La tutela del minore

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La tutela del minore
Regione del Veneto
AZIENDA UNITA' LOCALE SOCIO-SANITARIA N.14
Sede Centrale: 30015 Chioggia, Strada Madonna Marina 500 - C.F./P.I. 02798310278
Dipartimento Risorse Umane – Ufficio Formazione e Aggiornamento del Personale
Età: una delle condizioni che
modificano la capacità giuridica,
(chi si trova al di sotto di una
certa età, pure essendo soggetto
di diritti, non ha la facoltà di
esercitarli da solo, cioè non ha la
capacità di agire)
Capacità giuridica,
suscettibilità di un soggetto ad essere titolare di
diritti e doveri o più in generale di situazioni
giuridiche soggettive.
Si acquista con la nascita.
Riconosciuta per il solo fatto della nascita (art. 1
c.c.), anche se immediatamente dopo la nascita
dovesse seguire la morte o il nato sia destinato
a morte sicura.
Capacità di agire
idoneità del soggetto a porre in essere atti giuridici
validi, esercitando in questo modo i suoi diritti e
adempiendo ai suoi doveri, senza l'interposizione
di altri soggetti di diritto.
La maggiore età è fissata al compimento del
diciottesimo anno. Con la maggiore età si
acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i
quali non sia stabilita una età diversa.
possesso della capacità legale d'agire
=
requisito di validità degli atti negoziali
(capacità negoziale), annullabili se il soggetto che li
ha posti in essere era sprovvisto di tale qualità nel
momento in cui li ha compiuti.
Gli atti negoziali stipulati dal soggetto capace
d'agire, a prescindere dalla sua effettiva maturità
psicofisica, sono validi, salvo l’incapacità naturale
o di fatto nel momento del compimento
Deroghe al principio sancito dall'articolo 2 c.c. nelle
ipotesi in cui la legge ammette eccezionalmente
anche i minorenni a concludere atti negoziali
validi.
I soggetti infradiciottenni sono inoltre ammessi a
concludere i piccoli negozi della vita quotidiana
consistenti in contratti aventi modico valore
economico, salvo il caso in cui questi possano
arrecare pregiudizio agli interessi del minore.
Presunzione giuridica che il minore, concludendo il
negozio, non agisca in nome proprio, ma in quello
dei genitori.
Sempre l'articolo 2 c.c., al secondo e al terzo
comma – introdotti dalla legge n. 39/1975 –, fa
salve le «leggi speciali che stabiliscono un'età
inferiore in materia di capacità a prestare il proprio
lavoro» e ammette il minore a esercitare i «diritti e
le azioni che dipendono dal contratto di lavoro».
Ai sensi dell’articolo 84, comma 2, c.c., su istanza
dell'interessato, il Tribunale per i Minorenni, in casi
eccezionali può ammettere al matrimonio chi
abbia compiuto i sedici anni d'età, costituendosi
quindi ipso iure l’emancipazione, consistente in un
periodo intermedio di limitata capacità d'agire
La legge 219/2012 e il successivo
decreto legislativo 154/2013 hanno
apportato notevoli modifiche, in punto
“età a cui il minore è chiamato ad
esprimere il suo assenso o consenso,
o comunque è, di fatto, chiamato ad
“esserci”
Deliberazioni del giudice tutelare
Il giudice tutelare, per deliberare sul luogo dove il
minore deve vivere e sul suo avviamento agli
studi, all’esercizio di un’arte, mestiere,
professione, deve sentire il minore che ha
compiuto 10 anni e anche il minore di età
inferiore, in considerazione della sua capacità di
discernimento
Art. 371 c.c.
Affidamento
deve essere sentito il minore che ha compiuto 12 anni e
anche il minore di età inferiore, in considerazione della
sua capacità di discernimento. Art. 4 L. 184/1983
Affidamento preadottivo
deve essere sentito il minore che ha compiuto 12 anni e
anche il minore di età inferiore, in considerazione della
sua capacità di discernimento.
Il minore che ha compiuto i 14 anni deve dare espresso
consenso all’affidamento alla coppia prescelta. Art. 22
L 184/1983
Adozione
Il minore che ha compiuto i 12 anni e anche il minore di età
inferiore, in considerazione della sua capacità di
discernimento, deve essere sentito per la conferma,
modifica o la revoca dei provvedimenti urgenti assunti dal
Tribunale al momento dell’apertura di un provvedimento
relativo allo stato di abbandono del minore.
