Note sulla partecipazione di italiani ai movimenti antifascisti in Egitto

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Note sulla partecipazione di italiani ai movimenti antifascisti in Egitto
Note sulla partecipazione di italiani ai movimenti antifascisti in Egitto
negli anni trenta e quaranta
Guido Valabrega
Le note che seguono avrebbero dovuto entra­
re a far parte di un volume di saggi sui rap­
porti tra Italia ed Egitto negli ultimi decenni.
In tale opera si sarebbe delineata, tra l’altro,
una panoramica complessiva e sotto vari an­
goli visuali della realtà della comunità italia­
na in quel paese arabo: dalle questioni del re­
gime giuridico, all’attività dei medici e degli
architetti italiani, alle ripercussioni dell’an­
data al potere del fascismo e della seconda
guerra mondiale. Si sarebbe cosi completato
fino all’epoca della presidenza di Nasser l’e­
same dei rapporti tra l’Italia ed il paese ara­
bo, che, insieme a vari incontri seminariali,
è stato avviato dal Centro di studio del Mediterraneo della facoltà di Scienze politiche del­
l’Università di Milano, con la pubblicazione
della raccolta di saggi dal titolo L ’Italia e l ’E­
gitto. Dalla rivolta di Arabi Pascià all’avvento
del fasciscmo ( 1882-1922.
Sembrava, comunque, non inutile tentare
di presentare una testimonianza sull’azione
antifascista, pressoché sconosciuta, di singoli
e di gruppi in tale terra, cominciando a racco­
gliere qualche dato ed evidenziando con un
primo raffronto tensioni, coincidenze e con­
trasti con la politica egiziana e con i comandi
britannici all’epoca del conflitto mondiale.
In attesa che la raccolta di interventi venga
pubblicata proponiamo questi appunti ben­
ché siano incompiuti e richiedano ulteriori
approfondimenti. D ’altro canto l’ottica spe­
cifica ed originale e l’approccio invero singo­
lare verso vicende e organizzazioni deriva
dall’aver ampiamente recepito le esperienze,
i ricordi ed i suggerimenti di Marcello Leone,
una figura di militante quasi leggendaria, con
la sua straordinaria “ egizianicità” , ovvero
con la sua capacità allora e oggi di riferirsi al­
la condizione sociale e politica del maggiore
Stato arabo (ma anche di Libano e Palestina)
avvertendone con grande sensibilità, in parti­
colare, i problemi e le aspirazioni del movi­
mento dei lavoratori. Si tratta di echi e di ricostruzioni delle vicissitudini reali e precise,
dell’impegno di vita di uomini e donne, del­
l’autentico incontro tra storie e Storia, che si­
curamente meritano di essere segnalati.
Tra dirigenti egiziani dell’epoca m onar­
chica e maggiorenti della comunità italiana
vi fu a lungo una sostanziale compenetrazio­
ne di interessi: basti pensare che addirittura
molte delle risorse finanziarie personali di
re Fuad passavano per la succursale cairota
della Banca commerciale italiana, del cui
Consiglio di amministrazione faceva parte
lo stesso tesoriere reale, Zaki el-Ibbrashi
Pashà. Un altro dato significativo di quell’e­
poca, a testimonianza della contiguità tra ce­
ti abbienti, fu la preferenza che un gran nu­
mero di ragazzi italiani accordava alle scuole
francesi ed inglesi, più rinomate ed orientate
1 Romain H. Rainero, Luigi H. Serra (a cura di), L ’Italia e l’Egitto. Dalla rivolta di Arabi Pascià all’avvento del fascismo
(1882-1922), Settimo Milanese, Marzorati, 1991.
I ta lia c o n t e m p o r a n e a ” , g iu g n o 1 9 9 6 , n . 203
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Guido Valabrega
verso il laicismo, mentre solo i figli di fami­
glie poverissime tendevano ad iscriversi alla
scuola italiana.
Tale coinvolgimento nella realtà locale co­
minciò ad incrinarsi con l’aumento delle ten­
sioni che portarono all’iniziativa colonialisti­
ca fascista contro l’Etiopia. Nella numerosa
comunità italiana, invero poco coesa, andò
aumentando il disorientamento per il molti­
plicarsi delle pressioni contraddittorie in
mezzo alle quali si trovava: la vigilanza e le
iniziative di controllo del governo del Cairo
e delle autorità britanniche; le esortazioni
per un rilancio nazionale da parte dei vari
partiti egiziani e gli spiriti di riscossa popola­
re e sindacale che si andavano diffondendo
tra le masse; l’impegno reiterato del regime
fascista e dei suoi seguaci all’estero per giun­
gere all’identificazione tra il fascismo stesso
ed il concetto di patria.
A quanto risulta, a partire dalla guerra
d’Abissinia, subito dopo la conquista del po­
tere da parte dei nazisti, e dalle estese con­
danne che essa raccolse nel mondo africano,
si può cominciare a parlare d’un concreto at­
tivizzarsi degli elementi antifascisti della mi­
noranza italiana in Egitto, che prendeva le
distanze dai rilevanti consensi raccolti dal re­
gime in Italia nei riguardi dell’impresa colo­
niale. Come ha scritto Fausta Cialente, con
una certa approssimazione cronologica, ma
con indubbia chiarezza nella rievocazione
della dinamica:
il nostro com pito era quello di far giungere “ l’in­
formazione” a tutti i ceti della collettività italiana
di Alessandria, Porto Said e Cairo: denunciare l’a­
biezione del regime, i delitti che vi si com metteva­
no, e di come già militassero all’interno gli antifa­
scisti, che per questo rischiavano la galera o la vi­
ta. L’assassinio di M atteotti, la m orte di G obetti e
di Gramsci, e più tardi la guerra d’Etiopia furono
via via il materiale scottante nei volantini che i no­
stri giovani di buona volontà riuscivano a distri­
buire. Ricordo gli anni della guerra di Spagna co­
me un periodo di fuoco2.
Diremmo questa una testimonianza convin­
cente d’un fermento divenuto abbastanza dif­
fuso da arrivare a coinvolgere, sul piano
ideale, anche elementi italianissimi come Tul­
lio Pegna, avvocato presso il Consolato. Era
inoltre un fermento che cominciava ad orga­
nizzarsi ed al quale partecipava un numero
non esiguo specie di elementi giovani. Tra es­
si vanno ricordati i due fratelli Leo e Gio Battino (per la precisione, greci di Corfù, ma di
cultura e poi anche di nazionalità italiana),
Carlo Mandel, Renato Mieli e la moglie
Isa, Ugo Nacson e poi Renato Farfaro, Dina
Forti e Laura Levi che agivano ad Alessan­
dria. Anche per i contatti e gli appoggi che
trovò in tali persone, è opportuno ricordare,
a questo punto, la missione dalle prospettive
tuttora non approfondite di Velio Spano
(1905-1964), esponente di primo piano del
Pei clandestino e figura centrale dell’azione
anticolonialistica, recatosi in Egitto nel
1935 con la compagna Giuseppina Zolia (Milena) per promuovere delle iniziative contro
la spedizione italiana in Etiopia.
