IL GhIAccIO, qUESTO ScONOScIUTO
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IL GhIAccIO, qUESTO ScONOScIUTO
OTTOBRE BLOG MINIATURES Editoriale speciale Avviso ai naviganti L o confesso, sono quasi emozionato. Oggi Subvertsing soffia sulla sua prima candelina, e la torta è al cioccolato, naturalmente. Una bella Sacher, già che ci siamo. Frivolezze a parte, solo per questa volta mi cùnsentano, come dice il tale, di indugiare un pelo sul pathos. Quando si parte per un’avventura la meta non sempre è nota. La nostra nave ha salpato l’ancora in una notte buia e tempestosa dello scorso autunno, senza farci troppe domande su quanto grande sia questo oceano; lo ignoravamo prima di partire, e di preciso non lo sappiamo neanche ora che siamo nel pieno della rotta. Troppe letture giovanili sui navigatori dei due mondi fanno male, lo so. E in effetti non ci sogniamo di paragonarci al buon Cristoforo Colombo o ad Amerigo Vespucci; ci piace solo pensarlo, fra noi e noi. L’importante, mentre si viaggia verso il Nuovo Mondo, è che il cronista di bordo faccia il suo dovere, e scriva, perdiana. Racconti di tutte le meraville scorte lungo il cammino, isolette e gabbiani compresi. Nel nostro caso è raccontare un fenomeno in evoluzione, una comunicazione in costante cambiamento. Dunque, ammesso e non concesso che questo benedetto continente esista davvero, nel cammino fin qui abbiamo visto cose che ci hanno stupito, e altre alquanto noiose. In principio sulla terraferma erano i cartelloni sui viali di circonvallazione, una mezza pagina con una bella ed avvenente donna nuda sul giornale sotto l’articolo che parla di uno stupro, e un’interruzione pubblicitaria ogni sette minuti l’unica volta che c’è un bel film, chiaramente. Si, ci annoiavamo da morire, sulla terraferma. Se non altro, i contenuti variavano sempre, ma non i contenitori. Ma poi avevamo intravisto gente fare cose alquanto strane; una sorta di nuovi giocolieri della comunicazione, che sempre le stesse cose facevano, reclame, come diceva la nonna, ma in una forma nuova. Soprattutto, imprevedibile. Ed è lì che siamo partiti, intravvedendo nuova terra. Abbiamo visto, tanto per spararla subito grossa, la città di Boston in preda al delirio per un presunto attacco terroristico. Ma si trattava dei Moonites, solo dei personaggi di un cartone animato a led affissi in luoghi qualunque della città. Il creativo probabilmente in questo caso non si aspettava cotanto casino, ma ha saputo prendere la palla al balzo, poiché 3 Editoriale speciale Avviso ai naviganti di fatto aveva saputo sfruttare una situazione, la paranoia diffusa di attacchi terroristici - ah, i venditori di paura! Loro sì che ci sanno fare, e mica ci lasciano stare. Ma questa è un’altra storia. Navigando ne abbiamo viste molte altre; squadre d’assalto di guerriglieri far apparire all’improvviso cose assurde in luoghi assurdi, draghi viola, navi blu, auto rosa, per poi dileguarsi veloci come erano arrivati; altri tessere fili di una ragnatela di notizie false in una miriade di siti, video virali di fantasmi, finché non diventano notizie vere, e l’ingranaggio comincia a muoversi da solo, almeno fino allo svelamento. Ovviamente, ne abbiamo viste anche tantissime che di interessante avevano ben poco; azioni presentate come guerrilla, ma che di innovativo avevano solo l’etichetta. Mica siamo l’accademia della Crusca, non passiamo il tempo a mettere bollini Chiquita e a dare definizioni - altro mercato, ci penserà qualcun altro di sicuro - ma certo possiamo registrarli sul nostro diario di viaggio, nella categoria loro competente. Ciò che importa è che le azioni funzionino, centrino l’obiettivo che si erano prefissate, o perché no, vadano anche oltre. Dopodiché è altrettanto rilevante che quando è arte è arte, e quando è un pallido tentativo di scopiazzare, beh, è quello... Se questa nave va e la bussola ancora non c’è caduta in acqua è soprattutto merito di questa ciurma variopinta che si è imbarcata. Nel soffiare la prima candelina al party a poppa desidero così ringraziarli tutti per il sudore speso sin d’ora (la paga è di una galletta e un bicchiere di vino al giorno) timonieri e vedette, cuochi e cannonieri. Soprattutto gli immancabili Alessandro Mininno, Ursula De Gaspari, Rolando Dotti, Wolverine e il buon Fables. In questo numero vi parleremo di statue di pericolosi criminali, artisti di strada e ggiovani. Ora il capitano va a fumarsi il tredicesimo sigaro (detto il riflessivo) e vede un po’ di tracciare la rotta. Questo Nuovo Mondo da qualche parte dovrà pur essere. Esiste, ci ho gli indizi. Francesco Rossi Direttore (IR)Responsabile [email protected] News /1 .6 Blog Il ghiaccio, questo sconosciuto to .7 Obey Obama of the month .9 Brain Hardcore Guerrilla me .15 Let write Young .17 Very People .21 Libbanese thoughts .20 Guerrilla Il trucco c’è (e si vede) uno di noi SUBVERTISING Anno II, numero 12 del 12 novembre 2008 Direttore Responsabile: Francesco Rossi ([email protected]) Comunicati stampa, informazioni o altre richieste: [email protected] Pubblicità: Barbara Zanardi ([email protected]) Grafica e impaginazione: Frameart.it Edizioni Cnet Web Mensile iscritto presso il Tribunale di Bologna, numero 7803 del 16/10/2007 5 blog news Il ghiaccio, questo sconosciuto di Fables (www.bloguerrilla.it) I l guerrilla marketing oltre ad “inventare” nuovi mezzi, inventa nuovi modi per utilizzare vecchi mezzi. E’ forse la sua caratteristica migliore, ha la capacità di sfruttare ogni superficie, ogni spazio, ogni mezzo per veicolare i propri messaggi e per raggiungere il destinatario, dove e quando meno se lo aspetta. Lo ritroviamo nelle strade, sui muri, sulle panchine, sui fondi di bicchieri, in finte conversazioni, sui soldi, sulla frutta, sulla carta igienica e persino sul corpo umano. (Gabriella Ambrosio – Le nuove terre del- la pubblicità). E’ successo così anche per il ghiaccio. Ripercorriamo brevemete la sua storia: si parte dai blocchi che contenevano i jeans in una famosa azione della Wrangler, quella fu la prima volta e stiamo parlando di 4 anni fa, il