Per emettere la sentenza di adottabilità, il Tribunale deve
sentire il minore che ha compiuto i 12 anni e anche il
minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità
di discernimento. Se l’adottando ha compiuto i 12 anni
deve essere sentito. Se ha un’età inferiore, deve essere
sentito in considerazione della sua capacità di
discernimento. Il minore che ha compiuto i 14 anni non può
essere adottato se non presta personalmente il proprio
consenso. Artt. 10; 15; 7; 45 L 184/1983
Imputabilità penale
Il minore di 14 anni non è imputabile. Per il minore
di età compresa tra i 14 e i 18 anni, l’imputabilità
va stabilita dal giudice in relazione alla capacità di
intendere e volere del minore e al reato
commesso. Artt. 97, 98 c.p.
Querela
Il minore che ha compiuto i 14 anni può esercitare il
diritto di querela. Art. 120 c.p.
Curatore speciale
L’età non è indicata. Il minore che deve essere
rappresentato o assistito può chiedere la
nomina di un curatore speciale. Art. 78 c.p.c.
Lavoro
Per accedere al lavoro il minore deve avere
compiuto i 15 anni e abbia assolto l’obbligo
formativo. L. 977/1967
Matrimonio
Il Tribunale per i minorenni può, per gravi motivi,
ammettere al matrimonio il minore che ha compiuto i 16
anni, accertata la sua maturità psico-fisica e la
fondatezza delle ragioni addotte e sentiti il pubblico
ministero, i genitori o il tutore.
Il minore ammesso a contrarre matrimonio ha la capacità
di dare il suo consenso alle convenzioni matrimoniali,
che sono valide se è stato assistito da un genitore
esercente la responsabilità genitoriale o dal tutore o da
un curatore speciale nominato dal Tribunale.
Il minore che ha contratto matrimonio è emancipato e
acquista una ridotta capacità di agire.
Art. 84 c.c; Art. 164 c.c.; Artt. 390, 394 c.c.
Riconoscimento del figlio naturale
Il minore che ha compiuto i 14 anni deve dare l’assenso al
suo riconoscimento perché sia valido.
Se il minore ha meno di 14 anni, l’assenso è dato dall’altro
genitore che lo ha già riconosciuto. Il minore che è stato
così riconosciuto non può impugnare il riconoscimento
finché non raggiunge la maggiore età.
Il minore che ha compiuto i 14 anni deve dare il suo
consenso alla dichiarazione giudiziale di paternità o
maternità.
Il minore può riconoscere il proprio figlio solo al compimento
dei 16 anni, salvo che il giudice non li autorizzi prima,
valutate le circostanze e avuto riguardo all’interesse del
figlio.
Art. 250 c.c.; Art.264 c.c.; Art. 264 c.c.; Art. 250 c.c.
Divorzio
L’adozione di provvedimenti
presidenziali è subordinata al
preventivo ascolto del minore che
abbia compiuto 12 anni o che sia
comunque capace di
discernimento.
Art. 4 L. divorzio
Nomina del tutore
Il giudice, prima della nomina
del tutore, deve sentire il
minore che ha compiuto i 12
anni o anche di età inferiore
se capace di discernimento
Art. 348 c.c.
Si può dunque dire che sia stata data
attuazione a quanto disposto nelle fonti
sovranazionali:
Convenzione di New York, 1989/1991
Convenzione di Strasburgo, 1996/2003
Carta dei diritti fondamentali dell’U.E.,
2000/2007
(trattato di Lisbona)
Regolamento CE 2201/2003
Linee guida europee 2010 per una giustizia
child friendly
L. 219/2012 // D. Lgvo 154/2013
•
•
•
•
Riforma la materia della filiazione “tutti i
figli hanno lo stesso stato giuridico”
Delega il governo ad eliminare qualsiasi
discriminazione
Ridefinisce le competenze dei Tribunali
ordinari e dei Tribunali per i Minorenni
Detta disposizioni a garanzia del diritto dei
figli agli alimenti ed al mantenimento
Integrato il concetto di responsabilità genitoriale, con
richiamo ai diritti e doveri del figlio, facendo riferimento
al nuovo art. 315bis c.c..
Diritti del minore:
a)
a essere mantenuto, educato, istruito, assistito
moralmente
b)
a crescere in famiglia e a mantenere significativi
rapporti con i parenti
c)
a essere ascoltato in tutte le questioni e procedure che
lo riguardano
d)
a non adempiere agli obblighi alimentari nei confronti
del genitore decaduto
e)
a mantenere un significativo rapporto con entrambi i
genitori in caso di separazione
Al minore viene quindi attribuito un ruolo attivo,
allorché debba essere presa una decisione che lo
riguarda, che si traduce nel diritto del minore ad
esprimere la propria opinione mediante
interlocuzione con i soggetti adulti chiamati a
decidere nel suo interesse.
