La tutela del minore
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La tutela del minore
Regione del Veneto AZIENDA UNITA' LOCALE SOCIO-SANITARIA N.14 Sede Centrale: 30015 Chioggia, Strada Madonna Marina 500 - C.F./P.I. 02798310278 Dipartimento Risorse Umane – Ufficio Formazione e Aggiornamento del Personale Età: una delle condizioni che modificano la capacità giuridica, (chi si trova al di sotto di una certa età, pure essendo soggetto di diritti, non ha la facoltà di esercitarli da solo, cioè non ha la capacità di agire) Capacità giuridica, suscettibilità di un soggetto ad essere titolare di diritti e doveri o più in generale di situazioni giuridiche soggettive. Si acquista con la nascita. Riconosciuta per il solo fatto della nascita (art. 1 c.c.), anche se immediatamente dopo la nascita dovesse seguire la morte o il nato sia destinato a morte sicura. Capacità di agire idoneità del soggetto a porre in essere atti giuridici validi, esercitando in questo modo i suoi diritti e adempiendo ai suoi doveri, senza l'interposizione di altri soggetti di diritto. La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa. possesso della capacità legale d'agire = requisito di validità degli atti negoziali (capacità negoziale), annullabili se il soggetto che li ha posti in essere era sprovvisto di tale qualità nel momento in cui li ha compiuti. Gli atti negoziali stipulati dal soggetto capace d'agire, a prescindere dalla sua effettiva maturità psicofisica, sono validi, salvo l’incapacità naturale o di fatto nel momento del compimento Deroghe al principio sancito dall'articolo 2 c.c. nelle ipotesi in cui la legge ammette eccezionalmente anche i minorenni a concludere atti negoziali validi. I soggetti infradiciottenni sono inoltre ammessi a concludere i piccoli negozi della vita quotidiana consistenti in contratti aventi modico valore economico, salvo il caso in cui questi possano arrecare pregiudizio agli interessi del minore. Presunzione giuridica che il minore, concludendo il negozio, non agisca in nome proprio, ma in quello dei genitori. Sempre l'articolo 2 c.c., al secondo e al terzo comma – introdotti dalla legge n. 39/1975 –, fa salve le «leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro» e ammette il minore a esercitare i «diritti e le azioni che dipendono dal contratto di lavoro». Ai sensi dell’articolo 84, comma 2, c.c., su istanza dell'interessato, il Tribunale per i Minorenni, in casi eccezionali può ammettere al matrimonio chi abbia compiuto i sedici anni d'età, costituendosi quindi ipso iure l’emancipazione, consistente in un periodo intermedio di limitata capacità d'agire La legge 219/2012 e il successivo decreto legislativo 154/2013 hanno apportato notevoli modifiche, in punto “età a cui il minore è chiamato ad esprimere il suo assenso o consenso, o comunque è, di fatto, chiamato ad “esserci” Deliberazioni del giudice tutelare Il giudice tutelare, per deliberare sul luogo dove il minore deve vivere e sul suo avviamento agli studi, all’esercizio di un’arte, mestiere, professione, deve sentire il minore che ha compiuto 10 anni e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento Art. 371 c.c. Affidamento deve essere sentito il minore che ha compiuto 12 anni e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Art. 4 L. 184/1983 Affidamento preadottivo deve essere sentito il minore che ha compiuto 12 anni e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il minore che ha compiuto i 14 anni deve dare espresso consenso all’affidamento alla coppia prescelta. Art. 22 L 184/1983 Adozione Il minore che ha compiuto i 12 anni e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, deve essere sentito per la conferma, modifica o la revoca dei provvedimenti urgenti assunti dal Tribunale al momento dell’apertura di un provvedimento relativo allo stato di abbandono del minore. Per emettere la sentenza di adottabilità, il Tribunale deve sentire il minore che ha compiuto i 12 anni e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Se