Diapositiva 1 - Architettura del Paesaggio
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Diapositiva 1 - Architettura del Paesaggio
13 20 #Comunicazione01 Louise Bourgeois, Maman (2003), National Gallery of Canada, IL MUSEO EN PLAIN AIR ARCH. DANIELA MONACO Ottawa PETER GREENWAY THE STAIRS Il film comprende 100 sequenze che mostrano ognuna un punto della città di Ginevra, Svizzera. Nel 1994, in un periodo di 100 giorni, 100 scale di legno bianco sono state installate in giro per la città per essere utilizzate dal pubblico. Nella parte superiore di ciascuna scala c’è un semplice foro che incornicia una "cartolina vivente", un perfetto "cinema-image di Peter Greenaway", unito ad una frase in francese e inglese, stampata sotto il mirino. L’idea di Greenaway era quella di creare una riflessione sulla posizione del cinema e di “portare i film fuori dai teatri". CHRISTO E JEANNE-CLAUDE The Gates, Central Park, New York City, 1979-2005 CHRISTO Running Fences , Sonoma and Marin Counties, California 1972-76 (Project For The West Coast Of Usa) #FIUMARAD’ARTE La Fiumara di Tusa il letto di un antico fiume che un tempo lontano scorreva tra i monti Nebrodi per ventuno chilometri fino all'antica Halesa, un fiume secco e solo d'inverno a carattere torrentizio in un paesaggio che alterna pietrosa desolazione a tratti di vegetazione rigogliosa, e che laddove ci si inerpichi offre scorci straordinari tra le montagne ampie e il mare in lontananza. L'idea di "Fiumara d'Arte" nasce nel 1982 quando, gravato di responsabilità e scosso dalla perdita del padre, Antonio Presti, che già colleziona arte contemporanea, pensa di dedicare un monumento alla memoria del padre e si rivolge allo scultore Pietro Consagra. Immagina fin da subito di non farne un semplice fatto privato, una stele del proprio giardino, ma di donare la scultura alla collettività, e pensa di collocarla alla foce della fiumara. Il progetto muta presto di segno e diventa più ampio. Antonio Presti già immagina di dar vita a un parco di sculture che coniughi il linguaggio contemporaneo all'aspra bellezza dei luoghi. L'inaugurazione della scultura di Consagra, il 12 ottobre 1986, coincide con l'annuncio del museo a cielo aperto. 38° Parallelo - Piramide (2010) Mauro Staccioli Il sito prescelto per la scultura di Staccioli è una leggera altura del territorio di Motta d’Affermo: un avamposto in quota sul mare e prospiciente gli scavi di Halaesa, le cui coordinate geografiche centrano esattamente la consistenza matematica del trentottesimo parallelo. Nominando la propria opera, l’artista traduce l’astrazione della misura terrestre in creativa percezione metafisica e suggella l’intrinseco legame dell’opera alla geografia del luogo, in perfetta sintonia con la poetica che contraddistingue sin dagli anni sessanta le proprie creazioni. L’opera è un tetraedro titanico cavo realizzato in acciaio corten. Parzialmente sprofondata nel territorio roccioso, presenta una fessura lungo lo spigolo occidentale che rende ancora più preciso il suo collocarsi nella specificità del luogo e nello spazio cosmico. Come un faro introverso, testimone consapevole del ciclico e irreversibile scorrere del tempo, cattura la luce solare attraverso la fessura, registrando nel proprio ventre geometrico i riverberi luminosi dallo zenit al tramonto. Al concetto di immortalità, notoriamente correlato alla piramide faraonica, subentra qui il concetto più responsabile di transitorietà, La Materia Poteva Non Esserci (1986) Pietro Consagra Una grande scultura frontale a due elementi, addossati, paralleli e distinti nei colori bianco e nero, in un delicato equilibrio di pieni e vuoti. Alta 18 metri, è stata realizzata in cemento armato in un contrapposto cromatico, che più delle altre, testimonia il rapporto uomo-ambiente attraverso la razionalità della sua concezione e la leggerezza con cui il cemento armato si fa forma bidimensionale e percorribile. L'opera ci invita a passarci in mezzo, quasi a varcare una porta che porti in un altro tempo che fu quello passato, arcaico. Ci si accorge allora dell'immensità del cielo, sotto il quale la