ACCORDO SULLA PRODUTTIVITA` NOVITA` ED EFFETTI PER LE

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ACCORDO SULLA PRODUTTIVITA` NOVITA` ED EFFETTI PER LE
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ACCORDO SULLA PRODUTTIVITA’ NOVITA’ ED EFFETTI PER LE
IMPRESE
Le regole che disciplinano il rapporto di lavoro sono date in ordine decrescente
per importanza, dalla Costituzione, dalla normativa comunitaria e dalle norme di
legge. In tale ambito poi segue la contrattazione collettiva di primo grado
(corrisponde ai contratti nazionali) e di secondo grado (contratti aziendali e
territoriali). Il rapporto di lavoro può inoltre essere disciplinato mediante accordi
individuali che mai però possono essere peggiorativi nei confronti di tutte le altre
discipline che abbiamo prima indicato.
Normalmente esiste una cosiddetta gerarchia di queste regole.
La norma di legge infatti deve essere emanata nel rispetto della costituzione e
della normativa comunitaria esistente in quel settore
Quindi, le norme della contrattazione collettiva non possono peggiorare le
normative di legge in tema di lavoro, anche perché queste ultime sono per la gran
parte inderogabili dalla contrattazione dei privati.
Non vi sono invece gerarchie legali tra contrattazione collettiva di primo grado e
di secondo.
In realtà i contratti collettivi che hanno natura di pattuizione privata seppure
rivolta ad una molteplice platea di parti, rivolgendosi alle parti stipulanti ha sempre
imposto loro il rispetto della fonte di primo grado al momento della pattuizione
aziendale o territoriale.
Ne deriva così un sistema dove i diritti fondamentali ed intangibili sono
governati dalla legge, le retribuzioni ed ogni ulteriore tutela è disciplinata dal
contratto collettivo e ben poco è lasciato alla contrattazione aziendale, territoriale o
addirittura individuale.
Tale situazione si mantenne sino al 1993, allorquando venuto meno il sistema
di automatismi retributivi collegato alla contingenza, e, acuitasi la crisi economica,
si rese necessario individuare una distribuzione del reddito a seconda delle singole
realtà aziendali e della produttività.
I protocolli e gli accordi nazionali in materia di negoziazione. ( protocollo del 23
luglio 1993 e accordo 15 aprile 2009.
Le regole contrattuali andavano così gradualmente individuando degli spazi
riservati alla contrattazione aziendale e territoriale, riconoscendo così una funzione
alla contrattazione di secondo grado.
Il protocollo governo – parti sociali del 1993 affidava al secondo livello
principalmente una funzione di incremento economico, una volta venuta meno
l’automatica distribuzione della contingenza, che aveva condotto ad una situazione
di intollerabile livellamento delle retribuzioni ed al conseguente appiattimento della
produttività.
Così obiettivi, limiti e modalità di tutta la contrattazione erano affidati al primo
livello.
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Normalmente, la pattuizione di secondo livello interveniva laddove si
verificavano situazioni locali di crisi, o dove era possibile ripartire un premio di
risultato, tenendo conto delle specificità delle imprese.
Questa era in linea di massima la situazione che si protrasse per molto tempo,
tenendosi conto anche del fatto che le piccole aziende non disponevano spesso di
rappresentanze sindacali in grado di avviare la contrattazione in ambiti aziendale.
In realtà, le situazioni di crisi aziendali che si manifestavano già agli inizi degli
anni 90, inducevano sempre più frequentemente le parti, anche in sede aziendali,
ad accordi peggiorativi ed anche a patti di dequalificazione quest’ultimo in caso di
cassa integrazione e licenziamenti collettivi.
Interviene di recente l’accordo del 15 aprile 2009 sulle regole, sulle procedure di
negoziazione e sulla gestione della contrattazione collettiva.
Per la prima volta, la parte economica e normativa del contratto collettivo
azionale hanno la stessa durata triennale. (in precedenza il CCNL per la parte
normativa era quadriennale, mentre era biennale per la parte economica).
Erano quindi affidati alla contrattazione aziendale , tutti quegli aspetti non
generalizzati e ripetitivi della contrattazione, nei limiti indicati dal contratto
nazionale, come pure i premi di risultato e di produttività. Pertanto con l’accordo
interconfederale del 15 aprile 2009 era affidata alla contrattazione nazionale la
certezza dei trattamenti e le loro regole fondamentali, la definizione delle relazioni
industriali, mentre si attribuiva alla contrattazione di secondo livello la negoziazione
di incrementi retributivi che la legge avrebbe poi provveduto a defiscalizzare .