l’adottando ha compiuto i 12 anni deve essere sentito. Se ha un’età inferiore, deve essere sentito in considerazione della sua capacità di discernimento. Il minore che ha compiuto i 14 anni non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso. Artt. 10; 15; 7; 45 L 184/1983 Imputabilità penale Il minore di 14 anni non è imputabile. Per il minore di età compresa tra i 14 e i 18 anni, l’imputabilità va stabilita dal giudice in relazione alla capacità di intendere e volere del minore e al reato commesso. Artt. 97, 98 c.p. Querela Il minore che ha compiuto i 14 anni può esercitare il diritto di querela. Art. 120 c.p. Curatore speciale L’età non è indicata. Il minore che deve essere rappresentato o assistito può chiedere la nomina di un curatore speciale. Art. 78 c.p.c. Lavoro Per accedere al lavoro il minore deve avere compiuto i 15 anni e abbia assolto l’obbligo formativo. L. 977/1967 Matrimonio Il Tribunale per i minorenni può, per gravi motivi, ammettere al matrimonio il minore che ha compiuto i 16 anni, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte e sentiti il pubblico ministero, i genitori o il tutore. Il minore ammesso a contrarre matrimonio ha la capacità di dare il suo consenso alle convenzioni matrimoniali, che sono valide se è stato assistito da un genitore esercente la responsabilità genitoriale o dal tutore o da un curatore speciale nominato dal Tribunale. Il minore che ha contratto matrimonio è emancipato e acquista una ridotta capacità di agire. Art. 84 c.c; Art. 164 c.c.; Artt. 390, 394 c.c. Riconoscimento del figlio naturale Il minore che ha compiuto i 14 anni deve dare l’assenso al suo riconoscimento perché sia valido. Se il minore ha meno di 14 anni, l’assenso è dato dall’altro genitore che lo ha già riconosciuto. Il minore che è stato così riconosciuto non può impugnare il riconoscimento finché non raggiunge la maggiore età. Il minore che ha compiuto i 14 anni deve dare il suo consenso alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità. Il minore può riconoscere il proprio figlio solo al compimento dei 16 anni, salvo che il giudice non li autorizzi prima, valutate le circostanze e avuto riguardo all’interesse del figlio. Art. 250 c.c.; Art.264 c.c.; Art. 264 c.c.; Art. 250 c.c. Divorzio L’adozione di provvedimenti presidenziali è subordinata al preventivo ascolto del minore che abbia compiuto 12 anni o che sia comunque capace di discernimento. Art. 4 L. divorzio Nomina del tutore Il giudice, prima della nomina del tutore, deve sentire il minore che ha compiuto i 12 anni o anche di età inferiore se capace di discernimento Art. 348 c.c. Si può dunque dire che sia stata data attuazione a quanto disposto nelle fonti sovranazionali: Convenzione di New York, 1989/1991 Convenzione di Strasburgo, 1996/2003 Carta dei diritti fondamentali dell’U.E., 2000/2007 (trattato di Lisbona) Regolamento CE 2201/2003 Linee guida europee 2010 per una giustizia child friendly L. 219/2012 // D. Lgvo 154/2013 • • • • Riforma la materia della filiazione “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico” Delega il governo ad eliminare qualsiasi discriminazione Ridefinisce le competenze dei Tribunali ordinari e dei Tribunali per i Minorenni Detta disposizioni a garanzia del diritto dei figli agli alimenti ed al mantenimento Integrato il concetto di responsabilità genitoriale, con richiamo ai diritti e doveri del figlio, facendo riferimento al nuovo art. 315bis c.c.. Diritti del minore: a) a essere mantenuto, educato, istruito, assistito moralmente b) a crescere in famiglia e a mantenere significativi rapporti con i parenti c) a essere ascoltato in tutte le questioni e procedure che lo riguardano d) a non adempiere agli obblighi alimentari nei confronti del genitore decaduto e) a mantenere un significativo rapporto con entrambi i genitori in caso di separazione Al minore viene quindi attribuito un ruolo attivo, allorché debba essere presa una decisione che lo riguarda, che si traduce nel diritto del minore