mondo della creatività si accorse anche di questa possibilità, il ghiaccio poteva essere usato in azioni di guerrilla marketing. Si è passati così al lancio della Polo, avvenuto utilizzando questo elemento in modo assolutamente originale, sono passati ben 3 anni da quando un’automobile a grandezza naturale, venne lasciata scogliere al sole di fronte alla Saatchi Gallery su Belvedere Road a Londra. Un modello di una Polo Twist, parcheggiato con l’intento di promuovere l’offerta del condizionatore d’aria come optional gratuito per tutta l’estate. La scultura venne creata con la bellezza di 9 tonnellate e mez- 6 zo di ghiaccio, lavorata alla temperatura di meno 10 gradi centigradi e realizzata in 350 ore, si è sciolta dopo circa 12 ore. Passa un po’ di tempo e il ghiaccio torna ad essere utilizzato alla vecchia maniera, vecchio il mezzo e vecchio il modo di utilizzarlo, siamo a Milano, luogo destinato ad ospitare il lancio sul mercato italiano della Carlsberg Club Bottle E’ stato poi utilizzato per l’uscita ufficiale di Halo3 e per la promozione olandese della Jägermeister. Fino ad arrivare in Brasile, luogo designato al lancio di un nuovo prodotto della Neutrogena, un protettore solare che ha la capacità di rinfrescare la pelle. Passano pochi mesi, e ci spostiamo a Parigi, dove è andata in scena un’azione di guerrilla marketing per la promozione dell’ultimo album dei redivivi AC/DC, con sei blocchi di ghiaccio che una volta sciolti permettevano ai passanti di vincere un biglietto per un loro concerto. Sapete qual’è la cosa assurda, che a vedere la reazione dei passanti sembra che la sua presenza attiri ancora fortemente l’attenzione della gente. Ripetiamolo. Il guerrilla marketing oltre ad “inventare” nuovi mezzi, inventa nuovi modi per utilizzare vecchi mezzi. OBEY TO OBAMA! Quando gli artisti fanno più dei consulenti d’immagine 7 Quando gli artisti fanno più dei consulenti d’immagine OBEY TO OBAMA! I muri sono da sempre luogo d’elezione della propaganda politica. Non sorprende così che la street art commenti, critichi o incoraggi l’agenda politica. È successo più volte in passato, sia in Italia che all’estero, dai murales politici messicani alle frasi di protesta nell’Italia degli anni di Piombo. Nell’attuale campagna elettorale americana, però, l’utilizzo dell’arte sta prendendo una piega diversa. La promozione delle pratiche artistiche e il supporto al National Endowment for the Arts (il fondo statunitense che, a livello federale, promuove le arti figurative e lo spettacolo) sono tra i primi punti della campagna elettorale di Barack Obama; forse è merito anche di questa posizione, se intorno all’ homo novus della politica americana si sono coagulati l’azione e l’impegno di molti artisti. Anche perché John McCain, sugli stessi argomenti, ha sempre preferito glissare con eleganza: i repubblicani, si sa, alla pittura preferiscono l’industria pesante. La street art costituisce un medium innovativo per la propaganda, in grado forse di attirare l’attenzione più dei billboard tradizionali. Penso ad esempio a Billi Kid, direttamente dal Connecticut armato di poster e secchio di colla, che ha ritratto il come 8 una forzuta energumena pompata di steroidi Sarah Palin, braccio destro del candidato repubblicano. Billi Kid contemporaneamente raccoglie fondi da devolvere alla campagna di Obama – se ne dichiara aperto sostenitore - mettendo all’asta sticker, stencil e poster. E che dire del ritratto di Abrahm Obama realizzato dal pop-aganda artist Ron English, un mash-up tra il volto di Abramo Lincoln e quello del candidato democratico? O dei poster pro democratici realizzati dall’artista Scott Lefavor? Un’opera però, per diffusione e potenza, ha surclassato tutte le precedenti. Si tratta del ritratto di Obama realizzato da Shepard “Obey the Giant” Fairey, probabilmente uno degli street artist più noti al mondo. Si tratta di una stampa a tiratura limitata, prodotta in tre versioni (Hope, certamente la più famosa, Progress e Change) e venduta sul sito dell’artista per 15 dollari. La tiratura di 3.000 copie è andata esaurita in poche ore, e già il giorno dopo la prima vendita, le serigrafie si trovavano su ebay a più di 2.000 dollari – ma questo è solo uno degli indicatori del successo del lavoro di Obey, e non certo il migliore. Il poster, ripreso anche dalla campagna ufficiale di Obama, ha fatto il giro del mondo, costituendo di fat- Quando gli artisti fanno più dei consulenti d’immagine OBEY TO OBAMA! sidenziale statunitense, dando unità al messaggio to l’immagine ufficiale della campagna elettorale. Shepard Fairey è consapevole del potere comunicativo del proprio lavoro e ha dichiarato, in una recente intervista, di aver consciamente colmato un gap di immagine nella comunicazione di Obama. La prova della viralità dei poster di Obey (come sempre, incollati in moltissime città americane, illegalmente, in luoghi visibilissimi e in formato gigante) è la quantità di remix che hanno fatto seguito al ritratto, ormai diventato un’icona – quasi al pari dell’ immagine del Che eseguita da Alberto Korda. Tra i numerosi epigoni, quelli che usano l’arma dell’ironia contro Sarah Palin sono di certo la maggioranza. Il progetto “A frightening prospect” (un volto pauroso / una prospettiva paurosa) la rappresenta con un volto diabolico, sostituendo la parola “Hope” con “Vote”. Di simile fattura il poster “Nope”, che ricalca fedelmente l’opera di Shepard Fairey. Di sicuro il ritratto di Obey, anche grazie ai molti imitatori, ha avuto un ruolo molto importante per la campagna pre- p o litico e contribuendo alla creazione del consenso - forse ancor di più a livello internazionale, che a livello americano. Ma lo stesso Obey avverte: “Non votate Obama solo perché vi piacciono i miei poster. Leggete il suo programma prima di votarlo”. Il timore è che la street art – ormai onnipresente e multi utilizzata in ambito commerciale e politico - possa ridursi a essere esclusivamente l’ennesima forma di advertising e diventare così comune da non essere nemmeno notata, perdere insomma tutto il suo