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L’ECO DI BERGAMO
DOMENICA 18 GENNAIO 2015
Le storie
Bergamo senza confini
L’iniziativa
Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza
confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della Comunità Bergamasca. Per chi lo desidera è possibile ricevere
gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].
«AlleCaymanilmioristoranteinunfaro»
UntavoloriservatoperLennoneBush
DI ELENA CATALFAMO
Giuseppe Gatta dal 1985 vive sulle isole considerate un paradiso (anche fiscale)
Erede di un barone, è originario di Caravaggio e si è formato a San Pellegrino
«All’alberghiero gli insegnanti migliori: mi hanno sempre incoraggiato»
Da piccolo sognava di seguire il cugino Angelo sulle navi da crociera e ci riuscì
Il primo lavoro all’Hotel Excelsior di Lugano: «Affondavo nella moquette»
alla terra di Miche­
langelo Merisi alle
Isole Cayman, da ere­
de del barone Gatta di
Sicilia a Captain G.,
ovvero il maitre di sala e ristora­
tore in un faro che affaccia sul
mare. La storia di Giuseppe Gat­
ta, 57 anni, originario di Cara­
vaggio, ha il sapore della Belle
époque e il colore blu intenso
dell’oceano. La racconta dal suo
quartier generale, un faro ap­
punto, bianco, alto, con le vetrate
rotonde sulla cima e il pennac­
chio con la luce di segnalazione
di terra alle imbarcazioni che
solcano le onde. Alle Grand Cay­
man, nel mar delle Antille, a sud
di Cuba, vive da 30 anni, con la
moglie Susanna, di origini ingle­
si, e da 22 anni in quel faro ha
inaugurato con un successo che
non conosce stagioni «The Li­
ghthouse Restaurant». Nella sua
cantina conserva 150 tipi di vini,
molti dall’Italia, tra cui non
mancano le bollicine di Francia­
corta, e i piatti a base di mare, ma
anche i nostri formaggi. Durante
la sua lunga carriera, seguendo
le rotte delle navi da crociera S.S.
Oceanic e M.N. Doric dall’Italia
a New York (e ritorno) e poi alle
Bermuda, ha servito personaggi
come il cantante John Lennon
e l’ex presidente americano Ge­
orge Bush senior.
D
Partiamo dall’inizio: un bergamasco
(della pianura) che ama il mare. Da
dove nasce questa passione?
«Nasce dai racconti che sentivo
fin da piccolo di mio cugino An­
gelo Vicario che lavorava sui
transatlantici e girava il mondo
e i Caraibi. Insieme alla passione
per i viaggi mi ha trasmesso an­
che quella per la cucina: per se­
guirlo mi iscrissi all’Istituto pro­
fessionale alberghiero di San
Pellegrino».
Le è stata utile la formazione a San
Pellegrino?
«Sì, era già allora una scuola mol­
to rispettata e riconosciuta a li­
vello internazionale. I professori
erano tutti dei nomi apprezzati
nel campo alberghiero. Ricordo
in particolare il mio professore
di sala, Giovanni Saccani: mi ha
sempre incoraggiato e ricordo
ancora che mi portò alla mia pri­
ma stagione estiva a Sottomarina
di Chioggia. La grande occasione
poi, che devo sempre a mio cugi­
La scheda
Giuseppe Gatta
PROPRIETARIO DEL
RISTORANTE «THE
LIGHTHOUSE» ALLA GRAND
CAYMAN
Nato a:
Caravaggio (Bergamo)
Vive a:
Isole Cayman (Mar delle
Antille a Sud di Cuba)
Il consiglio:
«Dopo una vita solcando i
mari consiglio ai giovani di
prendere il largo:
un’esperienza all’estero
aiuta a far conoscere e allo
stesso a capire meglio la
propria cultura»
no Angelo, fu proseguire la for­
mazione nel mio primo posto di
lavoro all’Hotel Excelsior di Lu­
gano. Entrare in quell’albergo di
prestigio, per un ragazzino di Ca­
ravaggio, fu una grande emozio­
ne: lampadari di cristallo, posate
d’argento, candelabri ai tavoli e
la moquette così spessa che al­
l’inizio avevo difficoltà a cammi­
nare diritto perché ci affondavo
dentro».
Dopo 9 mesi a Lugano, si realizza il
sogno: un posto nel personale di bor­
do di un transatlantico insieme al
cugino Angelo… Com’è la vita su una
nave di lusso?
«Negli anni Settanta la vita sulle
navi da crociera richiamava la
Belle époque: le crociere di Nata­
le duravano anche 24 giorni, ogni
sera c’era una proposta diversa,
i passeggeri indossavano lo Smo­
king e le dame abiti lunghi da
sera, il cibo era servito a tutte le
ore del giorno. Si lavorava 16 ore
per sette giorni su sette, ed era­
vamo liberi ogni 14 giorni per il
pranzo. Un tour de force che du­
rava anche sei o sette mesi di
imbarco, ma da giovani si trova
sempre il tempo per divertirsi.