ad esprimere la propria opinione mediante interlocuzione con i soggetti adulti chiamati a decidere nel suo interesse. La valutazione dell’interesse, seppure rimessa al Giudice, dovrà essere fatta non in modo astratto e precostituito, bensì attraverso la seria considerazione dell’opinione espressa dal minore Laddove, quindi, i diritti sopra evidenziati vengano violati, ovvero laddove chi esercita la responsabilità genitoriale violi o trascuri i doveri ad essa inerenti, o sia pregiudizievole al figlio, la forma di tutela passa attraverso la richiesta di applicazione degli artt. 330 e 333 c.c., che danno, se del caso, origine ai cd. procedimenti de potestate, oltre che degli ordini di protezione e/o di allontanamento. Esito successivo al mancato assoluto recupero della disfunzionalità genitoriale è, invece, il procedimento dichiarativo dello stato di adottabilità. Tutela – doppia valenza Da un lato, l’impianto normativo, sia nazionale che internazionale, che garantisce al minore una serie di diritti ineludibili, sanzionando chi li viola. Dall’altro, funzione di rappresentanza, in tutti quei casi in cui i genitori siano incapaci di garantire ai figli proprio ciò che quell’impianto normativo prevede. La tutela PRESUPPOSTI (art. 343 c.c.): Incapacità d’agire del minore Responsabilità sociale della cura e della protezione dei minori Dai pupilli orfani titolari di ingenti patrimoni … alle tutele dei minori seguiti dai servizi sociali (situazioni di disagio/pregiudizio) Diverso contesto sociale e culturale Evoluzione diritto di famiglia e minorile Riconoscimento diritti dei minori di età Interpretazione delle norme del Codice: Evoluzione ruolo e funzioni del tutore Nuova idea di tutela legale: da “burocratica” a “sostanziale” Nuova idea di tutore legale: da “istituzionale” a “ad personam” Art. 343 c.c. - minore orfano di entrambi i genitori o del genitore che lo aveva riconosciuto (causa esplicita) - minore figlio di genitori che per “ALTRE CAUSE” non possono esercitare la potestà genitoriale QUALI SONO OGGI LE “ALTRE CAUSE”? Minore abbandonato alla nascita o non riconosciuto Sospensione o decadenza dei genitori dalla potestà Dichiarazione di adottabilità del minore Incapacità dei genitori per minore età o interdizione Lontananza o irreperibilità dei genitori (msna) Il TRIBUNALE PER I MINORENNI (procedimenti dichiarativi dello stato di adottabilità (art. 19 L. 184/1983) Il GIUDICE TUTELARE del Tribunale del circondario dove è la sede principale degli affari e interessi del minore (art. 343 codice civile) Significato e valore del giuramento Tempi previsti e reali Verbale di giuramento Che cos’è Come si fa Attualità dell’inventario Il tutore ha la cura della persona del minore Lo rappresenta in tutti gli atti civili Ne amministra i beni Quale cura compete al tutore? Servizi sociali Comunità Famiglia affidataria Minore d’età Altri soggetti Scuola, questura, ASL Autorità giudiziaria Tutore = esercente la potestà ma non ha l’autonomia del genitore perché risponde al giudice e, per alcuni atti, necessita della sua autorizzazione Tutore = rappresentante dell’interesse del minore Qual è l’interesse del minore? Tutore come portavoce del minore Convenzione di Strasburgo: informare il minore, informare il giudice dell’opinione del minore, spiegare al minore le conseguenze delle opinioni espresse Art. 12, Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia diritto di esprimere liberamente la sua opinione possibilità di essere ascoltato Capacità di discernimento (valutazione, giudizio) ETA’ MATURITA’ CRINALE tra protezione e protagonismo Fare spazio al minore e al suo sentire/volere Far crescere la capacità di esercizio dei diritti e la responsabilità Responsabilità per danni cagionati dal minore a terzi o a se stesso RESPONSABILITA’ PENALE RESPONSABILITA’ CIVILE Non c’è mai perché la responsabilità penale è personale (art. 27 Cost.) Il tutore risponde se: Imputabilità del minore (artt.97 e 98 c.p. ) Il minore è con lui convivente (art. 2048 c.c.) Il