La valutazione dell’interesse, seppure rimessa al
Giudice, dovrà essere fatta non in modo astratto e
precostituito, bensì attraverso la seria
considerazione dell’opinione espressa dal minore
Laddove, quindi, i diritti sopra evidenziati vengano
violati, ovvero laddove chi esercita la
responsabilità genitoriale violi o trascuri i doveri
ad essa inerenti, o sia pregiudizievole al figlio, la
forma di tutela passa attraverso la richiesta di
applicazione degli artt. 330 e 333 c.c., che
danno, se del caso, origine ai cd. procedimenti
de potestate, oltre che degli ordini di protezione
e/o di allontanamento.
Esito successivo al mancato assoluto recupero
della disfunzionalità genitoriale è, invece, il
procedimento dichiarativo dello stato di
adottabilità.
Tutela – doppia valenza
Da un lato, l’impianto normativo, sia
nazionale che internazionale, che
garantisce al minore una serie di diritti
ineludibili, sanzionando chi li viola.
Dall’altro, funzione di rappresentanza, in
tutti quei casi in cui i genitori siano
incapaci di garantire ai figli proprio ciò che
quell’impianto normativo prevede.
La tutela
PRESUPPOSTI (art. 343 c.c.):
Incapacità d’agire del minore
Responsabilità sociale della cura
e della protezione dei minori
Dai pupilli orfani titolari di ingenti patrimoni …
alle tutele dei minori seguiti dai servizi sociali
(situazioni di disagio/pregiudizio)
Diverso contesto sociale e culturale
Evoluzione diritto di famiglia e minorile
Riconoscimento diritti dei minori di età
Interpretazione
delle norme del Codice:
Evoluzione ruolo e funzioni del tutore
Nuova idea di tutela legale:
da “burocratica” a “sostanziale”
Nuova idea di tutore legale:
da “istituzionale” a “ad personam”
Art. 343 c.c.
- minore orfano di entrambi i genitori o del genitore che lo aveva
riconosciuto (causa esplicita)
- minore figlio di genitori che per “ALTRE CAUSE” non possono
esercitare la potestà genitoriale
QUALI SONO OGGI LE “ALTRE CAUSE”?
Minore abbandonato alla nascita o non riconosciuto
Sospensione o decadenza dei genitori dalla potestà
Dichiarazione di adottabilità del minore
Incapacità dei genitori per minore età o interdizione
Lontananza o irreperibilità dei genitori (msna)
Il TRIBUNALE PER I MINORENNI
(procedimenti dichiarativi dello stato di adottabilità
(art. 19 L. 184/1983)
Il GIUDICE TUTELARE del Tribunale del
circondario dove è la sede principale degli
affari e interessi del minore
(art. 343 codice civile)
Significato e valore del giuramento
Tempi previsti e reali
Verbale di giuramento
Che cos’è
Come si fa
Attualità dell’inventario
Il tutore ha la cura della persona del minore
Lo rappresenta in tutti gli atti civili
Ne amministra i beni
Quale cura compete
al tutore?
Servizi sociali
Comunità
Famiglia
affidataria
Minore
d’età
Altri soggetti
Scuola,
questura, ASL
Autorità
giudiziaria
Tutore = esercente la potestà ma non ha l’autonomia del genitore
perché risponde al giudice e, per alcuni atti, necessita della sua
autorizzazione
Tutore = rappresentante dell’interesse del minore
Qual è l’interesse del minore?
Tutore come portavoce del minore
Convenzione di Strasburgo: informare il minore, informare il giudice
dell’opinione del minore, spiegare al minore le conseguenze delle
opinioni espresse
Art. 12, Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia
diritto di esprimere liberamente la sua opinione
possibilità di essere ascoltato
Capacità di discernimento (valutazione, giudizio)
ETA’ MATURITA’
CRINALE tra protezione e protagonismo
Fare spazio al minore e al suo sentire/volere
Far crescere la capacità di esercizio dei diritti e la
responsabilità
Responsabilità per danni
cagionati dal minore a terzi o a se stesso
RESPONSABILITA’ PENALE
RESPONSABILITA’ CIVILE
Non c’è mai perché
la responsabilità penale
è personale
(art. 27 Cost.)
Il tutore risponde se:
Imputabilità del minore
(artt.97 e 98 c.p. )
Il minore è con lui convivente
(art. 2048 c.c.)
