti; io al notaio ho dato le istruzioni di intestarla metà per uno, come te mi hai
detto.
GUSTAVO:
Ti sei ricordato di fargli scrivere che se uno muore, l’ altro ha il diritto di stare qui, come si
dice… il frutto.
RUTILIO:
L’ usufrutto, bè vuoi che mi sia dimenticato? Io faccio le cose per bene, precise, tutti
conoscono la mia agenzia come la migliore che ci sia, io non ho mai sbagliato niente.
GUSTAVO:
Buon per te, vuol dire che te nel tuo lavoro sei preciso e scrupoloso.
RUTILIO:
E poi prima di firmare il notaio ve lo legge tutto e se ci sono delle cose che non vanno bene,
le fai cambiare.
GUSTAVO:
Allora ti devo dare gli altri ventimila euro di caparra.
RUTILIO:
Anche i soldi del notaio, perché con lui faccio tutto io.
GUSTAVO:
Perché il notaio si paga anticipato?
RUTILIO:
Questo notaio fa così, dice che è meglio, perché quel giorno si deve solo firmare e basta e
siete a posto.
GUSTAVO:
Ciou, li vuoi adesso?
RUTILIO:
Per forza, guarda che ti do la ricevutaeh! Te prepara l’ assegno e io faccio la ricevuta.
GUSTAVO:
E quanto sarebbe il costo del notaio?
21
RUTILIO:
Dieci mila euro, perché sono comprese le tasse. Sei di tasse e quattro di notaio.
GUSTAVO:
Non è un po’ caro questo notaio? Mi sembrano molti.
RUTILIO:
Non lo sai che i notai sono tutti dei gran signoroni? Vanno a percentuale e non si può fare a
meno di andare da loro quando si fa un affare.
GUSTAVO:
Quelli fanno proprio un bel mestiere, i soldi li prendono sempre, anche quando muori.
RUTILIO:
Se i figli vogliono l’ eredità, devono passare da loro. Ecco, questa è la ricevuta, tienila
acconto.
GUSTAVO:
E questo è l’ assegno: venti di caparra, più dieci fanno trentamila euro. Controlla se va bene.
RUTILIO:
( lo controlla ) Mi sembra di sì. Tieni anche questo foglio, ci ho scritto la data e l’ ora del
rogito, così non ti sbagli.
GUSTAVO:
Ecco qua; ( apre ancora lo stesso cassetto ed estrae un mazzo di chiavi) E queste sono le
chiavi della mia casa, quando volete ci potete andare che è già tutta a posto come eravamo
d’ accordo, pulita e verniciata. Allora ci vediamo tra dieci giorni. ( rivolto a Isabela) come è
andata a Venezia?
ISABELA:
Non sono ancora andata, non ho visto Venezia.
RUTILIO:
No, non siamo potuti andare, io ho avuto un sacco di lavori da mettere a posto; andiamo
domani.
GALINA:
Tu fortunata, tu fare bel viaggio.
ISABELA:
Io non vedo l’ ora di rivedere i miei parenti, i miei fratelli e le mie sorelle.
GUSTAVO:
Ne hai molti di fratelli?
ISABELA:
Io ho quattro fartelli e cinque sorelle.
GALINA:
Voi molti, più di io.
RUTILIO:
Cosa volete mai, là nel Veneto sono ancora indietro, gli uomini bevono sempre e poi fanno i
figli.
GUSTAVO:
Fanno ancora come una volta, anche la mia nonna aveva dieci figli.
ISABELA:
Noi siamo famiglie povere e con tanti figli.
RUTILIO:
Sì, però adesso non stare a raccontargli tutta la tua famiglia, che abbiamo da fare degli altri
affari, su andiamo.
( si avviano alla porta, salutando)
GUSTAVO:
Dì Galina, se noi finiamo quella bottiglia che è rimasta? Dai, dopo ci divertiamo anche noi.
GALINA:
Noi fare ancora festa, io e te casa, per sempre, io stare qui tutta la vita, sempre con te, anche
dopo tu morire.
22
GUSTAVO:
( fa un gesto scarantico) Per il momento pensiamo a campare e a divertirci; alla morte ci
penseremo quando sarà il momento.
( suona il campanello)
GUSTAVO:
Mo chi è? Prorio adesso? Adesso basta, voglio stare in pace con te. Fai una cosa, va a vedere
chi è e mandalo via, dì che non ci sono, che io non ho più voglia di gente.
(Galina va ad aprire, entra Colomba con in mano una grossa sporta, in cui ci sono due galline
vive. A piacimento e necessità della compagnia, possono essere o legate, perché non volino,
o in una gabbietta, tipo quelle per gatti, ma che siano visibili le galline, oppure libere, se il
posto e il teatro lo consentono)
GALINA:
Amore io no potuto dire tu non essere, perchè Colomba portato polli, come tu ordinato.
GUSTAVO:
Sei te Colomba, vieni, così facciamo un bell’ arrosto, non vedo l’ ora di mangiare bene, delle
galline di campagna, queste sì che sono buone! Galina portale in cucina.
( Colomba le porge la borsa, Galina guarda dentro e fa un urlo)
GALINA:
Galine vive! Ah! Aiuto! No mangiare, io paura! Io no prendere.
( qui sta agli attori fare vedere le due galline e possibilmente farle volare o muoveris sul
palco; se sono libere, possono volare fuori dalla borsa e chi può le prende anche tra il
pubblico, oppure uno degli attori in scena e le rimette o nella gabbietta, o a seconda di come
si è scelto di fare)
GUSTAVO:
Ma Colomba cosa hai capito? Ti avevo detto di portarle pulite, pronte da cuocere.
COLOMBA:
Io alla Dora e alla Berta non tiro il collo, se le vuoi mangiare le ammazzi te.
GUSTAVO:
Cos’ è questa novità oggi, non l’ hai sempre fatto?
COLOMBA:
Sì quelle normali da mangiare, ma queste due qui no, queste sono di razza, le romagnole, tu
le hai sempre tenute per fare la razza, io non le ammazzo.
GUSTAVO:
Eravamo pure d’ accordo che facevamo metà per uno; allora perché non me ne hai portate
altre due.
COLOMBA:
Quelle che io ho preso sono nel pollaio, mica le tiro il collo.
GUSTAVO:
Dunque le galline erano otto, quattro per te e quattro per me; ce ne mancano ancora due,
dove sono?
COLOMBA:
Sono nel tuo pollaio, tutti i giorni le dò da mangiare e da bere.
GUSTAVO:
E allora perché non mi hai portato le altre due?
COLOMBA:
Te le porto quest’ altra settimana, come siamo d’ accordo.
GUSTAVO:
Pulite!
COLOMBA:
Se le vuoi mangiare ci tiri te il collo.
23
GUSTAVO:
Neanche alle altre?
COLOMBA:
Fallo fare alla tua donna, alla Galina, sarà pure capace anche lei.
GALINA:
Io no mazare galine, io supermercato, pronte e cote spiedo.
GUSTAVO:
Ho capito, va pure là, dai porta via quelle galline, che con te ne parleremo un’ altra volta, per
oggi ne ho avuto abbastanza.
