DIARIO DI VIAGGIO - UZBEKISTAN Uzbekistan? chi era

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DIARIO DI VIAGGIO - UZBEKISTAN Uzbekistan? chi era
DIARIO DI VIAGGIO - UZBEKISTAN
Uzbekistan? ... chi era costui. Così avrebbe pensato il noto personaggio manzoniano. Un nome poco
conosciuto, ostico, che appartiene ad un paese ancor più sconosciuto, lontano, perso in mezzo
all’Asia Centrale e alle tante repubbliche ex sovietiche. Eppure ci ha incuriosito e attirato e grazie
all’ottima organizzazione della nostra Brigitte (l’Angela Merkel dell’ANPAN), siamo partiti in 31,
a bordo di un vetusto Boeing 757, recante sulla fusoliera a lettere cubitali il nome Uzbekistan, tanto
per togliere ogni dubbio all’appartenenza dello stesso e alla nostra destinazione. L’Uzbekistan ci ha
accolto con belle giornate serene e ventose e con la sensazione di trovarci in un paese totalmente
rinnovato, dopo il grigiore sovietico. La nostra guida Jim, ragazzone alto, colto, spiritoso e
intransigente, parla un ottimo italiano e ci tiene lezioni infinite sulla storia del suo Paese. Ci
racconta del suo popolo, gli Uzbeki, gente fiera, che vive ancora con antiche regole patriarcali,
rispettoso delle tradizioni, anche se, come lui dice, in molte cose si sono ‘russificati’.
Dall’indipendenza dall’Unione Sovietica sono passati più di vent’anni, hanno sempre lo stesso
presidente, che ha contrastato l’islamizzazione del paese dopo lo scioglimento delle repubbliche
sovietiche, mantenendo lo stato laico anche se la popolazione è prevalentemente di religione
musulmana. Il nostro percorso sulla storica ‘via della seta’ è iniziato nella cittadina medievale di
Khiva, patrimonio dell’Unesco, costruita originariamente in sabbia e paglia, che ebbe antichi
splendori e poteri per diversi secoli a partire dal XVI, perché era città di sosta per carovane e anche
grazie al commercio degli schiavi, per il quale era particolarmente famosa. Bellissima la città
vecchia, chiusa dentro le mura, dove abbiamo cominciato ad assaporare il clima magico delle
antiche città orientali. Tutto è del color della sabbia e su questo spiccano i colori delle mercanzie
degli innumerevoli negozietti di souvenir, che però poco convincono le nostre intenzioni. Abbiamo
visitato moschee e madrase rivestite da bellissime maioliche azzurre e turchesi. In particolare è
preziosa la Moschea del Venerdì, risalente al X secolo, con le sue 218 colonne di legno, quasi tutte
risalenti al 1300. La sera fresca e serena, ci regala un luminoso plenilunio nelle strade senza
lampioni e ci fa pensare un po’ al ‘Pastore errante’ del Leopardi.
Il giorno dopo si parte per Bukhara: ci aspettano più di 400 km di deserto: questa è la vera via della
seta, dove sono passate per secoli carovane di commercianti e popoli in cammino. Ora è una lunga
strada asfaltata in via di completamento delle 4 corsie. E il viaggio si svolge senza troppi disagi, a
parte la mancanza di autogrill e conseguenti servizi igienici, ma il nostro pragmatico Jim ci invita a
servirci delle dune ai lati della strada. Facciamo una breve pic-nic presso un punto di ristoro sotto
dei freschi pergolati, accanto ad una delle pochissime comitive di turisti ( tedeschi) che abbiamo
incrociato nel nostro viaggio. Arriviamo a Bukara, città anch’essa antichissima, punto d’incrocio
delle carovaniere, passata dal dominio di Gengis Khan all’invasione degli Uzbeki fin dal 1500, per
poi passare sotto il dominio russo e poi sovietico fino all’indipendenza. Qui visitiamo subito la
piccola e suggestiva madrasa di Chor Minor, con le quattro torri. Anche questa patrimonio
dell’Unesco, ricostruita nei tratti originali, dopo il deteriorarsi nel tempo. Peccato che sulle torri non
ci siano più i nidi delle cicogne, come appare nelle vecchie foto. Facciamo una breve passeggiata
che ci porta nella piazza Lyabi Hauz, costruita attorno ad una ampia vasca circondata da gelsi
secolari, sotto i quali oggi la gente ai tavolini pranza o beve il tè. Tutt’attorno c’è il minareto, la
moschea, il caravanserraglio e in una viuzza accanto un piccolo quartiere ebraico. Il tutto reso
suggestivo dall’improvvisa mancanza della luce elettrica. Bukhara è ricchissima di monumenti e
l’indomani visitiamo subito il mausoleo di Ismail Samani (risalente addirittura al X secolo,
costruzione unica nello stile, raffinata nell’intreccio dei mattoni, di impianto zoroastriano. È
domenica e si sente un po’ l’aria di festa, la gente passeggia e va al parco divertimenti, le donne
giovani e meno giovani hanno gli abiti della festa, coloratissimi, indossano i fazzoletti più belli e gli
uomini hanno camicie bianche pulite sotto le giacche, portano in testa il solito zuccotto nero ricamato e si lasciano fotografare con pazienza sorridendo, talvolta mostrando luminosi denti d’oro!
