Minori ed internet tra problematiche e strategie di

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Minori ed internet tra problematiche e strategie di
Minori e internet: tra problematiche e strategie di prevenzione.
Una delle questioni di cui non si finisce mai di parlare e che diventa giorno dopo giorno uno
degli argomenti più scottanti sia per le famiglie che per gli operatori del diritto, è quella che vede al
suo centro la tutela dei soggetti minorenni nell’utilizzo del computer connesso ad internet. Da
tempo, ormai, tutte le forze politico-giuridiche, nazionali ed internazionali, nonché associazioni,
movimenti e tecnici informatici a livello mondiale, stanno cercando di unire le proprie forze al fine
di porre in essere strategie concrete che possano salvaguardare il minore, che spesso inconsapevole
del marcio che può invadere un essere umano e il mondo del web, inizia a muoversi nel mondo dei
portali telematici.
È circa dalla seconda metà degli anni novanta che Internet è entrato prepotentemente nelle
nostre case rivoluzionando la nostra quotidianità. La tecnologia internet, infatti, è riuscita a creare
una rete di comunicazioni istantanee potenzialmente infinite e continue che non facilmente si riesce
a circoscrivere ad un singolo Stato. Quanto può essere oggetto di divieto nei paesi più garantisti,
infatti, potrebbe essere consentito invece in altri.
Da questo deriva l’estrema difficoltà di presentare ai minori un web ‘disciplinato’, con la
conseguente ed altrettanto estrema difficoltà di verificare e regolamentare tutti i contenuti che
transitano in esso. I più piccoli, pertanto, che si approcciano anche per la prima volta ad una
navigazione isolata e, quindi non ‘disciplinata’ e per questo insidiosa, mediante l’utilizzo di
personal computer, possono divenire facilmente oggetto di truffe o, peggio ancora, di molestie
sessuali e non.
Ecco perché i codici di condotta degli operatori del diritto e della politica, i software
programmati ad hoc dai tecnici informatici, nonché le forze dell’ordine e le associazioni portavoci
delle esigenze di diverse famiglie in difficoltà, se uniti verso questa specifica tutela possono essere
di grande ausilio. Prima di tutto però, forse un’effettiva protezione dei minori sul web dovrebbe,
partire dalla creazione di una vera e propria cultura della sicurezza che, attraverso gli adulti deve
essere trasferita ai più piccoli. Si vuol fare qui riferimento a regole o indicazioni base che in primis i
genitori e gli insegnati, svolgendo la propria funzione educativa, dovrebbero impartire ai minorenni
nel caso in cui dessero loro a disposizione un computer anche solo per effettuare una semplice
ricerca scolastica1. Aiutare, insomma, i minori a conoscere progressivamente la vita e ad
affrontarne i problemi ed i pericoli mediante anche un corretto utilizzo delle risorse presenti sulla
rete telematica, dovrebbe essere l’obiettivo specifico di queste figure educative. Tutto questo per
cercare di prevenire sin da subito le principali insidie connesse alla navigazione, come i fenomeni di
pedofilia e pedopornografia, ma anche di violenza e di truffe perpetrate a mezzo Internet. Alcune
tecniche di prevenzione efficace sono anche state espressamente previste dal Codice di
autoregolamentazione Internet e Minori sottoscritto nel 2003 dall’AIIP (Associazione Italiana
Internet Providers), ANFoV, Associazione per la convergenza nei servizi di comunicazione,
Assoprovider (Associazione Provider Indipendenti), la Federcomin (Federazione delle imprese
1
Tali raccomandazioni potrebbero riguardare per esempio il divieto di “comunicare a nessuno, senza il consenso dei
genitori, i propri dati, il proprio indirizzo di casa, il numero di telefono, l’indirizzo della scuola che frequentano, le
proprie password (neanche agli amici e compagni di scuola)”; o di “prendere appuntamento con persone conosciute in
Internet, anche se dicono di essere loro coetanei, senza avere il permesso dei loro genitori che, in ogni caso dovranno
essere
sempre
presenti
all’incontro.”