( esce, sbattendo la porta; Colomba mette a posto le due galline, poi saluta ed esce anche lei)
GALINA:
Antipatica, dona romagnola, cativa e dispetosa. Piadina no buona, polli vivi, lei fare dispetti;
io dire Gustavo che io no volere più vedere; lei donna contadina, io città, lei gnorante, io fine.
Antipatica! Lei gelosa, io giovane, lei vecchia.
( suona il campanello)
Se lei tornata io dare calcio nel sedere, io mandare via.
( apre la porta, entra Nicolai, un uomo di media metà col colbacco in testa, sciarpa, guanti,
cappotto, baffi, stivaletti ai piedi, una valigia di medie dimensioni o un borsone, a piacere))
GALINA:
AH!... Nicolai! Cosa fare tu qui?
NICOLAI:
Galina! Finalmente ti ho trovata!
GALINA:
Come avere fatto tu a trovare me?
NICOLAI:
Io girato tanto, chiesto tue amiche, tua madre, tua sorela; amore mio torna a casa!
GALINA:
Io no, tu bere, io no tornare più.
NICOLAI:
No, io smesso, io non bere più, amore, moglie mia, ti voglio bene, torna a casa con me. Io da
più di uno anno solo, io disperato senza te.
GALINA:
Io no credo a te, tu fatto tante promesse, sempre e poi tu ricominciare a bere vodka.
NICOLAI:
Io sono stato cura, spedale, io guarito, giuro, no più vodka, mai, io fatto cura intossico, io non
bere più; tu mia moglie, tu tornare casa.
GALINA:
Io vivo qui, ora ho un altro omo, Gustavo; lui mi volere bene e dare me casa, presto andare
da notaio e lui intesta a me.
NICOLAI:
Casa? In-testa? Cosa fare tua testa? Cosa c’ entrare con casa? Tu no testa buona, per andare
via? Tua testa malata?
GALINA:
Mia testa buona, io ragionare bene, io penso a casa.
NICOLAI:
Quale casa?
GALINA:
Questa qui, io abitare qui.
NICOLAI:
Tu no sposato lui, tu essere ancora mia moglie.
24
GALINA:
Io convivo, no matrimonio, non ancora.
NICOLAI:
Gusto uomo dove è ora? Tu vivi con lui, no, tu no potere vivere con altro uomo.
GALINA:
Lui buono, mi volere bene, lui no bere vodka.
NICOLAI:
Io geloso, tu no altro uomo, vieni a casa, io perdonare te.
GALINA:
Se io tornare a casa e poi perdere casa qui e se te bere ancora? No, io devo pensare bene,
prima Gustavo mi deve intestare casa e se poi tue promesse fumo?
NICOLAI:
Tu no volere perdere casa? Tu ami casa più di me?
GALINA:
Io volere tempo, pensare, ragionare, capire.
NICOLAI:
Alora io stare qui con te e aspetare tua decisione, io no andare via, io no tornare a casa solo,
io voglio te con me.
( la abbraccia, in quel momento si apre la porta, entra Gustavo, con meraviglia e arrabbiato)
GUSTAVO:
E questo chi è? Cosa fa in casa mia? Galina chi è quest’ uomo?
GALINA:
E’… è… oh gustavo… è mio fratelo apena rivato da Russia, per trovare me, se io stare bene,
lui stanco, viaggio lungo treno.
GUSTAVO:
Ha patito il freddo là, guarda come è coperto bene, se poi è arrivato col treno, ciou è lunga
davvero, il poveretto sarà stanco, sì.
NICOLAI:
pasauzta, ia fratelo Galina. ( dà la mano a Gustavo)
GUSTAVO:
Gustavo, piacere. Cos’ è che ha detto con quella parola? ( a Galina)
GALINA:
Lui piacere conoscere te. Senti Gustavo, lui stanco, lui no soldi albergo, tu opitare lui qui.
GUSTAVO:
Bè non c’ è mica problema, abbiamo la tomana.
GALINA:
Gustavo chi è tomana? Io no conoscere questa donna che tu volere dare mio fratelo.
NICOLAI:
Sorela io no essere inamorato di Tomana, io volere dormire con te.
GUSTAVO:
Macchè donna! La Tomana, quella, ( indica il divano) dormirà lì.
NICOLAI:
Io molto stanco, io bisogno letto grande, comodo, io viaggiato tanti giorni in piedi, treno
pieno. Lui cosa dire, io no capire bene sue parole.
GALINA:
Lui parla lingua di qui, un po’ dialetto, no russa, lascia fare a me, io capisco sua lingua,
perché io lavorato uno ano con vechia che parlava solo dialeto; io imparato più dialeto di
italiano.
NICOLAI:
Tu sì, ma io cosa dire lui? Lui essere uomo di casa qui?
GUSTAVO:
Io sono l’ uomo della tua sorella, noi siamo morosi.
NICOLAI:
Che volere dire murosi? Lui muro? Lui duro come muro, lui no cambiare idea mai?
25
GALINA:
Lui fare duro, ma cuore buono.
GUSTAVO:
Il tuo fratello non capisce la nostra lingua, si vede che è appena arrivato.Dai parla te con lui,
che io vado a mettermi le ciabatte.
( esce verso la camera)
NICOLAI:
Tu no dormire con lui, io no volere, tu mia moglie.
GALINA:
Io mettere te prova, io volere vedere se tu mi volere bene, lascia fare a me.
NICOLAI:
Io dare bote in testa lui, te no dormire con lui.
GALINA:
Facciamo… uno giorno sì, uno no.
NICOLAI:
Io volere te sempre.
GALINA:
No, io volere anche casa e capire se te inamorato, te promesa vera di amare me.
( rientra Gustavo che si è messo le ciabatte)
GALINA:
Senti Gustavo mio fratelo molto stanco, lui no dormire tre giorni per viagio treno, lui male
chiena, io dico te fare buono, te fare dormire lui letto.
GUSTAVO:
( ci pensa un po’ ) Di là abbiamo un letto a due piazze, forse io devo dormire con lui? E te
dove dormi?
GALINA:
Noi fare turni, come operai, una volta per uno.
GUSTAVO:
Io non ho mai fatto i turni quando lavoravo, li devo fare adesso che sono in pensione?
GALINA:
Lui stare qui pochi giorni, una setimana, dai, tu buono, fare bene mio fratelo.
GUSTAVO:
Io una settimana nel letto con un uomo non ci sto, piuttosto vado in albergo.
NICOLAI:
Capito bene albergo? Io no soldi albergo, io no lavoro, io povero.
GALINA:
No albergo tu, una note per uno divano.
GUSTAVO:
Allora fammi capire, una notte lui sta sul divano e una notte ci sto io? E te? Stai nel letto con
lui?
GALINA:
Lui mio fratelo, no problema, anche io fare turni, noi fare quasi come menag a trua.
GUSTAVO:
No, aspetta, non ci siamo capiti, cosa c’ entra il maneggio e poi il maneggio è per i cavalli.
GALINA:
Cosa c’ entrare cavalli, io parlare di noi.
GUSTAVO:
Hai detto il maneggio, quello è per gli animali; parla bene dunque.
GALINA:
Io detto menage, vivere noi.
