Ombretta Colli

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Ombretta Colli
Intervento del Presidente della Provincia di Milano,
On. Ombretta Colli.
Assemblea Generale U.P.I.
Milano – Centro Congressi di Via Corridoni – 11 e 12 novembre.
Signor Presidente del Consiglio,
Gentili Colleghi, Cari Amici,
sono
sinceramente onorata e, al tempo stesso, lieta d’introdurre, con la Vostra gradita
partecipazione, quest’Assemblea generale delle Province italiane.
Nella vita della nostra Milano, l’incontro odierno è, in qualche modo, un evento storico: sono più
di trent’anni che l’Assemblea delle Province non si svolge qui al Nord.
Trent’anni, densissimi di eventi, sono passati da allora.
Ciò nonostante, tra il clima di allora e quello di oggi vi sono alcune analogie. In quell’epoca, come
nella nostra, c’era nell’aria un’attesa di cambiamenti istituzionali: si era varata la riforma regionale
e le Regioni a statuto ordinario sembravano destinate al ruolo di enti di legislazione e di
programmazione.
Ad esse – si riteneva – toccava decentrare l’attività amministrativa a Province e Comuni.
Sappiamo come sono andate le cose: non per il verso sperato, purtroppo.
E sappiamo anche che nel passato si sono levate più volte voci che contestavano il ruolo delle
Province.
Ma in questi anni le Province hanno governato con impegno, hanno garantito alle realtà comunali
e locali, particolarmente quelle più decentrate, la continuità del circuito amministrativo e del
collegamento istituzionale, hanno fatto, quando necessario, argine al “neocentralismo” regionale.
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Dicevo poco fa delle somiglianze tra allora e oggi. Anche adesso viviamo in un clima di moderate
speranze.
L’aggettivo “moderate” è d’obbligo, non certo per pessimismo: almeno non è il mio caso. È
perché sappiamo tutti quant’è difficile fare le riforme in una congiuntura economica poco
brillante.
Eppure andiamo avanti, come dimostra la riforma del Titolo V, che, pur con qualche
approssimazione, ha avviato un processo importante di federalismo, sottolineando tra l’altro la
pari dignità costituzionale delle Province, collocate nel panorama dei soggetti istituzionali con i
Comuni, le Regioni e lo Stato.
Il tema di questa assemblea ci suggerisce felicemente in che direzione procedere adesso.
Dobbiamo coniugare la forma di Stato sancita dalle riforme con un dato storico: l’Italia ha radici
al tempo stesso municipali ed europee.
E noi ci sentiamo “localisti” e crediamo nell’importanza delle Province perché esse dimostrano
che il “localismo” può efficacemente supportare una politica di vasto respiro.
Perché in questo periodo di permanenti cambiamenti socioculturali, dobbiamo fare i conti con un
mondo globalizzato e, al tempo stesso, sempre più influenzato dalle dinamiche locali.
I recenti dati ISTAT ci raccontano in cifre il cambiamento del Paese, e ci dicono che negli ultimi
dieci anni le nostre maggiori città hanno perso una quota consistente delle loro risorse umane. A
Milano la riduzione degli abitanti è stata di poco inferiore al 14 per cento, a Roma è sul 10 per
cento, a Torino sfiora l’11 per cento.
Sono trend significativi, che emersero già nel censimento 1991, con riferimento al decennio
precedente.
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È un fenomeno che ha stretta correlazione con il calo delle nascite. Questo è vero ed è anche molto
preoccupante, ma non è tutto.
C’è qualcosa di più complesso: ce lo dicono altri dati, emersi nel corso di un recente convegno
organizzato dal Cnr e dall’Accademia dei Lincei, sul tema “La nuova cultura delle città”.
L’impoverimento demografico dei grandi centri deriva anche dai flussi di emigrazione verso le
province, dall’esodo di tante famiglie verso gli hinterland.
Nella nuova società post-industriale, le grandi città tornano a confrontarsi con la concorrenza degli
hinterland e delle città più piccole.
Non affermeremo quindi che tra grandi e piccole città le parti si siano rovesciate.
È vero però che le Province operano in una realtà diversa rispetto a quella in cui sono nate, e sono
chiamate oggi all’indispensabile ruolo di comporre la sintesi tra la grande città e luoghi
geografici più vasti, con un tessuto culturale diffuso, che si è sviluppato talvolta anche in modo
alternativo.
