PDF - Cantiere Liberale

Transcript

PDF - Cantiere Liberale
CANTIERE LIBERALE
PAPER
COMUNICAZIONE
E LIBERALISMO
DI FRANCO CHIARENZA
01
2014
CANTIERE LIBERALE
Via San Bartolomeo, 103
La Spezia - 19126 La Spezia (SP)
www.cantiereliberale.it
[email protected]
follow us
01/2014
COMUNICAZIONE E LIBERALISMO - F. CHIARENZA
Comunicazione e liberalismo
di Franco Chiarenza
La relazione tra politica e comunicazione è fondamentale, da sempre, per realizzare compiutamente una società liberale. Da quando
l’uomo si è organizzato in società sono sempre esistiti almeno tre
poteri essenziali: quello militare, quello economico (che nei tempi
più antichi si identificava con la proprietà della terra), ed infine un
terzo potere, costante nel tempo, quello di chi possedeva la conoscenza, le informazioni. Di questi tre poteri il più importante è
sempre stato quello che non si vedeva, cioè quello della conoscenza e dell’informazione. Non a caso chi lo deteneva lo trasmetteva
per cooptazione o discendenza, in modo tale da escluderne gli altri,
poiché possedere la conoscenza significa condizionare ogni altro
potere. Naturalmente questo meccanismo antico che privilegiava
poche minoranze è entrato in crisi quando il mondo è cambiato con
l’avvento dei mezzi di comunicazione di massa, i quali – come si
evince dalla denominazione stessa – hanno fatto saltare il monopolio ristretto della conoscenza.
Come avviene spesso sono le innovazioni tecnologiche, più delle
grandi ideologie, che cambiano il mondo; per esempio l’invenzione
della lavatrice, ha cambiato il ruolo della donna e di conseguenza
l’intera società. Nel nostro caso la stampa.
Quando Gutenberg mette a punto la stampa utilizzando caratteri
mobili, consentendo così di replicare gli scritti in un numero di copie
estremamente elevato, almeno a paragone con quelle che riuscivano a riprodurre i copisti, egli dà vita ad una rivoluzione epocale.
Senza la sua invenzione e lo sviluppo della stampa alcuni eventi
fondamentali della storia recente non si sarebbero verificati. Il successo della riforma protestante, per esempio, è strettamente legato
all’invenzione della stampa; Martin Lutero non era stato il primo a
01
COMUNICAZIONE E LIBERALISMO - F. CHIARENZA
01/2014
contestare la chiesa, ma, a differenza di chi l’aveva preceduto, egli è
riuscito nel suo intento grazie alla straordinaria intuizione di stampare la bibbia in migliaia di copie consentendo ad ogni capo-famiglia
di svolgere una funzione di diffusione della conoscenza, portando
a tutti la parola di dio, senza bisogno di intermediazioni sacerdotali.
Per fare questo era necessario compiere due operazioni: la prima
consisteva nel tradurre la bibbia, che era scritta in latino, la lingua
per definizione delle minoranze colte, e la seconda nel diffonderla
attraverso la stampa.
Se non ci fosse stato questo connubio probabilmente la riforma
protestante sarebbe stata, come tante altre, assorbita dalla chiesa
senza grandi conseguenze. Per noi liberali la Riforma protestante è
stata importante, non tanto per le argomentazioni che sosteneva,
quanto per le modalità con cui si è sviluppata, incentivando il principio della responsabilità personale. Rispondere a Dio e non a un
sacerdote delle proprie azioni significa infatti rapportarsi soltanto
alla propria coscienza; il che può definirsi come il principio della
responsabilità personale, uno dei principi cardinali del liberalismo.
02
Con il passare del tempo la stampa ha interessato un numero sempre più importante di cittadini coinvolgendoli nella gestione della
cosa pubblica. Si può affermare che la comunicazione di massa è
alla base della democrazia moderna, la quale è fondata sul consenso consapevole, cioè sul fatto che i cittadini siano messi in grado
di valutare, giudicare e partecipare alle scelte pubbliche; cosa che
soltanto i mezzi di informazione consentono. Importanti fenomeni
storici e culturali come l’illuminismo e le rivoluzioni che ne sono
seguite in Inghilterra e in Francia non sarebbero stati possibili in
assenza della stampa.
