Samarcanda Petra Tebe Costantinopoli

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Samarcanda Petra Tebe Costantinopoli
Mondo
DI PAOLA STACCIOLI
impero
L’
colpisce ancora
Samarcanda
Petra
Tebe
Costantinopoli
30 SETTEMBRE 2004
■
I VIAGGI DI REPUBBLICA
I VIAGGI DI REPUBBLICA
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30 SETTEMBRE 2004
Sono capitali che hanno fatto
la storia e che parlano
di civiltà scomparse.
Città-mito, spesso
luoghi letterari, conservano
la loro bellezza e il loro fascino.
Un viaggio affascinante
e leggendario tra siti archeologici,
opere architettoniche,
antichi tesori e civiltà remote
Petra, la meravigliosa capitale dei nabatei, si schiude d’incanto
al termine del Siq, la gola angusta che conduce alle rovine
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L’IMPERO COLPISCE ANCORA
Mondo
SAMARCANDA
PETRA
COSTANTINOPOLI
TEBE
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La scoperta di luoghi dove storia e leggenda,mito e realtà
sono legati,regalerà emozioni veramente impareggiabili.
P
etra, Samarcanda,
Tebe, Bisanzio... nomi che stimolano la
fantasia ed evocano
atmosfere esotiche e
fiabesche, mondi lontani pervasi da
profumi di incenso e popolati da carovane di cammelli. Capitali di antichi imperi, queste città che hanno fatto la storia ora parlano di importanti civiltà scomparse. Quasi tutti conoscono la loro esistenza, ben pochi
sono interessati a individuarne l’esatta collocazione su una carta. Un
mito non tollera il vincolo di un ancoraggio geografico.
Sulle loro spalle gravano le responsabilità di un’immagine fantastica e letteraria che spesso si infrange
sulla realtà di un presente ben poco
idilliaco. Che mal si combina con la
trepida e smisurata aspettativa del-
l’aspirante visitatore. Un mito deve
essere all’altezza della sua fama, immune da problemi o segni del tempo.
Per riuscire a mettere in secondo piano le rughe dell’oggi e assaporare appieno il fascino di un viaggio
in luoghi che ricordano civiltà molto
remote c’è bisogno di una certa preparazione. Altrimenti le camminate
in mezzo alla polvere, sotto un sole
spesso cocente, rischiano di diventare estenuanti e insopportabili, soprattutto se alla fine ci si trova di fronte a rovine molto simili a quelle già
viste altrove, in primo luogo a casa
propria. Non sempre il valore estetico dei monumenti giustifica il viaggio. Specialmente quando si ha a che
fare con siti archeologici. Una colonna, in sé, regala scarse emozioni
ai più. Per comprendere periodi sto-
rici lontani, poco conosciuti e molto
distanti dalla nostra sensibilità, non
è granché utile ascoltare gli elenchi
di date, sovrani e dinastie diligentemente sciorinati dalle guide. Dopo
pochi minuti si sarà già dimenticato
tutto. Per lasciarsi catturare a fondo,
farsi appassionare dalle rovine, bisogna renderle vive, collegarle alle vicende di cui sono testimoni, agli uomini che le hanno popolate. Narrando di guerre e amori, popoli e culture, tradizioni e regni, i luoghi acquisteranno un interesse del tutto diverso e inaspettato. Non è necessario
cibarsi un trattato, imparare a memoria date, luoghi, nomi di re o imperatori. A volte un bel film o un
buon romanzo possono essere più
esplicativi, per la loro immediatezza,
di un atlante storico. Perché quel che
conta è acquisire l’idea generale di
una civiltà fatta di lavoro, passioni,
sofferenze, conflitti. E popolata da
gente comune, che ha costruito i monumenti ancora oggi visibili. Le opere architettoniche, si sa, sono frutto
della decisione dei singoli e della fatica di molti.