GUSTAVO:
Non vorrai che gli uomini stiano nel maneggio dei cavalli, non dobbiamo mica fare le corse
all’ ippodromo!
26
NICOLAI:
Lui vuole me fare correre, perché, io no buono corere, io stanco.
GUSTAVO:
Stai zitto, tanto non sei mica un cavallo e neanche un somaro; una volta facevano le corse dei
somari, adesso non le fanno più, te la sei sgavagnata, somarone.
NICOLAI:
Tu no ofendere ruso, io fratello di Galina, io te tirare colo se ofendi.
GALINA:
Buoni, non litigate, tu Gustavo non hai capito, io volevo dire noi stare insieme in tre, noi
andare d’ acordo e dormire un po’ per uno.
GUSTAVO:
Come un po’ per uno, sei matta? Io voglio dormire tutte le notti, eccome, non voglio mica
perdere il sonno, che sennò dopo sono nervoso, sto male, sono rimbambito tutto il giorno.
GALINA:
No, tranquillo, io volere dire turni in camera, voi uomini divano.
GUSTAVO:
Cosa vuol dire? Tu dov’ è che dormi? Sempre nel letto o sulla tomana?
GALINA:
Noo! Io stanca, io no divano, io fare turni fratelo e te, io no potere dormire divano, io
lavorare, fare da mangiare, lavare, stirare, io letto notte, io stanca.
GUSTAVO:
Non ho mica capito bene, te stai sempre nel letto e noi facciamo i turni? Te no?
GALINA:
Io turni con voi in letto, mio fratelo rusa forte, io dormire poco con lui.
NICOLAI:
Sì, io russo, vengo da russia, lontano e freddo.
GUSTAVO:
E allora io come faccio a dormire se lui è un russo che russa forte?
GALINA:
Tu dormire forte, te canoni non svegliare, te fare stare sveglio quando dormi, anche tu rusare
GUSTAVO:
Ciou, è vero, però mi raccomando che stia poco e poi se ne vada a casa sua.
GALINA:
Lui trovare casa, trovare lavoro e poi andare via.
GUSTAVO:
Perché vuole lavorare qui? Cosa fa? ( rivolto a Nicolai) Te che lavoro fai?
NICOLAI:
Io cosa? Galina cosa dice lui? Cosa vuole da me?
GALINA:
Tu lavorare…, bravo vero? Tu fare muratore.
NICOLAI:
Ah, sì, io muratore sì, in madre tera Russia io costrutto case per popolo.
GUSTAVO:
E adesso non c’ è più il lavoro? Dove è il popolo? Non vogliono le case nuove?
GALINA:
Popolo migato, lontano, no costruire più case, tutti via.
GUSTAVO:
Poveretti e pensare che dicevano che là c’ era il paradiso, che stavano tutti bene, che c’ era
da mangiare per tutti e lavoro per tutti; madonnina mia come si sono ridotti male!
GALINA:
Noi popolo Russo povero, tu tenere fratelo qui vero?
GUSTAVO:
Solo per due-tre giorni, perché il pesce dopo tre giorni fa la puzza, come i parenti.
GALINA:
Tu stare qui un po’ di giorni, dai vedi Gustavo buono?
27
NICOLAI:
Spasiba Gustavo, io te dire tante spasiba. ( gli fa grandi inchini)
GUSTAVO:
Va bene, va bene, tanto non ho capito cosa hai detto, fai pochi complimenti. Dì Galina a tuo
fratello non gli offri niente? Dai prendi quella bottiglia di vodka che è nella credenza.
( Galina malvolentieri esegue, ma fa finta di nulla, prende due bicchierini e la bottilgia e
mette sul tavolo)
GALINA:
Mio fratelo lui no bere vodka, lui fare male.
GUSTAVO:
Questa poi è nuova, un russo che non beve la vodka, non può essere vero, non ci credo. Dai
vieni qui, come hai detto che ti chiami?
GALINA:
Lui Nicolai ( lo guarda con occhi severi per fargli capire che non deve bere)
( Nicolai si toglie il cappotto e i guanti, li dà a Galina, poi si avvicina al tavolo )
GUSTAVO:
Su mettiti a sedere che festeggiamo che sei venuto a trovare la tua sorella e a cercare lavoro,
che tu abbia fortuna.
( Gustavo gli versa la vodka)
NICOLAI:
Spasiba, spasiba.
GUSTAVO:
Cosa vuoi? Prima di bere vuoi spazzare, perché non è pulita la casa? Dove vuole spazzare
Galina?
GALINA:
Lui detto grazie in lingua russa.
GUSTAVO:
Ah, va bene, allora salute fratello russo, beviamo alla nostra amicizia.
( bevono d’ un fiato il bicchierino di vodka, poi Gustavo ne versa un altro )
GALINA:
Lui promesso non bere più, basta vodka.
GUSTAVO:
Te sei una donna, va a in camera di là, che queste sono cose da uomini, lascia fare a me; non
vorrai mica che non tenga un bicchierino, che uomo è.
NICOLAI:
Io promeso mia sorela non bere più.
GUSTAVO:
Ma sì, solo per oggi; dopo farai astinenza, cosa vuoi che sia.
NICOLAI:
Galina io no potere dire di no, io ospite, lui ofende, io prometto poco, io no briaco, io sveglio.
GUSTAVO:
Così mi piaci, dai salute!
NICOLAI:
Spasiba.
GUSTAVO:
Te spazza tutto quello che vuoi, ma prima bevi, dai. ( alza il bicchiere)
( bevono d’ un fiato anche il secondo bicchiere, poi Gustavo glie ne versa un altro)
GALINA:
Io no credere più tue promesse Nicolai, tu bugiardo, tu promesso no bere più.
28
GUSTAVO:
Dai Galina, smettila, solo questo e poi basta, ti ho detto di andare di là.
GALINA:
Io ubidire, ma io rabiata con voi.
( esce )
GUSTAVO:
Nicolai, all’ Italia, salute!
NICOLAI:
Sderovia!
GUSTAVO:
Ho ti sei stancato di spazzare, adesso stai seduto. Allora impara la nostra lingua, stammi a
sentire, si dice “ alla nostra salute”, dillo con me, ripeti.
NICOLAI:
Ripeti.
GUSTAVO:
Alla salute
NICOLAI:
Sderovia, Sderovia!
GUSTAVO:
Sì, sta seduto, non devi mica andare via, non ti scappa mica la sedia, dai bevi.
( bevono, poi Gustavo versa un altro bicchiere)
Nicola, alla Russia, salute! ( beve )
NICOLAI:
Sderovia, saluta!
( beve)
GUSTAVO:
Lo sai che il mio povero babbo ha fatto la guerra in Russia? E’ stato uno dei pochi che se l’ è
sgavagnata e è ritornato vivo, ma il poveretto, la mia mamma diceva che quando ha aperto la
porta non l’ ha riconosciuto, da poi che era secco come un batecco, aveva una barba lunga
fino al petto, i vestiti sporchi e tutti rotti.
( versa un altro bicchierino per ambedue)
Alla salute del mio povero babbo!