È stato questo nuovo mezzo di comunicazione che ha prodotto
cambiamenti così importanti, coinvolgendo tutti e consentendo ai
cittadini di discutere di politica, di economia, dei problemi dello Stato nella loro quotidianità, mentre in precedenza questi argomenti
venivano trattati solamente all’interno delle stanze del potere.
La vecchia struttura del potere non poteva più reggere, e così sono
nate le prime democrazie.
Ai giorni nostri, grazie alla stampa, il cerchio d’elite di chi possedeva
le informazioni si è allargato fino a coincidere con l’intera cittadinanza, dando origine a quelle che vengono definite democrazie di
massa. Così tutte le informazioni sulla gestione delle cose pubbliche
01/2014
COMUNICAZIONE E LIBERALISMO - F. CHIARENZA
sono (o almeno dovrebbero essere) a disposizione di tutti, in quanto
cittadini di una qualsiasi comunità.
Noi parliamo spesso di democrazia liberale ma i due termini non
stanno necessariamente insieme perché uno stato può essere liberale senza essere democratico, come sono stati per esempio molti
paesi europei fino quasi ai giorni nostri; per esempio le donne in
Italia hanno votato per la prima volta nel 1946. Oggi però uno stato
liberale non è più concepibile se non è anche democratico, se cioè
non garantisce uguali diritti a tutta la popolazione.
Ma ci possono essere, e ci sono state, delle democrazie che non
sono liberali, perché se il principio di maggioranza, che è alla base
della democrazia, viene utilizzato per delle finalità che sono illiberali, cioè incidono sui diritti fondamentali che appartengono a ciascun
individuo e che nessuna entità collettiva può comprimere, noi abbiamo, paradossalmente, una democrazia che non è liberale. Non è
un caso che alcuni dei più orribili regimi totalitari sorti in Europa nel
secolo scorso siano, purtroppo, nati da origini democratiche; sia il
fascismo che il nazismo furono votati in maniera quasi plebiscitaria
dalla popolazione, e ovviamente è inutile dire che di liberale questi
movimenti politici avevano pochissimo. Questo binomio (democrazia liberale) è quindi oggi inscindibile.
Ma la democrazia non può esistere senza un’adeguata informazione
dei cittadini; già in Grecia nel VI secolo a.C., quando prende forma
per la prima volta questa procedura decisionale, Pericle aveva compreso che democrazia si collega con conoscenza ed informazione.
“Non si può deliberare” diceva Pericle “ se non si conoscono i problemi”.
Per questo la compressione della comunicazione sfocia facilmente
nei totalitarismi.
L’informazione, dunque, è condizione di libertà; è impossibile immaginare la propria libertà al giorno d’oggi senza informazione, senza
conoscenza. In assenza della quale si delibera erroneamente basandosi solo sulle emozioni.
Ogni essere umano ha dentro sé d ue momenti: uno razionale ed
uno emozionale.
Se quest’ultimo prevale possono verificarsi conseguenze irrazionali
e, spesso, disastrose perché favoriscono demagoghi populisti che
approfittano del momento emozionale della massa per ottenere un
mandato illimitato.
Chi si appropria del potere in questo modo cerca sempre infatti, per
03
COMUNICAZIONE E LIBERALISMO - F. CHIARENZA
01/2014
prima cosa, di eliminare la libertà di informazione e di controllare
i mezzi di comunicazione, per evitare di rimettere in discussione il
potere che ha subdolamente ottenuto.
04
Il principio della libertà di informazione è stato proclamato solennemente per la prima volta nella dichiarazione dei diritti dell’uomo
della rivoluzione francese nel 1789. Due anni dopo lo ritroviamo
nel primo emendamento della costituzione americana.
Sono due modi di sostenere lo stesso principio molto diversi tra
loro.
La dichiarazione della rivoluzione francese afferma che la libertà di
informazione, di stampa, di pensiero, d’opinione, di espressione ecc.
è un diritto dell’uomo, ma chiude l’articolo con la frase: “nell’ambito delle leggi che debbono regolarla”; gli americani affermano nella
loro costituzione che ci sono delle materie sulle quali il congresso
(parlamento) non può in alcun modo deliberare: la libertà religiosa,
la libertà d’associazione e la libertà di stampa.
La differenza è chiara: nel primo caso lo Stato mantiene una riserva
di intervento legislativo per “regolare” la libertà di espressione, in
America invece lo Stato non è legittimato ad emanare leggi di alcun
genere in proposito.
