relazione geologica pirp

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relazione geologica pirp
COMUNE DI COPERTINO
PROVINCIA DI LECCE
RELAZIONE GEOLOGICA E SISMICA RELATIVE AI
LAVORI DI “COSTRUZIONE DI UN FABBRICATO”
NELL’AMBITO DEL PROGETTO DI INTERVENTO DI
TRASFORMAZIONE
INTEGRATA
PER
LA
RIQUALIFICAZIONE DELLE AREE DI “GELSI” E
“SCIARPO”
RELAZIONE GEOLOGICA E
CARATTERIZZAZIONE SISMICA
(D.M. 14.01.2008 e circ. espl. del 2 febbraio 2009, n. 617)
Data: Marzo ’15
Committente: Amm.ne Comunale Copertino
Il tecnico: Dott. Geol. GIOVANNI QUARTA
INDICE
1. PREMESSA………………………………………………………………
pag.
2
pag.
2
3. INDAGINE GEOGNOSTICA……………………………………………
pag.
10
3.1 PROSPEZIONE GEOFISICA ……………………………………….
pag.
10
5.2. PARAMETRI GEOMECCANICI …………………………………….
pag.
20
4. STATO LIMITE ULTIMO ………………………………………………
pag.
21
5. CARATTERIZZAZIONE SISMICA ………………………………….
pag.
26
6. CONCLUSIONI………………………………………………………..
pag.
30
2. CARATTERISTICHE GEOMORFOLOGICHE GEOLOGICHE E
IDROGEOLOGICHE ,………………………………………………….
1
1. PREMESSA
Per incarico conferitomi dalla Amm.ne Comunale di Copertino, sono state eseguite delle
indagini geologico-tecniche riguardanti un’area localizzata in contrada Gelsi – Sciarpo in via
Pirro del Balzo, dove è in progetto un intervento di trasformazione integrata per la
riqualificazione delle periferie (PIRP).
In particolare il presente studio riguarda la caratterizzazione geologica e sismica dell’area su
cui è previsto l’intervento di ampliamento del fabbricato esistente. Pertanto, esso è stato
redatto secondo quanto previsto nel D.M. 14.01.2008 e nella circolare esplicativa del 2
febbraio 2009, n. 617. In particolare, relativamente alle verifiche di calcolo è d'obbligo il
metodo agli stati limite di cui al § 2.6 delle suddette norme. Per le costruzioni di tipo 1 e 2 e
Classe d’uso I e II, limitatamente a siti ricadenti in Zona 4, è ammesso il Metodo di verifica
alle tensioni ammissibili. Per tali verifiche si deve fare riferimento alle norme tecniche di cui
al D.M. LL. PP. 14.02.92, per le strutture in calcestruzzo e in acciaio, al D.M. LL. PP.
20.11.87, per le strutture in muratura e al D.M. LL. PP. 11.03.88 per le opere e i sistemi
geotecnici.
Le indagini sono state finalizzate alla definizione dei lineamenti geomorfologici e strutturali
della locale successione stratigrafica, dello schema di circolazione idrica sotterranea, nonché
alla ricostruzione del modello geologico dell’area e alla determinazione delle caratteristiche
geotecniche dei terreni di fondazione ed in particolare dei loro parametri caratteristici. A tale
riguardo, sono stati effettuati 2 sondaggi geofisici mediante sismica a rifrazione con
ricostruzione tomografica del sottosuolo. Per la caratterizzazione sismica dell’area si è
invece eseguita una indagine geofisica mediante metodologia ReMi. I risultati ottenuti dalle
indagini geotecniche, integrati quindi con informazioni e dati geologici dedotti da studi già
effettuati in aree limitrofe, hanno permesso di determinare la tipologia di fondazione, i
parametri caratteristici per la verifica dei terreni agli stati limite, o in alternativa, la capacità
portante secondo i metodi delle pressioni ammissibili.
2.
CARATTERISTICHE
GEOMORFOLOGICHE,
GEOLOGICHE,
IDROGEOLOGCIHE E STRUTTURALI
L’intervento di progetto ricade nel territorio amministrativo di Copertino, ed è ubicato poco a
nord di località “Li Gelsi”, nella parte ad meridionale dell’abitato (TAV.1). La morfologia
dell’area appare molto dolce con caratteri tipici di un rilievo tabulare debolmente inclinato solo
in zone limitate con quote variabili tra 32 e 38 m s.l.m. Questo a causa anche degli scarsi
fenomeni plicativi e disgiuntivi che hanno interessato la zona nel corso dei tempi geologici.
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TAVOLA 1 – COROGRAFIA IN SCALA 1:25.000
Dal punto di vista morfologico il territorio in esame ha l’aspetto di un tavolato poco elevato
sul livello del mare e debolmente inclinato verso Ovest. Esso presenta una morfologia
piuttosto dolce che è movimentata solo da qualche gradino morfologico per effetto delle
ampie pieghe che caratterizzano gli affioramenti carbonatici. Dallo studio è risultato che
l’area non presenta, dal punto di vista
morfologico, elementi significativi, quali orli
morfologici, incisioni per il deflusso concentrato di acque superficiali o vore (presenti nella a
nord e ad ovest dell’area di intervento), quest’ultime molto diffuse nel territorio salentino. Le
manifestazioni carsiche più evidenti sono rappresentate dalle doline che hanno dimensioni
molto variabili, a fondo generalmente piatto e ricoperto da “terra rossa.
