Ritrova il camper in un campo rom, ma le autorità lo

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Ritrova il camper in un campo rom, ma le autorità lo
d’Italia
RENZI SCOSSO DAL VENTO EUROSCETTICO MINIMIZZA IL VOTO
DI PROTESTA. BERLUSCONI: LʼORA È GRAVE, STOP AGLI EGOISMI
ANNO LXII N.69
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Redazione
È il debutto del premier Matteo
Renzi sulla scena internazionale. Dal summit nucleare dellʼAja il presidente del Consiglio
diffonde segnali di ottimismo: ”Al
di là del nome del primo ministro, lʼItalia è rispettata e apprezzata a livello mondiale”.
”Noi italiani per primi – ha aggiunto Renzi – dobbiamo toglierci il provincialismo di
pensare che il nostro contributo
non sia importante nel mondo.
Su tutti i temi, anche su quello
della sicurezza nucleare, cʼè invece una grandissima attenzione nei nostri confronti”.
Quella di oggi è stata “unʼoccasione importante, allʼinterno dei
tanti colloqui di questi giorni: il
Consiglio europeo, gli incontri
internazionali sulla crisi ucraina,
le iniziative a Berlino e Parigi” e
con lʼ “appuntamento fondamentale” di stasera al G7 e
quello di giovedì con il presidente Obama sono “la dimostrazione che lʼItalia sta
lavorando”. Ma al di là delle dichiarazioni di facciata Renzi sa
che il terremoto che sta scuo-
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tendo la Francia in queste ore
avrà anche ripercussioni in Italia
e così anche a Palazzo Chigi
lʼavanzata del Fronte Nazionale
in Francia non viene sottovalutata. “LʼEuropa deve prendere
atto di un diffuso senso di contestazione e di antipolitica” e quindi
“mettere al centro la crescita e la
lotta alla disoccupazione”, è
lʼanalisi di Matteo Renzi. Il premier sottolinea che è pur vero che
si tratta di “un voto locale” ma “significativo”, “di protesta”, come
accade “anche in Italia”. Il riferimento è al M5S e alla Lega.
Dinanzi al soffio impetuoso del
vento euroscettico si organizza
Forza Italia, con un Silvio Berlusconi che richiama i suoi al senso
di responsabilità: ”Mi auguro che
tutti allʼinterno movimento politico
ben comprendano la gravità del
momento, la crisi di fiducia che investe la politica e lʼesigenza di
rinnovarci. Uno sforzo che dobbiamo affrontare tutti insieme
mettendo da parte interessi personali, ambizioni individuali e la
difesa di rendite di posizione”. E
aggiunge un messaggio rassicurante per gli elettori di FI: ”Voglio
rassicurare tutti i nostri militanti
ed elettori che anche in queste
ore stiamo lavorando alla elaborazione del programma per le ele-
martedì 25/3/2014
zioni europee, alla composizione
delle liste. Come sempre tutte le
decisioni che verranno prese nei
prossimi giorni saranno dettate
solo ed esclusivamente dallʼesigenza di rappresentare al meglio
i moderati, in Italia e in Europa”.
Forza Italia non è allo sbando,
dunque, e ciò che è stato costruito non sarà dilapidato. Lo
conferma in una nota anche Altero Matteoli: “A me pare di assistere ad un altro film, il partito che
conosco sta discutendo, come è
giusto e normale che accada
quando bisogna prendere decisioni o compiere scelte importanti, nel caso le candidature per
le prossime Europee e per le altre
competizioni di maggio. Non cadiamo nella trappola di chi vorrebbe vedere dilapidato un
patrimonio costruito in tanti anni.
Sono certo che anche stavolta
Berlusconi stia esercitando la sua
leadership e che Forza Italia si
presenterà alle Europee, alle Regionali e alle Amministrative unita
attorno a lui”...
Ritrova il camper in un campo rom, ma le autorità lo danno ai nomadi
«perché senza casa»: è lʼItalia “sinistra”
Francesco Signoretta
«Cose dellʼaltro mondo», Lo
sconforto di Giorgio Capitanelli,
dipendente comunale e allenatore di calcio a Porto Recanati, la
dice lunga sulle conseguenze
del tam-tam buonista della sinistra sui nomadi. «Così la gente
perde fiducia nelle istituzioni»,
ha detto in unʼintervista al Corriere Adriatico. La sua vicenda
sta facendo il giro del web: a Capitanelli è stato rubato il camper
e lui ha cercato in ogni modo di
ritrovarlo, utilizzando anche internet. Dopo vari tentativi gli è arrivata una segnalazione da parte
di un cittadino di Bologna: il camper era allʼinterno di un campo
nomadi ai margini della A14 nei
pressi di Bologna. «Mi sono
messo subito in macchina – ha
raccontato – e ho raggiunto il
luogo segnalato. Da uno svincolo dellʼautostrada ho notato il
campo nomadi e non ci ho
messo molto ad individuare il
mio camper. Ho chiamato la polizia del luogo che dopo un poʼ è
arrivata sul posto verificando che
quel camper era proprio il mio.
Svolti gli accertamenti e le procedure del caso mi aspettavo mi
fosse restituito, invece non è andata così: il camper è stato posto
sotto sequestro giudiziario e lasciato nella disponibilità dei ricettatori, perché – mi è stato
detto – si trattava di una famiglia
di nomadi senza casa. Cose del-
lʼaltro mondo. Ora il camper è a
disposizione della Procura fino a
non si sa quando. Dico io: il camper è mio ma è nella disponibilità, chissà di che genere, di una
famiglia di zingari. Riuscirò più
ad averlo?». Tutta la vicenda, al
di là della sua conclusione, dimostra in modo inconfutabile che
episodi del genere, sommati ad
altri di analogo “perdonismo”,
non fanno altro che alzare il livello di tensione. E di questo dovrebbero
assumersi
le
responsabilità le “anime buone”
della sinistra. Dai furti di rame allʼaccattonaggio, dai borseggi allo
sfruttamento dei minori costretti
a chiedere lʼelemosina: questi
sono reati che, agli occhi della
gente, non vengono puniti solo
perché li commettono i rom. A ciò
vanno aggiunti gli “aiuti economici”, come il pagamento delle
bollette, che scatenano la rabbia
di quei pensionati che non arrivano a fine mese e devono fare
sacrifici enormi per far fronte alle
bollette di acqua, luce e gas. O di
quelle famiglie in forte difficoltà
economica. Poi però lo scandalo
è nel cartello anti-zingari (sia
chiaro, inopportuno) messo da
un commerciante esasperato dai
furti dei nomadi. Lì si è scatenata
la gara di solidarietà a favore dei
rom. Negli altri casi, invece, il silenzio, fingono tutti di non vedere
e non sentire. E a fingere non
sono solo le istituzioni.