minore, al momento del fatto, è sotto la sua sorveglianza (art. 2047 c.c.) La responsabilità per danni cagionati dal tutore al minore RESPONSABILITA’ PENALE RESPONSABILITA’ CIVILE Risponde sempre (ad es. in caso di lesioni, maltrattamenti, appropriazione indebita,…) Il tutore risponde se cagiona un danno ingiusto (per dolo o colpa) (Art. 27 Cost.) (art. 2043 c.c.) RESPONSABILITA’ LEGATA ALLA TUTELA Il tutore risponde se: abusa dei propri poteri trascura i propri doveri violando il dovere di diligenza (art. 382 c.c.) Il minore non riconosciuto alla nascita In base al nostro ordinamento, un neonato nato nel matrimonio o al di fuori di esso, può non diventare figlio di chi lo ha procreato. La legge italiana riconosce, infatti, alla donna tre importanti diritti 1) il diritto alla scelta sul riconoscimento: ogni donna ha diritto di scegliere se riconoscere come figlio il bambino da lei procreato; 2) il diritto all’informazione: ogni donna può ottenere assistenza psicologica e sanitaria prima del parto, durante il parto e dopo il parto, unitamente ad ogni genere di informazione che possa prospettare soluzioni realizzabili sia nel senso del riconoscimento che del non riconoscimento (diritto a partorire nel più assoluto anonimato e di non riconoscere il nascituro); ha inoltre diritto ad essere informata, in caso di incertezza sulla scelta da operare, sulla possibilità di usufruire di un ulteriore periodo di riflessione dopo il parto (della durata non superiore a due mesi), richiedendo al Tribunale per i minorenni la sospensione della procedura di adottabilità (art. 11, commi 2 e 3, della legge n. 184/1983) 3) il diritto al segreto del parto: per chi decide di non riconosce il proprio nato, la segretezza del parto deve essere garantita da tutti i servizi sanitari e sociali coinvolti; in questo caso, nell’atto di nascita del bambino, che deve essere redatto entro dieci giorni dal parto, risulta scritto “figlio di donna che non consente di essere nominata”. Norme: art. 30 d.p.r. n. 396/2000 La madre ha la facoltà di non essere nominata nell’atto di nascita art. 93 comma 2 del d.lgs. n. 196/2003 (Codice in materia di dati personali): consentito l’accesso al certificato di assistenza al parto o alla cartella clinica, che rendono identificabile la madre, solo dopo 100 anni dalla formazione del documento art. 28 L. 184/1983 (Diritto del minore ad una famiglia): l’accesso a informazioni che riguardino origine e identità dei genitori biologici di soggetti adottati non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata. Corte Costituzionale n. 278/2013 ha ribadito ancora una volta, in attesa di un apposito intervento legislativo, che laddove vi sia una richiesta specifica dell'adottato, l'Autorità Giudiziaria ha l'obbligo di procedere all'identificazione della madre biologica, in modo da poter consentire alla stessa di essere messa al corrente della volontà dell'adottato di conoscere le proprie origini ed eventualmente di rimuovere il segreto sulla propria identità. I diritti del bambino non riconosciuto Tutti i bambini, anche se non riconosciuti alla nascita, possiedono i diritti fondamentali: capacità giuridica (diritto al nome e alla cittadinanza) e diritto all' educazione. Entro 10 giorni dalla nascita il neonato non riconosciuto riceve un nome dallo Stato Civile del Comune di nascita e acquisisce la cittadinanza italiana. L’ufficiale di stato civile, ricevuta la comunicazione del non riconoscimento, attribuisce al neonato un nome e un cognome, procede alla formazione dell’atto di nascita e alla segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni per la sua dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge 184/83 Il Tribunale per i minorenni, ricevuta la segnalazione, provvede “immediatamente” alla dichiarazione dello stato di adottabilità “senza eseguire ulteriori accertamenti”, ai sensi dell’art.11, comma 2, della legge 184/83 s.m.i., e all’inserimento del minore nella famiglia adottiva ritenuta più idonea. 