Secondo quanto scrive Antonello M atto­
ne, colui che ne ha trattato più diffusamente3,
l’opera di Spano ebbe un preciso riferimento
nel sopracitato gruppo di giovani, da lui defi­
niti senza mezzi termini “ tutti comunisti” , e
si concretò in due principali attività: l’impe­
gno a mobilitare l’opinione pubblica egiziana
giungendo alla formazione d’un Com itato
per la difesa dell’Etiopia del quale fecero par­
te il patriarca copto Johannes Lamba, il prin­
cipe Omar Tussum, il nobile Ismail Daud,
Abdel Hamid Said, capo della gioventù mu­
sulmana, con segretario l’avvocato E1 Milighi, “uno dei nostri amici, nazionalista d’e­
2 Fausta Cialente, Le quattro ragazze Wieselberger, Milano, Mondadori, 1976, p. 213.
3 Antonello Mattone, Velio Spano, vita di un rivoluzionario di professione, Cagliari, Edizioni della Torre, 1978, pp. 2427.
Note sulla partecipazione di italiani ai movimenti antifascisti in Egitto
strema sinistra e sincero antimperialista” ; la
diffusione di materiale propagandistico ai
soldati italiani in transito nel Canale di Suez
ed in particolare nella tappa di Porto Said.
Va però aggiunto che lo storico Jacques Couland tende ad ampliare il campo d’azione di
Spano riferendo di meno noti collegamenti
con elementi comunisti, wafdisti di sinistra
e sindacalisti, citando pure alcune righe d’un
suo rapporto sulle rivendicazioni dei lavora­
tori che veniva incontrando4. Di tale rappor­
to alla Direzione del Pei, redatto nel 1936, è
recentemente apparsa una parte sotto il titolo
Codice segreto: passaggio a Suez, in Velio
Spano l ’uomo, il politico, lo scrittore, nel nu­
mero speciale di “ Rinascita sarda” per il
trentesimo anniversario della morte. Si può,
tra l’altro, leggere in queste note al Pei sulla
missione in Egitto, la seguente osservazione
sulla realtà della comunità italiana: “ L’attivi­
tà fra gli italiani è anch’essa assai difficile per
il fatto che laggiù gli italiani sono in Italia
(capitolazioni); la loro condizione economica
è, del resto, assai buona. E gli italiani di lag­
giù mancano assolutamente di informazio­
ni” . Dalla stessa fonte risulta che la compa­
gna di allora di Spano, che lo accompagnò
in Egitto sotto il nome di Fernande, si sareb­
be chiamata Colia e non Zolia5.
Spano conobbe Mieli e altri e tali cono­
scenze si sarebbero rivelate utili in tempi suc­
cessivi al suo viaggio in Egitto quando si im­
pegnerà a inviare da Parigi materiali propa­
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gandistici da diffondere tra i lavoratori italia­
ni. Ancora nel 1953 e successivamente Spano
svolgerà una funzione nell’opera di unifica­
zione del movimento comunista egiziano,
tanto che lo storico egiziano Rifaat al Said6
sarà indotto a criticare quella che si potrebbe
definire quasi un’ingerenza. Dopo aver se­
gnalato che il Pei, tra le varie organizzazioni
comuniste, fu quella che maggiormente si in­
teressò al problema dell’unificazione del mo­
vimento comunista egiziano, al Said ricorda
infatti la visita di Velio Spano in Egitto all’e­
poca della guerra italo-etiopica. Aggiunge,
poi, che negli anni cinquanta non la convin­
zione, ma le pressioni del Pei, sollecitate in
particolare da Gian Carlo Pajetta e da Velio
Spano, portarono alcuni gruppi comunisti ad
unirsi. Una pressione che si sarebbe rinnova­
ta nel 1957 con una visita del giornalista de
“ L’U nità” Alberto Jacoviello e con articoli
dello stesso Jacoviello e di Spano su tale quo­
tidiano. In particolare l’intervento di Spano
del 5 dicembre 1957 si contraddistinguerebbe
per “gli errori storici, le sciocchezze, le criti­
che non obiettive ed il tentativo di privilegia­
re alcuni quadri” a scapito di altri7.
Peraltro, tornando alle vicende del 19351936, talune circostanze portano a pensare
che l’insieme delle attività di Spano e degli al­
tri italiani antifascisti non sfuggisse alle auto­
rità del Cairo e specialmente ai servizi segreti
britannici8. Le une e gli altri, in altre occasio­
ni ben più pronte a reprimere energicamente,
4 Jacques Couland, Regards sur l ’histoire syndicale et ouvrière ègyptienne (1899-1952), in René Gallissot (a cura di),
Mouvement ouvrièr, communisme ed nationalismes dans le monde arabe, Parigi, Les éditions ouvrières, 1978, p. 192.
3 “ Rinascita sarda”, 1994, p. 6 e p. 44 e, per la citazione, p. 53.
6 Rifaat al Said, Tarich al harara al Sciu’ eia al masriah [Storia del movimento comunista egiziano 1900-1940], Il Cairo,
Sharikat al Amai, 1986.
7 Volendo seguire gli ulteriori sviluppi del rapporto tra comunisti ed egiziani, tra i non molti testi orientativi segnaliamo
Gian Carlo Pajetta, Socialismo e mondo arabo, Roma, Editori Riuniti, 1970, specie pp. 89-91, e le note d’un viaggio in
Egitto nel 1967 redatte da Pietro Secchia in Archivio Pietro Secchia 1945-1973, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 527-528 e
pp. 565-568. Ultimamente — marzo-aprile 1993 — un esponente del Partito della rifondazione comunista ha avuto in
Egitto una serie di positivi incontri con i dirigenti al massimo livello delle varie articolazioni della sinistra. Questo con
l’obiettivo, dopo la conclusione dell’esperienza sovietica, d’un recupero di contatti internazionalistici tra le forze pro­
gressiste dei due paesi al di qua e al di là del Mediterraneo.
8 Una testimonianza sul clima di intrighi spionistici e polizieschi esistenti nella capitale egiziana è A.W. Sanson, Con­
trospionaggio al Cairo, Milano, Feltrinelli, 1966.
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Guido Valabrega
inclinarono a chiudere un occhio verso mani­
festazioni che nell’insieme si inquadravano
nelle impostazioni favorevoli all’Etiopia pa­
trocinate dalla Società delle nazioni e che sti­
marono non rilevanti per gli interessi impe­
riali inglesi.