SullebanchelafrustadelFmi:«Conpiùcredito
lacrescitavola».PersinolaGreciafaràmegliodinoi
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Corrado Vitale
Uno dei grandi problemi dellʼeconomia italiana è la stretta del credito da
parte delle banche, il cosiddetto credit crunch. Lʼultima conferma viene
dal Fondo monetario internazionale,
che va anche oltre, invitando indirettamente il governo a darsi seriamente da fare per spingere le
banche ad aprire i rubinetti dei finanziamenti alle imprese e ai cittadini.
«Ulteriori misure per far ripartire lʼofferta di credito – afferma il Fmi nella
bozza del World Economic Outlook
– potrebbe far aumentare il Pil del
2% o oltre». Non si tratta di una
stima da poco, vista le crescita asfittica prevista per il 2014 e il 2015: rispettivamente dello 0,6 e del 1,1 per
cento. Il discorso non riguarda solamente lʼItalia, ma anche la Francia, lʼ
Irlanda e Spagna. Però è certo che
nel nostro Paese il credit crunch si
presenta particolarmente rovinoso,
vista la struttura stessa del sistema
Secolo
d’Italia
economico: la disseminazione di Pmi
comporta una sorta di banca-dipendenza da parte delle aziende, che
non possono accedere a alle forme
alternative di finanziamento delle
grandi imprese quotate in Borsa.
Spetta quindi a Renzi di essere realmente sollecito sul fronte bancario.
Nel treno della ripresa annunciata a
Centʼanni di Almirante, dalla Cisnal
alla storia della destra. Il convegno di Roma
Giovanna Taormina
«Dobbiamo far conoscere bene la storia.
E Almirante è anche la storia della Cisnal.
Noi siamo orgogliosi del nostro senso di
appartenenza: Almirante fu lʼunico a darci
una sponda quando gli altri ci mettevano
allʼangolo». Poche parole di Giovanni
Centrella, segretario dellʼUgl, per commemorare, nellʼanno del centenario della
nascita, il leader storico della destra italiana che fu sempre vicino al mondo del
lavoro e in particolare al sindacato. Ma
non è un ricordo fine a se stesso perché
come è emerso dal parterre: la politica di
Almirante ancora oggi è viva e attualissima. LʼUgl lo commemora con un convegno, intitolato “Giorgio Almirante e la
Cisnal”, al quale hanno portato la loro testimonianza storici, sindacalisti, professori universitari, politici e uomini che
hanno lavorato braccio a braccio con lo
storico leader della destra: Roberto Chiarini, Gaetano Rasi, Romano Misserville,
Massimo Magliaro e Giovanni Centrella.
Manca Donna Assunta, ma cʼè la figlia
Giuliana De Medici. La data scelta non è
casuale: proprio oggi, nel 1950 a Napoli
nasceva lʼorganizzazione che poi negli
anni sarebbe divenuta lʼUgl. La sala Capranichetta a Roma è stracolma prima
ancora che i lavori inizino.
«È una commemorazione voluta dalla
segreteria generale – spiega Geremia
Mancini – Almirante ci fu sempre vicino.
Ricordo che ad essere della Cisnal negli
anni Settanta era pericolosissimo. Giuliana De Medici va subito allʼattacco:
«Ieri Walter Veltroni in tv ha pubblicizzato il suo film su Enrico Berlinguer. La
mia non è una nota dʼinvidia anche perché due anni fa abbiamo presentato in
una bellissima manifestazione il film fatto
da Massimo Magliaro su Almirante.
Anche noi abbiamo invitato il presidente
della Repubblica che però ha declinato
lʼinvito. Questo filmato ora andrà nelle
scuole. Purtroppo ancora oggi ci sono
politici di serie A e di serie B».
Il rapporto che lega Almirante alla Cisnal
è illustrato dal professore Rasi che si
concentra ai soli primi decenni di vita
della Cisnal (anni ʼ50-ʼ60). «Con la sua
nascita si realizzava una organizzazione
che affiancava il Msi nel campo della tutela dei lavoratori, così come avveniva
per gli altri partiti». Dopo aver ricordato il
primo congresso che elesse segretario
generale Giuseppe Landi e presidente
Gianni Roberti, il professore sottolinea il
parallelismo di idee e di azioni tra la Cisnal e Msi. Poi ricorda la definizione che
diede Almirante di corporativismo nel
corso di una tribuna politica Rai il 25
maggio del 1970: «Il corporativismo è il
MARTEDì 25 MARZO 2014
livello globale ci potremmo vedere
nuovamente relegati ai vagoni di
coda. E dovrebbe rapprsentare un
colpo di frusta per gli attuali governanti dellʼItalia questo assai poco
onorevole confronto che emerge
sempre dal rapporto del Fmi. Persino
la Grecia potrà infatti fare meglio
dellʼ Italia a partire dal 2015. Se-
condo le previsioni degli economisti
dellʼIstituzione diretta dalla Lagarde,
lʼanno prossimo Atene spiccherà il
volo, staccandoci di netto. Lʼaumento
del Pil stimato e del 2,9%.