NICOLAI:
Sderovie! ( si alza in piedi, a brindare, col braccio alzato))
GUSTAVO:
Che cosa ha quella sedia? Non va bene? Sta pure in piedi. Dai bevi.
( bevono)
( Gustavo inizia a cantare la canzone “ Bella Ciao” col bicchiere alto in mano)
Una mattina mi sono alzato
Oh bella ciao, ciao, ciao
Una mattina mi sono alzato
E ho trovato l’ invasor.
29
Si chiude il sipario
Fine del Secondo Atto
( a piacere suona la canzone “ Katjuscha”)
30
ATTO TERZO
( le luci sono soffuse, sul divano, avvolto da una coperta, dorme Gustavo; suona il
campanello. Gustavo si sveglia, si stira, si alza, accende la luce e va ad aprire la porta; è in
pigiama)
GUSTAVO:
Ma chi sarà a quest’ ora che viene a svegliare la gente.
( il campanello suona ancora, mentre da fuori cercano anche di aprire con una chiave, ma c’ è
una sicura e la porta non si apre)
Chi è? Vengo, cosa volete? Non saranno mica i ladri, che cercano di buttare giù la porta.
( apre la porta, entra Osvaldo infuriato)
OSVALDO:
Chi è lei? Cosa fa qui?
GUSTAVO:
Ciou buon uomo, se stamattina si è alzato male cosa c’ entro io, vuole che chiami i
carabinieri?
OSVALDO:
Li chiamo io i carabinieri, altrochè, adesso li chiamo subito.
GUSTAVO:
Stia a sentire buon uomo, io sono stanco, a dormire su quel divano mi viene un gran mal di
schiena; non è che sto sognando? Fa davvero o io sono ancora addormentato?
OSVALDO:
Sì che lei è addormentato e anche molto.
GUSTAVO:
Allora ho capito, vado ancora nel letto, finchè non mi sveglio bene.
( fa per chiudere la porta e mandarlo fuori)
OSVALDO:
Non vorrà mica mandarmi fuori da casa mia!
GUSTAVO:
Ciou, se lei è un sogno o uno spirito, esca, così lo spirito va via.
OSVALDO:
Che spirito e spirito, io sono vivo davvero, senta, senta.
( gli fa sentire un braccio, ma Gustavo non lo tocca )
GUSTAVO:
Lei sarà lo spirito di quello che stava qui, prima di morire.
OSVALDO:
Cosa? Che cosa ha detto?
GUSTAVO:
Può essere che prima qui ci abitasse un vecchio, che poi è morto e adesso il suo spirito vuole
venire ancora a stare qui, ha delle malinconie.
OSVALDO:
Senta sono vivo e non sono uno spirito ( gli allunga ancora il braccio) Oh povero me, cosa mi
tocca sentire!
GUSTAVO:
E allora perché lei dice che questa è la sua casa? E’ la mia!
31
OSVALDO:
La sua? Ma da quando?
GUSTAVO:
Saranno una decina di giorni; bè è vero che dobbiamo ancora andare dal notaio, ma ho già
pagato la caparra ed anche un sacco di soldi.
OSVALDO:
Brutto vigliacco di uno zingaro, di un ladro.
GUSTAVO:
Oh, piano con le parole, gli e l’ ho detto che chiamo i carabinieri.
OSVALDO:
Ci vado io dai carabinieri, quel ladro ha venduto la mia casa, senza che io lo sapessi e si è
fregato i soldi.
GUSTAVO:
Stia a sentire buon uomo non è che lei ha bevuto un pochino? Io a lei non la conosco, non so
chi sia, io ho comperato la casa dal suo padrone, vivo, no uno spirito e quando l’ ho
comperata non ero ubriaco, ero legittimo.
( entrano Galina e Nicolai)
OSVALDO:
E questi chi sono? Cosa fanno qui?
GUSTAVO:
Lei è la mia donna e lui è il suo fratello, che è arrivato una settimana fa dalla Russia; non ha
visto che io dormivo qui sul divano?
GALINA:
Piacere, io Galina, lui Nicolai.
OSVALDO:
Come, lei dorme sul divano? Cosa fate il menage a trua?
GUSTAVO:
Senta buon uomo, anche lei ce l’ ha con questo maneggio? Qui non siamo mica in campagna,
siamo nel mezzo del paese.
OSVALDO:
Oh, per me fate pure quello che vi pare, basta che andiate via dalla mia casa.
GUSTAVO:
E insiste; Galina diglielo te che noi abbiamo comperato la casa.
GALINA:
Sì, noi comperata casa da Rutilio e Isabela, loro brave persone, gentili.
OSVALDO:
Quei due ladri dell’ agenzia? Che gli prendesse un accidenti a tutti due!
GUSTAVO:
Valà che stanno bene, sono andati a Venezia a trovare la famiglia di lei.
OSVALDO:
E’ sicuro? Ma se sono scappati via e nessuno sa più dove siano finiti.
GUSTAVO:
Bè, proprio ieri è arrivata una cartolina da Venezia, vè, è qui. Galina dove hai messo quella
cartolina?
GALINA:
Io messa qui ( apre un cassetto e prende la cartolina), poi la dà a Osvaldo.
NICOLAI:
Sorela tu problemi? ( si mette sul divano, evidentemente ancora assonnato)
GALINA:
No, tranquillo, tutto bene; ( a Osvaldo) vede cartolina di Venezia?
( suona il campanello )
GUSTAVO:
Chi è ancora che viene a rompere le scatole, non ne abbiamo abbastanza oggi?
32
( va ad aprire la porta, entrano agitati Lisa col cellulare in mano e Alvaro con un giornale)
LISA:
Babbo hai saputo? Su internet c’ è scritto che uno di nome Rutilio, che aveva una agenzia
immobiliare, è scappato con tutti i soldi dei clienti; bì babbo, non sarà mica quello che ha
venduto la casa a te?
ALVARO:
Babbo siamo venuti subito, speriamo che non sia lui e che a te non ti abbia fregato dei soldi.
GUSTAVO:
Ma cos’ è questo terrorismo? Cosa è…in, che cosa? Non lo sapete che quelli lì, i giornalisti per
vendere i giornali se le inventano tutte, che dicono un sacco di bugie?
LISA:
Dì, babbo, c’ è scritto qui, leggi; te l’ hai comperata da lui la casa?
ALVARO:
Guarda babbo c’ è anche sul giornale.( gli fa vedere il giornale)
GUSTAVO:
( guarda il giornale ) Non può essere lui, sarà un altro; stamattina avete voglia tutti di
prendermi in giro? Vi dico che è andato a trovare la famiglia della sua moglie a Venezia, per
due-tre giorni; guarda ci ha mandato anche una cartolina.
( prende la cartolina dalle mani di Osvaldo e la dà alla figlia; la quale, la prende, la legge
bene, la gira a rigira)
LISA:
Alvaro leggi anche te, guarda, guarda bene il francobollo. ( la dà al fratello, il quale la guarda
attentamente)
ALVARO:
C’ è scritto: “ grazie, vi ricorderemo sempre, Rutilio e Isabela”: Ma sul francobollo c’ è scritto
Venezuela, anche davanti “ Saluti dal Venezuela”. Babbo il Venezuela è in sud America, mica
è Venezia.