Uno dei più classici sogni nel cassetto è quello di lasciare per un periodo alle spalle tutto e tutti, caricarsi uno zaino in spalla e partire all’avventura. Pochi, alla fine, lo fanno davvero. Eppure, per chi ne ha il coraggio e la possibilità, è il modo migliore per visitare queste città leggendarie. Senza pacchetti-tutto-compreso
e con lo spirito d’avventura dei viaggiatori d’altri tempi. La scoperta di
luoghi dove storia e leggenda, mito
e realtà sono inscindibilmente legati regalerà allora emozioni veramente impareggiabili. ■
Il racconto di un avventuroso viaggio effettuato nel 1932 lungo le
montagne e i deserti
dell’Asia centrale. Il suo
itinerario comprende
splendide città come
Samarcanda, Bukhara, Khiva, ma anche piccoli villaggi sperduti.
VAGABONDA NEL TURKESTAN
Di Ella Maillart
Edt - Torino 1995 - Euro 12,91
Raccoglie le osservazioni dell’esploratore svizzero che nel 1812 riscoprì Petra e visitò il
Wadi Rum, fornendo dettagliate descrizioni del
paesaggio sociale e archeologico della regione.
VIAGGIO IN GIORDANIA
di Johann Ludwig Burckhardt
Cierre Edizioni - Verona 1994 - Euro 14,00
Il romanzo, ambientato
in Turchia, è un viaggio
attraverso grandi città e
remoti villaggi. Seguendo
il destino del fez, copricapo nazionale bandito
nel 1925 in nome della
modernizzazione, il libro guida il lettore alla
scoperta di un paese ricco di contraddizioni.
LA TURCHIA A CAVALLO DI UN FEZ
Di Seal Jeremy
Feltrinelli - Milano 2000 - Euro 15,49
Flaubert partì per l’Oriente nell’ottobre 1849
insieme all’amico Maxime Du Camp. Il libro è
la testimonianza del
grande scrittore sul mito di un paese leggendario, ma anche sulla sua realtà di miseria
e sofferenza.
VIAGGIO IN EGITTO
Di Gustave Flaubert
Ibis - Como 1998 - Euro 9,81
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L’IMPERO DI TAMERLANO
I VIAGGI DI REPUBBLICA
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Se un tiranno spietato, ma colto e patrono delle arti, non avesse deciso nel 1370 di farne la capitale del suo
impero, Samarcanda sarebbe forse caduta per sempre nell’oblio. L’antica Maracanda, conquistata nel 329
a.C. da Alessandro Magno e passata poi sotto varie dominazioni, era infatti stata devastata nel 1220 dal conquistatore mongolo Gengis Khan. Fu il condottiero tartaro Timur, da noi noto come Tamerlano, a donare nuova vita alla città, rendendola riferimento economico e culturale per tutta l’Asia centrale. Soprannominato iLenk, lo zoppo, a causa di una ferita di guerra, Timur fece costruire negli ultimi decenni del Trecento moschee, università coraniche (madrase), mausolei e palazzi, meraviglie architettoniche che ancora oggi colpiscono per la
loro bellezza e grandiosità. Tanto splendore fu ottenuto anche con la deportazione di architetti e la spoliazione delle terre conquistate. Timur decimò popolazioni e distrusse città creando un vasto impero islamico. Morì nel
1405. Suo nipote, il dotto Ulughbek, regnò fino al 1449, rafforzando il ruolo di Samarcanda come centro intellettuale. Ma i timuridi vennero battuti agli albori del XVI secolo dagli Shaybanidi Uzbeki, che spostarono la capitale a Bukhara. Iniziò il declino della città, arrestato nel 1868 dalla conquista russa. Samarcanda divenne capoluogo provinciale del Turkestan e, in seguito, capitale della Repubblica sovietica dell’Uzbekistan, ma nel 1930 dovette cedere il titolo a Tashkent.