Per
un
ulteriore
approfondimento
si
veda
www.scuolamediaaosta.org/files/guida_internet_minori.pdf.
delle Comunicazioni e dell’informatica), nonché dall’allora Ministro delle Comunicazioni,
Maurizio Gasparri, e del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca.
Tra gli obiettivi e le finalità che con la stesura del Codice si è pensato di raggiungere viene
contemplato l’aiuto “agli adulti, ai minori e alle famiglie ad un uso corretto e consapevole della rete
telematica, tenendo conto delle esigenze del minore”; la predisposizione di “apposite tutele atte a
prevenire il pericolo che il minore venga in contatto con contenuti illeciti o dannosi per la sua
crescita”; la promozione di “un accesso sicuro per il minore alle risorse di rete”; la tutela del diritto
del minore alla riservatezza ed al corretto trattamento dei propri dati personali; l’assicurare, nel
rispetto dell’ordinamento vigente, “una collaborazione piena alle autorità competenti nella
prevenzione, nel contrasto e nella repressione della criminalità informatica ed in particolare nella
lotta contro lo sfruttamento della prostituzione, la pornografia ed il turismo sessuale in danno di
minori, attuati tramite l’utilizzo della rete telematica”; “l’agevolare, nel rispetto dell’art. 9 del
Decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 - Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni
aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico,
nel mercato interno, la tutela del minore nei confronti delle informazioni commerciali non
sollecitate o che sfruttino la debolezza del minore, ovvero, secondo quanto previsto all’art. 130 del
Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, nei confronti delle comunicazioni indesiderate”; e infine
il diffondere presso gli operatori e le famiglie il contenuto del Codice di autoregolamentazione
stesso2.
È bene non dimenticare che il diritto del minore ad uno sviluppo equilibrato viene riconosciuto
dall’ordinamento giuridico nazionale e internazionale. Basti ricordare agli articoli della nostra
Costituzione che riguardano, direttamente o indirettamente, l’infanzia e la gioventù (artt. 30, 31, 2,
3, 21, 34, 37 Cost.it.)3 o la Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo, adottata a New
York dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 19894, e ratificata ai sensi della
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È quanto previsto nel già citato “Codice di autoregolamentazione internet e minori”,
www.promo.it/supporto/codiceinternetminori.pdf.
3
Il minore viene concepito come un soggetto debole, anche se l’enfasi del Costituente non si è concentrata tanto sui
diritti del minore, quanto semmai sui doveri nei confronti del minore, doveri che ricadono sui genitori, sui pubblici
poteri e, in ultima analisi, sull’intera collettività. È sempre visto nelle sue relazioni con altri soggetti, dai quali ci si
aspetta che possa trovare un valido sostegno e riferimento per il corretto sviluppo della sua personalità. È un cittadino,
un soggetto di diritti che deve essere protetto da tutti i tipi contenuti illeciti o dannosi che possano nuocere alla sua
integrità psichica e morale.
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Cronologicamente essa è il primo atto di rilievo che corona il percorso tracciato a livello internazionale a partire dalla
Dichiarazione di Ginevra del 1924 sui Diritti del Fanciullo e dalla Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo adottata
dall’Assemblea Generale il 20 novembre 1959, e proseguito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, dal
Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e dal Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e
culturali, nonché dagli Statuti e dagli strumenti pertinenti delle istituzioni specializzate e delle organizzazioni
internazionali che si preoccupano della protezione dei minori. Nel tessuto della Convenzione del 1989, alle disposizioni
ispirate alla logica del minore come soggetto debole si affiancano disposizioni che enfatizzano l’autonomia del
«fanciullo» (art. 1 della Convenzione: «si intende per fanciullo ogni essere umano avente un’età inferiore a diciotto
anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile»), si accompagnano altre come
l’art. 12, in cui si garantisce «al fanciullo capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su
ogni questione che lo interessa, le opinioni del fanciullo essendo debitamente prese in considerazione tenendo conto
della sua età e del suo grado di maturità». A tal fine si prevede che il fanciullo possa essere ascoltato «in ogni procedura
giudiziaria o amministrativa che lo riguarda, sia direttamente, sia per il tramite di un rappresentante o di un organo
appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale». La dimensione del minore
come soggetto autonomo è però chiaramente percepibile, ad esempio, anche all’art. 13, che riconosce al minore il
«diritto alla libertà di espressione» (comprensivo de «la libertà di ricercare, di ricevere e di divulgare informazioni ed
idee di ogni specie, indipendentemente dalle frontiere, sotto forma orale, scritta, stampata o artistica, o con ogni altro
mezzo a scelta del fanciullo»), all’art. 14, ai termini del quale si impone il rispetto de «il diritto del fanciullo alla libertà
legge 27 maggio 1991, n. 176, che impone a tutti i soggetti pubblici e privati, così come alle
famiglie, di collaborare per predisporre le condizioni perché i minori possano vivere una vita serena
in dignità, tolleranza, libertà, eguaglianza, solidarietà, e che fa espresso divieto di sottoporlo sia a
interferenze illegali nella sua privacy che a forme di violenza, abuso mentale e sfruttamento.
