Relazione finale - Fondazione Lombardia per l`Ambiente

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Relazione finale - Fondazione Lombardia per l`Ambiente
Regione Lombardia – F.L.A. – Accordo sottoscritto dalle parti il 30 ottobre 2009
Progetto CARSIS
RAPPORTO FINALE
Dicembre 2010
Indice
PARTE I .................................................................................................................................................. 4
Introduzione .......................................................................................................................................... 4
1. Il modello For-Est .............................................................................................................................. 5
2. Attività Svolte .................................................................................................................................... 9
2.1 Verifica delle relazioni alsometriche utilizzate dal modello For-Est e loro ottimizzazione per una
applicazione al contesto regionale lombardo .......................................................................................... 9
2.2 Verifica dell’attendibilità dei parametri di ripartizione tra biomassa epigea ed ipogea, necromassa e
lettiera, mediante analisi dei rapporti root/shoot e dei modelli di ripartizione riportati in letteratura o
utilizzati nell’ambito di analoghe progettualità condotte in altre regioni italiane (es. Trentino Alto Adige,
Veneto), con proposta di nuovi o diversi valori parametrici da utilizzare con il modello For-Est. ........ 24
2.3 Valutazione teorica dell’estendibilità del modello For-Est a tutti i comparti previsti dal protocollo
LULUCF (terreni coltivati, prati e pascoli, insediamenti, zone umide, altri terreni), definendo altresì le
opportune parametrizzazioni e le fonti di dati di input. ........................................................................ 28
2.4 Analisi dell’errore introdotto dalla mancata inclusione degli effetti climatici e degli stressors associati
all’inquinamento atmosferico sui processi di assorbimento, rilascio e stoccaggio del carbonio da parte
degli ecosistemi forestali, anche in funzione degli scenari di cambiamento climatico elaborati nell’ambito
del “Progetto Kyoto Lombardia”. ........................................................................................................... 46
2.5 Utilizzazione di informazioni telerilevate e di modelli LUE (Light Use Efficiency) per monitorare le
variazioni spaziali dei C-sink e C-stock nel dominio regionale e valutare le eventuali divergenze rispetto al
modello For-Est. ..................................................................................................................................... 63
3. Conclusioni e definizione di una strategia tecnico-operativa. ........................................................... 68
PARTE II ............................................................................................................................................... 72
Introduzione ....................................................................................................................................... 72
1. Best practices nel campo degli investimenti forestali compensativi .................................................... 73
1.1 Principi generali della compensazione ............................................................................................. 73
1.2 Linee-guida per la redazione di bilanci delle emissioni .................................................................... 75
1. 3 Linee-guida per la progettazione e realizzazione di interventi compensativi ................................. 80
2. Attori, fasi progettuali ed infrastrutture per la creazione di un mercato volontario delle compensazioni
............................................................................................................................................................ 87
2.1 Fasi progettuali degli offset forestali ................................................................................................ 87
2
2.2 Attori nei progetti di compensazione ............................................................................................... 91
3. Modelli per il mercato delle compensazioni ...................................................................................... 97
3.1 Carbon Compensation Banking per la Regione Lombardia ............................................................ 101
Bibliografia ........................................................................................................................................ 108
Glossario e abbreviazioni ................................................................................................................... 116
3
PARTE I
Autori:
Giacomo Gerosa
Paolo Viganò
Riccardo Marzuoli
Ecometrics s.r.l.
Spin-off dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia
Via dei Musei 41 – 25121 Brescia
Introduzione
La prima parte del lavoro si è articolata nelle seguenti 6 attività concordate all’atto dell’incarico:
1. Verifica delle relazioni alsometriche utilizzate dal modello For-Est e loro ottimizzazione per
un’applicazione al contesto regionale lombardo.
2. Verifica dell’attendibilità dei parametri di ripartizione tra biomassa epigea ed ipogea,
necromassa e lettiera, mediante analisi dei rapporti root/shoot e dei modelli di ripartizione
riportati in letteratura o utilizzati nell’ambito di analoghe progettualità condotte in altre
regioni italiane (es. Trentino Alto Adige, Veneto), con proposta di nuovi o diversi valori
parametrici da utilizzare con il modello For-Est.
3. Valutazione teorica dell’estendibilità del modello For-Est a tutti i comparti previsti dal
protocollo LULUCF (foreste, terreni coltivati, prati e pascoli, insediamenti, zone umide, altri
terreni), definendo altresì le opportune parametrizzazioni e le fonti di dati di input, oppure
indicazione di approcci modellistici alternativi.
4. Analisi dell’errore introdotto in For-Est dalla mancata inclusione degli effetti climatici e
degli stressors associati all’inquinamento atmosferico sui processi di assorbimento, rilascio
e stoccaggio del carbonio da parte degli ecosistemi forestali, anche in funzione degli
scenari di cambiamento climatico elaborati nell’ambito del “Progetto Kyoto Lombardia”.
5. Utilizzazione di informazioni telerilevate e di modelli LUE (Light Use Efficiency) per
monitorare le variazioni spaziali dei Carbon-sink e Carbon-stock nel dominio regionale e
valutazione delle eventuali divergenze rispetto al modello For-Est.
6. Definizione di una proposta tecnico-operativa destinata al rafforzamento delle basi di dati
regionali per il miglioramento delle procedure di stima attuabili con il modello For-Est.
4
1. Il modello For-Est
Il modello For-Est è stato sviluppato dall’APAT (ora ISPRA) in ottemperanza all’art. 5.1 del
Protocollo di Kyoto, il quale prevedeva che ogni Parte inclusa nell’Allegato I realizzasse un sistema
nazionale per la stima delle emissioni antropiche (in termini di fonti di emissione ed assorbimenti)
di tutti i gas serra non inclusi nel Protocollo di Montreal. Il modello, realizzato quale tier method 3
nell’ambito
delle
indicazioni
metodologiche
espresse
dalle
linee
guida
forestali
dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) – cioè quale modello “tailored to address
national circumstances”, non definito nelle guidelines IPCC ma specificatamente creato dalle
agenzie nazionali ai fini dei propri specifici inventari –, permette la quantificazione dell’incremento
corrente (I) e della provvigione (gs) per ciascuna delle diverse tipologie inventariali del primo
Inventario Forestale Nazionale (1985) sulle quali il modello è stato strutturato. I dati di superficie
per ciascuna regione e categoria inventariale utilizzati come input del modello, infatti, sono stati
ricavati dal primo Inventario Forestale Nazionale (1985) e dai risultati preliminari dell’ “Inventario
Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio” (CFS, 2004). Sulla base di questi input
il modello è stato utilizzato per stimare l’evoluzione degli stock dei serbatoi forestali nel tempo per
l’inventario nazionale dei gas serra.
Lo schema logico di funzionamento del modello For-Est è riportato in Figura 1. Il modello calcola
l’incremento corrente annuale ad ettaro per ognuna delle tipologie forestali dell’inventario
mediante la derivata della funzione di Richards (e.g. Richards, 1959), a partire dai dati di
provvigione. La funzione di Richards, molto usata nella modellazione della crescita arborea e
nell'analisi della risposta vegetale a diversi tipi di trattamento, è riportata in Eq. 1, mentre la sua
forma derivata - utilizzata nel modello For-Est - è indicata in Eq. 2.
Nella versione presentata da Federici et al. (2008), la funzione di Richards lega l'incremento
corrente direttamente alla densità di biomassa del popolamento forestale, ossia alla provvigione
che lo genera (si veda a titolo di esempio la Figura 2). In tale forma l’equazione permette di
calcolare, a partire dai dati di provvigione ettaro (growing stock) relativi all’anno i, il valore di
incremento corrente che viene successivamente utilizzato come valore per la stima degli stock
all’anno i+1. Nella forma presente in For-Est, quindi, la funzione derivata di Richards (Eq. 2)
permette la stima degli incrementi correnti di volume (variabile dipendente) avendo quale
variabile indipendente la provvigione ad ettaro:
5
Eq. 1
y
y'
Eq. 2
a 1 e
dy
dt
1/ v
kt
(funzione di Richards)
k
y 1
v
y
a
v
y0
(funzione di Richards in forma derivata)
dove il termine y0 rappresenta l'incremento corrente con provvigione nulla (dato di input
dell’equazione, da stimare), y è la provvigione ettaro (gs in seguito) mentre y’ è l’incremento
corrente (I in seguito). I parametri k, v, a determinano la forma della curva e devono essere stimati
per ciascuna tipologia forestale dai dati presenti nelle tavole alsometriche. Il parametro v
determina la forma della curva di crescita: quando v>0 la crescita è esponenziale, quando v=-1 la
crescita è logistica, quando v=3 la crescita segue la funzione di Bertalanffy, quando v=±
la
crescita segue la funzione di Gompertz; a è la provvigione per ettaro massima, a maturità del
popolamento e k è la velocità di accrescimento del popolamento.
Dai dati di incremento corrente così calcolati, la provvigione ad ettaro dell’i-esimo anno, gsi, è
ottenuta dalla provvigione dell’anno precedente, gsi-1, aggiungendo ad essa l’incremento dell’anno
corrente Ii (corrispondente alla y della della funzione di Richards in forma derivata) e sottraendo
alla stessa le perdite dovute ai tagli Hi, alla mortalità Mi ed agli incendi Fi occorsi nell’anno
corrente, secondo quanto espresso in Eq. 3:
Eq. 3
gsi
gsi
1
Ii
Hi
Fi
M i ( Di )
Ai
dove gsi è il volume ad ettaro di provvigione per l’anno corrente, gsi-1 è il volume totale di
provvigione per l’anno precedente, Ii è l’incremento corrente calcolato con l’equazione di Richards
(y’ nell’equazione 2), Hi è la quantità di biomassa utilizzata per l’anno corrente, Fi è la quantità di
biomassa bruciata per l’anno corrente, Mi è il tasso annuo di mortalità, Di è il tasso annuo di
rimozione della biomassa (raccolta, pascolo ecc.) per le foreste protettive, Ai è la superficie totale
relativa ad una specifica tipologia forestale per l’anno corrente.
Ai fini delle linee guida dell’IPCC il modello For-Est si configura come una “metodologia gain-loss”
che permette di stimare, nel tempo, l’evoluzione dello stock di biomassa di specifiche superfici
6
forestali sulla base di apporti e perdite di biomassa. Da questo valore di stock si può stimare il
carbon stock change (CSC) ai fini della rendicontazione degli obiettivi nazionali del Protocollo di
Kyoto.
Figura 1 - Struttura del modello For-Est, rispondente alle indicazioni delle linee guida forestali dell’IPCC (“Good Practice Guidance
for Land Use, Land-Use Change and Forestry” , IPCC 2003; e “Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories” - Volume 4,
Agriculture, Forestry and Other Land Use, IPCC 2006)
7
Come già illustrato, ad uno stock iniziale di biomassa che si costituisce come dato di input viene
sommato l’incremento corrente annuale - calcolato attraverso l’equazione di Richards - e vengono
sottratte le perdite dovute ad utilizzazioni, mortalità ed incendi durante il medesimo anno
ottenendo lo stock di biomassa netto (o growing stock, la provvigione) per l’anno i-esimo.
Questo dato viene poi utilizzato dal modello per il calcolo dello stock di biomassa nei 5 pool di
carbonio individuati dalle guidelines dell’IPCC: biomassa epigea, biomassa ipogea, lettiera,
necromassa, suolo.
In particolare:
-
per il calcolo della biomassa epigea vengono utilizzati (per ciascuna categoria inventariale)
gli specifici BEFe (biomass expansion factor) e WBD (o DB, la densità basale del legno) a
partire dal gs annuale;
-
per il calcolo della biomassa ipogea vengono utilizzati il rapporto root to shoot (BEFi) e la
WBD a partire dal gs annuale;
-
per il calcolo della necromassa viene utilizzato il Dead Mass Expansion Factor a partire dal
dato di biomassa epigea;
-
per il calcolo della lettiera vengono utilizzate delle specifiche regressioni lineari a partire dal
dato di biomassa epigea;
-
per il calcolo della sostanza organica nel suolo vengono utilizzate delle specifiche
regressioni lineari a partire dal dato di biomassa epigea.
Riassumendo, il modello che si applica in questa ricerca ha quale input il valore di provvigione ad
ettaro di ogni tipologia forestale riportata nell'Inventario Forestale Nazionale Italiano e quale
output l'incremento corrente per ognuna delle tipologie. A tale incremento vengono sottratte le
perdite dovute alle utilizzazioni, alla mortalità e agli incendi, avendo così il bilancio annuale per
ognuno dei 5 serbatoi di carbonio (biomassa epigea, biomassa ipogea, necromassa, lettiera,
sostanza organica nel suolo).
8
2. Attività Svolte
2.1 Verifica delle relazioni alsometriche utilizzate dal modello For-Est e loro
ottimizzazione per una applicazione al contesto regionale lombardo
2.1.1 Metodologia
Come descritto nell’introduzione, i risultati e le stime degli stock di carbonio fornite dal modello
sono fortemente guidate dai parametri dell’equazione di Richards, la quale permette di calcolare
l’incremento corrente annuo (per tipologia inventariale) alla base del calcolo della provvigione
forestale annuale.
In questa logica rivestono grande importanza i parametri dell’equazione stessa (a, k, v, y0). Una
corretta stima di questi parametri costituisce la principale operazione da compiere prima di
utilizzare il modello in una particolare area. Questa operazione permette di calibrare il modello
alle specifiche cinetiche di crescita delle foreste
regionali.
I parametri k, v, a determinano la forma della
curva
che
lega
l’incremento
corrente
alla
provvigione (e.g. Figura 2), mentre il parametro y0
rappresenta
l’incremento
corrente
con
provvigione nulla. Questi quattro parametri sono
stimati per ciascuna tipologia forestale a partire
La calibrazione dell’equazione di
Richards su cui si basa il modello ForEst ha permesso di stimare per molte
tipologie forestali i parametri ottimali
per l’applicazione al contesto regionale
lombardo. Il modello ottimizzato è
stato validato su un dataset
indipendente con risultati più che
soddisfacenti (R2=0.78, p<0.001).
dai dati forniti dalle tavole alsometriche.