Per quanto riguarda l’idrografia superficiale, le caratteristiche dell’area in esame rispecchiano
quelle di tutto il Salento ove la generale conformazione orografica, caratterizzata dalla
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presenza di un’estesa superficie sub-pianeggiante, le condizioni climatiche di questa regione
in cui si registrano temperature annue elevate e scarse precipitazioni concentrate nei mesi
invernali, le caratteristiche di permeabilità di gran parte dei litotipi affioranti, non consentono
lo sviluppo di una rete idrografica superficiale permanente.
Caratteristiche geologiche e strutturali
Gli aspetti geologico-strutturali dell’area occidentale del territorio di Copertino sono quelli
caratteristici della Penisola Salentina, caratterizzata come è noto da un basamento carbonatico
cretacico debolmente piegato e fagliato e da depositi di epoche successive occupanti,
generalmente, le parti più depresse del territorio. I motivi strutturali hanno direzione NNOSSE o NO-SE secondo la direzione appenninica che trovano una buona coincidenza con i
dossi e le alture della zona. Di un adeguato intorno dell’area è stato effettuato un rilevamento
geologico di campagna i cui risultati sono stati cartografati in TAVOLA 2 – CARTA
GEOLOGICA – in scala 1:25.000, dove sono riportate anche le principali caratteristiche
geotecniche delle unità affioranti.
Dal basso verso l’alto la serie litostratigrafica risulta costituita come segue:
Dolomie di Galatina
Questa formazione affiora immediatamente ad ovest dell’area interessata dall’intervento, ma è
presente in profondità e costituisce il basamento dell’intera Penisola Salentina. Essa si
presenta con stratificazione variabile, ad andamento ondulato, con strati di spessore variabile
da 20 a 50 cm; talora si rinvengono banchi fino a 1,5 metri. E’ interessata da fratturazione
subverticale, con diaclasi e leptoclasi che, avendo un andamento normale ai piani di strato
talvolta rendono la roccia brecciata e scomponibile in blocchi di forma geometrica. Presenti,
inoltre, strutture secondarie dovute all’azione del carsismo, che si manifesta con fratture e
sacche riempite di materiale residuale. Litologicamente si tratta di calcari e calcari dolomitici
di colore avana o nocciola, compatti e tenaci, in strati e banchi, talora riccamente fossiliferi,
cui si alternano livelli dolomitici di colore grigio o nocciola. L’origine è biochimica per i
calcari e secondaria per le dolomie. Alcune piccole variazioni di immersione danno luogo a
deboli ondulazioni, mentre la fratturazione, localmente anche intensa, da origine ad una rete
di fessure che conferisce alla formazione suddetta una generale permeabilità secondaria molto
sviluppata.
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In trasgressione sulle formazioni più antiche, o addossati ai rilievi calcarei, affiorano depositi
marini costituiti da calcareniti organogene in grossi banchi. Si tratta di sedimenti calcareodetritici a granulometria da media a grossolana, di norma friabili e porosi, che rappresentano
la fase di apertura del ciclo sedimentario quaternario. Attribuiti alla formazione “Calcarenti di
gravina”, questi litotipi hanno età plio-pleistocenica.
La predominanza degli affioramenti di rocce carbonatiche e lo sviluppo del fenomeno carsico
hanno permesso il formarsi di un tipico sedimento eluviale, la “terra rossa”, particolare tipo di
argilla derivante dal rimaneggiamento e dalla evoluzione del residuo insolubile delle rocce
carbonatiche demolite dal carsismo.
Pietra Leccese
L’area in esame è caratterizzata dall’affioramento della formazione calcarenitica nota come
Pietra Leccese. tale formazione, che nel gergo comune è conosciuta come (Leccisu, Dura,
Saponara, Bianca, Cucuzzara, ecc.), è classificata come una calcarenite marnosa, fossilifera,
prevalentemente a grana fine, di colore paglierino e a luoghi verdognola per la presenza di
Glauconite. Si presenta di norma compatta e piuttosto tenera, a stratificazione indistinta.
A diverse altezze stratigrafiche si rinvengono orizzonti a discreta permeabilità in
corrispondenza di strati calcarenitici concrezionati e carsificati, generalmente separati tra di
loro da livelli di roccia compatta scarsamente o praticamente impermeabile.
Il passaggio verso la formazione sottostante avviene attraverso una trasgressione che è
marcata da un livello conglomeratico di modesto spessore (in genere minore di 10 cm) e da un
carsismo di interstrato.
L’ingressione si è realizzata nel Burdigagliano (verosimilmente inoltrato) e probabilmente in
regime di subsidenza assai attiva, con la conseguente rapida sommersione dell’intera area.
Correnti instauratesi in questa fase sono responsabili della dispersione del materiale più fine e
della indiretta concentrazione di quello più grossolano. La ripresa della sedimentazione deve
essersi realizzata (sempre nel Burdigagliano) allorché le profondità hanno raggiunto valori
rapportabili a quelli della parte più profonda della zona neritica esterna ed essere
accompagnata da un processo di fosfatizzazione (secondo Bossio et al.).
Con il Langhiano la periodica attività delle correnti si è intensificata tanto da smantellare
totalmente il livello fosforitico, nelle fasi di quiete o comunque di minore dinamica delle
acque, gli organismi bentonici e/o le residue e più deboli correnti rimuovevano e
ridistribuivano il restante materiale fosforitico, mescolandolo a quello in via di deposizione.
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TAVOLA 2 - CARTA GEOLOGICA
SCALA 1: 25.000
LEGENDA
CALCARENITI DEL SALENTO
Sabbie calcaree poco cementate, con intercalati livelli di panchina, sabbie
argillose grigio-azzurre. Pliocene
CALCARENITI DEL SALENTO
Calcareniti e calcari grossolani tipo “panchina”, calcareniti argillose di
colore variabile dal giallo al rossastro. Pliocene sup.-medio
PIETRA LECCESE
Calcareniti marnose organogene a grana fine ed omogenea di colore
variabile dal grigio chiaro al giallo paglierino. Miocene.
