Associazione Dirigenti Scolastici DiSAL - Dibattito - INFO
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Associazione Dirigenti Scolastici DiSAL - Dibattito/Licenziabilità dip... 1 di 3 http://www.disal.it/Objects/Pagina_stampa.asp?ID=20477&Titolo=Diba... Dibattito/Licenziabilità dipendenti pubblici: opinioni a confronto La riforma può battere il precariato ma il pubblico impiego resti fuori Il segretario della Cisl Furlan: sbagliato aver eliminato il diritto di reintegro nei licenziamenti collettivi da Corriere della Sera – 29 dicembre 2014 Se il Jobs act vada esteso o no ai dipendenti pubblici lo deciderà il Parlamento, dice il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Secondo lei? «Mi pare risponde il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan che due ministri, Poletti per il Lavoro e Madia per la Pubblica amministrazione, e il responsabile economico del Pd Taddei siano stati chiarissimi. Tutti e tre hanno detto che il Jobs act non vale per i dipendenti pubblici. Il cui rapporto di lavoro, del resto, ha una sua natura particolare e segue specifiche regole, fin dall'assunzione per concorso. Quindi mi pare pacifico che la riforma non si estenda al pubblico impiego». Ma lei come lo spiegherebbe a un operaio di una fabbrica assunto col nuovo contratto che, in caso di licenziamento, è giusto che per lui valga una protezione minore rispetto a un dipendente pubblico? «Glielo spiegherei con il fatto appunto che il rapporto di lavoro pubblico ha un suo percorso legislativo e col fatto che, per stessa ammissione del governo, il Jobs ad riguarda solo il lavoro privato». Resta il fatto ché dal punto di vista di un dipendente privato non ha senso un trattamento diverso. «Guardi credo che gli operai abbiano altri temi in testa. Vogliono capire se l'economia finalmente si riprende. Quanto al pubblico impiego la preoccupazione principale non è se il Jobs act si applica o no, ma come si stabilizzano le decine di migliaia di lavoratori precari nelle pubbliche amministrazioni e nella scuola». Secondo Renzi la riforma rappresenta una «rivoluzione copernicana» che porterà più occupazione e allargherà le tutele a chi finora non le ha avute. È d'accordo? «L'allargamento delle tutele c'è, anche se, parlando della nuova Aspi, essa è limitata ai co.co.co e co.co.pro. e invece, secondo noi, andrebbe estesa ulteriormente. Il punto decisivo della riforma è se il nuovo contratto a tutele crescenti assorbirà tutte le forme di precarietà così diffuse, dai finti collaboratori agli associati in partecipazione, dalle finte partite Iva ai lavoratori a chiamata. Se ciò avverrà, per questi lavoratori, e stiamo parlando di circa un milione e mezzo di persone che si trovano nella precarietà più assoluta, si tratterà di un passo in avanti. In caso contrario, avremo solo un'ulteriore contratto precario». Sulla base di questa analisi non avete condiviso lo sciopero generale di Cgil e Uil? «Noi abbiamo detto che il provvedimento si poteva migliorare nell'iter parlamentare. E in effetti abbiamo scongiurato il peggio, se solo si pensa che si era prefigurata l'abolizione del diritto al reintegro sui licenziamenti disciplinari e la possibilità che fosse l'azienda ad avere l'ultima parola, scegliendo l'indennizzo in sostituzione del reintegro deciso dal giudice. Tutto ciò è stato ottenuto anche grazie alla mobilitazione della Cisl, che ha fatto tre manifestazioni nazionali. E siamo convinti che altri miglioramenti si possano avere dopo i pareri del Parlamento». Quali? «Bisogna ripristinare il valore della contrattazione nei licenziamenti collettivi, anzi andrebbe rafforzato il ruolo degli accordi. Per questo non va bene aver eliminato anche qui il diritto al reintegro. E dobbiamo allargare il campo di azione dei nuovi ammortizzatori sociali». Il consigliere economico di Renzi, Yoram Gutgeld, ha annunciato che il governo presenterà una proposta di legge sulla rappresentanza sindacale. Condivide? «No. Non credo sia utile una legge, visto che i 29/12/2014 16.17 