Le tavole alsometriche sono tabelle contenenti
una serie di informazioni tra cui il volume della
massa legnosa per ettaro di una data specie
forestale e l'incremento corrente e medio alle
varie età, per singole classi di produttività. Altri
parametri generalmente riportati sono: numero
degli alberi, altezza media e dominante, diametro
medio, area basimetrica. Le tavole sono spesso
9
Nonostante i buoni risultati si
suggerisce per il futuro di concentrare
gli sforzi sulla creazione di un database
più ampio e con tavole alsometriche
riferite a tutte le tipologie forestali
lombarde nonché alle diverse forme di
governo del bosco (ceduo e fustaia),
così da aggiornare costantemente le
stime dei parametri e ridurre
l’incertezza associata.
divise in classi di fertilità: all’interno di tali classi le relazioni tra età, densità, provvigione possono
essere notevolmente diversificate, anche all’interno della stessa tipologia forestale.
Nel modello che in seguito chiameremo ‘Default’ i parametri a, k, v, y0 sono stati definiti per
ciascuna tipologia forestale a partire dalle tavole alsometriche generalizzate costruite su dati
provenienti da località italiane anche molto diverse tra loro (Federici et al., 2008). Tali tavole sono
state ottenute dal database nazionale curato dall’Università della Tuscia (Federici et al., 2001) e
scaricabili a richiesta dal sito ftp della medesima Università (http://gaia.agraria.unitus.it). Questa
scelta, pur permettendo una certa generalizzazione del modello, può creare problemi
nell’applicazione dello stesso ad un ambito più specifico come quello di una singola Regione (come
la Lombardia). Perciò sono stati estratte dal dataset della Tuscia le tavole alsometriche relative ai
boschi lombardi. Per ovviare alla scarsità di dati per alcune tipologie forestali lombarde, sono state
estratte anche tavole alsometriche relative a formazioni forestali di regioni confinanti con
caratteristiche meteo-climatiche simili (Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e Trentino Alto-Adige).
I parametri dell’equazione sono stati stimati per ciascuna tavola con un metodo di ottimizzazione
non lineare ai minimi quadrati (Bates and Watts, 1988) implementato in linguaggio R (R
Development Core Team, 2005). E’ stato scelto tale linguaggio perché fortemente orientato
all’analisi statistica e perché di tipo open source, quindi liberamente scaricabile e utilizzabile.
L’incertezza della stima dei parametri è stata invece valutata grazie al metodo bootstrap (Efron
and Thibirani, 1993). Questo metodo consiste nel ricampionamento iterativo con rimpiazzo del
data set di partenza (1000 volte) e nella stima dei parametri ad ogni ricampionamento. La
distribuzione delle stime dei parametri ottenuta alla fine delle iterazioni permette di valutare
l’incertezza dei parametri stessi legata all’errore casuale presente nel dataset utilizzato.
L’incertezza viene indicata con la deviazione standard delle 1000 stime effettuate con il bootstrap.
Tale incertezza risulta utile perché può essere propagata in modo tale da associare l’incertezza ai
risultati finali del modello.
Per la stima dei parametri ottimali sono stati invece utilizzati tutti i dati presenti nelle tavole
alsometriche a disposizione per ciascuna tipologia forestale, in modo da massimizzare
l’informazione contenuta nel dataset.
I parametri ottimali del modello sono stati così stimati per una serie di tipologie forestali di
interesse regionale.
10
La validazione della parametrizzazione così ottenuta è stata poi effettuata comparando i risultati
con le informazioni contenute in due dataset indipendenti provenienti da diversi fonti:
Dati di incremento corrente (ICi) e volume della fitomassa arborea epigea per unità di
superficie raccolti nell’ambito del progetto CARSIS sul territorio regionale. Tali dati sono
riferiti alla Valle Camonica e al Lario Orientale e contengono i valori delle provvigioni ettaro
e di incremento corrente delle diverse particelle forestali che li compongono.
Dati di incremento corrente (ICi) e di provvigione ricavati dai dati di volume della fitomassa
arborea epigea (fusto e rami grossi) per unità di superficie riportati nell’Inventario
Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio. I dati utilizzati sono quelli
relativi alla Regione Lombardia. Tali dati sono riportati nella sezione “I Caratteri
Quantitativi” del sito web del Sistema Informativo Agricolo Nazionale1.
Il processo di validazione ha comportato la comparazione tra i valori di incremento corrente per
unità di superficie misurati in ciascuna parcella del dataset di validazione e quelli stimati dal
modello di Richards con i parametri di Default (riportati in Tabella 1) a partire dai valori di
provvigione per unità di superficie (m3 ha-1) di ciascuna parcella. Quindi è stata applicata
l’equazione di Richards (Eq. 1) con i parametri ottimizzati riportati in Tabella 2.
La valutazione dell’accuratezza delle stime d’incremento corrente con le diverse parametrizzazioni
è stata fatta attraverso il calcolo del coefficiente di determinazione (R2), della radice dello scarto
quadratico medio (RMSE) e dei parametri del modello di regressione lineare tra dato osservato e
modellato. Come riportato da Jannssen and Heuberger (1995), l’RMSE permette di riassumere le
differenze tra i dati simulati e i dati osservati dando una misura della discrepanza tra i dati
osservati ed il modello. I coefficienti della retta di regressione lineare tra i dati osservati e
modellati (pendenza - a1 - ed intercetta - a0 -) ed il coefficiente di determinazione R2 permettono
invece di caratterizzare rispettivamente il bias (o deviazioni sistematiche delle simulazioni dalle
osservazioni) e la varianza spiegata dal modello. La combinazione di queste statistiche permette
quindi di caratterizzare “al meglio” l’accuratezza del modello.
Le statistiche ottenute con il modello ‘Default’ e con il modello ottimizzato sono state quindi
messe a confronto per valutare gli effetti dell’ottimizzazione.
1
Riferimento sito web: www.sian.it/inventarioforestale/jsp/dati_carquant_tab.jsp
11
2.1.2 Risultati
I parametri utilizzati per il modello ‘Default’ sono riportati in Tabella 1, mentre le stime ottimali per
l’applicazione al caso lombardo (‘modello ottimizzato’) sono esposti in Tabella 2. Come è possibile
osservare in Tabella 1 il modello ‘Default’ ha i parametri definiti per un’applicazione generale del
modello (Federici et al., 2008). I parametri riportati in Tabella 2 invece possono essere considerati
come i parametri ottimizzati per un’applicazione specifica del modello For-Est al caso lombardo.
L’ultima colonna della Tabella 2 indica l’origine dell’ottimizzazione: fitting su tavole alsometriche
relative alla Lombardia e aree limitrofe, oppure parametrizzazioni per tipologie forestali lombarde
reperite direttamente in letteratura.
Per alcune tipologie forestali, tuttavia, non sono stati trovati dati per compiere una stima dei
parametri ottimizzati. Per queste tipologie si suggerisce l’utilizzo dei parametri della classe più
simile presente in Tabella 1, oppure l’utilizzo di quelli delle classi generiche (e.g. conifere) presenti
in Tabella 2. Nelle fasi successive del lavoro le classi della Tabella 2 verranno armonizzate con
quelle dell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio.
In Figura 2 e Figura 3 sono riportati, a titolo esemplificativo, i grafici con le regressioni non lineari
(linea arancione) utilizzate per la stima dei parametri dell’equazione di Richards per una tipologia
forestale e una classe di fertilità. In Figura 4 invece è riportato il grafico dell’incremento corrente
rispetto alla provvigione per una tipologia forestale e in condizioni di fertilità diverse.
Le statistiche che descrivono la bontà di adattamento del modello ai dati (R2 e significatività p)
sono riportate in ciascun grafico.
I grafici mostrano che il modello è in grado di interpolare bene i dati, anche se emerge
chiaramente un problema quando si analizzano diverse classi di fertilità delle parcelle per la stessa
tipologia forestale. Appare evidente che in linea teorica andrebbe costruita una parametrizzazione
ad hoc per ciascuna classe di fertilità, da utilizzare poi quando si applica il modello. Il dato di
fertilità non è tuttavia facilmente reperibile e quindi è necessario considerare questa come una
fonte di incertezza sia per la stima dei parametri che per la stima degli stock di carbonio.
12
Tabella 1 - Parametri dell’equazione di Richards per le tipologie forestali italiane (Modello ‘Default’). I parametri k, v, a
determinano la forma della curva che lega l’incremento corrente alla provvigione, mentre il parametro y0 rappresenta
l’incremento corrente con provvigione nulla.
Tipologia forestale
k
v
a
y0
Peccete
0.014
-0.276
978.6
0.063
Abete bianco
0.015
-0.254
1'106.8
0.035
Lariceto
0.034
0.489
446.2
0.217
Pino Silvestre
0.029
0.399
2'468.2
0.071
Conifere
0.013
-0.408
1'564.8
0.146
Conifere–Cedui
0.013
-0.408
1'564.8
0.146
Faggete
0.018
-0.093
1'268.4
0.062
Querceti
0.078
1.298
185.5
1.621
Querceti–Cedui
0.010
-0.770
427.1
0.541
Cerrete
0.010
-0.544
699.3
0.939
Carpineti
0.019
-0.879
132.2
0.759
Castagneti
0.037
0.000
834.7
4.111
Pioppeti
0.175
0.242
586.9
4.167
Latifoglie
0.008
-0.330
1'539.3
1.621
Latifoglie – Cedui
0.078
1.298
185.5
3.890
13
Tabella 2 - Parametri dell’equazione di Richards stimati come ottimali per le tipologie forestali presenti in Regione Lombardia. Il
termine “Intermedia” si riferisce al fatto che la parametrizzazione è stata ottenuta utilizzando i dati provenienti dalla sola classe
di fertilità intermedia. I parametri k, v, a determinano la forma della curva che lega l’incremento corrente alla provvigione,
mentre il parametro y0 rappresenta l’incremento corrente con provvigione nulla (l’eventuale valore negativo di y0 va inteso
come semplice intercetta della curva incremento/provvigione ottenuta con processi di interpolazione non-lineare). Questi
quattro parametri sono stimati per ciascuna tipologia forestale a partire dai dati presenti nelle tavole alsometriche.
Tipologia forestale
k
v
a
y0
Fonte
Peccete
0.005
-0.565
1414.0
-0.963
Peccete
Intermedia
0.013
0.267
726.2
0.125
Lariceto
0.048
2.021
412.1
1.003
Conifere
0.008
-0.760
2009.0
-5.110
Conifere
Intermedia
0.074
1.101
355.5
0.473
Alneti
0.066
-0.153
704.3
-0.151
Faggete
0.040
1.684
535.8
0.553
Faggete
Intermedia
Faggete Cedui
0.040
1.684
535.8
0.552
0.051
0.537
154.5
1.988
Fitting
Lombardo
Fitting
Lombardo
Fitting
Lombardo
Fitting
Lombardo
Fitting
Lombardo
Fitting
Lombardo
Fitting
Lombardo
Fitting
Lombardo
Tulipano, 2005
Querceti
0.01
-0.77
427.1
0.541
Tulipano, 2005
Cerrete
0.011
-0.449
656.2
0.939
Tulipano, 2005
Carpineti
0.019
-0.879
132.2
0.759
Pioppeti
0.540
0.780
258.9
1.370
Orno-Ostrieti (*)
0.078
0.282
532.3
1.490
Fitting
Lombardo
Fitting
Lombardo
Fitting
Lombardo
(*)
Poiché i parametri stimati per la tipologia degli Orno-Ostrieti non sono da considerarsi soddisfacenti si consiglia di utilizzare i
parametri di ‘Default’ dei Querceti-cedui riportati in Tabella 1.
14
Figura 2 - Andamento dell’incremento corrente in funzione della provvigione per una peccata con classe di fertilità intermedia.
2
La curva interpolante rappresenta la funzione di Richards stimata per la tipologia forestale in esame. La statistica R e i valori dei
parametri sono riportati nel grafico.
15
Figura 3 - Andamento dell’incremento corrente in funzione della provvigione per un lariceto. La curva interpolante rappresenta
2
la funzione di Richards stimata per la tipologia forestale in esame. La statistica R e i valori dei parametri sono riportati nel
grafico.
16
Figura 4 - Andamento dell’incremento corrente in funzione della provvigione per una pecceta. Tutte le classi di fertilità sono
riportate, come appare evidente dalla distribuzione dei punti nel grafico. La cuva interpolate rappresenta la funzione di Richards
2
stimata per la tipologia forestale in esame. La statistica R e i valori dei parametri sono riportati sopra nel grafico.
A titolo esemplificativo, in Figura 5 sono riportate le distribuzioni delle stime dei parametri
ottenute con la tecnica bootstrap per le peccete: la propagazione di questa incertezza risulta
fondamentale per valutare l’incertezza finale associata alla stima degli stock di Carbonio. Sull’asse
delle ascisse sono riportati i valori delle stime di ciascun parametro, mentre in ordinate sono
indicate le occorrenze di ciascuna stima (frequenze) nelle 1000 simulazioni effettuate con la
tecnica del bootstrap. La linea verticale tratteggiata rappresenta il valore mediano della
17
distribuzione delle stime, ovvero il valore assunto come ottimale per ciascun parametro. La
dispersione delle stime attorno al loro valore mediano rappresenta una misura dell’incertezza
delle stime stesse. Utilizzando tutti i dati delle tavole alsometriche simultaneamente, senza
suddividerle cioè per classi di fertilità, l’incertezza aumenta (dati non mostrati) a conferma di
quanto evidenziato in precedenza.
Figura 5 - Distribuzione dell'incertezza dei parametri – esempio per la tipologia forestale Pecceta con classe di fertilità Intermedia
(cfr. Figura 1). La linea tratteggiata rappresenta il valore mediano della distribuzione dei parametri ottenuta mediante il metodo
“bootstrap”.
2.1.3 Validazione
Le stime dei valori dei parametri dell’equazione di Richards per lo specifico caso lombardo (Tabella
2) sono state validate contro un dataset indipendente contenente dati di provvigione ed
incremento corrente ottenuto dai Piani di Assestamento Forestale gentilmente concesso dalla
18
Comunità montana di Valle Camonica e dalla Comunità montana del Lario Orientale, nonché
contro i dati riportati nell’Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio
relativamente alla Lombardia. I risultati sono riportati in Tabella 3 ed in Figura 6.
L’accuratezza della nuova parametrizzazione è stata valutata confrontando i valori di incremento
corrente per unità di area del dataset di validazione con le stime ottenute con il parametri di
‘Default’ e con i parametri ‘ottimizzati’ all’applicazione lombarda per alcune tipologie forestali.
