Sulle rotte del Merluzzo Nordico
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Sulle rotte del Merluzzo Nordico
9-02-2007 16:01 Pagina 83 Veterinari nel mondo 02_febbraio_2007_DEF.qxp Sulle rotte del erluzzo Nordico M ...the number of the cod seems to equal that of the grains of sand... These are true mines, which are more valuable, and require much less expense than those of Peru and Mexico. Gianluca Bertoja Ivan Tatone Charlevoix, 1720s. Dopo la mia prima visita a novembre 2005, sono tornato in Norvegia, a marzo di questo anno al fine di continuare ed approfondire prove tecniche di tracciabilità e rintracciabilità sui prodotti della pesca, prendendo come esempio il merluzzo nordico (Gadus morhua). La mia seconda visita in questo periodo dell’anno è significativa ed importante al fine di conoscere meglio ed approfondire lo studio dell’intero ciclo biologico riproduttivo di tale specie; infatti tale specie, avente riproduzione a fecondazione esterna con dimensione delle uova piccole e molto numerose, riconosce il suo ciclo biologico riproduttivo nel periodo primaverile: è gregaria e si muove in banchi molto numerosi proprio cercando durante tale periodo acque con temperature variabili generalmente dai 3 ai 6 °C. I soggetti femmine depongono un numero elevato di uova variabile dalle 60.000 alla 300.000 alla volta, non giornalmente ma ad intervallo di 2-3 giorni per circa 60 giorni: queste vengono fecondate e si sviluppano nelle condizioni ambientali migliori del luogo in cui sono state deposte. Storicamente la Norvegia si riconosce anche per la tipicità di tale pesce e delle tipologia di pesca a cui è soggetta lo stesso, sia a livello sportivo che commerciale: sono andato personalmente a pescare di fronte al porto di Tromsø com Kim, un esperto pescatore della zona, il quale è riuscito anche a catturare questo splendido esemplare di circa 10 kg. Facendo un passo indietro nella storia Charlevoix nel 1720 citava in un suo scritto la frase in titolo; la Norvegia ha scoperto il merluzzo nordico (Gadus morhua) anche se allo stato attuale sta dimostrando di non essere più una risorsa inesauribile: ciò nonostante, immutata rimane l’importanza che questa specie ittica riveste in questa parte di Norvegia, le isole Lofoten. Attualmente esistono numerosi progetti di ricerca riguardanti la gestione dello stock del merluzzo nordico (Gadus morhua), spesso affiancati da altrettante innovazioni nel campo delle tecnologie di pesca e nella processazione del pescato. Mi sono fatto aiutare nel mio lavoro scientifico di ricerca dal Dr. Ivan Tatone, il quale attualmente segue, presso l’università di Tromsø 2 / 83 02_febbraio_2007_DEF.qxp 9-02-2007 16:01 Pagina 84 Veterinari nel mondo al Norwegian College of Fishery Science, un master sulle tecnologie applicate alla pesca ed inoltre collabora con l’equipe del prof. R.B. Larsen nello studio di metodi innovativi di pesca con particolare attenzione alle problematiche inerenti l’applicazione delle griglie di selettività (sorting grid) nella pesca con lo strascico e le possibili automazioni applicabili alla pesca con il palangaro. Le sperimentazioni sull’automazione della pesca con il palangaro vengono inoltre condotte dal Dr. Ivan Tatone parallelamente nel Mar Adriatico in quanto sistema di pesca alternativo allo strascico, suscettibile di un rilancio su scala Mediterranea. Le origini, le peculiarità ed il confronto di questo sistema di pesca con altri largamente usati nelle marinerie del nostro Paese saranno affrontati in dettaglio in un prossimo articolo. Il Dr. Ivan Tatone ha inoltre lavorato personalmente nella filiera produttiva dello stoccafisso (prodotto essiccato) e del baccalà (prodotto salato) norvegese (vedasi foto), consentendomi in tal modo una discussione ed un approfondimento scientifico a tutto campo sulle tematiche e le problematiche ad esso inerenti. la diversificazione progressiva dello stoccafisso sino al 17ettesimo secolo, in cui allo stoccafisso si affiancano il “klippfisk” e il “saltfisk” - categorie spesso confuse nel nostro Paese sotto la medesima designazione di baccalà - grazie all’accessibilità economica del sale proveniente dall’Europa