vigore e risultare indistinguibile dalle affissioni pubblicitarie che critica(va). D’altra parte, dopo Andy Warhol, è sempre più difficile distinguere tra arte, propaganda e pubblicità – e, probabilmente, questi confini si fanno sempre meno interessanti. Alessandro Mininno [email protected] 9 1010 S crivere questo articolo mi è costato molto, è bene che lo sappiate tutti, a partire dalla redazione che me l’ha chiesto. Il vero titolo, quello che ho voluto provocatoriamente dare nella mia stesura e che molto probabilmente sarà modificato dal Secondo Cognome Più Diffuso in Italia (Rossi, ndr), era “L’intervista inutile”. Spesso sopravvalutata, fin troppo conosciuta, dell’agenzia G-Com si è già detto, visto e scritto abbastanza da rendere i pixel che comporranno queste pagine un mero spreco che avrebbe potuto comporre, che ne so, una bella immagine vacanziera. O forse no. Desiderosa di scrivere qualcosa di diverso, di non essere una ripetizione ma soprattuto di entrare nelle grazie del capellone che dirige questo giornale, faccio esattamente come mi è stato chiesto. Anzi di più: da trevigiana trapiantata sotto le due torri, non mi limito a mandare una mail all’indirizzo istituzionale ma suono il campanello della base della Banda Bassotti del guerrilla. Ovviamente non mi aspettavano, e giusto perché i rapporti con la rivista sono (forse fino all’uscita di questo articolo) buoni non mi inventano scuse per cacciarmi e non mi invitano a mandare una e-mail. Appunti: l’elenco delle cose che vedo mentre aspetto. Gigantografie di Chuck Norris, una finestra dalla quale non entra più luce per via della marea di fogli con scritte delle idee appiccicati al vetro, una carrozzina rosa (ho fatto il compito a casa e so da dove arriva), parrucche anni ‘70, uno strano scettro trasparente con la testa di un serpente argentato in cima, un teschio incollato alla parete che pare stia tentando di uscirne ed una marea di gadget pubblicitari di ogni genere incollati o semplicemente buttati dove capita. L’ordine, inteso come posizionamento curato delle cose e degli oggetti non pare essere prerogativa di questo posto, penso, e subito collego questo fatto con una mia osservazione: non ho visto donne né sentito parlare voci femminili. Dopo dieci minuti buoni di attesa, finalmente i quattro appiedati cavalieri dell’apocalisse pubblicitaria arrivano, si scusano anche per l’attesa e mi redarguiscono per non aver avvisato prima del mio arrivo. 11 “E le femmine dove sono?” Mi indicano un manichino di donna nell’angolo, strano che non lo avessi manco visto in dieci minuti di attenta osservazione ambientale. Riuscendo a riportarli sui binari dell’andiamo-alsodo-che-abbiam-tutti-da-fare, gli ricordo che non sto intervistando una rock band e possono parlarmi liberamente del loro lavoro e della loro agenzia. Eppure sembra che non siano molto interessati a descrivermi la loro guerriglia né a farcire l’inattesa corrispondente di Subvertising delle solite lodi auto-celebrative, tant’è che mi tocca almeno in un paio di occasioni riprendere le redini della conversazione sfociate in un mare di domande loro-a-me anziché il contrario. 12 “Le ragazze in G-Com mancano, lo sappiamo. Non che non ce ne sia bisogno, anzi, trovare elementi interessanti è tra le prime cose che faremo per il 2009.” Dicesi interessanti, testuale definizione, “che siano in equilibrio tra i vari aspetti che ci servono. Fino ad oggi si sono proposte solo blogger scatenate 24 su 24, oppure persone orientate esclusivamente ad aspetti più pubblicitari e nemmeno troppo a 360 gradi. Quello che cerchiamo è una figura un po’ più poliedrica, che ci stupisca con qualcosa in più del solito cv in formato europeo, perché dentro queste mura i ruoli sono confusi rispetto a come si è abituati a lavorare in una struttura tradizionale”. Aspiranti avvisate. Mi rispondono ad una serie di domande specifiche su diverse campagne realizzate, ma d’accordo con loro stessi taglio tutto questo pezzo nel tentativo di offrire ai nostri lettori qualcosa che ancora non sia stato detto o che non sia visibile sul sito dell’agenzia. “Parlatemi delle multe o delle contestazioni che avete preso lavorando”. “Quest’anno un po’ più dell’anno scorso, a dire il vero. L’ultima la settimana scorsa, 343 euro per intralcio alla circolazione urbana. Lo prendiamo come un segno che riusciamo a fare qualcosa che sia veramente sopra le righe. Anche se in questo caso specifico credo proprio toccherà a noi pagarla”. “Ma non è il cliente?” Ricordavo questo da un post del loro stesso blog. “Dipende, dato che ogni attività per noi è diversa, non esiste una produzione industriale del guerrilla. In alcuni casi, per certe tipologie di attività richiediamo la totale copertura del cliente, per altre invece ce ne assumiamo noi la piena responsabilità”. Ed in effetti, seppur con alti e bassi, credo che tra i bastioni inattaccabili di queste persone ci sia la genuinità del loro operato, così artigianale e così specializzato. Già, inattaccabili ma anche vulnerabili, gli alti ed i bassi che colpiscono i creativi, come tutti dovranno pur aver riguardato anche loro. “Su base annuale probabilmente il lancio della Gazzetta, a marzo è stato esaltante sotto diversi punti di vista, per primo il fatto che stavamo lavorando per un media, cosa che contrariamente a quanto si crede rende tutto più difficile; i grandi media hanno anche grandi nemici, e il buzz spesso è ostacolato dalle regole spietate della concorrenza. Ed non è stato da meno anche tutto quello che abbiamo fatto nei mesi successivi per lo stesso cliente. Quello che invece vorremmo non aver fatto, un momento di bassa...beh, ad essere onesti un paio di cose, perché senza fare nomi in entrambi i casi ci siamo accorti solo dopo che il messaggio globale della pubblicità non ci piaceva e non era quello che volevamo dire, specie a quel pubblico. Fortunatamente la macchina ha funzionato lo stesso e la campagna è riuscita, ma restano comunque un po’ di se e un po’ di ma. La prossima volta faremo meglio”. Il tempo in cui mi hanno fatto attendere mi ha