Innovativo ed importante in questo accordo era il punto 5 che, in situazioni di
crisi aziendali, consentivano, anche a livello temporaneo e sperimentale, intese
aziendali volte alla modifica di istituti economici enormativi già disciplinati dalla
contrattazione collettiva.
L’articolo 8 della legge 148/2011.
Poco dopo, la legge in qualche modo giunge a scardinare questo sistema,
attribuendo alla contrattazione di secondo grado, se così si può ancora chiamare,
importantissime funzioni.
La legge consente per la prima volta ad accordi sindacali stipulati in sede
aziendale o territoriale di derogare non solo alle regole della contrattazione
collettiva, ma, pure, in situazioni tese al miglioramento dell’occupazione,
miglioramento della qualità dei contratti di lavoro, situazioni di investimento o avvio
di nuove attività, alle norme inderogabili di legge in tema di organizzazione del
lavoro ed in particolare in tema di mansioni, classificazione e inquadramento,
solidarietà negli appalti, orario di lavoro, accesso al lavoro e collaborazioni a
progetto e trasformazione dei rapporti, compresa la materia dei licenziamenti, degli
impianti audiovisivi e delle nuove tecnologie.
In pratica ciò significa che anche un gruppo di aziende che non abbiano il
sindacato al loro interno, a livello territoriale, per il tramite di una associazione,
possano stabilire regole per la flessibilità dell’utilizzo del personale in una pluralità
di mansioni, regole per una diversa distribuzione dell’orario di lavoro, per
trasformare gradatamente rapporti di lavoro autonomo in forme di lavoro
subordinato senza conseguenze di arretrati sul piano patrimoniale, regole più
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ampie per ricorrere al contratto a termine o al contratto di somministrazione, regole
più flessibili per l’inserimento di telecamere o controlli informatici.
Gli accordi naturalmente non potranno mai violare direttive comunitarie e principi
costituzionali.
Detti accordi possono derogare, come si è detto a disposizioni di legge ed alle
relative e connesse disposizioni della contrattazione collettiva. Sorge il dubbio se
essi possano anche derogare alle norme della contrattazione collettiva che
stabiliscono i minimi contrattuali, stante la forma della disposizione di legge,
parrebbe di no.
La situazione è quindi ulteriormente precisata dal nuovo accordo sulla
produttività del 30.11.2012 , sottoscritto da CISL e UIL, ma non dalla CGIL.
L’accordo in questione vuole in primo luogo rilanciare l’accordo del 2009 cui
prima abbiamo fatto cenno , il quale complice anche la crisi economica non è mai
decollato, tantochè per tentare di rinvigorirlo, il governo aveva emanato l’articolo 8
della legge 148/2011 cui pure abbiamo fatto cenno, per potenziare i contratti
stipulati in azienda.
Il documento si apre evidenziando il ruolo strategico che le parti assegnano al
contratto collettivo aziendale per la crescita della produttività e della competitività
nel nostro paese.
Si chiede a tal fine nell’accordo un’azione del governo per favorire mediante la
leva fiscale l’erogazione di trattamenti economici in sede di contrattazione
aziendale finalizzati all’incremento della produttività. Infatti ad oggi la contrattazione
di secondo livello è solo destinataria di norme sperimentali a durata limitata e
soggette a mutazione continua. Una programmazione della produttivitànon può
prescindere dalla preventiva e programmabile conoscenza di questi incentivi.
L’intesa chiede una tassazione speciale sostitutiva dell’Irpef pari al 10%.
L’accordo affida così alla contrattazione collettiva nazionale il compito di gestire
gli aspetti fondamentali della retribuzione e del rapporto di lavoro, affidando invece
alla contrattazione di secondo livello il compito di timolare la produttività attraverso
un maggior collegamento tra la crescita di quest’ultima e la retribuzione.
Precisa l’accordo che i contratti collettivi di secondo livello possono essere
utilizzati per gestire i processi di delocalizzazione, l’attuazione di nuovi investimenti
anche all’estero, le situazioni di crisi, lo start up di nuove imprese, il rilancio di
attività esistenti, il mantenimento della competitività.
In particolare, si affida alla contrattazione di secondo livello sia essa aziendale o
territoriale, la gestione flessibile degli orari di lavoro.