Associazione Dirigenti Scolastici DiSAL - Dibattito/Licenziabilità dip... 2 di 3 http://www.disal.it/Objects/Pagina_stampa.asp?ID=20477&Titolo=Diba... sindacati e la Confindustria hanno firmato un accordo sulla rappresentanza, a meno che il governo non si voglia limitare ad assumerne i contenuti». L'accordo con la Confindustria è stato firmato un anno fa, ma è rimasto sulla carta. «Purtroppo alla determinazione delle parti sociali ha fatto seguito la lentezza della burocrazia, ma sono convinta che presto supereremo questi ostacoli». Licenziare nella Pa si può, ma nessuno lo fa Lo prevede la riforma Brunetta. Che però non viene mai applicata da Il Giornale – 29 dicembre 2014 di A. Signorini Escludere gli statali dal Jobs Act? Si può sbianchettare il passaggio del decreto che lo prevede espressamente, come è successo al Consiglio dei ministri della Vigilia, secondo il racconto di Pietro Ichino. Ma l'articolo 18, sia quello vecchio sia la nuova versione, vale tanto peri dipendenti privati, quando per quelli pubblici. È praticamente unanime il giudizio dei giuslavoristi sulle polemiche degli ultimi giorni. Le affermazioni del ministro Marianna Madia e del responsabile economia del Pd Filippo Taddei cioè non includere i dipendenti dello Stato e delle autonomie locali nella nuova disciplina rischiano di creare ulteriore confusione in una situazione già troppo complicata (basti pensare ad una riforma che si applica solo ai nuovi assunti). Si è discusso di estensione del «contratto a tutele crescenti» agli statali, quando come hanno osservato il giuslavorista Michele Tiraboschi e Giuliano Cazzola nei decreti attuativi del Jobs Act varati dal governo non c'è traccia di questa riforma del lavoro. Nemmeno peri privati, figuriamoci per i pubblici. Resta la riscrittura dell'articolo 18. Quella c'è, ma non può che essere applica sia ai dipendenti pubblici, sia a quelli privati. Unica eccezione, i licenziamenti economici (quelli che i decreti attuativi del Jobs Act rafforzano). Nel pubblico non sono previsti, ma già ci sono procedure di mobilità specifiche, previste dall'ultima riforma del centro destra, firmata da Renato Brunetta. Sono quelle che il governo Renzi vuole applicare ai dipendenti in esubero delle Province. Ed è forse per questo spiegavano ieri fonti governative che l' articolo incriminato, quello salva statali, è scomparso dai decreti del Jobs Act. Per il resto, dire che l'articolo 18 non si applica ai pubblici significa andare contro la Costituzione e anche contro il buon senso, visto che l'articolo 18 dello Statuto era, e resta, una norma che tutela i lavoratori. Il fatto che nessuno si sia mai accorto che le norme sul reintegro siano applicate anche allo Stato è dovuto al fatto che di licenziamenti pubblici cene sono pochissimi. Su circa 3,5 milioni di dipendenti pubblici, di licenziamenti nello Stato e negli enti locali se ne contano poco più di cento all'anno. Nel privato sono circa 40mila, su una platea di circa 11 milioni di dipendenti a tempo indeterminato. Le norme ci sarebbero. Lo ha ricordato ieri anche la Cgil. La riforma Brunetta del 2009 rende gli statali, sia dirigenti sia dipendenti semplici, licenziabili se no n fanno il loro lavoro. Se queste leggi non vengono applicate quasi mai è perché nessuno si prende la responsabilità di licenziare un dipendente pubblico. Anche perché, come osservò tempo fa proprio Pietro Ichino, i dirigenti rischiano di essere ritenuti responsabili verso l'erario. Di tentativi dimettere sullo stesso piano lavoro pubblico e privato ce ne sono stati tanti. Dopo la riforma Fornero. Il Nuovo centro destra, ha ricordato ieri l'ex ministro Maurizio Sacconi, ritirò «un emendamento per la omologazione del lavoro, pubblico e privato» per introdurre l'apprendistato, come alternativa «a quel precariato dilungo periodo che poi si stabilizza senza concorso». Contratti soggetti «alle procedure di licenziamento individuale e collettivo »Al governo si impegnò a realizzare questi obiettivi. Con il Jobs Act non è successo. Ma anche