DOLOMIE DI GALATINA
Calcari, calcari dolomitici e dolomie molto compatti a frattura
irregolare. Si presentano in banchi a stratificazione a volte indistinta
con colore variabile dal bianco al grigio e al nocciola. Cretaceo
Area di intervento
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CALCARENITI
BIOCLASTICHE
(CALCARENITI
DEL SALENTO
–
CALCARENITI DI GRAVINA)
PLEISTOCNE INFERIORE
Affiorano nell’area di intervento. Sono presenti in trasgressione sulle sottostanti Dolomie di
Galatina attraverso una superficie con andamento irregolare corrispondente ad una superficie di
erosione subaerea interessata dall’azione erosiva del mare durante la fase trasgressiva. Il
contatto è generalmente marcato dalla presenza di livelli di terra rossa di spessore variabile da
qualche centimetro a pochi decimetri. Assieme alle terre rosse si ritrova un livello di
conglomerato costituito da ciottoli calcarei e dolomitici immersi in una matrice calcarenitica.
La formazione è costituita da calcareniti e biocalcareniti di colore bianco giallastro in banchi
a giacitura massiccia talvolta con cenni di stratificazione. Si tratta di rocce tenere e porose con
grado di cementazione variabile sia in senso areale sia verticale. Sulla base delle osservazioni
effettuate in corrispondenza delle fronti di cava e da sondaggi effettuati nella zona dell’abitato
lo spessore della formazione varia tra 6 – 30 m; lo spessore maggiore lo si ritrova in
corrispondenza delle sinclinali o delle depressioni della formazione calcareo dolomitica
sottostante. Per la presenza di Artica Islandica (Linneo) la formazione viene attribuita da
diversi autori al pleistocene inferiore, anche se non è escluso il pliocene. La formazione,
secondo la carta geologica ufficiale è attribuibile alle Calcareniti del Salento inglobata già da
tempo all’interno delle Calcareniti di Gravina. Verso l’alto la formazione calcarentica passa
con gradualità ai sedimenti sciolti costituiti a granulometria variabile da fine a media.
SABBIE LIMO ARGILLOSE E ARGILLE LIMOSE – (CALCARENITI DEL SALENTO- ARGILLE SUBAPPENNINE) - PLEISTOCENE INFERIORE
Tali depositi affiorano qualche a nord dell’area Dell’abitato ed appartengono ufficialmente
alla formazione delle Calcareniti del Salento, ma nella recente letteratura geologica rientrano
all’interno delle Argille sub-appennine. Verso il basso la formazione è costituita
prevalentemente da argille limo-sabbiose e limi argillo-sabbiosi di colore variabile dal giallo
verdastro al grigio azzurro. Verso l’alto i sedimenti passano a sabbie limose e limi con argilla
di colore giallastro con intercalati livelli e noduli calcarenitici cementati. Naturalmente il pacco
di sedimenti risente di variazioni della granulometria e della composizione sia in senso
orizzontale sia verticale, in funzione della tipologia e della conformazione dei bacini di
sedimentazione, estremamente variabili da luogo a luogo. Al suo interno si ritrova spesso una
falda superficiale il cui livello è attestato a pochi metri dal p.c..Lo spessore della formazione
varia da pochi metri ad un massimo è di circa 25 m.
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DEPOSITI ALLUVIONALI E DI TERRA ROSSA (RECENTI)
La predominanza degli affioramenti di rocce carbonatiche e lo sviluppo dei fenomeni
carsici hanno permesso il formarsi di un tipico sedimento residuale/eluviale, noto come “terra
rossa”, particolare tipo di argilla derivante dal rimaneggiamento e dalla evoluzione del residuo
insolubile delle rocce carbonatiche demolite dal carsismo. Si tratta di depositi recenti
prevalentemente costituiti da sabbie e argille sabbiose di colore variabile dal rosso bruno al
marroncino. Nell’area di studio ricoprono con discontinuità le sottostanti formazioni,
sabbioso-argillose e calcareo-dolomitica, con spessori che variano tra 0,5 a 2 m.
Caratteristiche idrogeologiche
Come risulta dalla Tavola 2, il suolo e il sottosuolo dell’area dove sorgerà il fabbricato sono
condizionati dalla presenza della formazione calcarenitica di età plio-plestocenica, ben
conosciuta dal punto di vista della permeabilità. Tali depositi essendo permeabili per porosità e
fatturazione, talvolta anche per carsismo (soprattutto di interstrato), sono collocati tra i terreni a
permeabilità media. Dai dati di letteratura ed quelli ottenuti dallo scrivente con prove in situ su
terreni simili è risultata essere pari a 4,5x10 *10-3 - 5,0 x 10 *10-3 cm/s.
La formazione calcareo-dolomitica, nota in letteratura come “Dolomie di Galatina” è
costiutità da una permeabilità per fratturazione e carsismo che, in alcuni casi, può essere più
rilevante di quella che si riscontra per le formazioni calcarenitiche. In letteratura vengono
attribuiti valori di K non inferiori a 10-2 cm/s ma è ovvio che, in base a quanto detto prima,
tale valore è solo indicativo, potendosi riscontrare situazioni in cui l’ammasso roccioso si
presenta integro, e quindi praticamente impermeabile, e situazioni di intensa alterazione
della roccia con presenza di fratture beanti e veri e propri condotti carsici che conferiscono
alla roccia una permeabilità molto alta. Di fatto tale formazione ospita la falda profonda il
cui livello statico è attestato a circa 2,0 metri s.l.m. (TAV. 2 – stralcio del P.T.A.).