In ogni caso, il gruppo antifascista al cen­
tro del quale si ritrovava la Cialente, può es­
sere considerato un punto di partenza per de­
lineare i collegamenti e, allo stesso tempo, la
frammentazione aH’interno delle quali opera­
vano i democratici italiani. Per un verso, in­
fatti, esso era impegnato a svolgere una pro­
pria azione nella comunità italiana; per un al­
tro, in particolare durante la seconda guerra
mondiale, d’accordo con i comandi britanni­
ci, avrebbe dato il via, sempre nel settore in­
formativo, alla pubblicazione d’un giornale,
“Fronte unito” , indirizzato ai prigionieri ita­
liani, non solo in Africa settentrionale, ma
nel “Medio Oriente e fino nel Kenia, in India
e nel Sud Africa” e dall’ottobre 1940 alla tra­
smissione antifascista da Radio Cairo9.
Oltre a ciò si può ricordare che tale grup­
po manteneva rapporti ed avviava iniziative
comuni pure con altre cerehie non molto
dissimili o singoli personaggi dell’antifasci­
smo, avendo un indirizzo di fondo di sini­
stra più tenace di quanto gli inglesi potesse­
ro sospettare. Al riguardo è da rammentare
che, dopo la fine del conflitto, sempre il
gruppo della Cialente lanciò una nuova im­
presa editoriale, diffondendo tra la comuni­
tà italiana “ Il mattino illustrato” con una
tiratura che raggiunse le ventimila copie.
Tuttavia, sembra che nel 1947, preso atto
dell’indicazione da parte del Pei di appog­
giare la richiesta jugoslava per l’annessione
di Trieste, la pubblicazione sia stata rapida­
mente costretta a chiudere per il crollo delle
vendite causato dall’opinione contraria alla
posizione comunista prevalente tra i lettori.
È comunque opportuno ribadire come, al­
meno in questo caso, resta difficile esprimere
giudizi definitivi: occorrerebbe seguire ogni
singola biografia e non limitarsi a segnare
percorsi e contorni. Pur tenendo presente la
definizione alquanto perentoria di Velio Spa­
no (“ tutti comunisti”), il comportamento re­
lativamente tollerante dell’autorità si spie­
gherebbe anche con l’impegno politico quasi
esclusivamente diretto all’interno dell’am­
biente italiano o, al massimo, esteso in qual­
che caso ad altri residenti stranieri, tra l’altro
tutti, sino all’ultimo, beneficiari sul piano
giuridico dell’antico sistema delle capitola­
zioni. Si ricorda che l’insieme dei privilegi,
denominato appunto capitolazioni, fu istitui­
to nell’impero ottomano, sotto la cui giuri­
sdizione era anche l’Egitto, sin dal Cinque­
cento per favorire i rapporti commerciali,
ma che esso divenne con il tempo uno stru­
mento di discriminazione colonialistica e di
oppressione. Ad esempio, i non egiziani ri­
correvano ai rispettivi consoli per risolvere
le controversie giuridiche, civili e penali. Uf­
ficialmente le capitolazioni furono abrogate
al Cairo nel 1937, ma il loro influsso si fece
a lungo sentire anche in tempi successivi.
Un altro punto di raccordo significativo
dell’antifascismo degli egiziani di nazionalità
straniera, in genere, ed in questo contesto di
parecchi italiani, fu, a partire dal 1934, la Le­
ga pacifista, diretta dal cautissimo marxista
svizzero Paul Jacquot-Descombes. In pratica
in tale ambiente si sarebbero incontrati due
nuclei di antifascisti di origine italiana: il pri­
mo che, in verità, ne rimase sostanzialmente
ai margini, era d’ispirazione mazziniana,
puntando al recupero d ’una italianità in chia­
ve risorgimentale, e vedeva attivi Maurizio e
Vittorio Boceara con il padre, Ercole Ferruzzi, Paielli e i due figli, Sandro Rocca, Italo
Tettamanti ed Angelo Tartagni. Quest’ulti­
9 F. Cialente, Le quattro ragazze Wieselberger, cit., pp. 222 e 225. È noto che Palmiro Togliatti tornando dall’Urss in
Italia agli inizi del 1944 si fermò qualche giorno in Egitto. In tale occasione fu ospite della Cialente e di Laura Levi ed
espresse loro valutazioni e consigli sulla linea di “Fronte unito” .
Note sulla partecipazione di italiani ai movimenti antifascisti in Egitto
mo fonderà nel 1940 l’antifascista “Giornale
d’Oriente” e più tardi, nell’ottobre 1942, il
movimento Libera Italia, sempre di tendenza
mazziniana ed influenzato da Randolfo Pacciardi, e l’omonimo periodico10. Specie attra­
verso Paielli v’erano inoltre collegamenti con
una loggia massonica e con un gruppo carbo­
naro, a loro volta aiutati da un autorevole
egiziano, figura eminente della massoneria
in tale paese. L’altro nucleo, formatosi gra­
dualmente e decisamente più impegnato nel­
l’attività della Lega, aveva più spiccati orien­
tamenti di sinistra: i suoi componenti, ritro­
vatisi nella Lega pacifista, ne avevano finito
con l’intuire il retroscena marxista. JacquotDecombes era difatti in contatto con l’Inter­
nazionale comunista e con il Partito comuni­
sta francese, allo stesso tempo che alcuni
stranieri di origine greca iscritti alla Lega ad­
dirittura agivano come una sorta di cellula
del Partito comunista greco. Tuttavia, le pas­
sate vicissitudini del comunismo egiziano,
sulle quali non ci soffermeremo11, avevano
in pratica decretato l’esaurirsi di una attività
comunista organizzata e indotto nella Lega
pacifista un’esagerata tendenza a diffidare
di chiunque. Le condizioni oggettive — s’era
concluso — non erano mature per una ripre­
sa comunista ed ogni sforzo avrebbe dovuto
essere indirizzato alla formazione, nel grande
partito Wafd, d’una ala sinistra su cui fare le­
va.