Una politica adatta allʼallentamento
del credit crunch sarebbe peraltro
oggi favorita dalla discesa dello
spread e dalla conseguenze stabilità
dei titoli pubblici italiani. Fu proprio la
caduta di valore del debito sovrano
italiano a determinare negli anni passati il deprezzamento del patrimonio
delle banche, che appunto detenevano quote rilevanti di debito pubblico. Di qui una delle principali
cause della stretta del credito per le
imprese. Ma una raccomandazione
il Fmi la impartisce anche alla Bce:
«Un ulteriore allentamento monetario, che includa misure non convenzionali, è necessario per sostenere
lʼattività e per evitare i rischi da inflazione bassa o deflazione».
superamento del settoriale, la visione
corporativa è una visione che, se appunto corporativa, abbraccia gli interessi in guisa organica». Quanto alla
ideologia Rasi fa notare che «purtroppo
nella seconda metà degli anni 70 una
parte della classe dirigente missina e cisnalina abbandonò la politica dellʼalternativa per quella dellʼinserimento, priva
di quella strategia originaria che era
volta ad una fase costituente sostitutiva
del regime partitocratico».
E su questa strada si inserisce lʼanalisi
di Chiarini, che spiega: «A bocce ferme
si può dire che la missione è stata compiuta, ma solo a metà. La guida di Almirante , senza dubbi il vero leader della
destra italiana della Prima Repubblica
che con esso si è identificato fino a diventarne la sua stessa icona, è riuscito
a guidare il suo popolo nel travagliato
passaggio del Mar Rosso fino a farlo approdare (quasi) incolume alla terra promessa. Diversamente, però da Mosè
invece di poter celebrare la missione
compiuta con lʼannegamento politico dei
suoi oppressori, doveva subire il lutto
della sua dispersione e della sua diaspora».
Magliaro dal canto suo ripercorre le varie
tappe vissute a fianco di Almirante. Chiarisce subito che nei primi anni non ci fu
ghetto e isolamento per il Msi ma questo avvenne dopo la nascita dellʼarco costituzionale: «Abbiamo governato città e
regioni. Il ghetto è arrivato dopo», dice
più volte. «Il pensiero e lʼopera di Almirante – spiega – sono attuali. Lui ha
sempre predicato lʼunità del partito. Non
ha svenduto nulla della sua idealità.
Poi ci sono le premiazioni. Per scelta di
Centrella, nellʼoccasione nasce il riconoscimento ”24 Marzo 1950″ che andrà, di
anno in anno, a quegli uomini che con la
loro azione umana ed ideale seppero difendere la nostra organizzazione e la comunità ad essa legata. Questʼanno sono
ricordati, tra gli altri, i primi tre segretari
generali della Cisnal: Gianni Roberti,
Giuseppe Landi ed Ivo Laghi nonché
Bartolo Gallitto e Teodoro Buontempo. E
poi Ugo Calenzani, Vito Chiantera e Donatella Gila segretaria storica di Almirante. Infine lʼultimo ricordo è affidato a
Misserville: «Il Msi fu un miracolo, il nostro era un partito vilipeso, offeso, che
ha avuto come vittime ragazzi di 15 anni.
Adesso ci riconoscono che siamo stati
portatori di idee nuove. Il prezzo del regime lo abbiamo pagato tutti noi. Almiramte parlava con un linguaggio di cui
tutti erano assetati».
Napolitano “approfitta” delle FosseArdeatine
per difendere lʼEuropa, dopo il ciclone Le Pen
MARTEDì 25 MARZO 2014
Guglielmo Federici
Il caso ha voluto che la commemorazione dell'eccidio delle Fosse
Ardeatine abbia coinciso, ieri, con
il successo elettorale di Marine Le
Pen in Francia. Una circostanza di
cui “ha approfittato” il presidente
Giorgio Napolitano, che durante la
cerimonia ha usato parole gravi
per parlare agli “euro- ottimisti” in
difesa di un'Europa «screditata da
attacchi superficali». Il riferimento
è alle posizioni critiche della leader
del Front national rispetto alle strategie economico- finanziarie europee che stanno mettendo in
ginocchio i Paesi dell'Eurozona.
Napolitano la mette invece sul terreno storico: «Dobbiamo ricordare
quello che abbiamo vissuto in Italia ed in Europa e che non si può
giocare con queste posizioni che
tendono a screditare il nostro patrimonio di lotta per la libertà». «La
pace - ha aggiunto - non è un regalo o addirittura un dato scontato,
ma una conquista, e per quanto riguarda noi e gli altri paesi europei
è una conquista dovuta precisamente a quella unità europea che
oggi troppo superficialmente da
varie parti si cerca di screditare».
Se il segretario della Lega, Matteo
Salvini, parte all'attacco senza perifrasi su Fb ( «Da Napolitano parole vergognose: usa le Fosse
Ardeatine per attaccare chi “su-
Secolo
d’Italia
Lʼallarme delle forze di polizia:
con la spending review
ottantamila agenti
in meno nel 2020
perficialmente” scredita e attacca
l'Ue») il centrodestra preferisce
una lettura realistica e lungimirante del dato proveniente dalla
Francia. I processi storici complessi e dolorosi di cui parla Napolitano non sono, infatti, in
discussione. Il discorse è ben diverso. «Con il successo di Marine
Le Pen il popolo francese chiede
riscatto dai burocrati della Ue e
della Bce e dice basta alla gabbia
dellʼeuro», commenta il presidente
di Fratelli dʼItalia-Alleanza nazionale, Giorgia Meloni. «È il fatto
nuovo della politica europea con
cui le oligarchie dovranno fare i
conti», analizza Ignazio La Russa.