Invece, i depositi calcarenitici miocenici, anche se porosi, sono generalmente impermeabili, a
meno che l’ammasso roccioso non sia interessato da una permeabilità secondaria (fessurazione
e carsismo) che la renderebbe ovviamente una roccia a permeabilità medio-alta.
I terreni sabbioso limosi superficiali presentano una permeabilità per porosità che cambia al
variare della percentuale della frazione limo-argillosa. Infatti, le ghiaie e le sabbie pulite
possono essere considerate dei sedimenti con una permeabilità medio-alta, mentre i limi
argillosi e le argille sono da considerarsi a permeabilità bassa o addirittura impermeabili.
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TAVOLA 3 - DISTRIBUZIONE MEDIA DEI CARICHI PIEZOMETRICI DEGLI
ACQUIFERI CARSICI DELLA MURGIA E DEL SALENTO (Stralcio della Tav. 6.2.
del PTA Regione Puglia
3
isopieza m s.l.m.
Area di intervento
In tali aree è possibile ritrovare nei sedimenti superficiali forti variazioni della frazione limoargillosa e pertanto la permeabilità risulta molto diversificata sia in senso orizzontale sia
verticale. In tal modo, dove la presenza di livelli e banchi argillosi è più rilevante, si può
ritrovare una falda superficiale. In particolare verso la parte nord-occidentale dell’abitato esiste
una falda a regime stagionale la cui ricarica è condizionata dagli apporti meteorici locali. Tale
falda è localmente sfruttata nel periodo primavera-estate attraverso un sistema di pozzi
superficiali muniti di pompe di ridotta potenza.
Per quanto attiene alla piezometrica della falda profonda non si è ritenuto effettuare una
campagna di rilevamento freatimetrico, potendosi allo scopo utilizzare la Tav. 4.2.6.2. del
Piano Regionale di Risanamento delle Acque della quale la TAVOLA 3 – DISTRIBUZIONE
MEDIA DEI CARICHI PIEZOMETRICI DEGLI ACQUIFERI CARSICI DELLA MURGIA
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E DEL SALENTO – costituisce parziale riproduzione. In corrispondenza del sito di progetto
la direzione della di deflusso sotterraneo delle acque si esplica all’incirca da NE-SO.
In corrispondenza del sito di progetto la direzione della di deflusso sotterraneo delle acque
si esplica all’incirca da NE-SO.
3. INDAGINE GEOGNOSTICA
L’indagine è stata eseguita secondo quanto previsto nel D.M. 14.01.2008 e nella circolare
esplicativa del 2 febbraio 2009, n. 617. In particolare relativamente alle verifiche di calcolo è
d'obbligo il metodo agli stati limite di cui al § 2.6 delle suddette norme. Per le costruzioni di
tipo 1 e 2 e Classe d’uso I e II, limitatamente a siti ricadenti in Zona 4, è ammesso il Metodo di
verifica alle tensioni ammissibili riportate nel D.M11.03.1988. Pertanto, l’indagine è stata
effettuata in conformità alle direttive del succitato decreto dei Ministero LL.PP: “Norme
tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali, ecc.. ed è
stata finalizzata alla raccolta di dati qualitativi e quantitativi occorrenti per la previsione del
comportamento dell’opera in rapporto alle caratteristiche del terreno.
Come già detto in premessa l’indagine per la caratterizzazione geotecnica è consistita
nell’esecuzione di due sondaggi geofisici mediante la sismica a rifrazione a piccola
profondità svolti in corrispondenza dell’impronta del fabbricato (V. TAVOLA 4 –
UBICAZIONE DELLE PROVE IN SITU), mentre per la classificazione sismica dei terreni
di fondazione è stato eseguito un rilievo sismico passivo mediante metodologia ReMi.
3.1. PROSPEZIONE GEOFISICA
Il metodo di indagine è basato sull'analisi della propagazione delle onde elastiche all'interno di
un mezzo che nella fattispecie è rappresentato da materiali rocciosi. Tale metodo è utilizzato, con
sufficiente rigore, nei casi in cui il terreno di fondazione da caratterizzare è costituito da roccia in
quanto fornisce al progettista una serie di informazioni, qualitative e semiquantitative, riguardo
all’ammasso roccioso.
Il metodo adottato è quello della sismica a rifrazione che consiste nel provocare delle onde
elastiche per mezzo di una sorgente, captarle per mezzo di appositi rilevatori (geofoni) collocati
lungo una linea retta (stendimento), a distanze variabili dalla sorgente, e in ultimo registrane
l'ampiezza in funzione del tempo di arrivo per mezzo di un sismografo.
Lo stendimento sismico è stato effettuato in corrispondenza dell’impronta del fabbricato
previsto per l’ampliamento. L’acquisizione è stata effettuata per ottenere una restituzione dei
dati di tipo tomografico 2 D.
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I dati ottenuti vengono riportati in un diagramma cartesiano avente in ascissa la distanza della
sorgente e in ordinata i tempi di arrivo dell'onda proveniente dalla sorgente stessa. In tal modo si
ottengono delle curve, denominate dromocrone, che, opportunamente studiate, permettono di
determinare, attraverso alcuni modelli matematici basati sulla legge di SNELL, le caratteristiche
geomeccaniche degli strati, il loro spessore e pendenza.