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SAMARCANDA
■ www.edt.it/lonelyplanet/microguide/
La “città rossa”
gioiello del medio Oriente
luogo della terra, secondo Lawrence d’Arabia. Sarà forse banale ripetere queste parole, ma
corrispondono al vero. La meravigliosa capitale dei nabatei si
schiude d’incanto al termine del
Siq, la gola angusta che conduce alle rovine. Un chilometro e
mezzo, più o meno, fra altissime
pareti a picco un po’ inquietanti
che incombono sullo stretto sen-
IL DOMINIO DEI NABATEI
Fu un intraprendente esploratore anglo-svizzero il primo occidentale a “riscoprire” Petra, nel 1812, dopo secoli di oblio. In viaggio da Damasco al Cairo, Johann Ludwig Burckhardt rimase colpito dalle narrazioni su una favolosa città
nascosta fra le montagne del Wadi Musa, sulla cui ubicazione le popolazioni
beduine custodivano gelosamente il segreto. Parlava arabo, e si finse un commerciante musulmano. Disse di dover sacrificare, per un voto ad Allah, una capra sulla tomba del profeta Aronne, che sapeva essere situata nei pressi della
misteriosa città. Gli indigeni caddero nel tranello e lo guidarono. Da allora, l’antica capitale dei Nabatei è nota in tutto il mondo. Successivi scavi hanno mostrato che Petra era abitata dagli Edomiti
già nel secondo millennio a.C., cacciati intorno al VI secolo a.C. dai Nabatei. Questi
ex nomadi divenuti sedentari si arricchirono controllando le rotte delle carovane che
trasportavano pregiate spezie fra il Mediterraneo e l’Oriente, e fecero di Petra la capitale di un prosperoso e vasto dominio territoriale comprendente anche parte
della Siria. Nel 312 a.C. i Nabatei resistettero all’attacco di sorpresa di Antigono Monoftalmo, così come in seguito ai primi tentativi di conquista romani,
ma nel 106 d.C. Petra fu definitivamente espugnata, ed entrò a far parte della provincia romana d’Arabia. Iniziò il declino della città, determinato anche
dallo spostamento delle vie commerciali e dai ripetuti terremoti. Non fermarono la decadenza la designazione a sede vescovile né la successiva conquista
araba del 636. Nel XII secolo Petra attraversò un nuovo breve periodo di gloria
quando vi si stabilirono i crociati, costruendovi un importante fortilizio. Poi, nulla se ne seppe più, in Occidente, fino all’avventuroso viaggio di Burckhardt.
TURISMO IN GIORDANIA
tiero, e che hanno preservato dal
degrado il più importante monumento della città, il Khazneh elFaroun. Tesoro del faraone. L’edificio, scolpito nella parete della montagna e probabilmente destinato a sepolcro, giunge inaspettato e sorprendente. Realizzato in stile ellenistico, è ricco di
decorazioni architettoniche e
scultoree di alto livello. Sembra
il set di un film, una finzione creata per Indiana Jones e l’ultima
crociata e poi dimenticata lì. Invece è il contrario. La sua facciata alta quasi quaranta metri
ha fatto da fondale alle riprese.
Si è favoleggiato di un tesoro nascosto al suo interno, ma nessuno lo ha mai trovato. È tuttora
visibile l’urna sforacchiata dai
proiettili dei beduini che speravano di farne sgorgare una pioggia di monete.
La città si sviluppa in un’immensa valle circondata da alture, che crea una sorta di anfiteatro naturale nel quale le realizzazioni dell’uomo sono in perfetta armonia con l’ambiente. Per
godere appieno della bellezza,
soffermatevi fra le rovine all’alba o al tramonto. Fa meno caldo, i colori sono più intensi, e
soprattutto si evitano gli incontri con i chiassosi gruppi organizzati.
Centinaia di edifici sono
disseminati sui 3 km quadrati
■
www.quigiordania.it/
dell’area urbana principale. Quasi tutti sono scavati nella roccia,
le cui venature creano uno
straordinario effetto cromatico,
un caleidoscopio dalle mille sfumature e tonalità che mutano
secondo i riflessi del sole. Dal
rossiccio al marrone, giallo, viola. Significative le tracce di età
romana. C’è il teatro per 8000
spettatori e la via Sacra delimitata dai resti di un colonnato, monumentale ingresso per
mercanti e carovane. A colpire
sono però soprattutto le testimonianze, tipicamente nabatee,
di architettura funeraria rupestre: dalle file di sepolcreti alle
imponenti tombe reali. Passeggiate per la città almeno una
giornata intera, inerpicandovi
per il ripido cammino a gradini
che conduce al monastero EdDeir, situato su un promontorio
che domina la valle. Per la salita vi saranno offerti a due soldi
asinelli sfruttati allo stremo. Andate a piedi. La fatica sarà ripagata dal panorama spettacolare, in grado di regalare forti emozioni. Preparatevi a sentir echeggiare nelle orecchie le parole cartolina cavallo cammello, a essere circondati da bambini che
si offrono come guida o vendono frammenti di roccia. È uno
degli inconvenienti delle mete
del turismo di massa, come la
lievitazione dei prezzi, i dromedari agghindati per le foto o i
chioschi sbucati come funghi.