Tra gli italiani che all’interno della Lega
cominciavano a mordere il freno e non si ac­
contentavano delle iniziative pur positive in
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favore del movimento femminista, contro
l’aggressione all’Etiopia, a favore della Spa­
gna repubblicana e contro l’invasione giap­
ponese della Cina, spiccava Marcello Leone,
un giovane di ascendenza ebraico-livorne­
se12. Nato al Cairo nel 1913, impiegato di
banca, formatosi da autodidatta attraverso
la lettura di Marx, di Lenin e di Bucharin, en­
trato nella Lega pacifista, egli dovette recarsi
dal 1935 a varie riprese in Libano per motivi
di salute: qui avrà una serie di incontri di
grande importanza con esponenti comunisti
— Nikola Shawi, Artine Madoyan, Khaled
Bakdash — che lo trasformarono in militante
consapevole ed attivo. In particolare Leone,
che fu anche nominato corrispondente del
giornale del Partito comunista sirolibanese,
“Saout el Chaab” , venne sollecitato a render­
si conto che il compito dei marxisti stranieri
in Egitto, in un contesto, cioè, dalle esplosive
contraddizioni economico-sociali, avrebbe
dovuto essere precisamente quello di impe­
gnarsi a formare dei marxisti egiziani. Il
grande giornalista e uomo politico egiziano
Mohamed Heikal (nel 1970 fu ministro delle
Informazioni e degli esteri) dal suo canto così
parla delle vicende di quegli anni: “ Marcel
Israel fu il primo comunista egiziano a con­
tattare dei comunisti in altri paesi arabi. Poco
prima della seconda guerra mondiale ebbe
occazione di recarsi in Libano dove incontrò
Farajallah Helou e Nikola Shawi, che erano
allora due dirigenti del partito comunista li­
banese. Grazie a Shawi incontrò un esponen­
te del partito comunista francese e fu anche
10 Gli scopi del movimento e del periodico erano: “unificazione delle attività italiane antifasciste in Egitto; cooperazio­
ne con similari organizzazioni esistenti all’estero; collaborazione con le Nazioni unite nello sforzo di guerra per la libe­
razione dell’Italia dalla tirannide fascista e dal vassallaggio tedesco” (Angelo Tartagni (a cura di), Fascismo cairino, dal­
la "Libera Italia" novembre 1942-febbraio 1943, Cairo, 1947, p. 3).
11 Ricordiamo l’insuccesso dello sciopero generale con l’occupazione delle fabbriche proclamato ad Alessandria nel
1924 ad imitazione di quello di Torino del 1920, la catena delle successive repressioni e il tradimento di un infiltrato
agente della polizia politica, Abdel Aziz, dal 1928 al 1931 designato segretario del Partito comunista egiziano, che portò
all’arresto, alla scomparsa o all’espulsione dei militanti migliori.
12 Su Marcello Leone, note biografiche e notizie nell'intervista concessa ad Ahmad Ismail, Al haraka al Takaddomeiah
al Masriam men Son’h al Aganeb [Il movimento progressista egiziano non è opera degli stranieri, “Adab wa Naqd” [Cul­
tura e critica], 1988, n. 40.
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Guido Valabrega
presentato a Khaled Bakdash e a un dirigente
comunista di origine armena. Tutto spingeva
Marcel Israel ad intensificare l’attività del
partito tra i lavoratori e gli intellettuali egi­
ziani” 13.
Di ritorno al Cairo, fattosi assumere in
una fabbrica come magazziniere per entra­
re in contatto con gli operai e divenuto se­
gretario della Lega pacifista, Marcello Leo­
ne, insieme a compagni egiziani quali Fuad
al Ehwani e Muhammad Nasreddin e con
altri italiani, si trovò impegnato in un’am­
pia discussione che aveva due assi centrali:
F “egizianizzazione” della Lega stessa, ov­
vero l’impegno ad allargare agli autoctoni,
alla popolazione araba, l’opera di propa­
ganda, informazione e formazione in vista
della creazione di quadri comunisti; l’unità
antifascista, vale a dire l’esigenza di coin­
volgere il maggiore numero possibile di ita­
liani nelle prese di posizione unitarie con­
tro il regime, indipendentemente dalle loro
tendenze partitiche (anarchici, comunisti,
repubblicani). Il confronto si protrasse
per parecchi mesi e si concluse con la con­
statazione di insuperabili chiusure rispetto
alla richiesta di svolgere, nell’ambito della
Lega pacifista, il vasto ed impegnativo la­
voro di lotta antifascista, per la democra­
zia e per la pace che ci si proponeva e della
necessità, quindi, di dare vita ad una nuo­
va struttura.
Verso la fine del 1938, di conseguenza, si
accelerarono i preparativi per fondare al Cai­
ro ed ad Alessandria l’Unione democratica,
dinnanzi all’impossibilità di portare avanti
la preparazione di elementi marxisti di estra­
zione egiziana ed al rifiuto di Jacquot-Decombes di accettare l’adesione alla Lega degli
antifascisti italiani con il pretesto che erano
imprudenti ed anarcoidi. Marcello Leone
ha ricordato cosi quest’episodio:
Ero deluso. Paul Jacquot-D ecom bes era pur sem­
pre un vero com unista, ma molto prudente, tro p ­
po prudente. N on poteva dimenticare il tradim en­
to del segretario generale del P artito che aveva fat­
to arrestare decine di militanti. E ra la sua ossessio­
ne e co m p o rtav a un settarism o totale, una
sospettosità incredibile. E ro in co n tatto con un
gruppo di italiani antifascisti ed avevo proposto
la loro adesione alla Lega. Jacquot-D ecom bes ri­
fiutò, vedeva dei provocatori d ap p ertu tto 14.
Alla manifestazione inaugurale dell’Unione
avrebbero dovuto parlare a circa 400 persone
il direttore egiziano della Biblioteca naziona­
le, Marcello Leone e Sandro Rocca, attore e
letterato. Ma poiché le pressioni dell’amba­
sciata italiana indussero le autorità egiziane
ad impedire i discorsi, rincontro si trasformò
in un’entusiasmante recitazione di Rocca di
testi e poesie sulla libertà.
Con la formazione dell’Unione democrati­
ca, la quale, tra l’altro, rapidamente si colle­
gò con l’organizzazione artistica progressista
Arte e libertà (nella quale era assai attiva l’a­
narchica italiana Marcella Biagini), si apre
un vero e proprio nuovo capitolo nella storia
del movimento operaio egiziano. Grazie al­
l’intervento di Marcello Leone, di sua mo­
glie, di altri italiani come Raymond Aghion
e del cugino Raoul Curiel, discendenti anch’essi da una vecchia famiglia israelita livor­
nese, e di alcuni egiziani tra i quali Tahsin al
Masri, Assad Halim, Saleh Orabi e Mussa al
Kazem, si pose termine agli interrogativi ed
alle esitazioni e si voltò pagina con coraggio,
quasi con spavalderia giovanile, ma certa­
mente pure in consonanza con la tragicità e
l’urgenza dei tempi. È vero che sarebbero
proseguite ulteriori diatribe, divergenze e di­
scussioni, cosi come il grande dramma della
seconda guerra mondiale non mancò di coin­
volgere l’Egitto con conseguenze dirette, nel­
la diversità dei compiti e delle responsabilità,
13 Mohamed Heikal, The Sphinx and the Commissar. The Rise and Fall o f Sovietic Influence in the Middle East, intro­
duzione di Henry Kissinger, New York, Harper and Row, 1978, p. 45.