LISA:
Sì babbo, è scappato in Venezuela.
GUSTAVO:
Se mi ha detto che la sua moglie era di Venezia.
LISA:
Valà babbo, sei te che non hai capito bene, ti ha preso in giro e ti ha fregato.
OSVALDO:
Adesso mi crede che questa è la mia casa?
ALVARO e
LISA:
La sua? Ma lei chi è?
OSVALDO:
Sono il padrone di questa casa; l’ avevo data all’ agenzia per vedere se si prendeva qualcosa a
venderla, che io ho bisogno di soldi e quel ladro vi ha fatto credere che era la sua.
( Gustavo, si siede su una sedia, sconsolato e serio)
GUSTAVO:
Non è possibile, non ci credo, ma se mi ha fatto vedere le carte che erano col suo nome;
sopra c’ era scritto il suo nome. Sui disegni della casa, sul rogito, tutte , tutte col suo nome.
ALVARO:
Io penso che abbia fatto un bell’ imbroglio e poi è scappato con tutti i soldi; e non ha fregato
solo te, ma un sacco di gente.
33
LISA:
Guarda qui, c’ è una pagina sul giornale, guarda “ immobiliarista fugge col malloppo dei
clienti”. C’ è scritto che ha fregato i compratori e anche i venditori.
OSVALDO:
Io non ho visto un soldo, quindi bisogna che mi lasciate la casa libera, subito.
GUSTAVO:
Non è possibile, io mi sono fatto fregare, no, non può essere vero. Povero me! Ho perso un
sacco di soldi, non può essere, Oh signore mio vieni in mio aiuto!
GALINA:
Io capito bene, no più casa? Io no avere più casa?
NICOLAI:
Galina, tu non avere la casa?
GUSTAVO:
Sì, è proprio così, non abbiamo più niente.
LISA:
Babbo va dai carabinieri, a fare la denuncia.
GUSTAVO:
Ci vado subito.
ALVARO:
Vengo con te, vediamo se si rimedia qualcosa.
OSVALDO:
Va a cercarlo in Venezuela, hai voglia te! Chissà dov’ è, è molto grande, non lo troveranno
più; non abbiate paura che quello lì l’ ha inventata bene e ci ha preso in giro tutti.
GUSTAVO:
Io avevo capito che la sua donna era di Venezia, invece è del Venezuela, per quello non
parlava neanche bene l’ italiano.
OSVALDO:
E quando mi lasciate la casa libera?
GUSTAVO:
Mi dia due, tre giorni di tempo, devo vedere se la mia casa in campagna è a posto, non ho
neppure le chiavi, perché le ho date a Rutilio; adesso sentirò con la Colomba, che lei aveva le
chiavi quando veniva a farmi i lavori.
OSVALDO:
Vengo anche io dai carabinieri, dovrò fare la denuncia anche io.
LISA:
Andiamo tutti insieme, vengo anche io.
GALINA:
Voi andare via? Gustavo noi come fare per casa?
GUSTAVO:
Andremo nella mia casa vecchia in campagna.
GALINA:
Io no volere stare in campagna, me non piacere, io detto te volere stare qui. Noi comperare
casa da lui padrone.
GUSTAVO:
Sì e i soldi me li dai te? Quel lazzarone me li ha fregati, dove li prendo adesso?
GALINA:
Tu non avere soldi per comperare ancora casa?
GUSTAVO:
Dì, non rompere le scatole, non è il momento, cosa vuoi che abbia la fabbrica dei soldi? Non
sono mica Babbo Natale! Su via, andiamo dai carabinieri.
LISA:
Babbo sei ancora in pigiama, non vedi? Vuoi uscire così?
GUSTAVO:
Povero me, ho perso la testa. Faccio presto non mi ci vuole molto.
34
( prende i pantaloni e una maglietta che sono appoggiati vicino al divano, si mette la
maglietta lì davanti a tutti e i pantaloni sopra il pigiama.)
( Gustavo, Lisa, Alvaro e Osvaldo escono)
NICOLAI:
Alora spiega me cosa sucesso.
GALINA:
No avere più casa, farabutto rubato soldi.
NICOLAI:
Io ti ho detto, torna a casa nostra, torna con me. Stanotte noi siamo stati bene, io più
giovane di questo tuo omo vecchio.
GALINA:
Lui buono, lui aveva soldi e casa.
NICOLAI:
Ora lui più soldi, più casa, te niente.
GALINA:
Neanche te soldi, noi Russia casa picola, vecchia, del governo, finestre senza taparele, d’
estate luce presto.
NICOLAI:
Io imparato lavoro, io imparato metere taparele finestre, no più fredo inverno, no più luce
matina d’ estate, tu potere dormire bene.
GALINA:
( pensierosa, gira avanti e indietro per la stanza) Io dovere pensare, io no sapere cosa fare, io
volere bene te, ma volere bene anche Gustavo.
NICOLAI:
Oh, Galina, menage a trua finito, tu tornare mia moglie; tu sposata me solo, solo io tuo
marito, tu torna con me, tu non potere amare due omini, io geloso, io non voglio!
(con tono alterato )
GALINA:
Calma, Nicolai, calmati, io decidere, con calma. Lo so, io cercavo soldi, per stare bene, non
avere più fame, vestire bene, ma Gustavo ora niente soldi.
NICOLAI:
Io ora lavorare, te fare stare bene.
GALINA:
Lavoro sicuro? Buono? Tu ora guadagnare bene?
NICOLAI:
Io detto a te, io no bere più e lavorare sempre.
GALINA:
Tu con Gustavo ti sei briacato il giorno che sei venuto qui.
NICOLAI:
Io no potevo dire di no a padrone di casa, io ospite, ma ora lui non è più padrone.
GALINA:
Se tu sicuro prometti lavorare e no bere io fare valigie.
NICOLAI:
Io giuro, io prometto su tua testa.
( Galina esce, verso la camera, Nicolai rimane un attimo solo, poi entra Gustavo)
GUSTAVO:
Mi sono dimenticato le carte del compromesso, da fare vedere ai carabinieri.
( cerca in un cassetto); Galina lo sai dove è il compromesso? ( si dirige verso la camera in
cerca di Galina, poco dopo rientrano, Galina ha in mano una valigia)
35
Sei già dietro a fare San Martino? Adesso poi non c’ è mica tutta questa fretta.
GALINA:
Io andare via, Gustavo.
GUSTAVO:
Bè mo, dovrò pure venire anche io, prima bisogna che abbia le chiavi della mia casa in
campagna.
GALINA:
Io detto te, io no stare campagna, io casa Russia tanti campi, tanta campagna, alora io andare
campagna russa.
NICOLAI:
Lei venire a casa, mia moglie, solo mia, capito?
GUSTAVO:
Chi è la tua moglie? Galina sta per diventare la mia moglie, cosa c’ entri tu?
NICOLAI:
Io marito Galina.
GUSTAVO:
Non sei il suo fratello? Eh Galina, cos’ è questa storia?
GALINA:
Si Gustavo, lui mio marito.
