Esperienza con i raggi cosmici
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Esperienza con i raggi cosmici
Didattica Domenico Liguori Liceo Scientifico “Stefano Patrizi”, Cariati (CS) [email protected] Esperienza con i raggi cosmici (Pervenuto il 4.03.2015, approvato il 21.10.2015) Pasquale Barone ABSTRACT The aim of this work is to show the didactic and scientific potentialities of the AMD5 detectors used in the ADA project (Astroparticle Detector Array)[1] for the introduction of cosmic-ray physics in the last year of Liceo scientifico. The dependence of cosmic rays on solar activity and atmospheric parameters were observed and interpreted. The educational results obtained were significantly positive: the students participated in the different phases of the experience and responded with enthusiasm to the experimental approach, which they felt more attractive and innovative compared to traditional lessons. Un po’ di storia dei raggi cosmici Come ricorda Bruno Rossi [2], la scarica “spontanea” di un elettroscopio era nota fin dalle esperienze di Faraday. La causa di questo fenomeno rimase un mistero fino all’inizio del ventesimo secolo e portò alla scoperta dei raggi cosmici. Da quel momento in poi lo studio della radiazione cosmica divenne sempre più sistematico, articolato ed approfondito al punto tale che oggi i raggi cosmici vengono utilizzati sia come strumenti per sondare la natura ultima della materia, sia per investigare le proprietà astrofisiche delle sorgenti che li emettono. Con la scoperta del decadimento radioattivo, avvenuto fra la fine dell’ottocento e i primi anni del novecento ad opera del fisico francese Henri Becquerel, si poté osservare che un elettroscopio carico si scaricava più velocemente in presenza di alcuni materiali radioattivi piuttosto che in un ambiente isolato. Questo fatto sperimentale venne interpretato con l’ipotesi che questi materiali radioattivi potevano emettere particelle cariche, le quali neutralizzando la materia scaricavano l’elettroscopio; perciò la velocità di scarica dell’elettroscopio fu utilizzata come una misura del livello di radiazioni. L’elettroscopio, però, continuava e continua a scaricarsi anche in ambienti isolati per cui diventa necessario ipotizzare un fondo di radiazione responsabile della scarica dell’elettroscopio. Ma questa radiazione da dove proviene? Nei primi anni di questi studi risultò abbastanza plausibile ipotizzare una origine terrestre di questo fondo di radiazione, ma occorrevano misure precise per verificare o falsificare l’ipotesi. All’inizio del ventesimo secolo due scienziati, l’austriaco Victor Hess e l’italiano Domenico Pacini, svilupparono contemporaneamente due linee di ricerca complementari che insieme avrebbero stabilito l’origine della radiazione. Il programma di ricerche di Pacini prevedeva una serie di misure, con un elettroscopio immerso in una scatola in profondità presso l’Accademia Navale nel golfo di Livorno, atte a stabilire la variazione della velocità di scarica dello strumento e quindi dell’intensità della radiazione. Con questi esperimenti Pacini dimostrò, nel 1911, che la radioattività diminuisce sott’acqua all’aumentare della profondità di immersione. Contemporaneamente, il programma di ricerca di Hess studiava l’andamento della radiazione con l’altezza servendosi di un pallore aerostatico. In questo modo Hess poté determinare che all’aumentare dell’altitudine l’elettroscopio si scarica più velocemente. I risultati delle ricerche sia di Pacini che di Hess portano inevitabilmente a concludere che, indipendentemente dall’azione diretta delle sostanze radioattive nel terreno, nell’atmosfera deve esistere una sensibile causa ionizzante costituita da radiazioni estremamente energetiche che penetrano l’atmosfera e, interagendo, provocano la ionizzazione dell’aria. Ora si trattava di stabilire la natura di questa radiazione e la sua origine. La rivelazione dei raggi cosmici in quota con i palloni aerostatici da parte di Hess avviene nel Istituto Comprensivo “M. Bello-G. PedullàAgnana”, Siderno (RC) [email protected] Didattica 98 La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 1912 quando l’unica particella nota era l’elettrone e Niels Bohr non aveva ancora esposto la sua teoria atomica. Hess era convinto che si trattasse di raggi gamma, come quelli osservati nel decadimento radioattivo naturale; della stessa idea era Robert Millikan, che nel 1925 li chiamò, appunto, cosmic radiation o cosmic