Gli strati vengono diversificati in base alle velocità di propagazione delle onde sismiche al
loro interno, velocità che dipendono dalle caratteristiche fisico-meccaniche (densità e moduli
elastici) dello strato stesso e favorendone pertanto l'identificazione.
Alla sorgente, l'energia viene generata tramite una mazza da 5 Kg, o un "cannoncino" sismico
("minibang") il quale spara nel terreno un proiettile cilindrico cal. 8, avente una massa di 83,5 g
(o una cartuccia tipo 5800 MAGNUM).
Le onde elastiche sono state registrate con un sismografo a 12 canali della GEOMETRICS
Mod. Geode - 1225.
L'interpretazione dei Row data è stata effettuata tramite un programma di calcolo computerizzato
basato sul metodo delle dromocrone.
Per la caratterizzazione dell’ammasso roccioso sono stati utilizzati due stendimenti sismici di
lunghezza pari a 22 m, eseguiti in corrispondenza dell’impronta del fabbricato come riportato
nell’allegata TAVOLA 4. Gli elaborati grafici ed i dati sperimentali ottenuti dalla prospezione
sono allegati alla presente relazione. Da essi si possono ricavare gli andamenti delle dromocrone
e le variazioni della velocità sismica all'interno degli strati individuati.
L'interpretazione ha messo in evidenza una situazione litostratigrafica caratterizzata
sostanzialmente da tre sismostrati a velocità diversa e distribuiti in maniera differente nei due
profili effettuati. In particolare, nel profilo 1-1’ si ritrova in superficie un sismostrato (UNITA’
1) a velocità compresa tra 750 e 1000 m/sec a cui corrisponde una calcarenite scarsamente
cementata con zone molto alterate. Al disotto, fino a circa 5 m di proofndità, la velocità sismica
varia tra 1500 e 2000 m/s, alle quali possono essere associate calcareniti mediamente cementate
(UNITA’ 2). Dai 5 fino 7 metri, profondità massima investigata, è presente uno sismostrato con
velocità sisimica di oltre 2500 m/sec, al quale può essere assimilato una calcarenite tenace
(UNITA’ 3) o un calcare fratturato e pertanto interessato da fratture e da deboli fenomeni di
dissoluzione carsica distribuiti casualmente nell'ammasso carbonatico. Le sue caratteristiche
meccaniche possono essere mediocri.
Il profilo n. 2-2’ mostra fino ad un metro di profondità la presenza di uno strato con velocità
simsica paria a circa 1000 m/s (UNITA’ 1). In questo caso nella parte in corrispondenza del 6 e
10 geofono sembrano esservi delle zone più alterate rispetto al resto dell’ammasso roccioso.
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2
1
2’
1’
ReMi
TAVOLA 4 – PLANIMETRIA CON UBICAZIONE DELLE PROVE IN SITO
1
1’ Stedimento tomografia sismica - ReMi
FOTO STENDIMENTO SISMICO A RIFRAZIONE- REMI
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14
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Modello geologico dell’area indagata
UNITA 1
UNITA 2
UNITA 3
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17
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Modello geologico dell’area indagata
UNITA 1
UNITA 2
UNITA 3
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Al di sotto, fino a circa 3 m dal p.c. si ritrova l’UNITA’ 2 con velocità sismica tra 1000 e 1500
m/s. Al di sotto, tra circa 3 e 6 m dal p.c. si ritrova l’UNITA’3 con velocità sismica maggiore di
1500 m/s.
3.2 PARAMETRI GEOMECCANICI
Pertanto, sotto l’aspetto geotecnico, non si può fre una disitnzione formazionale tra le tre
UNITA’ individuate, ma si può assimilare ad un solo litotipo con caratteristiche meccaniche che
migliorano con la profondità.
Schematicamente, all’orizzonte sismico (UNITA’ 1) caratterizzato da velocità sismiche di circa
1000 m/s sarà associato una calcarenite poco cementata e/o sabbioni calcari (ZEZZA 1978). La
velocità di tale unità aumenta con la profondità fino a circa 5 m e può essere correlata a calcareniti
mediamente cementate (UNITA’ 2).
L’UNITA’ 3, con velocità superiore a 2000 m/s, può essere identificata come calcareniti tenaci.
Relazione tra le onde elastiche e le caratteristiche fisico
meccaniche nella calcareniti pugliesi (F. Zezza 1978)
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I parametri da adottare per il calcolo di stabilità sono stati riportati nella sottostante tabella
riassuntiva.
Sismostrato Vp/Nspt
Edin
Est
ϕ
2
m/s / N
kg/cm
kg/cm2 (gradi)
UNITA’ 1 1000/70 20.000-30.000 900-1000 30°-33°
c
Kg/cm2
0
RQD
%
25-30
γ
g/cm3
1,7-1,8
UNITA’ 2 1500/100 40.000-50.000
4000
33°-37°
0,2-0,5
40-50
1,8 – 1, 90
UNITA’3
8.000
37°-45°
1
50-60
1,90–2,0
2000/150 80.000-100.000
Legenda: Vp velocità onde P; Edin= mod. elast. din.; Eed. = mod edometrico; ϕ (gradi)= angolo di attrito; c =
coesione; γs =peso di volume.
4. STATO LIMITE ULTIMO SLU
Il valore di progetto della resistenza Rd può essere determinato:
a) in modo analitico con riferimento al valore caratteristico dei parametri del terreno, diviso per
il valore del Coefficiente parziale γM specificato nella successiva tabella e tenendo conto,
ove necessario, dei coefficienti parziali γr specificati per ogni tipo di opera;
b) in modo analitico, con riferimento a correlazioni con i risultati di prove in situ, tenendo
conto dei coefficienti parziali γr specificati per ogni tipo di opera;
c) sulla base di misure dirette su prototipi, tenendo conto dei coefficienti parziali γr riportati
per ogni tipo di opera.