consentito di sbirciare un po’ tutti quei fogli attaccati alla finestra, tutte quelle idee, chiedendomi (e chiedendogli) se magari qualcuna di quelle uova si schiuderà prima o poi. “Si, è probabile. Una di quelle è già stata scelta dal cliente e la si vedrà in primavera. Chiuderemo il 2008 con una ventina di azioni di guerrilla eseguite, più o meno note, e stiamo già lavorando anche su attività del 2009, come è normale che sia; non possiamo anticipare molto, altrimenti poi l’effetto sorpresa svanisce.” O magari rubano l’idea, penso io. “Chi lo sa, forse, vorrebbe dire che è un’idea buona”, proseguono un po’ a turno, “noi cerchiamo di essere in buoni rapporti un po’ con tutti, altre agenzie incluse, ma non sempre è facile, siamo arrivati a quello che purtroppo è già da 13 dimensionati e si cercano formule più economiche per far parlare di sé”. Già, far parlare di sé. Quando esco dal laboratorio in cui strategie di marketing tra le più chiacchierate hanno preso forma, la luce che dentro mancava quasi mi acceca. Il direttore parlerà di me, e sarà fiero del mio buon lavoro, ho fatto quello che mi aveva chiesto. Ho un futuro come giornalista...okay, quasi quasi torno indietro e lascio un curriculum. tempo prassi nella pubblicità convenzionale, cioè sorrisini e false congratulazioni tra creativi quando poi, voltando le spalle, una mannaia è sempre pronta a colpirti”. Come ultima domanda mi ero riservata di chiedergli qualcosa sull’andamento del guerrilla nel nostro paese, anche in virtù della crisi delle aziende in generale; tuttavia la risposta l’avevo già avuta indirettamente nella conversazione che ho qui sintetizzato. “Il guerrilla può trarre sicuramente vantaggio da questa situazione, perché gli investimenti non si possono fermare, i budget vengono ri- 14 From: Carlos To: [email protected] Sent: Friday, October 10, 2008 5:38 PM Subject: Non sempre funziona...:) Una volta, parecchi anni fa, mandai ad una ragazza, via SDA, una scatola con dentro 10kg di zucchero sfuso invece dei soliti fiori...cercando lì dentro trovò il mio bigliettino :”Questa è solo parte della dolcezza che mi ispiri”. Lei era a Palermo, io a Roma. Non me l’ha data comunque... Ciao, bravi ! Carlos 15 1616 “ Non esiste altra forza rivoluzionaria che il potere creativo dell’uomo.” La frase di Joseph Beuys, lasciata da Lucrezia De Domizio Durini nel 2007 nel lungo corridoio che accoglie i visitatori della Galleria Spazio Gianni Testoni La 2000+45, esprime la sintesi delle motivazioni dell’evento -LET ME WRITE-, che la direzione artistica della galleria ha proposto al pubblico, con il patrocinio della Regione Emilia Romagna, del Comune di Bologna e con la collaborazione di ACER - Azienda Casa Emilia Romagna della Provincia di Bologna - e di ASCOM Bologna. Il progetto è stato avviato sabato 18 ottobre e si concluderà alla fine di gennaio 2009 in occasione di Arte Fiera. L’ evento inaugurale “Galleria bianca” avvenuto presso lo Spazio Testoni è stato un invito al pubblico a partecipare all’avvio del programma insieme agli artisti; i visitatori sono stati accolti in uno spazio vuoto e in procinto di essere trasformato per renderli partecipi della fase preliminare delle opere e del progetto. Il giorno dell’inaugurazione la parete sinistra del lungo corridoio è stata in balia dei visitatori che potevano usufruire dei vari pennarelli a disposizione. Tag, messaggi e disegni: varie sono state le persone che hanno lasciato un segno sul pannello bianco. Durante tutto il percorso del progetto la galleria rimarrà aperta al pubblico che potrà partecipare alle fasi realizzative delle opere. Le performances avranno luogo sia all’ interno della galleria che all’esterno, in vari siti d i Bologna che volta per volta verranno co- municati al pubblico. Let Me Write promuove la street art in galleria e organizza incontri ed eventi in luoghi pubblici e privati, in contesti abitativi di edilizia pubblica gestiti da Acer e all’interno di spazi organizzati da movimenti culturali e artistici. Questa settimana è possibile seguire il work in progress delle opere di Rusty, Duchamp e Giovanni de Gara che si stanno dando da fare in galleria, dove è già ultimato ed esposto il lavoro a pannello di Ivan Il Poeta, l’artista 17 milanese che ha dato il via mercoledi 22 ottobre alle performances esterne con “Poesia persa l’onde” in collaborazione con Federico Aiello. Ivan ha iniziato nel 2003 ad assaltare la strada a colpi di poesia dipingendo e affiggendo per Milano i suoi versi poetici, con l’intento di spezzare il confine elitario della poesia per diffonderla liberamente negli spazi urbani, tra la gente. Da anni promotore di eventi e incontri in cui le diverse forme d’arte sperimentano e convergono in contenuti comuni, oggi è considerato il giovane padre della casa della poesia di Milano. A Bologna, durante la performance di LET ME WRITE ha affidato i suoi versi scritti su barchette di carta alla corrente del canale delle Moline, mentre Federico Aiello proiettava gli stessi caratteri contenuti nei fogli sul pelo dell’acqua e nell’ambiente circostante. Federico ha definito il suo intervento un “ supporto” per preparare l’atmosfera e l’ambiente ideale per il varo delle barchette di Ivan. L’interazione tra innovazione tecnologica e creatività sono la base della sua prospettiva: “Sbaglia chi dice che siamo all’an- 18 no zero dell’arte digitale, siamo molto prima. Esistono molti programmatori, molti ingegneri e molti artisti, ma pochi programmatori ingegneri, pochi artisti programmatori e ancora meno ingegneri artisti. Possiamo solo intuire prospettive... perché quelli che le percorreranno veramente, oggi non arrivano ancora a toccare sul tavolo la tastiera del computer....” Uno dei prossimi appuntamenti sarà al quartiere Pilastro dove Duchamp, (artista bolognese classe 1981) realizzerà un “pezzo” all’esterno. A breve le opere su pannello in galleria saranno ultimate e il 20 novembre avrà luogo il vernissage allo spazio Testoni. Margherita Staglianò, fotografa e scrittrice [email protected] teen-denze/ Very Young People di Emanuele