rays. Di diverso parere era Compton, secondo il quale i raggi cosmici dovevano essere costituiti prevalentemente da particelle cariche con la conseguenza che le loro traiettorie dovevano essere influenFigura 1. Principali costituenti dei raggi cosmici (immagine da wikipedia). zate dal campo magnetico terrestre. Nel 1930, Bruno Rossi a Firenze perfeziona la tecnica di rivelazione dei raggi cosmici, che avveniva con camere a nebbia e contatori Geiger, introducendo dei circuiti elettronici per la determinazione delle coincidenze nelle tracce prodotte dal passaggio della radiazione. Lo stesso Rossi ipotizza che se la radiazione è costituita da particelle di una certa carica, vi deve essere un’asimmetria nella sua distribuzione spaziale d’arrivo sulla Terra, dovuta all’effetto del campo magnetico. In particolare, nel caso di cariche positive, si dovrà rivelare un maggior flusso proveniente da ovest. Questo effetto fu effettivamente osservato mostrando così che la radiazione è costituita in maggior misura da particelle di carica positiva [3]. Oltre alle singole tracce lasciate dal passaggio delle particelle nei rivelatori, Figura 2. Contributo delle varie componenti sin dalle prime misure, si osservarono anche sciami della radiazione cosmica in funzione della quota. (G. Reitz, 1993 ed M.A. Shea, D.F. Smart, Cosmic di particelle che suggerivano che i raggi cosmici, così Rays and Earth: Proceedings of an ISSI Workcome arrivavano a terra, dovevano essere il prodotto di shop 21-26 March 1999)]. interazioni e decadimenti successivi generati nell’interazione con l’atmosfera. I raggi cosmici si distinguono quindi in primari1, secondari, terziari e di livelli successivi. Oggi sappiamo che i raggi cosmici primari sono particelle subatomiche che arrivano sulla Terra e sono costituiti per circa il 90% da protoni, per circa il 9% da nuclei di elio, per circa 1% da elettroni e per il restante circa 0.1% da raggi gamma. La Figura 1 mostra i principali costituenti dei raggi cosmici. Tra i vari costituenti dei raggi cosmici l’attenzione maggiore è riposta sui muoni2 perché più semplici da rivelare e soprattutto perché costituiscono la componente che giunge a terra con maggiore abbondanza. Dal grafico di Figura 2 si può osservare come la componente prevalente dei raggi cosmici che arriva a terra è costituita dai muoni. La curva, a tratto continuo, che indica la componente muonica nei raggi cosmici evidenzia, infatti, una loro diminuzione in funzione della quota ed una preponderanza netta, al di sotto dei tremila metri circa di quota, su tutte le altre componenti presenti nei raggi cosmici. L’apparato sperimentale L’apparato sperimentale utilizzato in questa esperienza è costituito da un rivelatore a tubi Geiger denominato AMD5 (Figura 3). Con l’acquisto e la messa in funzione di questo rivelatore, il Liceo Scientifico di Cariati è entrato a far Didattica La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 99 parte del progetto ADA (Astroparticle Detector Array) che ha lo scopo di diffondere una rete di rivelatori in cui ogni strumento diventa una cellula di un sistema (matrice o array) collegato in rete internet ove si trasferiscono i dati acquisiti 24 ore su 24. Il funzionamento del rivelatore AMD5 è basato sull’utilizzo di due tubi Geiger Müller (GMT) che lavorano in coincidenza con una finestra temporale di accettazione di 66 ms. I tubi (modello SBM20), dalle dimensioni di 10.8 cm di lunghezza per 1 cm di diametro (con una superficie di rivelazione, quindi, di circa 10 cm2 a tubo), sono riempiti con una miscela di argon, neon e bromo ed operano con un tempo di risposta pari a 190µs. La distanza di 6 Figura 3. Rivelatore AMD5: i due tubi Geiger e tutcm tra i due tubi assicura una finestra angolare, entro ta l’elettronica sono alloggiati in un case di pc. cui rivelare i raggi cosmici, di circa 18° (vedi Figura 4). Il passaggio delle particelle cariche, provenienti dai raggi cosmici, nei tubi Geiger genera un processo di ionizzazione della miscela di gas contenuta. La corrente di cariche così generata è rilevata dall’elettronica dello strumento che l’associa al passaggio di un possibile raggio cosmico in quel tubo. I due Geiger sono collegati ad un circuito di coincidenze in modo da segnalare un possibile attraversamento di raggi cosmici soltanto quando, contemporaneamente (entro una finestra temporale di accettazione di 66 ms), entrambi i tubi emettono un segnale. Questi segnali di coincidenze sono poi inviati