Per altre materie, ad oggi regolate dalla legge come mansioni, orario e l’impiego
di nuove tecnologie, l’accordo propone una disciplina anche in deroga alla legge,
mediante la contrattazione collettiva nazionale. Non va però dimenticato sul punto
che il già menzionato articolo 8 della legge 148/2011 attribuiva tali deroghe
direttamente alla contrattazione aziendale e territoriale. Questo rinvio ha una
portata dai contenuti ancora poco chiari, perché da un lato dovrebbe trovare un
adeguato sostegno legislativo, per avere un reale impatto, e da un altro lato finisce
per sovrapporsi con un tema che laccordo non affronta mai ma che invece è ben
presente nella prassi delle relazioni industriali, il contratto di prossimità. Come noto
l'art. 8 della legge n. 148/2011 assegna ai contratti aziendali una particolare
efficacia (possono agire in deroga alla legge ed ai contratti collettivi) quando
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sussistono determinate condizioni, su alcuni temi tra i quali ci sono anche le
mansioni, gli orari e le nuove tecnologie. Laccordo odierno sembra avere la finalità
di riportare al livello nazionale questi temi, ma - come detto - l'obiettivo potrà dirsi
raggiunto solo se saranno adottate misure legislative di sostegno (specie sulle
mansioni e sulle nuove tecnologie, per gli orari ci sono già adeguate basi
normative). In caso contrario, si tratterà di un rinvio poco utile.
Per quanto riguarda la rappresentanza e quindi i soggetti in grado di negoziare
l’intesa contiene un cenno all’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 con il
quale erano state definite le regole sulla rappresentanza sindacale. Per dare
concretezza a quell’accordo si prevede che entro il 31.12.2012, dovrà essere
approvata la normativa per misurare la rappresentanza sindacale.
L’intesa quindi contiene un invito esplicito al governo ad esercitare la delega in
materia di partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa ( legge 28 giugno
2012, riforma Fornero), attuando prima una negoziazione con il sindacato prima
dell’attuazione della delega affidata al governo dalla legge Fornero. Inoltre, viene
formalizzata la richiesta al Governo di migliorare il coordinamento tra il sistema
della formazione pubblica e privata e le politiche attive.
In particolare, viene chiesta l'adozione di misure dirette ad agevolare l'attività
formativa, anche nell'ambito di procedure di sospensione collettiva, Cassa
integrazione guadagni o di mobilità, in applicazione di accordi collettivi aziendali o
territoriali volti a favorire, attraverso tutte le sinergie possibili, la ricollocazione delle
persone.
In questa prospettiva, viene chiesto di potenziare il ruolo dei fondi
interprofessionali per la formazione continua, che dovrebbero intervenire anche in
favore dei lavoratori coinvolti in procedure di Cassa integrazione, di mobilità o
sospensioni collettive dal lavoro. Viene anche richiesto al Governo di chiarire per
legge la loro natura privatistica.
Si tratta di una domanda che sembra complicata da esaudire, alla luce degli
orientamenti comunitari in materia, che portano ad una configurazione ben più
complessa di tali soggetti. Per affermare la natura privatistica dei fondi
interprofessionali, non basterebbe una dichiarazione di legge, ma andrebbe prima
operata un'accorta revisione dei meccanismi di finanziamento dei fondi, per
adeguare le loro caratteristiche agli orientamenti comunitari in materia di
riconoscimento della natura pubblicistica dei soggetti economici. L'intesa si
conclude con la richiesta di attivare un confronto con il Governo sui temi del
mercato del lavoro, con particolare riferimento alla verifica degli effetti della recente
riforma sull'occupazione.
Inoltre, viene formalizzata la volontà di programmare iniziative di tipo
sperimentale sul territorio coinvolgendo gli enti locali, i soggetti pubblici e privati
operanti nell'ambito delle attività tipiche del mercato del lavoro per avviare un
sistema più efficace di politiche attive del lavoro.
In particolare, viene ipotizzata la definizione di "linee guida operative" per
affrontare con il Governo, di concerto con gli enti pubblici del territorio, i processi di
ristrutturazione e le situazioni di crisi, individuando procedure e strumenti per
attenuarne le ricadute occupazionali e favorire la ricollocazione delle persone e la
tutela della capacità produttiva dei territori.
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Detassazione e decontribuzione
In Italia gli incentivi pubblici alla retribuzione corrisposta quale premio di
produttività, redditività, ecc prendono la forma di:
decontribuzione o sgravio contributivo, esso consiste in una riduzione o
eliminazione dei contributi che gravano sul lavoro dipendente
detassazione per il dipendente e deduzione ai fini IRAP per l’impresa,
consistente in una soppressione o riduzione di una tassa o di un'imposta
DETASSAZIONE
La detassazione sui premi di produttività trae origine dalla legge 16 del 2008 la
quale aveva previsto un’imposta sostitutiva IRPEF (imposta sul reddito delle
persone fisiche) e delle relative addizionali regionali e comunali pari al 10%. L’art. 2
della suddetta legge quindi introduce un’imposta del 10% sulle somme erogate ai
lavoratori dipendenti del settore privato, in relazione ad incrementi di produttività,
innovazione ed efficienza organizzativa ed altri elementi di competitività e redditività
legati all’andamento economico dell’impresa, nonchè a prestazioni di lavoro
straordinario e supplementare.