E’ evidente come utilizzando i parametri stimati ad hoc a partire dalle tavole alsometriche per
boschi simili - in termini di condizioni meteo-climatiche - a quelli della Regione Lombardia
(parametri ‘ottimizzati’), i risultati migliorino notevolmente rispetto a quelli ottenuti con la
parametrizzazione di ‘Default’ (Figura 6). I valori del coefficiente di determinazione (R2) passano
dallo 0.49 del modello di ‘Default’ allo 0.78 del modello ‘ottimizzato’. Tale risultato evidenzia come
il modello ottimizzato per la Lombardia sia in grado di spiegare il 78% della varianza dei dati
osservati mentre con il modello ‘Default’ la varianza spiegata si limita al 49%. Si evidenzia inoltre
una drastica riduzione dell’errore quadratico medio che passa da 1.59 m3 ha-1 a 1.05 m3 ha-1.
La porzione di varianza non spiegata dal modello è attribuibile alle seguenti ragioni:
1. la collezione di tavole alsometriche impiegata nella calibrazione delle funzioni di crescita
non può essere considerata completamente rappresentativa della realtà forestale
lombarda, perché non sono presenti dati in numero sufficiente per molte tipologie forestali
e questi non sono riferiti a parcelle regolarmente distribuite sul territorio;
2. la funzione di Richards è stata parametrizzata utilizzando le classi di fertilità intermedie
presenti nelle tavole alsometriche, e quindi non è rappresentativa di tutte le classi di
fertilità;
3. ci sono fattori legati alla variabilità climatica, a stress ambientali di vario tipo e alle
deposizioni azotate che possono influenzare l’accuratezza delle stime, poiché questi
processi non vengono presi in considerazione dal modello For-Est basato sull’equazione di
Richards.
I parametri forniti in Tabella 2 rappresentano dunque, data la disponibilità di dati attuale, la
parametrizzazione ottimale per l’applicazione al caso lombardo relativamente ai tipi forestali
riportati. Per le tipologie forestali non riportate in Tabella 2 si suggerisce di utilizzare i dati
‘Default’ riportati in Tabella 1. A titolo esemplificativo vengono riportati in Tabella 4 i parametri
19
dell’equazione di Richards stimati in un analogo studio effettuato in Emilia Romagna (Tulipano,
2005).
Nonostante i buoni risultati ottenuti si suggerisce di concentrare gli sforzi sulla creazione di un
database contenente un numero maggiore di dati e tavole alsometriche per le tipologie forestali
lombarde in modo tale da poter aggiornare le stime dei parametri riducendone l’incertezza
associata. Come precedentemente sottolineato la collezione di tavole alsometriche, impiegata
nella calibrazione della funzione di crescita, non può essere considerata completamente
rappresentativa della realtà forestale lombarda. Va inoltre sottolineato che in questo lavoro,
eccetto per la tipologia forestale ‘Faggete’, non è stata fatta alcuna distinzione tra foreste
governate a ceduo o a fustaia poiché non erano disponibili dati sufficienti per effettuare la stima
dei parametri in queste condizioni di governo. Anche in questo senso, a nostro parere, lo sforzo
successivo dovrebbe concentrarsi sull’incremento della raccolta dei dati necessari per il processo
di ottimizzazione dell’equazione di Richards.
Il codice sviluppato nel contesto di questa collaborazione permette, una volta raccolti ulteriori dati
e tavole alsometriche (sia per i tipi forestali riportati in Tabella 2 che per quelli assenti), di poter
stimare in modo rapido ed efficace i parametri a, k, v, y0 e quindi di poter fornire stime aggiornate
e più consistenti degli stock di carbonio a livello regionale.
20
Tabella 3 - Risultati della validazione della parametrizzazione ”ottimizzata” dell’equazione di Richards (VC=Valle Camonica,
LO=Lario Orientale, INFC=Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio).
Tipologie forestali
presenti
Fonte
Param.
Provv.
Dati
3
Pecceta subalpine
Incremento
Corrente
PAF
3
-1
Incremento
Corrente
Modello
‘Ottimizzato’
3
-1
Incremento
Corrente
Modello
‘Default’
m ha
-1
m ha
m ha
m ha
3
-1
VC
Peccete
128.97
1.92
2.36
4.09
Abete Rosso
INFC
Peccete
333.4
7.4
5.88
5.88
Abete Bianco
INFC
Conifere
460.9
9.6
9.66
9.66
Lariceto tipico
VC
Lariceto
81.58
1.61
2.80
3.42
Lariceto montano
VC
Lariceto
116.37
1.84
3.00
4.51
Laricete e Cembrete
INFC
Lariceto
217.6
3.7
4.75
4.65
Pinete Pino Silvestre e
montano
INFC
Conifere
143.9
3
4.61
7.72
INFC
Conifere
378
7.5
5.07
9.63
Faggeta
VC
Faggeta
161.70
2.70
3.87
5.50
Faggeta
LO
Faggeta
171.53
3.34
4.02
5.59
Faggeta
LO
Faggeta
149.55
2.69
3.68
5.45
Faggete
INFC
Faggete
186
4.6
4.23
6.94
Querceti di rovere,
roverella e farnia
INFC
Querceto
107.4
3.2
3.21
4.92
Cerrete, boschi di
farnetto, fragno e
vallonea
INFC
Cerrete
130.8
5.8
4.35
4.41
Corilo-Frassineto
VC
Corileti
58.38
1.45
1.90
4.38
Carpineti
VC
Carpineti
72.89
2.28
1.86
1.84
INFC
Pioppeti
150.1
5.5
5.70
5.70
Altri boschi di conifere,
pure o miste
Boschi Igrofili
21
Figura 6 - Grafico dell’incremento corrente simulato mediante l’equazione di Richards (Eq. 1) contro l’incremento corrente
osservato relativo al modello ‘ottimizzato’ per l’applicazione in Lombardia (in alto) e per il modello con la parametrizzazione
originale (o ‘Default’) (in basso). La linea continua rappresenta la retta di regressione lineare tra dati osservati e simulati mentre
le linee tratteggiate rappresentano l’intervallo di confidenza al 95%.
22
Tabella 4 - Parametri dell’equazione di Richards stimati per le diverse tipologie inventariali dell’Emilia Romagna. Tratto da
Tulipano, 2005, Tabella 3.1.
23
2.2 Verifica dell’attendibilit{ dei parametri di ripartizione tra biomassa epigea
ed ipogea, necromassa e lettiera, mediante analisi dei rapporti root/shoot e dei
modelli di ripartizione riportati in letteratura o utilizzati nell’ambito di
analoghe progettualità condotte in altre regioni italiane (es. Trentino Alto Adige,
Veneto), con proposta di nuovi o diversi valori parametrici da utilizzare con il
modello For-Est.
Come illustrato nella sezione 2.1, la biomassa epigea totale comprende la biomassa di fusto,
chioma e rami (tutti i valori sono riferiti all'ettaro, ma possono essere estesi alla totale estensione
di superficie semplicemente moltiplicando il valore di biomassa per il n° di ha): così come
presentato in Eq 4, la biomassa epigea può essere calcolata a partire dal dato di provvigione
tramite l'uso di fattori di espansione specie-specifici (BEF1) che esprimono la relazione allometrica
esistente tra le due grandezze (BEF1=volume di biomassa epigea in m3 / volume della provvigione
in m3, ISAFA 2004) e tramite l’applicazione dei rispettivi e specifici valori di densità basale del
legno (DB o WBD – Wood Basic Density). Il valore di biomassa epigea totale risulta così espresso in
tonnellate di sostanza secca all’ettaro- [t s.s./ha]):
Eq. 4.
Biomassa epigea (s.s.) = gs * BEF1 * DB
dove gs è il growing stock [m3/ha], BEF è il biomass expansion factor (adimensionale), DB la
densità basale del legno [t s.s./m3].
Il contenuto di carbonio nella biomassa secca oscilla in letteratura tra il 40% ed il 60% circa: in
accordo con le linee guida dell'IPCC per la
realizzazione degli inventari nazionali dei gasserra (e.g. Romano et al., 2010), in questo studio
il contenuto in C è stato assunto essere pari al
50% della sostanza secca. Tale valore di carbonio
viene infine convertito in tonnellate di anidride
carbonica equivalente mediante moltiplicazione
per il numero puro 3,67 (risultato del rapporto
tra la massa molecolare della CO2 e la massa
atomica del carbonio.):
24
Si confermano i valori di BEF
riportati in Federici et al., 2008, per
l’applicazione lombarda di For-Est.
Per quanto riguarda i valori relativi
ai disturbi, ed in particolare agli
incendi, sono stati segnalati e
riportati i dati aggiornati per il
territorio regionale.
Eq. 5. CO2 assorbita dalla biomassa epigea [tCO2/ha] = biomassa epigea (s.s.) * 0,5 * 3,67
Con procedimento simile a quello illustrato in Eq. 4 viene calcolata anche la biomassa ipogea
(costituita dall'insieme di radici grossolane e sottili): la provvigione di ogni tipologia inventariale
viene però in questo caso moltiplicata per gli specifici BEF, che rappresentano il rapporto
root/shoot (R o BEF2 = biomassa fusto/biomassa radici, valore adimensionale).
E’ chiaro come questi parametri BEF1 e BEF2 debbano essere ottimizzati per il caso specifico
dell’applicazione del modello alla Regione Lombardia. A questo proposito è stata condotta una
verifica delle fonti esistenti in letteratura (e.g. Anfodillo et al., 2006; Lehtonena et al., 2006; Vallet
et al., 2006; Pilli et al., 2006, Romano et al., 2010; ISAFA, 2004). Tuttavia dall’analisi di quanto
reperito in letteratura e in report di analoghi progetti condotte in altre regioni italiane (Emilia
Romagna, Veneto, Piemonte e Trentino Alto-Adige) non sono emersi valori particolarmente diversi
da quelli ritenuti ottimali per l’Italia (di cui alla Tabella 3) da Federici et al. (2008).
Si è quindi deciso di confermare i valori di BEF riportati in Federici et al. (2008) per l’applicazione
lombarda di For-Est (Tabella 5 per l’elenco delle principali tipologie presenti sul territorio
lombardo).
25
Tabella 5 - Biomass Expansion Factors selezionati per l'applicazione di For-Est a livello regionale da Federici et al., 2008.
Nell’ultima riga viene riportata la media dei valori di BEF1 e BEF2.
Tipologia
forestale
Peccete
BEF1 (Biomassa epigea)
BEF2 (Biomassa ipogea)
1.29
0.29
Abetieti
1.34
0.28
Lariceti
1.22
0.29
Pinete Montane
1.33
0.36
Conifere
1.37
0.29
Faggete
1.36
0.20
Cerrete
1.45
0.24
Querceti
1.42
0.20
Latifogle
1.47
0.24
Castagneti
1.33
0.28
Carpineti
1.28
0.26
Pioppeti
1.29
0.21
Media
1.34
0.26
Il modello richiede anche dati sulla necromassa (legno morto). Poiché non sono disponibili in
letteratura dati da misure dirette in campo, la necromassa è stimata attraverso l'applicazione di un
fattore di espansione costante per ciascuna tipologia forestale ricavato in letteratura (Table 3.2.2
del GPG per LULUCF – IPCC 2003) e pari a 0.14.
Il modello For-Est richiede come input anche dati relativi ai disturbi, tra i quali gli incendi
rappresentano un dato essenziale per ottenere stime affidabili a scala regionale. In particolare per
gli incendi, il dato fondamentale richiesto da For-Est è l’area bruciata che viene poi impiegata per il
calcolo dello stock di C perso in seguito al disturbo. A tal fine sono stati raccolti dati specifici per gli
incendi a livello regionale provenienti dai rapporti annuali Forest Fires in Europe del Joint Research
Centre di Ispra (VA) in cui sono stati riportati dati specifici per la Regione Lombardia per tre anni
selezionati
(2003,
2004,
2008).
I
rapporti
sono
scaricabili
direttamente
online
(http://effis.jrc.ec.europa.eu/reports/fire-reports). Per gli anni precedenti (1990-2001) invece si è
26
fatto riferimento al dato riportato nella sezione ‘Documentazione’ del sito web della Regione
Lombardia (http://www.incendiboschivi.regione.lombardia.it/). Il valore medio di area bruciata
utilizzabile ad oggi per gli incendi in Lombardia, calcolato come media pesata, è riportato in
Tabella 6. Qualora non sia disponibile il dato relativo ad un anno specifico si suggerisce di utilizzare
tale valore medio. In caso contrario il valore annuale reso disponibile nei siti web sopra citati
risulta più accurato per la determinazione dello stock di carbonio perso a causa degli incendi.
Tabella 6 - incendi per Regione Lombardia (numero di incendi e area bruciata per aree boscate e non)
Anno
Numero
Boscate
(ha)
Non Boscate
(ha)
Totale
(ha)
1990-2001
368
2498
2363
4861
2003
385
687
772
1459
2004
184
448
301
749
2008
153
597
545
1141
Media
317
1730
1634
3363
27
2.3 Valutazione teorica dell’estendibilit{ del modello For-Est a tutti i comparti
previsti dal protocollo LULUCF (terreni coltivati, prati e pascoli, insediamenti,
zone umide, altri terreni), definendo altresì le opportune parametrizzazioni e le
fonti di dati di input.
Come già anticipato nell’introduzione, il modello For-Est è un modello a forte base inventariale
sviluppato a livello nazionale secondo le indicazioni metodologiche espresse dalle “Good Practice
Guidance for Land Use, Land-Use Change and Forestry” (2003) dell’Intergovernmental Panel on
ClimateChange (IPCC), le linee guida ufficiali per la rendicontazione degli assorbimenti di carbonio
di superfici naturali.
La struttura del modello For-Est lo rende idoneo alla valutazione della variazione dello stock di
carbonio (carbon stock change - CSC) in popolazioni forestali, come ben dimostrato anche da
questo studio. Se nell’ambito del comparto “Forest Land” (indicato dall’IPCC con la sigla F) il
modello offre risultati significativi, questo stesso risulta però non applicabile agli altri comparti
previsti dalle guidelines dell’IPCC (quali: cropland – C, grassland – G, wetland - W, settlement - S,
otherland - O). Nell’ambito delle valutazioni sugli stock di carbonio nel comparto Forest Land, il
modello For-Est è stato sviluppato quale tier-method 3, cioè quale modello “….tailored to address
national circumstances” specificatamente creato dalle agenzie nazionali (nel nostro caso APAT) ai
fini della realizzazione dei propri specifici inventari nazionali. Lo sforzo di strutturazione del
modello ha potuto garantire un livello di precisione nazionale maggiore rispetto a quello
raggiungibile mediante l’applicazione dei più
generali metodi tier 1 e tier 2 presenti nelle
linee guida dell’IPCC.