all’elettronica di rivelazione, conteggio e registrazione. Il rivelatore, inoltre, è provvisto di 3 LED, due utilizzati per monitorare il corretto andamento dei tubi Geiger ed il terzo per il controllo del circuito di coincidenza. Quest’ultimo può Figura 4. Geometria essere collegato anche all’uscita audio per segnalare con un bip il passaggio dei dei GMT. raggi cosmici (vedi Figura 5). Il rivelatore può essere gestito da un computer in modo che i dati siano monitorati su di un grafico e contemporaneamente registrati in una tabella. I dati così raccolti possono essere analizzati e condivisi sulla piattaforma dedicata alle astroparticelle [1] insieme a tutti gli altri provenienti dai diversi osservatori aderenti al progetto ADA. È stato monitorato, inoltre, an- Figura 5. Schema dell’apparato sperimentale. Didattica 100 La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 che l’andamento della temperatura e quello della pressione atmosferica; sono state installate, accanto al rivelatore di raggi cosmici, due sonde della Lab-Pro Vernier che, collegate ad un secondo pc (sincronizzato con il primo), hanno acquisito contemporaneamente i valori di queste due variabili. I valori, in percentuale, dell’umidità dell’aria sono stati ricavati dalla banca dati presente sul sito www.ilmeteo.it/portale/archivio-meteo/Cariati/2014/. Dipendenza del flusso dei raggi cosmici dai parametri atmosferici I parametri atmosferici, come la temperatura, la pressione e l’umidità dell’aria, possono modificare lo sviluppo degli sciami e conseguentemente il segnale rivelato. Il flusso è influenzato dalla densità dell’aria in quanto una maggiore densità favorisce la probabilità di interazioni in alta atmosfera. In generale si può affermare che in corrispondenza di una maggiore pressione atmosferica, a cui corrisponde uno strato atmosferico più spesso e quindi più denso, ci si aspetta una diminuzione del flusso dei raggi cosmici rivelato a terra. I muoni, ed in particolare quelli meno energetici, perdono più energia nell’attraversare lo strato di atmosfera. La densità, inoltre, è legata alla temperatura e all’umidità. Un aumento della temperatura fa diminuire la densità dell’aria mentre un aumento della percentuale di umidità presente nell’aria ne fa abbassare la sua densità. Possiamo riassumere il tutto affermando che esiste un effetto stagionale [4] a causa del quale ci si aspetta un aumento di flusso di raggi cosmici a terra nei mesi più caldi rispetto a quelli più freddi (vedi Tabella I). Nel grafico di Figura 6 sono riportati tutti i dati inerenti l’andamento dei conteggi medi di raggi cosmici, della temperatura, della pressione e dell’umidità dell’aria rilevati per tutti i mesi del 2014. Da notare l’andamento oscillatorio del flusso dei raggi cosmici dovuto all’effetto Pressione Atmosferica Temperatura dell’aria % Umidità in aria Densità aria Flusso rivelato a terra Diminuzione Aumento Aumento Aumento Diminuzione Aumento Tabella I. Influenza dei parametri atmosferici sul flusso di raggi cosmici rivelato a terra. Figura 6. Confronto dell’andamento dei conteggi mensili con l’andamento dei parametri atmosferici nei 12 mesi del 2014. Didattica La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 101 Figura 7. Confronto dell’andamento dei conteggi mensili con l’andamento del potenziale eliocentrico [5] nei 12 mesi del 2014. Le rispettive rette di tendenza evidenziano che, mediamente, all’aumentare dell’attività solare il flusso di raggi cosmici rivelati diminuisce e viceversa. L’errore statistico sui conteggi è stato stimato con la deviazione standard della media (± 0.02), mentre quello sui valori del potenziale eliocentrico è di ± 0.005. stagionale. Per dare una spiegazione, almeno qualitativa, dell’andamento medio crescente (vedi retta di tendenza in Figura 7) bisogna ricordare il legame tra l’attività solare e la variazione di flusso dei raggi cosmici che arrivano sulla Terra. Attualmente il Sole si trova in un ciclo di attività molto bassa. In generale, durante le fasi di massimo solare il campo magnetico della nostra stella si espande come una specie di scudo protettivo verso la Terra e inibisce l’arrivo dei raggi cosmici. In Figura 7 sono riportati le variazioni del flusso dei raggi cosmici, per tutti i mesi del 2014, in relazione all’attività solare sintetizzata nel valore del potenziale eliocentrico (a potenziale maggiore corrisponde un’attività solare maggiore)[5]. Dall’andamento delle rette di tendenza che approssimano