«Ha detto bene Marine Le Pen: in
alto ci sono loro con lʼeuro e questa Europa burocratica; in basso ci
siamo noi con il popolo. Questo è
un segnale che lʼEuropa dei popoli
manda ai poteri forti e che in Italia
dobbiamo saper raccogliere»,
conclude La Russa. Anziché discettare sulla «destra pericolosa»,
bisognerebbe leggere il successo
del Front national come un “sveglia” salutare, un “no” allʼattuale
assetto europeo, basato su vincoli
e austerità. «Il trionfo elettorale di
Marine Le Pen è la débacle dellʼidea tutta contabile e ragionieristica dellʼEuropa». Sarebbe l'ora
delle riflessioni e non degli anatemi.
parole durante la conferenza
stampa a Parigi. «Oggi non
siamo più un partito di contestazione ma di adesione,
pronto ad assumersi le re-
sponsabilità di governo, dai comuni fino all'Eliseo», ha detto
la leader del Front National. A
chi le ha chiesto un commento
alle posizione di Grillo che
spesso vengono affiancate, a
quelle del Front national, la Le
Pen ha risposto: «Francamente non capisco l'odio di
Grillo nei miei confronti. In realtà, i nostri partiti sono d'accordo su molti temi, a partire
dalla lotta contro l'euro». Non
ha quindi lesinato critiche al
leader di M5s, che -al contrario
di Fn - «si limita a contestare
senza assumersi le proprie responsabilità». Ha concluso
Marine.
Marine Le Pen dopo lʼexploit: «E ora
unʼalleanza tra gli euroscettici d'Europa»
Redazione
Avviso a chi ha un'idea diversa
dell'Europa delle oligarchie finanziarie e di burocrati. Ora
Marine Le Pen, dopo il successo a valanga ottenuto alle
Amministrative, rivolge un appello che oltrepassa i confini
della Francia. La leader del
Fronte Nazionale, dopo l'exploit chiama a raccolta le forze
critiche verso euro e Ue:
«Chiedo a tutte le forze euroscettiche d'Europa di allearsi in
difesa degli Stati nazione, del
ritorno della democrazia, della
sovranità dei popoli e delle
identità nazionali», in vista
delle elezioni europee di maggio. Queste sono state le sue
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Redazione
Per effetto della spending review nel
2020 polizia, carabinieri e guardia di finanza potrebbero avere 80mila uomini
in meno di oggi. Non solo, la loro età
media passerebbe da 47 a 53 anni. È
quanto emerge da un dossier che sarebbe stato preparato dagli uffici del Dipartimento della Pubblica Sicurezza per
il capo della Polizia Alessandro Pansa.
La drastica riduzione di agenti sarebbe
il risultato del turn over al 55%, ovvero di
quelle norme della spending review che
prevedono una sola assunzione per due
pensionamenti. L'allarme trapelato dalle
forze di polizia è stato raccolto da Maurizio Gasparri, che ha chiesto un chiarimento al ministro dell'Interno Angelino
Alfano. «Non bastano parziali rassicurazioni. Sui tagli alla sicurezza occorrono decise smentite», ha detto il
vicepresidente del Senato, invitando il
ministro a riferire in commissione Affari
costituzionali di Palazzo Madama. Per
l'esponente di Forza Italia, dal dossier
emerge che «l'ipotesi di ridurre ancora
gli organici lascerebbe il paese del tutto
scoperto sul piano sicurezza e ordine
pubblico». «Bisogna sbloccare turn over
e contratti e potenziare alcuni servizi.
Quanto ai tagli, la strada non passa né
per l'accorpamento di alcune forze, né
per la chiusura di caserme o commissariati, ma per il trasferimento, ad esempio, di alcuni uffici», ha chiarito Gasparri.
Alta tensione in Egitto: condannati a morte
529 Fratelli musulmani. Dura reazione di piazza
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Antonio Pannullo
Escalation di tensione in Egitto: la
Corte d'assise di Minya in Egitto ha
condannato a morte 529 Fratelli musulmani e ha inviato il dossier al Gran
Muftì d'Egitto che ha il compito di ratificare le condanne a morte o di respingerle. Sono accusati morte di due
poliziotti, di disordini avvenuti lo
scorso agosto e di appartenere ad
un'organizzazione terrorista. Le condanne a morte sono state emesse
nell'ambito del processo che vede imputati oltre 1.200 sostenitori dei Fratelli musulmani per i disordini in Alto
Egitto il 14 agosto del 2013. La maggior parte degli imputati sono contumaci. Diciassette sono stati prosciolti
dalle accuse, mentre nei giorni a venire dovranno comparire in aula altri
700 pro-Morsi anche loro accusati di
avere attaccato un commissariato di
polizia e di avere partecipato agli
scontri e alle violenze. Tra loro figura
la guida spirituale della Confraternita
Mohamed Badie. Scontri sono esplosi
davanti al tribunale di Minya in Alto
Egitto dopo la lettura della sentenza di
condanna a morte per 529 pro-Morsi,
tra le famiglie dei condannati e la polizia. Lo apprende l'Ansa da testimoni
secondo i quali sono stati anche scanditi slogan contro l'esercito, la polizia
e la magistratura. La sicurezza ha tenuto a 800 metri di distanza dal tribunale le famiglie degli accusati. Uno dei
legali della difesa Tarek Fouda ha af-
Secolo
d’Italia
Venezuela, donna incinta
uccisa dalle forze dell'ordine.
Non partecipava alla protesta
fermato che è stato loro vietato di
aprire bocca in aula. Subito dopo diverse manifestazioni di piazza sono
scoppiate in varie città del governatorato di Minya in Alto Egitto dopo la
sentenza di condanna a morte. «Migliaia di dimostranti - secondo quanto
riferiscono testimoni - si sono raggruppati a Samalout, Mattay e all'Università di Minya». L'agenzia Mena
scrive che «centinaia di sostenitori dei
Fratelli musulmani hanno dato fuoco
ad una scuola a Mattay e che l'edificio
è stato evacuato. Pompieri e ambulanze sono accorsi sul luogo». Parole
di fuoco dai Fratelli musulmani contro
la sentenza. Hamza Zoubaa, portavoce di Giustizia e Libertà, su Twitter
ha affermato che «con la condanna a
morte dei rivoluzionari, la rivoluzione
ha preso una nuova fase e il risultato
sarà inatteso e senza precedenti».
Duro anche il movimento integralista
Jamaa Islamiya che promette «nuove
forme di opposizione contro il golpe
militare». Inoltre si apprende che la
Corte d'Assise del Cairo ha aggiornato a mercoledì prossimo il processo
contro 20 giornalisti di al Jazira dopo
avere sentito gli avvocati della difesa.