4.1 Parametri caratteristici
L’EC7, al punto 2.4.5.2 2 (P), definisce quanto segue :“Il valore caratteristico di un parametro
geotecnico sarà scelto come una stima cautelativa del valore che influenza l’insorgere dello
stato limite”.
I punti salienti della precedente definizione sono i seguenti:
Stima cautelativa: si tratta di una stima (il vocabolo prende in considerazione l’incertezza esistente
in geotecnica dovuta alla notevole variabilità delle proprietà dei depositi nonché all’incertezza
dovuta alle informazioni non complete generalmente a disposizione tramite prove in situ e di
laboratorio), che deve essere a favore della sicurezza.
Valore che influenza l’insorgere dello stato limite: il valore caratteristico è in funzione dello stato
limite considerato, ad esempio la rottura del terreno al collasso verticale della fondazione. Se
esaminiamo, invece della rottura al collasso verticale, la rottura allo slittamento, il valore del
parametro geotecnico sarà generalmente diverso.
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Si pone in evidenza che l’unica metodologia delineata dall’EC7 per la definizione dei valori
caratteristici è di natura statistica, anche se questa non è accettata all’unanimità, soprattutto in
relazione alla frequente scarsità di dati per un corretto utilizzo di tale metodologia statistica.
La derivazione del valore caratteristico deve scaturire da un valore medio che è una selezione del
valore medio di un limitato set di valori dei parametri geotecnici in modo che la probabilità
calcolata di un valore peggiore (più sfavorevole) che governa l’insorgere dello stato limite in
considerazione non sia maggiore del 5%. Si tratta pertanto di un margine conservativo del 5% (che
può coincidere con un 5° percentile od un 95° percentile della distribuzione statistica in
considerazione), il quale ci garantisce probabilisticamente di avere un 95% dei casi per i quali il
valore caratteristico ci cautela. Il valore del 95% è anche quello indicato come probabilità ‘u’, o
integrale della funzione, nelle tavole statistiche relative ai percentili della legge di Student come
illustrato in figura:
Sono subito da mettere in evidenza due punti importanti:
1. Una stima cautelativa del valore medio è una selezione del valore medio del limitato insieme dei
valori del parametro geotecnico, con un livello di confidenza del 95%.
2. Dove l’analisi riguarda una rottura locale, una stima cautelativa del ‘low value’ è il 5° frattile (o
percentile, termini qui utilizzati come sinonimi).
Quanto detto nel punto 1 corrisponde pertanto ad affermare che bisogna selezionare un 5°
percentile della distribuzione della media. La distribuzione del valor medio, nel caso di
distribuzione normale, viene generalmente calcolata utilizzando la ‘t’ di Student ad n-1 gradi di
libertà ed ipotizzando che la media del campione coincida con la media della popolazione, usando
la seguente relazione:
Figura 1: notazione per l’utilizzo dei percentili della variabile casuale t di Student; si noti che,
con α = 0.05, 1-α = 0.95
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Equazione 1
0,95
Xk = X ± tn-1
(s/√ n-1)
Dove:
xk è il valore caratteristico desiderato
x con barra il valore medio (ignoto) della popolazione, ipotizzato essere uguale al valore medio del
campione
t è il valore della distribuzione di student ad n-1 gradi di libertà con probabilità u = 95% (ossia,1α = 0.95 o alternativamente, α = 0.05)
s è la deviazione standard del campione
n il numero di dati.
Precedente punto 2: si differenzia da quello sopra descritto nel caso in cui la rottura sia ‘locale’,
ossia interessi volumi relativamente piccoli del terreno. Questo avviene generalmente in casi di
verifica alla rottura alla punta di pali di piccolo diametro e micropali o di fondazioni di larghezza
contenuta, ma è comunque da verificare in base alle oscillazioni stocastiche dei valori di resistenza
del terreno (tali oscillazioni vengono materializzate ad esempio dal segnale delle penetrometrie
continue). Se la superficie di rottura può svilupparsi in un piccolo volume di terreno, lo stato limite
ultimo potrebbe essere governato da una fluttuazione statistica meno resistente e non dalla media di
tutte le fluttuazioni, come avviene nel caso di grandi volumi di rottura. In definitiva, nell’ipotesi di
piccoli volumi interessati dalla superficie di rottura, il valore caratteristico consiste nel 5° percentile
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della distribuzione del campione (e non della media campionaria). Questa è la interpretazione più
comune del valore caratteristico da parte della comunità dei tecnici; tale interpretazione risulta
incompleta ed erronea se applicata indiscriminatamente, ossia non in relazione al volume
interessato dalla rottura. La formula da applicare pertanto è la seguente:
Equazione 2
Xk = x± z0.05 *s » x 1.645×s
Dove:
xk è il valore caratteristico desiderato
x con barra il valore medio (ignoto) della popolazione, ipotizzato essere uguale al valore medio del
campione
z è la distribuzione normale standardizzata
s è la deviazione standard del campione
un’altra considerazione può essere fatta in relazione al tipo di struttura che trasferisce i carichi al
sottosuolo. Nel caso di una struttura di fondazione sufficientemente rigida, i carichi vengono
trasferiti dalle zone deboli a quelle forti del terreno, con un meccanismo di compensazione
strutturale simile al descritto meccanismo di compensazione spaziale delle fluttuazioni casuali dei
parametri statistici. Questo concetto implica che, in presenza di strutture di fondazioni rigide, il
valore caratteristico corrisponde al 5° percentile della media (equazione 1), anche se non si è in
presenza di grandi volumi di rottura.
