Genitori vegani: un diritto o una colpa?

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Genitori vegani: un diritto o una colpa?
Genitori vegani: un diritto o una
colpa?
Negli ultimi anni in molti hanno deciso di votarsi, un po’ per moda e un po’
per reale convinzione, a filosofie quali vegetarismo e veganismo. La seconda,
in particolare, può essere considerata una presa di posizione etica oltre che
un regime dietetico strettamente correlato a questa. Ma, dato che se ne sente
spesso parlare, in cosa consiste esattamente il veganismo? Quali sono i
principi sostenuti dai vegani?
Il veganismo è definito come “una filosofia basata sul rifiuto di ogni forma
di sfruttamento degli animali” e da ciò la scelta, degli aderenti al regime
dietetico, di non nutrirsi più né di carne, appartenente a qualunque tipo di
animale né di prodotti di origine animale, quindi uova, formaggi, ecc…
In qualità di filosofia di vita, il veganismo è tutelato dall’art 18 della
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, per cui
“Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di
religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e
la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in
privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle
pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”.
Da ciò si può quindi desumere che essere vegani sia un diritto e in quanto
tale il soggetto che aderisce a tale stile di vita, perché di questo si
parla, possa liberamente decidere di educare il proprio figlio seguendo tali
principi. Ma possono sussistere dei casi in cui tale diritto alla libertà di
pensiero si scontri con altri diritti, propri del bambino ad esempio? E se
si, quali?
Evidentemente, come da sempre si studia presso le facoltà di giurisprudenza,
il diritto di un soggetto inizia dove finisce il diritto di un altro. Appunto
di questo vuole trattare l’articolo che segue e vuole farlo in relazione ad
un caso che ha portato all’allontanamento di un figlio dai genitori, che in
tale filosofia credono strenuamente.
Pochissimi mesi fa a Lauris, nel sud della Francia, i magistrati francesi
hanno tolto a due genitori, vegani per l’appunto, il figlio di 5 mesi con
l’accusa di maltrattamento. Essi erano soliti nutrire il figlio come
prescritto dalla loro alimentazione e quindi con latte di soia. Ciò ha
comportato che il neonato a cinque mesi pesasse meno di 5 kilogrammi.
A seguito di tale provvedimento il neonato è stato condotto presso un centro
di accoglienza di Avignon ove ha subito preso peso a seguito
dell’alimentazione a base di latte animale. Tale provvedimento, valutato a
seguito della denuncia perpetrata dal pediatra del bambino, trova la sua
ratio nelle accuse di maltrattamenti mosse ai genitori, in quanto i
magistrati hanno ritenuto che l’imposizione di tale regime alimentare, che
aveva comportato una debilitazione fisica, fosse da considerarsi una forma di
violenza sul bambino.
In attesa che la Corte d’Appello di Nimes, adita dai due genitori privati del
frutto del loro amore, si pronunci si procederà ad analizzare quali diritti
sono riconosciuti a tale infante a livello internazionale.
La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948, che già sopra è stata
citata, all’art 25 prevede una prima parte che così è stata concepita :
“Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la
salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo
all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai
servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di
disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di
perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua
volontà”.
L’articolo, all’interno della prima parte mira a tutelare la salute “con
particolare riguardo all’alimentazione” e ciò può essere direttamente
collegato al caso di specie, in quanto i genitori, al fine di perseguire lo
stile di vita da loro scelto, stavano seriamente compromettendo la salute del
figlio. Ma tralasciando questa prima parte, che già di per sé inerisce al
caso, si prosegua con la lettura della seconda parte del suddetto articolo:
“La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti
i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa
protezione sociale”.
Tale locuzione intende fornire all’infanzia una tutela speciale, quindi se si
avevano dubbi sul fatto che la prima parte potesse essere applicata, la
seconda vuole andare a rafforzare il proposito di tutela in quella espresso.
A questo punto potremmo già chiudere la dissertazione appena aperta ma si
vuole portare a conoscenza del lettore il fatto che nel 1989 sia stata
elaborata un’ulteriore Convenzione che è quella sull’Infanzia. La suddetta
dichiarazione è interamente dedicata al periodo dell’infanzia e quindi
diretta a tutelare determinati diritti spettanti agli infanti in quanto tali.
In particolare sono di nostro interesse gli artt 3- 14- 18- 19- 20- 24 che
procederemo di seguito ad esplicare.