Il legale Khaled Abou Bakr ha chiesto
che agli accusati venga concesso di
lasciare la prigione di al Akrab dove
«hanno subito torture e aggressioni da
parte della sicurezza e anche per la
mancanza di adeguati servizi sanitari». L'avvocato ha poi chiesto che
uno degli accusati, Mohamed Fahmi,
venga ricoverato per problemi di salute.
luppi, e ha rinviato a un'altra conferenza stampa domani per ulteriori dettagli. Infatti le famiglie dei 239 dispersi
dell'aereo Malaysia Airlines MH370
hanno ricevuto un sms dalla compagnia aerea, secondo cui l'aereo scomparso è stato "perduto" e non ci sono
sopravvissuti. Lo riferisce la Bbc. Nelle
ore precedenti la conferenza stampa
era stato reso noto che oggetti "tondi" e
"rettangolari", forse appartenenti al volo
della Malaysia Airlines scomparso,
sono stati avvistati da un aereo australiano impegnato nelle ricerche. Lo ha
dichiarato il primo ministro al suo omologo malaysiano secondo quanto riportato dalla Bbc. Gli oggetti sono stati
individuati nella stessa area dell'Oceano Indiano dove sono stati avvi-
stati nelle ultime ore e nei giorni scorsi
altri possibili resti. Anche l'equipaggio
di un aereo da ricognizione cinese ha
avvistato dei detriti che potrebbero provenire dal volo MH370 della Malaysia
Airlines scomparso dall'8 marzo scorso
con 239 persone a bordo, due terzi dei
quali cinesi. L'agenzia Nuova Cina riferisce che si tratta di due grandi oggetti
e di altri più' piccoli che navigano nell'area dell'Oceano Indiano dove si sono
concentrate le ricerche, circa 2500 a
sudovest della città australiana di
Perth. Gli oggetti sono tutti bianchi.
Nella stessa zona nei giorni scorsi possibili resti dell'aereo - un Boeing 777 erano stati avvistati sia dalla marina australiana che da satelliti cinesi. Il volo
era partito da Kuala Lumpur ed era diretto a Pechino. Finora nessuna spiegazione è emersa in merito alla
deviazione che avrebbe fatto dalla sua
rotta prevista. La Cina ha inviato nella
zona anche delle navi tra cui la rompighiaccio Xuelong (Drago delle nevi),
che dovrebbe arrivare quanto prima
nella zona degli avvistamenti e che potrebbe recuperare gli oggetti.
Risolto il giallo? La Malesia sostiene
che l'aereo scomparso si è inabissato
nelle acque dellʼOceano Indiano
Redazione
Fine del giallo? L'aereo scomparso
MH370 è precipitato nel sud dell'Oceano Indiano. Lo ha annunciato a
Kuala Lumpur il primo ministro malaysiano Najib Razak. «Con profonda tristezza e dispiacere, vi devo informare
che, secondo nuovi dati, il volo MH370
è finito nel sud dell'Oceano Indiano»,
ha detto Najib, citando nuovi calcoli basati sui dati forniti dal sistema satellitare
Inmarsat per appurare la rotta tenuta
dal Boeing 777-200 dopo aver perso i
contatti con la torre di controllo. L'ultima
posizione rilevata del volo della Malaysia Airlines sparito l'8 marzo si trova appunto nell'oceano. Najib ha spiegato di
aver già informato le famiglie delle 239
persone a bordo riguardo gli ultimi svi-
MARTEDì 25 MARZO 2014
Redazione
Una giovane donna incinta, che lavorava come interprete di lingua dei
segni nella principale tv privata del Venezuela, è morta nei dintorni di Caracas in un attacco con armi da fuoco
contro un gruppo di persone che manifestavano contro il governo. Lo ha
annunciato il leader dell'opposizione
Henrique Capriles precisando che
Adriana Urquiola, di 28 anni e incinta
di tre mesi, «non partecipava alla protesta». La giovane donna, ha spiegato
Capriles, è morta mentre camminava
vicino a una delle barricate erette dai
manifestanti antichavisti in compagnia
di un'altra giovane donna, Rosalba
Perez Ibanez, che è stata ferita a un
braccio. «Nessuna delle due giovani
partecipavano alla protesta», ha indicato Capriles, che è governatore dello
stato di Miranda, la cui capitale Los Teques, è la località nei dintorni di Caracas dove è avvenuta la sparatoria. La
procuratrice generale del Venezuela,
Luisa Ortega, e il comandante della
Guardia nazionale bolivariana, Justo
Noguera Pietri, hanno ammesso che
le forze dell'ordine hanno commesso
eccessi nella repressione delle manifestazioni antigovernative che si susseguono da inizio febbraio e che
hanno provocato finora un bilancio di
33 morti e centinaia di feriti. "È vero
che ci sono stati eccessi della polizia,
ma alla procura abbiamo aperto finora
60 inchieste per presunte violazioni dei
diritti umani», ha detto Diaz, puntualizzando che si tratta di casi isolati.
La pistola di Alì Agca andrà in Polonia
nella casa-museo di papa Wojtyla
MARTEDì 25 MARZO 2014
Secolo
d’Italia
Redazione
Roma, piazza San Pietro, 13 maggio 1981: sono da poco passate le
17. Mehmet Alì Agca spara a Giovanni Paolo II che sta salutando la
folla prima dell'inizio di un'udienza
generale. Il Papa viene raggiunto
da due proiettili: uno lo colpisce di
striscio a un dito, l'altro in maniera
grave all'addome. Nell'attentato rimangono ferite anche due donne.
La pistola usata dall'attentatore
turco è una Browning H.P. calibro 9
Parabellum, matricola 76c23953.