Il minore, al momento del fatto, è sotto
la sua sorveglianza
(art. 2047 c.c.)
La responsabilità per danni
cagionati dal tutore al minore
RESPONSABILITA’
PENALE
RESPONSABILITA’ CIVILE
Risponde sempre
(ad es. in caso di
lesioni, maltrattamenti,
appropriazione
indebita,…)
Il tutore risponde se
cagiona un danno
ingiusto (per dolo o colpa)
(Art. 27 Cost.)
(art. 2043 c.c.)
RESPONSABILITA’
LEGATA ALLA TUTELA
Il tutore risponde se:
abusa dei propri poteri
trascura i propri doveri
violando il dovere di
diligenza
(art. 382 c.c.)
Il minore non riconosciuto
alla nascita
In base al nostro ordinamento, un
neonato nato nel matrimonio o al di
fuori di esso, può non diventare figlio
di chi lo ha procreato.
La legge italiana riconosce, infatti,
alla donna tre importanti diritti
1) il diritto alla scelta sul
riconoscimento: ogni donna ha
diritto di scegliere se riconoscere
come figlio il bambino da lei
procreato;
2) il
diritto all’informazione: ogni donna
può ottenere assistenza psicologica e
sanitaria prima del parto, durante il
parto e dopo il parto, unitamente ad
ogni genere di informazione che possa
prospettare soluzioni realizzabili sia nel
senso del riconoscimento che del non
riconoscimento (diritto a partorire nel
più assoluto anonimato e di non
riconoscere il nascituro);
ha inoltre diritto ad essere informata, in
caso di incertezza sulla scelta da
operare, sulla possibilità di usufruire di
un ulteriore periodo di riflessione dopo il
parto (della durata non superiore a due
mesi), richiedendo al Tribunale per i
minorenni la sospensione della
procedura di adottabilità
(art. 11, commi 2 e 3, della legge n.
184/1983)
3) il
diritto al segreto del parto: per chi
decide di non riconosce il proprio nato,
la segretezza del parto deve essere
garantita da tutti i servizi sanitari e
sociali coinvolti; in questo caso,
nell’atto di nascita del bambino, che
deve essere redatto entro dieci giorni
dal parto, risulta scritto “figlio di donna
che non consente di essere nominata”.
Norme:
art. 30 d.p.r. n. 396/2000
La madre ha la facoltà di non essere nominata nell’atto
di nascita
art. 93 comma 2 del d.lgs. n. 196/2003 (Codice in
materia di dati personali): consentito l’accesso al
certificato di assistenza al parto o alla cartella clinica,
che rendono identificabile la madre, solo dopo 100
anni dalla formazione del documento
art. 28 L. 184/1983 (Diritto del minore ad una
famiglia): l’accesso a informazioni che riguardino
origine e identità dei genitori biologici di soggetti
adottati non è consentito nei confronti della madre che
abbia dichiarato alla nascita di non volere essere
nominata.
Corte Costituzionale n. 278/2013
ha ribadito ancora una volta, in attesa di un
apposito intervento legislativo, che laddove vi
sia una richiesta specifica dell'adottato,
l'Autorità Giudiziaria ha l'obbligo di
procedere all'identificazione della madre
biologica, in modo da poter consentire alla
stessa di essere messa al corrente della
volontà dell'adottato di conoscere le
proprie origini ed eventualmente di
rimuovere il segreto sulla propria identità.
I diritti del bambino non riconosciuto
Tutti i bambini, anche se non riconosciuti
alla nascita, possiedono i diritti
fondamentali: capacità giuridica (diritto
al nome e alla cittadinanza) e diritto all'
educazione. Entro 10 giorni dalla
nascita il neonato non riconosciuto
riceve un nome dallo Stato Civile del
Comune di nascita e acquisisce la
cittadinanza italiana.
L’ufficiale di stato civile, ricevuta la comunicazione del
non riconoscimento, attribuisce al neonato un nome
e un cognome, procede alla formazione dell’atto di
nascita e alla segnalazione alla Procura della
Repubblica presso il Tribunale per i minorenni per la
sua dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge
184/83
Il Tribunale per i minorenni, ricevuta la segnalazione,
provvede “immediatamente” alla dichiarazione dello
stato di adottabilità “senza eseguire ulteriori
accertamenti”, ai sensi dell’art.11, comma 2, della
legge 184/83 s.m.i., e all’inserimento del minore
nella famiglia adottiva ritenuta più idonea.