Vella (www.ouryourmarketing.it) La generazione Y, i teenager, i bambini di ieri e gli adulti di domani, costituiscono oggi un target importantissimo. Un target cui fare attenzione, su cui investire, soprattutto in comunicazione. Le aziende spendono oggi in comunicazione verso i giovani più del doppio di quello che spendevano 10 anni fa (CBS, 2008). Ma non è solamente la quantità di spesa, ma la qualità. Si è passati dal tradizionale messaggio pubblicitario, in tv o su stampa, al below the line o al non convenzionale. I ragazzi sono molto ricettivi verso promozioni e iniziative pubblicitarie, partecipano volentieri ad eventi, concorsi ed iniziative sponsorizzate, ma ancor di più amano dialogare tra di loro e con il brand di riferimento. Sono “animali sociali”, aperti al confronto, si influenzano a vicenda, alimentando ciò che tecnicamente viene definito buzz (passaparola). Basta colpire il target giusto, quello degli young opinion leader, dell’MTV Generation per far scattare quella molla che rappresenta la fortuna del brand oggetto del “ronzio”. Se le aziende riescono a scavalcare le barriere della pubblicità tradizionale, puntando a coinvolgerli, divertendoli e rendendoli protagonisti del dialogo, diventano una miniera d’oro. A rendere il tutto più facile, inutile dirlo, lo sviluppo impetuoso e continuo delle nuove tendenze legate alla tecnologia e ad Internet. Secondo l’annuale indagine Doxa i teenager adorano la tecnologia. Quasi il 60% di essi, in Italia, dedica al web almeno 4 ore settimanali. Il 91% ha un cellulare, con fotocamera (75%) ed utilizza gli mms (67%). Per non parlare di You Tube o dei Social Network (Facebook su tutti…), passando per l’esplosione dei blog personali. Sono questi i modi migliori per lo sviluppo di un dialogo continuo e proficuo Brand-to-People (young people, of course). Ma cosa ne pensano gli addetti ai lavori? Rispondono ai nostri interrogativi, in una sorta di intervista doppia, Roberto Maggio, dell’agenzia Caleidos TeenAgency e Piergiovanni Sciascia, project manager del gruppo RCS Quotidiani – Gazzetta dello Sport. Entrambi i team studiano quotidianamente come riuscire a dialogare al meglio con i teenager ed i giovani in generale e ce ne hanno dato un esempio con due campagne di successo: Eastpack e Gazzenda. Perché il target dei giovani è più promettente di quello degli anziani, pur essendo quest’ultimo in enorme crescita in numero assoluto? 19 Maggio: È molto semplice: perché i ragazzi di oggi saranno gli anziani di domani, quindi è fondamentale arruolarli subito! Ironia a parte, l’adolescenza è sempre meno una fascia di età ben definita, ma si è trasformata piuttosto in 19 teen-denze/ VeryYoungPeople di Emanuele Vella (www.ouryourmarketing.it) una condizione dell’anima. Senza fare della sociologia improvvisata o attribuire un valore negativo o positivo al fenomeno, per chi si occupa di comunicazione questo significa che gli argomenti, i linguaggi, le metafore, i canali individuati per “parlare ai giovani” hanno oggi un’efficacia ben più ampia, e alimentano stili di consumo largamente condivisi. Sciascia: La valutazione della “bontà” di un target non dipende solo dal valore dimensionale ma anche dalla capacità dello stesso di essere ricettivo e propositivo allo stesso tempo. Mi spiego: verissimo che il target degli anziani è quello più numeroso in termini assoluti (la popolazione italiana in media sta invecchiando, gli over 65 italiani sono sempre di più, con maggior “tempo libero” a disposizione e, soprattutto, con buone possibilità di spesa) ma è anche vero, e non è un dettaglio trascurabile, che gli anziani sono anche quelli meno sensibili al cambiamento ed alle nuove abitudini di consumo. I “giovani”, considerati in senso lato, sono di contro sempre più emancipati per gusto, capacità d’acquisto e riescono a relazionarsi meglio, in modo attivo e passivo, con la comunicazione e l’informazione, diventando così un ibrido tra produttori e consumatori. Diventa molto importante pertanto riuscire a parlare il loro linguaggio, anticipare le mode del momento e diventa fondamentale la capacità di rinnovarsi ed evolversi così come cambiano costantemente le loro identità. Su quali leve bisogna puntare per catturare l’attenzione del target dei teenager? Maggio: Potrà sembrare trito, ma la leva più efficace è la provocazione. Attenzione però a non confondere la provocazione con la trasgressione fine a se stessa. Intendiamo provocazione come capacità di chiamare in causa i ragazzi, di stimolare una reazione, una presa di posizione. Un’affermazione forte porta a schierarsi, a rispondere, soprattutto in un’età nella quale l’impeto ad aderire o a contestare è fortissimo. In questo modo si crea l’occasione per instaurare un dialogo effettivo tra brand e target. Dall’efficacia di questa dinamica di coinvolgimento nasce il successo di un’operazione. Sciascia: Ai ragazzi piace sentirsi coinvolti e per tale ragione credo che iniziative che li trascinino e che non li rendano solamente passivi nei confronti di iniziative pubblicitarie siano le soluzioni da percorrere. E’ fondamentale pertanto entrare a far parte delle loro regole, dei loro rituali, del loro linguaggio, mostrarsi loro complici e soprattutto sorprenderli di questo. Gazzenda si pone questi obiettivi già in fase di ideazione e progettazione: vuole essere un’agenda complice, empatica, vicina che interpreta il pensiero dei ragazzi nei confronti delle ore “passate a scuola” ma, allo stesso tempo, sensibile ai bisogni dei giovani in quanto, utilizzando l’ironia e la sdrammatizzazione, parla di qualcosa che i ragazzi avvertono come “realistico”. Seguendo questa linea, abbiamo anche cercato di sviluppare una campagna pubblicitaria coerente con l’immagine stessa di Gazzenda. Si sente parlare molto di marketing non convenzionale. A tuo parere sono strumenti adatti per dialogare con i giovani d’oggi, alla luce del boom dei social network, e di tutte quelle tendenze sviluppatesi su internet? Maggio: Se i “giovani d’oggi” sono gli esponenti della generazione Y, ovvero quelli formati nella