l`ARCHEOLOGO nella POLVERE dei COLORI e del TEMPO
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l`ARCHEOLOGO nella POLVERE dei COLORI e del TEMPO
Personaggi | Un maestro della pittura Franco Guerzoni si racconta C l’ARCHEOLOGO nella POLVERE dei COLORI e del TEMPO ’è storia nella polvere del tempo. C’è memoria nelle rovine, in un muro scrostato, in un frammento che riemerge da uno scavo. «Il passato non passa, incombe su di noi, e ogni tanto riappare», confida Franco Guerzoni, capitano di lungo corso fra gli artisti modenesi. «La distanza che ci divide sembra lunghissima, ma in realtà il passato vive con noi. Ogni strada è costruita sui resti di un’al tra strada: ci muoviamo su piste già tracciate». Per usare le parole di Fabrizio D’Amico, storico dell’arte e critico, Franco Guerzoni è più che un artista, è «un archeologo senza scienza, un cercatore della polvere e delle ragnatele della propria soffitta, un autore di restauri improbabili e provvisori, che si rende un pittore di incanti, uno scopritore di luce». Per lui è importante non fermarsi alla superficie, ma guardare oltre, scoprire quello che c’è dietro, quello che altre mani ci hanno lasciato, ci hanno depositato. Non a caso, dunque, si intitola «La parete dimenticata» la grande mostra che Franco Guerzoni tiene fino al 7 aprile a Palazzo Pitti a Firenze: le sue 70 OUTLOOK - Marzo/Aprile 2013 L’artista modenese sarà protagonista di una mostra a Palazzo Pitti a Firenze. Un tributo a quarant’anni di attività che hanno lasciato il segno nell’arte contemporanea di Stefano Marchetti foto Elisabetta Baracchi opere disegnano un percorso all’interno delle suggestive stanze dell’Andito degli Angiolini, ed è la prima volta che un artista contemporaneo diventa protagonista nelle storiche sale della reggia-museo che fu dei Medici. Ad aprirgli le porte è stata la commissione per l’arte contemporanea, presieduta da Cristina Acidini, soprintendente per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale di Firenze, e composta da vari esperti. «Non chiamatela antologica: preferisco dire che è un’antologia», sorride Guerzoni. Attraverso una trentina di opere, la mostra (a cura di Pier Giovanni Castagnoli e Fabrizio D’Amico) è come un viaggio nel «romanzo per figure» che l’artista ha scritto in varie tappe: punta l’attenzione sui lavori dell’ultimo decennio, ma vi accosta anche le creazioni degli esordi nei primi anni Settanta (sono trascorsi quarant’anni, già), e altri punti cardinali della sua ricerca, come testimonianza di una continuità di ispirazione. Sia nelle opere immaginate attorno a una fotografia sia in uno «Strap- «Affreschi», 1972 (stampa ai sali d’argento, scagliola su cartoncino) Marzo/Aprile 2013 - OUTLOOK 71 Personaggi | Un maestro della pittura Il profilo | Tra fotografia e materia odenese, classe 1948, Franco Guerzoni ha lo studio in via Archirola. Ha iniziato la sua attività artistica negli anni Settanta, fra forti influenze concettuali e attraverso l’uso del mezzo fotografico. Del suo primo periodo si ricordano «Archeologia», la prima personale a Bologna nel 1973, la collettiva milanese «Blow-Up» del 1976 e la collettiva «Foto-grafia» del 1977, a cura di Arturo Carlo Quintavalle. In parallelo alla sempre maggiore attenzione al mondo archeologico, Guerzoni ha iniziato a elaborare anche libri-opera sui temi del viaggio, della riproduzione dell’immagine e delle sue molteplici letture. Nei primi anni ‘80, è arrivata la svolta artistica con la realizzazione di grande carte parietali gessose: sono di questo periodo le mostre «Cosa fanno oggi i concettuali?», curata da Renato Barilli alla Rotonda della Besana, e «Scavi superficiali», a cura di Paolo Fossati, alla Galleria Civica di Modena. Alla fine degli anni ‘80, ha preso forma la ricerca sulla superficie intesa come profondità, da cui sono nati cicli di grandi opere come «Decorazioni e rovine», presentato alla Biennale di Venezia del 1990, e «Restauri provvisori», alla Galleria Comunale d’arte moderna di Bologna. Fra le tappe più prestigiose del suo percorso artistico, si segnalano la mostra «Sipari» a Palazzo Forti di Verona (2004), l’installazione «Pitture volanti», a cura di Pier Giovanni Castagnoli al