storia scorre da tempo immemorabile: un paravento o un diaframma posto tra la realtà immaginaria. Energia Mediterranea (1990) Antonio Di Palma Un'onda blu che idealmente lega la montagna al mare, un guizzo di energia in mezzo alla natura selvaggia. L’opera che si esaurisce in poche linee essenziali e si inserisce nella natura contemplandola, è un manto azzurro che sale e poi scende dolcemente, e che nella sua essenzialità sembra un movimento vibrante per uno schizzo di luce cosmica. La scultura non è monumentale nel senso della verticalità, ha piuttosto un rapporto orizzontale e sinuoso di contatto con la natura: una grande onda di cemento blu come gonfiata dal vento, un segno d'acqua solidificato sulla montagna, come quell'orizzonte di mare che si vede in lontananza e la sua materializzazione fisica sul posto che sospende ogni domanda nell'incantamento. Labirinto di Arianna (1990) Italo Lanfredini La scultura la cui forma è un simbolo archetipo, il labirinto, è un percorso fisico, ma anche interiore, che è impossibile non attraversare tutto una volta entrati. L’opera è collegata al passato, alla cultura classica, alla nascita, ai primi insegnamenti della vita. Attraverso un varco naturale si entra nel labirinto e si esce dal labirinto, così come nel tempo l’uomo è entrato ed uscito dalla scena. Chi entra nel labirinto, si pone domande che riguardano la propria esistenza, in un posto ed in una dimensione a-temporale, in cui è impossibile interrogarsi. Il labirinto è riflessione, è spiritualità che deriva da una sorta di “maternità”, espressa in un dolce concentrico svolgersi di cerchi culminante in una aspirazione all’alto, al sublime. Un viaggio che sembra dentro la terra ma è sotto il cielo, al cui centro è la vita, l’antica sorgente rappresentata da una lucente lastra metallica al centro della spirale, che ci riporta al tema della Monumento per un Poeta Morto (1989) Tano Festa Conosciuta come la "Finestra sul mare", per il chiaro impatto visivo, la scultura, ideata da Tano Festa e dedicata al fratello poeta, è un inno al colore e all'infanzia, temi ricorrenti nelle opere dell'artista. La cornice, alta 18 metri, realizzata in cemento armato ed armatura ferrosa, è il trionfo dell’azzurro, non di quello che vediamo di solito sulla tavolozza di un pittore, ma di quello che c’è nell’animo, quando un poeta-scultore come Tano Festa, che fu insieme adulto e bambino, decide di affacciarsi sull’infinito. Questa enorme finestra che tenta di incorniciare il mare, esprime il senso limitato di una possibilità diversa di fermarsi con il pensiero sull’orizzonte. Ma e’ anche una tensione alla serenità, anch'essa ricercata da Festa, spezzata dal monolite nero, senso finito della nostra esistenza, che "buca" la gioiosa finestra ornata dalle tipiche candide nuvolette ricorrenti nel repertorio dell’artista, interferendo con l’armonia dell’opera. Una Curva Gettata alle Spalle del Tempo (1990) Paolo Schiavocampo L’opera consiste in un monolite di cemento armato e ferro, collocato ai margini di una curva, che si avvolge su se stessa imitando il movimento di una vela battuta dal vento. La sua linea riproduce in verticale la curva della strada, ma, come dice lo stesso artista, essa viene "mossa dal vento silenzioso che sale dal mare". L’opera posta in uno spazio di campagna, divide la via antica dalla nuova, non isolandosi ma inserendosi nel percorso, come un punto focale. Un punto, quindi, di mistero, che unisce il passato al futuro insieme ai luoghi, la quiete, le cose, le tradizioni. #GIBELLINA è un comune siciliano uscito alla ribalta alla fine degli anni sessanta quando il terremoto del '68 distrusse completamente la Valle del Belice. Su queste macerie l'artista Alberto Burri ha realizzato l'opera pubblica, a dimensioni ambientali, chiamata Il Grande Cretto, costituita da un'enorme colata di cemento bianco che compatta i dodici ettari di macerie del centro storico di Gibellina. Assieme a questo monumentale lavoro celebrativo, è stato avviato un progetto di ricostruzione della nuova Gibellina, ideato sul modello delle cittàgiardino europee, che purtroppo non ha