In pratica il dipendente, invece di pagare un’aliquota marginale corrispondente al
suo livello di reddito (solitamente per un lavoratore a tempo pieno con una
retribuzione media essa è pari al 23% o 27%), corrisponde solo il 10%. Questa
aliquota ha però dei limiti reddituali per la sua applicazione, all’inizio era prevista la
detassazione per coloro che avevano percepito per l’anno 2007 un reddito non
superiore a 30 mila euro e la somma massimo assoggettabile all’imposta sostitutiva
era di 3mila euro al lordo delle somme assoggettate ad imposta sostitutiva ed al
netto delle trattenute previdenziali obbligatorie
Nel 2009 la norma si rinnova con la legge 2/2009 la quale porta tra le novità
una riduzione delle somme agevolate escludendo il lavoro straordinario e
supplementare, ma ha aumentato sia il limite massimo assoggettabile all’imposta
sostitutiva la quale passa da 3 mila euro a 6 mila euro, sia il limite di reddito per
poter usufrire, il quale passa da 30 mila a 35 mila euro.
Due circolari dell’Agenzia delle Entrate ed una nota congiunta con il ministero
del Lavoro hanno chiarito che le somme che devono essere ricomprese nella
detassazione sono quelle relative agli straordinari e il lavoro notturno qualora
queste incrementino la produttività.
La norma di proroga per il 2011 (lg 122/2010) ha ulteriormente innalzato il
limite reddituale portandolo a 40 mila euro, ma ristretto l’ambito alle somme erogate
in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali
e correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficenza
organizzativa, in relazione ai risultati riferibili all’andamento economico o agli utili
dell’impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della
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competitività aziendale. Inoltre una circolare dell’Agenzia delle Entrate (circolare n
19/E del 10 maggio 2011) e del Ministero del Lavoro chiarisce che il beneficio
fiscale solo successivamente la stipulazione dei medesimi accordi o contratti
collettivi aziendali o territoriali. Questo comporta che affinchè le somme erogate dal
datore di lavoro nel 2011 a fronte di incrementi di produttività possono essere
assoggettate all’imposta sostitutiva agevolata del 10% solo dopo la stipula dei
suddetti accordi.
Quindi si può affermare che
per il 2011 l’ambito applicativo delle
agevolazioni è stato ristretto alle indennità premiali erogate in attuazione di quanto
previsto da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali, art. 53 Lg 220/2010.
Questo ha comportato nel 2011 la stipula di una serie di accordi tra le
principali sigle sindacali con le varie associazioni datoriali per la definizione degli
accordi territoriali; l’obiettivo di tali accordi è quello di rendere omogenea
l’applicazione degli incentivi alla produttività attraverso contratti collettivi. Lo scopo
è quello di evitare la proposizione, negli accordi, di voci retributive incompatibili con
la detassazione, (es. superminimo individuale, monetizzazione permessi riduzione
d’orario, elemento retributivo di garanzia ecc).
Con l’obiettivo di prorogare anche per il 2012 le misure sperimentali per
l’incremento della produttività del lavoro è intervenuto l’art. 26 Dlg 98/2011,
convertito in legge n 111/2011, armonizando il quadro normativo in tema di incentivi
fiscali e contributivi a sostegno della contrattazione collettiva di prossimità. La
contrattazione collettiva, con il Dl 138/2011, ha assunto una dimensione locale. È la
contrattazione collettiva di prossimità, sancita tra le misure a sostegno
dell’occupazione e, più precisamente, dall’articolo 8 del Dl. Per capire cos’è,
bisogna individuare il problema che il legislatore ha voluto risolvere introducendo
questo strumento nell’ordinamento giuslavoristico.
Le contrattazioni collettive nazionali, in alcuni casi, possono introdurre rigidità
sistemiche che rendono farraginosa, quando non impossibile, la soluzione di
problematiche strettamente legate a realtà locali o aziendali.
Per tale motivo, l’articolo 8 del Dl 138/2011 introduce l’istituto
della contrattazione collettiva di prossimità, attraverso il quale raggiungere intese
volte a regolare l’organizzazione del lavoro e della produzione e, con ciò, mirano
alla maggiore occupazione, all’incremento della qualità dei contratti di lavoro e della
condizione dei lavoratori, nonché della competitività dell’azienda o del polo
aziendale.