In sintesi, all’interno di uno strato omogeneo e dello spessore di influenza dello stato limite
considerato, valgono le seguenti regole:
A. Se esiste compensazione spaziale (volume interessato dallo stato limite, o suo spessore in una
dimensione, significativamente maggiore della lunghezza delle fluttuazioni nei parametri di
resistenza del terreno), allora il valore caratteristico corrisponde al 5° percentile della media
(equazione 1) ed è generalmente non molto distante dalla media stessa.
B. Se esiste compensazione strutturale (fondazioni sufficientemente rigide tali da distribuire le
sollecitazioni omogeneamente sul terreno), allora il valore caratteristico è lo stesso del
precedente caso A.
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C. Se non esiste compensazione strutturale, né compensazione spaziale, allora il valore
caratteristico è il 5° percentile della distribuzione statistica del campione, ed è generalmente
piuttosto distante dalla media.
Nel caso di uno scarso numero di prove o di dati che in geotecnica è circostanza decisamente
frequente, soprattutto per progetti di modesto rilievo e con budget di spesa di solito limitato, o
quando si eseguono sondaggi con SPT o prove di laboratorio su campioni estratti, dei quali solo
pochi interessano lo strato omogeneo o lo spessore di influenza dello SL, la trattazione statistica è
decisamente inapplicabile.
Al contrario, utilizzando la discriminazione e il giudizio tecnico e la conoscenza a priori regionale
e locale, un trattamento statistico è possibile anche nel caso estremo di un solo dato a disposizione
(o, al limite, di nessun dato disponibile, in questo caso facendo affidamento esclusivamente sulla
conoscenza pregressa). Quando ci troviamo in condizioni di compensazione (generalmente
strutturale) e il dataset ha una numerosità piccola (da 1 a 5 dati usualmente), possiamo ricorrere
alla statistica classica, con ipotesi di varianza nota. L’equazione 1 assume pertanto la seguente
forma:
Equazione 3
xk = x± z0.05 (σ /√n) ≈ x± 1.645*(σ /√n)
Dove:
xk è il valore caratteristico desiderato
x con barra il valore medio (ignoto) della popolazione, ipotizzato essere uguale al valore medio
del campione
z è la distribuzione normale standardizzata
σ è la deviazione standard della popolazione
n è la numerosità del campione
Il valore di σ nell’equazione 3 andrebbe determinato con l’ausilio di database locali specifici;
quando questi mancano, si possono utilizzare i valori reperibili in letteratura. A tale proposito è utile
esprimere la variabilità in termini di coefficiente di variazione COV (anche V o CV), espressa
anche in termini percentuali:
Equazione 4
COV = σ/µ
Dove:
σ = deviazione standard della popolazione
µ = media della popolazione
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Schneider, al proposito raccomanda i seguenti valori di COV :
Angolo di attrito Φ: 10 %
Coesione: 40 %
Nel caso specifico utilizzo il valore medio dei parametri ottenuti della sismica a rifrazione relativi
allo strato di terreno posto ad una profondità di ca – 0,7 - 1,0 m dal p.c .
pertanto i valori medi sono
quelli caratteristici
γ = 1900 Kg/m3
γ = 1,90 Kg/m3
c = 0,25 Kg/cm2
ck = 0,13 Kg/m2
φ = 33 °
φk = 30°
Ed = 2000 Kg/cm2
Edk = 1200 kg/cm2
5. CARATTERIZZAZIONE SISMICA
Sismica con metodologia ReMi (Refraction Microtremor)
L’analisi dei microtremori viene effettuata utilizzando la strumentazione classica per la
prospezione sismica a rifrazione (a geofono singolo) disposta sul terreno con array lineare, da 12 a
48 geofoni; per ottenere una buona risoluzione in termine di frequenza, oltre ad utilizzare geofoni
con bassa frequenza di risonanza (4-14 Hz raccomandati), è indispensabile allungare il tempo di
registrazione (15-30s) rispetto alla sismica a rifrazione tradizionale.
Si possono così registrare onde di superficie il cui contenuto in frequenza copre un range da 2530Hz fino a 2 Hz che, in condizioni ottimali, offre una dettagliata ricostruzione dell’andamento
delle Vs relativamente ai primi 50 – 70 metri di profondità.
Si tratta di una modellazione del sottosuolo mediante l’analisi delle onde di Rayleigh.
Per rilevare onde sismiche trasversali, anche la sorgente energizzante deve generare onde a
prevalente componente di taglio.
Per tale motivo è stato utilizzato un sismografo della Geometrics “modello GEODE” con
geofoni da 4.5 Hz.
Recenti studi hanno consentito di creare un modello matematico anche per trattare le onde S,
cercando di godere del vantaggio della elevata energia associata a questo tipo di propagazione.
L’analisi delle onde S mediante tecnica ReMi viene eseguita mediante la trattazione spettrale
del sismogramma, cioè a seguito di una trasformata di Fourier, che restituisce lo spettro del segnale.
In questo dominio, detto dominio trasformato, è semplice andare a separare il segnale relativo alle
onde S da altri tipi di segnale, come onde P, propagazione in aria, ecc.
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Vs30 = 996,61 m/sec Shear-Wave Velocity Profine from SeisOpt ReMi Software Analysis
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L’osservazione dello spettro consente di notare che l’onda S si propaga a velocità variabile a
seconda della frequenza dell’onda stessa, questo fenomeno è detto dispersione, ed è caratteristico di
questo tipo di onde.