Broletto di Reggio Emilia, e l’imponente personale «Antichi tracciati», allestita nel 2007 alle Scuderie di Palazzo Moroni di Padova. Nel 2006 dieci opere di Guerzoni sono state acquistate dalla Gam di Torino. Nel 2011 è stato invitato a partecipare al Padiglione Italia della Cinquantaquattresima Biennale di Venezia, e lo scorso anno ha presentato un nuovo ciclo di lavori, «Musivum», alle Galleria Marcorossi di Pietrasanta e Milano. Per la mostra fiorentina, aperta fino al 7 aprile all’Andito di Angiolini di Palazzo Pitti, l’artista ha eseguito due lavori ispirati agli spazi espositivi, fra cui un grande «Strappo d’affresco» che rimanda alla parete sottostante, con un pendolo che ne tiene in movimento l’immagine. Il catalogo, edito da Skira, contiene anche un ricco repertorio di immagini che documentano il lavoro di Guerzoni, e la sua ricerca che mette in collegamento passato e presente, tradizione e invenzione. M Dagli esordi nei primi anni Settanta alle opere più recenti si ritrova in Franco Guerzoni una continuità di ispirazione: «l’arte come restituzione di memoria che produce e avvalora il presente», sottolinea Pier Giovanni Castagnoli, curatore insieme a Fabrizio D’Amico della mostra a Palazzo Pitti, «e l’esercizio della pittura come scavo e rivelazione del corpo attivo della superficie» 72 OUTLOOK - Marzo/Aprile 2013 po d’affresco» di oggi, più materico ed elaborato, si ritrova infatti la stessa ispirazione, «l’arte come restituzione di memoria che produce e avvalora il presente», sottolinea Pier Giovanni Castagnoli, «e l’esercizio della pittura come scavo e rivelazione del corpo attivo della superficie». Guerzoni racconta che già da bambino era attratto dal disegno e dall’immagine: «Fin da allora avvertivo che era come un linguaggio, mi costringeva a dalle domande». La sua formazione è avvenuta nel clima concettuale tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, lo stesso in cui si muovevano artisti come Franco Vaccari, Claudio Parmiggiani o Carlo Cremaschi. «In tutti noi c’era il desiderio di cercare un’immagine nuova», ricorda Guerzoni. «Guardavamo con attenzione alle avanguardie storiche, e a ciò che arrivava dagli Stati Uniti. Per me comunque fu fondamentale la conoscenza del lavoro di Marcel Du- champ, grandissimo artista filosofo francese: mi ha aperto gli occhi sul presente, attraverso il mondo del passato che lui recuperava nelle sue opere». In sostanza, aggiunge Guerzoni, «io ho fatto quasi un percorso a rovescio: sono stato appassionato ferocemente all’arte contemporanea e poi, biforcando, ho visto l’antico. L’arte del passato mi tranquillizza e mi consente di capire e affrontare le inquietudini del nuovo». Guerzoni decise di chiamare «Affreschi» il suo primo ciclo, nel 1972: «Lavoravo a partire da una fotografia», spiega. «Riprendevo muri di case che sarebbero state sventrate, restavo colpito dalle bruciature dei camini, dall’usura delle pareti, dai segni che erano come i fantasmi delle persone che avevano abitato là. Quelle pareti, come affreschi della contemporaneità, mi davano il senso di qualcosa che di lì a poco sarebbe stato irrimediabilmente perduto: ogni parete era, ed è, come una «Epistola», 2010 (tecnica mista su lastra di scagliola, rame, doratura galvanica) Marzo/Aprile 2013 - OUTLOOK 73 Personaggi | Un maestro della pittura KREACTIVFARMCOM pagina, e va letta con le sue scritture e per ciò che rivela». Sulle foto, poi, Guerzoni interveniva con gessi o pigmenti, così da rendere ancora più concreta la sua riflessione su questo passato racchiuso nei muri. Lo stesso concetto era presente nelle opere del ciclo «Archeologia», la prima personale che Guerzoni tenne a Bologna nel ’73, a cura di Renato Barilli: alle foto di vecchie case abbandonate o destinate all’oblio, giustapponeva frammenti di gesso, materia da toccare. E sulle foto del ciclo «Dentro l’immagine», del 1974, comparivano cristalli di salnitro, come sui muri di edifici umidi e desolati. Nelle opere di «Antropologie» (1976-78), poi, l’artista fissava lo sguardo su vecchi scaffali o librerie, e alla fotografia applicava il coccio di un vaso, o pagine di un libro, oggetti (o sopravvivenze) che sembravano uscire da quello sfondo, come