Un case study di contrattazione collettiva di prossimità ce l’ha offerto Il Sole 24
Ore del 28/08/2012. I 1.200 lavoratori impiegati con la formula in partecipazione
dalla Golden Lady di Castiglione delle Stiviere, l’azienda e i sindacati aziendali
hanno scongiurato un disastro occupazionale legato all’introduzione della riforma
del lavoro Fornero e la conseguente, forzata, immediata assunzione di tutti i
lavoratori con contratto di lavoro subordinato.
La contrattazione collettiva di prossimità ha permesso una dilazione, vitale per
l’azienda, nell’introduzione delle nuove norme, al fine di valutare le modalità più
adeguate di assunzione con contratto di lavoro subordinato.
Per il 2012 la Legge di Stabilità (183/2011) ha confermato la detassazione delle
somme erogate ai dipendenti del settore privato in relazione ai premi di produttività.
Ha però introdotto un limite massimo di spesa pari a 835 milioni per il 2012 e 263
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per il 2013. La stessa legge di Stabilità ha però previsto un altro incentivo, questa
volta a favore dell’impresa, stabilendo che per l’anno 2012 ciascuna Regione potrà
riconoscere una deduzione IRAP (imposta regionale sulle Attività produttive, la
quale colpisce il valore della produzione netto delle imprese, ossia in termini
generali il reddito prodotto al lordo dei costi per il personale e degli oneri e dei
proventi di natura finanziaria), per le somme erogate ai lavoratori dipendenti del
settore privato per incremento di produttività in attuazione degli accordi collettivi
aziendali o territoriali.
Dopo svariati mesi di attesa e di continue richieste di detassazione del alvoro
straordinario e dei premi di produttività, creando non pochi problemi ai lavoratori
che non hanno potuto godere fin dall’inizio dell’anno dell’aliquota agevolata sulle
ore di straordinario o sui premi di produttività, il 30 maggio con il DPRCM del 23
marzo 2012, è stato possibile applicare l’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle
relative addizionali regionali e comunali con l’aliquota del 10%. Ciò però è avvenuto
con un notevole abbassamento della soglia massima assoggettabile all’imposta
sostitutiva agevolata portandola da 6 mila euro a 2500, e del reddito per poter
usufrire della suddetta detassazione. Quest’ultimo ha subito un notevole
abbassamento, per poter beneficiare della detassazione è necessario avere un
reddito non superiore ai 30 mila euro al lordo delle somme eventualmente
assoggettate alla stessa imposta sostitutiva. Tenendo presente che l’anno
precedente il reddito previsto era di 40 mila euro ciò comporterà una forte
riduzione della platea che potrà accedere all’agevolazione fiscale, questo
comporterà anche una limitazione dell’obiettivo che si era posto l’istituto, ciò quello
di sgravare il peso fiscale del reddito del lavoro dipendente.
Alla luce di quanto esposto si potrebbero evincere delle problematiche non
indifferenti:
l’obbligo di sottoscrivere,in forma scritta, un contratto collettivo aziendale, ovvero
la sottoscrizione o il recepimento di un contratto collettivo territoriale, entrambi validi
per l’anno 2012;
possibilità di detassare esclusivamente le somme incentivate, maturate ed
erogate successivamente alla sottoscrizione o al recepimento dei uno dei contratti
collettivi aziendali o territoriali;
problemi di detassabilità per le aziende che sono prive di un sindacato interno;
restituzione delle minori ritenute effettuate a causa della riduzione del limite di
detassabilità (sperando che ciò possa avvenire senza l’applicazione di sanzioni o
interessi, visto il ritardo del governo ad emettere in tempo le linee guida valide per il
2012 circa la detassazione).
E’ necessario ricordare che la detassazione, indipendentemente dal momento in
cui è stato emanato il DPCM, opera successivamente la sottoscrizione o il
recepimento del contratto colelttivo. Pertanto, sarebbe opportuno poter recuperare
anche la detassazione delle somme per eventuali periodi precendenti l’entrata in
vigore del DPCM.
Dopo aver analizzato nel dettaglio l’aspetto normativo della detassazione
occorre capire nel dettaglio quali siano i soggetti che possono beneficiare di tale
agevolazione e quali siano in particolare le somme che possono essere sottoposte
a tassazione agevolata del 10%. Soggetti beneficiari sono senza dubbio,come
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ampiamente chiarito dalla normativa di riferimento, i lavoratori dipendenti del
settore privato che abbiamo percepito nel 2011 redditi da lavoro dipendente (art. 49
TUIR) di ammontare non superiore a 30 mila euro lordi. Rientrano nel campo di
applicazione della norma anche i lavoratori dipendenti di lavoratori autonomi,
nonchè i lavoratori in somministrazione, dipendenti da agenzie del lavoro (es
agenzie interinali). Sono esclusi i precettori di reddito di lavoro assimilato a quello di
lavoro dipendente come ad esempio, i collaboratori coordinati e continuativi.