i dati del potenziale eliocentrico e quelli dei conteggi si nota che mediamente all’aumentare dell’attività solare il flusso di raggi cosmici rilevati diminuisce e viceversa. L’andamento oscillante del flusso dei raggi cosmici è stato approssimato con π (x − xc) ⎤ la curva di equazioneγy == γy0 + Ax + B Bsin sin ⎡⎢ ⎥⎦ in cui A rappresenta il coeffiw ⎣ ciente angolare della retta che descrive la tendenza media in crescita dei conteggi; B, xc e w esprimono, rispettivamente, l’ampiezza, la fase ed il semiperiodo dell’andamento oscillatorio degli stessi dati (vedi Figura 8). Nel grafico di Figura 8, la stima della bontà di adattamento dell’andamento dei dati sperimentali al modello teorico utilizzato è rappresentato dall’indice statistico denominato Adj. R-square che varia tra 0 ed 1 (0 significa che il modello utilizzato non riproduce per nulla i dati sperimentali, mentre 1 significa che il modello li riproduce perfettamente). Nel nostro caso si ottiene un valore di Adj. R-square pari a 0.9 che indica un accordo più che buono. L’oscillazione di queste misure presenta un periodo di circa 4 mesi e mezzo (doppio del parametro w ricavato dal fit in Figura 8) ed un incremento in salita (approssimato dalla retta di equazione y = y0 + Ax con A pari a circa 0.02) che potrebbe essere giustificato, almeno qualitativamente, con l’andamento medio di lieve diminuzione dell’oscillazione dell’attività solare evidenziato nell’andamento del potenziale eliocentrico in Figura 7 (vedi rette di Didattica 102 La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 Figura 8. Andamento delle medie mensili dei conteggi per tutto l’anno 2014. È stato aggiunto anche il dato di gennaio 2015 al mese numero 13. L’errore statistico sui conteggi è stato stimato con la deviazione standard della media (± 0.02). tendenza). Le figure 9 e 10 mostrano l’anticorrelazione, rispettivamente annuale e settimanale, della pressione con il rate del flusso dei raggi cosmici misurato a terra. Nel primo caso sono riportati i valori medi dei conteggi sul mese, mentre nel secondo caso ogni punto sul grafico è la media su un’ora. Nel grafico di Figura 9 si può notare la corrispondenza dei picchi di massimo con quelli di minimo delle due curve mentre nel grafico di Figura 10 l’anticorrelazione è evidenziata dalla differenza di segno del coefficiente angolare del fit lineare (0.05 e –0.3) eseguito sulle due curve, a significare un andamento complessivo in crescita per Figura 9. Anticorrelazione tra rate dei cosmici e pressione. Andamento annuo con medie mensili. L’errore statistico sui conteggi è stato stimato con la deviazione standard della media (± 0.02), mentre quello sui valori della pressione sono, a confronto, trascurabili poiché il sensore utilizzato come barometro acquisisce dati con sensibilità pari al millesimo di millibar. Didattica La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 103 Figura 10. Anticorrelazione tra rate dei cosmici e pressione. Andamento settimanale. I dati sono mediati su ogni ora. L’errore statistico sui conteggi è stato stimato con la deviazione standard della media (± 0.02), mentre quello sui valori della pressione sono, a confronto, trascurabili poiché il sensore utilizzato come barometro acquisisce dati con sensibilità pari al millesimo di millibar. il flusso in corrispondenza di un andamento opposto per la pressione. Ulteriori misure sono state effettuate per verificare se fosse stimabile l’influenza del Sole e della variazione di temperatura tra giorno e notte sul flusso dei raggi cosmici misurato. Le misure sono state effettuate dall’8 ottobre al 15 ottobre 2014 (con un totale di 9485 conteggi) considerando come periodo di luce l’arco temporale dalle ore 6:00 alle ore 18:00, mentre le restanti ore sono state considerate periodo di buio. Nelle ore di luce e di buio è stata registrata, rispettivamente, una media dei conteggi al minuto pari a 1.67 ed 1.68. Sullo stesso set di dati sono stati poi presi in considerazione i conteggi rilevati in ore calde e quelli rilevati in ore fredde, considerando come intervallo per le ore calde i dati relativi a temperature superiori ai 28 °C (temperatura massima raggiunta 35 °C, con una temperatura media di 30 °C) e come intervallo per le ore fredde i dati relativi a temperature inferiori a 24 °C (temperatura minima raggiunta 17 °C, con una temperatura media di 21 °C). Il set di dati nelle ore calde ha presentato una media di 1.69 conteggi al minuto contro una media di 1.67 