14 Gilles Perrault, Un homme a part, Parigi, Barrault, 1984, p. 90.
Note sulla partecipazione di italiani ai movimenti antifascisti in Egitto
per ciascun militante. Tuttavia il salto di qua­
lità era evidente perché con consapevolezza,
dietro il paravento dell’“ Unione democrati­
ca, raggruppamento legale, fu fondato un
gruppo clandestino m arxista” . Il compito
principale era di “attirare nell’Unione demo­
cratica il più gran numero di giovani egiziani,
al fine di reclutare tra essi i migliori elementi
al marxismo [...] era la linea dell’egizianizzazione (come era stata preconizzata dal Parti­
to comunista libanese) che trovava così la sua
prima applicazione concreta” 15.
Tale risultato fu ottenuto attraverso un’ar­
ticolata distribuzione di compiti all’interno
del nucelo comunista dell’Unione, che si im­
pegnò positivamente a raccogliere nuove
adesioni di militanti egiziani, fino a che que­
sti non diventarono la maggioranza. Nel rie­
vocare quei tempi, Assad Halim16 ha scritto:
“Marcello era il motore, l’organizzatore pra­
tico della nostra attività, era il più anziano di
noi e il più colto e cosciente. Eravamo ine­
briati del marxismo e l’unica sua fonte era
Marcello” . Di qui la decisione nel 1940 di tra­
sformare tale nucleo, attraverso un congresso
costitutivo, in una vera e propria organizza­
299
zione comunista che si denominò Liberazio­
ne del popolo [Tahrir as-shaab], strutturata
in cellule e con un preciso programma d’atti­
vità. Al vertice v’era un Comitato esecutivo
composto da tre egiziani e da Marcello Leo­
ne. Si può, quindi, condividere il giudizio se­
condo il quale Liberazione del popolo è la
prima organizzazione comunista egiziana
fondata dopo la scomparsa del partito17: un
giudizio confermato da Rifaat al Said18.
L’intensa attività in direzione del proseliti­
smo indurrà, però, a seguire con minore at­
tenzione l’Unione democratica che passò
con Arte o libertà sotto la direzione di un al­
tro egiziano “straniero” : Henri Curiel, fratel­
lo di Raoul, anch’egli, come s’è detto, d’origi­
ne italiana19, ma che, legato culturalmente al­
la Francia, avrebbe scelto di vivere in questo
paese sino alla sua uccisione avvenuta a Pari­
gi il 4 maggio 1978, in circostanze mai chiari­
te dalla polizia.
Liberazione del popolo, con straordinario
attivismo, rapidamente organizzò due altre
associazioni legali di copertura finalizzate
anche ad offrire occasioni per reclutare nuovi
compagni: Pane e libertà, situata in un quar-
15 Marcello Leone, Esquisse historique du Mouvement communiste égyptien, p. 12: si tratta di una relazione (46 pagine
più un Annexe di precisazioni redatto nel 1984) che ha rappresentato una fonte documentaria preziosa specie sino a
quando gli storici egiziani, studiate tali vicende, non hanno cominciato a pubblicare i risultati delle loro ricerche. Ad
esempio, Rifaat al Said (Tarikh al harara, cit., p. 698), traducendo la relazione per la prima volta in arabo, sottoli­
neava che il suo autore “ha giocato un ruolo importantissimo nell’attività di sinistra alla fine degli anni trenta e qua­
ranta. Colgo l’occasione per ringraziare Leone per la pazienza — ancora, probabilmente la stessa pazienza con cui ha
saputo coinvolgere tanti lavoratori ed intellettuali egiziani alla causa dell’emancipàzione politica e nazionale — con la
quale ha risposto alle mie domande, sciogliendo incertezze e spiegando scelte ed orientamenti di singoli e di gruppi.
Da molti anni in Italia e pienamente inserito nella realtà italiana, questo esponente politico aveva saputo dare tutto se
stesso alla causa del superamento in Egitto della interferenza colonialistica e della dipendenza politica e culturale stra­
niera, divenendo di fatto e nel modo più autentico un egiziano tra gli egiziani. Tale vicenda umana diremmo confermi
l’artificiosità di certe categorie e suddivisioni etniche, le quali, almeno per quanto riguarda la terra del Nilo, a noi
sembra giusto prendere in considerazione nella misura opportuna, ma del tutto negativo sopravvalutare e cristallizza­
re. In definitiva ci sembra che l’esempio di Marcello Leone confermi come l’essenziale sia il posto che ogni essere uma­
no ha in sorte o consapevolmente sceglie aH’intemo della scala sociale. E questo il senso del riconocimento per quello
che Marcello “ha fatto per il popolo egiziano”, espresso pure da Ismail Sabri Abdallah, ex ministro della Program­
mazione e oggi dirigente del Partito nazionale-progressista unitario, dedicandogli il suo scritto Le Developpement de
l ’Egypte.
16 Assad Halim, in R. al Said, Tarikh al harara, cit, p. 724.
17 M. Leone, Esquisse historique du Mouvement communiste égyptien, cit., p. 15.
18 R. al Said, Tarikh al harara, cit., p. 287.
19 Sulla nazionalità italiana di Henri Curiel cfr. G. Perrault, Un homme a pari, cit., p. 213.
300
Guido Valabrega
tiere popolare (presto sciolta, nel 1941, con
misure poliziesche) e Cultura e tempo libero,
aperta ad intellettuali stranieri ed egiziani, di
cui era responsabile Jeannette moglie di Leo­
ne20. Inoltre continuò ad utilizzare la rivista
“Al Tataw ar” [L’evoluzione] fino a quando
non fu sospesa dalla censura. Alla fíne del
1941, per merito dell’impegno finanziario e
politico di Raymond Aghion, fu possibile a
Liberazione del popolo assumere il controllo
di “Al Megalla el Ghedida” [La nuova rivi­
sta], da tempo edita da uno scrittore liberale,
e di trasformarla in mezzo assai diffuso ed ef­
ficace di comunicazione delle idee marxiste.
La crescente presa di Liberazione del po­
polo tra i lavoratori e gli intellettuali, l’entu­
siasmo a volte avventato dei suoi giovani mi­
litanti e l’intento di vietare qualsiasi iniziati­
va politica che potesse configurarsi come
eversiva, avrebbero indotto, di contro, le
autorità ad intervenire, condizionando pe­
santemente lo sviluppo dell’organizzazione.