Gli istituti che possono dar luogo all’applicazione della detassazione (a
condizione di una effettiva correlazione ad incrementi di produttività, innovazione
ed efficenza organizzativa) sono i seguenti:
straordinari: (a forfait o in “senso stretto”) è detassabile tutta la retribuzione
relativa la lavoro straordinario (ovvero quella quota di retribuzione ordinaria alla
quota relativa alla maggiorazione).
Lavoro a tempo parziale: e detassabile l’intero importo per lavoro supplementare
e i compensi a seguito dell’applicazione di clausole flessibili e/o elastiche.
Lavoro notturno: sono detassabili non soltanto le indennità o le maggiorazioni
erogate per prestazioni di lavoro notturno, ma anche il compenso ordinario per
quella stessa prestazione.
Lavoro festivo: è detassabile la maggiorazione corrisposta al lavoratore che,
usufruendo del giorno di riposo settimanale in una giornata diversa dalla domenica,
siano tenuti a prestare lavoro la domenica.
Lavoro a turni: sono detassabili le indennità di turno o le maggiorazioni
retributive corrisposte per lavoro normalmente prestato in base a un orario
articolato su turni.
Rol residui o preiodi di ferie e permessi non fruiti: entro i limiti previsti dalla
legge e dalla contrattazione collettiva.
Premi variabili
di rendimento: ed ogni altra voce retributiva finalizzata
all’incremento della produttività (es: premi una tantum, premi e provvigioni vendite,
premi presenza, premi consolidati)
L’agevolazione si applica solo sulla parte di retribuzione erogata in denaro e non
anche su quella erogata in natura. Occorre ricordare che l’aliquota applicata in
questi casi non sarà del 23% o 27% bensì del 10%, e che l’importo massimo su cui
tale agevolazione può essere applicata è di 2500 euro lordi. Infatti qualora l’importo
erogato per gli istituti detassabili sia superiore a tale importo, l’agevolazione
spetterà solo entro il limite dei 2500 euro, mentre l’eccedenza sarà assoggettata a
tassazione ordinaria.
Per il lavoratori all’estero,sottoposti a tassazione sulla base delle retribuzione
convenzionali di cui all’art. 51, comma 8-bis del TUIR, l’agevolazione non è
applicabile.
L’imposta sostitutiva è, invece, applicabile oltre ai lavoratori che nel 2011 non
hanno avuto redditi di lavoro dipendente, ma anche a quelli che nel 2011 erano
senza alcun reddito. Per il lavoratore che era residente all’estero nel 2011 e che ivi
ha svolto attività da lavoro dipentente, il datore di lavoro deve verificare la
sussistenza del requisito reddituale considerando anche il reddito estero, mentre
non rilevano i redditi diversi da quelli di lavoro dipendente.
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È necessario ricordare che non tutte le sono erogate possono essere
sottoposte ad agevolazione fiscale, ma solo ed esclusivamente quelle che siano
state erogate in attuazione di quanto previsto da accordi e contratti collettivi
territoriali o aziendali volti a determinare una maggiore produttività del lavoro
possono essere assoggettate ad imposta sostitutiva. Gli accordi raggiunti dalle
aziende e i sindacati dovranno poi successivamente essere comunicati alle RSU e
alle RSA o in assenza delle suddette nell’impresa, la comunicazione deve avvenire
direttamente ai lavoratori dipendenti interessati dall’agevolazione.
Ai fini dell’applicazione pratica dell’imposta sostitutiva è condizione sufficiente
l’attestazione, nel CUD, che le somme erogate sono correlate a incrementi di
produttività e che sono state erogate in attuazione di quanto previsto da uno
specifico accordo o contratto collettivo territoriale o aziendale. Il sostituto dovrà
determinare la ritenuta del 10% dopo aver sottratto dalla retribuzione lorda le
trattenute previdenziali obbligatorie.
Come già ampiamente detto la detassazione è subordinata alla presenza di
determinati requisiti reddituali che il lavoratore deve possedere; sarà quindi compito
del sostituto d’imposta applicare la tassazione sostitutiva in via automatica solo
qualora egli stesso abbia rilasciato il CUD in relazione ad un rapporto di lavoro
intercorso per l’intero anno 2011. Qualora il sostituto d’imposta tenuto ad applicare
l’imposta sostitutiva non è lo stesso che ha rilasciato il CUD per il 2011 o l’abbia
rilasciato per un periodo inferiore all’anno, è necessario che il lavoratore comunichi
l’importo del reddito da lavoro dipendente conseguito nel 2011 da altro datore di
lavoro. Analoga comunicazione deve essere fatta dal datore di lavoro che nel 2011
non ha percepito alcun reddito da lavoro dipendente. Infine, allorchè il lavoratore
prevede che l’imposta sostitutiva si presenti meno conveniente di quella ordinaria
può rinunciare al regime sostitutivo facendone richiesta scritta al proprio datore di
lavoro.