conteggi al minuto per il set di misure in ore fredde. La deviazione standard su tutto l’insieme dei conteggi è pari a 1.3 che coincide con la radice quadrata del valor medio dei conteggi come ci si aspetta da una distribuzione di Poisson. Come stima dell’errore è stato preso il — valore della deviazione standard s riferita alla media (s /√ n con n = numero di conteggi totali) per ogni set di dati considerati. Dai risultati ottenuti possiamo concludere che non esistono differenze statisticamente rilevanti nel flusso tra il giorno e la notte a dimostrazione che il Sole non rappresenta l’unica fonte dei raggi cosmici, mentre tra le ore calde e quelle più fredde esiste un effetto, seppur di piccola entità, che porta ad un aumento del flusso di muoni che arrivano a terra con l’aumento della temperatura atmosferica dovuto al riscaldamento solare che causa una diminuzione della densità della colonna d’aria attraversata dalle particelle. In Tabella II sono riassunti questi risultati. Il set di dati preso in esame è stato acquisito in un periodo in cui non sono stati osservati eventi straordinari legati all’attività solare come i brillamenti, che portano a variazioni anomali nel Didattica 104 La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 Effetto giorno-notte Effetto ore caldeore fredde Giorno [ore 6:00-18:00] Notte [18:00-6:00] 1.67 ± 0.01 1.68 ± 0.01 Ore calde [T > 28 °C] Ore fredde [T < 24 °C] 1.69 ± 0.02 1.67 ± 0.02 Media conteggi/ minuto Media conteggi/ minuto Tabella II. I flussi riportati in questa tabella sono riferiti alla superfice di 10 cm2 dei GMT utilizzati nel nostro rivelatore. flusso di raggi cosmici che si rileva a terra. L’attività solare è monitorata dalla sonda SOHO (Solar and Heliospheric Observatory) i cui dati sono pubblicati sul sito http://sohowww.nascom.nasa.gov/. In queste misure, inoltre, non si tiene conto dell’effetto geomagnetico, di quello legato alla latitudine del posto d’osservazione e della posizione Terra-Sole nel contesto galattico perché tutti contributi trascurabili rispetto alla sensibilità del rivelatore utilizzato ed ai tempi di acquisizione. Un’altra misura che si riesce ad effettuare con questo tipo di rivelatori è l’asimmetria che presenta la provenienza dei raggi cosmici da est e da ovest. Questo risultato, noto come effetto est-ovest, è sostanzialmente legato al fatto che i raggi cosmici sono costituiti prevalentemente da cariche positive, i protoni, e la loro interazione con il campo magnetico terrestre fa sì che sia favorito il flusso proveniente da ovest piuttosto che quello proveniente da est. Per la spiegazione teorica di questo fenomeno si rimanda a [3]. Per poter effettuare misure atte ad evidenziare questa asimmetria bisogna puntare il rivelatore al nord geografico e poi fare misure di flusso inclinandolo di 45° sulla direzione est e successivamente, sulla direzione ovest. La Figura 11 mostra il dispositivo utilizzato da Bruno Rossi e quello utilizzato al Liceo Scientifico di Cariati. Sono state fatte misure di flusso nelle due direzioni per 20 giorni, nel mese di maggio 2014, ed i risultati ottenuti sono riportati nella Tabella III. L’efficienza della misurazione dell’effetto est-ovest può essere migliorata acquisendo i conteggi a intervalli, per esempio, di 10 minuti e costruendo una curva delle frequenze dei conteggi in funzione delle classi di campionamento separatamente per le due direzioni (est ed ovest). Nella Figura 12 sono confrontati gli istogrammi relativi alle due misure dei conteggi con il rivelatore inclinato, rispettivamente, verso est e verso ovest. Come si può notare le gaussiane che approssimano i due istogrammi sono “piccate” in valori Figura 11. Rivelatore di raggi cosmici, usato da diversi e quella relativa ai dati da ovest è “piccata” ad un Bruno Rossi (sinistra) e dal Liceo Scientifico di valore maggiore di quella relativa ai dati da est. I risultati Cariati (destra), sistemati per la misura dell’efsono riportati nella Tabella IV. fetto est-ovest. Effetto est-ovest Raggi cosmici provenienti da Est 1.52 ± 0.01 conteggi/minuto Raggi cosmici provenienti da Ovest 1.59 ± 0.01 conteggi /minuto Tabella III. Dati sulla misura dell’asimmetria est-ovest. Didattica 105 La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 Figura 12. Evidenza dell’effetto Est-Ovest. I due istogrammi sono stati realizzati con i conteggi acquisiti, rispettivamente, da Est e da Ovest con campionature a 10 minuti. Le classi sono state scelte prendendo