Quell'arma è da tempo custodita al
Museo criminologico di Roma, che
fa capo al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Ora, a
pochi giorni dalla canonizzazione di
Giovanni Paolo II che si terrà in Vaticano il 27 aprile, verrà trasferita
per tre anni nella città natale di
Karol Wojtyla, Wadowice, in Polonia, e sarà esposta nella casa in cui
nacque Giovanni Paolo II trasformata oggi in un museo. Nella sede
del Museo criminologico il capo del
Dap, Giovanni Tamburino, ha simbolicamente affidato la pistola a
monsignor Dariusz Ras, direttore
del museo polacco che verrà inaugurato il 9 aprile. «Quell'arma è
segno di violenza e morte, ma
anche di vita, perché Wojtyla è sopravvissuto, e a lungo, all'attentato», ha sottolineato monsignor
Ras. «Ed è anche un segno di perdono, perché Giovanni Paolo II
perdonò il suo attentatore», ha aggiunto Tamburino. In queste ore la
pistola sarà portata in Polonia con
un volo di linea Alitalia, affidata
come prassi al pilota durante il
viaggio. Trasferire un'arma da un
Paese all'altro non è cosa facile.
«La pistola di Agca – ha ricordato
Simonetta Matone, capo Dipartimento degli affari di giustizia del
ministero, che é intervenuta per assicurare la conservazione del reperto – era stata in un primo
momento confiscata, poi è stata
donata al Museo criminologico.
Ora, grazie anche alla collaborazione del presidente del tribunale di
Roma, Mario Bresciano, potrà raggiungere la Polonia in prestito temporaneo». All'iniziativa ha dato il
suo apporto anche il vaticanista
Franco Bucarelli, che all'incontro
ha mostrato il sanpietrino su cui la
pistola fu ritrovata. La casa-museo
di Wadowice ripercorrerà tutta la
vita di Wojtyla. Grazie al policlinico
Gemelli, dove il papa fu ricoverato
cinque volte, la prima proprio dopo
l'attentato, sarà anche ricostruita la
stanza dell'ospedale romano che
ospitò il papa, con il letto e i mobili
originali.
Liliana Giobbi
Sono oltre vent'anni che la tubercolosi
è stata dichiarata “emergenza sanitaria
globale” dall'Oms, ma ancora oggi un
terzo dei nuovi malati non riceve diagnosi e cure adeguate, e l'emergere
delle forme multiresistenti ai farmaci
mette a rischio anche i progressi fatti finora. Lo ricordano gli esperti delle associazioni contro questa malattia. I
nuovi casi ogni anno sono 9 milioni, ricorda l'Organizzazione Mondiale della
Sanità, e proprio ai 3 milioni di “missed”
è dedicata la giornata. «Molte di queste
persone vivono nelle comunità più povere del mondo – spiega l'associazione
Stop Tb – e include gruppi come migranti, tossicodipendenti e lavoratori
sessuali». Nel 2012, spiega l'Oms, si
stima che ci siano stati 8,6 milioni di
nuovi casi e 1,3 milioni di morti. Oltre il
95% dei decessi si è verificato in paesi
a basso e medio reddito. La tubercolosi
è tra le prime tre cause di morte per le
donne tra i 15 e 44 anni, mentre tra i
bambini ci sono stati 500mila nuovi casi
e 74mila morti. La forma resistente, che
richiede terapie lunghe e costose, è
ormai presente in tutti gli stati monitorati dall'Oms, e fa circa 450mila nuovi
casi ogni anno. Per quanto riguarda
l'Europa i casi sono in calo, ma l'obiettivo di eliminarla dal continente entro il
2050 ai tassi attuali di diminuzione non
verrà raggiunto. La malattia non è “lontana” neanche per l'Italia, sottolinea l'or-
ganizzazione Medici Senza Frontiere,
che ha lanciato anche da noi il manifesto “Curami, Salvami” che chiede trattamenti più efficaci. «'In Italia si contano
ogni anno circa 7,5 nuovi casi ogni
100.000 persone soprattutto nelle
grandi città, con il 25% dei casi tra
Roma e Milano e la Lombardia tra le regioni più colpite». Nel nostro paese,
come anche nel resto d'Europa, tra le
categorie più a rischio ci sono i detenuti. Dai dati della Società di medicina
penitenziaria (Simpse) risulta che nel
2012 nelle carceri italiane il 21,8% dei
detenuti aveva la malattia. In futuro ci
potrebbero essere delle nuove armi,
scrive in occasione della giornata il Global Fund contro Hiv, Tbc e malaria.
La tubercolosi non è sconfitta: tanti malati
senza cura. E lʼItalia non è fuori pericolo
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Anche sui prodotti alimentari
hanno vinto le lobby: troppi
trucchi e ingredienti non italiani
Redazione
Basta ai furbi del Made in Italy
nell'agroalimentare: 'ancora oggi
molti prodotti sono fatti da ingredienti che non sono italiani, con
ulteriori rischi di infiltrazioni delle
ecomafie. Dall'inizio della crisi le
frodi in questo settore sono triplicate, le persone si vedono costrette ad acquistare prodotti che
costano meno, ma comprano
confezioni che richiamano al
Made in Italy e dell'Italia hanno
poco o niente. Parola di Roberto
Moncalvo, presidente di Coldiretti. La legge sull'etichettatura
dei prodotti alimentari ottenuta
nel 2011 poteva fermare gli inganni del finto made in Italy,
spiega, ma ''è rimasta senza decreti attuativi''. ''Dagli anni 2000 a
oggi gli unici prodotti in cui abbiamo ottenuto questa obbligatorietà dall'Unione europea sono
quelli per cui si sono verificate pesanti crisi di sicurezza alimentare.
La carne bovina dopo l'emergenza mucca pazza, il pollo dopo
l'emergenza aviaria, l'ortofrutta
fresca. Ma in generale si può dire
che l'etichetta è anonima per
circa la metà della spesa degli italiani''. ''Manca la volontà politica spiega - e speriamo che con questo governo le cose possano
prendere un'altra piega. Purtroppo sulla legge dell'etichettatura ha vinto la forza delle lobby
dell'agroindustria italiana che
continua in modo miope a credere che il made in Italy sia solo
una questione di ricette a prescindere dall'origine del prodotto''. A guadagnarci, afferma,
sono ''le grandi aziende agroalimentari che fanno business sulla
mancanza di trasparenza''.