Questi
due
metodi
(tier
1
e
tier
2)
rappresentano strumenti per la valutazione
degli stock di carbonio in ogni specifico
comparto identificato dall’IPCC grazie all’utilizzo
di metodologie e dati standardizzati (raccolti
dall’IPCC
nell’ambito
della
letteratura
scientifica). Le indicazioni quantitative ottenibili
con questi metodi, tuttavia, sono meno precise
rispetto a quelle ottenibili con modelli nazionali,
28
Le caratteristiche strutturali di ForEst non lo rendono idoneo alla
quantificazione della biomassa
epigea in altri comparti ambientali.
Le linee guida dell’IPCC offrono
tuttavia numerosi strumenti per la
quantificazione degli stock per la
stima del carbonio in comparti
diversi da Forest Lands (Croplands –
C, Grasslands – G, Wetlands - W,
Settlements - S, Other Lands – O).
ma costituiscono comunque indicazioni valide e rappresentative dell’ordine di grandezza degli
stock di carbonio e delle loro variazioni in ognuno dei comparti definiti dall’IPCC.
Con particolare riferimento al tier method 1, questo “….employs the basic method provided in the
IPCC Guidelines (Workbook) and the default emission factors provided in the IPCC Guidelines”: dalla
sua applicazione è quindi possibile ottenere indicazioni sintetiche ed interessanti, utili ai fini
inventariali.
Date queste premesse, per la stima del carbonio nei comparti diversi da Forest Land (F) si
caldeggia l’adozione di queste metodologie proprio in ragione della loro apposita realizzazione per
la rendicontazione del carbon stock change in tutti i comparti indicati.
Per ogni comparto individuato dalle guidelines dell’IPCC (eccetto il comparto Forest Land, già
oggetto di questo studio) si propone di seguito una valutazione del tier method 1 realizzato
dall’IPCC. Se questo “tier method 1” potrebbe già essere immediatamente impiegabile per le
valutazioni degli stock di carbonio nei diversi comparti dell’IPCC, in una fase successiva sarebbe
facile pensare all’implementazione nazionale anche di un “tier method 2” quale metodo che usa
“….the same methodological approach as Tier 1 but applies emission factors and activity data
which are defined by the country for the most important land uses/activities”.
La completezza delle metodologie proposte dalle “Good Practice Guidance for Land Use, Land-Use
Change and Forestry” (2003) dell’IPCC fa sì che siano stati individuati sia strumenti modellistici
utilizzabili in carenza di dati nazionali, sia strumenti utilizzabili in presenza di specifici dati
nazionali. La presenza di un “tier method 1”, in particolare, fa sì che sia semplice poter poi
impiegare il “tier method 2” nel caso di disponibilità di più specifici dati nazionali.
In questa sezione si farà riferimento principalmente alla versione del 2003 delle linee guida IPCC,
dal momento che la versione più recente e similare (“2006 IPCC Guidelines for National
Greenhouse Gas Inventories - Volume 4: Agriculture, Forestry and Other Land Use”) non è stata
ancora approvata ufficialmente. Il riferimento alle linee guida IPCC 2006 sarà però effettuato per
la presentazione degli sviluppi metodologici verso comparti quali settlements e otherlands.
2.3.1 “Land converted to land” e “Land remaining land”: l’approccio metodologico delle
linee guida dell’IPCC.
Le linee guida dell’IPCC definiscono un differente iter di calcolo per il carbon stock change in
relazione a due diverse situazioni di uso del suolo: la situazione in cui si assiste ad una conversione
nell’uso del suolo (“Land converted to land”, in riferimento a ciascuno dei sopraccitati comparti, da
29
cui e verso cui si può prevedere una conversione nell’uso del suolo) e la situazione in cui il suolo
permanga nei medesimi usi, nel medesimo comparto (“Land remaining land”).
Le “Good Practice Guidance for Land Use, Land-Use Change and Forestry” dell’IPCC (di cui
all’indirizzo
web:
http://www.ipcc-nggip.iges.or.jp/public/gpglulucf/gpglulucf_contents.html),
nella Sezione 3.1, alle Figure 3.1.1 e 3.1.2 definiscono l’iter metodologico per la selezione della più
idonea metodologia - tra tier 1, tier 2 e tier 3 - al fine della stima dello stock di carbonio
rispettivamente nel caso di “land converted to another land use category” che nel caso di “land
remaining in the same land use category”.
Prendendo a riferimento il solo pool di carbonio della biomassa epigea, qui si illustreranno le
principali equazioni utilizzabili nel caso di applicazione di un tier method 1 (che potenzialmente
può diventare un tier method 2, se presenti dati nazionali) insieme ai dati di natura generale
riportati nelle linee guida dell’IPCC necessari per l’efficace applicazione del medesimo tier 1.
Si noti anche che le medesime guidelines alla Figura 3.1.3 identificano le principali zone climatiche
mondiali, al fine di poter identificare l’ubicazione climatica di ogni Paese e poter così selezionare
per ciascun Paese i più idonei dati per il running del tier method 1 (l’Italia viene qui assimilata alla
zona climatica warm temperate wet, nel Nord Italia, ed alla zona warm temperate dry, nel Sud
Italia)
Aree agricole (Cropland)
Nella situazione di permanenza nel medesimo uso del suolo (Crop land remaining Cropland – CC),
per la stima del carbon stock change nella biomassa epigea di questo comparto si può fare
riferimento all’equazione del foglio di lavoro “CL-1a: Annual change in carbon stocks in living
biomass” contenuto nell’Annex 3A.2 delle sopraccitate linee guida dell’IPCC (qui in Tabella 7):
30
Tabella 7 - Foglio di lavoro“CL-1a: Annual change in carbon stocks in living biomass” contenuto nell’Annex 3A.2 delle “Good
Practice Guidance for Land Use, Land-Use Change and Forestry” (IPCC, 2003)
Nel caso di utilizzo di un tier method 1, con utilizzo dei dati standardizzati contenuti nelle
medesime linee guida dell’IPCC, è possibile identificare i dati di input per le colonne B e C del
presente worksheet CL-1a tra i valori della Tabella 8 (così come identificati dall’IPCC per le diverse
regioni climatiche):
Tabella 8 - Coefficienti di calcolo (di cui alla tabella 3.3.2 riportata a pag. 3.71 delle “Good Practice Guidance for Land Use, LandUse Change and Forestry” - IPCC, 2003)
31
In presenza di disponibilità di dati locali, la semplice equazione espressa dal worksheet CL-1a
potrebbe essere invece utilizzata quale tier method 2.
Nella situazione di cambio di uso del suolo (Land converted to Cropland – LC), per la stima del CSC
della biomassa epigea secondo indicazioni del tier method 1 si deve fare riferimento al worksheet
“CL-2a: Annual change in carbon stocks in living biomass”, qui riportato in Tabella 9:
Tabella 9 - Foglio di lavoro“CL-2a: Annual change in carbon stocks in living biomass” contenutonell’Annex 3A.2 delle “Good
Practice Guidance for Land Use, Land-Use Change and Forestry” (IPCC, 2003)
I campi di questo foglio di lavoro sono compilabili facendo riferimento a dati ottenuti mediante la
compilazione di altri fogli di lavoro (per le diverse categorie di uso del suolo nella situazione “land
remaining land”): in particolare, la compilazione la colonna A e B è funzionale alla specifica
situazione di cambio di uso del suolo, mentre le colonne C ed E sono compilabili con i dati del
precedente foglio di lavoro CL-1a. Anche in questo caso ecco ritornare la logica della possibilità di
applicazione di un tier method 2 nel caso di disponibilità di specifici dati locali.
32
Praterie (Grassland)
Nella situazione di permanenza nel medesimo uso del suolo (Grassland remaining Grassland –
GG), per la stima del carbon stock change nella biomassa epigea di questo comparto si può fare
riferimento al foglio di lavoro “GL-1a: Annualchange in carbon stocks in living biomass”
contenuto nell’Annex 3A.2 delle sopraccitate linee guida dell’IPCC, qui riportato nella sottostante
Tabella 10 (composta da due diversi fogli di lavoro):
Tabella 10 - Foglio di lavoro“GL-1a: Annual change in carbon stocks in living biomass” contenuto nell’Annex 3A.2 delle “Good
Practice Guidance for Land Use, Land-Use Change and Forestry” (IPCC, 2003)
Si sottolinea come il presente foglio di lavoro non possa essere utilizzato con un tier method 1, dal
momento che “At Tier 1, the default assumption is no change in biomass stocks. Therefore, no
33
default emission/removal factors are provided”. Il foglio di lavoro si presta tuttavia ad essere
utilizzato quale tier method 2, se disponibili eventuali specifici dati di accrescimento locali in
riferimento alla biomassa erbacea.
Stante la chiara indicazione sopra precisata, le linee guida dell’IPCC tuttavia forniscono dati circa la
NPP della biomassa epigea (above ground biomass) visualizzabili in Tabella 11, impiegabili come
indicazione generale di accrescimento delle superfici erbose nei diversi contesti climatici:
Tabella 11 - NPP della biomassaipogea (fonte: tabella 3.4.2 dipag. 3.109 delle “Good Practice Guidance for Land Use, Land-Use
Change and Forestry”, IPCC, 2003)
Nella situazione di cambio di uso del suolo (Lands converted to Grassland – LG), per la stima del
carbon stock change in questo comparto conformemente alle indicazioni del tier method 1 si deve
fare riferimento al foglio di lavoro “GL-2a: Annualchange in carbon stocks in living biomass”
contenuto nell’Annex 3A.2 delle sopraccitate linee guida dell’IPCC, qui riportato in Tabella 12:
34
Tabella 12 - Foglio di lavoro“GL-2a: Annual change in carbon stocks in living and dead biomass” contenuto nell’Annex 3A.2 delle
“Good Practice Guidance for Land Use, Land-Use Change and Forestry” (IPCC, 2003)
Le valutazioni da compiere per il riempimento di questo foglio di lavoro sono le medesime già
epresse per il foglio di lavoro CL-2a (specifico per il comparto “cropland”): si sottolinea come il tier
method 1 preveda che il totale della biomassa preesistente nel comparto originario venga rimossa
prima della conversione al comparto grassland, con una dispersione completa del preesistente
stock di carbonio relativo alla biomassa epigea.
Si riporta una tabella delle linee guida IPCC contenente i dati di default riguardo lo stock di
carbonio presente sui territori convertiti a grassland Tabella 13:
35
Tabella 13 - Dati di default riguardo lo stock di carbonio presente sui territori convertiti a grassland (fonte: tabella 3.4.9 di pag.
3.125 delle “Good Practice Guidance for Land Use, Land-Use Change and Forestry”, IPCC, 2003)
Anche nel caso del foglio di lavoro GL-2a vale la logica per cui la disponibilità di specifici dati locali
qualificherebbe tale iter come un tier method 2.
36
Aree Umide (Wetlands)
Le linee guida dell’IPCC dividono le Wetlands in Peatlands (torbiere) e Flooded Lands (terreni
allagati). Ai sensi della Convenzione di Ramsar (1996), sono complessivamente classificati come
Wetlands i terreni di cui alla Tabella 14 di seguito riportata:
Tabella 14 - Identificazione delle aree classificate come Aree Umide (fonte: tabella 7.3 di pag. 7.6 delle “2006 IPCC Guidelines for
National Greenhouse Gas Inventories”).
Per i terreni identificati in tabella, la metodologia dell’IPCC prevede solo una indicazione circa le
emissioni di gas ad effetto serra - quali CO2, CH4 e N2O - a partire dal contenuto organico nel suolo:
non è previsto alcun carbon stock change positivo per la biomassa epigea nel caso di terreni
allagati o di terreni a torbiere in condizione di “Wetland remaining wetland”, data l’assenza di
vegetazione.
Nella situazione di cambio di uso del suolo (Lands converted to Wetlands – LW), per la stima del
carbon stock change in questo comparto conformemente alle indicazioni del tier method 1, si deve
fare riferimento a due diversi fogli di lavoro. Ciò accade in relazione al fatto che la conversione
avvenga verso una torbiera (nel qual caso si utilizza il foglio di lavoro “WL-2a1: Annual change in
carbon stocks in living biomass”) contenuto nell’Annex 3A.2 delle linee guida dell’IPCC (2003) e
qui riportato in Tabella 15:
37
Tabella 15 - Foglio di lavoro“WL-2a1: Annual change in carbon stocks in living biomass” contenuto nell’Annex 3A.2 delle “Good
Practice Guidance for Land Use, Land-Use Change and Forestry” (IPCC, 2003)
oppure nel caso di conversione verso un terreno allagato (nel qual caso si deve utilizzare il foglio
“WL-2a2: Annual change in carbon stocks in living biomass”) contenuto nell’Annex 3A.2 delle
linee guida dell’IPCC (2003) riportato alla successiva Tabella 16:
Tabella 16 - Foglio di lavoro “WL-2a2: Annual change in carbon stocks in living biomass” contenuto nell’Annex 3A.2 delle “Good
Practice Guidance for Land Use, Land-Use Change and Forestry” (IPCC, 2003)
38
E’ intuitivo che questi worksheet sono utilizzabili solo per la quantificazione della perdita netta di
stock della biomassa epigea (rispetto agli usi pregressi del suolo), in quanto sia che il suolo venga
utilizzato a scopi di prelievo di torba sia che questo sia allagato non è ovviamente ragionevole la
presenza di particolare biomassa epigea.
Insediamenti e comparto urbano (Settlements)
Analogamente a quanto già visto per il comparto Wetlands, per la stima del carbon stock change
per la biomassa epigea anche il comparto Settlements offre indicazioni meno strutturate rispetto a
comparti più significativi (dal punto di vista dello stock di carbonio) quali, ad esempio, Cropland e
Grassland. Per il comparto Settlements le linee guida dell’IPCC stabiliscono un approccio ben
definito: “.…Tier 1 assumes no change in carbon stocks in live biomass in Settlements Remaining
Settlements, in other words, that the growth and loss terms balance. If the category Settlements
Remaining Settlements is determined to be a key category, then a country should collect
appropriate activity data and/or develop emission factors appropriate to the region and adopt Tier
2 or 3”.