come riferimento il valore minimo e massimo dei conteggi registrati nei set di misure a 10 minuti. Questi conteggi sono stati acquisiti nel mese di Gennaio 2015 per un totale di circa 240 conteggi totali in due giorni (a condizioni meteo abbastanza omogenee) per ogni direzione. Raggi cosmici provenienti da Est 15.9 ± 0.2 conteggi/10 minuti Raggi cosmici provenienti da Ovest 16.8 ± 0.2 conteggi/10 minuti Tabella IV. Dati sulla misura dell’asimmetria est-ovest con campionamenti a 10 minuti relativi ai grafici della Figura 12. Liceo Scientifico di Cariati (CS) sul livello del mare Osservatorio astronomico FOAM13 presso Tradate (VA), altitudine di 350 metri s.l.m. 1.5 [conteggi/min] 2.3 [conteggi/min] Tabella V. Confronto tra il flusso medio registrato al livello del mare e quello registrato a 350 metri sul livello del mare. Dati relativi al mese di gennaio 2014. Effetto quota Confrontando i dati acquisiti a Cariati, che si trova a livello del mare, con quelli di un altro rivelatore del progetto ADA ubicato a Tradate (VA), presso l’osservatorio astronomico FOAM 13, a 350 metri sul livello del mare, si possono fare confronti sulla variazione del flusso in funzione della quota. Nella Tabella V sono riportati i valori medi dei flussi di raggi cosmici registrati dai due rivelatori posti a quote diverse. Come è noto, la dipendenza della pressione atmosferica dalla quota è espressa dall’equazione: ( h ) P[kPa] = 101.325 × 0.9877100 (1) in cui P rappresenta la pressione atmosferica in kiloPascal ed h la quota in metri. Usando la (1) si possono ricavare i valori della pressione atmosferica in millibar (1kPa = 10 mbar) corrispondenti alle quote di Cariati e Tradate (rispettivamente 1013 mbar e 970 mbar) e verificare, usando i dati in letteratura graficati in Figura 13, che il rapporto tra i flussi a queste diverse quote è di circa 1.4 in accordo con la misura sperimentale, sintetizzata nella Tabella V, di circa 1.5. Didattica 106 La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 Figura 13. Flusso dei muoni in funzione della pressione atmosferica. (Blokh et al., 1977). Assorbimento dei raggi cosmici Figura 14. Realizzazione delle schermature in mattoni ed acqua sul rivelatore del Liceo Scientifico di Cariati (CS). Con questi rivelatori può essere eseguita anche una esperienza sulla determinazione dei fattori di assorbimento dei diverse materiali, realizzando delle barriere da sovrapporre al rivelatore. Se lo spessore delle barriere è sufficiente, si potrà notare una diminuzione del flusso di raggi cosmici (muoni) conteggiati dal rivelatore. Nel nostro caso sono state usate due barriere diverse: una in mattonelle e l’altra in acqua come illustrato nelle foto della Figura 14. Per la barriera in mattonelle (sono state usate mattonelle da pavimentazione con un valore di densità misurato, per tutto il blocco complessivo, pari a 1040 kg/m3) è stato utile calcolare il meter water equivalent4 (mwe) per poter avere un confronto diretto, sull’attenuazione del flusso dei raggi cosmici, con la barriera in acqua. I dati della variazione del flusso sono riassunti nella Tabella VI dalla quale si evince che la barriera di 78 cm di mattonelle corrisponde, in termini di attenuazione del flusso dei raggi cosmici, ad una equivalente barriera di circa 81 cm di acqua. È utile osservare che il rapporto dei valori di mwe (mattonelle/acqua), pari a circa 0.90, è inversamente proporzionale al rapporto dei flussi (flusso con barriera d’acqua/flusso con barriera di mattonelle), pari a circa 0.85. Questi due valori, tenuto conto dei loro errori stimati rispettivamente ± 0.02 e ± 0.03, sono confrontabili. La diminuzione del flusso è dovuta prevalentemente alla perdita di energia da parte dei muoni che attraversano i diversi strati di materia sovrapposti al rivelatore. Dati acquisiti [conteggi medi/min] Diminuzione in % rispetto al flusso in aria Diminuzione in % rispetto al flusso in aria come previsto dalle curve di assorbimento [9] ARIA 1.89 ± 0.03 MATTONELLE [78 ± 1 cm] MWE4 = 0.81 1.70 ± 0.03 10% 17% Riferito al calcestruzzo ACQUA [90 ± 1 cm] MWE4 = 0.90 1.45 ± 0.03 23% 24% Tabella VI. Attenuazione del flusso dei raggi cosmici attraverso le diverse barriere utilizzate. Dati acquisiti nel mese di febbraio 2015. Didattica La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 107 Figura 15. I conteggi del 5 Febbraio 2015 hanno una media di 1.74 ± 0.06 (linea orizzontale più in basso) mentre quelli dell’1 Febbraio 2015 una media