2 casi di sospensione di questa procedura: * su richiesta di chi afferma di essere uno dei genitori biologici, per non più di due mesi, “sempre che nel frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado o in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il genitore naturale” * quando il genitore biologico che non ha compiuto i 16 anni sia privo della capacità di riconoscere il figlio naturale; la procedura è rinviata anche d’ufficio sino al compimento del sedicesimo anno di età, permanendo in capo al genitore biologico la possibilità di avvalersi di un’ulteriore sospensione per altri due mesi a decorrere da questa data. Al neonato viene garantito così, il più rapidamente possibile, il diritto a una famiglia attraverso l'affidamento a una coppia adottiva; dopo un anno acquista, mediante l'adozione, lo status di figlio. L'adottato, a 25 anni, potrà risalire alle sue origini. Protocollo Ufficio del Pubblico Tutore dei Minori, oggi Garante dei Diritti della Persona con il Tribunale per i Minorenni, in relazione ai minori non riconosciuti alla nascita, ai fini di accelerare le dimissioni dall’Ospedale. Dopo l’entrata in vigore, infatti, delle ultime norme della L. 149/2001, infatti, si rischiava che il passaggio del procedimento di adottabilità da camerale a contenzioso, allungasse i tempi …. La procedura di adottabilità L. 4 maggio 1983, n. 184 così come modificata dalla L. 28 marzo 2001, n. 149 Diritto del minore ad una famiglia La condizione di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà, non può essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. Quelle condizioni devono superarsi attraverso interventi di sostegno e di aiuto. Il nuovo comma 2 dell'articolo 1 stabilisce che la circostanza per cui la famiglia di sangue versi in condizioni di indigenza non è motivo sufficiente a limitare o ostacolare il diritto del minore a restare nell'ambito della propria famiglia e a riceverne le cure. È anzi compito delle Istituzioni provvedere con interventi idonei e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili all'aiuto dei nuclei familiari a rischio. Il comma 3 dell'art. 1, perciò attribuisce allo Stato, alle regioni e agli enti locali la competenza per quel che riguarda gli "interventi di sostegno e di aiuto". Il legislatore ha precisato che: * i detti enti (appunto: Stato, regioni e enti locali) devono porre in essere "idonei interventi"; * tali interventi devono essere realizzati "nel rispetto della loro autonomia"; * gli interventi stessi devono avvenire "nei limiti delle risorse finanziarie disponibili". La nozione di abbandono presupposto imprescindibile per la dichiarazione di adottabilità del minore L. 184/1983: Non definisce in maniera precisa e circostanziata quale sia la condizione del minore che si trova in uno stato di abbandono; adotta una clausola generale che lasci al giudice e all'interprete una valutazione più adatta alle diverse realtà e alle condizioni personali, sociali e ambientali del singolo caso che a loro si presenta. L. 149/2001: non ha codificato la definizione di abbandono in ipotesi specifiche, nonostante da molte parti si invocasse tale introduzione. Art. 8 L. 184/1983, I comma, come modificato dalla legge n. 149/2001 "Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio". La L. 149/2001 riforma il procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità. Di tutto il percorso giudiziario che conduce all'adozione del minore in stato di abbandono la fase in cui viene pronunciata l'adottabilità dello stesso è la più delicata e complessa. Con la definizione di tale dichiarazione, infatti, viene stabilita l'inidoneità della famiglia biologica all'educazione e all'allevamento del proprio figlio, la drastica e irreversibile rottura dei rapporti fra essi e il futuro inserimento del minore in una famiglia degli affetti. Secondo quanto stabilito dal legislatore del 1983 il procedimento per la dichiarazione di adottabilità era composto da due fasi. La prima, svolta dal giudice delegato, era di carattere