se si dovesse tentare come annunciato da Madia con una riforma ad hoc, resta il ragionevole dubbio che anche questa si trasformerà nell' ennesima legge inapplicata. Perché lavoro pubblico e privato in Italia restano due pianeti lontanissimi. Suicida separare i lavoratori così si spaventano i privati da Il Messaggero – 29 dicembre 2014 Includere i dipendenti pubblici nella nuova disciplina sui licenziamenti, possibilmente senza attendere lo specifico provvedimento sulla pubblica amministrazione. È la posizione, netta, di Enrico Zanetti, sottosegretario all'Economia e deputato di Scelta Civica: lo stesso partito di cui fa parte Pietro Ichino. Sul tema pubblico impiego Scelta Civica è andata all'attacco con decisione. Qual è il vostro obiettivo? «Separerei l'aspetto tecnico da quello politico. Sul primo, mi pare che siano solide le argomentazioni di 29/12/2014 16.17 Associazione Dirigenti Scolastici DiSAL - Dibattito/Licenziabilità dip... 3 di 3 http://www.disal.it/Objects/Pagina_stampa.asp?ID=20477&Titolo=Diba... Pietro Ichino, in base alle quali i dipendenti pubblici sono inclusi nel nuovo regime. Ora c'è l'esame parlamentare del decreto: si potrebbe inserire una clausola per escludere gli statali e rinviare al provvedimento sulla pubblica amministrazione. Ma secondo noi sarebbe un errore. Meglio definire le regole tutte insieme, per í pubblici e per i privati. Prendiamo comunque atto dell'apertura del presidente del Consiglio, che cerca di fare una sintesi delle varie anime della maggioranza, mentre i ministri Poletti e Madia avevano fatto una chiusura netta». Dove hanno sbagliato Poletti e Madia, dal suo, punto di vista? «Se noi presentiamo una novità che è positiva per la generalità dei lavoratori, ma poi rassicuriamo una categoria tenendola fuori, il messaggio che diamo agli altri è che si devono preoccupare. Politicamente mi pare una scelta suicida. E poi andrebbe contro lo spirito stesso della riforma che è eliminare steccati e barriere tra lavoratori». Loro difendono il pubblico impiego, voi pensate invece agli altri? «No, non è il vecchio e patetico derby tra pubblico e privato, tra chi dice che i lavoratori statali sono tutti fannulloni e chi ribatte sostenendo che gli autonomi sono tutti evasori. Questa è la vecchia Italia che va superata. Anzi, sono convinto che la parte innovativa della pubblica amministrazione sia favorevole a questa evoluzione. Chi vuole congelare la situazione esistente in realtà vuole anche continuare a bloccare le retribuzioni dei pubblici, ferme da sette anni: invece bisogna premiare l'efficienza». Vanno assunti con contratto a tutele crescenti anche i precari della scuola? «Nel settore della scuola, di cui si occupa come ministro Stefania Giannini di Scelta Civica, c'è un piano di stabilizzazione dei precari che può andare bene in una situazione di emergenza. Anche qui si tratta di avvicinare tra di loro i lavoratori». Lei parla di avvicinamento, però anche per i privati c'è un solco tra chi conserva le vecchie regole e i nuovi assunti. Sarà gestibile? «Un certo dualismo indubbiamente permane, sarebbe stato preferibile applicare le nuove regole all'intera platea. Ma è un compromesso che abbiamo accettato perché si tratta di una situazione ad esaurimento e non a regime. Progressivamente tutti i lavoratori confluiranno verso le tutele crescenti». A proposito di mediazione, Renzi l'ha fatta anche sulla delega fiscale. Vi soddisfa? «Il decreto appena approvato nell'insieme è buono. Sull'abuso di diritto è positivo aver delimitato meglio la fattispecie, poi sarà decisiva la gestione concreta che ne farà l'Agenzia delle Entrate. Quanto alle sanzioni, va bene la soglia del penale a 150 mila euro per la dichiarazione infedele, anche se si poteva arrivare a quota 200 mila. Sulla soglia per l'omesso versamento Iva, sempre a 150 mila, siamo invece perplessi perché c'era un impegno politico già del precedente esecutivo per la totale depenalizzazione. Ci batteremo per ripristinarla». Copyright © 2014 Di.S.A.L. 29/12/2014 16.17