2 casi di sospensione di questa procedura:
* su richiesta di chi afferma di essere uno dei genitori
biologici, per non più di due mesi, “sempre che nel
frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o
dai parenti fino al quarto grado o in altro modo
conveniente, permanendo comunque un rapporto con il
genitore naturale”
* quando il genitore biologico che non ha compiuto i 16
anni sia privo della capacità di riconoscere il figlio
naturale; la procedura è rinviata anche d’ufficio sino al
compimento del sedicesimo anno di età, permanendo in
capo al genitore biologico la possibilità di avvalersi di
un’ulteriore sospensione per altri due mesi a decorrere
da questa data.
Al neonato viene garantito così, il più
rapidamente possibile, il diritto a
una famiglia attraverso
l'affidamento a una coppia
adottiva; dopo un anno
acquista, mediante l'adozione, lo
status di figlio.
L'adottato, a 25 anni, potrà risalire
alle sue origini.
Protocollo Ufficio del Pubblico Tutore dei
Minori, oggi Garante dei Diritti della
Persona con il Tribunale per i Minorenni,
in relazione ai minori non riconosciuti alla
nascita, ai fini di accelerare le dimissioni
dall’Ospedale.
Dopo l’entrata in vigore, infatti, delle ultime
norme della L. 149/2001, infatti, si
rischiava che il passaggio del
procedimento di adottabilità da camerale a
contenzioso, allungasse i tempi ….
La procedura di adottabilità
L. 4 maggio 1983, n. 184
così come modificata dalla
L. 28 marzo 2001, n. 149
Diritto del minore ad una famiglia
La condizione di indigenza dei genitori o del genitore
esercente la potestà, non può essere di ostacolo
all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia.
Quelle condizioni devono superarsi attraverso interventi
di sostegno e di aiuto. Il nuovo comma 2 dell'articolo 1
stabilisce che la circostanza per cui la famiglia di sangue
versi in condizioni di indigenza non è motivo sufficiente a
limitare o ostacolare il diritto del minore a restare
nell'ambito della propria famiglia e a riceverne le cure.
È anzi compito delle Istituzioni provvedere con interventi
idonei e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili
all'aiuto dei nuclei familiari a rischio.
Il comma 3 dell'art. 1, perciò attribuisce allo Stato, alle
regioni e agli enti locali la competenza per quel che
riguarda gli "interventi di sostegno e di aiuto".
Il legislatore ha precisato che:
* i detti enti (appunto: Stato, regioni e enti
locali) devono porre in essere "idonei
interventi";
* tali interventi devono essere realizzati "nel
rispetto della loro autonomia";
* gli interventi stessi devono avvenire "nei
limiti delle risorse finanziarie disponibili".
La nozione di abbandono
presupposto imprescindibile
per la dichiarazione di adottabilità del minore
L. 184/1983:
Non definisce in maniera precisa e circostanziata
quale sia la condizione del minore che si trova in
uno stato di abbandono; adotta una clausola
generale che lasci al giudice e all'interprete una
valutazione più adatta alle diverse realtà e alle
condizioni personali, sociali e ambientali del
singolo caso che a loro si presenta.
L. 149/2001:
non ha codificato la definizione di abbandono in
ipotesi specifiche, nonostante da molte parti si
invocasse tale introduzione.
Art. 8 L. 184/1983, I comma, come modificato
dalla legge n. 149/2001
"Sono dichiarati in stato di adottabilità dal
tribunale per i minorenni del distretto nel quale
si trovano, i minori di cui sia accertata la
situazione di abbandono perché privi di
assistenza morale e materiale da parte dei
genitori o dei parenti tenuti a provvedervi,
purché la mancanza di assistenza non sia
dovuta a causa di forza maggiore di carattere
transitorio".
La L. 149/2001 riforma il procedimento per la
dichiarazione dello stato di adottabilità.
Di tutto il percorso giudiziario che conduce all'adozione
del minore in stato di abbandono la fase in cui viene
pronunciata l'adottabilità dello stesso è la più delicata
e complessa.
Con la definizione di tale dichiarazione, infatti, viene
stabilita l'inidoneità della famiglia biologica
all'educazione e all'allevamento del proprio figlio, la
drastica e irreversibile rottura dei rapporti fra essi e il
futuro inserimento del minore in una famiglia degli
affetti.
Secondo quanto stabilito dal legislatore del
1983 il procedimento per la dichiarazione di
adottabilità era composto da due fasi.