Una inattesa misura di sicurezza venne attua­
ta nell’ottobre 1941, non a caso dopo la dif­
fusione tra gli operai di un opuscolo sul sin­
dacalismo, e portò all’arresto d’una quindici­
na di persone nella casa di Marcello: era il
primo arresto di comunisti dalla fine del Par­
tito. Tutti furono liberati nel giro di circa due
mesi, tranne Marcello Leone che, nonostante
le proteste del circolo antifascista della Chá­
lente e degli altri, fu spedito in un campo di
concentramento ove erano rinchiusi elementi
italiani pericolosi per l’ordine pubblico in
quanto fascisti. Solamente con l’avanzata
italo-tedesca sino ad El Alamein, le pressioni
della Cialente, di Rocca, del figlio del mini­
stro della Guerra egiziano, Bakr Seif el Nasr,
che era filocomunista, valsero a far trasferire
Leone e la moglie in un campo per rifugiati
italiani in Palestina. Qui si incontrarono
con vari antifascisti italiani provenienti dal­
l’Egitto: lo stesso Rocca, Boccara, Tettamanti, Aghion e Raoul Curiel che ne uscì ottenen­
do l’arruolam ento nelle Forze libere della
Francia e che successivamente assunse la cit­
tadinanza del paese transalpino. Nel frattem­
po la guerra, che aveva determinato il ricorso
alle misure d’emergenza da parte del gover­
no, favoriva le spinte rivendicative e la ten­
denza alla sindacalizzazione nelle aggrega­
zioni operaie che s’erano infittite proprio in
seguito alle esigenze belliche: da tutto ciò de­
rivò la decisione della polizia di arrestare una
cinquantina di militanti e simpatizzanti di
Pace e libertà che, senza processo, in virtù
della legge marziale, non sarebbero stati libe­
rati fino alla fine del 1943. Anche Marcello
Leone, che durante la permanenza in Palesti­
na aveva rinnovato i contatti con i comunisti
siro-libanesi e avviato fruttuosi scambi di
idee anche con i comunisti palestinesi, diven­
tando militante nel loro partito, nel dicembre
1943 potè rientrare in patria.
Si è accennato a polemiche e discussioni.
È evidente che gli arresti ed i fermi, dei quali
sommariamente abbiano riferito, non pote­
rono non intralciare fortemente l’attività
d’una organizzazione come Liberazione del
popolo, da poco costituita e non priva di ca­
renze. Il forzato allontanamento dai posti di
massima responsabilità dei dirigenti migliori
determinò dunque in Liberazione del popolo
una sorta di paralisi: a livello organizzativo
“praticamente non esisteva più a causa so­
pratutto dei molteplici colpi subiti ad opera
della polizia”21. Nondimeno, specie con l’en­
trata dell’Unione Sovietica nella seconda
guerra mondiale, va ricordato che altri grup­
pi comunisti erano venuti compattandosi,
anch’essi, d’altra parte, perseguitati e colpiti
in varia misura dagli interventi polizieschi.
In altre parole, nella sinistra egiziana s’era
determinata una congiuntura di dinamismo
20 Secondo la testimonianza di Rifaat al Said, anche Abdel-Latif el Boghdadi, uno dei componenti il ristretto nucleo dei
massimi dirigenti dei Liberi ufficiali, iniziò a prendere consapevolezza politica frequentando quell’associazione.
21 M. Leone, Equisse historique du Mouvement communiste égyptien, cit., 19.
Note sulla partecipazione di italiani ai movimenti antifascisti in Egitto
e di competizione, di ribaditi intralci da par­
te delle autorità e di aspirazioni unitarie.
U n’atmosfera che può essere simboleggiata
dalle nuove iniziative editoriali promosse
da Raymond Aghion: finanziamento della
rivista “ E1 Fagr el Ghedid” [La nuova auro­
ra] e delle Edizioni dell’Aurora che pubbli­
cheranno, tra l’altro, con straordinario suc­
cesso, Fontamara di Ignazio Silone nella tra­
duzione in arabo di Mustafa Kamel Monib.
Con il ritorno di Marcello, comunque, Libe­
razione del popolo convocò un congresso di
riorganizzazione che ribadi come solo com­
pagni egiziani potessero dirigerla e che, forte
dei contatti con i comunisti siro-libanesi, pa­
lestinesi ed iracheni, avvertì la necessità ur­
gente d'un coordinamento tra le differenti
organizzazioni comuniste che si erano costi­
tuite dopo l’entrata in guerra dell’Unione
Sovietica.
Rimanendo all’interno delle finalità di
questo intervento, che sono quelle di deli­
neare le scelte e le iniziative di alcuni antifa­
scisti italiani in Egitto, non possiamo che ac­
cennare di scorcio all’evoluzione del comu­
niSmo in tale paese e sempre in funzione del­
l’opera di alcuni esponenti qui già segnalati.
Del pari risulta difficile e sarebbe dispersivo
l’indugiare sui tratti personali. Pensiamo
cioè che anche in queste vicende, come so­
vente capita, nonostante la generosità e l’al­
truismo, abbiano contato in qualche misura,
a complicare le cose, la diversità di estrazio­
ne sociale e di formazione politico-culturale,
l’atteggiamento psicologico dissimile con cui
ci si è confrontati con il mondo e con gli uo­
mini a sé vicini, il differente atteggiamento
nei confronti del proprio compito ovvero
nei confronti del compito che a ciascuno ap­
pariva più congeniale soggettivamente. Or­
bene, dando per scontato che qualche inte­
resse potrebbe avere anche la storia degli in­
contri, delle simpatie e delle antipatie, risul­
terebbe davvero estraneo avventurarsi nel
mare dei sentimenti e dei risentimenti che
non solo è, come è noto, tra i più tempestosi,
301
ma che è anche tra quelli che più lentamente
recuperano la calma, la cautela, la facoltà di
valutazioni spassionate. Restano piuttosto,
in primo piano, da un lato la fermezza di
Marcello nel puntare sull’egizianizzazione
con il corollario del rifiuto di divenire uno
tra i massimi dirigenti, rimanendo un mili­
tante di base e non dimenticando mai di es­
sere un italiano e quindi uno straniero; dal­
l’altro, il dramma di coloro che rifiutarono
di prendere atto della propria posizione tri­
plicemente minoritaria (straniera, borghese
ed ebraica), con le conseguenze che ne deri­
vavano in una società quale quella egiziana
sotto la monarchia, tenuta ben lontana da
un assetto democratico, piena di privilegi
ed ingiustizie, sotto la diretta vigilanza delle
truppe britanniche ed in piena battaglia per
il recupero e l’affermazione dell’identità na­
zionale.