Tutta questa tutela che si riserva al minore testimonia l’attenzione che la nostra Repubblica e
più in generale gli Stati più potenti del mondo si sono obbligati a prestare nei confronti di persone
certamente più fragili rispetto alle altre e soggette, ben più di altre, a sfruttamenti ed abusi.
Valutazioni identiche possono essere, infatti, proposte con riferimento alla Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10
dicembre 1948, i cui articoli 25 e 26 non si discostano in maniera significativa da quanto disposto
all’interno della Costituzione italiana. Il contributo immediato e tangibile della normativa
costituzionale è stato il favorire la conclusione di una fase storica in cui il minore era concepito in
larga misura come una risorsa produttiva per la società, un soggetto che concorreva al benessere
della comunità in cui era inserito, e doveva farlo sia per il presente che per il futuro. E così è stato
almeno sino ai primi anni del ventesimo secolo. Il minore diventava un «buon cittadino», un «buon
soldato», un «buon fascista», una persona degna della nazione. È chiaro che tale impostazione,
dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, non può più trovare cittadinanza nel
tessuto giuridico, così come in quello sociale.
La svolta operata dai Costituenti è stata dunque, radicale ed ha rappresentato il ponte verso
approcci più maturi ad oggi riservati alla disciplina dello status giuridico del minore. Le
disposizioni attuali sopra citate, al fianco di altre che qui abbiamo pretermesso, presentano infatti, il
minore come un soggetto che non è solo destinatario di protezione, ma anche un protagonista attivo
della vita sociale, nella quale interviene a primo titolo, in prima persona, individualmente o
all’interno di gruppi. Alla luce di questa considerazione assume una particolare importanza la Carta
dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, sottoscritta e proclamata dai Presidenti del Parlamento
europeo, del Consiglio e della Commissione in occasione del Consiglio europeo di Nizza il 7
dicembre 2000. In essa sono state inserite alcune previsioni ad hoc come l’art. 24, sui «diritti del
bambino». Nei tre commi di cui si compone, tale articolo evidenzia la complessità della disciplina
giuridica concernente il minore, che deve essere una disciplina improntata alla tutela di un soggetto
debole («i bambini hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere»: comma
1, primo periodo) - tutela veicolata principalmente dal rapporto con i genitori («ogni bambino ha
diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo
qualora ciò sia contrario al suo interesse»: comma 3), ma anche dall’intervento dei pubblici poteri e
della comunità in generale («in tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità
pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato
preminente»: comma 2) –, senza però trascurare la dimensione del minore quale soggetto attivo
della società, capace, nel suo percorso di maturazione, di compiere passi sempre più consapevoli,
per se stesso e per la sua vita di relazione. In tal senso si può qui richiamare quanto disposto dal
secondo periodo, comma 1, dello stesso articolo 24, che garantisce ai «bambini» il diritto di
di pensiero, di coscienza e di religione», ed all’art. 15, su «i diritti del fanciullo alla libertà di associazione ed alla libertà
di riunirsi pacificamente». Non è neanche da sottovalutare la lettera e) dell’art. 17 che testualmente prevede che gli Stati
«favoriscono l’elaborazione di principi direttivi appropriati destinati a proteggere il fanciullo dalle informazioni e dai
materiali che nuocciono al suo benessere in considerazione delle disposizioni degli articoli 13 e 18» e che tale obbligo
deve essere realizzato tutelando la libertà di espressione del minore (articolo 13) e l’obbligo degli Stati di garantire ai
genitori di poter svolgere congiuntamente il loro diritto/dovere di proteggere e educare i figli (articolo 18).