se noi vedessimo comparire ciò che era «Lo considero un geologo mancato», ha scritto di Guerzoni il celebre filosofo Umberto Galimberti, «perché ha fatto della terra una metafora, alla ricerca di quella profondità che non è rintracciabile nelle opere d’arte dispiegate o esposte, ma nel loro generarsi da quel fondo che ogni terra ospita come suo segreto e talvolta come suo abisso» Una piccola innovazione può diventare un grande valore. Proteggila "REVETTIPERINVENZIONEs-ODELLIDIUTILITÌs$ISEGNIEMODELLIs-ARCHIs$IRITTODAUTOREs6ARIETÌ6EGETALI 4OPOGRAlEELETTRONICHEs#ONSULENZETECNICOLEGALIs2ICERCHEESORVEGLIANZE #ONSULENZEDILIBERAREALIZZAZIONEs6ALUTAZIONIBENIINTANGIBILI 6)#%.:!-/$%.!"2%3#)!0!$/6!0!,%2-/ -/$%.! 6IA:UCCHI! -ODENA 4EL 4EL &AX MODENA MAROSCIAIT Maroscia & Associati #ONSULENTIINPROPRIETÌINDUSTRIALEEINTELLETTUALE WWWMAROSCIAIT 6)#%.:! #ONTRÌ0ORTI 6ICENZA 4EL &AX &AX INFO MAROSCIAIT «Scavi superficiali», 1987 (tecnica mista su carta e filo di rame ossidato) Marzo/Aprile 2013 - OUTLOOK 75 Personaggi rimasto occultato. «Per le fotografie ho lavorato anche con Luigi Ghirri», dice Guerzoni. «Allora la foto sembrava il mezzo capace di riscattare o sostituire la parola pittura. Sembrava che la pittura non dovesse più esistere». E invece poi si è ripresa il sopravvento: «A un certo punto, il lavoro della fotografia mi sembrava esaurito, sfinito. Ho avvertito l’esigenza di ritrovare il sapere delle mani, e di recuperare tecniche artigianali, sui materiali. Così sono nate le “Carte di viaggio”, con cui ho fatto il mio ingresso nella pittura». Non erano i classici dipinti, ma prendevano spunto dal fascino del libro come oggetto. Sulle carte Guerzoni applicava gesso e stucchi che le facevano diventare rigide come il guscio di un uovo: in questo modo era possibile intervenire sulla superficie con rotture, segni, tagli, strappi. «Le chiamai “Carte” proprio in senso geografico, perché per me erano l’àmbito di azione per le mani, era un modo per viaggiare dentro i bianchi abbacinanti, i blu sfolgoranti, e tutti gli altri colori». Guerzoni ama i pigmenti, le tinte opache, «non cerco la brillantezza o l’effetto». E ci rivela che, nei suoi viaggi per il mondo, ha sempre acquistato colori in polvere, come un collezionista, anche quando non li usava: «C’è un’evidente analogia fra la polvere della storia e il pigmento in polvere: il manto di polvere è come quello del tempo». Su un tavolo del suo studio di via Archirola, vediamo un piccolo esercito di sacchetti di colori: «I blu arrivano dalla Russia, i rossi dall’India, sono conturbanti. Compro i colori e li appoggio lì, un po’ alla volta diventano presenze domestiche. Così, quando devo utilizzarli, è la mano che li sceglie». Con il trascorrere degli anni, comunque, il colore predominante è diventato il bianco, «quello che contiene tutti gli altri». Secondo Guerzoni, «il bianco è una forma di pulizia, mi riporta allo zenit». Dalla fine degli anni Ottanta, Franco Guerzoni ha iniziato a interrogarsi sulla superficie, intesa come profondità. Alla Biennale di Venezia del 1990 ha portato le sue «Decorazioni e rovine», poi alla Gal- leria d’arte moderna di Bologna i suoi «Restauri provvisori», dove la carta dialoga con la tela tradizionale. Sempre più in queste opere si colgono gli echi della bellezza delle rovine: «Siamo tutti malati di Winckelmann», sorride l’artista. «Nelle rovine delle incisioni di Gianbattista Piranesi comunque non avverto il dramma del crollo, quanto piuttosto la carezza del tempo. Esiste un fascino della rovina, dell’oggetto che si sfinisce nel tempo, che nessun restauro banale potrà mai eguagliare. E un frammento ha più intensità». Si torna sempre al tema del mistero che la terra custodisce, «questa esistenza sotterranea che abbiamo intorno, qualcosa che si svela a poco a poco», aggiunge Guerzoni. «Lo considero un geologo mancato», ha scritto di lui il celebre filosofo Umberto Galimberti, «perché ha fatto della terra una metafora, alla ricerca di quella profondità che non è rin- Guerzoni ama i pigmenti, le tinte opache. Nei suoi viaggi per il mondo ha sempre acquistato colori in polvere, come un collezionista. Sono su un tavolo del suo studio «così quando devo utilizzarli