E perciò le Province, lungi dall’essere indebolite, vanno rivalutate, rafforzate e dotate di maggiori
risorse.
Proprio quello delle risorse è il tema “caldo” di questi giorni.
Dobbiamo attrezzarci culturalmente per gestire in maniera efficace questa fase: condividendo
maggiormente le regole del dialogo fra Enti Locali e Stato.
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In primo luogo, credo che il maggiore pericolo da evitare sia l’avvento della “sussidiarietà
capovolta”: non deve accadere cioè che gli Enti locali siano chiamati a coprire con le proprie
forze i vuoti che si formano, quando si trasferiscono le competenze senza le necessarie risorse. Al
centralismo statale non può sostituirsi un neo-centralismo regionale. Il federalismo delle funzioni,
siano esse statali o regionali, deve procedere di pari passo con quello fiscale.
Conseguentemente, la prima lettura alla Camera della legge finanziaria ci preoccupa fortemente.
Le Province sono disposte a fare la loro parte per il raggiungimento degli obiettivi del risanamento
complessivo del Paese, perché sono e si sentono parte a pieno titolo di questa Repubblica.
Chiediamo perciò poche cose ma chiare:
1.
la riformulazione del patto di stabilità, che nella attuale stesura è inaccettabile, in quanto
avrebbe come conseguenza il dissesto finanziario della maggior parte degli Enti, a meno di
non bloccare completamente l’attività;
2.
l’adozione di un pacchetto straordinario per finanziare adeguatamente la messa in sicurezza
dei plessi scolastici, che sono stati consegnati dai Comuni alle Province con la riforma del
’96 (legge 23) in condizioni drammatiche e per la cui manutenzione non sono state assegnate
risorse adeguate;
3.
la revisione della norma della finanziaria, che prevede per alcune Province l’obbligo di
restituzione delle somme un tempo destinate al pagamento del personale trasferito allo Stato
(c.d. personale A.T.A., assistenti tecnico amministrativi), somme che sono state per altro
utilizzate dagli Enti interessati per finanziare la messa in sicurezza delle scuole, e che
potrebbero – per le Province interessate – essere vincolate a quello scopo, in conto del
finanziamento straordinario di cui al punto precedente;
4.
il ritiro di norme “punitive” che non incidono sulla spesa, con la modifica delle disposizioni
relative a Consip. L’obbligo di fatto previsto in Finanziaria di acquistare tramite tali
convenzioni presenta molteplici criticità: le categorie merceologiche trattate su scala
nazionale sono spesso incompatibili con le specifiche esigenze locali (più congruo prevedere
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un forte impulso alla provincializzazione del “modello Consip”); il miglior prezzo viene
frequentemente ottenuto a discapito della qualità delle merci, offrendo in fornitura giacenze.
L’augurio è che la discussione al Senato inizi sotto altri auspici. Il confronto con il Governo sia
costante e non episodico, e le Province siano ascoltate nelle loro richieste, moderate e ragionevoli
e mai strillate.
Ma la riforma federalista non è solo una questione di soldi. Sono convinta che ci siano ampi spazi
per un’azione di rinnovamento a costo zero.
Il secondo punto allora è la richiesta al Governo che si affermi il principio per cui l’innovazione
legislativa a costo zero, che produce efficienza, sia immediatamente attuata.
Citerò un esempio: se gli Enti locali potranno usufruire delle stesse agevolazioni fiscali concesse
allo Stato per lo spin-off immobiliare e la costituzione di Patrimonio Spa, la razionalizzazione che
ne deriverà, ed il conseguente risparmio, non produrrà riflessi negativi a carico dei conti pubblici.
Più in generale, le Province possono farsi carico di questi circuiti innovativi istituzionali: affinché
siano attivati, alimentati e attuati in modo diffuso.
Possono farlo perché sono Enti intermedi, con capacità di sintesi e con strutture snelle, dinamiche.
E possono contare sull’Unione delle Province d’Italia per “fare rete”, per veicolare
l’innovazione e condividerla.
La mia esperienza mi conferma nei fatti questa vocazione delle Province: infatti, è per me motivo
di orgoglio l’impegno profuso dalla Provincia di Milano per vincere la fondamentale sfida dell’egovernment, con due importanti progetti che sono stati selezionati e finanziati dal Ministero per
l’Innovazione e le Tecnologie.