Da questa differenza scaturiscono due modalità di giornalismo
completamente diverse perché riconoscendo ai poteri pubblici la
possibilità di regolare l’informazione – un’eredità della dottrina giuspositivistica per la quale ogni cosa deve essere regolata da una
legge – essa ha portato come conseguenza la possibilità di emanare leggi che di fatto limitano o addirittura sopprimono la libertà di
stampa conclamata nei principi costituzionali.
Per esempio lo Statuto Albertino che ha retto per un secolo il regno
d’Italia, all’art. 28 tutelava la libertà di stampa, ma recava la solita
riserva legislativa presente nella dichiarazione dei diritti francese;
così quando il fascismo andò al potere non ebbe bisogno di modificare la costituzione perché gli fu sufficiente “regolare” la libertà di
stampa fino a sopprimerla di fatto senza modificare lo Statuto; è bastato stabilire che la libertà di stampa non poteva essere esercitata
per finalità contrarie all’interesse nazionale.
E chi decideva quale fosse “l’interesse nazionale”?
Negli Stati Uniti d’America questo non sarebbe potuto accadere
proprio per la diversa formulazione del principio di libertà di stampa,
di religione o d’associazione. Si deve al primo emendamento (“Bill
01/2014
COMUNICAZIONE E LIBERALISMO - F. CHIARENZA
of Rights”) se la società americana da oltre due secoli si caratterizza
per un’assoluta libertà per le religioni (che conseguentemente non
vengono mai sovvenzionate né favorite dallo stato), per una libertà
associativa illimitata (garantita dall’obbligo di autofinanziarsi) e infine, soprattutto, per la più completa libertà di stampa. Ogni volta
che si tenta di emanare delle leggi che possono incidere sulla libertà
di stampa (e ci si è provato molte volte) la corte suprema è sempre
stata attenta a difendere il primo emendamento.
Lo è stata persino riguardo una materia delicatissima come la pedopornografia quando il congresso aveva approvato nel 1994 una
legge per introdurre forme di controllo e di censura preventiva sui
mezzi interattivi, contro la quale le associazioni dei giornalisti avevano presentato ricorso, ovviamente non per difendere la pedopornografia, ma per una questione di principio, per respingere qualsiasi
forma di censura nei confronti di una qualunque tematica, anche la
più aberrante. La corte suprema ha accolto l’impugnazione e ha cancellato la legge, dichiarando che la pedopornografia è ovviamente
da combattere, ma senza toccare la libertà di stampa e di espressione. In Europa sarebbe andata diversamente perché nella cultura
giuridica del nostro continente è radicata un’idea sostanzialmente
paternalistica dello Stato, al quale si chiede non soltanto – come è
ovvio – di regolare i conflitti e punire i comportamenti illegali, ma
anche di farsi carico del “bene” dei cittadini; ma chi decide qual è il
bene, senza cadere pesantemente nella concezione dello stato etico?
Il modello giornalistico americano viene definito “watch dog” (cane
da guardia), perché la funzione che gli americani attribuiscono al
loro sistema di informazione è quello di controllare il potere. Gli
americani lo considerano uno strumento di mediazione tra la massa
e il potere, e perciò ai giornalisti viene di fatto conferito un potere
di vigilanza nei confronti di qualsiasi possibile degenerazione. Una
funzione talmente sentita che, esercitata al massimo livello, ha portato, una volta, alle dimissioni di un presidente degli Stati Uniti. Non
tutti sanno perché Nixon fu costretto alle dimissioni.
Accadde che il Washington Post, giornale di orientamento repubblicano (quindi del medesimo partito di Nixon), il quale, come ogni
giornale americano che si rispetti, svolge vere e proprie investigazioni, avendo avuto delle “soffiate” credibili, ha scoperto che Nixon
e il suo apparato avevano creato un sistema d’ascolto con microfoni
nascosti in una sala del Watergate, un grande albergo di Washing-
05
COMUNICAZIONE E LIBERALISMO - F. CHIARENZA
01/2014
ton dove si erano riuniti i democratici per stabilire le loro strategie
elettorali. Si trattava quindi di spionaggio politico.
Quando si riuscì a dimostrare che ciò era vero, con indagini molto
approfondite e testimonianze affidabili, il presidente Nixon fu costretto alle dimissioni.
Il modello europeo, invece, si è sviluppato in maniera radicalmente
differente.
Il giornalismo europeo è un giornalismo tendenzialmente schierato.