GUSTAVO:
( allibito, si siede, perché non si regge in piedi) Allora queste notti avete dormito insieme,
qui, me l’ avete fatta sotto gli occhi? Va pure là, vai pure a fare San Martino, mi tocca andarci
a me, alla fiera di Santarcangelo, a fare il becco, altrochè.
GALINA:
Io voluto te bene, ma io ora tornare madre tera russa.
NICOLAI:
Lei deciso, stare sempre con me.
GUSTAVO:
Va via, andate via subito e fate presto; quando ritorno a casa non voglio vedervi più, né te,
né quella brutta faccia del tuo marito, che prima ha fatto l’ amico e poi mi ha fregato la
donna.
( si alza, prende i fogli dal cassetto e esce sbattendo la porta)
GALINA:
Io fare valigia presto, se lui torna rabiato, cativo, lui menare te.
NICOLAI:
No, io menare lui, tu fare cafè, che io no bevuto ancora stamattina.
( Galina va in cucina, rientra con le tazze, che mette sul tavolo)
GALINA:
Cafè veloce, io avere paura lui rabiato molto. ( esce verso la cucina)
NICOLAI:
Io rabiato, ma io perdonata te, ora tu non andare più via da me.
( entra Galina col caffè, glie lo versa poi si dirige verso la camera da letto, intanto Nicolai lo
beve; po rientra Galina con una valigia.)
GALINA:
Ecco io pronta, dammi taza che la porto in cucina.
NICOLAI:
Tu lavare anche taza a quello uomo? Lascia stare, si arangia.
GALINA:
Fami scrivere un biglietto ( prende in un cassetto un foglio e una penna, poi scrive)
( Intanto Nicolai va in camera a prendere la sua valigia)
36
“ Perdono Gustavo, io tornare da mia famiglia, miei vecchi genitori malati, mia sorella, miei
nipoti, io volere stare vicino loro. Addio, Galina.
( lo lascia sul tavolo e mette via la penna)
( Nicolai rientra con la sua valigia)
NICOLAI:
Forza, saluti inutili, andiamo via.
( stanno per uscire, suona il campanello, entra Colomba)
COLOMBA:
C’ è Gustavo? Mi ha detto di venire qui.
GALINA:
Lui scapato, te spetare qui, noi andè via.
( salutano e escono )
COLOMBA:
Ha le valigie, va via con un uomo. Boh! Che sia successo qualcosa?gustavo l’ ho incontrato in
piazza e mi ha detto che ha bisogno di parlare, subito, che è una cosa urgente, che sarebbe
venuto subito a casa. Moh!
( fa qualche passo nella stanza e vede il foglio sul tavolo, quasi furtiva, guardandosi attorno,
che nessuno la veda, prende lo prende e lo legge a voce alta)
Perdono, io tornare da mia famiglia e…Galina” ( ripone subito il foglio sul tavolo).
E’ proprio andata via, avranno litigato. Da quello che c’ è scritto qui sembra proprio, moh, il
poveretto; ma no, valà, gli sta bene, ho proprio piacere; sì, sì, gli sta come un vestito nuovo;
questi uomini vogliono le galline giovani, ma quelle hanno le ali, volano via. ( ride).
( si sentono dei passi, Colomba si scosta dal tavolo e si siede sul divano, entra Gustavo)
GUSTAVO:
Bè, come mai che c’ è la porta aperta? ( non ha ancora visto Colomba) Che sia già andata via
e abbia lasciato la porta così?
COLOMBA:
E’ che ci sono io.
( Gustavo fa un sussulto)
GUSTAVO:
Oh, sei te? Sei già arrivata? Da quando sei qui?
COLOMBA:
Saranno due minuti, mi ha fatto entrare la Gallina.
GUSTAVO:
Ah, senti, ti devo chiedere una cosa: le chiavi della mia casa le hai ancora o le hai date all’
inquilino?
COLOMBA:
Io non le ho date a nessuno e poi non si è mica mai visto nessun inquilino lì. Se le vuoi
indietro le ho a casa.
GUSTAVO:
Sì, mi servono, perché…perché…ritorno a stare lì.
37
COLOMBA:
( con un velato sorriso di soddisfazione) Così presto? E come mai hai cambiato idea così
presto? Lo sanno tutti che sei sempre stato uno che cambia idea spesso, ma questa volta hai
fatto le corse.
GUSTAVO:
Sta zitta, non sai quello che mi è successo, una cosa così non l’ avrei mai creduta.
COLOMBA:
( ironica) E la tua donna non può darti una mano? Cos’ è una roba a cui non c’ è rimedio?
GUSTAVO:
Se ne è andata anche la Galina, nella disgrazia mi ha lasciato da solo.
( in quel mentre vede il foglio sul tavolo e lo legge prima a voce alta, poi solo con gli occhi)
Ecco vè, mi ha scritto anche l’ addio. ( getta il foglio sul tavolo)
COLOMBA:
Ciou, sei andato attorno a una pollastra giovane, quelle fanno presto, quando non c’ è più il
mangime buono da mangiare se ne vanno da un’ altra parte.
GUSTAVO:
E adesso sono ancora da solo e non ho neanche la casa nuova.
COLOMBA:
Non vorrai dire che se l’ è mangiata la pollastra?
GUSTAVO:
No, i soldi per questa se li è mangiati un topaccio che è scappato in America.
COLOMBA:
Hai perso la casa? Questa casa qui? Mi dispiace veramente.
GUSTAVO:
Ho perso casa e donna, tutto in una volta e adesso mi tocca ritornare nella mia veccia casa.
COLOMBA:
Si vede che non era destino, che devi stare lì dove sei sempre stato. Ormai sei vecchio anche
te, cosa vuoi cambiare. Alla nostra età è meglio mantenere le nostre abitudini, fare quello
che abbiamo sempre fatto e stare in pace e tranquilli.
GUSTAVO:
Dici bene te; e pensare che la tua pida mi piaceva tanto, vorrà dire che ritornerai a farmela
ancora.
COLOMBA:
Questo poi non lo so, ci devo pensare bene; io l’ ho fatto per te all’ inizio, dopo la morte della
tua povera moglie, ma adesso, ciou, una donna l’ avevi pure trovata, se non sei stato capace
di tenerla, io cosa ci posso fare?
GUSTAVO:
Sono rimasto da solo, i miei figli fanno la loro vita, non ho più niente e più nessuno, mi vuoi
lasciare da solo anche te?
COLOMBA:
Cosa c’ entro io coi tuoi guai? Mi dispiace, ma io non ci posso fare niente.
GUSTAVO:
Siamo sempre stati amici noi due, adesso non vorrai mica rompere l’ amicizia?
COLOMBA:
Non ho detto questo, è che io devo fare i miei lavori, devo pensare a me stessa, alle mie
cose, anche io sono pure da sola, non mi faccio mica dei problemi.
GUSTAVO:
Sono disperato, Colomba, se perdo anche te non so più come fare.
COLOMBA:
Ciou, dovevi pensarci prima, io adesso non posso fare più niente.
GUSTAVO:
Siamo stati amici, una volta, molto amici, perché adesso non stiamo ancora insieme?
38
COLOMBA:
Quel che è passato non conta, non si torna indietro, quello l’ abbiamo dimenticato che è un
pezzo.