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E con altrettanta soddisfazione posso dare qui la notizia che oggi, grazie anche all’impegno della
Direzione Generale della Provincia di Milano, ho firmato, con l’ing. Sarmi, AD di Poste Italiane e
con il Presidente Ria, un protocollo d’intesa, per sviluppare la possibilità di usufruire della rete
degli uffici postali per avvicinare la Provincia, i suoi uffici ed i suoi servizi, all’utente cittadino ed
impresa, in modo diffuso sul territorio.
Grazie alla capillarità della rete di Poste Italiane, sicuramente la più significativa nel suo genere in
Italia, cercheremo insieme di superare la criticità tipica di ogni Provincia, di avere un numero
relativamente esiguo di “sportelli”, a fronte di un vasto territorio da amministrare.
È un’idea innovativa di governance, cioè un nuovo modello di governo interno dell’Ente e
dell’attività amministrativa.
Ed è dalla governance che dobbiamo partire per prepararci, con fatti concreti, ad assumere le
responsabilità che la riforma federalista ci impone.
Dalla governance esterna (che descrive ed organizza i rapporti ed i flussi funzionali tra enti),
affinché il progredire del decentramento e del processo di delega non conceda spazi a conflitti di
competenza positivi o negativi, a zone grigie od a cortocircuiti istituzionali.
E dalla governance interna (attraverso l’implementazione di sistemi di governo, organizzazione e
controllo nuovi o mutuati da esperienze consolidate), perché le funzioni delegate e le nuove
responsabilità non colgano impreparati gli Enti.
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In luglio, l’UPI ha firmato con il Dipartimento della Funzione Pubblica un protocollo d’intesa
nell’ambito del “Progetto Governance”, per la realizzazione di sistemi innovativi di
programmazione, bilancio e controllo.
È una grande opportunità per le Province di partecipare alla costruzione dei nuovi assetti interni ed
istituzionali.
Con soddisfazione, la Provincia di Milano ha accettato il ruolo di capofila del progetto, come
riconoscimento del costante sforzo profuso, assumendo un grande impegno per portare avanti
l’innovazione amministrativa e tecnologica. Valuteremo le possibili convergenze, in termini di
apporto progettuale, con l’iniziativa intrapresa con le Poste. Ci impegneremo per condividere il
nostro know how sulle questioni di finanza innovativa. Metteremo a disposizione l’esperienza che
abbiamo maturato nel campo dei controlli interni.
Proprio nel settore dei controlli, la riforma del Titolo V della Costituzione ha già realizzato un
federalismo pieno: tocca però agli Enti adesso dotarsi dei sistemi interni idonei.
La Provincia di Milano è stata puntuale all’appuntamento, dotandosi di un moderno Sistema
Integrato di Controlli Interni: uno strumento pensato e voluto con un forte orientamento al
risultato, per coniugare in modo efficiente il raggiungimento degli obiettivi con il rispetto della
legalità, sostanziale e formale.
È inoltre in fase di redazione un codice etico per gli Uffici.
Tutto questo è divenuto oggetto di un protocollo d’intesa firmato con il Dipartimento della
Funzione Pubblica nell’ambito del Progetto “Cantieri”, per dare ancora maggiore impulso al
confronto su questi temi, promuovendo la diffusione delle best practices.
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E a proposito di innovazioni istituzionali, un breve cenno sulla città metropolitana, che ha una
sicura condizione per svolgere il ruolo assegnatole dal legislatore, quello di governare processi di
area vasta, integrando politiche comunali con quelle di governo territoriale.
È chiaro che ci troviamo di fronte a una Provincia potenziata, il cui territorio tendenzialmente
coincide con quello dell’area metropolitana, e a più comuni, di dimensioni ridotte ma omogenee e
pertanto più idonei a venire incontro alle esigenze dei cittadini.
Vorrei infine concludere con un pensiero alla tragica attualità dei sismi che hanno colpito il
Meridione d’Italia, e con una proposta: di istituire cioè un comitato di coordinamento delle
Province per aiutare le popolazioni terremotate.
Grazie!
Un benvenuto particolare a chi giunge da lontano. Un cordiale saluto a tutti. Auguro un eccellente
lavoro e un proficuo dibattito.
Evviva la grande Provincia italiana: una ricchezza per il Paese.
On. Ombretta Colli
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