consuetudine con il web e i media digitali, per i quali l’interazione con i contenuti e la possibilità di influenzarli, alterarli, contribuire a crearli è più che naturale, direi che quella del marketing non convenzionale è la strada maestra. Il flusso 20 teen-denze/ VeryYoungPeople di Emanuele Vella (www.ouryourmarketing.it) unidirezionale della pubblicità “tradizionale”, che non prevede feedback né tantomeno interventi critici, non è in grado di coinvolgere e mobilitare i ragazzi come invece hanno dimostrato di poter fare le tecniche di guerrilla, il viral, il grassroot marketing, l’utilizzo intelligente degli user generated content e delle social utility. Sciascia: Personalmente, credo molto nelle iniziative di guerrilla: lo scenario attuale è caratterizzato da un flusso comunicativo continuo e sovrabbondante dove catturare l’attenzione del target è l’obiettivo principale nonché impresa ardua. In quest’ottica, il marketing non convenzionale rappresenta l’opportunità di colpire facendo leva sul fattore “curiosità” che innesca un meccanismo d’interesse verso l’azione messa in atto e, di riflesso, sul prodotto pubblicizzato, con il vantaggio di essere a basso costo. Per quanto riguarda il rapporto col web, penso che l’originalità del messaggio e del mezzo usato siano gli elementi che servano ad attirare l’attenzione in un’iniziativa di guerrilla: pertanto anche il web, utilizzato in modo originale, può considerarsi una piattaforma ideale a stimolare l’interesse e a far scaturire forti elementi virali utili ad innescare un effetto “eco”, dove il contagio di un interesse verso qualcosa passa da un utente all’altro, soprattutto su Internet dove la comunicazione è tra pari e la rete diventa il veicolo del contagio. In base alla tua esperienza personale, riferita a campagne non convenzionali rivolte al target young, quale aspetto si è rivelato più importante ai fini di un buon dialogo brand-to-people? Maggio: Riprendendo una risposta precedente, si tratta della giusta provocazione. Per citare un’esperienza recente, ovvero la campagna “Wanna last longer?” per Eastpak Apparel, l’idea di utilizzare una bambola gonfiabile maschile – battezzata Billy I-doll – come testimonial di un brand il cui pay off è “Built to resist” si è rivelata una scelta azzeccata, come dimostrano le oltre 300.000 visualizzazioni del web commercial su YouTube, le migliaia di contatti su MySpace e Facebook, le reazioni all’apparizione dei bamboli nelle strade di Milano e Roma. Lo dimostrano anche le diverse interpretazioni che i ragazzi e gli osservatori (giornalisti, blogger, marketer...) hanno dato sia del viral che delle performance: da satira del proibizionismo cattolico a contributo alla lotta al precariato, fino a momento di riflessione esistenziale sul tema: siamo tutti potenzialmente degli oggetti, pronti a essere usati? Una pluralità di significati possibili che moltiplica le possibilità di “fare propria” la campagna. Sciascia: Credo che l’aspetto più importante ai fini della buona riuscita di una campagna non convenzionale sia senza dubbio quello di raggiungere il target desiderato sfruttando, se possibile, la visibilità data dai media, ma anche quello di sorprendere e stupire in modo positivo, ponendosi essenzialmente l’obiettivo di attirare l’attenzione su di sé attraverso l’originalità del messaggio, del mezzo e del linguaggio utilizzato. L’obiettivo dell’iniziativa di guerrilla di Gazzenda è stato proprio questo: Gazzenda vuole stupire, non solo per ricchezza/personalità, ma anche per la distanza dal mondo sportivo/maschile che il nome potrebbe evocare accostandola, in modo errato, al “mondo Gazzetta”. Il diario di Alice, in tal senso ha posto attenzione e luce su Gazzenda, fornendo uno spunto di riflessione sul bisogno e la necessità che i ragazzi hanno di comunicare, di esprimersi e di fissare a modo loro su carta il piacere legato ad alcuni momenti (più o meno belli) della propria vita. 21 22 I mmaginate di uscire a fare shopping, entrare in un negozio di abbigliamento e incrociare un manichino di donna con un solo seno (la campagna per Fight Breast Cancer) o vedere la vostra immagine deformata da uno specchio che vi veste come forse non avreste osato mai (per Galeria Kaufhof). Continuando entrate in un bar, vi lavate le mani per rilassarvi cinque minuti, ed in bagno notate schizzi di sangue sui muri (per 13th Street), un occhio che vi sbircia da un buco nel muro (per Axe) o un cadavere sanguinante che giace sul pavimento (per C.S.I.). Infine, recandovi presso la vostra macelleria di fiducia, tra hamburger e costolette di maiale, notate una mano mozzata messa in vendita con tanto di cartellino e prezzo (per Dexter). Scene senza dubbio dall’alto impatto emotivo e con un’ottima creatività alle spalle, ma che nella realtà avreste ben poche possibilità di vivere. Queste campagne, molto spesso, sono realizzate in studi di registrazione, o addirittura al pc, al solo scopo di generarne video o immagini spot, che a loro volta diventano pubblicità d a far rientrare nei canali convenzionali della carta stampata e in quelli del web, delegando il tutto ad un ufficio stampa con i contatti giusti. “Incursioni” lontane dall’anima stessa del guerrilla che scontano il venire meno dello stupore, del feedback con il target e della sua partecipazione emotiva. È proprio quest’ultimo aspetto che aggiunge quel “plus valore” ad un azione e che non può essere paragonato al distacco con cui leggiamo una notizia su internet, o vediamo un video, per quanto sorprendente sia. Di conseguenza la narrazione ed il passaparola risulteranno freddi e deboli, facendo così venir meno l’auspicato “effetto buzz”. In sintesi il rischio che si corre è l’autoreferenzialità di video o immagini raccolte su blog o siti di addetti ai lavori che intercettano curiosità ed ammirazione, per inventiva ed originalità, ma sempre e solo tra i curiosi dell’advertising. In questo modo si palesa la contraddizione per cui video e foto sono la notizia invece di esserne la testimonianza. E se, citando Marshall McLuhan, il mezzo è il messaggio, questo messaggio è sempre più “webconvenzionale”.