Ipotizzando quindi che in un’ipotetica rendicontazione il comparto Settlements sia una categoria
chiave, necessitante quindi di una adeguata valutazione, è necessario utilizzare un tier method 2 (o
tier 3, nel caso di volontà/capacità di sviluppo di una modellistica ad-hoc). In particolare, le linee
guida IPCC stabiliscono che: “There are two options for Tier 2 estimation of changes in biomass in
Settlements Remaining Settlements. Tier 2a uses changes in carbon stocks per unit of plant crown
cover area as a removal factor, and Tier 2b uses changes in carbon stocks per number of plants as
a removal factor. The choice of method will depend on availability of activity data”.
Il tier method 2a è basato su una sola equazione, qui riportata in Figura 7 e su dati generali così
come presentati nella seguente Tabella 17.
39
Figura 7 - Equazione 8.2 riportata a pag. 8.7 delle “2006 IPCC Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories”
Tabella 17 - Accumulo annuale di C per ha di copertura arborea (fonte: tabella 8.1 riportata a pag. 8.9 delle “2006 IPCC
Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories”)
Il tier method 2b è anch’esso basato su una sola equazione, qui riportata in Figura 8 e su dati
generali così come presentati nella seguente Tabella 18.
Figura 8 - Equazione 8.3 riportata a pag. 8.11 delle “2006 IPCC Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories”
40
Tabella 18 - Tasso annuale di accumulo di C per albero (fonte: tabella 8.2 riportata a pag. 8.10 delle “2006 IPCC Guidelines for
National Greenhouse Gas Inventories”)
E’ ovvio che entrambi questi metodi necessitano di dati specifici e precisi, per affinare una
valutazione circa lo stock di carbonio presente nei contesti urbani.
Nella situazione di cambio di uso del suolo (Land converted to Settlements – LS), per la stima del
carbon stock change nella biomassa epigea di questo comparto si può fare riferimento al foglio di
lavoro “3B5b - Land Converted to Settlements: Annual change in carbon stocks in biomass”
contenuto contenuto nell’Annex 1 delle linee guida dell’IPCC (2006) e qui riportato in Tabella 19:
41
Tabella 19 - Foglio di lavoro“3B5b - Land Converted to Settlements: Annual change in carbon stocks in biomass” contenuto
nell’Annex1delle“2006 IPCC Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories (pag. A1.44)
Nel caso in cui il foglio di lavoro voglia essere utilizzato quale tier method 1, si può fare
riferimento ad alcune specifiche tabelle identificate dalle linee guida dell’IPCC e reperibili
all’indirizzo web http://www.ipcc-nggip.iges.or.jp/public/2006gl/vol4.html: in alternativa il foglio
di calcolo può essere utilizzato quale tier method 2 sulla base della disponibilità di più precisi dati
locali.
“Other Lands”
Le linee guida dell’IPCC (2006) definiscono il comparto Other Lands come “….bare soil, rock, ice,
and all land areas that do not fall into any of the other five land-use categories (….). Other Land is
often unmanaged, and in that case changes in carbon stocks and non-CO2 emissions and removals
are not estimated”.
Per questo motivo è ragionevole attendersi l’assenza di particolari stock di biomassa epigea nel
comparto, ipotizzando invece un’eventuale presenza di carbonio organico e minerale nel suolo.
Al fine delle valutazioni circa il carbon stock change nella biomassa epigea, il presente comparto
non fornisce quindi informazioni di particolare interesse.
42
E’ comunque da segnalare il foglio di lavoro riportato dalle linee guida ed utilizzabile nella
situazione di cambio di uso del suolo (Land coverted to Other Land – LO), per la stima del carbon
stock change (negativo) nella biomassa epigea nel caso di conversione del suolo verso il comparto
Other Land: si tratta del worksheet “3B6b - Land Converted to Other Land: Annualchange in
carbon stocks in biomass” contenuto contenuto nell’Annex 1 delle linee guida dell’IPCC (2006) e
qui riportato in Tabella 20:
Tabella 20 - Foglio di lavoro“3B6b - Land Converted to Other Land: Annual change in carbon stocks in biomass”
contenutonell’Annex1delle“2006 IPCC Guidelines for National Greenhouse Gas Inventories (pag. A1.45)
43
2.3.2 Prospettive
La valutazione del modello For-Est ha identificato la possibilità di un suo efficace utilizzo per la
stima del carbon stock change nel comparto forestale: per la medesima stima in altri comparti con
un diverso uso del suolo sono necessari altri e diversi approcci, in primis quelli suggeriti dall’IPCC
(come è stato riportato nel presente Paragrafo).
In vista di un’opportuna successiva valutazione si segnala l’esistenza di altri modelli a forte base
inventariale, i quali generalmente sono capaci di operare simulazioni circa le evoluzioni degli stock
di carbonio includendo gli effetti climatici e le deposizioni azotate.
A questo proposito risulta di notevole interesse il modello DSSAT (Decision Support System for
Agrotechnology Transfer), un pacchetto di software (con database interno) che permettono la
stima dell’accrescimento agricolo (comparto Cropland) con particolare riferimento proprio alle
pratiche gestionali utilizzate, alle condizioni meteoclimatiche ed agli apporti azotati.
La variazione nello stock di carbonio del comparto è quindi modellata sulla base di:
-
Data Base Management System (DBMS) che fornisce risultati a partire da input gestionali
alternativi
-
un insieme di modelli colturali validati
-
un programma applicativo per l'analisi e la visualizzazione di risultati di esperimenti di
simulazione
Così come specificato anche dagli autori, il modello, che nasce per simulazioni di breve e di lungo
periodo in campo agronomico, grazie alla sua duttilità è capace di offrire valutazioni utili allo
studio delle dinamiche climatiche nelle Croplands.
Per la stima del ciclo del carbonio nel comparto Cropland o nel comparto Grassland, è altresì
tilizzabile il modello CENTURY. Il modello, sviluppato come progetto del U.S. National Science
Foundation Ecosystem Studies Research Projects, permette le simulazione dei flussi di carbonio e
dei nutrienti in diversi ecosistemi (i “comparti” delle Linee guida dell’IPCC) quali pascoli, terreni
agricoli, foreste e savane.
Interessante considerare che nel modello CENTURY l’assorbimento del carbonio è controllato
principalmente dalla disponibilità di azoto, ulteriore indicazione della capacità del modello di
prendere in considerazione gli apporti azotati.
44
Per la stima dei flussi e degli stock di carbonio si segnala altresì la possibilità di utilizzo del modello
FullCAM.
Sviluppato dall’ Australian Greenhouse Office (AGO) nell’ambito del National Carbon Accounting
System (NCAS) australiano. FullCAM è una integrazione di diversi modelli per la stima del carbonio
nella biomassa e nel suolo in sistemi in transizione (ad esempio nel caso di forestazione,
riforestazione e deforestazione) e misti (ad esempio agroforestali), quali:
-
CAMFor, modello che trae le sue basi modellistiche dal tool CO2fix, utilizzato per la stima
della NPP di sistemi forestali.
-
CAMAg, che per i sistemi colturali (Cropland) e pascolivi (Grassland) opera la medesima
modellizzazione che il tool CAMFor opera per il comparto Forest Land.
-
GENDEC, modello di decomposizione microbica della sostanza organica.
-
Roth C (Rothamsted soil carbon), per la stima del C nel suolo.
Si conclude segnalando il già citato modello CO2Fix, interessante strumento per la stima
dell’accrescimento della biomassa arborea nel comparto Forest Land alternativamente al modello
For-Est.
Quale possibile sviluppo futuro del lavoro in campo forestale si suggerisce il confronto (in
particolari aree test) tra dati di accrescimento della biomassa forestale epigea simulati con il
modello For-Est e quelli ottenuti con il modello CO2Fix.
45
2.4 Analisi dell’errore introdotto dalla mancata inclusione degli effetti climatici
e degli stressors associati all’inquinamento atmosferico sui processi di
assorbimento, rilascio e stoccaggio del carbonio da parte degli ecosistemi
forestali, anche in funzione degli scenari di cambiamento climatico elaborati
nell’ambito del “Progetto Kyoto Lombardia”.
Come descritto nel capitolo 1, For-Est è un modello empirico che permette il calcolo
dell’evoluzione dello stock di biomassa di specifiche superfici forestali sulla base degli apporti e
delle perdite annuali. Il modello è guidato da dati inventariali, e non prende in considerazione
l’effetto del clima e di altri fattori ambientali che possono influenzare il sequestro di carbonio da
parte degli ecosistemi forestali. L’analisi dell’errore introdotto dalla mancata inclusione degli
stressors associati alle condizioni meteo-climatiche sui processi che determinano la produttività
degli
ecosistemi
condotta
forestali
valutando,
su
è
stata
un
arco
temporale di 11 anni, la differenza tra la
produttività simulata con il modello
For-Est e quella calcolata con il modello
BIOME-BGC che, a differenza di For-Est,
simula il sequestro di carbonio da parte
degli ecosistemi forestali basandosi
principalmente sull’andamento delle
variabili meteorologiche. La sezione
seguente è divisa in 3 parti: nella prima
verrà descritto il modello BIOME-BGC,
nella seconda verrà descritto il set-up
sperimentale utilizzato per effettuare le
simulazioni con BIOME-BGC, nella terza
e ultima sezione verranno presentati i
risultati dell’analisi effettuata e del
confronto con il modello For-Est.
Il modello For-Est è strutturato per la
simulazione dei cambiamenti degli stock di
carbonio a lungo termine e non è in grado di
valutare l’effetto del clima sulla variabilità
interannuale della crescita forestale.
Tuttavia, riteniamo For-Est adatto ai fini
delle previsioni degli stock di carbonio nel
comparto forestale su periodi lunghi. I buoni
risultati ottenuti con For-Est evidenziano
infatti la capacità di questo modello di
simulare gli stock di carbonio delle diverse
tipologie forestali a lungo termine.
Qualora sia di interesse valutare la
variazione interannuale dell’incremento
corrente e del sequestro di carbonio da parte
delle foreste lombarde si propone una
correzione
di
For-Est
basata
sulla
temperatura media annuale e sulla
precipitazione
totale
nella
stagione
vegetativa, i due fattori risultati influenzare
princpalmente la variabilità interannuale
delle foreste lombarde.
46
2.4.1 Il modello BIOME-BGC
Il BIOME-BGC (BioGeochemicalCycles) (Running e Coughlan, 1988a; Running e Coughlan, 1988b) è
un modello che simula l’accumulo e i flussi di acqua, carbonio e azoto attraverso le diverse
componenti di un ecosistema terrestre (vegetazione, lettiera, suolo). Il modello permette di
simulare a passo giornaliero processi legati al trasferimento radiativo attraverso la copertura
arborea, al ciclo idrologico (evaporazione, traspirazione, intercettazione delle precipitazioni e
ripartizione fra suolo e canopy) e processi legati al ciclo del carbonio e dell’azoto (fotosintesi;
respirazione e mantenimento della vegetazione; allocazione di C e N in fusto, radici e foglie;
decomposizione della lettiera).
Il BIOME-BGC richiede tre tipi di informazione: dati meteorologici, dati di inizializzazione del
modello e dati eco-fisiologici. I dati delle variabili meteorologiche vengono richiesti dal modello
con risoluzione giornaliera. I dati richiesti sono la temperatura massima e minima dell’aria
misurata a 2 metri [°C], la radiazione globale incidente [Wm-2], il deficit di pressione di vapore in
atmosfera (VPD, [hPa]), la lunghezza del giorno [min], la precipitazione cumulata giornaliera [cm].
I dati di inizializzazione sono le caratteristiche stazionali e i pool di carbonio e azoto nei diversi
comparti del continuum suolo-pianta. In particolare vengono richiesti i pool di carbonio organico
nel suolo, i diversi pool di carbonio e azoto nella lettiera, e nella biomassa delle piante (foglie,
fusto, e radici). Inoltre sono richieste una serie di caratteristiche chimico-fisiche del suolo tra cui
tessitura, concentrazione di azoto inorganico e profondità della falda acquifera.
BIOME-BGC richiede infine 46 parametri eco-fisiologici relativi alla tipologia di vegetazione. Tra
questi, i più importanti sono il rapporto C:N fogliare, l’area fogliare specifica (Specific Leaf Area,
SLA), la conduttanza stomatica massima e i diversi rapporti di allocazione (epigea/ipogea,
radici/foglie, etc.).
Il modello può fornire 640 output a diversa risoluzione temporale (giornaliera, mensile, annuale).
Tra questi, la produttività primaria netta epigea annuale (aNPP) della sola componente arborea,
opportunamente corretta, risulta essere di particolare interesse ai fini del confronto con i dati di
provvigione forniti dal modello For-Est.
La aNPP è la produttività primaria netta del soprassuolo e quindi la parte di carbonio che una volta
organicata in seguito al processo fotosintetico rimane a far parte del pool epigeo delle piante. La
aNPP è dunque la differenza tra il C assimilato con la fotosintesi (Gross Primary Production, GPP) e
la respirazione delle piante stesse (autotrofa).
47
Rispetto a For-Est quindi, BIOME-BGC è un modello di processo, guidato principalmente dalla
meteorologia. Per questi motivi è ampiamente utilizzato per studiare in modo quantitativo le
relazioni tra clima e biosfera e per analizzare gli effetti dei cambiamenti climatici su ecosistemi
terrestri, e principalmente forestali.
Il modello descrive il processo di fotosintesi mediante l’equazione di Farquhar (Farquhar, 1989
modificato da Leuning, 1990) come funzione della radiazione fotosinteticamente attiva assorbita
(APAR, Absorbed Photosynthetically Active Radiation), della concentrazione di CO2 atmosferica,
della temperatura dell’aria, del deficit di pressione di vapore (VPD), della quantità di azoto nel
suolo disponibile per le piante e del LAI.
La respirazione autotrofa (crescita e mantenimento) viene calcolata separatamente per i diversi
comparti della pianta (fusto, radici e foglie) e dipende dalla temperatura, dal contenuto di azoto
nei diversi comparti e dai rapporti di allocazione della pianta. Altri processi fisici e biogeochimici
fondamentali come la respirazione eterotrofa, l’evapotraspirazione e il trasferimento radiativo
all’interno della copertura forestale vengono descritti a passo giornaliero.
2.4.2 Set-up di BIOME-BGC
BIOME-BGC è stato utilizzato per simulare la aNPP di 5 categorie forestali (Pioppeti, Querceti,
Faggete, Peccete, Lariceti). Il modello è stato fatto girare per 11 anni utilizzando i dati di input
descritti in seguito.