meridionale. L’adozione di specifici standard per le diverse qualità di stoccafisso testimonia l’ambizione di introdurre questi prodotti nella vasta famiglia dei prodotti di origine controllata, tra cui figurano il nostro prosciutto di Parma o il cognac francese, oramai ben conosciuti nel mercato gastronomico mondiale. La maggioranza dello stoccafisso prodotto in Norvegia proviene dalle isole Lofoten, mentre i grandi centri per la produzione del baccalà sono localizzati nei pressi di Ålesund, città a sud della Norvegia. Lo stoccafisso (“stockfisk” in norvegese) di elevata qualità e di maggior pregio è il norwegian spawning artic cod (meglio conosciuto in quest’area come“skrey”);viene prodotto nel periodo da marzo a giugno, periodo appunto nel quale si realizzano le migliori condizioni climatiche - una temperatura ideale che oscilla tra 0/5 °C - per l’essiccamento. Dopo essere stato pescato, il pesce viene decapitato, sviscerato ed appeso sulle tipiche rastrelliere di legno (chiamate “hjell”) situate in riva al mare e lì lasciato sino al periodo di raccolta. Il Dr. Ivan Tatone impegnato durante le fasi di preparazione del baccalà. Dopo la fase del pickling i merluzzi vengono liberati dall’essudato ed impilati, alternando i vari strati con sale marino (fase del dry salting). I rapporti che il nostro Paese intrattiene con le isole Lofoten riguardano principalmente l’esportazione di tale prodotto: sembra che il primo italiano a scoprire lo stoccafisso sia stato Piero Querini nel 1432 che naufragando sull’isola di Røst (ultima isola a sud delle Lofoten) rimase colpito da questo strano pesce che si conservava a lungo senza l’allora costosissimo sale. Nei secoli successivi abbiamo conosciuto Merluzzi nordici (Gadus morhua) durante la fase dell’essiccamento sulle tipiche rastrelliere in legno “hjell”, isole Lofoten. 2 / 84 Il pesce può essere appeso intero o “rotskjær” ovvero al pesce vengono rimossi circa due terzi della colonna vertebrale e viene separato a metà in senso longitudinale, lasciando le due parti unite nella regione caudale. Il prodotto finito viene classificato in due qualità (prima e seconda), in entrambe delle quali il contenuto di acqua a fine lavorazione non deve essere superiore al 14-16%. La prima categoria viene a sua volta suddivisa in 14 sub categorie secondo una scala utilizzata principalmente per il mercato italiano, che assorbe la maggior parte della produzione dello stoccafisso dell’area: infatti le varie regioni italiane sono alquanto esigenti, come evidenzia appunto la nostra richiesta di numerosi e differenti standard. Il merluzzo utilizzato nella produzione dello stoccafisso proviene da pesce rigorosamente fresco proveniente dalla pesca costiera, mentre generalmente il merluzzo utilizzato per la produzione del baccalà proviene dalla pesca off-shore. Nel “saltfisk” il merluzzo viene esclusivamente salato attraverso differenti tecniche: il processo di salagione attualmente più diffuso prevede l’utilizzo della tecnica del “pikling” nella prima fase per la durata di 5/10 giorni, seguita poi dal “dry salting” per altre due settimane fino all’ottenimento di un prodotto con una percentuale di acqua pari al 55%. Il “dry salting” consiste nel disporre il pesce diviso in strati, intervallati da un’abbondante quantità di sale marino in un contenitore forato nella parte inferiore, dalla quale defluisce l’essudato formatosi. Un processo simile riguarda il “pikling” nel quale tuttavia l’essudato non abbandona il contenitore e rimane in contatto con il pesce: il prodotto finito, ovvero il baccalà, viene così classificato sotto tre categorie commerciali: imperial, universal and mix. Con il termine “klippfisk” (dal norvegese “klippe”) che significa roccia, per indicare che originariamente dopo la salagione il pesce veniva disposto sulle rocce in riva al mare per l’essiccamento, eccezion fatta per i periodi di cattivo tempo durante i quali veniva rientrato, si identifica il merluzzo salato e successivamente essiccato. Oggigiorno tutta la produzione avviene in filiera, dove si utilizzano appositi forni per 02_febbraio_2007_DEF.qxp 9-02-2007 16:02 l’essiccamento, solitamente per 24-48 ore a 20-25 °C fino