La prima, svolta dal giudice delegato, era di
carattere non contenzioso e si concludeva
con il decreto di adottabilità o di non luogo a
provvedere per mancanza dell'abbandono.
La seconda, invece, di opposizione al suddetto
decreto, costituiva un vero proprio giudizio
contenzioso ed era naturalmente eventuale.
Questa struttura è stata
profondamente riformatadalla
legge n. 149/2001:
le due fasi sono state riunite in
unico procedimento, dominato
per intero e sin dall'inizio dal
principio del contraddittorio.
Chiunque può segnalare all'autorità pubblica
situazioni di abbandono di minori di età.
I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico
servizio, gli esercenti un servizio di pubblica
necessità devono riferire al più presto al
procuratore della Repubblica presso il tribunale
per i minorenni del luogo in cui il minore si trova
sulle condizioni di ogni minore in situazione di
abbandono, delle quali hanno notizia in ragione
del proprio ufficio.
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
per i Minorenni, assunte informazioni, chiede al
Tribunale, con ricorso, di dichiarare l'adottabilità di
quei minori segnalati o collocati presso le
comunità di tipo familiare o gli istituti di assistenza
pubblici o privati o presso una famiglia affidataria,
che siano in situazioni di abbandono,
specificandone i motivi.
L'organo destinatario di tali segnalazioni, dunque,
non è più il tribunale bensì il procuratore della
Repubblica presso il tribunale dei minorenni.
Le forme per fare acquisire a quest'ultimo la
conoscenza sono:
la segnalazione facoltativa da parte di chiunque (art.
9, comma 1, prima parte);
l'obbligo di riferire posto a carico dei pubblici
ufficiali, incaricati di pubblico servizio ed esercenti
un servizio di pubblica necessità (art.9, comma 1,
seconda parte);
l'obbligo di trasmettere un elenco di tutti i minori
ricoverati presso istituti di assistenza pubblici o
privati a carico dei predetti istituti (art. 9, comma
2);
la segnalazione obbligatoria a carico di
chi, non essendo parente entro il quarto
grado, accoglie stabilmente un minore
per oltre sei mesi (art. 9, comma 4);
la segnalazione obbligatoria a carico del
genitore che affidi per oltre sei mesi il
proprio figlio a chi non sia parente entro
il quarto grado (art. 9, comma 5).
L'inadempimento a questi vari obblighi è
sanzionato civilmente e penalmente.
Il procedimento di adottabilità, in base alla nuova
legge sull'adozione, deve svolgersi fin dall'inizio
con l'assistenza legale del minore, dei genitori o
degli altri parenti (art. 8, c. 4, e art. 10, c. 2, L.
184/83, pena la nullità degli atti posti in essere
senza (difesa d’ufficio).
L’entrata in vigore di quest’ultima norma nel luglio
2007 risponde al principio del giusto processo (art.
111 Cost.)
Nelle procedure de potestate la legge si limita a
stabilire che il minore e i genitori siano assistiti da
un avvocato.
Ai sensi del primo comma dell'art. 15, nel
testo riformato dall'art. 14 della legge n.
149/2001, al termine delle indagini e
degli accertamenti, il Tribunale per i
Minorenni procede alla dichiarazione di
adottabilità, se è confermata la
situazione di privazione di assistenza
morale e materiale, se lo stato di
abbandono si presenta come
irreversibile
Alla dichiarazione dello stato di adottabilità il
Tribunale per i minorenni provvede dopo aver
sentito oltre che i genitori e i parenti, se
comparsi, il pubblico ministero, il
rappresentante dell'istituto o comunità di tipo
familiare presso cui il minore è collocato, o la
persona cui egli è affidato, nonché il tutore,
se esiste.
Come già detto, deve essere sentito anche lo
stesso minore, se ha compiuto i dodici anni o
anche di età inferiore se lo si ritiene
sufficientemente maturo.
Lo stato di adottabilità si pronuncia con sentenza,
che passerà in giudicato decorsi 30 giorni dalla
data di notifica.
Con la pronuncia dello stato di adottabilità:
viene sospesa la responsabilità genitoriale dei
genitori;
il giudice nomina un tutore al minore, stante
l’intercorsa sospensione della responsabilità
genitoriale dei genitori.
Sempre in ambito di adottabilità…..
la recente Legge 19 ottobre 2015, n. 173,
diretta a modificare la L. 4 maggio 1983, n.
184:
riconosce il diritto alla continuità dei rapporti
affettivi dei minori in affido familiare;
composta da quattro articoli, incentrati sul
diritto dei minori in affido familiare alla
continuità affettiva.