di 1.97 ± 0.06 (linea orizzontale più in alto); l’errore statistico è stato stimato con la deviazione standard della media. Dati del rivelatore di Cariati (CS). Effetto Forbush Questo fenomeno, che prende il nome dal fisico americano Scott E. Forbush che per primo ne studiò gli effetti tra gli anni 1930 e 1940, consiste in una diminuzione del flusso di muoni a seguito di un evento di intenso f lare solare. Questo effetto è ancora abbastanza sconosciuto anche se largamente osservato da diversi rivelatori sia in orbita (ISS - International Space Station - e sonde come le Voyager) che sulla superficie terrestre. Al momento, l’ipotesi più accreditata riguardo alla causa della diminuzione di flusso dei raggi cosmici è che i campi magnetici proiettati nello spazio interplanetario dai venti solari a seguito di una forte espulsione di massa coronale (CME - Coronal Mass Ejection) interferiscano col flusso dei raggi cosmici provocandone una diminuzione dipendente dalla dimensione, dalla vicinanza alla Terra e dall’entità dei campi magnetici dei CME. Con i rivelatori AMD5 di ADA è possibile osservare effetti di Forbush come quello illustrato nella Figura 15 nella quale sono messi a confronto i conteggi di circa 550 acquisizioni (una ogni minuto) per un giorno qualsiasi, nel nostro caso abbiamo considerato l’1 febbraio 2015, con quelli di giorno 5 febbraio 2015 in cui è avvenuto l’effetto di Forbush. È evidente una diminuzione sulla media del flusso del 12% circa legata all’aumento della velocità del vento solare con conseguente diminuzione della sua densità come evidenziato nei grafici della Figura 16 realizzati con i dati della sonda SOHO Figura 16. Grafici della velocità del vento solare in km/s e della densità del vento solare in numero di protoni/cm3. L’evento è avvenuto tra il 4 ed il 5 Febbraio 2015. Sull’asse delle ascisse è riportato il tempo a partire dalle ore 20:31 del 4 Febbraio 2015 ad intervalli di 15 minuti. Didattica 108 La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 (SOlar Heliospheric Observatory) [10]. Possiamo ritenere che questo effetto sia la conseguenza dell’eruzione di un filamento solare (Curly-Q Filament Blast) avvenuto tra il 4 ed il 5 Febbraio 2015 come registrato dal Solar Dynamics Observatory della NASA [11]. Conclusioni Nell’ambito della fisica moderna, il capitolo sulle particelle elementari non solo occupa un ruolo fondamentale, ma arricchisce di un fascino indiscutibile lo studio della scienza dell’ultimo secolo ed offre tantissimi spunti per una didattica pluridisciplinare soprattutto per le classi terminali delle scuole secondarie di secondo grado. Meglio ancora se si riesce a miscelare lo studio teorico con qualche esperienza di laboratorio. Probabilmente sono poche le scuole che possono godere dell’apporto tecnico e professionale di risorse umane preparate per un simile approccio e sicuramente poche scuole hanno la fortuna di poter realizzare esperienze in centri di ricerca come il CERN o i laboratori dell’INFN. Lo scopo di questo lavoro è voluto essere anche quello di dimostrare che, acquistando un rivelatore a costi abbastanza accessibili (intorno a 800 €) [1], si possono introdurre gli studenti allo studio della fisica delle alte energie, al rilevamento dei raggi cosmici e a tutte le problematiche sperimentali inerenti questi argomenti con esperienze e risultati molto interessanti. La classe quinta coinvolta ha collaborato alla realizzazione di questo lavoro dalla messa a punto del set up all’analisi ed all’elaborazione dei dati acquisiti. Gli allievi che hanno partecipato alla sperimentazione hanno risposto con entusiasmo agli stimoli offerti da questo approccio sperimentale certamente più accattivante ed innovativo, consentendo una ricaduta didattica assolutamente positiva e soddisfacente. Due allievi, inoltre, hanno potuto redigere una tesina sul lavoro svolto che è stata presentata agli esami di maturità. L’entusiasmo verso questo tipo di approccio didattico ci ha portati ad implementare le nostre ricerche con lo studio delle coincidenze tra rivelatori situati in posti diversi per la ricerca degli sciami estesi dell’atmosfera, gli EAS: Extensive Air Showers (cascate di particelle secondarie e nuclei prodotti dalla collisione di particelle primarie di alta energia con le molecole dell’aria). A tal proposito è stato creato un software (SoCi ADA: Seeker of Coincidences in Astroparticle Detector Array) che ricerca gli eventi di coincidenza tra i rivelatori