GUSTAVO:
Io sono sicuro che te non l’ hai mai dimenticato, che te mi vuoi ancora bene e a pensarci
bene anche io te ne ho sempre voluto.
COLOMBA:
Lo dici adesso perché quell’ altra ti ha appena lasciato, quando sarà domani te lo sarai già
dimenticato, incontrerai un’ altra donna e chi si è visto, si è visto.
GUSTAVO:
No Colomba, sto pensando che è ora che metta la testa a posto, che mi devo fermare;
quando siamo stati amici, eravamo sposati tutti due, non potevamo fare altro e te hai voluto
smettere dopo poco tempo e non mi hai più voluto vedere.
COLOMBA:
Quello è stato uno sbaglio, che dobbiamo dimenticare tutti due.
GUSTAVO:
Pensaci bene, Colomba, siamo vedovi tutti due, potremmo fare una famiglia.
COLOMBA:
Ormai alla mia età non ci penso più e non voglio rimanere fregata ancora, basta, non voglio
più patire, voglio stare in pace.
( esce, chiudendo la porta; Gustavo rimane pensieroso, andando avanti e indietro per la
stanza, poi )
GUSTAVO:
Colomba, Colomba!
( esce di corsa, lasciando la porta socchiusa. Per un poco la scena rimane vuota, suona il
campanello, nessuno risponde, entrano Lisa e Alvaro)
LISA:
Dove sarà andato il babbo? Speriamo che non vada fuori di testa, proprio adesso, che non
faccia i setti capi dell’ inferno.
( si siede sul divano, sempre maneggiando il cellulare; il fratello gira per la stanza e vede il
foglio sul tavolo, lo prende e lo legge)
ALVARO:
Lisa guarda qui, quella donna se ne è andata via, leggi.
( Lisa prende e lo legge )
LISA:
Torno in Russia… Uhei, sembra proprio davvero, che sia uscito di corsa per andarle dietro?
Che sia andato alla stazione dei treni?
ALVARO:
Io non ci vado a cercarlo, non ne ho voglia, prima o poi ritornerà pure a casa.
LISA:
Ciou, speriamo che non si butti sotto il treno per il dispiacere.
ALVARO:
Ci mancherebbe anche questa, non vorrai mica che alla sua età sia così sciocco.
LISA:
Non lo so, ma se ci pensi, prima è morta la mamma, adesso questa è scappata via.
ALVARO:
Il poveretto, una disgrazia dietro l’ altra.
LISA:
Non sarà meglio andare alla stazione a vedere che non sia successa una disgrazia?
39
ALVARO:
Se vuole fare una cosa del genere, l’ ha già fatta e è troppo tardi a correre alla stazione; se
invece non è là che figura ci facciamo, ti sembra? Non vorrai mica andare là e chiedere alla
gente se un uomo si è buttato sotto il treno; ci prendono per matti a noi e ci portano in
manicomio.
LISA:
Forse hai ragione, aspettiamo, che quando arriva, se non è morto, gli diamo la notizia.
ALVARO:
Però, non era mica brutto quest’ appartamento, chissà se adesso il babbo lo compera ancora
o no.
LISA:
Secondo me bisogna vedere se ritorna con quella donna, perché era lei che l’ aveva convinto
a venire ad abitare in paese, ma secondo me lui è sempre stato bene là in campagna, nella
sua casa, a fare i suoi lavori, a fare l’ orto.
ALVARO:
Io penso che sia meglio che lei non ritorni, pensaci bene, se poi si faceva lasciare la casa? E
noi che siamo i figli?
LISA:
Finchè sta bene, che è capace di fare da solo e basta dargli una mano ogni tanto va bene, ma
quando diventerà vecchio? Chi lo baderà?
ALVARO:
Lo mettiamo nel ricovero, piuttosto che farci portare via tutti i soldi da una donna.
LISA:
Mi sa proprio che anche questa volta abbia ragione te.
( si sentono dei passi, entrano Gustavo e Colomba)
GUSTAVO:
Bè voi come avete fatto a entrare?
ALVARO:
Babbo hai lasciato la porta aperta.
GUSTAVO:
Povero me, oggi ho proprio perso la testa.
ALVARO:
Se fosse solo per oggi, non sarebbe niente!
LISA:
Avevamo paura che fossi andato a buttarti sotto il treno, allora sì che perdevi la testa!( ride)
GUSTAVO:
C’ è poco da ridere, con tutte le cose che mi sono capitate oggi. Basta che voi non siate qui a
portare altre brutte notizie.
LISA:
Guarda qui babbo, leggi ( gli fa vedere il cellulare)
GUSTAVO:
Cosa vuoi che io sia capace di leggere lì, in quell’ affare, è scritto così piccolo, che non mi
basterebbero tre paia di occhiali uno sull’ altro.
ALVARO:
Siamo venuti proprio per questo babbo, leggi.
GUSTAVO:
Fatela poco lunga, Lisa leggi quello che c’ è scritto e poi io devo parlare con la Colomba.
LISA:
Ultimissime notizie, via internet.
GUSTAVO:
( interrompendola) Cosa vuol dire? Dì falla poco lunga, che oggi non è giornata.
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LISA:
Porta pazienza, sta a sentire: “ la polizia, con una velocità sorprendente, ha trovato l’
immobiliarista fuggito coi soldi dei clienti. Lo Stato chiederà subito l’ estradizione”
GUSTAVO:
L’ hanno trovato? Ma secondo voi i soldi li ha ancora?
ALVARO:
Secondo me quelli sarà fatica trovarli, non lo so, figurati, chissà dove li ha messi!
COLOMBA:
Bè mo, bisogna avere fiducia; volete che in una settimana abbia speso tutti i soldi? Dicono
che ne ha rubati un sacco!
LISA:
( sempre maneggiando il cell. ) Guarda, guarda, ultimissime! Dicono che l’ hanno trovato
con una valigia piena di soldi!
GUSTAVO:
Allora posso sperare di avere indietro i miei soldi. Oh, Signore, fatemi la grazia!
ALVARO:
Babbo se riprendi i tuoi soldi comperi ancora questa casa?
GUSTAVO:
Non basta? Ne ho avuto abbastanza, adesso vado a casa mia, nella mia vecchia casa. E poi
ho capito che la vita di città non fa per me. Io sono un uomo all’ antica, ho le mie abitudini, là
in campagna ho le mie amicizie.
ALVARO:
Io sono contento così, babbo, intanto te sei sempre stato in campagna, non sei capace di fare
la vita di città.
LISA:
Senza fare niente tutto il giorno, te che non stai mai fermo, valà che è meglio così.
GUSTAVO:
Qui non ho i miei vicini di casa, coi quali fare quattro chiacchere e ogni tanto giocare a carte.
Coi miei amici parlo di campagna, del tempo, degli alberi, qui con la gente di paese non
saprei di cosa parlare.
ALVARO:
Te babbo sei all’ antica, sei abituato ai tuoi campi, ai tuoi amici contadini, non capisci la vita
di città.
LISA:
Neanche il modo di vivere moderno. Te sei di un’ altra generazione e un’ altra mentalità.
GUSTAVO:
Sicuramente è così. Ho voluto provare, ma ho capito che io non posso cambiare le mie
abitudini.