* L’alternativa è nel mondo reale 2.0, dove il guerrilla marketing dovrebbe scendere nelle strade, sfidare la società mediatica, cavalcarne le contraddizioni, indossare il passamontagna e lanciarsi alla conquista delle strade. *Marshall McLuhan, sociologo canadese, noto per la sua interpretazione visionaria degli effetti prodotti dalla comunicazione sia sulla società nel suo complesso sia sui comportamenti dei singoli. La sua riflessione ruota intorno all’ipotesi secondo cui è il mezzo tecnologico che determina i caratteri strutturali della comunicazione e produce effetti pervasivi sull’immaginario collettivo, indipendentemente dai contenuti dell’informazione che esso stesso veicola. La stampa ha avuto un grande impatto nella storia occidentale, veicolando la Riforma protestante, il razionalismo e l’illuminismo, e la lampadina ha inventato il tempo libero. Di qui, la sua celebre tesi secondo cui “il mezzo è il messaggio”. 23 L o avreste notato subito, qualcosa di strano, passando di lì quella mattina. Roma, lo scorso quindici ottobre, quartiere Eur; lì, sotto all’edificio simbolo della zona, il metafisico Palazzo della Civiltà Italiana, il Colosseo Quadrato, come se dice; Il traffico, la solita coda di un’ora, sì, tutto regolare; gente che va e viene verso un ufficio o una scuola, anche questo normale. Più strano, invece, quell’assembramento permanente di persone, là sul lato che dà sulla Cristoforo Colombo. Nessuno ha megafoni o striscioni, non è una manifestazione di studenti anti Gelmini. Molti fanno fotografie, ma non sono giapponesi, anzi, c’è già qualche giornalista fra ragazzini e vecchiette. Tutti lì, davanti a quattro busti 2424 in (finto) marmo. Chi ride, chi è più che altro basito, chi borbotta che è un’ indecenza. Su quei piedistalli uno si aspetta di trovarci, che so, un Cavour qualunque, un bel Garibaldi col cappello magari, ma no. Sono quattro criminali. Ognuno reca il proprio nome in calce: il Freddo, il Libanese, il Nero, il Dandi, e sono alcuni dei boss di una delle più feroci e controverse organizzazioni malavitose che la nostra storia recente ricordi, la banda della Magliana. Un’ oretta, ed è già un putiferio. Repubblica, Il Messaggero, il Corriere, il Tempo, tutti i quotidiani della città si ritrovano la casella e-mail intasata di primo mattino da cittadini che commentano o chiedono chi diavolo abbia autorizzato siffatta opera. Nel frattempo su YouTube è già visibile un video dove si vedono quattro incappucciati arrivare con un furgone di notte, piazzare in tutta fretta le statue e lanciarsi in un coro da stadio celebrativo “Lib- banese uno di noi!” prima di riprendere il mezzo e sgommare via. Una goliardata? Amici degli amici nostalgici? Pubblicità? I più arguti avevano già intuito qualcosa, fatto stà che le agenzie di stampa battono la notizia. Qualche richiesta di spiegazioni intanto deve essere arrivata anche in Campidoglio, tanto è vero che (e immaginiamo il tono) il portavoce del sindaco si attacca alla cornetta chiamando direttamente Eur Spa, proprietaria dello spazio incriminato. Altro giro di telefonate, si fa vivo a questo punto l’ufficio stampa di Sky Italia svelando definitivamente l’arcano: si tratta di un’ azione per il lancio della serie tv di Romanzo Criminale, storia della banda della Magliana basata sul libro di Giancarlo De Cataldo, giudice della Corte d’Appello di Roma. Ma il sindaco Gianni Alemanno ormai, non l’ha presa mica tanto bene. Alla stampa dichiara secco: “Non sappiamo come si possano utilizzare questi strumenti per fare pubblicità ad un film. Il mio consiglio, lo dirò personalmente ai vertici di Eur Spa, è quello di rimuovere le statue perché non mi sembra assolutamente una buona idea” (La Repubblica del 16/10). Suggerimento recepito al volo: ecco in breve apparire all’Eur una squadra di Carabinieri che tra ali di folla procedono all’arresto, pardon, sequestro dei quattro malviventi. Il crimine, si sa, non paga. Ora, si potrebbe discutere a lungo intorno al buono o al cattivo gusto (vedi box “La mente dell’operazione”), causa scatenante - pare - della veloce rimozione delle statue. C’è chi se ne era accorto da subito che era una presa in giro dei banditi, poiché i volti raffigurati erano quelli di attori e non dei veri delinquenti, precisano da MN Italia. Personalmente: in giro vediamo di molto peggio. Soprattutto in televisione, fra tutta la pubblicità ingannevole di creme che donano l’eterna giovinezza o panini di fast food fatti (dicono) di carne vera, ma lasciamo perdere. D’altronde, questa era una delle domande che noi di Subvertising avevamo posto al sindaco stesso, ma senza ottenere risposta - che volete, avranno da fare. Guardiamo ai risultati allora; il punto è che, seppur in una maniera imprevista agli stessi ideatori, la provocazione ha avuto pieno successo, anzi. Se non ci fosse stata la rimozione delle statue - ci dicono gli autori – nel pomeriggio avrebbe avuto luogo una fase due: sul luogo del “delitto” sarebbero apparse squadracce di teppisti (o cittadini indignati) che avrebbero vandalizzato le statue. Sulle macerie sarebbe stato appuntato un cartello - “Il crimine non paga”, naturalmente - e sarebbe finita lì. Rumore mediatico ce ne sarebbe stato ugualmente, ma certo non tanto quanto ce n’è stato 25 grazie all’intervento delle autorità cittadine. Una beffa all’amatriciana. Come hanno scritto molti quotidiani l’indomani - guardatevi la rassegna stampa completa al link a piè di pagina - “Se l’intento degli organizzatori era quello di farsi notare, non c’è dubbio che ci siano riusciti”. Il guerrilla ha colpito ancora. Dalla mente alle mani, passando per le corde vocali dell’operazione Il creativo, svelatosi su un blog, non ha bisogno di presentazioni: Andrea Natella, poliedrico ideatore, fra le tante, di guerrigliamarketing.it. Vero e proprio pioniere del guerrilla in Italia, attualmente ricopre l’incarico di Creative Head Guerrilla in K-Events (gruppo Filmmaster). Coordinamento e ufficio stampa portano la firma di MN Italia; fondata