Bergamo senza confini è un progetto de
Poi il primo viaggio su un transatlantico da New York all’Italia
«Si viveva un clima da Belle èpoque: uomini in Smoking e donne in paillettes»
L’amore conosciuto tra le onde con Susanna, inglese, oggi sua consorte
«Abbiamo messo su casa alle Bermuda e lì ho servito il cantante dei Beatles
Infine l’approdo nelle Antille e l’apertura di un luogo unico in tutto il mondo
«Da 22 anni sono Captain G. e accolgo i clienti su un tavolo che guarda l’oceano»
Ricordo ancora il mio primo im­
barco a New York, le Torri Ge­
melle e la Statua della Libertà:
salii a bordo della S.S. Oceanic,
la prua sembrava che non finisse
mai, una silhouette incredibile,
per una nave che trasportava
800 passeggeri e altrettanti
membri dell’equipaggio dalla
Grande Mela all’Italia. Presi po­
sto in cucina e iniziai subito a
stare male: ero attaccato a un
pilone e sentivo il mal di mare.
Mio cugino mi disse: “Te ghèt
cusè?” e io gli spiegai che avevo
la nausea. Lui mi staccò dalla mia
postazione e mi portò a poppa e
mi disse ancora: “Guarda giù,
siamo ancora attraccati al molo”.
Con il passare degli anni – otto
– mi abituai e credo di aver vissu­
to il mio sogno più bello».
Che cosa l’ha portata a fermarsi a un
certo punto?
«Eh… durante il mio ultimo anno
a bordo ho avuto la fortuna di
conoscere quella che poi è diven­
tata mia moglie Susanna, di ori­
gini inglesi. La vita a bordo non
ti concede molto spazio per la
vita privata e la famiglia così de­
cidemmo di fermarci e, grazie a
un altro cugino Carlo Magni, tro­
vai lavoro alle Bermuda, all’Ho­
tel Hamilton Princess, per 4 an­
ni. Qui ebbi l’onore di far parte
dei camerieri che hanno servito
il vicepresidente americano Ge­
orge Bush senior (Reagan allora
era il presidente) e conoscere
John Lennon (veniva spesso per
scrivere canzoni) ma anche Ro­
bert Stigwood, regista del film
“Grease” con John Travolta. Per
me e Susanna le Bermuda signi­
ficano la nostra prima casa: ci
siamo sposati, abbiamo oggi 8
cani e 5 gatti, purtroppo non ab­
biamo avuto figli».
Da buon capitano d’avventure non
si è fermato però alle Bermuda…
«Mi venne offerta la possibilità
di andare alla Grand Cayman
come direttore dei ristoranti e
sala banchetti di “The Grand Pa­
villon Hotel” e accettai per un
anno, poi aprii con Susanna il
nostro primo ristorante di cuci­
na italiana. Nel 1992 mi innamo­
rai del faro: The Lighthouse re­
staurant esisteva dal 1966 e il 31
dicembre 1992 lo inaugurai dopo
sei mesi di completa ristruttura­
zione. Dopo 22 anni eccoci anco­
ra qui».
in collaborazione con
1
2
3
Giuseppe Gatta, proprietario di «The Lighthouse restaurant» alle isole Cayman
1.Giuseppe Gatta, originario di Caravaggio, da 30 anni vive alle Isole Cayman nel Mar delle Antille:
nella foto con la moglie Susanna, di origini inglesi, davanti al loro ristorante in un faro; 2. La limousine
di uno degli ospiti di «The Lighthouse restaurant»; 3. Alcuni tavoli del ristorante affacciati sull’oceano
Ha avuto qualche ospite famoso o
conosciuto?
«Per questioni di privacy non
voglio fare nomi: l’isola ospita
moltissime celebrità e persone
famose e il motivo per cui scelgo­
no Grand Cayman è per la discre­
tezza che offriamo. Vi posso dire
che ci hanno visitato stilisti della
grande moda italiana, attori e
attrici americane, uno tra i primi
astronauti… ma devo ammettere
che per me tutti i nostri clienti
sono famosi: senza di loro non
potremmo continuare».
Com’è vivere in quello che tutti co­
noscono come un paradiso fiscale?
«La vita è molto cara qui: tutto
è importato, pochissimo viene
coltivato qui per il prezzo molto
elevato del terreno e della mano­
dopera, non è tutto oro quello
che luccica. Il grande conforto è
che al mattino, quando ci si sve­
glia, vediamo il sole e il mare e
questa è la dolce vita, poi dopo il
caffè ci si prepara per una nuova
giornata». n
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