All’art. 1 sono inseriti tre nuovi commi:
5bis, 5ter e 5quater.
il comma 5bis, prevede che, qualora
la famiglia affidataria chieda di
poter adottare il minore, il tribunale
per i minorenni nel decidere
sull'adozione, dovrà considerare i
legami affettivi ed il rapporto
consolidato tra il minore e la
famiglia affidataria.
A norma del comma 5ter, è sancita
una tutela alle relazioni socioaffettive consolidatesi durante
l'affidamento anche quando, dopo
un periodo di affidamento, il minore
torni nella famiglia di origine o
venga affidato oppure adottato da
altra famiglia
Il comma 5quater stabilisce che il
giudice, nel decidere
sull’adozione del minore, dovrà
tener presente le valutazioni dei
servizi sociali, ascoltando il
minore di dodici anni, o di età
inferiore, “se capace di
discernimento”.
L’art. 2 introduce un’ipotesi di nullità,
precedentemente non contemplata, nel caso in cui
la famiglia affidataria o collocataria, non venga
consultata, nei procedimenti civili in materia di
responsabilità genitoriale, di affidamento e di
adottabilità del minore affidato.
L’art. 3 aggiunge il comma 1bis al comma 1
dell'articolo 25 della legge 4 maggio 1983, n. 184,
prevedendo l’applicazione della procedura per la
dichiarazione di adottabilità anche all’ipotesi di
prolungato periodo di affidamento del minore.
l’art. 4 introduce la possibilità di adozione del
minore orfano di entrambi i genitori ipotesi prevista
dall'articolo 44, comma 1, lettera a) della legge 4
maggio 1983, n. 184 (Titolo IV - Dell'adozione in
casi particolari - Capo I - Dell'adozione in casi
particolari e dei suoi effetti), non solo da parte di
“persone unite al minore da vincolo di parentela
fino al sesto grado o da preesistente rapporto
stabile e duraturo” ma anche da parte di chi, pur
non essendo legato da parentela, abbia maturato
una relazione continuativa con il minore,
nell’ambito di un prolungato periodo di
affidamento.
Rapporti tra
servizi, tutore e
operatori del privato sociale
Nel 2000 la Legge n.328/2000 “Legge quadro
per la realizzazione del sistema integrato di
interventi e servizi sociali” ha introdotto un
grande cambiamento all’interno della
gestione dei servizi sociali nel nostro Paese:
molte delle attività di cura e di sostegno
sociale (comunità, case famiglia, sportelli di
ascolto, centri educativi) che prima erano
svolte dai servizi sanitari pubblici, vengono
attualmente affidate a enti del Privato Sociale
scelti e finanziati attraverso bandi di gara.
Finalità della cooperazione sociale è quella
di "perseguire l'interesse generale della
comunità alla promozione umana e
all'integrazione sociale dei cittadini attraverso:
Sussidiarietà è un parola chiave per le politiche
di welfare il termine significa “portare aiuto” e
si declina in due tipologie:
♦ sussidiarietà orizzontale
♦ sussidiarietà verticale
Si parla di sussidiarietà verticale quando i bisogni
dei cittadini sono soddisfatti dall'azione degli enti
amministrativi pubblici,
e
di sussidiarietà orizzontale quando tali bisogni sono
soddisfatti dai cittadini stessi, magari in forma
associata e\o volontaristica.
Il principio di sussidiarietà è stato recepito
nell'ordinamento italiano con l'art. 118 della
Costituzione e nella legge di attuazione del 5
giugno 2003, n. 131.
Da tutto quanto sin qui detto, risulta inequivocabile
che:
Servizi, tutore e privato sociale fanno parte,
per quanto ci occupa, della medesima rete
di tutela del minore, e tale obbiettivo può
essere raggiunto unicamente con un
equilibrato rapporto che tenga conto delle
peculiariatà, delle specificità e dei ruoli di
ciascuno di essi.
Poteri/doveri del pubblico
ufficiale e dell’incaricato di
pubblico servizio
Un pubblico ufficiale, ai sensi della legge italiana,
è una persona che eserciti una funzione pubblica
legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione
amministrativa disciplinata da norme di diritto
pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla
formazione e dalla manifestazione della volontà
della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi
per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.
La figura di pubblico ufficiale si distingue, anche se
spesso non senza confusioni, da quella di
incaricato di pubblico servizio.