COLOMBA:
Hai dovuto prima sbattere il sedere per terra, ma poi l’ hai capito.
GUSTAVO:
E’ vero, però adesso sapete cosa vi dico? Voi andate a casa vostra, che io devo fare un
discorso con la Colomba, per una cosa che a voi non interessa. Vi ringrazio per la notizia e se
riprendo i miei soldi vi faccio un regalo per uno.
ALVARO:
Babbo, io ho la macchina che è vecchia stronca, che ormai non sta più in piedi.
GUSTAVO:
( ridendo ) Non deve mica stare in piedi, ha le ruote.
ALVARO:
E’ vero babbo, ma la mia ormai non corre più, non ha più neanche le ruote buone, è più
vecchia di Matusalemme.
GUSTAVO:
Io chi sia questo Matusalemme, non lo conosco, però per la macchina non dico di no.
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LISA:
Se a lui regali la macchina nuova a me serve un cellulare nuovo, di quelli moderni, quelli che
fanno tutto, ultima generazione e poi anche…
GUSTAVO:
Se me la cavo con un cellulare vado bene.
LISA:
Macchè ho il frigo che non va più, la lavatrice pure.
GUSTAVO:
Ohi, ohi, figlioli, piano, piano, non sono mica babbo natale e neanche la befana.
COLOMBA:
I figli sono sempre i figli, prima di tutto vengono loro.
ALVARO:
Brava Colomba, te sì che ragioni bene, non so perché il mio babbo non abbia preso una
donna come te.
GUSTAVO:
Non è ora che voi ve ne andiate a casa vostra? Dai fuori di qui.
( Lisa e Alvaro si alzano e fanno per uscire)
LISA:
Alvaro non lo sai che gli uomini ragionano con la pancia, non con la testa? Ah, è vero che te
sei un uomo, cosa vuoi sapere.
ALVARO:
Te fai sempre la femminista, valà che adesso è finita anche per voi, arrivano degli uomini che
vi mettono la testa a posto, aspetta e vedrai.
LISA:
Valà, cammina, maschiaccio, fuori di qui, che il babbo ci manda via. Ci vediamo, la saluto
Colomba.
( Lisa e Alvaro escono)
GUSTAVO:
Adesso siamo in pace, possiamo parlare.
COLOMBA:
Perché mi hai fatto tornare indietro? Quello che avevo da dirti l’ ho detto, non c’ è nient’
altro.
GUSTAVO:
Non è vero, ci sono delle cose che voglio sapere da te e me le devi dire, voglio la verità.
COLOMBA:
Cosa c’è? Non c’ è niente da dire, abbiamo già parlato prima.
GUSTAVO:
Il tuo figlio piccolo, Carlo, che è nato dopo che noi avevamo avuto quella storia, ha degli
occhi, che quando io lo vedo, che lo incontro per la strada mi viene un colpo al cuore; mi
sembra che mi assomiglino, che lui mi assomigli; voglio sapere di chi è il figlio, perché mi
sembra che non assomigli al tuo povero marito.
COLOMBA:
Cos’ è che vuoi, è il mio figlio e il suo babbo gli ha voluto sempre bene.
( fa per uscire, ma lui le sbarra il cammino e chiude a chiave la porta)
GUSTAVO:
Voglio sapere se è davvero il figlio del tuo povero marito o se è mio figlio, perché secondo
me, mi assomiglia. Sono più di venti anni che ho questo peso sullo stomaco, adesso è arrivato
il momento che voglio togliermelo e voglio sapere la verità.
COLOMBA:
Lasciamo stare il mondo com’ è, va bene così, non bisogna andare a fare del male a nessuno.
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GUSTAVO:
Io non voglio fare del male a nessuno, ma voglio sapere la verità; adesso siamo vedovi tutti
due, possiamo parlare in libertà.
COLOMBA:
E se anche saprai la verità, non cambia niente, il mio figlio ha voluto bene al mio povero
marito come se fosse il suo babbo e il mio marito gli ha sempre voluto bene come a un figlio
vero.
GUSTAVO:
Allora quel magone che mi prende quando lo vedo è vero, è preciso a me, mi assomiglia,
allora è proprio il mio figlio.
COLOMBA:
E con questo non cambia niente, per lui il suo babbo è il mio povero marito.
GUSTAVO:
No, cambia, perché io ti ho sempre voluto bene e adesso che siamo liberi tutti due voglio
fargli da babbo, adesso che ha perso il babbo che l’ ha tirato su.
COLOMBA:
Lui non deve sapere niente, me lo devi giurare, sennò ti ammazzo con le mie mani, come è
vero che lui è tuo figlio, te lo giuro sopra la sua testa; il ragazzo deve stare bene, non deve
patire, non deve subire dei traumi, per il bene che io gli voglio.
GUSTAVO:
Te lo giuro sulla testa del mio figlio, io gli voglio bene e gle ne vorrò sempre di più, se mi dai
la possibilità di fargli da babbo.
COLOMBA:
Non lo so se posso aver fiducia in te.
GUSTAVO:
Sono vecchio ormai, è ora che metta su giudizio. Ma dimmi una cosa, il tuo marito, che ti
aveva quasi scoperto, non ha mai avuto il dubbio?
COLOMBA:
Il mio povero marito ha capito che era colpa sua, perché andava sempre in giro, non stava
mai a casa con me e mi trattava male. Forse ha avuto il dubbio, ma non ha mai detto niente e
ha voluto bene a questo figlio come se fosse il suo e da quel momento ha smesso di andare
in giro con le altre donne e di trattarmi male.
GUSTAVO:
Nella vita tutti facciamo degli sbagli, l’ importante è rimediare in tempo. Anche io sono stato
un galletto, sempre in giro e adesso voglio cambiare, voglio rifarmi una famiglia e te mi devi
permettere di stare vicino a mio figlio, di volergli bene e di fargli da babbo, in silenzio.
COLOMBA:
Lo sai che io ti ho sempre voluto bene, è che te eri come mio marito, sempre in cerca di
donne nuove.
GUSTAVO:
Sì è vero, ma adesso basta, adesso mi fermo, è ora, non dici?
COLOMBA:
Dicono che il lupo perde il pelo, ma non il vizio, come faccio a fidarmi?
GUSTAVO:
Devi avere fiducia, ne ho passate troppe, non voglio più patire, voglio passare la mia
vecchiaia in pace, con una donna che mi vuole bene e col mio figlio che non ho mai avuto
vicino a me, che non sa neanche che sono il suo babbo; gli voglio voler bene in silenzio, voglio
stargli vicino e insegnarli quel che serve per stare bene in questo mondo.
COLOMBA:
Però sappi che se non mantieni la parola io, ti taglio il collo.
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GUSTAVO:
Ne ho passate abbastanza, vedrai che non mi farò tagliare il collo, ci tengo troppo, sarò di
parola , per sempre. ( l’ abbraccia )
Adesso sì che ho fatto l’ affare, l’ affare più bello della mia vita.
FINE TERZO ATTO
( si chiude il sipario)
( a volere suona la canzone” Io cerco la morosa “ di Secondo Casadei)
Longiano 06/04/2014
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