è la mano che li sceglie». Nel tempo il colore predominante è diventato il bianco: «È una forma di pulizia, mi riporta allo zenit», spiega l’artista tracciabile nelle opere (d’arte) dispiegate o esposte, ma nel loro generarsi da quel fondo che ogni terra ospita come suo segreto e talvolta come suo abisso». La mostra di Palazzo Pitti dunque accompagna le varie stagioni della ricerca di Guerzoni, e rende sempre più evidente la sua poetica, la ricerca sull’usura del tempo, sulle archeologie, sulle tracce della memoria. Lo vediamo in opere come «Iconoclasta» del 2007 o «Impossibili restauri» del 2010. E lo vediamo anche nei lavori che Franco Guerzoni ha eseguito proprio per questa occasione. Ecco un grande «Strappo d’affresco», che dalla superficie candida lascia intravvedere colori sottostanti, come presenze silenziose che si affacciano, e si completa con un pendolo, un cumulo di cocci e di tazze («L’“oggetto primo” di tutte le culture», fa notare Guerzoni) che, appeso dall’alto, si muove davanti alla tavola, «Still life, Ritrovamenti», 1997 Marzo/Aprile 2013 - OUTLOOK 77 Personaggi CLA SERVIZI DI RECUPERO E TRASPORTO RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI/CARTA E CARTONE/PLASTICA/ROTTAMI FERROSI/LEGNO ECC... RICICLA 3000 srl è un’azienda leader nel settore, che può trarre diverse tipologie di rifiuti riciclabili, con un’ organizzazione industriale ed una rete commerciale diffusa sul territorio regionale. Pur conservando l’anima del business nel riciclo della carta da macero, nel corso degli anni RICICLA 3000 srl ha saputo diversificare la propria offerta attivando la possibilità di trattare altri materiali come: PLASTICA, I ROTTAMI FERROSI, LEGNO E RIFIUTI VARI NON PERICOLOSI. Per tutti i materiali trattati la RICICLA 3000 srl è in possesso delle regolari autorizzazioni provinciali. L’azienda fornisce servizi in vari settori utilizzando attrezzature, automezzi e strutture in piena affidabilità e competenza. 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RICICLA3000 srl: via Vittorio Bachelet n. 21- 41011 Campogalliano Modena Tel. 059.521088 / 059.527405 Fax 059.5220077 E-MAIL: [email protected] quasi per sottolineare l’instabilità e l’incertezza dell’immagine. Ed ecco, nell’ultima stanza, il «Museo ideale», un gruppo di piccole grotte dove l’uso della carta diventa scultura. Guerzoni utilizza gessi, stucchi, polveri di quarzo, fili di rame, lastre di scagliola. «Ogni mia opera non è un lavoro d’azione, ma di sedimentazione. Fino a un certo punto il dipinto è come un soggetto artigianale che non manda messaggi, poi progressivamente trova la sua strada», confessa Guerzoni. Le sue sono opere che interrogano, «dove però a interrogare non siamo noi, ma è il simbolo», ha rimarcato Galimberti. Ed è vero. Lo stesso Guerzoni si è interrogato sempre più spesso, in questi mesi, anche quando la terra ha tremato: «Il terremoto ti mette in scacco, squarcia gli edifici, rompe gli equilibri. È un messaggio che toglie stabilità». Il terremoto è una nuova ferita del tempo e nel tempo. A Palazzo Pitti, dunque, Franco Guerzoni ha portato i suoi lavori, ma anche le sue domande. Non lo spaventa l’idea che la creatività contemporanea possa stonare in un contesto antico: «L’arte è sempre stata contemporanea, è un filo continuo con qualche sobbalzo. Il presente è sospeso fra il passato remoto e il futuro, ed è quindi soggetto all’inquietudine. Portando questa riflessione in un palazzo che è considerato un sarcofago di storia, vi ho portato un pizzico di inquietudine». Nelle stanze dell’Andito degli Angiolini, la soprintendente Acidini sente che è come se le pitture di Guerzoni fossero tornate a casa, «con quel senso di annosa sopravvivenza e di amoroso consumo, con quell’aura di tempo trascorso che lascia dietro di sé lacerti e cocci, relitti di chissà quali eventi, retaggi di vite vissute e tuttavia aperte e pulsanti». E vi ritrova un legame con le antiche «vanitas», le nature morte in cui comparivano fiori spezzati, teschi, clessidre o candele. «Queste vanitas trasmettono i criptici messaggi di una storia muta». Di una storia che possiamo rivedere anche noi, se solo sappiamo guardare più a fondo. E magari anche col cuore. •