Aspetti secondari. Petra rimane
all’altezza del suo mito. ■
30 SETTEMBRE 2004
viale pedonalizzato che conduce alla grande moschea di Bibi
Khanum, la moglie cinese di
Tamerlano, a cui è legata una
tragica leggenda. Si racconta che
la sovrana la fece costruire mentre il marito era in India. L’architetto persiano, innamoratosi di
lei, riuscì a darle un bacio su una
mano, che lasciò un segno scoperto dal consorte. Fu condannata a morte.
Nei pressi c’è un grande bazar, dove si è travolti da intensi
aromi, colori, suoni. La sua vivacità contrasta con lo squallore
dei negozi di stato sovietici. Nei
volti si leggono i diversi tratti somatici delle etnie che popolano
la città. Gli uomini sono vestiti all’occidentale, tranne qualche an-
e rovine delle antiche città si
somigliano un po’ tutte agli occhi del profano. Colonne, capitelli, templi che spesso non provocano grandi emozioni. Perché non
è facile entrare nel vivo della storia degli uomini, delle civiltà che
le hanno popolate. Petra è diversa. Petra è unica. Affascinante e
misteriosa, ammalia il visitatore
lasciando immagini che si stampano indelebili nella mente. Lo
hanno detto in molti. È stata definita il gioiello del Medio Oriente,
la città rossa come rosa. Il più bel
L
■
stro immaginario. Maestosi portali, slanciati minareti, cupole
turchesi, maioliche policrome.
La piazza è chiusa su tre lati da
madrase, che sembrano parte di
un progetto unitario ma sono
state costruite in momenti diversi, fra il XV e il XVII secolo.
Purtroppo gli interni dei monumenti sono invasi da venditori di
souvenir. Piatti dipinti, scialli in
seta, drappi ricamati, tappeti. La
contrattazione è d’obbligo. Spesso si paga in dollari, ricevendo
in resto sum, moneta in costante svalutazione.
Dopo una sosta al Museo
Statale di Storia Culturale dell’Uzbekistan, interessante nonostante l’allestimento un po’
squallido, ci si incammina per il
ziano con barba lunga e copricapo tradizionale. Le donne indossano abiti variopinti sopra
pantaloni dello stesso tessuto.
Alcune sfoderano il sorriso metallico di una dentatura ricoperta d’oro, simbolo di prestigio sociale. Vale la pena assaggiare il
nan, pane da assaporare caldo,
mentre il tè va gustato in una
chaykhana, sale dove gli uomini
giocano a domino e dove ci si
accomoda su una piattaforma simile a un letto coperta da un tappeto con un tavolinetto al centro. Per mangiare si può scegliere fra i ristoranti “veri” e quelli
nelle case private. L’igiene è
spesso accettabile, ma qualche
disturbo intestinale va messo in
conto. I pasti sono simili ovunque. Antipasti di verdure, zuppa,
e plov, riso con carne e verdure,
o shashlyk, grassi spiedini di carne.
Resta da visitare il Gur-i
Amir, sepolcro che accoglie anche le spoglie di Tamerlano e
Ulughbek, e la necropoli di
Shah-i Zindah, di epoca timuride, una suggestiva strada di
tombe decorate con mosaici,
iscrizioni, intarsi. Vi sono sepolti familiari di Tamerlano e, sembra, un cugino di Maometto.