nel 1997, è oggi agenzia leader nel mercato dell’entertainment nostrano, con clienti del calibro di Sky, Enel, Fox, Adr e Rcs. La Spot & Film di Maurizio Marini ha curato le autorizzazioni e la parte burocratica con l’ente EUR. Infine, il braccio, anzi le braccia, quelle del team G-Com, specialisti sul campo di cui trovate l’intervista in questo numero. La banda della Magliana: un po’ di storia Non è la prima volta che le vicende della banda della Magliana raggiungono il grande e piccolo schermo. Questa serie tv (in uscita a partire dall’ 10 novembre) è la loro terza apparizione. Nel 2005 erano già usciti due lungometraggi: uno era Fatti della banda della Magliana di Daniele Costantini, di taglio più “teatrale”, l’altro, di grande successo e con un cast notevole, è l’omonimo Romanzo criminale di Michele Placido. Le fortune cinematrografiche hanno ricalcato quelle del libro di Giancarlo De 26 Cataldo; un magistrato col bernoccolo della scrittura che ha saputo cucire in una trama appassionante le mille storie tuttora poco chiare e controverse di questa organizzazione. Si tratta di un nervo anco- ra scoperto nella nostra storia repubblicana, implicata in alcuni dei misteri e dei fatti più sanguinosi degli anni di piombo – altrimenti, non si spiegherebbe l’immediata reazione alla posa delle statue a Roma. Brevemente, potremmo definirla come la più potente e cruenta organizzazione che abbia mai operato a Roma, attiva dai tardi anni settanta fino ai primi novanta. A partire dai sequestri di persona, le rapine, il controllo del gioco d’azzardo e lo spaccio di stupefacenti, per un decennio ha fatto il bello e il cattivo tempo nella capitale , lasciandosi una scia di sangue alle spalle. Non si trattava di un’organizzazione gerarchica e internazionale come la Mafia, la ‘Ndrangheta o la Camorra, ma di un’unione di boss di quartiere diventata macroscopica. I banditi erano così entrati in contatto con tutte le più potenti organizzazioni suddette, ma non solo. Prima di autodistruggersi in una guerra lunghissima, alcuni membri hanno avuto un ruolo in alcuni degli ancora irrisolti misteri d’Italia; ad esempio, nell’esecuzione e depistaggio di fatti ancora coperti dal Segreto di Stato come la strage di Bologna, collaborando con l’estrema destra eversiva e bombarola; altri con pezzi grossi della cosiddetta “massoneria deviata” (la P2 di Licio Gelli fautrice del “Piano di rinascita democratica”); altri ancora con membri dell’alta finanza italiana e Vaticana - il crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, legato al cardinale Marcinkus dello Ior. Il problema è che è tutto vero, e oscuro. Rassegna stampa ufficiale (incompleta): www.eurspa.it/UserFiles/File/Rassegna%20stampa%202008/ottobre%202008/ras16_10_2008.pdf LA MENTE DELL’OPERAZIONE: ANDREA NATELLA 1. Nel lancio della serie di Romanzo Criminale si è scommesso anche sul guerrilla. E ci hanno visto giusto, a giudicare dall’eco che ha avuto l’ operazione: si è smosso pure il Sindaco. Te l’aspettavi, dì la verità... C’è una linea di confine che separa la “vera” Banda delle Magliana così come storicamente è stata conosciuta in questo paese, dalla “Banda della Magliana” romanzata dall’ottimo romanzo di De Cataldo da cui è tratta la serie tv. Abbiamo evidentemente sollecitato questo confine giocando sull’indistinzione tra vero e falso che come alcuni teorici hanno sostenuto (Debord e Baudrillard ad esempio) è una cifra degli apparati di potere contemporaneo. Evidentemente avevano ragione loro, e noi con loro. In realtà infatti le statue collocate all’Euro rappresentavano semplicemente i volti degli attori e non quelli della Banda della Magliana. Gli stessi nomi utilizzati sulle statue erano quelli dei protagonisti del romanzo e della serie, ben diversi dai soprannomi utilizzati dai criminali della cronaca. Da questo punto di vista quindi l’operazione è stata una semplice messa in scena con mezzi diversi della finzionalità della serie tv, del film o del romanzo. Il valore aggiunto è stato quindi nel medium come messaggio. Le statue con la loro aura di monumentalità e sacralità, ci hanno permesso di abbagliare i media e permettergli di scivolare su una notiziabilissima sovrapposizione di finzione e realtà. Al raggiungimento di questo ha evidentemente concorso, oltre al depistante video su YouTube, la scelta di una location di alto impatto scenografico, per cui l’azione oltre a essere notiziabile era fortemente fotografabile. Per quanto riguarda il sindaco invece… beh… dire che ci si aspettava che “scendesse in campo” sarebbe evidentemente una frottola, ma ho avuto la sensazione che le ragioni della sua esternazione siano state guidate da logiche tutte interne alla politica cittadina e assai meno dal peso specifico dell’operazione. 2. Dicono c’è la crisi. O sarà una bufala di Luther Blissett anche questa? Tutti la aspettano, si preparano e ci credono. Quindi la crisi c’è, anche se fosse una bufala sarebbe reale nei suoi effetti. Per sopravvivere le aziende inizieranno a tagliare i rami secchi e quelli meno produttivi. E’ un ottimo banco di prova per misurare l’efficacia della comunicazione non convenzionale rispetto a quella tradizionale. Non credo si faranno sconti a nessuno. 3. Sei a Porta a Porta (ci sono anche Calderoli, Moggi e la Falchi) e Bruno ti chiede: Signor Natella, lei non crede che quei busti all’Eur andassero “ben oltre i confini del buon gusto”? Effettivamente con Calderoli, Moggi e la ex-moglie di Ricucci in studio è assai probabile che Vespa faccia a me una domanda sul buon gusto. Premesso che il buon gusto non è una categoria del marketing e nemmeno della politica. Ribadito che esiste una differenza di sostanza tra realtà, rappresentazione della realtà e finzione nonostante gli apparati della comunicazione vivano del contrario. Non potrei fare a meno di ricordare che è la salma di Enrico de Pedis detto “Renatino” e non quella del Dandi” a riposare nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare a Roma in grazia della sua attività filantropica riconosciuta da Santa Romana Chiesa. 27