Dati meteorologici. Sono stati raccolti 11 anni di dati meteorologici dal database dell’U.O. Servizio
Meteorologico Regionale di ARPA Lombardia (Settore Suolo, Risorse Idriche e Meteoclimatologia).
I dati sono relativi alla stazione Castel d’Agogna (altitudine 106 m asl). La stazione meteorologica
di Castel d’Agogna e’ stata selezionata data la buona qualita’ e lunghezza della serie temporale dei
dati meteorologici misurati (oltre 10 anni di dati con pochi dati mancanti nelle misure della
variabili principali). Inoltre per quell’area erano disponibili dati indipendenti per colmare i pochi
gaps presenti in modo tale da ricostruire completamente la serie temporale continua richiesta da
BIOME-BGC. I valori dei parametri meteorologici sono stati trattati in modo tale da renderli
disponibili nel formato richiesto da BIOME-BGC. Il VPD è stato calcolato giornalmente a partire dal
dato di umidità relativa come descritto in Campbell e Norman, (1998). I gaps nelle serie temporali
ed i dati di lunghezza del giorno sono stati colmati utilizzando il modello MT-CLIM (Thornton e
Running, 1999). MT-CLIM inoltre, permette di simulare le variabili meteorologiche di una stazione
48
in quota a partire da dati osservati presso una stazione di riferimento in pianura con ottimi
risultati. Per le tipologie forestali tipicamente distribuite in aree submontane o montane (Peccete,
Lariceti, Faggete), i dati per la simulazione in quota sono stati ottenuti a partire dai valori misurati
nella stazione di riferimento (Castel d’Agogna) con la trasformazione offerta da MT-CLIM..
Dati di inizializzazione. I dati di inizializzazione necessari a BIOME-BGC sono stati ricavati dal
modello stesso facendolo girare in modalità spin-up. Questa modalità permette di creare uno
scenario di inizializzazione basato sulla tipologia forestale in esame e sulle condizioni climatiche
dell’area considerata. Nel nostro caso il modello è stato forzato in modo tale che il volume della
componente epigea utilizzato come condizione iniziale fosse uguale a quello utilizzato come base
di partenza per For-Est.
Dati ecofisiologici. I dati ecofisiologici relativi alle tipologie forestali indagate sono stati ricavati
principalmente dai database dell’European Research Project ECOCRAFT, CANIF e EUROFLUX
(Mollicone et al. 2002).
2.4.3 Simulazioni.
Il modello BIOME-BGC così parametrizzato è stato applicato alle tipologie forestali in esame e per
ciascuna di esse è stata condotta una run su un arco temporale di 11 anni. Per ciascun anno è
stato calcolato, a partire dalla aNPP, il valore di incremento corrente per unità di superficie.
Parallelamente sono state condotte con For-Est delle run sullo stesso arco temporale con un
valore di provvigione iniziale uguale a quello usato nel modello BIOME-BGC e per le stesse
tipologie forestali. Analizzando le differenze tra l’incremento corrente annuo simulato da BIOMEBGC e quello simulato da For-Est è possibile valutare l’entità dell’errore introdotto in For-Est non
considerando l’influenza del clima sulla produttività degli ecosistemi forestali.
La valutazione di questo errore è stata condotta mediante il confronto fra i dati di incremento
corrente annuali simulati da For-Est e quelli simulati da BIOME-BGC e l’analisi della distribuzione
dei residui annuali per ciascuna tipologia forestale considerata.
Infine è stata valutata la correlazione tra i residui del modello BIOME-BGC e diversi indicatori delle
caratteristiche meteo-climatiche annuali come la temperatura media annua (TMEDIA) e della
stagione vegetativa (T_GSMEDIA), l’anomalia di temperatura media annua (aTMEDIA) e della stagione
vegetativa (aT_GSMEDIA), la precipitazione cumulata annua (PRCP) e nella stagione vegetativa
(PRCP_GS) ed infine l’anomalia di precipitazione cumulata annuale (aPRCP) e nella stagione
49
vegetativa (aPRCP_GS). La stagione vegetativa è stata definita come il periodo dell’anno compreso
tra il 1° Aprile e il 31 Ottobre. Per ciascuna variabile meteorologica le anomalie sono state
calcolate come la differenza tra il valore del campo meteorologico e la media della stessa variabile
sull’intero periodo di analisi. Questa analisi permette di valutare e identificare quale fattore
meteorologico è in grado di spiegare maggiormente la differenza tra i valori di incremento
corrente annuo calcolati col modello For-Est e col modello BIOME-BGC.
2.4.4 Risultati
Le serie temporali di incremento corrente annuo per unità di area [tC ha-1] simulate con For-Est e
con BIOME-BGC sono riportate in Figura 9. Le stime di For-Est sono riportate in blu, mentre quelle
di BIOME-BGC in arancione. Le simulazioni di BIOME-BGC mostrano una marcata variabilità
interannuale dovuta principalmente alla variabilità del clima mentre le stime effettuate con ForEst risultano prive di questa variabilità. Il motivo è ovviamente da ricercarsi nella diversa struttura
dei due modelli, in particolare nel fatto che For-Est è un modello basato su dati inventariali mentre
BIOME-BGC è un modello creato principalmente per lo studio delle interazioni tra biosfera e clima.
I residui calcolati su tutto il dataset hanno una distribuzione grossomodo normale con mediana
pari a 0.05 (±1.23) tC ha-1 (Figura 10a). Questo significa che i due modelli simulano in media un
incremento corrente annuo simile sugli 11 anni considerati, malgrado le forti differenze nella
variabilità interannuale precedentemente evidenziate. Tale comportamento è evidente
osservando le serie temporali in Figura 9 dove si vede come l’incremento corrente simulato con
BIOME-BGC oscilli attorno all’incremento corrente simulato con For-Est. Considerando
singolarmente le diverse tipologie forestali (Figura 10b) si arriva alle stesse conclusioni: il box-plot
in Figura 10b mostra infatti che, ad eccezione dei pioppeti, i residui calcolati per tutte le altre
tipologie forestali hanno una distribuzione centrata intorno a zero. Per la classe ‘Pioppeti’ invece si
osserva una sottostima sistematica di BIOME-BGC (residui negativi). Questo potrebbe essere
dovuto ad una errata parametrizzazione del modello o alla mancanza di un parametro relativo alla
gestione forestale che invece è implicitamente inclusa in For-Est, le cui equazioni sono costruite a
partire da dati inventariali.
Nelle Figura 11, Figura 12 e Figura 13 è possibile osservare la relazione tra le anomalie
meteorologiche (precipitazioni e temperatura) e i residui. Per la temperatura (Figura 11 e Figura
12), si evidenzia una relazione positiva (anche se spesso non significativa) tra residui e anomalie di
50
temperatura. Questa relazione evidenzia come, all’aumentare dell’anomalia termica (es. in anni
più caldi rispetto alla media), si ha una tendenza di BIOME-BGC a simulare incrementi correnti
minori di quelli di For-Est, probabilmente a causa dello stress idrico associato. Questo appare
evidente per tipologie forestali di pianura come ‘Querceti’ e ‘Pioppeti’, mentre per tipologie
tipicamente distribuite a quote maggiori questo effetto non è evidente. L’anomalia di
precipitazione, soprattutto se concentrata nella stagione vegetativa (Figura 14) risulta
positivamente correlata con i residui, evidenziando come in anni con precipitazioni sotto la media
BIOME-BGC fornisca stime minori rispetto a For-Est, grazie al fatto che nel modello è descritto
l’effetto dello stress idrico sulla produttività primaria delle foreste. All’aumentare delle
precipitazioni i residui tendono ad annullarsi fino a diventare positivi (BIOME-BGC simula un
incremento corrente maggiore rispetto a For-Est). Per valori di anomalia di precipitazione molto
alti invece, BIOME-BGC mostra di nuovo la tendenza a sottostimare l’incremento corrente rispetto
a For-Est, probabilmente perché elevate precipitazioni nella stagione vegetativa possono dar luogo
a forti anomalie di temperatura negative con conseguente riduzione della produttività.
Al fine di valutare quale combinazione di variabili meteorologiche influenzi le differenze osservate
tra l’incremento corrente simulato con BIOME-BGC e con For-Est è stata effettuata un’analisi di
regressione a passi (stepwise regression). L’analisi di regressione stepwise permette di
determinare l’equazione di regressione lineare multipla (y=f(xi)) che con il minor numero di
variabili predittive, è in grado di predire al meglio la variabilità della y. Per questa analisi è stata
usata la regressione AIC, una tecnica stepwise basata sul criterio dell’informazione di Akaike (AIC).
AIC è un criterio che permette non solo di valutare un modello statistico in termini di
miglioramento delle performance, ma anche di tenere in considerazione dell’aumento della
complessità del modello man mano che si aggiungono variabili indipendenti (Venables ed Ripley,
2002; Yamashita et al., 2007). La regressione stepwise AIC è stata preferita a tecniche di
regressione stepwise tradizionali perché può essere applicata senza alcuna assunzione sulla
normalità della distribuzione dei dati e permette di considerare la crescente complessità del
modello all’aumentare del numero di regressori selezionati (Yamashita et al., 2007).
In questo contesto la regressione stepwise AIC viene utilizzata per individuare quale set di variabili
è in grado di spiegare meglio le simulazioni di incremento corrente di BIOME-BGC (ICBIOME-BGC).
Questa analisi ha lo scopo di individuare una relazione semplice che permetta di simulare l’effetto
della variabilità climatica sull’incremento corrente combinando dati meteorologici con dati di
51
incremento corrente simulati da For-Est (ICFor.Est). Per questa analisi sono state quindi valutate
come possibili variabili indipendenti sia variabili meteorologiche che i valori di incremento
corrente ottenuti con il modello For-Est, (ICFor-Est). In Figura 15
vengono riportati i risultati
dell’analisi. Essi evidenziano come combinando i dati di incremento corrente simulati da For-Est
(ICFor-Est) e i dati meteorologici, sia possibile spiegare il 67% (R2=0.67; p<0.001) della varianza
dell’incremento corrente simulato da BIOME-BGC. I driver meteorologici selezionati con il metodo
stepwise AIC sono le anomalie delle precipitazioni nella stagione vegetativa (aPRCP_GS, espressa
in mm) e l’anomalia della temperatura media annua (aTMEDIA, espressa in °C). Includendo la
temperatura media annuale il valore di R2 aumenta a 0.75. Tuttavia, a causa dell’elevata
covarianza tra i dati di temperatura media annuale e di anomalia di temperatura riteniamo più
solida la relazione ottenuta in Tabella 22. L’analisi evidenzia l’importanza della temperatura media
dell’aria e delle precipitazioni nella stagione vegetativa nel determinare la produttività annuale. La
temperatura media annuale è strettamente legata alla produttività e più essa si avvicina
all’optimum più la foresta tende ad essere efficiente mentre l’importanza delle precipitazioni è
legata alla disponibilità idrica che influenza direttamente l’efficienza fotosintetica. Per le foreste
decidue la temperatura è anche legata alla lunghezza del ciclo fenologico che è a sua volta un
fattore determinante della produttività annuale. Va tuttavia ricordato che poiché vengono usati
valori di precipitazione e temperatura relativi a tutta la stagione vegetativa, da questa analisi non
è possibile evidenziare l’impatto sulla produttività di brevi periodi di siccità estrema, di brevi
ondate di calore in particolari periodi della stagione vegetativa, o di gelate tardive.
Questi risultati mostrano però che è possibile correggere le stime di For-Est usando il modello
proposto in Tabella 22 ed è quindi possibile calcolare il valore dell’incremento corrente annuale
considerando anche l’effetto del clima sulla produttività delle diverse tipologie forestali.
La correzione di For-Est proposta rappresenta un metodo semplice dal punto di vista operativo per
stimare la variabilità interannuale dell’incremento corrente delle diverse tipologie forestali. Parte
della varianza non spiegata dal modello coretto può essere dovuta a diversi processi non descritti
dalla semplice correzione proposta, legati alla fertilità del suolo, alla tessitura e ai disturbi, che non
possono tra l’altro essere simulati nemmeno con BIOME-BGC.
Va inoltre ricordato che questi risultati sono ottenuti con un modello, BIOME-BGC, che è
comunque soggetto ad un proprio errore e che richiede un grosso sforzo di parametrizzazione.
Pertanto si suggerisce in futuro di estendere questa analisi a nuovi dati di accrescimento annuale
52
osservati in opportune stazioni sperimentali o a versioni del modello BIOME-BGC ottimizzato per
le tipologie forestali in esame.
L’analisi mostra inoltre che per quanto riguarda l’accumulo di carbonio sul lungo periodo i risultati
di For-Est e BIOME-BGC sono comparabili. For-Est presenta tuttavia l’enorme vantaggio di essere
basato su dati inventariali (e quindi relativi alla realtà forestale in esame) e di richiedere un
numero decisamente inferiore di parametri:, Pertanto rappresenta uno strumento più flessibile
allo scopo di stimare l’accumulo di carbonio su periodi temporali lunghi.
In conclusione riteniamo che ai fini delle previsioni degli stock di carbonio su periodi lunghi il
modello For-Est possa essere usato tal quale, ovvero con i parametri dell’equazione di Richards
ottimizzati forniti nel presente studio. I buoni risultati ottenuti con For-Est evidenziano infatti la
potenzialità e la capacità di questo modello di simulare gli stock di carbonio delle diverse tipologie
forestali.
Qualora sia di interesse valutare la variazione interannuale dell’incremento corrente e del
sequestro di carbonio da parte delle foreste lombarde si può utilizzare l’Eq. 6 riportata in Tabella
22 con i coefficienti aventi il valore riportato nella tabella stessa, inserendo i valori delle anomalie
(deviazione dalla media del periodo di riferimento) della temperatura media annuale (°C) e della
precipitazione cumulata (mm) dal 1° aprile al 31 ottobre nell’area di interesse, insieme ai valori
delle stime effettuate con il modello For-Est non-corretto. Il valore di For-Est corretto cercato è
quello indicato nell’Eq. 6 come ICBIOME-BGC.
53
Tabella 21 - Dati di incremento corrente annuale per unità di superficie [tC ha-1] simulati da BIOME-BGC e da For-Est.