La legge 183/2011 (legge di stabilità) prevede inoltre una proroga per l’anno
2012 dello sgravio dei contributi dovuti dal lavoratore e dal datore di lavoro sulle
somme erogate in attuazione di quanto previsto da accordi o contratti collettivi
aziendali o territoriali, correlate a incrementi di produttività e della quali sono incerti
la corresponsione e/o ammontare. Per questi contratti sarà necessario il deposito
presso la Direzione provinciale del Lavoro (DTL) e per l’attuazione occorre uno
specifico decreto ministeriale.
DECONTRIBUZIONE
Nasce nel 1997 (art. 2 lg 67/97) con l’introduzione della decontribuzione del 3%
degli elementi rientranti nella cosiddetta retribuzione incentivante (legati alla
produttività). La norma di riferimento dichiara che sono escluse dalla retribuzione
imponibile nonchè dalla retribuzione pensionabile le erogazioni previste dai contratti
collettivi aziendali, ovvero di secondo livello, delle quali sono incerti la
corresponsione o l’ammontare e la cui struttura sia correlata dal contratto collettivo
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medesimo alla misurazione di incrementi di produttività qualità ed altri elementi di
competitività assunti come indicatore dell’andamento economico dell’impresa e dei
suoi risultati.
I requisiti per la decontribuzione sono quindi:
Incertezza e variabilità dell’ammontare del premio
Erogazione della retribuzione incentivante stabilita dall’accordo di secondo
livello
La somma deve essere legata ad incrementi di produttività, qualità e
competitività
La somma decontribuita non è considerata utile ai fini pensionistici
È previsto un contributo di solidarietà a carico del datore di lavoro pari al 10%
dell’ammontare della somma oggetto di dentribuzione
Limite dell’erogazione oggetto di contribuzione è del 3% della retribuzione
contrattuale percepita nell’anno solare di riferimento
La legge 247/2007 ha abrogato le disposizioni che disciplinavano la cd.
Decontribuzione delle retribuzioni variabili per introdurre, in via sperimentale per gli
anni 2008, 2009 e 2010 lo sgravio contributivo, cioè la riduzione dell’aliquota
contributiva, facendo però concorrere gli emolumenti in questione alla base
imponibile.
Per gli anni 2010, 2011 attraverso la legge 220/2010 il beneficio è stato
prorogato, pur richiamando per l’operatività la legge 247/97, con una sostanziale
modifica riguardante l’individuazione delle retribuzioni che possono essere prese in
considerazione per determinare il beneficio.
In pratica le retribuzioni derivanti dall’applicazione della contrattazione collettiva
di secondo livello da prendere in considerazione sono le medesime previste per
l’applicazione della parziale detassazione.
Nel 2011 un Decreto ministeriale fissa al 2.5% per l’anno 2010 la percentuale
massima della retribuzione di secondo livello, oggetto dello sgravio contributivo,
previsto dalla leg 247/97. Tutto ciò comporta per le aziende di ottenere uno sgravio
contributivo pari al tetto massimo del 2,25%, (contro il 2,50% del 2009, e del 3% del
2008) sulle retribuzioni previste dai contratti collettivi aziendali e territoriali, ovvero
di secondo livello, relativi all’anno 2010. Sono poi riconfermate per il biennio
2011/2012 le diminuzioni del 25% dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti
dai datori di lavoro e del 100% per quelli a carico dei lavoratori, sulla quota di
retribuzione imponibile, costituita dalle erogazioni a titolo di premio di risultato.
Questo sta a significare che la decontribuzione comporta uno sgravio
contributivo sulla retribuzione contrattuale percepita dal lavoratore come premio di
risultato nelle seguenti misure:
25% ai datori di lavoro
100% ai lavoratori
Lo stanziamento che lo Stato fa per la copertura di tale agevolazione è di 650
milioni di euro così ripartiti:
62,5 % per la contrattazione aziendale
37,5% per la contrattazione territoriale
Qualora l’intera percentuale non sia esaurita e assegnata a ciascuna delle
predette tipologie contrattuali, la parte restante sarà attribuita all’altra tipologia.
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Occorre precisare che l’incentivo è applicabile solo ed esclusivamente agli
emolumenti previsti dai contratti di secondo livello, dei quali si incerta la
corresponsione o l’ammontare e la cui struttura sia correlata agli incrementi di
produttività, qualità o ad altri elementi di competitività, assunti come indicatori
dell’andamento economico dell’impresa.