Assunta, come s’è detto, la guida dell’Unione democratica nel 1940, Henri Curiel eb­
be una funzione via via più marcata nella si­
nistra clandestina egiziana. Da ciò scaturì l’i­
nevitabile necessità da parte di Leone di con­
frontarsi con le sue tattiche, di puntualizzare
eventuali differenze, di ricercare modalità
per intese unitarie con i gruppi dei quali Cu­
riel era il principale dirigente: una vicenda
complicata per i risvolti di amarezza in se­
guito alle occasioni che sembravano sfuggi­
re, per le tensioni di ogni genere determinate
dal conflitto mondiale — ad esempio, nel
1944 vi fu un tentativo insurrezionale antifa­
scista tra le truppe greche di stanza in Egitto
che vide l’appoggio, pur segnato da discus­
sioni e controversie, di tutta la sinistra clan­
destina del paese —, per il susseguirsi degli
arresti e delle spedizioni nei campi di inter­
namento.
Intorno al 1944 il rilancio dei comunisti
egiziani si concreta accanto al nucleo di
Jacquot-Descombes ed all’organizzazione
Liberazione del popolo, con le iniziative
del Movimento egiziano per la liberazione
nazionale (Mein), patrocinato da Curiel, e
302
Guido Valabrega
del gruppo Iskra [in arabo, Charara] diretto
da Hillel Schwartz22. Tra tali gruppi, che
nell’insieme si guardavano dall’assumere la
denominazione di partito, consapevoli del­
l’esigenza di un’ulteriore crescita politica e
quantitativa, non mancavano pure le ten­
denze liquidatrici e, senza contare altri mi­
nori tentativi d’associazione, le critiche reci­
proche, invero con più di un elemento di
fondatezza; tra essi gli attacchi personali si­
no alFingiuria furono pane quotidiano. N o­
nostante siano passati decenni, anche a cau­
sa delle difficoltà insorte successivamente
restano ancora oggi da verificare aspetti e
atteggiamenti criticati allora: intellettuali­
smo, attivismo poco meditato, trascuratezza
nella formazione dei quadri, attaccamento
fanatico intorno ad un leader intollerante,
settarismo e ristrettezza di idee.
Può essere utile riportare anche l’opinione
in proposito di Michel Kamel, che è stato in
passato uno dei dirigenti principali del comu­
niSmo egiziano, e che, pur mutando in parte
opinione rispetto ad alcuni anni fa, continua
ancora oggi a considerare l’orientamento pic­
colo-borghese di diverse personalità sulla
cresta dell’onda alla metà degli anni quaran­
ta come una delle cause del mancato successo
della sinistra in espansione23.
D’altro canto vanno sottolineati un corag­
gio, un disinteresse materiale, una volontà di
miglioramento abbastanza inconsueti, anche
se accompagnati spesso a un accanimento
dottrinario e a una puntigliosità molto simili,
in fin dei conti, a quelli che si verificano pra­
ticamente in qualsiasi altro movimento poli­
tico operante in analoghe condizioni. Secon­
dariamente va ricordato il moltiplicarsi delle
riviste, delle pubblicazioni, delle conferenze e
degli incontri, che rispondeva alle attese della
società, con un infittirsi della presa negli stra­
ti operai e tra i sindacalisti, tra gli studenti e
nelle forze armate. Molto importanti, in que­
sta fase, appunto le iniziative sindacali, cul­
minate, a livello internazionale, nella parteci­
pazione ai congressi della Federazione sinda­
cale mondiale di Parigi (1945) e di Praga
(1947). Della delegazione, che subì noie poli­
ziesche ed arresti, sotto la guida del responsa­
bile, l’operaio el-Mudarek, faceva parte an­
che Davide Nahum, nato al Cairo in una fa­
miglia sefardita originaria di Smirne, ripara­
to alla fine in Italia.
Marcello Leone registra, tra il 1939 ed il
1947, almeno quattro falliti tentativi di unifi­
cazione24 ai quali fece riscontro una cifra cer­
to non inferiore di lacerazioni e suddivisioni.
Finalmente, sull’onda delle aspirazioni al
cambiamento che stavano investendo l’intero
paese, le organizzazioni sopra segnalate, qua­
si al completo, davano vita nel maggio 1947
al Movimento democratico di liberazione na­
zionale (Mdln), una scelta che rappresentava
“un grande passo nella storia del movimento
comunista egiziano” 25, tanto è vero che “ la
creazione del Mdln ebbe incontestabilmente
risultati positivi: migliaia di membri di ogni
strato sociale della popolazione furono orga-
22 Su Hillel Schwartz cfr. G. Perrault, Un homme a pari, cit., pp. 152 sg.
23 Risulta che in Italia di Michel Kamel sono stati pubblicati i seguenti testi: Sul ruolo politico ed ideologico della piccola
borghesia nel mondo arabo in La rinascita del mondo arabo, Roma, Editori Riuniti, 1973; Il retaggio tradizionale e le idee
moderne nel pensiero egiziano in Liliana Magrini (a cura di), La coscienza dell'altro, Firenze, Cultura editrice, 1974 e II
ruolo della sinistra egiziana nella battaglia nazionale e sociale in Lotte sociali e movimenti di sinistra nel mondo arabo
mediterraneo, “Quaderni” della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Milano, 1981. Quest’ultima opera è stata, tra l’al­
tro, utilizzata nella tesi di laurea inedita di Romeo Zammarchi, La figura di Henri Curiel tra idealità e lotta politica:
appunti per una ricerca biografica, Università di Bologna, Facoltà di Lettere e Filosofia, Anno accademico 1979-80,
pp. 83-84. Più in generale sulla sinistra nel mondo arabo può ancora essere utile la rassegna pubblicata in occasione
del centenario della morte di Marx: G. Valabrega, Marxismo e mondo arabo. Osservazioni sulle recenti ricerche in
Italia, “Interstampa - Problemi della pace e del socialismo. Informazioni e commenti” , luglio 1983.
24 M. Leone, Equisse historique du Mouvement communiste égyptien, cit., pp. 18-26.
25 M. Leone, Equisse historique du Mouvement communiste égyptien, cit., p. 26.
Note sulla partecipazione di italiani ai movimenti antifascisti in Egitto
nizzati, e si sviluppava un reclutamento mas­
siccio tra gli studenti e gli intellettuali”26.
Nei pochi mesi della sua esistenza, artico­
landosi come una specie di fronte patriottico,
il Mdln si diffuse nell’intero territorio del
paese e arrivò a contare, ovviamente nella
clandestinità, 1.600 militanti, suddivisi in va­
ri settori a seconda delle categorie (operai,
studenti, militari ed anche contadini) e delle
nazionalità, i quali delegavano i loro rappre­
sentanti nel Comitato centrale. Della sezione
italiana si ricorda che facevano parte una
ventina di persone, tra cui Leo e Gio Battino,
Max Cohen, Renato Farfaro, Fiorentino,
Marcello Leone, la moglie, Nina Palanca e
la sorella Wally, Marcella Mosseri, Mario
Petrucci e sua moglie, Maria Rosenthal e in­
fine Silvera. Il Mdln disponeva inoltre di va­
rie riviste, per lo più redatte dai vari gruppi
che si erano aggregati e che mantenevano
una certa autonomia, e pubblicava opuscoli
e volantini.