L’art 3 impegna gli Stati firmatari di tale Convenzione, tra cui la Francia,
ad assicurare ai fanciulli protezione e cure necessarie al loro benessere,
sicurezza e salute. Tale ruolo è affidato in primis ai genitori, piuttosto
che i tutori o chiunque ne detenga la responsabilità legale ma, allo stesso
tempo, alle istituzioni, ai servizi e agli istituti dello Stato. Si può
quindi sostenere che nel caso di specie lo Stato abbia adempiuto al dovere
impostogli da tale Convenzione nel momento in cui, per salvaguardare il
benessere e la salute del bambino, abbia sottratto quest’ultimo dalla tutela
dei di lui genitori.
All’art 14 invece si dice che gli Stati debbano rispettare la libertà di
pensiero del fanciullo oltre che il diritto e il dovere dei genitori, o chi
per loro, di guidare il fanciullo nell’esercizio del summenzionato diritto.
Tale articolo non dovrebbe essere applicato al caso in questione in quanto
presuppone un’età del bambino in cui esso possa osservare il mondo che lo
circonda e ragionare su questo e, solo a seguito di questo approccio,
decidere per sé ed esercitare la propria libertà di pensiero. È lampante come
l’età di 5 mesi non sia sufficiente ad attribuire al bambino la capacità di
valutare per sé uno stile di vita quale può essere il veganismo e in questa
ottica possiamo sostenere che questa posizione alimentare non provenga dal
bambino ma dalle radicate convinzioni dei genitori.
Segue poi l’art 18 in cui gli Stati si impegnano a riconoscere il principio
secondo cui i genitori hanno la responsabilità di allevare, educare e
provvedere allo sviluppo del fanciullo. Nel caso di sopra esplicato emerge
come tale responsabilità non sia stata adempiuta con la dovuta diligenza da
parte dei due genitori francesi, in quanto questi con l’approccio adottato
avrebbero potuto procurare gravi danni allo sviluppo dell’infante.
Anche all’art 19 è rimarcato il dovere dello Stato di adottare ogni tipo di
misura legislativa amministrativa, sociale, ecc… al fine di tutelare il
fanciullo contro ogni forma di violenza e di maltrattamenti (due delle forme
di violenza sul fanciullo trattate in tale articolo) per tutto il tempo in
cui è affidato ai genitori. Quindi si può dire che la Francia si sia vista
obbligata a ricorrere all’intervento giudiziario a seguito dei maltrattamenti
perpetrati a danno del bambino.
Sulla stessa onda
temporaneamente o
solo nella misura
caso di specie in
peso ponendo fine
è l’art 20 in cui si afferma che il bambino può essere
definitivamente essere privato del suo ambiente familiare
in cui ciò sia fatto nel suo interesse. Così è stato nel
cui, a seguito dell’allontanamento, il bambino ha messo su
alla sua situazione di sottopeso dovuto a mal nutrimento.
Infine l’art 24 identifica il dovere degli Stati di riconoscere il diritto
del minore di godere del miglior stato di salute possibile e a tal proposito
ha agito la magistratura adita al caso che, data l’evidente situazione di
malnutrizione, è voluta intervenire in favore della salute del bambino e in
sfavore del diritto di questo di crescere, anche se probabilmente solo
temporaneamente, con i genitori.
In conclusione si è voluta fornire una sommaria dissertazione sulla tutela
del bambino, in relazione al caso di specie, a livello internazionale
nonostante non esista ancora, anche se in progetto, una convenzione che
tratti esclusivamente i diritti del neonato. Si è preferito non analizzare il
diritto francese e in particolare, in ambito penale, la fattispecie di
maltrattamenti, ma semplicemente si è voluta sviscerare la normativa
internazionale, e quindi di livello sovranazionale, a cui il diritto francese
si deve conformare.
FEDERICA GRECO
Bibliografia:
Articolo la Repubblica 25 ottobre 2013
Sitografia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Veganismo
http://www.ohchr.org/EN/UDHR/Pages/Language.aspxLangID=itn
http://www.unicef.it/doc/601/convenzione-diritti-infanzia-artt-1-10.htm
Licenze foto:
Foto 1: “Cow”, foto di maraker, licenza CC BY SA, www.flickr.com
Foto 2: “Justice sends mixed messages”, foto di Dan4th, licenza CC BY,
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