di ADA [12]. Quotidianamente il software analizza, per ogni rivelatore, i dati sui conteggi acquisiti il giorno prima, ne calcola la media e la deviazione standard e poi ricerca nello stesso set di dati gli eventi che superano in conteggi il valore di soglia di cinque sigma. Di questi eventi memorizza la data, il tempo (ora, minuti e secondi) ed il numero di conteggio registrato dal rivelatore. Tra questi eventi così selezionati, successivamente, il software controlla se vi sono coincidenze a due ed eventualmente a tre rivelatori. Lo studio sulle coincidenze è tuttora in atto e, nonostante che al momento non possiamo affermare con certezza che gli eventi registrati come coincidenze siano realmente appartenenti allo stesso sciame cosmico e quindi generati dallo stesso raggio cosmico primario, rimangono molto valide l’esperienza e la metodologia sperimentale con la quale gli studenti si confrontano periodicamente nell’utilizzo di questa strumentazione e di questo software. Inoltre rimane aperta la questione se l’incremento in salita dell’oscillazione del flusso dei raggi cosmici sia effettivamente legato alla diminuzione dell’attività solare. Questo ci spinge a monitorare l’andamento del flusso dei raggi cosmici anche per tutto il 2015 e di confrontarlo con l’andamento del potenziale eliocentrico. Didattica La Fisica nella Scuola, XLVIII, 3, 2015 109 Note Oggi, le ipotesi più avvalorate collocano le possibili sorgenti e sedi dell’accelerazione dei raggi cosmici nel Sole, nella galassia e per la componente più energetica (sciami generati da particelle di 1020 eV), anche nelle regioni extragalattiche. 2 I muoni sono leptoni con massa a riposo di 105.7 MeV/c 2, circa 207 volte la massa dell’elettrone, e vita media di circa 2.2 ms. Con questo tempo di vita media potrebbero percorrere all’incirca solo 450 metri non sufficienti per arrivare sino a terra. In realtà, bisogna tener conto dell’effetto di dilatazione dei tempi che subiscono, data la loro velocità prossima a quella della luce, e che gli consente di percorrere i circa 15 km/s di atmosfera che li separa dal suolo. Un esempio di questo calcolo è riportato alla pagina web: http://www.roma1.infn.it/exp/webmqc/ Il%20mistero%20dei%20muoni.pdf 3 La quantità di dati raccolti è sufficientemente elevata per evidenziare una distribuzione statistica gaussiana dei conteggi, distribuzione a cui deve tendere la poissoniana (che è la distribuzione che seguono i raggi cosmici) per grandi valori del valor medio [6], [7], [8]. 4 Il meter water equivalent (mwe) rappresenta una misura standard di attenuazione dei raggi cosmici che rapporta lo spessore del materiale che funge da barriera ad un equivalente spessore di acqua (1 mwe equivale ad una schermatura, e quindi ad una attenuazione del flusso dei raggi cosmici, di 1 metro sotto la superficie dell’acqua). L’attenuazione dei raggi cosmici dipende anche dalla densità del materiale che funge da barriera, per cui il mwe (noto anche come profondità di interazione) è definito come il prodotto della profondità o spessore della barriera per la sua densità. Poiché la densità dell’acqua è 103 kg/m3, 1 metro di acqua dà una profondità di interazione di 103 kg/m2 o semplicemente 1 mwe. Bibliografia e sitografia [1] www.astroparticelle.it [2] Rossi, B., I raggi cosmici, Einaudi (1964). [3] http://www.astroparticelle.it/eastwest.asp ed http://lucadifino.wordpress.com/2012/02/24/ il-trasporto-dei-raggi-cosmici-allinterno-della-magnetosfera-terrestre/ [4] http://www.hep.princeton.edu/~mcdonald/examples/EP/hess_pr_57_781_40.pdf http://journals.aps.org/pr/abstract/10.1103/PhysRev.54.973 http://iopscience.iop.org/0959-5309/61/1/306/pdf/0959-5309_61_1_306.pdf http://arxiv.org/ftp/physics/papers/0105/0105005.pdf http://indico.ihep.ac.cn/getFile.py/access?contribId=715&sessionId=108&resId=0&materialId=slides&confId=1628 [5] http://www.faa.gov/data_research/research/med_humanfacs/aeromedical/radiobiology/ heliocentric/ [6] Taylor, J. R., Introduzione all’analisi degli errori, Zanichelli, Bologna (1986) [7] Liguori, D. e Serafini, G., Fisica in laboratorio, Editoriale Progetto 2000, Cosenza(2009). [8] http://www.ateneonline.it/borra3e/studenti/capitolo_19.pdf [9] http://www.pnnl.gov/main/publications/external/technical_reports/PNNL-20693.pdf http://www.fisica.uniud.it/~deangeli/test/giornaledifisica3.pdf [10]http://umtof.umd.edu/pm/ [11]https://www.youtube.com/watch?v=hddmwR9Jpfs [12]http://www.astroparticelle.it/soci-ada.asp 1 Didattica