Tuttavia, se nel paese si moltiplicavano i
segni di insofferenza verso il governo, con
agitazioni e scioperi, il Mdln, nonostante il
passare delle settimane, non riusci a concen­
trarsi nella lotta di massa come spingevano
a fare i militanti di base, né a darsi un pro­
gramma definito e uno statuto e fu prima tur­
bato e poi sconvolto e demolito nella prima­
vera 1948 da un’asperrima polemica frazioni­
stica ai vertici: solo Marcello, coerente con i
suoi principi, pur eletto all’unanimità nel Co­
mitato centrale, aveva rifiutato la carica.
Di contro, non disposto a rientrare nei
ranghi lasciando spazio alle forze nuove
che stavano affluendo e a salvaguardia del­
l’unità, nel tentativo di rinviare lo scontro,
Curiel, che aveva di fatto la direzione del
Comitato centrale, accentrò nelle proprie
mani il controllo sull’organizzazione e finì
con il provocare reazioni non meno veemen­
ti e negative: “la responsabilità di Henri Cu­
303
riel per la catastrofe appare a quarantanni
di distanza, indiscutibile e considerevole”27.
A completare il quadro va tenuto presente
che, pur informati da indiscrezioni, che fil­
travano dall’apparato di polizia, di quanto
stava per accadere, i militanti del Mdln, in­
sieme agli altri iscritti ad altri partiti e movi­
menti illegali e semilegali, furono colpiti dai
provvedimenti eccezionali decretati dal go­
verno il 15 maggio 1948 in seguito alla di­
chiarazione dello stato di guerra per la Pale­
stina. Curiel, dinnanzi all’arresto di tanti
compagni, si presentò spontaneamente alla
polizia. Internato nel campo desertico di
Huckstep, fu liberato agli inizi del 1950, do­
po la vittoria elettorale del Wafd. Nel set­
tembre dello stesso anno venne imbarcato
a forza a Porto Said con un visto per l’Italia.
Non sarebbe mai più tornato in Egitto.
Quanto a Leone, che negli ultimi tempi si
era particolarmente impegnato come respon­
sabile alla stampa e propaganda del Mdln,
pur non facendo parte né della segreteria,
né del comitato centrale, trovò il modo per
dedicarsi pure alla lega ebraica contro il sio­
nismo. Anch’egli ricercato, riusci ad evitare
l’arresto dandosi alla clandestinità e lavoran­
do per riorganizzare le fila dei comunisti fin­
ché, all’inizio del 1949, fu preso e condannato
da un tribunale militare a cinque anni di car­
cere. Nel 1950 rifiutò il regime speciale di fa­
vore in qualità di straniero con uno sciopero
della fame che ebbe notevole risonanza. Il
giornalista Ramli el Fathi scrisse in suo ap­
poggio un articolo sul quotidiano del Cairo
“ Akhbar Al Yom” dal titolo: Un italiano fa
lo sciopero della fame contro il regime dei pri­
vilegi capitolari.
Liberato sul principio del 1953, fu espulso
dall’Egitto una seconda volta e spedito in Ita­
lia sulla nave Esperia, accompagnato dalla
polizia fin fuori dalle acque territoriali. Il
console italiano gli aveva negato il duplicato
26 Association Henri Curiel, Ils l ’ont tué, “ Bulletin spécial”, settembre 1979, p. 4.
"7 J. Perrault, Un homme a part, cit., p. 195.
304
Guido Valabrega
del passaporto poiché l’originale era stato
confiscato dalla polizia egiziana, munendolo
esclusivamente d’un foglio di via e segnalan­
do il suo arrivo a Roma come persona peri­
colosa. Ripartito per Milano — ove aveva in­
tenzione di stabilirsi — fu trattenuto in guar­
dina dalla Questura milanese in quanto, ori­
ginario di Livorno, avrebbe dovuto recarsi
in tale città. Solamente l’intervento dei parla­
mentari del Pei di Milano permise di porre
termine a queste ultime angherie.
Ovviamente la storia dei comunisti egizia­
ni proseguì, a partire dalla Conferenza dei 33
— tale era il numero dei delegati riunitisi a
Heluan nel luglio 1948 — in rappresentanza
di duecento compagni: fu un incontro che si
impegnò nella formazione d’un comitato pre­
paratorio in vista d’un congresso di fonda­
zione del partito (la relazione principale sui
problemi dell’unificazione fu tenuta proprio
da Marcello). In linea generale va però sottolineato come verosimilmente fosse tramonta­
ta la grande prospettiva profilatasi nel 1947: i
tentativi unificatori e le iniziative dei comuni­
sti proseguirono negli anni cinquanta, ma,
intralciati continuamente dai dissensi interni,
non riuscirono più a ritrovare la risonanza
della fine degli anni quaranta. Nemmeno
l’entrata in campo del Comitato nazionale
operai e studenti, pur destando speranze,
avrebbe invertito la tendenza. Sarebbe tocca­
to al Movimento dei liberi ufficiali, struttura­
to e radicato in modi diversi, cogliere le circo­
stanze offerte dalla storia e realizzare il sommovimento rivoluzionario del luglio 1952.
Mentre concludiamo queste note, Khaled
Mohieddine, uno tra coloro che furono alla
testa del colpo di stato antimonarchico, va
pubblicando le sue memorie su un diffuso
quotidiano del Cairo28. In esse ha racconta­
to come uno dei primi contatti con il marxi­
smo lo ebbe, in gioventù, tramite i colloqui
con Ahmed Fuad, allora sostituto procura­
tore, che gli esponeva come il programma
di lotta dei comunisti si fondasse non sul ter­
rorismo, bensì sull’azione delle masse. Mo­
hieddine accenna pure ad una riunione di
chiarimento ideologico tra lui, Fuad e Gamal Abdel Nasser. Orbene, lo studente in
legge Ahmed Fuad è stato proprio uno delle
decine di militanti che Leone, durante la sua
coraggiosa attività, aveva contribuito a tra­
sformare politicamente. Si potrebbe quindi
concludere che ad un certo punto le vie della
crescita culturale del grande uomo politico si
incrociarono indirettamente con l’opera for­
mativa portata tenacemente avanti dal co­
munista italiano.
Guido Valabrega
28 Su Mohieddine ed altri esponenti di sinistra, cfr. Situazione e prospettive della sinistra egiziana, “ Il Calendario del
popolo”, 1995, n. 590.
Post scriptum. Per completezza storica e in riferimento alle traversie politiche, è giusto precisare che Marcello Leone,
detto anche Marcel Israel, risulta all’anagrafe italiana Marcello Ceresi.