tenuto conto né delle radici culturali né delle abitudini quotidiane della popolazione. A questo punto, l'amministrazione di allora, rappresentata dal Sindaco Sen. Ludovico Corrao, ha lanciato un appello di solidarietà per rifondare la città nei termini di una nuova identità, che fu subito sottoscritto da autori e intellettuali come Cagli, Caruso, Damiani, Guttuso, Levi, Sciascia, Treccani, Zavattini e Zavoli. Vennero così chiamati a raccolta artisti, architetti e uomini di cultura per riqualificare gli spazi della città e affermare un nuovo ideale di civiltà e cultura.I primi artisti che hanno aderito all'iniziativa donando a Gibellina le proprie opere sono stati: Accardi, Cappello, Cascella, Consagra, Franchina, Isgrò, Legnaghi, Marchigiani, Melotti, Mendini, Moncada, Salvatore, Schiavocampo, Simeti, Spagnulo, Staccioli, Uncini, Vigo. In seguito, la città si è arricchita con ulteriori opere di Ciussi, Colla, Di Cesare, Nunzio, Pomodoro, Rotella, Severini Oggi possiamo a ragione affermare che Gibellina è forse il più grande Museo en plein-air del mondo, un museo vivo, in progressivo ampliamento e in continua evoluzione, dove le opere d'arte diventano pietre miliari di un cammino quotidiano dell'arte, in relazione con la storia, la tradizione, la cultura e la natura del territorio siciliano. Alberto Burri, Il Grande Cretto (1984-89) Alberto Burri, Il Grande Cretto (1984-89) Pietro Consagra , Porta del Belìce (La Stella), Gibellina 1981 Pietro Consagra , Portae del Cimitero, Gibellina 1981 Pietro Consagra , Città di Tebe , Gibellina 1981 Pietro Consagra , Tris, Gibellina 1981 Ludovico Quaroni, Chiesa Madre (1970) Franco Purini con Laura Thermes, Mario Trimarchi e Vittorioi Bitto, Cinque piazze a Gibellina (1982) Francesco Venezia, Palazzo di Lorenzo(1970) Mimmo Paladino, Montagna di Sale, Gibellina 1990 #VENTOCOMB, 1977. Questolavoro di Pena Ganchegui e Eduardo ChillidaVento Comb XV , erroneamente chiamato Peine de los Vientos - è una delle opere più note dello scultore basco. Situato ad una estremità della baia di La Concha a San Sebastian, nei Paesi Baschi, in Spagna, il gruppo di tre sculture incorporato nella roccia, di fronte alla baia di Biscaglia, in cima alla passeggiata che costeggia la baia, forma una destinazione per il tour, oltre ad uno spazio pubblico unico.. Chillida e Ganchegui hanno lavorato di pari passo per costruire contemporaneamente la scultura e lo spazio pubblico in cui è inserita. Il progetto connotato dalla pavimentazione in pietra si adatta morfologia esistente della scogliera. Jardin d'émail – Jean Dubuffet Epoxy resin and concrete with polyurethane paints Surface area 600 m2 Made in 1974 after a 1968 model Collection: Rijksmuseum Kröller-Müller, Otterlo (Netherlands) Like most of these works, Dubuffet conceived the Jardin d'émail without a precise destination, not envisaging its enlargement, using his imagination sufficed. The project to build the sculpture in the museum's large garden made him realise the model's status but above all it was the occasion for Dubuffet to instigate " a sort of permanant confrontation between the houloupian nature and the surrounding nature: an artificial garden in a garden of real trees and real lawns." Niki de Saint Phalle Il giardino dei tarocchi Niki, con l'aiuto del marito, realizza a Garavicchio, presso Capalbio (GR) in Toscana, a partire dal 1979, il Giardino dei Tarocchi, opera ispirata al Parco Guell di Gaudì di Barcellona. Si tratta di un gruppo di ventidue sculture monumentali alcune delle quali sono abitabili, ispirate agli arcani maggiori dei Tarocchi, costruite in cemento armato e ricoperte da un mosaico di specchi, vetri e ceramiche colorate. #LA TENUTA DI CELLE Pur poggiando su fondazioni di circa l'anno 1000, la Villa Celle, nella sua attuale forma, risale alla fine del Seicento, per volere del cardinale Carlo Agostino Fabroni di Pistoia. A metà dell'Ottocento l'architetto Giovanni Gambini riceve la commissione per ampliare, in stile inglese, il parco. Questo eccezionale esempio di giardino romantico si estende su circa 30 ettari ed è bordato da terreni agricoli