A Milano sgomberi farsa: via dai campi
i nomadi occupano le case popolari
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Secolo
d’Italia
Redazione
«Apprendiamo che il Comune di
Milano ha sgomberato 48 nomadi
che avevano occupato illegalmente lʼex polveriera di viale Forlanini. E che lo scorso 3 marzo era
avvenuto lo sgombero del campo
abusivo sorto vicino allʼospedale
Sacco. Non ci stupisce che di queste operazioni si sia lamentato il
Naga, visto che si tratta di una vera
e propria società di mutuo soccorso di nomadi, immigrati e clandestini». È quanto afferma
Riccardo De Corato, vicepresidente del Consiglio comunale e capogruppo
di
Fratelli
d'Italia-Alleanza Nazionale in Regione Lombardia, che aggiunge:
«Gli attivisti del Naga dicono di
aspettare “ormai da tre anni un segnale forte di discontinuità” rispetto
al centrodestra. Ma la discontinuità
esiste già, ed è più che evidente:
noi i nomadi li mandavamo via, Pisapia li sposta da una parte allʼaltra
della città! Sono i numeri a confermarlo. Numeri che erano stati evidenziati dal prefetto di allora, Gian
Valerio Lombardi, in unʼintervista
concessa al giornalista Foschini
del “Corriere della Sera" il 30 ottobre 2010. Pisapia non fa che trasferire i nomadi da una parte
allʼaltra. Se li sgombera da un
campo li ospita nei centri di via
Lombroso o di via Barzaghi. E
anche questa volta, come sostiene
il Naga, il Comune ha “proposto
una soluzione alloggiativa” per
queste persone. Ai nomadi vengono assegnati gli alloggi acquistati dalla Caritas e dalla Casa
della carità con i soldi del Comune.
E, quando non ottengono li alloggi,
se li prendono con la forza, alla faccia della legalità di cui parla
spesso, a vanvera, lʼassessore
Granelli. Come dimostrano le occupazioni abusive delle case popolari di via Quarti, Lorenteggio e
altre zone della città. Gli sgomberi
del Comune di Milano sono una
farsa! A dimostrarlo – continua De
Corato – è anche la trattativa avviata dallʼamministrazione per lʼacquisto di un terreno in via Silla dove
vorrebbe permettere ai nomadi,
che già lo occupano abusivamente
tanto da averlo trasformato in una
discarica a cielo aperto, di autocostruirsi un campo. Con la scusa
che il terreno inquinato va bonificato, Pisapia vuole acquisire lʼarea
e regalarla ai nomadi. Apprendiamo anche che la Giunta, per
questa operazione, potrebbe utilizzare i fondi previsti dal decreto Maroni del 2009. A questo punto
chiediamo a Pisapia: ma questi
soldi sono infiniti? Continuano a
essere sperperati per i nomadi».
Redazione
I senatori di Forza Italia Francesco
Amoruso e Maurizio Gasparri
hanno rivolto al ministro dellʼInterno Angelino Alfano un'interrogazione sulla soppressione dei
servizi di Polizia nelle Province di
Bari e Bat (Barletta-Andria-Trani),
in cui ricordano «che negli scorsi
giorni il Dipartimento di Ps ha avviato le procedure di consultazione
relativa a un ampio progetto di
“riorganizzazione dei presidi della
Polizia di Stato”, che di fatto comporta la soppressione di una serie
di importanti uffici di Polizia ubicati
su tutto il territorio nazionale». Tra
questi uffici, vari sono ubicati nel
territorio di questa Regione e delle
Province di Bari e Barletta-AndriaTrani (in particolare la sottosezione
di Polizia Stradale di Barletta, la
Squadra Nautica di Bari, la Squa-
dra Sommozzatori di Bari). La segreteria provinciale del Sindacato
Autonomo Polizia ha manifestato
le sue forti preoccupazione perché
la chiusura di questi uffici è suscettibile di comportare gravi conseguenze sotto il profilo della
sicurezza dei cittadini. A parere di
Amoruso e Gasparri la riduzione
degli investimenti nella sicurezza
non genera risparmi, mentre contribuisce a peggiorare la qualità
della vita dei territori per l'aumento
della criminalità e quindi per la diminuzione degli investimenti commerciali e imprenditoriali in aree
che suscitano preoccupazione
negli imprenditori sotto tale profilo.
I due esponenti di Forza Italia chiedono dunque di sapere «quale sia
allo stato attuale il contenuto del
progetto di “riorganizzazione dei
presidi della Polizia di Stato” in re-
lazione ai territori delle Province di
Bari e Barletta-Andria-Trani e se il
ministro dell'Interno condivida le
preoccupazioni espresse al fine di
contemperare le inevitabili esigenze di risparmio e gestione oculata
delle
risorse
organizzative-gestionali con il
mantenimento di standard di sicurezza adeguati per i cittadini e per
le imprese».
In Puglia soppressi vari servizi di polizia:
interrogazione di Gasparri ad Alfano
MARTEDì 25 MARZO 2014
Roma, biscotti scadenti
nelle mense scolastiche
e 57 dietisti senza lavoro
Redazione
«Non auguro a nessuno di trovarsi
costretto a mangiare i biscotti che
fino alla settimana scorsa sono
stati forniti a merenda a molti bambini di alcune scuole elementari di
Roma. Prodotti di qualità scadente,
veramente disgustosi, color giallo
paglierino, unti, duri come i sassi,
avanzati a quintali perché nessun
bambino era disposto a mangiarli.
Ora, che a seguito delle numerose
lamentele dei genitori il Campidoglio ha deciso il ritiro della galletta.
Mi auguro che certi cibi non vengano più distribuiti. Resta comunque da chiedersi perché questi
prodotti riescano ad entrare nel circuito della refezione scolastica».
Lo denuncia Marco Giudici, consigliere e presidente delle commissione Trasparenza del Municipio
XII di Roma. «Questo fatto, che si
aggiunge ai panini con la muffa
serviti nelle scuole del III Municipio,
fa affiorare il problema della carenza delle dietiste nelle mense di
tutta Roma e rende necessaria
l'assunzione dei 57 vincitori del
concorso che l'amministrazione
Marino ha lasciato a casa. Uomini
e donne indispensabili che devono
rafforzare un organico operoso ma
insufficiente che ad oggi conta 52
delle 116 unità di cui Roma
avrebbe bisogno. Su questo tema
presenterò una proposta al Consiglio del Municipio XII, sperando di
incontrare il consenso unanime di
tutti i gruppi politici – conclude Giudici - così come è già accaduto in
altri cinque Municipi di Roma».