non contenzioso e si concludeva con il decreto di adottabilità o di non luogo a provvedere per mancanza dell'abbandono. La seconda, invece, di opposizione al suddetto decreto, costituiva un vero proprio giudizio contenzioso ed era naturalmente eventuale. Questa struttura è stata profondamente riformatadalla legge n. 149/2001: le due fasi sono state riunite in unico procedimento, dominato per intero e sin dall'inizio dal principio del contraddittorio. Chiunque può segnalare all'autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità devono riferire al più presto al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono, delle quali hanno notizia in ragione del proprio ufficio. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, assunte informazioni, chiede al Tribunale, con ricorso, di dichiarare l'adottabilità di quei minori segnalati o collocati presso le comunità di tipo familiare o gli istituti di assistenza pubblici o privati o presso una famiglia affidataria, che siano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi. L'organo destinatario di tali segnalazioni, dunque, non è più il tribunale bensì il procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minorenni. Le forme per fare acquisire a quest'ultimo la conoscenza sono: la segnalazione facoltativa da parte di chiunque (art. 9, comma 1, prima parte); l'obbligo di riferire posto a carico dei pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio ed esercenti un servizio di pubblica necessità (art.9, comma 1, seconda parte); l'obbligo di trasmettere un elenco di tutti i minori ricoverati presso istituti di assistenza pubblici o privati a carico dei predetti istituti (art. 9, comma 2); la segnalazione obbligatoria a carico di chi, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente un minore per oltre sei mesi (art. 9, comma 4); la segnalazione obbligatoria a carico del genitore che affidi per oltre sei mesi il proprio figlio a chi non sia parente entro il quarto grado (art. 9, comma 5). L'inadempimento a questi vari obblighi è sanzionato civilmente e penalmente. Il procedimento di adottabilità, in base alla nuova legge sull'adozione, deve svolgersi fin dall'inizio con l'assistenza legale del minore, dei genitori o degli altri parenti (art. 8, c. 4, e art. 10, c. 2, L. 184/83, pena la nullità degli atti posti in essere senza (difesa d’ufficio). L’entrata in vigore di quest’ultima norma nel luglio 2007 risponde al principio del giusto processo (art. 111 Cost.) Nelle procedure de potestate la legge si limita a stabilire che il minore e i genitori siano assistiti da un avvocato. Ai sensi del primo comma dell'art. 15, nel testo riformato dall'art. 14 della legge n. 149/2001, al termine delle indagini e degli accertamenti, il Tribunale per i Minorenni procede alla dichiarazione di adottabilità, se è confermata la situazione di privazione di assistenza morale e materiale, se lo stato di abbandono si presenta come irreversibile Alla dichiarazione dello stato di adottabilità il Tribunale per i minorenni provvede dopo aver sentito oltre che i genitori e i parenti, se comparsi, il pubblico ministero, il rappresentante dell'istituto o comunità di tipo familiare presso cui il minore è collocato, o la persona cui egli è affidato, nonché il tutore, se esiste. Come già detto, deve essere sentito anche lo stesso minore, se ha compiuto i dodici anni o anche di età inferiore se lo si ritiene sufficientemente maturo. Lo stato di adottabilità si pronuncia con sentenza, che passerà in giudicato decorsi 30 giorni dalla data di notifica. Con la pronuncia dello stato di adottabilità: viene sospesa la responsabilità genitoriale dei genitori; il giudice nomina un tutore al minore, stante l’intercorsa sospensione della responsabilità genitoriale dei genitori. Sempre in ambito di adottabilità….. la recente Legge 19 ottobre 2015, n. 173, diretta a modificare la L. 4 maggio 1983, n. 184: riconosce il diritto alla continuità dei rapporti affettivi dei minori in affido familiare; composta