dove, ancora oggi, si produce l'ottimo Chianti Montalbano e l'olio extravergine di oliva. Trasferitosi qui nel 1970, il collezionista Giuliano Gori si ispira alla presenza di alcune costruzioni ottocentesche (la voliera, la palazzina del Tè, il monumento egizio, ecc.), per affermare la vocazione della tenuta a ospitare interventi creati specificamente per gli spazi a disposizione. La sua formula prevede che ogni artista invitato scelga uno spazio, all'aperto o all'interno di uno degli storici edifici, e sviluppi la propria idea in funzione del sito. Il risultato è una raccolta di opere inamovibili che non "occupano" uno spazio ma entrano a far parte integrante del paesaggio stesso. Visitata da diverse migliaia di "adetti ai lavori" ogni anno, la collezione ha svolto un ruolo fondamentale anche nella formazione delle nuove generazioni ad aprirsi all'arte contemporanea. Open Field Vertical Elevations Utsurohi Aiko Miyawaki 1996 - acciaio inox L'artista giapponese ha voluto un grande campo aperto dove sviluppare la sua ricerca delle forme lineari nello spazio, una serie intitolata Utsurohi, il nome in giapponese di un particolare vento. Il luogo prescelto a Celle è una collina che domina il parco di Celle e dove si coltiva, nella parte più a valle, vigne e uliveti mentre in cima una grande radura offre un panorama su tutta la pianura sottostante, dominando così Pistoia e Firenze, fino a raggiungere visivamente la cupola di Brunelleschi, un puntino rosso sull'orizzonte. L'artista ha piantato nel terreno alcuni attacchi in inox dove vengono poi fissati dei sottili cavi fluttuanti che disegnano grandi curve nello spazio, le linee così tracciate ricordano il percorso di vortici di vento o del volo di uccelli. I cavi, nel disegnare lo spazio rispettano con la loro trasparenza l'intera visibilità del paesaggio. Open Field Vertical Elevations Richard Serra 1982 - pietra colombino di Firenzuola In questo suo primo lavoro realizzato in pietra, Serra sceglie come sito una collina che degrada verso il lago. Dopo aver esattamente rilevato le curve di livello del declivio, sviluppa il criterio di collocamento per otto blocchi di "Colombino" di Firenzuola, puntigliosamente cercati secondo le caratteristiche naturali pretese dall'artista. Ogni blocco sporge due metri fuori terra ed è posto nel punto preciso in cui il terreno scende due metri, ne consegue che la base della pietra sovrastante corrisponda all'altezza della cima del blocco sottostante, così di seguito per le successive fino a formare diversi piani virtuali. Albero meccanico Alessandro Mendini 2012 - acciaio inox verniciato Nel 2000 Giuliano Gori ha dato vita al Bosco dei settant'anni, invitando gli amici nati nello stesso suo anno a scegliere un proprio albero. Così sequoia (Giuliano Gori), ci-presso (Dani Karavan), platano (Magdalena Abakananowicz) ed altre essenze si tro-vano a dialogare nello spazio aperto, adiacente a Casapeppe. L'amicizia con Alessan-dro Mendini non ha potuto trasformarsi in una presenza del genere perché l'architetto e artista è nato nel 1931. Mendini ha così deciso di inserirsi in maniera "meccanica" realizzando un grande albero di acciaio dipinto con la seguente dedica: Scusami Giuliano se non sono nato nel '30. L'originale albero configura perfettamente il discorso dell'arte e rafforza l'affetto che lega l'artista al committente. L'Albero meccanico progettato per Celle è stato esposto in anteprima presso la Fondazione Maeght nella primavera 2012. L'allestimento definitivo ha coinciso con una mostra temporanea di Mendini tenuta nell'estate del 2012 a Celle. Luce del mattino (pecore + pecore) Menashe Kadishman 1993 - travertino, ferro L'artista è intervenuto intorno alla casa colonica che è stata, in tempi remoti, la residenza del pastore della fattoria. Kadishman ha ritagliato da grandi lastre di travertino alcune figure di ovini, collocandole sull'aia e nei pascoli intorno alla casa. L'erba che spunta all'interno delle lastre riempie lo spazio vuoto, disegnando così in maniera naturale le forme delle pecore . Sempre nell'aia, uno spazio contenuto entro un basso muretto ospita un secondo gregge, questa volta le forme sono create da tondino di ferro e si ergono, attorcigliate, dal suolo, ognuna poi recando lo stesso volto di pecora, ottenuto da spesse lastre di ferro. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI MEDITERRANEA DI REGGIO CALABRIA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DOTTORATO DI RICERCA IN ACHITETTURA DEI GIARDINI E DEI PARCHI E ASSETTO DEL TERRITORIO Icar 15 - XVIII CICLO. Dott.: Daniela Monaco Relatore: Prof. Franco Zagari AVANTGARDENINGNEW YORK NEW YORK COMMUNITY Fin dalla sua nascita come nuova realtà edilizia, il GARDENS grattacielo conteneva in sé una tensione tra orizzontalità e verticalità che si è poi in qualche modo persa, soprattutto a partire dagli anni ’20 e ’30 del ‘900 e, in maniera sintomatica, nel secondo dopoguerra. Mentre l’edificio è spinto verso l’alto dalla rendita fondiaria, tutta una serie di elementi che sottolineano invece l’orizzontalità, cerca di riportarlo verso terra, quasi ad ancorarlo alla strada. Uno di questi elementi è senz’altro il giardino, nel quale ci sono implicazioni sociali e culturali vivissime, che ruotano attorno ad un contrasto irrisolto, fra una verticalità che da sempre è simbolo del potere, e un’orizzontalità che è invece simbolo dell’espressione di una resistenza ostinata, fatta di molte voci e molte storie nate dalla strada e che da sempre hanno contribuito a creare il fascino della città di New York. Passeggiando per le strade di New York, 30-40 anni fa, si scoprivano giardini ovunque. Ogni lotto vacante era occupato da un piccolo giardino, gestito dagli abitanti stessi del quartiere, che si consorziavano nelle cosiddette Community. Adesso ce ne sono molti di meno, e questo fenomeno è accompagnato da una protesta popolare per il mantenimento di questi spazi unici ed affascinanti. CREATIVE LITTLE GARDEN 530 E. 6TH ST. BETWEEN AVES. A AND B DOWNTOWN MANHATTAN Lo spirito guida del Crative Little Garden fin dalla sua fondazione nel 1980 è stata un’anziana donna francese, morta di recente. Ciò che contraddistingue questo piccolo spazio sono l’ombra, l’ordine e la tranquillità. Un sentiero di ghiaia scorre attraverso un boschetto di viburnum, azalee, rodhondendri, felci, fino ad una minuscola piazza coperta da un grande Salix. Le rocce provengono da un giardino di Brooklyn. Con il passare del tempo, molti artisti, membri della comunità hanno realizzato delle sculture che hanno poi donato al giardino. 6TH AND B GARDEN 78 – 92 E. 6TH ST. AT AVE. B DOWNTOWN MANHATTAN Il 6th and B Garden è la comunità più organizzata in termini di attività collettive. Situato in un ampio lotto ad angolo, è relativamente soleggiato. Vi sono anche qui le aiuole individuali, piantate o a ortaggi o a fiori e erbe. Al centro del giardino una pergola ed un palcoscenico che accoglie parecchi eventi come concerti jazz, danza, e esibizioni dei bambini. Un piccolo parco giochi per bambini è stato realizzato in un angolo per ringraziare il comune che ha donato il lotto alla comunità. Un recinto con il motivo di mani racchiude il giardino. Lungo la Ave. B si trova un’enorme torre eretta nel 1984 da un artista locale Edward Burros. Cominciò a costruirne un piccolo pezzo nella sua aiuola, assemblando oggetti come pezzi di legno, mobili rotti, e vecchi giocattoli trovati per strada. Man mano che la struttura cresceva gli altri membri , preoccupati, decisero, dopo una lunga negoziazione, che fin tanto che la torre rimaneva circoscritta entro la misura dell’aiuola (4x8 ft), l’artista poteva continuare. La scultura adesso si staglia per circa 12 m., ed ha reso il giardino famoso. KENKELEBA HOUSE GARDEN EAST 3° STREET, NYC Il Kenkeleba garden é nato come un progetto artistico. Ne esistono due, il primo attualmente in disuso contiene parecchi esemplari di vegetazione nativa, uccelli e sculture. Il secondo, quello che stiamo trattando, invece, può essere considerato un museo d’arte contemporanea a cielo aperto. Al momento del mio sopralluogo veniva esposta una mostra di uno scultore afro- americano. ISAMU NUGUCHI GARDEN MUSEUM 32-37 VERNON BLVD AT 33° RD LONG ISLAND CITY