Pioppeti
BGC
Anno
For-Est
tC ha
-1
Querceti
BGC
For-Est
tC ha
-1
Faggete
BGC
For-Est
tC ha
-1
Lariceti
BGC
For-Est
tC ha
-1
Peccete
BGC
For-Est
tC ha
-1
1998
5.17
5.00
5.23
3.00
3.62
2.35
1.75
1.54
0.70
0.81
1999
4.82
5.51
4.04
3.15
2.26
2.39
3.09
1.52
0.76
0.87
2000
4.51
5.95
4.02
3.29
3.35
2.42
1.88
1.51
0.90
0.99
2001
4.90
6.32
4.05
3.44
3.54
2.46
2.21
1.49
0.90
1.06
2002
4.20
6.62
3.72
3.58
2.10
2.49
0.76
1.48
0.97
1.12
2003
1.28
6.78
1.03
3.72
1.17
2.5
0.46
1.46
1.28
1.19
2004
4.60
6.82
5.41
3.86
3.95
2.53
1.25
1.44
1.30
1.25
2005
5.39
6.75
3.95
3.99
2.41
2.56
1.44
1.42
1.30
1.32
2006
4.75
6.58
4.15
4.12
2.72
2.59
1.21
1.40
1.56
1.38
2007
6.00
6.34
5.29
4.24
2.70
2.62
1.44
1.38
1.56
1.45
2008
6.278
6.10
6.43
2.20
31.82
27.58
2.14
1.37
1.93
1.51
54
Figura 9 - Andamento temporale dell’incremento corrente annuale di biomassa per unità di area simulato da BIOME-BGC (linea
arancione) e For-Est (linea blu). La scala è differente per foresta a latifoglie e conifere.
55
Figura 10 - Distribuzione dei residui calcolati come la differenza tra l’incremennto corrente annuale per unità di area simulato
con BIOME-BGC e con For-Est (figura in alto). In basso il Box-plot delle distribuzioni dei residui per ciascuna tipologia forestale.
Per ciascun box i rettangoli racchiudono i valori compresi tra il 25° e il 75° percentile, con la linea vrticale nera indicante la
mediana (5°° percentile). Le linee tratteggiate (wiskers) esprimono i valori compresi tra il 2° e il 98° percentile.
56
Figura 11 - Scatterplot tra residui dell’incremento corrente (IDBIOME-BGC-ICFor-Est) e l’anomalia di temperatura annua (differenza tra
la temperatura media di ogni anno e la temperatura media su 11 anni)
57
Figura 12 - Scatterplot tra residui dell’incremento corrente (IDBIOME-BGC-ICFor-Est) e l’anomalia di temperatura relativa alla sola
stagione vegetativa (differenza tra la temperatura media tra il 1 Aprile-31 Ottobre di ogni anno e la temperatura media calcolata
sullo stesso periodo in 11 anni)
58
Figura 13 - Scatterplot tra residui dell’incremento corrente (IDBIOME-BGC-ICFor-Est) e l’anomalia di precipitazione annuale *cm+
(differenza tra la precipitazione di ogni anno e la precipitazione media in 11 anni).
59
Figura 14 - Scatterplot tra residui dell’incremento corrente (IDBIOME-BGC-ICFor-Est) e l’anomalia di precipitazione *cm+ relativa alla
sola stagione vegetativa (differenza tra la precipitazione di ogni anno nel periodo 1 Aprile-31 Ottobre e la precipitazione media
per lo stesso periodo in 11 anni).
60
Tabella 22 - Risultati della regressione stepwise AIC. Il miglior modello selezionato per descrivere l’incremento corrente simulato
da BIOME-BGC è quello che utilizza l’incremento corrente simulato da For-Est, l’anomalia della temperatura media annuale e
l’anomalia di precipitazione durante la stagione vegetativa.:
Eq. 6
ICBIOME-BGC = a1*aPRCP_gs + a2*aTMEDIA + a3*ICFor-Est + a0
Coeff
Valore
Std. Err
a1 (aPRCP_GS)
0.037
0.009
a2 (aTMEDIA)
-0.443
0.144
a3 (ICFor-Est)
0.672
0.049
a0
0.878
0.172
R2
0.67
p
<0.001
61
-1
Figura 15 - Andamento del valore di incremento corrente [tC ha ] simulato da BIOME-BGC (arancione), da For-Est (blu) e da ForEst “corretto” per gli stressors meteorologici (in rosso). Avvertenza: la scala è differente per foresta a latifoglie e conifere.
62
2.5 Utilizzazione di informazioni telerilevate e di modelli LUE (Light Use
Efficiency) per monitorare le variazioni spaziali dei C-sink e C-stock nel dominio
regionale e valutare le eventuali divergenze rispetto al modello For-Est.
In questa sezione si cercherà di confrontare i dati di produttività stimati con l’applicazione di
modelli guidati da dati satellitari e le stime di produttività effettuate con il modello For-Est per
valutare la consistenza dei due metodi. A tal fine sono stati utilizzati dati raccolti nell’ambito del
progetto Kyoto Lombardia della FLA in cui è stata simulata la produttività primaria netta degli
ecosistemi terrestri lombardi con l’approccio “light use efficiency” (LUE). Questo approccio utilizza
una quantità di parametri notevolmente inferiore rispetto ai modelli di processo (e.g. BIOME-BGC)
e risulta più adatto all’applicazione in aree che hanno una copertura di dati parziale per la
parametrizzazione dei modelli. Inoltre, poiché i modelli LUE sono guidati dai profili temporali
dell’indice di vegetazione normalizzato NDVI (Normalized Difference Vegetation Index) osservato
da satellite, non richiedono informazioni riguardanti la fenologia di foreste e colture e della loro
gestione, perché informazioni già contenute nel dato satellitare telerilevato. Il modello impiegato,
MOD17 (Heinsch et al., 2006), utilizza un approccio di tipo LUE per stimare la produttività primaria
lorda (GPP), e determina la produttività primaria netta (NPP) a partire da una semplice
modellazione della respirazione autotrofa basata sull’utilizzo di relazioni respirazionetemperatura. Una descrizione dettagliata del modello e del set-up della simulazione è riportata in
Colombo et al., 2009.
Il dato di NPP calcolato con MOD17 risulta confrontabile (se calcolato sullo stesso periodo ed
opportunamente corretto come in seguito
descritto) con le stime di incremento di
stock del modello For-Est.
Come appena accennato, le stime di NPP
ottenute con i due modelli devono essere
opportunamente corrette per poter essere
confrontate. In particolare è necessario
sottrarre gli assorbimenti di carbonio legati
alla crescita delle foglie e delle radici fini ai
For-Est è stato messo a confronto con
modelli di produttività forestale guidati
da informazioni telerilevate (modelli
LUE: MOD17). Sono state evidenziate
una serie di criticità che devono essere
superate al fine di valutare le differenze
tra le stime effettuate con tali modelli. I
risultati evidenziano una tendenza di
For-Est a sottostimare gli assorbimenti
di carbonio rispetto a MOD17.
valori di NPP totale annua simulati con
MOD17. Il carbonio sequestrato nella
63
componente fogliare si ottiene moltiplicando il valore di indice di area fogliare massimo (LAI, m2
foglie/m2 terreno) per l’area fogliare specifica (SLA, gC m-2). Il carbonio sequestrato invece dalla
crescita delle radici fini viene calcolato considerando specifici rapporti di allocazione foglia/radici
fini (Running and Coughlan, 1988; Mollicone et al., 2002).
Nelle Tabella 23 e Tabella 24 vengono riportati i risultati ottenuti nell’ambito del Progetto FLAKyoto per le foreste Lombarde (Colombo et al., 2009). In Tabella 23 sono riportati i dati di NPP
ottenuti con MOD17 su diverse tipologie forestali e in Tabella 24 un confronto tra le stime di NPP
presenti nei PAF regionali (Piani di Assestamento Forestale) e quelle risultanti dalle simulazioni
effettuati con MOD17 (tC ha-1 anno-1) per tre specifiche categorie forestali.
Come evidenziato da Colombo et al. (2009) il confronto tra stime di NPP satellitari ed inventariali
risulta particolarmente complicato ed affetto da incertezza per una serie di motivi: in primo luogo
l’elevata incertezza dei coefficienti utilizzati per considerare il carbonio sequestrato in foglie e
radici fini; in secondo luogo il fatto che le stime di NPP satellitari sono fortemente influenzate
dalla presenza di sottobosco erbaceo e arbustivo, in particolare in foreste con chiome aperte.
Infine, a causa della risoluzione spaziale del satellite utilizzato (250 metri al suolo), è frequente
l’occorrenza di pixel misti, ovvero di pixel al cui interno ricadono diverse tipologie forestali, fatto
che ostacola un confronto diretto con i valori di NPP stimati attraverso i dati inventariali. Per
questo motivo riteniamo che i dati riportati in Tabella 23 siano difficilmente confrontabili con le
stime ottenute da For-Est, se non in modo qualitativo. La tabella viene riportata per evidenziare i
dati disponibili a livello regionale ma non per il confronto quantitativo tra stime satellitari e
simulazioni effettuate con For-Est.
Per tre tipologie forestali (‘Lariceti e cembrete’, ‘Abieteti’, ‘Peccete’), invece, sono disponibili pixel
omogenei che permettono di effettuare comparazioni robuste tra stime di NPP ottenute con
MOD17 e stime a base inventariali ottenute con For-Est. La comparazione è stata condotta su
parcelle forestali caratterizzate da un’area basimetrica superiore a 30 m 2 ha-1, per evitare il
problema delle chiome aperte e minimizzare l’errore introdotto dalla presenza di sottobosco, e
con dimensioni tali da includere al loro interno almeno un pixel puro di 250 x 250 m 2. Sulla base di
questi requisiti è stato possibile estrarre i dati che hanno permesso la compilazione della Tabella
24, dove sono riportate le stime di sequestro di carbonio per unità di superficie anno (tC ha -1 anno1
) effettuate con MOD17 e quelle ottenute con For-Est per le stesse categorie forestali. Le stime di
64
For-Est sono state limitate al periodo 2002-2004, periodo al quale si riferiscono le stime di MOD17
e le immagini telerilevate disponibili.
I risultati di Tabella 24 mostrano una certa discrepanza tra le simulazioni di For-Est e MOD17, con
una generale tendenza di For-Est a sottostimare gli assorbimemti annuali di carbonio rispetto a
MOD17.
Si ritiene che questa discrepanza possa essere legata in parte all’influenza del sottobosco nelle
stime satellitari. La presenza del sottobosco, infatti, influenza il segnale di NDVI rilevato da satellite
e porta ad una sovrastima della NPP rispetto ai valori inventariali che si riferiscono esclusivamente
al piano dominante (e.g. Chirici et al., 2007; Colombo et al., 2009).
65
Tabella 23 - NPP simulata con MOD17 per ciascuna classe di uso del suolo a Livello Regionale (Colombo et al., 2009)
NPP_MEDIA
(KgC m-2 y-1)
Dev_std NPP
Abieteti
0.343
0.023
Acero-Frassineti
1.076
0.068
Alneti
Antropogene
0.788
1.012
0.097
0.032
Betuleti_Corileti
1.066
0.081
Castagneti
Faggete
0.966
0.952
0.044
0.061
Lariceti-Cembrete
0.582
0.057
Mughete
0.189
0.011
Orno-Ostrieti
0.912
0.047
Particolari
Peccete
0.731
0.459
0.060
0.018
Piceo-Faggeti
0.732
0.033
Pino-Silvestre
Querceti
0.281
0.805
0.007
0.040
Querco-Carpineti
0.751
0.012
Classe
66
Specie
Abies alba Miller
Larix decidua Miller
Acer pseudoplatanus L.
Fraxinus excelsior L.
Alnus glutinosa L. Gaertner
Robinia pseudoacacia L.
Betulla pendula Roth
Corylus avellana L.
Castanea sativa Miller
Fagus sylvatica L.
Larix decidua Miller
Pinus cembra
Pinus mugoTurra
Fraxinus ornus L.
Ostrya carpinifolia Scop.
Corylus avellana L.
Populus tremula
Piceaabies
Fagus sylvatica
Piceaexcelsia
Pinus sylvestris
Quercus robur
Quercus robur
Carpinus betulus
Tabella 24 - Confronto tra dati di assorbimento di carbonio medi stimati dal modello MOD17 (NPPMOD17) e dal modelllo For-Est
(NPPFOR-ESTottimizzato) per le tre categorie forestali considerate
Peccete
Lariceti Cembrete
Abetieti
Assorbimento
annuale stimato da
satellite con MOD17
Assorbimento annuale di
carbonio stimato con ForEst ”ottimizzato”.
NPPMOD17
-1
-1
(tC ha anno )
2.59
(± 0.20)
3.09
(± 0.37)
1.85
(± 0.19)
NPPFOR-ESTottimizzato
-1
-1
(tC ha anno )
1.161
(± 0.07)
0.95
(± 0.09)
67
1.84
(0.067)
3. Conclusioni e definizione di una strategia tecnico-operativa.
Le specifiche di progetto prevedevano lo sviluppo di una serie di attività i cui risultati, criticità e
possibili sviluppi futuri vengono riassunti in seguito. Per ciascun punto vengono anche suggerite
alcune strategie tecnico-operative per ridurre l’incertezza futura delle stime.
La calibrazione dell’equazione di Richards, equazione fondamentale su cui si basa il modello ForEst, ha permesso di stimare per molte tipologie forestali i parametri ottimali per l’applicazione del
modello alla realtà regionale lombarda. I valori ottimali dei parametri sono stati validati contro un
dataset indipendente e hanno mostrato di conferire al modello una buona capacità di descrivere
la varianza dei dati osservati (R2=0.78). L’algoritmo di ottimizzazione sviluppato nel contesto di
questo progetto permette di stimare in modo rapido alcuni parametri cruciali del modello e di
fornire stime aggiornate e più consistenti
degli stock di carbonio a livello regionale.
Sono stati messi in luce anche alcuni limiti
delle
analisi
effettuate,
riconducibili
principalmente alla scarsa disponibilità di
dati di calibrazione e di validazione. A
questo
risultati
proposito, nonostante
ottenuti,
si
i buoni
suggerisce
di
concentrare gli sforzi futuri sulla creazione di
un
database
contenente
un
numero
maggiore di dati e di tavole alsometriche
rappresentative di tutte le tipologie forestali
lombarde, nonché delle diverse forme di
governo del bosco (ceduo e fustaia) così da
aggiornare continuamente le stime dei
parametri e ridurne l’incertezza associata.