«esprimere liberamente la propria opinione», sottolineando come questa facoltà assuma connotati
maggiormente significativi quando tale opinione abbia effetti diretti sul minore. Si precisa, infatti,
che «questa viene presa in considerazione sulle questioni che (…) riguardano (i singoli minori) in
funzione della loro età e della loro maturità».
L’esigenza di tutela da riservare al minore, comprendente anche il diritto dello stesso ad
essere informato e libero di esprimersi, dovrà essere certamente bilanciata con il diritto di
espressione in capo a tutti gli altri individui. Tali interessi, che in particolari casi verrebbero a
trovarsi in posizione contrapposta, dovranno essere bilanciati, tenendo però sempre in
considerazione che la tutela delle fasce deboli deve necessariamente prevalere sul diritto di
espressione di un soggetto che non solo non rientra tra le categorie protette, ma sfora anche il limite
della normale e corretta tollerabilità, nonché quello della liceità.
Tutto ciò premesso e considerato, appare opportuno e quanto mai necessario, attuare uno
scrupoloso rispetto della normativa nazionale ed internazionale vigente a tutela dei minori, ma
anche l’adozione di un codice di condotta in materia che inizi ad educare e a trasformare la cultura dell’ottica di una prevenzione più efficace- per chi ha il ruolo di accompagnare il minore lungo il
cammino della sua crescita e per chi invece sottovaluta il problema stesso, e nell’ottica punitiva per
chi -dall’altra parte- desidera approfittare dell’ingenuità del minore e spesso anche di un sistema
purtroppo non del tutto garantista in tal senso.
Il voler insistere fortemente sulla fase di strategia preventiva si trova perfettamente in linea
anche con la decisione n. 276/1999/CE adottata dalla Commissione Europea sul piano d’azione
comunitario pluriennale per promuovere l’uso sicuro di internet mediante la lotta alle informazioni
di contenuto illegale e nocivo sulle reti globali. La Commissione, in quell’occasione, ha proposto
delle precise linee d’azione, che qui di seguito si ritiene fondamentale riportare per ogni soggetto
attivamente impegnato in questo settore al fine di ricordare e riproporre gli obiettivi e le finalità da
raggiungere. Innanzitutto il “creare una rete europea di hot-line che consenta ai consumatori di
denunciare eventuali sospetti di pornografia infantile”; “incoraggiare l’autoregolamentazione e i
codici di condotta; elaborare sistemi di filtraggio e di codificazione; dimostrare i benefici dei
sistemi di filtraggio, quali ad esempio PICS (Platform for Internet Content Selection), e di
codificazione su base volontaria, quali ad esempio ICRA (Internet Content Rating Association);
incoraggiare azioni di sensibilizzazione e preparare un terreno fertile alle azioni di
sensibilizzazione; incoraggiare la realizzazione di azioni di sensibilizzazione su vasta scala”; e
infine, realizzare azioni di sostegno valutando le implicazioni giuridiche e coordinando l’attuazione
con iniziative internazionali analoghe e con le misure comunitarie previste.
Ecco quindi che, volendo concludere questi primi commenti in merito alle molteplici problematiche
sottese all’argomento ivi discusso, si può affermare con sicurezza che, se le famiglie, le scuole, i
centri educativi nonché le cooperative sociali e le associazioni internazionali e non, informatici ed
operatori del diritto, insomma tutti coloro che direttamente e indirettamente si trovano a contatto
con soggetti minori di età, collaborassero tra loro in modo più costante e iniziassero a puntare
maggiormente alla fase di prevenzione nel rispetto delle norme previste, si arriverebbe sicuramente
ad ottenere risultati sempre più incisivi ed efficaci nella supervisione e nella tutela di queste fasce
deboli.
Avv. Lucia Lorenzini