da quattro articoli, incentrati sul diritto dei minori in affido familiare alla continuità affettiva. All’art. 1 sono inseriti tre nuovi commi: 5bis, 5ter e 5quater. il comma 5bis, prevede che, qualora la famiglia affidataria chieda di poter adottare il minore, il tribunale per i minorenni nel decidere sull'adozione, dovrà considerare i legami affettivi ed il rapporto consolidato tra il minore e la famiglia affidataria. A norma del comma 5ter, è sancita una tutela alle relazioni socioaffettive consolidatesi durante l'affidamento anche quando, dopo un periodo di affidamento, il minore torni nella famiglia di origine o venga affidato oppure adottato da altra famiglia Il comma 5quater stabilisce che il giudice, nel decidere sull’adozione del minore, dovrà tener presente le valutazioni dei servizi sociali, ascoltando il minore di dodici anni, o di età inferiore, “se capace di discernimento”. L’art. 2 introduce un’ipotesi di nullità, precedentemente non contemplata, nel caso in cui la famiglia affidataria o collocataria, non venga consultata, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità del minore affidato. L’art. 3 aggiunge il comma 1bis al comma 1 dell'articolo 25 della legge 4 maggio 1983, n. 184, prevedendo l’applicazione della procedura per la dichiarazione di adottabilità anche all’ipotesi di prolungato periodo di affidamento del minore. l’art. 4 introduce la possibilità di adozione del minore orfano di entrambi i genitori ipotesi prevista dall'articolo 44, comma 1, lettera a) della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Titolo IV - Dell'adozione in casi particolari - Capo I - Dell'adozione in casi particolari e dei suoi effetti), non solo da parte di “persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo” ma anche da parte di chi, pur non essendo legato da parentela, abbia maturato una relazione continuativa con il minore, nell’ambito di un prolungato periodo di affidamento. Rapporti tra servizi, tutore e operatori del privato sociale Nel 2000 la Legge n.328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” ha introdotto un grande cambiamento all’interno della gestione dei servizi sociali nel nostro Paese: molte delle attività di cura e di sostegno sociale (comunità, case famiglia, sportelli di ascolto, centri educativi) che prima erano svolte dai servizi sanitari pubblici, vengono attualmente affidate a enti del Privato Sociale scelti e finanziati attraverso bandi di gara. Finalità della cooperazione sociale è quella di "perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso: Sussidiarietà è un parola chiave per le politiche di welfare il termine significa “portare aiuto” e si declina in due tipologie: ♦ sussidiarietà orizzontale ♦ sussidiarietà verticale Si parla di sussidiarietà verticale quando i bisogni dei cittadini sono soddisfatti dall'azione degli enti amministrativi pubblici, e di sussidiarietà orizzontale quando tali bisogni sono soddisfatti dai cittadini stessi, magari in forma associata e\o volontaristica. Il principio di sussidiarietà è stato recepito nell'ordinamento italiano con l'art. 118 della Costituzione e nella legge di attuazione del 5 giugno 2003, n. 131. Da tutto quanto sin qui detto, risulta inequivocabile che: Servizi, tutore e privato sociale fanno parte, per quanto ci occupa, della medesima rete di tutela del minore, e tale obbiettivo può essere raggiunto unicamente con un equilibrato rapporto che tenga conto delle peculiariatà, delle specificità e dei ruoli di ciascuno di essi. Poteri/doveri del pubblico ufficiale e dell’incaricato di pubblico servizio Un pubblico ufficiale, ai sensi della legge italiana, è una persona che eserciti una funzione pubblica legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi. La figura di pubblico ufficiale si distingue, anche se spesso non senza confusioni, da quella di incaricato di pubblico servizio. Tra i pubblici ufficiali rientrano: * Gli impiegati civili della P.A.: ad esempio gli ufficiali dell'anagrafe, dello stato civile