Dopo la Chase Manhattan Plaza nel centro di New York, questo spazio è specificamente intesa come un ambiente per la visualizzazione la sua scultura a cambiare le prospettive. E’ la scenografia di Nuguchi per il suo lavoro. L'artista si trasferì a Long Island City nel1960. Meditativo questa è la parola che meglio descrive il giardino. Essa incoraggia la riflessione e la contemplazione. Noguchi ha creato uno spazio simplt triangolare e rivestito il muro di edera. Un ailanto, o albero del paradiso, era già in atto ed è cresciuta in un bel esemplare imponente. Gli alberi scelti con cura Katsura, magnolia, betulla, acero, ciliegio piangente, pino nero e bambù condividere il giardino con la scultura, le loro diverse forme e consistenze giocando fuori le forme eloquenti e texture di pietra. SOCRATES SCULPTURE PARK 31-42 VERNON BLVD BETWEEN BROADWAY AND 31° DR. LONG ISLAND CITY A due isolati dal Museo Noguchi un altro celebre artista ha creato un robusto, stimolante spazio espositivo per la scultura. Nel 1986 lo scultore Mark di Suvero ha creato il Socrates Sculpture Park su cinque ettari di terreno industriale abbandonato vicino al suo studio sulle rive dell'East River. Le sculture, opere su larga scala di artisti d'avanguardia, cambiano due volte l'anno. Il visitatore in maniera libera risponde agli stimoli delle opere d’arte, senza l’aiuto di segnaletica o materiale informativo. #Ecomuseo L'ecomuseo interviene sullo spazio di una comunità, nel suo divenire storico, proponendo "come oggetti del museo" non solo gli oggetti della vita quotidiana ma anche i paesaggi, l‘architettura, il saper fare, le testimonianze orali della tradizione, ecc. La portata innovativa del concetto ne ha inevitabilmente determinato la conoscenza ben oltre l'ambito propriamente museale. L'ecomuseo si occupa anche della promozione di attività didattiche e di ricerca grazie al coinvolgimento diretto della popolazione e delle istituzioni locali. Può essere un territorio dai confini incerti ed appartiene alla comunità che ci vive. Un ecomuseo non sottrae beni culturali ai luoghi dove sono stati creati, ma si propone come uno strumento di riappropriazione del proprio patrimonio culturale da parte della collettività. Dal 2005 è nata una definizione condivisa da molti studiosi sul concetto di ecomuseo: un patto con il quale la comunità si prende cura di un territorio. Il termine ecomuseo fu pensato da Hugues de Varine durante una riunione con Georges Henri Rivière, all'epoca rispettivamente direttore ed ex-direttore e consigliere permanente dell‘International Council of Museums, e Serge Antoine, consigliere del Ministro dell'Ambiente. Fu usato per la prima volta nel 1971 in un intervento dell'allora Ministro dell'Ambiente francese, M. Robert Poujade, che l'utilizzò per qualificare il lavoro di un ministero in piena creazione. Gli ecomusei inizialmente, realizzati ben prima che assumessero questa definizione, furono pensati come strumenti per tutelare le tracce delle società rurali in un momento in cui l‘urbanizzazione, le nuove acquisizioni tecnologiche e i conseguenti Faiplay, Colorado Old world, Winsconsin #ECOMUSEO DI SKANSEN, SVEZIA Il secolo XIX fu un periodo di grandi cambiamenti in tutta Europa e la Svezia non fece eccezioni. Il tipo di vita rurale lasciò il passo rapidamente a una società industrializzata e molti temevano che i diversi usi e le occupazioni tradizionali potessero andare perduti. Artur Hazelius che in precedenza aveva fondato il Nordic Museum sull'isola di Djurgården, vicino al centro di Stoccolma, si ispirò a un il Norsk Folkemuseum fondato a Kristania nel 1881 dal reOscar II, che appunto creò il suo museo all'aperto sulla collina che domina l'isola. Skansen divenne un modello per i primi musei all'aperto in Scandinavia e per gli altri che vennero costruiti più tardi in altri paesi. Il nome "Skansen" è stato anche utilizzato come riferimento per altri musei all'aperto e collezioni di strutture storiche, in particolare nell'Europa centrale e nell'Europa dell’est, ma anche negli Stati Uniti, per l'Old World Winsconsin e il Fairplay, Colorado. Skansen in origine