SPIGOLATURE DALLA STAMPA FORENSE a cura di Guido

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SPIGOLATURE DALLA STAMPA FORENSE a cura di Guido
SPIGOLATURE
DALLA STAMPA FORENSE
a cura di Guido Salvadori del Prato
1. Letteratura e diritto.
Non sempre sono stati fecondi i rapporti tra diritto e letteratura anche se Calamandrei e
Pugliatti, per ricordare alcuni sommi maestri del diritto, se ne occuparono.
Non credo, infatti, che i giuristi potranno avvalersi dei letterati, così come questi ultimi
non potranno avvalersi degli studi dei vari rami del diritto.
Vero è che la principale fonte, alla quale attingono i romanzieri, è costituita dalle
cronache giudiziarie, poliziesche ecc. ecc. e i giuristi non c'entrano, almeno quelli che
sono chiamati, o si autodefiniscono, giuristi «puri».
Nella letteratura straniera, mi limito a ricordare il noto scrittore praghese Franz Kafka,
laureato in Giurisprudenza, che pubblicò (1925) il famoso «Il processo» e lo scrittore
olandese Harry Mulish che nel 1998 pubblicò «La procedura». Il connubio tra diritto e
letteratura trova in America uno sviluppo notevole, sfociando in un'autonoma scuola, al
contrario di ciò che è accaduto in Europa. Più di recente è da segnalare un intervento di
Arianna Sansone («Diritto e letteratura, un'introduzione generale», Giuffrè, 2001): l'opera,
come si legge nella presentazione, «dedicata allo studio dei rapporti tra diritto e letteratura,
si apre con un'introduzione generale in ordine ai contributi offerti dalla letteratura
all'evoluzione del pensiero giuridico. Dopo aver ricostruito i profili già sviluppati nei saggi in
argomento del '900 ad oggi in Italia, Europa e Stati Uniti d'America, l'Autrice si sofferma in
modo approfondito sull'esperienza della scuola statunitense del ``law and literature'' per
poi proporre in chiave critica un quadro delle questioni maggiormente qualificanti e
significative affrontate in tema di rapporti tra diritto e letteratura».
Da: La Voce del Foro - Rivista dell'Ordine degli Avvocati di Benevento, n. 2/2003, p.
32: Rubrica «La voce degli amici» a cura di Umberto Fragola.
2. I veri liberali.
Oggi che tutti sono _ o si professano _ «liberali» forse non è inutile chiederci cosa
intendiamo per liberalismo.
Dario Antiseri, poco prima dell'11 settembre sulle colonne de Il Sole-24 Ore aveva fornito
un comodo strumento di verifica, un «decalogo» dei principi cardinali del liberalismo, con il
quale ognuno può togliersi l'uzzolo di controllare la sincerità delle generiche affermazioni
di fede liberale di questa o quella formazione politica.
Proviamo a sintetizzarlo per i lettori nostri colleghi, proprio perché crediamo non solo del
tutto consona alla nostra professione, ma anzi necessaria per consolidarne la dignità, una
consapevole partecipazione alle discussioni della società civile; una tappa anche questa di
una «formazione» non solo tecnica.
Primo, discutere. La consapevolezza che le nostre conoscenze sono e restano
smentibili è il primo fondamentale presupposto del pensiero liberale.
Società aperta. Da tutta la scienza non è estraibile un grammo di morale. Se la scienza
è senza certezza, l'etica è senza verità: è questo il fondamento logico della libertà di
coscienza di ognuno di noi e un irrinunciabile presupposto della società aperta.
Non solo fallibili, ma anche ignoranti. Il valore della libertà individuale «poggia
soprattutto sul riconoscimento dell'inevitabile ignoranza di tutti noi nei confronti di un gran
numero di fatti da cui dipende la realizzazione dei nostri scopi» (F.A. von Hayek).
Il principio di competizione. «Così come per la sfera intellettuale, anche in quella
materiale la concorrenza è il mezzo più efficace per scoprire il modo migliore di
raggiungere i fini umani. Solo là dove sia possibile sperimentare un gran numero di modi
diversi di fare le cose si otterrà una varietà di esperienze, di conoscenze e di capacità
individuali tali da consentire, attraverso la selezione ininterrotta delle più efficaci tra
queste, un miglioramento costante» (F.A. von Hayek).
Il principio di sussidiarietà. La competizione genera efficienza e presuppone quella
libertà di azione dei singoli e dei «corpi intermedi» stabilita dal principio di sussidiarietà.
L'economia di mercato. L'economia di mercato vuol dire prima di ogni altra cosa
proprietà privata dei mezzi di produzione, ed è esattamente la proprietà privata dei mezzi
di produzione a garantire le libertà politiche e i diritti individuali.
Il principio di uguaglianza. Uguali in dignità, gli uomini nella società aperta sono uguali
davanti alla legge, ed una terza eguaglianza è quella riguardante le opportunità. La
dottrina liberale dà onore al merito e combatte i privilegi.
Il principio di solidarietà. La società aperta non solo può permettersi di aiutare i più
deboli, da deve anche farlo.
Individualismo metodologico. Il rifiuto dell'individualismo equivale all'annullamento
della persona, alla distruzione della responsabilità e libertà dei singoli. «Eliminate una
concezione individualistica della società. Non riuscirete a giustificare la democrazia come
forma di governo» (N. Bobbio).
Il vero liberale: «per ``liberale'' non intendo una persona che simpatizza per qualche
partito politico, ma semplicemente un uomo che dà importanza alla libertà individuale ed è
consapevole dei pericoli inerenti a tutte le forme di potere ed autorità» (K. Popper).
Da: Notiziario del Consiglio dell'Ordine Avvocati di Pisa, n. 1/2003, p. 81:
«Liberalismo, democrazia, solidarietà» - Redazionale.
3. Avvocati.
All'improvvisa sua morte, nel maggio del 1880, Gustave Flaubert lasciava note e appunti
sparsi e disarticolati che egli aveva messo insieme per il completamento di «Bouvard e
Pécuchet».
Il contenuto del materiale riguardava prevalentemente il «sottisier», lo sciocchezzaio, la
letteraria e impietosa documentazione dell'umana stupidità.
Uno di questi frammenti (che si sa scritto in collaborazione con un altro bello spirito, e
suo vicino di campagna, Edmond Laporte) fu pubblicato con il titolo «Dictionnaire des
idées reÏues» (Dizionario dei luoghi comuni).
Qui la tradizione illuministica francese dei «Dictionnaires», strumenti incisivi di letteratura
e di polemica intellettuale, viene ripresa dal creatore di Emma Bovary quasi a supporto del
destino finale di Bouvard e Pécuchet, i quali abbandonano delusi la ricerca intellettuale, e
tornano al loro lavoro di copia e trascrizione.
Ecco, comunque, due esempi di «luoghi comuni» ottocenteschi che ci riguardano.
AVVOCATI. Troppi avvocati nei Tribunali.
Hanno il giudizio distorto, a forza di soppesare i pro e i contro.
Dire di un avvocato che parla male: «Sì, ma conosce la legge a menadito».
GIUSTIZIA - Non darsene mai pensiero.
Ah, l'eternità dei luoghi comuni!
Da: Ex art., Notiziario del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Busto Arsizio,
maggio 2003, p. 9: «Ora ed allora: a proposito degli avvocati» di Dario Baragiola.