e tutti coloro che espletano le funzioni amministrative dello Stato demandate ai comuni, previo giuramento e delega del sindaco; * Il dirigente scolastico e gli insegnanti • L’assistente sociale di un ente pubblico quando opera ai sensi dell'articolo 344 c. 2, c.c.; * Il Sindaco quale ufficiale del governo; Sono quindi da considerarsi pubblici ufficiali, coloro che: concorrono a formare la volontà di una pubblica amministrazione; sono muniti di poteri: ◦ ◦ ◦ ◦ ◦ decisionali; di certificazione; di attestazione; di coazione (Cass. Pen. Sez. VI 81/148796); di collaborazione, anche saltuaria (Cass. Pen. Sez. VI n. 84/166013). Poteri tipici del pubblico ufficiale sono: assumere informazioni; ispezionare cose e luoghi, con l'esclusione della privata dimora; effettuare rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici; eseguire il sequestro cautelare delle cose oggetto di una confisca amministrativa; sequestrare il veicolo o il natante privo dell'assicurazione o della carta di circolazione I pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio devono denunciare all'autorità giudiziaria o ad un'altra autorità che a quella abbia l'obbligo di riferire, la notizia di ogni reato perseguibile d'ufficio di cui siano venuti a conoscenza nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio Il pubblico ufficiale e l'incaricato di pubblico servizio non possono adempiere agli atti di polizia giudiziaria salvo specifica delega e incarico dell'Autorità Giudiziaria, al contrario di coloro che possiedono la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria Incaricato di pubblico servizio chi, pur non essendo propriamente un pubblico ufficiale con le funzioni proprie di tale status (certificative, autorizzative, deliberative), svolge comunque un servizio di pubblica utilità presso organismi pubblici in genere. Tale soggetto soggiace agli obblighi di legge a carico del pubblico ufficiale pur non avendo appieno i poteri di quest'ultimo. « Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata, dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale. » Diritti individuali e Diritti sociali/specifici del minore I diritti dei minori sono stati riconosciuti solennemente, soltanto, nel 1989 dall'ONU con l'approvazione della Convenzione sui diritti dell'infanzia. Il punto di partenza è stato, nel 18° secolo, la dottrina dei diritti dell'uomo. Si è pensato che attribuire ai minori diritti legali (di protezione, assistenza, partecipazione) fosse il modo migliore per tutelarli, favorirne il benessere, promuoverne la partecipazione e la cittadinanza sociale. diritti individuali di cui il minore è portatore sono: il diritto alla vita, inteso non solo come diritto alla vita fisica, ma anche come diritto ad uno sviluppo globale della personalità; il diritto alla propria identità, attraverso il riconoscimento delle appartenenze (il nome, la nazionalità) e delle proprie peculiarità e aspirazioni; il diritto alle varie libertà essenziali affinché l'uomo possa porsi in relazione con gli altri (libertà di manifestare il pensiero, libertà di coscienza e di religione, libertà di associazione); . il diritto ad essere protetto e tutelato da ogni forma di sfruttamento, di maltrattamento e di abuso; il diritto ad avere un ambiente familiare valido che consenta al minore di strutturare la propria personalità in modo adeguato, attraverso un rapporto relazionale intenso; il diritto alla tutela della propria privacy, affinché il delicato percorso di crescita e formazione del minore non sia turbato da agenti esterni; il diritto all'educazione, che racchiude tutti gli altri diritti, inteso come il diritto ad ottenere tutto il materiale necessario per la costruzione di una personalità matura ed adulta diritti sociali del minore: diritto all'istruzione al lavoro alla salute all'assistenza allo svago alla protezione da ogni genere di sfruttamento alla regolare socializzazione all'eventuale risocializzazione se si è interrotto o deviato l'itinerario formativo Grazie!