Tra i pubblici ufficiali rientrano:
* Gli impiegati civili della P.A.: ad esempio gli ufficiali
dell'anagrafe, dello stato civile e tutti coloro che
espletano le funzioni amministrative dello Stato
demandate ai comuni, previo giuramento e delega
del sindaco;
* Il dirigente scolastico e gli insegnanti
• L’assistente sociale di un ente pubblico quando
opera ai sensi dell'articolo 344 c. 2, c.c.;
* Il Sindaco quale ufficiale del governo;
Sono quindi da considerarsi pubblici ufficiali,
coloro che:
concorrono a formare la volontà di una pubblica
amministrazione;
sono muniti di poteri:
◦
◦
◦
◦
◦
decisionali;
di certificazione;
di attestazione;
di coazione (Cass. Pen. Sez. VI 81/148796);
di collaborazione, anche saltuaria (Cass. Pen. Sez. VI
n. 84/166013).
Poteri tipici del pubblico ufficiale sono:
assumere informazioni;
ispezionare cose e luoghi, con l'esclusione
della privata dimora;
effettuare rilievi segnaletici, descrittivi e
fotografici;
eseguire il sequestro cautelare delle cose
oggetto di una confisca amministrativa;
sequestrare il veicolo o il natante privo
dell'assicurazione o della carta di circolazione
I pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio
devono denunciare all'autorità giudiziaria o ad
un'altra autorità che a quella abbia l'obbligo di
riferire, la notizia di ogni reato perseguibile d'ufficio
di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio o a
causa delle loro funzioni o del loro servizio
Il pubblico ufficiale e l'incaricato di pubblico servizio
non possono adempiere agli atti di polizia
giudiziaria salvo specifica delega e incarico
dell'Autorità Giudiziaria, al contrario di coloro che
possiedono la qualifica di ufficiale di polizia
giudiziaria
Incaricato di pubblico servizio
chi, pur non essendo propriamente un
pubblico ufficiale con le funzioni proprie di
tale status (certificative, autorizzative,
deliberative), svolge comunque un servizio
di pubblica utilità presso organismi
pubblici in genere.
Tale soggetto soggiace agli obblighi di
legge a carico del pubblico ufficiale pur
non avendo appieno i poteri di
quest'ultimo.
« Agli effetti della legge penale, sono incaricati
di un pubblico servizio coloro i quali, a
qualunque titolo, prestano un pubblico
servizio.
Per pubblico servizio deve intendersi un'attività
disciplinata nelle stesse forme della pubblica
funzione, ma caratterizzata, dalla mancanza
dei poteri tipici di quest'ultima, e con
esclusione dello svolgimento di semplici
mansioni di ordine e della prestazione di
opera meramente materiale. »
Diritti individuali
e
Diritti sociali/specifici
del minore
I diritti dei minori sono stati riconosciuti
solennemente, soltanto, nel 1989 dall'ONU
con l'approvazione della Convenzione sui
diritti dell'infanzia.
Il punto di partenza è stato, nel 18° secolo, la
dottrina dei diritti dell'uomo. Si è pensato che
attribuire ai minori diritti legali (di protezione,
assistenza, partecipazione) fosse il modo
migliore per tutelarli, favorirne il benessere,
promuoverne la partecipazione e la
cittadinanza sociale.
diritti individuali di cui il minore è portatore sono:
il diritto alla vita, inteso non solo come diritto alla
vita fisica, ma anche come diritto ad uno sviluppo
globale della personalità;
il diritto alla propria identità, attraverso il
riconoscimento delle appartenenze (il nome, la
nazionalità) e delle proprie peculiarità e
aspirazioni;
il diritto alle varie libertà essenziali affinché l'uomo
possa porsi in relazione con gli altri (libertà di
manifestare il pensiero, libertà di coscienza e di
religione, libertà di associazione);
.
il diritto ad essere protetto e tutelato da ogni forma
di sfruttamento, di maltrattamento e di abuso;
il diritto ad avere un ambiente familiare valido che
consenta al minore di strutturare la propria
personalità in modo adeguato, attraverso un
rapporto relazionale intenso;
il diritto alla tutela della propria privacy, affinché il
delicato percorso di crescita e formazione del
minore non sia turbato da agenti esterni;
il diritto all'educazione, che racchiude tutti gli altri
diritti, inteso come il diritto ad ottenere tutto il
materiale necessario per la costruzione di una
personalità matura ed adulta
diritti sociali del minore:
diritto all'istruzione
al lavoro
alla salute
all'assistenza
allo svago
alla protezione da ogni genere di sfruttamento
alla regolare socializzazione
all'eventuale risocializzazione se si è interrotto o
deviato l'itinerario formativo
Grazie!