Per poter usufruire dello sgravio contributivo, gli accordi territoriali e aziendali
devono:
essere sottoscritti dai datori di lavoro e depositati, anche a cura delle
associazioni di categoria, presso la DTL competente
e prevedere, ancora una volta, l’erogazione di somme incerte e strettamente
legate ad indici valutativi idonei a quantificare gli incrementi economici e di
competitività delle performance aziendali.
Il decreto strabilisce inoltre che la connessione dello sconto è subordinata al
rispetto delle condizioni stabilite dall’art. 1 comma 1175 lg 296/06, cioè è
necessario il possesso, da parte del datore di lavoro, del documento unico di
regolarità contributiva (DURC) e all’ossequio degli accordi e contratti collettivi
nazionali, nonchè di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove stipulati dalle
organizzazioni dei datori di lavoro e dai sindacali, comparativamente più
rappresentativi sul piano nazionale.
Lo sgravio contributivo non spetta, e quindi ne rimane escluso dal relativo
beneficio:
le P.A.
le aziende che abbiano corrisposto ai dipendenti, nell’anno solare di riferimento
trattamenti economici e normativi non conformi a quanto previsto da leggi,
regolamenti , CCNL o accordi individuali
il datore di lavoro non in regola con il DURC
I datori di lavoro che beneficiano dello sgravio indebitamente sono tenuti alla
restituzione dei contributi dovuti e al pagamento delle sanzioni civili. Resta salva
l’eventuale responsabilità penale nel caso in cui il fatto costituisca reato.
Per quanto riguarda le imprese di somministrazione si fa riferimento, ai fini dello
sgravio contributivo, alla contrattazione di secondo livello sottoscritta dall’impresa
utilizzatrice o dalle organizzazioni cui essa aderisce.
Per poter usufruire dell’aiuto i datori di lavoro, anche per il tramite degli
intermediari abilitati (consulenti del lavoro, avvocati, dottori commercialisti, ed
esperti contabili), possono inoltrare le domande all’INPS, tale richiesta deve
contenere:
i dati identificativi dell’azienda
la data di sottoscrizione del contratto aziendale o territoriale
la data di avvenuto deposito del contratto, presso la DTL competente
l’ammontare annuo complessivo dell’organizzazioni ammesse allo sgravio e il
numero dei lavoratori interessati
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l’importo del beneficio a favore del datore di lavoro
la misura dell’agevolazione per ogni dipendente
l’indicazione dell’ente previdenziale gestore del rapporto assicurativo
Decorsi 60 gg dalla conclusione della fase d’invio delle domande, l’Istituto
previdenziale dovrà rendere noto l’elenco delle aziende ammesse al beneficio e
indicare le modalità operative da osservare ai fini del recupero (mediante
conguaglio), della retribuzione contributiva spettante.
Sempre la legge di stabilità (lg 183/2011) ha confermato per il 2012 lo sgravio
dei contributi dovuti al datore di lavoro e dal lavoratore restando invariato la
percentuale dello sgravio e la procedura di stanziamento.
Lo sgravio dei contributi sui premi produttività erogati in base alla contrattazione
di secondo livello, dovuti dal datore di lavoro e dal lavoratore è dunque concesso
anche per il 2012, entro il limite di spesa di 650 milioni. I datori di lavoro avranno
una riduzione del 25% sui contributi previdenziali a loro carico sull’erogazione
ammessa allo sgravio e i lavoratori avranno uno sgravio pari ai contributi
previdenziali a loro carico calcolato sul premio di risultato ammesso al beneficio.
Sarà sempre necessario un accordo di secondo livello, le agevolazioni fiscali e
contributive potranno essere applicate anche alle somme incentivanti la
produttività, l’efficienza e la competitività derivanti dalla contrattazione aziendale e
territoriale cosiddetta di prossimità, di cui all’art. 8 lg 148/2011, cioè quella
concordata a livello aziendale o territoriale dalle associazioni dei lavoratori
comparativamente più rappresentative sul paino nazionale o territoriale, ovvero
dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda.
Occorre precisare che la misura della decontribuzione per il 2012 è, però
ineffettiva perchè manca ancora un nuovo decreto attuativo che definisca per
l’anno 2012 la misura della quota di retribuzione, costruita dalle erogazioni previste
dai contratti collettivi aziendali e territoriali, sulla quale è concesso lo sgravio. Basti
pensare che appena nel maggio 2012 l’INPS ha emanato le direttive per poter
chiedere lo sgravio delle somme erogate nel 2010.
Dott.ssa Cardellicchio Demelzia
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