Tali valori vengono in seguito plottati su un diagramma periodo-velocità di fase per l’analisi della
curva di dispersione e l’ottimizzazione di un modello diretto.
La curva di dispersione in realtà può non essere così facile da estrarre, questo perché dipende
molto dalla pulizia dei dati e da quanto disturbano gli altri segnali presenti nel sismogramma. Ecco
perché questa fase in realtà deve essere considerata una interpretazione, e per questo i migliori
software di analisi di dati ReMi consentono di modificare anche manualmente la curva di
dispersione per soddisfare le esigenze dell’utente più esperto.
I dati selezionati dall’immagine p-f vengono plottati su un diagramma nel quale compare anche
una curva di dispersione calcolata a partire da un modello di Vs che è modificabile
dall’interpretatore. Variando il numero di strati, la loro velocità e la densità nel modello, la curva di
dispersione calcolata viene adattata fino a farla aderire il più possibile a quella sperimentale
ottenuta con il picking.
La curva di dispersione calcolata, approssimativamente coincidente con la curva sperimentale,
viene associata ad un modello sintetico.
Questa delicata seconda fase di interpretazione è comunemente detta fase di inversione, e
dipendentemente dal software usato può anch’essa avvenire in maniera automatica e/o manuale.
Entrambe le due fasi di interpretazione, per quanto debbano seguire le linee guida dettate dalla
teoria, devono rigorosamente essere controllate accuratamente dall’utente poiché non è possibile
affidarsi completamente ad un sistema automatico che lavora alla ricerca della soluzione
matematicamente migliore.
La Vs30 è stata calcolata con la seguente espressione
Vs30 =
30
hi
∑ Vi
Da tale relazione è emerso un valore di Vs30 di 996,61 m/sec
Le categorie di suolo individuate dall’OPCM 3274/03 sono le seguenti:
A)
Formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi: caratterizzati da valori di Vs30
superiori a 800 m/sec;
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Ag=accelerazione massima al sito; Fo=valore massimo del fattore di amplificazione dello spettro in
accelerazione orizzontale; Tc=periodo di inizio del tratto a velocità costante dello spettro in
accelerazione orizzontale. SLO= stato limite di immediata operatività; SLD= stato limite di danno
SLV= stato limite di salvaguardia della Vita; SLC= stato limite di prevenzione collasso.
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B)
Depositi di sabbie o ghiaie molto addensate o argille molto consistenti: con spessori
di diverse centinaia di metri, caratterizzati da un graduale miglioramento delle
proprietà meccaniche con la profondità e da valori di Vs30 compresi tra 360 e 800
m/sec;
C)
Depositi di sabbie e ghiaie mediamente addensate, o di argille di media consistenza:
con spessori variabili da diverse decine di metri a centinaia di metri, caratterizzati da
valori di Vs30 compresi tra 180 e 360 m/sec;
D)
Depositi di terreni granulari da sciolti a poco addensati oppure coesivi da poco a
mediamente consistenti: caratterizzati da valori di Vs < 180 m/sec
E)
Profili di terreno costituiti da strati superficiali alluvionali: con valori di Vs30 simili
a quelli dei tipi C o D e spessore compreso tra 5 e 20 metri, giacenti s di un substrato
di materiale più rigido con Vs30 > 800 m/sec
Il suolo di fondazione rientra pertanto nella categoria A con valori di Vs30 pari a 996,61 m/sec
m/sec; la litologia risulta perciò costituita da roccia calcarea più o meno fratturata-carsificata.
I Coefficienti sismici da utilizzare sono stati ricavati con software della GeoStru, ed allegati alla
presente relazione
6. CONCLUSIONI
Il sito di intervento non è interessato da fenomeni idrogeomorfologici evolutivi in atto, tanto meno è
interessato da vincoli che interferiscano con il progetto proposto.
Il sito interessato dall’intervento è caratterizzato da un affioramento di calcareniti caratterizzate
dalla presenza di piccole zone alterate, presenti nella parte superficiale dell’affioramento,
individuate da una diminuzione sensibile della velocità dello onde P. L’indagine geognostica ha
consentito di ricostruire il modello geologico dell’area. I risultati indicano che è presente una sola
formazione con caratteristiche meccaniche che migliorano con la profondità. In particolare, in
superficie si ritrova per uno spessore massimo di circa un metro, un sismostrato con velocità delle
onde sismiche comprese tra 700 e 1000 m/s associabile ad una calcarenite scarsamente cementata.
Al di sotto si ritrova una calcarenite mediamente cementata con velocità sismiche di 1500-1900
m/s. Ancora al di sotto si ritrova uno strato con velocità sismica superiore a 2000 m/s ai quali
possono essere associati calcareniti tenaci o i calcari compatti del cretaceo.
Dalle indagini effettuate è emerso che si possono utilizzare strutture fondali superficiali da attestare
al disotto dello strato superficiale costituito da calcareniti alterate/poco cemntate. I valori
caratteristici dei parametri minimi dei terreni interessati (UNITA’ 1) dalle strutture di fondazione
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sono i seguenti: γ = 1900 Kg/m3; ck = 0,12 Kg/cm2, φk = 30°, Ed = 1000 Kg/cm2. Naturalmente
κ
questi migliorano con la profondità come indicato per le UNITA’ 2 e 3.
La caratterizzazione sismica effettuata con metodologia REMI ha permesso di stimare la
Vs30, in 996,61m/s, potendo classificare nella categoria A i terreni condizionanti le strutture di
fondazione.
Tanto dovevasi
Monteroni di Lecce, 30.03.2010
Dott. Geol. Giovanni Quarta
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