Dopo una rilassante passeggiata fra i viali alberati della
città russa del XIX secolo, ci si
può spingere in collina, per visitare il sito archeologico di Afrasiabe l’osservatorio astronomico di Ulughbek, con i resti di un
enorme sestante. ■
I VIAGGI DI REPUBBLICA
Uzbekistan
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L’architettura sacra
sulla Via della Seta
Petra
una statua di Tamerlano seduto in trono, con l’aspetto
imponente e austero, ad accogliere i visitatori di Samarcanda
nella zona universitaria. In epoca sovietica al suo posto c’era
Marx. Il crudele condottiero, assunto a modello culturale dall’attuale governo, per la popolazione è una sorta di padre. Gli
sposi amano essere immortalati in sua compagnia, come a cercare protezione e rifugio nelle
glorie del passato. Perché la leggendaria città della Via della Seta, alla quale Tamerlano donò
sfarzo e prosperità, oggi appare
contraddittoria. È splendore nei
raffinati esempi di architettura
sacra islamica ma è anche povertà diffusa. La popolazione ha
perso i vantaggi dell’epoca sovietica senza acquistare nulla.
Il Registan corrisponde alla Samarcanda custodita dal no-
È
Giordania
Samarcanda
L’IMPERO COLPISCE ANCORA
Mondo
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cui interno semplice e spazioso
colpisce per il bellissimo effetto
cromatico che l’ha fatta definire
“moschea blu”.
Il maggiore monumento di
Istanbul, che ha accompagnato
la storia della città e dei vari imperi, è però Hagia Sophia, la basilica iniziata sotto Costantino ma
poi distrutta e ricostruita più volte. La semplice eleganza dell’interno contrasta con la pesantezza dell’esterno, reso massiccio da
vari interventi effettuati sulla struttura originaria. Come altre chiese, fu trasformata in moschea dopo la conquista ottomana. Dal
1935 è un museo.
Fra le tracce più remote dell’antica Bisanzio vi sono i resti del
grande ippodromo iniziato da Set-
CAPITALE DI TRE IMPERI
I VIAGGI DI REPUBBLICA
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La città che nel tempo si chiamò Bisanzio, Costantinopoli e infine Istanbul, e che fu capitale di tre grandi imperi - romano d’oriente, bizantino e ottomano - ha sempre rivestito, nel corso della sua lunga storia, un ruolo di fondamentale importanza, grazie soprattutto alla posizione strategica sulla penisola del Bosforo, a cavallo di due continenti. Tracce archeologiche testimoniano una presenza nell’area già nel XIII secolo a.C., ma
la fondazione di Bisanzio ad opera di coloni greci guidati da Byzas il Megarese risale al 667 a.C. Divenuto un florido centro commerciale, non riuscì a
preservarsi da guerre, conquiste e distruzioni. Cadde, tra l’altro, sotto il dominio persiano e l’influenza del regno di Pergamo. Nel 330 Costantino ne
fece la capitale dell’Impero romano d’Oriente con il nome di Costantinopoli. Dal 476, quando fu deposto il reggente d’Occidente, rimase l’unica sede
di potere. L’impero bizantino si estese e consolidò sotto Giustiniano, alla
metà del primo millennio. Nel 1071 l’esercito bizantino fu duramente sconfitto e parte della città cadde nelle mani dei turchi selgiuchidi. L’imperatore chiese aiuto ai crociati che però, successivamente, tradirono gli
accordi, e nel 1204 saccheggiarono la città proclamando l’effimero Impero latino d’Oriente. Dal 1261 Costantinopoli visse un nuovo periodo di splendore con la dinastia dei Paleologhi. Nel 1453 fu conquistata dai
turchi guidati da Mehemet (Maometto) II e divenne capitale dell’impero ottomano.
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TURISMO IN TURCHIA
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www.turchia.it
Tebe
l Basso Egitto, il nord, è celebre per le piramidi e la Sfinge,
ma è l’Alto Egitto, con l’attuale
Luxor, a custodire le tracce storiche, artistiche e religiose più
alte del periodo faraonico. Dove
migliaia di anni fa sorgeva la mitica città chiamata Tebe dai greci e Waset dagli egizi, che Omero definì “dalle cento porte” per
la sua grandiosità, ci sono oggi
i maestosi templi di Luxor e Karnak, sulla riva destra del Nilo, e
le necropoli dei re e delle regine
sulla sponda opposta. A est la
La splendida Luxor
dalle cento porte
I
vita, a ovest la morte.