L’informazione è spesso usata strumentalmente in funzione di una
linea politica e i giornalisti quindi svolgono nella maggioranza dei
casi solo parzialmente il ruolo di vigilanza, e quando lo
fanno si concentrano soltanto sul campo avverso. Dunque, in Europa, abbiamo uno strano giornalismo incrociato.
Quando a Italo Pietra, direttore de “Il Giorno” (di proprietà ENI),
fu chiesto se la sua informazione sarebbe stata credibile anche sui
bilanci dell’Eni, egli rispose francamente di no. Chi voleva leggere le
critiche ai bilanci dell’Eni le andasse a cercare magari nella “Stampa”
(di proprietà della Fiat); in compenso chi voleva capire le magagne
dei bilanci della Fiat poteva facilmente trovarle sul giornale da lui
diretto. Al di là della battuta questa ammissione rivelava bene come
funzionava il sistema dell’informazione nel nostro Paese. Ma questa
spartizione del potere di informazione non ha nulla a che vedere
con il pluralismo, perché – come per la lottizzazione della RAI – assegnare pezzi degli strumenti di comunicazione alle diverse parti
non tutela la massa dei cittadini che vogliono conoscere la verità.
Basterà infatti che i titolari della spartizione si mettano d’accordo
e cesserà ogni trasparenza sui loro affari. Nell’esempio precedente
basterebbe che la Fiat e l’Eni si accordassero e la verità sui bilanci di
entrambi non si saprebbe mai.
Questo modello di giornalismo è quindi solo apparentemente pluralista; in realtà riflette semplicemente gli equilibri del potere politico-economico, al di là della ricerca della verità e spesso anche a
prescindere da ogni interesse editoriale.
06
Con l’avvento della televisione arriva l’altra grande rivoluzione della
comunicazione, che rompe l’ultima barriera che impediva alla massa
di accedere alle informazioni, cioè l’analfabetismo. Una piaga ancora molto diffusa in Italia dove, ancora dopo la seconda guerra mondiale, c’era un tasso di analfabetismo altissimo, superiore al 20% , e
più della metà della popolazione non era in grado di comprendere
01/2014
COMUNICAZIONE E LIBERALISMO - F. CHIARENZA
una frase italiana con un costrutto complesso.
La televisione, unendo l’immagine con il parlato, superò questa
barriera e raggiunse anche questa parte della popolazione. L’Italia
cambiò, aumentò la scolarizzazione, i genitori che lavoravano senza
sosta alla ricostruzione del Paese non volevano che i figli crescessero nell’ignoranza, avendo vissuto sulla loro pelle l’importanza di
una istruzione superiore.
L’informazione transiterà, da quegli anni in poi, principalmente attraverso la televisione; tutte le ricerche effettuate dimostrano che
la maggior parte degli italiani preferisce ancora oggi la TV come
strumento di informazione. Negli anni ’50 la sinistra italiana non
capì che la televisione rovesciava tutti i canoni tradizionali dell’informazione, e quindi del modo di fare politica, essendo in grado di
arrivare alla popolazione senza passare attraverso le strutture territoriali dei partiti.
Lo capirono invece in due: la prima è stata la chiesa, che con lo staff
gesuita di Pio XII, forte dell’esperienza televisiva americana, cercò
subito di condizionare questo nuovo strumento di comunicazione,
per il quale invece gli intellettuali di sinistra ostentavano il massimo
disprezzo. Papa Pacelli chiamò la Democrazia Cristiana al controllo
di questo mezzo di comunicazione per tutelare la tradizione cattolica, e infatti pochi mesi dopo l’avvio ufficiale delle trasmissioni
televisive fu nominato amministratore delegato della Rai un dirigente militante nell’Azione cattolica, il quale per primo avviò quel
progetto di televisione educativa secondo i parametri cattolici che
fu poi pienamente realizzato negli anni successivi da Bernabei. Chi
– chiesa a parte – capì che la televisione significava potere politico,
è un signore che ci è arrivato da un’altra strada, non da quella dell’ideologia o della religione, ma da quella degli affari, avendo studiato
anch’egli il modello americano.