Continuiamo la nostra visita nella fortezza dell’Ark nella piazza Registan, visitiamo la moschea
Bolo Hauz (una delle poche aperte alla preghiera), incredibile che questa durante il periodo
sovietico fosse stata trasformata in dopolavoro!
Ritorniamo alla piazza Lyabi Hauz e pranziamo piacevolmente ai bordi della grande vasca sotto
l’ombreggiare dei gelsi; perfino l’immancabile ‘plov’ ci appare gradevole in quel contesto! Il
pomeriggio è appesantito dal caldo e anche dalla nostra stanchezza, ma Jim implacabile ci porta al
minareto di Kaljan e alla moschea omonima di fronte alla grande madrasa che ora è praticamente un
college per studenti islamici. Gli edifici sono bellissimi, ricoperti da un ricamo incredibile di
piastrelle maioliche intrecciate a formare i disegni più belli e riportanti le massime del Corano. Ci
addentriamo nei bazar limitrofi, ma purtroppo le mercanzie non sono molto attraenti e sono
soprattutto care (gli uzbeki non amano contrattare e se lo fanno è solo per pochi sum, sotto ai quali
non scendono). Si parte per Samarcanda, ancora chilometri e chilometri di deserto arido. Durante
una sosta estemporanea incontriamo una coppia di ciclisti olandesi in viaggio da 8 mesi,
proveniente dall’Europa! Prima di arrivare a Samarcanda facciamo sosta nel paese natio di
Tamerlano, Shakrisabz, per visitare i resti del suo palazzo estivo, il più grande del genere, che
testimonia la grandezza del conquistatore che fu Tamerlano e la cui imponente statua in mezzo al
parco è un invito per i turisti fotografi, mentre la gente del posto continua le proprie attività
quotidiane, incurante della grandezza del loro avo.
Ecco finalmente Samarcanda, città piena di viali alberati e giardini curatissimi, ricca delle più belle
moschee dell’Asia, che ha avuto secoli di splendore sotto la dinastia di Tamerlano, fino al declino
della via della seta, mantenendo tuttavia il suo fascino, tanto che lo zar di Russia a fine 800 volle
conquistarla con una campagna militare. Sotto la dominazione russa la città è rimasta fino all’indipendenza del 1991. Tra le meraviglie di Samarcanda abbiamo visitato la moschea di Bibi Khanum,
dove nel giardino interno c’è un enorme leggio in pietra, su cui veniva posato il più grande e antico
Corano della storia (conservato a Tashkent); i resti dell’osservatorio astronomico di Ulug Beg,
opera di un nipote di Tamerlano,
costruito nei primi decenni del 1400; il cimitero islamico, fondato nell’XI secolo, ma tuttora usato
per le sepolture, dove sono costruiti splendidi mausolei per i parenti e le mogli del grande
Tamerlano, che invece è sepolto nel Mausoleo di Gur i Amir in un sarcofago di giada. Dopo tanta
storia pregnante, finalmente abbiamo potuto entrare in un vasto e autentico mercato di Samarcanda.
Che meraviglia! Profumi, colori, voci, un incanto di spezie di dolciumi di verdure di frutta di pani
di stoffe colorate, un vero mercato per la gente locale, che chiacchiera, che vende e compera
indaffarata.
Ma il tempo incalza e subito si parte per Tashkent, tappa iniziale e finale del nostro viaggio. È una
città moderna, che ha subìto un enorme sviluppo ad opera dei russi, che nel 1930 ne fecero la capitale della Repubblica Sovietica Uzbeka. E molte tracce sono rimaste del periodo sovietico nell’architettura dei nuovi palazzi e monumenti, a scapito spesso di antiche moschee, madrase e mausolei,
demoliti per far posto a nuove costruzioni. Ma anche qui c’è un’ultima cosa da ammirare: il Corano
di Osman, il più grande scritto a mano esistente che risale al VII secolo, portato a Samarcanda da
Tamerlano, (dove è stato costruito il grande leggio in pietra). Venne addirittura portato a San
Pietroburgo dagli zar nel 1800 e infine fatto portare a Tashkent da Lenin negli anni 20. Pare abbia
poteri magici. Il nostro viaggio finisce qui, ci portiamo l’immagine di un paese, che, seppur povero,
è pieno di risorse naturali e forze umane, ma ancora incerto del proprio futuro. Sicuramente molto
lontano dagli stili consumistici che noi purtroppo abbiamo adottato.
Frida Vittor