Luxor è uno splendido museo all’aperto, con una profusione di mura istoriate, colonne,
sfingi, obelischi, statue colossali, mentre le magnifiche pitture
delle tombe costituiscono una
sorta di album fotografico dell’antico Egitto. Illustrano scene
di vita quotidiana, caccia, agricoltura, feste, gesta di sovrani,
LA CAPITALE DEI FARAONINON
Non è semplice districarsi nel dedalo delle 30 dinastie che governarono
l’Antico Egitto per quasi 2700 anni, a partire dal 3000 circa a.C. A grandi
linee, si può dividere l’epoca dei faraoni in tre periodi - Antico, Medio e
Nuovo Regno - preceduti da un primo periodo dinastico, intervallati da periodi intermedi e seguiti da un’età di progressiva decadenza, che accompagnò il I millennio a.C. sfociando nella conquista persiana del 525 e in
quella di Alessandro Magno nel IV secolo a.C. In seguito l’Egitto divenne
provincia romana, subì il dominio arabo, turco, l’occupazione britannica.
Tornò indipendente solo nel 1952.
L’epoca di splendore della civiltà egizia prese avvio con l’unificazione
dell’Alto e Basso Egitto, rispettivamente il sud e il nord. Capovolgimento
strano solo in apparenza, in un paese che ha come principale riferimento
il corso del Nilo. La capitale era allora
Menfi. La gloria di Tebe, l’attuale Luxor,
un piccolo villaggio trasformatosi ben presto in grande metropoli, iniziò verso la fine dell’Antico Regno quando i principi del
sud unirono il paese sotto il controllo di
Tebe e il comando di un solo faraone. Ebbe così inizio il Medio Regno, caratterizzato da splendore e stabilità politica. Dopo un ulteriore declino, durante il quale l’impero venne attaccato
da popolazioni nomadi, nacque il Nuovo Regno, l’epoca d’oro dei faraoni,
che durò circa 500 anni, dalla metà del XVI secolo a.C. Risalgono a questo periodo i principali monumenti di Tebe. Alcuni sovrani spostarono al
nord la capitale, ma durante il Nuovo Regno la città mantenne sempre notevole importanza. Quasi tutti i faraoni la elessero a loro residenza.
EGITTO
■
vittorie militari, cerimonie, offerte agli dei, rituali di resurrezione.
Il luogo più sorprendente è
la sala ipostila del complesso
monumentale di Karnak, una foresta di 134 colossali colonne
papiriformi che si stagliano su
un cielo sempre azzurro. Nel Medio e Nuovo Regno, periodo d’oro del potere tebano, il tempio
fu il principale luogo di culto del
dio Amon-Ra. Un viale fiancheggiato da sfingi lungo quasi
3 chilometri, in parte rimasto sepolto sotto la città moderna, collegava Karnak al tempio di Luxor - sorto su un santuario dedicato alla triade divina Amon, Mut
e Khonsu - molto suggestivo di
sera, con i suoi giochi di luci e
ombre.
Per non rischiare un’indigestione archeologica, è consigliabile alternare le visite con
un’immersione nell’atmosfera vivace della città moderna, fra carretti trainati da asinelli, uomini
che indossano la galabya tradizionale e fumano il narghilè in
strada o nei caffè, donne con l’abito nero e il volto coperto, bancarelle, lustrascarpe, richiami del
muezzin alla preghiera.
Attraversato il Nilo, nella
“Tebe dei morti” c’è l’interessante villaggio di Ghurma. I turisti, erroneamente, spesso lo
ignorano, ed effettuano la prima
sosta ai colossi di Memnone.
www.egittologia.net/elearning/corsi_luxor.aspx
Una delle due statue senza volto di Amenofi III ammaliò i greci per il suo “canto”, un suono
che si produceva in una fenditura al prosciugarsi dell’umidità
notturna. Pensavano fosse il dio
Memnone che tornava in vita al
sorgere del sole. Un restauro del
III secolo ammutolì la statua.