faceva parte del Nordic Museum, ma divenne un organismo indipendente nel 1963. Gli oggetti "all'interno" degli edifici di Skansen sono ancora di proprietà del Nordic Museum. Dopo molto viaggiare Hazelius acquistò circa 150 edifici in tutto il paese (oltre a un edificio nel Telemark in Norvegia) e trasportò pezzo per pezzo via mare al museo dove furono ricostruiti realizzando così un'immagine unica della Svezia tradizionale. Solo tre edifici del museo non sono originali ma copie minuziose di esemplari che egli aveva trovato. Tutte le costruzioni sono aperte ai visitatori e mostrano la grande varietà della vita svedese, dalla Skogaholm Manor, una casa padronale costruita nel 1680, alle fattorie Älvros del XVI secolo. • XIX secolo: sviluppo dei musei etnografici rivolti alle culture ‘terze’ e progressiva estensione alle culture tradizionali europee a rischio di sparizione (musei del folklore, delle arti e tradizioni popolari) • #GENESI ECOMUSEI Musei en plein air o musei del territorio (soprattutto in area scandinava e in Inghilterra) in cui sono conservati o ricostruiti villaggi P. ex: Museo di Skansen – Svezia (1891) -> Sintesi etnografica di una regione o nazione -> Rappresentazione globale del territorio e delle sue culture -> Rifiuto delle raccolte inanimate di oggetti ma ricostruzione delle scene di vita quotidiana -> Frequente trasferimento delle strutture dalle sedi originarie alle sedi regionali. Anni 70: esigenza di democratizzazione dei musei 1. Mito del ritorno alla natura, rinascita e attenzione per le culture minoritarie e tradizionali 2. Tendenza a spostare i musei fuori dalle mura: decentralizzazione #GENESI ECOMUSEI 3. Riappropriazione collettiva della cultura e dei musei, percepiti come comunitari 4. Incremento dei musei etnografici e di storia locale 5. Sensibilità delle comunità locali che vogliono conservare e parlare del proprio territorio L’Ecomuseo si sviluppa come l’oppositore del museo tradizionale, percepito come roccaforte della cultura elitaria Definizione di ecomuseo (H.De Varine)) Museo Ecomuseo • • • • • • Collezione Immobile pubblico Patrimonio Territorio popolazione Genesi ecomuseo comunitario • 1971: Ecomusée Cresout-Montceau-Les-Mines i) Sito di archeologia industriale ii)Partecipazione della comunità locale nel processo di costituzione iii)Integrazione con l’arte contemporanea: creazione di un centro di ricerca, animazione e creazione in arte plastica • 1986: Creazione in Francia della Fédération des Ecomusées et Musées de Société (Fems), una federazione finalizzata al riconoscimento degli ecomusei, alla definizione di valori e principi comuni e al consolidamento dei concetti base della nuova museologia. • Museo “comunitario” H.De Varine Nella riflessione di De Varine l’e. diventa strumento “al servizio dell’uomo e dello sviluppo”. • Sul piano organizzativo assume la forma del musèe èclatè che non è confinato ad una “area circoscritta ma identificabile con l’intero territorio della comunità che serve: idealmente tutto il patrimonio materiale ed immateriale della comunità fa parte ed è al servizio dell’ecomuseo e tutti gli abitanti vengono potenzialmente coinvolti nelle attività museali affiancati da una ridotta equipe di professionisti”. Un modello innovativo ed utopistico. L’esempio di Les Creusot Montceau Les Mines . Differenze modelli ecomuseali • La distinzione principale tra gli ecomusei, messi a punto da Rivière, che sono considerati come musei del territorio, e l’ecomuseo di H. De Varine, definito “comunitario” è che la popolazione locale diviene allora non soltanto oggetto, ma anche soggetto dell’istituzione, non soltanto pubblico, ma anche attore dell’azione e dell’animazione. • Antica regione industriale francese (XVIII-XIX sec.). Sede di cristallerie reali prima e poi di industrie siderurgiche sotto la dinastia degli Schneider dal 1818. Le Creusot Montceau Les Mines Siti ecomuseali diventati parte dell’ecomuseo (1974-1990) • Musée del’homme et de l’Industrie presso le Chateau de la Verrerie • Maison d’E’cole • Musée du Canal a Ecuisses • Briqueterie a Ciry Le Noble • Musée de la Mine a Montceau