“Everest”: lʼultimo kolossal hollywoodiano
fissa il campo base a Cinecittà
Secolo
MARTEDì 25 MARZO 2014
d’Italia
Priscilla Del Ninno
La sfida alla natura. La forza dell'uomo. L'ineluttabilità del destino. Tutto racchiuso in un film che
ricorda la tristemente nota tragedia consumata
sulla vetta dell'Himalaya nel '96. Uno scenario ricostruito con settemila metri quadrati, sormontati
da un fondale di 80 metri di larghezza e 20 di altezza, nell'enorme “piscina” del backlot a Cinecittà
– già scelto da Martin Scorsese per Gangs of New
York e per la serie I Borgia – utilizzati ancora una
volta per riprodurre un campo base alpinistico in
Everest, diretto dall'islandese Baltasar Kormakur,
americanissima produzione della Universal in 3d
da oltre 60 milioni di dollari, in uscita a settembre
2015, con Jake Gyllenhaal, Michael Kelly, Josh
Brolin, John Hawkes e Jason Clarke. Il film porta
sul grande schermo la più grande tragedia avvenuta sulla vetta dell'Himalaya: la morte tra il 10 e
11 maggio 1996, durante una tempesta, di nove
scalatori, fra i quali due guide molto esperte Rob
Hall (Clarke) e Scott Fischer (Gyllenhaal). Tra i sopravvissuti a quella spedizione ci fu Jon Krakauer,
alpinista e scrittore, che fece un racconto drammatico e coinvolgente dei fatti sull'Everest in Aria
sottile, usato fra le fonti del film, insieme al libro di
7
un altro sopravvissuto, Beck Weathers, A un soffio dalla fine. Le riprese di Everest, appena terminate nella capitale (l'ultima parte sarà girata a
Londra), avevano già toccato l'Italia. A gennaio,
infatti, la troupe aveva girato nel ghiacciaio della
Val Senales sulle Dolomiti, in Alto Adige (che ha
anche contribuito attraverso la BLS - Film Fund &
Commission con un sostegno per la produzione
di 700.000 Euro) coinvolgendo 60 professionisti
sul luogo, e poi si era spostata per un'altra parte
della lavorazione in Nepal. Da almeno 12 anni a
Hollywood si pensava a un film sulla tragedia, ma
nonostante vari tentativi e altri registi interessati,
come Stephen Daldry, non si era mai andati
avanti. Oggi il produttore Tim Bevan, a proposito
della lunga genesi del progetto, ha dichiarato a
Empire di aver aspettato il regista giusto: e finalmente è arrivato. «Kormakur è in grado di filmare
l'azione – ha detto Bevan – di declinarla al
dramma, e oltretutto viene anche dal posto più
freddo del mondo». E poi, su tutto, fa la differenza
l'obiettivo principale che il regista si è prefissato
dirigendo il film: «Onorare i morti e rispettare quelli
che sono sopravvissuti».
Samuele Bersani in concerto tra revival e note di dissenso
Bianca Conte
Uno sguardo sul cinismo quotidiano. Sulla comunicazione imbarbarita dai social network. Il
gusto perduto delle piccole cose. I
sentimenti più privati, ma anche la
vigliaccheria che trionfa sul web,
la tv del dolore che chiede l'autografo agli assassini, l'amarezza
per lo «Stivale ridotto ad una pantofola». E, soprattutto, i successi
più amati di vent'anni di carriera:
Samuele Bersani a Roma scalda
e coinvolge l'Auditorium della
Conciliazione,
accompagnato
dalla sua band, su una scenografia elegante ed essenziale, con un
cielo stellato sullo sfondo. A pochi
minuti dall'inizio del concerto,
aperto sulle note di Complimenti,
l'artista si carica il leggio sulla
spalla e lo piazza in un corridoio
della platea, per cantare in mezzo
alla gente l'ispiratissima En e
Xanax, scritta esattamente un
anno fa e contenuta nell'ultimo
album Nuvola numero nove. Un
gesto che si ripete più volte, tra gli
applausi del pubblico, i flash e le
lucette rosse degli smartphone
che riprendono e registrano la
scena. «Mi piace di più quando ci
guardiamo negli occhi – è il rimprovero amorevole di Bersani ai
suoi fan – senza telefonini che filtrano le emozioni. Mi piace chi le
vive senza bisogno di rivedere la
scena da casa». Poi una riflessione: «Siamo diventati dei grandissimi cinici. Aspettiamo che
qualcosa di brutto capiti a qualcun
altro non più per cambiare canale,
ma per guardare e giudicare,
anche sui social network, non
siamo più abituati all'incontro». E
poi un pensiero alle radio, alcune
delle quali – dice – «passano
sempre e solo Spaccacuore,
come se negli ultimi vent'anni non
avessi scritto altro». Quindi, parte
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Antonio Triolo
Ugo Lisi
il revival: un tuffo nel passato con
Il mostro, scritta a soli 19 anni e riproposta pianoforte e voce da
solo, senza la band, mentre su un
altro classico del suo repertorio,
Giudizi universali, Samuele rivela
che il suo staff sta registrando il
concerto per un album live di prossima uscita. Poi recita, prima di
cantarlo, il testo della nuova Reazione umana. Dopo circa due ore
di concerto, con pezzi in scaletta
come Replay, Un pallone, Freak e
Coccodrilli, è il momento dei bis
con Chiedimi se sono felice e Il re
muore. Il pubblico invoca a gran
voce una delle nuove canzoni,
Desiree. Bersani non sa dire di no,
la band si presta ad improvvisare,
parte, poi si interrompe, ricomincia. Gran finale su Chicco e spillo,
canzone tra le sue più fortunate.
Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà
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7 agosto 1990 n. 250