I templi funerari dedicati al
culto - da non perdere quelli di
Ramses II, Ramses III e della regina Hatshepsut - sono separati dalle tombe. I faraoni del Nuovo Regno facevano infatti erigere i monumenti per la devozione
in luoghi accessibili, mentre i sepolcri con il corpo e le ricchezze
terrene erano nascosti nelle viscere delle montagne. Lo stratagemma non evitò le profanazioni. Nelle grandi necropoli della Valle dei Re e di quella delle
Regine, dalle porte tagliate nella roccia partono lunghi cunicoli che conducono a nicchie, cappelle e alla camera funeraria con
il sarcofago che conteneva la
mummia. Nel 1922 fu scoperto
il sepolcro, inviolato, di Tutankhamon. Parte del suo strabiliante corredo è esposto nel Museo Egizio del Cairo. Splendidamente conservate sono le pitture della tomba della regina Nefertari, la bella moglie di Ramses II, ma giustamente l’accesso è consentito, per motivi di
conservazione (sarebbe un peccato il degrado di queste pitture), a un numero sempre limitato di visitatori, e il biglietto è molto caro. ■
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imperiale, e soprattutto l’harem,
con il suo fascino intrigante e misterioso. Un labirinto di corridoi,
sale, giardini dove abitavano mogli, concubine e schiave del sultano, guidate dalla potente regina madre e sorvegliate da eunuchi. Alla metà dell’Ottocento fu
sostituito dal nuovo palazzo imperiale sulle rive del Bosforo, il
Dolmabahçe Sarayi, un coacervo di stili espressione dell’impero in decadenza. Al periodo d’oro dell’impero ottomano, quello
di Solimano il Magnifico, nel Cinquecento, risale invece la Süleymaniye Camii. Imponente ma sobria, elegante e maestosa, è forse la più bella moschea della città. La preferita da turisti e fedeli
è però la Sultan Ahmet Camii, il
timio Severo e ampliato da Costantino, cuore della vita pubblica della città romana e bizantina. Meritano una visita la quattrocentesca torre di Galata, che
regala un bel panorama, la Yerebatan Sarnici, grande cisterna
sotterranea del periodo giustinianeo, la ex Chiesa del Salvatore in Chora, oggi museo, nei
pressi delle mura teodosiane, con
i suoi splendidi mosaici a fondo
oro e gli affreschi parietali tardo
bizantini.
Istanbul è la città dalle mille atmosfere, da assaporare anche attraverso esperienze di vita
quotidiana come i dolmus, taxi
collettivi, gli hamam, bagni turchi, i traghetti sul Bosforo, i dolci intrisi nello sciroppo di zucchero, i lustrascarpe in strada, i
giardini da tè... Sullo sfondo, l’immancabile canto del muezzin. Di
tanto in tanto è quindi consigliabile dimenticare i monumenti per
lasciarsi trascinare nell’intricato
dedalo di viuzze del vecchio quartiere ebraico di Balat, oppure passeggiare a fianco alle pittoresche
case in legno della strada lungo
le mura del Serraglio, o immergersi nell’immenso alveare di botteghe, come Mark Twain definì il
Kapali Çarsi, il più grande bazar
coperto del mondo. Migliaia di
negozi, un’infinità di vicoli. Vi si
trovano oggetti di antiquariato e
artigianato, stoffe, gioielli, tappeti.
Poco più in là, il bazar egiziano,
o delle spezie, una distesa di sacchi di polveri colorate con intensi aromi. ■
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Le mille atmosfere
e il fascino delle moschee
I VIAGGI DI REPUBBLICA
stanbul è affascinante e caotica, ricca di tesori d’arte e di
smog. Una città splendida, dove
l’atmosfera magica si infrange
spesso sui problemi causati dal
sovraffollamento. La megalopoli
sul Bosforo conserva numerose
tracce della sua lunga storia politica, culturale, artistica. Il luogo
più adatto per rivivere i fasti dell’impero ottomano è il Topkapi, il
Serraglio nato per volontà di Mehemet II nell’area dell’antica Bisanzio. Fu residenza di sultani e
centro amministrativo per circa
400 anni, dalla metà del XV secolo. Nei suoi ambienti fiabeschi,
ricchi di decorazioni e maioliche
policrome, l’atmosfera è da Mille e una notte. Lo strabiliante tesoro dei sultani lascia a bocca
aperta, ma catturano l’attenzione anche la finestra a inferriate
dalla quale il sultano osservava,
non visto, le riunioni del consiglio
I
Egitto
Turchia
Costantinopoli
L’IMPERO COLPISCE ANCORA
Mondo
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