ad ottenere un contenuto di acqua attorno al 48 %. Il prodotto finito viene classificato in quattro categorie: imperial, universal, popular and mix (in Italia il prodotto viene spesso chiamato baccalà secco o semplicemente baccalà). L’idea diffusa che un merluzzo di modeste qualità potesse migliorare con la salagione o con l’essiccamento è stata del tutto smentita da recenti esperimenti condotti dal centro di ricerca Fiskeriforskning di Tromsø: tali studi dimostrano che, sebbene durante il processo di salagione i difetti nella qualità del pescato sembrano scomparire, essi tornano evidenti durante la reidratazione del pesce, con conseguenti reclami da parte delle nazioni importatrici. Quali sono quindi i parametri che determinano una buona qualità del prodotto finale? Negli ultimi decenni particolare attenzione nella ricerca scientifica è stata finalizzata alla qualità del pescato in relazione all’attrezzo da pesca utilizzato ed alle modalità di processamento del pesce a bordo. Per la prima volta, studi condotti dal Fiskeriforskning (centro norvegese di ricerca sulla pesca e sull’aquacoltura il quale vanta numerose collaborazioni con l’università di Tromsø) hanno analizzato il merluzzo in tutte le fasi della filiera produttiva, dalla cattura fino al prodotto finito, mediante marcatura dei singoli esemplari. Tali studi includono l’analisi dettagliata di una estesa serie di danneggiamenti a cui il pesce può essere sottoposto in relazione ai principali attrezzi da pesca utilizzati: reti, Danish sein, palangari e lenze a mano. Alla destra: esemplare di merluzzo nordico (Gadus morhua) senza nessun tipo di danno. Al centro con le classiche strisce provocate dalle reti da posta. Alla sinistra con tagli causati dall’utilizzo della “gaff” nella pesca con il palangaro. (Foto di Sjurdur Joensen, Fiskeriforskning). Pagina 85 Tutti questi parametri sono stati integrati in una scala di valutazione che racchiude cinque principali categorie di difetti e per ogni voce una scala a tre criteri di valutazione (vedasi tabella): in futuro l’applicazione di questi parametri nell’industria della pesca potrebbe portare ad una diversa remunerazione del pescato basata sulla qualità, opzione ancora raramente usata. Lavorazione del merluzzo a bordo La migliore qualità del merluzzo si ottiene quando il pesce viene issato ancora vivo a bordo, lasciato dissanguare per circa mezz’ora in acqua fredda corrente (vedasi foto). Segue poi la decapitazione (operazione che se non effettuata correttamente conduce ad una perdita di carne) e l’eviscerazione, durante la quale viene conservato il fegato, successivamente processato per ottenere il famoso olio di fegato di merluzzo (“tram”), utilizzato a queste latitudini come fonte importante di “omega 3 (acidi grassi polinsaturi)”. Dalle teste dei merluzzi più grandi viene poi prelevato il mammellone linguale che diventerà una delicatezza norvegese conosciuto sotto il nome di “Torsketunge”. Le teste, quando non rigettate in mare, vengono sbarcate per essere essiccate e vendute come farina animale o esportate in Nigeria, dove vengono usate come tradizio- Operazioni di pesca a bordo dell’imbarcazione “Eva Marie” operante con gillnets. Il merluzzo nordico (Gadus morhua) dopo la cattura viene lasciato dissanguare nel “bleeding tank” ben visibile sulla destra della foto. Lofoten, Aprile 2005. nale fonte di alimentazione umana. L’ultima frontiera per il baccalà consiste in un innovativo metodo per la sua dissalazione brevettato da Fiskeriforskning: al posto del normale processo, che consiste semplicemente nel lasciare il baccalà in acqua corrente per 24-48 ore, l’acqua viene invece messa sotto pressione, tramite aghi, direttamente nel muscolo e di seguito il filetto è sottoposto ad una centrifugazione a bassa velocità sotto vuoto. Con questa tecnologia si riesce ad ottenere un prodotto dissalato in 4/5 ore e quindi effettuare una possibile commercializzazione del prodotto già pronto per il consumo... ai posteri l’ardua sentenza! Indice di qualità per il merluzzo nordico (Gadus morhua), pescato mediante l’utilizzo di reti, palangari, lenze a mano o Danish seine (Sjurdur Joensen, Fiskeriforskning). 2 / 85