La classe politica italiana non si rese subito conto dei cambiamenti
indotti dalla diffusione della televisione; ma l’aumento della domanda pubblicitaria, le innovazioni tecnologiche, la crescente domanda di pluralismo, resero impossibile dopo gli anni ’70 la difesa del
monopolio; tornò in vigore l’art.21 della costituzione che consente
piena libertà di informazione “con qualsiasi mezzo”. La Corte costituzionale, dopo una prima sentenza del ’60 che giustificava il monopolio pubblico per la scarsità delle frequenze disponibili, quindici
anni dopo impose la liberalizzazione. Passarono da allora 14 anni
perché i partiti riuscissero a mettersi d’accordo per fare una legge
07
COMUNICAZIONE E LIBERALISMO - F. CHIARENZA
01/2014
per la regolamentazione del sistema televisivo. Intanto l’imprenditore che aveva compreso per primo il potenziale della televisione
stava comprando una ad una le televisioni private che erano apparse nel mercato fino a realizzare un sostanziale duopolio con la
RAI. Ancora una volta nulla che assomigli a una vera competizione
pluralistica. La televisione pubblica provò a rincorrere il modello
consumistico delle televisioni private, anch’essa a caccia di ascolti
per drenare almeno in parte la domanda crescente di pubblicità, ma
così facendo finì per annullare ogni differenza. Per questo ci si domanda se sia corretto che la RAI incassi un canone che si configura
come una vera e propria tassa obbligatoria giustificandolo con gli
obblighi del servizio pubblico, quando non fa nulla di diverso dalle
reti private.
08
Come sono organizzati i giornalisti? A chi e di che cosa rispondono?
Una domanda cruciale e non soltanto in Italia.
I giornalisti in una società di massa hanno un potere enorme, che
va al di là della denuncia e del controllo del potere; in una società
fortemente mediatica, come quella che si è venuta a creare, conta
il primo impatto, cioè la gente è chiamata a giudicare una persona
nel momento in cui viene denunciato pubblicamente dai mezzi di
comunicazione di massa; l’accertamento giudiziario vero e proprio
può ottenere risultati radicalmente opposti, ma arriva abbastanza
tardi perché nessuno se ne accorga. Si capisce quindi che se qualcuno si prefigge di distruggere una persona può utilizzare lo strumento mediatico indipendentemente dall’esito giudiziario ottenendo la sua eliminazione fondata sul discredito. Il che contraddice il
principio liberale fondamentale per cui nessuno è colpevole fino a
sentenza definitiva.
Un esempio avvenuto in Italia è il caso dell’ex ministro delle finanze
Rino Formica arrestato sotto gli occhi di tutti nel periodo di “mani
pulite”. I giornali titolarono a tutta pagina, ma dopo dieci anni arrivò
la sentenza definitiva con un’assoluzione con formula piena, su richiesta dello stesso procuratore generale, il quale, invece di chiedere la condanna (come normalmente avviene), sollecitò l’assoluzione
affermando che quello era un processo che non avrebbe mai dovuto cominciare. Rino Formica ebbe distrutte carriera e rispettabilità
e non ha avuto alcuno spazio sui giornali al momento della sua assoluzione. Ecco perché io dico che i giornalisti è come se avessero
una pistola in mano, potendo rovinare la vita di qualunque persona
01/2014
COMUNICAZIONE E LIBERALISMO - F. CHIARENZA
appellandosi al diritto di cronaca, senza doverne rispondere a nessuno. Un potere tremendo (non a caso definito “quarto potere”) da
esercitare con grande senso di responsabilità perché in grado di
distorcere le garanzie liberali in uno stato democratico.
Infine qualche rapida annotazione su internet, uno strumento altrettanto importante oggi di quanto è stata in passato la stampa, perché cambia radicalmente il modo di comunicare attraverso la tecnologia interattiva. Tutti i mezzi di comunicazione precedenti partono
da un punto sorgente per portare le informazioni ai riceventi in un
sistema a pioggia; con internet tutti possono comunicare con tutti
in un sistema a rete e questo cambia anche il modo di comunicare,
il linguaggio, e introduce peraltro altri pericoli e perplessità poiché
l’arma della comunicazione ora è in mano a tutti e così chiunque
può con quella metaforica pistola sparare a qualsiasi altro.
Sarà necessario, e se ne sta discutendo in tutto il mondo industrializzato, dare un sistema regolatore alle piattaforme digitali. Perché
in una società liberale tutto è lecito finchè non si viola la libertà
altrui e purché ognuno si assuma le responsabilità dei propri comportamenti, in modo che sia sempre possibile perseguire chi utilizza
l’informazione a scopo diffamatorio o per fare disinformazione.
09
CANTIERE LIBERALE
Via San Bartolomeo, 103
La Spezia - 19126 La Spezia (SP)
www.cantiereliberale.it
[email protected]
follow us