Come sottolineato nel report, la collezione di
tavole
alsometriche
impiegata
nella
L’analisi di For-Est ha evidenziato una
buona capacità del modello nel
descrivere l’incremento corrente e la
provvigione per alcune tipologie
forestali analizzate. Il modello ha
inoltre
evidenziato
una
certa
versatilità ed è stato calibrato per le
applicazioni in Lombardia.
Si
suggerisce
tuttavia
un
aggiornamento
continuo
dei
parametri del modello concentrando
gli sforzi sulla creazione di un database
regionale di tavole alsometriche e dei
disturbi che possa essere utilizzato in
parte come input del modello, in parte
come dataset per la calibrazione
continua del modello finalizzata alla
riduzione dell’incertezza delle stima di
incremento corrente e di accumulo
degli stock di carbonio.
calibrazione della funzione di crescita non
68
può essere considerata completamente rappresentativa della realtà forestale lombarda. Va inoltre
evidenziato che in questo lavoro, con l’unica eccezione della tipologia forestale ‘Faggete’, non è
stata fatta alcuna distinzione tra foreste governate a ceduo o a fustaia poiché non vi erano dati
disponibili in modo sufficiente per effettuare tale distinzione. Anche in questo senso, a nostro
parere, lo sforzo successivo dovrebbe concentrarsi sull’incremento della raccolta dei dati
disponibili per il processo di ottimizzazione dell’equazione di Richards.
Per quanto riguarda gli altri parametri necessari al modello, come i valori dei biomass expansion
factors (BEF), i valori di necromassa e dati relativi ai disturbi, è stata condotta una verifica delle
fonti esistenti in letteratura. Tuttavia dall’analisi di quanto reperito in letteratura scientifica e dai
report di analoghi progetti condotti in altre regioni italiane (Emilia Romagna, Veneto, Piemonte e
Trentino Alto-Adige) non sono emersi valori significativamente differenti da quelli ritenuti ottimali
per il contesto italiano da Federici et al. (2008), l’ideatore del modello For-Est.. Si suggerisce quindi
di confermare anche per la Lombardia i valori di BEF riportati in Federici et al., 2008. Per quanto
riguarda i valori relativi ai disturbi, ed in particolare agli incendi, sono stati segnalati e riportati i
dati aggiornati per il territorio regionale.
Nella quarta parte è stato analizzato l’errore introdotto dal modello For-Est nel non considerare le
varabili climatiche nel calcolo della produttività e dell’accumulo di C. Sono state messe a confronto
le stime di For-Est con quelle di un modello di processo guidato principalmente dal clima come
BIOME-BGC. I risultati hanno dimostrato che, in media, i due modelli tendono a stimare nello
stesso modo l’accumulo di carbonio delle diverse tipologie forestali su un periodo di 11 anni.
Tuttavia BIOME-BGC mostra una più spiccata variabilità interannuale dovuta alla variabilità
interannuale delle principali variabili meteo-climatiche. E’ stato evidenziato come le differenze tra
For-Est e BIOME-BGC siano principalmente attribuibili alle anomalie di temperatura media annuale
e alle precipitazioni durante la stagione vegetativa (da Aprile a Ottobre). Grazie all’applicazione di
una regressione stepwise è stato possibile mettere a punto una semplice equazione empirica in
grado di correggere le stime di For-Est perché tengano conto anche dell’effetto della variabilità
meteo-climatica sull’asorbimento del C. La correzione proposta rappresenta un metodo semplice
per stimare la variabilità interannuale dell’incremento corrente delle diverse tipologie forestali e
della provvigione annua. Parte della varianza non spiegata dal modello può essere dovuta a
processi diversi non descritti dal modello stesso e legati alla fertilità del suolo, alla tessitura e ai
disturbi. Va comunque ricordato che questi risultati sono ottenuti per comparazione con un
69
modello, BIOME-BGC, che –benché accurato- è a sua volta soggetto ad errore e richiede un grosso
sforzo di parametrizzazione. Pertanto, si suggerisce di estendere in futuro questa analisi a ulteriori
dati di accrescimento annuale osservati in opportune stazioni sperimentali e a versioni del modello
BIOME-BGC ottimizzate per le tipologie forestali in esame. Con l’unica eccezione dei ‘pioppeti’,
BIOME-BGC e For-Est simulano sul lungo periodo valori di accumulo di carbonio comparabili.
Tuttavia For-Est è un modello molto più semplice di BIOME-BGC e fortemente basato su dati
inventariali, caratteristiche queste che lo favoriscono nelle applicazioni territoriali o in contesti a
scarsità di dati. Si consiglia l’applicazione del modello For-Est con la correzione climatica solo ai fini
di studio qualora si vogliano analizzare le relazioni clima-produttività. Per i più generali fini
inventariali della stima del sequestro di carbonio nelle foreste a lungo termine si consiglia
l’applicazione di For-Est senza alcun tipo di correzione, poiché non si conosce al momento la
stabilità di tale correzione nelle simulazioni di lungo periodo. Il tutto, s’intende, con la
parametrizzazione ottimizzata alla regionale lombarda.
Nella quinta ed ultima parte è stato effettuato un confronto tra i risultati ottenuti con il modello
For-Est e con modelli di produttività forestale guidati da informazioni telerilevate (modelli LUE:
MOD17) utilizzati nel corso del “Progetto FLA-Kyoto Regione Lombardia”. Esistono una serie di
criticità che devono essere superate al fine di valutare le differenze tra le stime effettuate con tali
modelli. Le criticità sono legate alla presenza di sottobosco e al fatto che le stime satellitari non
sono sempre riferibili ad una sola tipologia forestale poiché all’interno di un pixel (che ha una
risoluzione al suolo di 250x250m2) si possono trovare diverse specie forestali. Per questi motivi
l’analisi è stata ristretta a sole tre classi inventariali per le quali si sono resi disponibili dati per
effettuare un confronto consistente. I risultati evidenziano un certo disaccordo tra For-Est e
MOD17. Ciononostante MOD17 rimane interessante nell’ottica della correzione del modello ForEst per l’inclusione degli effetti climatici. MOD17, infatti, si basa sia su informazioni satellitari che
su variabili meteorologiche, quali temperatura e VPD. L’analisi della variabilità interannuale delle
stime ottenute con MOD17 potrà quindi essere utile per confermare e rafforzare i risultati di cui al
punto quattro.
In conclusione: l’analisi critica del modello For-Est ha evidenziato una buona capacità dello stesso
di descrivere l’incremento corrente e la provvigione per alcune tipologie forestali. Il modello ha
inoltre mostrato una buona versatilità ed è stato possibile calibrarne la parametrizzazione per una
applicazione in Lombardia e nelle regioni limitrofe con condizioni meteo-climatiche simili. Tuttavia
70
si suggerisce un continuo aggiornamento dei parametri del modello, concentrando gli sforzi sulla
creazione di un dataset di dati inventariali e di disturbi che possa essere utilizzato sia come input
del modello stesso sia come base di dati per la calibrazione dei parametri, con la finalità della
riduzione continua dell’incertezza delle stime di incremento corrente e di accumulo degli stock di
carbonio. Per applicazioni orientate invece all’analisi della variabilità interannuale del sequestro di
carbonio legata al clima è stato suggerito un metodo semplice per correggere le stime di For-Est.
Infine, data la sua strutturazione, il modello For-Est si è confermato idoneo alla valutazione della
variazione dello stock di carbonio in popolazioni forestali, e comunque efficacemente calibrabile
per specifici accrescimenti locali.
Le sue caratteristiche lo rendono invece inidoneo alla quantificazione nella biomassa epigea in altri
comparti (quali: cropland – C, grassland – G, wetland - W, settlement - S, other land - O); per
questo sono stati presentati nel report approcci modellistici alternativi. Si tratta in particolare degli
specifici strumenti che le linee guida dell’IPCC offrono per la quantificazione degli stock di carbonio
nei comparti diversi da Forest Land (F), la cui adozione appare opportuna proprio in ragione della
loro specifica implementazione per la rendicontazione del carbon stock change ai fini degli
inventariali nazionali degli stock di carbonio.
71
PARTE II
Autori:
Davide Pettenella
Lucio Brotto
Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-Forestali - Università di Padova
Agripolis - Via dell'Università 16 - 35020 Legnaro (PD)
Introduzione
La Parte 2 di questo report raccoglie il contributo dell’unità operativa del Dipartimento Territorio e
Sistemi Agro-Forestali dell’Università di Padova al Progetto Regionale CARSIS/CarbonSink “Attività
tecnico-scientifiche volte ad approfondire le conoscenze e gli strumenti per favorire gli
assorbimenti e gli stoccaggi naturali del carbonio atmosferico, ai fini del raggiungimento degli
obiettivi previsti dall’Unione Europea per la lotta ai cambiamenti climatici”. In particolare il
contributo si inquadra nel tema di ricerca “Iniziative volontarie, azioni compensative, iniziative
EXPO 2015”.
Questa sezione è organizzata in tre capitoli: nel Capitolo 1 vengono approfondite ed analizzate le
best practices legate agli interventi compensativi delle emissioni di gas serra nel settore agricolo e
forestale, con particolare attenzione alle attività relative alle iniziative dell’EXPO 2015. Il capitolo,
dopo una parte generale, presenta due linee-guida: la prima per la redazione dei bilanci di
emissione e la seconda per la realizzazione di interventi compensativi.
Nel Capitolo 2, alla luce delle buone pratiche precedentemente evidenziate, sono invece illustrati
gli attori, le fasi progettuali e le infrastrutture che caratterizzano i mercati compensativi e
l’organizzazione di un intervento di compensazione.
Infine, nel Capitolo 3, viene proposto il modello organizzativo da adottare per l’EXPO 2015 con
particolare attenzione alle procedure per la determinazione, il controllo e la garanzia dell’effettiva
capacità di assorbimento di carbonio in progetti di land use change. Dopo un approfondimento
della dimensione micro della progettazione, viene illustrata l’organizzazione macro del mercato
compensativo.
72
1. Best practices nel campo degli investimenti forestali compensativi
In questo capitolo vengono approfondite ed analizzate le best practices legate agli interventi
compensativi delle emissioni di gas serra nel settore agrario e forestale. In particolare il capitolo si
divide in tre parti:
-
la prima parte riassume i principi fondamentali che regolano le pratiche degli interventi di
compensazione;
-
la seconda parte illustra le linee-guida che sono comunemente impiegate nella redazione
dei bilanci delle emissioni. Queste linee-guida dovrebbero essere utilizzate prima della
realizzazione degli interventi compensativi ed hanno come target di riferimento le aziende
impegnate nelle opere di cantierizzazione dell’EXPO 2015;
-
la terza parte riporta invece i principi fondamentali che devono essere rispettati nella
progettazione e realizzazione degli interventi compensativi nel settore agrario e forestale.
Quest’ultima parte è funzionale alle attività dei progettisti che intendano realizzare
interventi di compensazione destinati ad entrare a far parte della Carbon Compensation
Banking per la Regione Lombardia (vd. il primo rapporto dell’unità operativa).
1.1 Principi generali della compensazione
Come anticipato al capitolo 6.1 del primo rapporto presentato dal Dip. TESAF nel contesto del
Progetto “Iniziative volontarie, azioni compensative, iniziative EXPO 2015”, la compensazione delle
emissioni di gas serra non deve mai essere intesa come soluzione o strategia unica, ma deve
piuttosto essere parte di uno schema gerarchico predefinito che preveda prioritariamente
interventi per evitare le emissioni, poi la riduzione e mitigazione delle stesse e solo da ultimo la
compensazione delle emissioni rimanenti (Figura 1). La gerarchia dei principi di orientamento di
politiche volte a ridurre i problemi delle emissioni dei gas clima-alteranti è quindi: evitare 
ridurre  mitigare  compensare (ERMC). Per esempio, nel caso dell’EXPO 2015, la strategia da
utilizzarsi deve prevedere che si evitino opere di cantierizzazione non indispensabili, seguite dalla
riduzione delle emissioni attraverso per esempio l’impiego di materiali rinnovabili come il legno in
sostituzione di materiali con maggiore embodied energy come l’acciaio e il calcestruzzo, per poi
passare alle opere di mitigazione e compensazione (per esempio fasce tampone lungo le arterie
73
stradali) per un valore che, per buona e consolidata prassi, non dovrebbe superare il 10-15% delle
emissioni totali.
È una buona pratica che le opere compensative, di qualunque natura esse siano, avvengano alla
medesima scala degli impatti causati dal progetto, e se possibile su scala locale (Pileri, 2007). Gli
impatti delle emissioni di gas clima-alteranti non si possono però solamente ricondurre alla scala
locale, in quanto gli effetti del cambiamento climatico hanno conseguenze internazionali. In
questo senso è auspicabile che gli investimenti compensativi legati alle opere di cantierizzazione
dell’EXPO 2015 prendano forma sia a livello locale, attraverso interventi da inserire
prioritariamente all’interno della Rete Ecologica Regionale (RER), sia internazionale attraverso
progetti, preferenzialmente con certificazione di parte terza, legati al mercato volontario del
carbonio.
Compensazione +
aumento netto
Impatti positivi
Steps per la No Net Loss:
IP
IP
M
R
R
E
E
C
IP = impatto previsto
E = evitare
IP
IP
E
Impatto negativo
rimanente
R = ridurre
M = mitigare
Impatti negativi
Figura 16 - Gerarchia nel processo di compensazione delle emissioni (Fonte: adattato da Madsen
et al., 2010).con
C = compensare
No Net loss
74
1.2 Linee-guida per la redazione di bilanci delle emissioni
Nel 1991, il Working Group I dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), in stretta
collaborazione con l’OECD2 (Organization for Economic Co-operation and Development) e l’IEA53
(International Energy Agency), ha istituito l’IPCC National Greenhouse Gas Inventories Programme
(IPCC-NGGIP). Scopo di questo programma è quello di sviluppare e migliorare una metodologia ed
un software, accettati internazionalmente, per il calcolo e il reporting a livello nazionale delle
emissioni di gas i serra (Greenhouse Gases - GHGs) e le eventuali riduzioni di tali emissioni. L’IPCCNGGIP opera anche per la diffusione di tale metodologia tra tutti i paesi che partecipano all’IPCC e
che hanno sottoscritto la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento del Clima
(UNFCCC).
Tali procedure riguardano inventari nazionali di tipo obbligatorio e sono utilizzate attualmente per
la stesura dei bilanci nazionali tra i Paesi firmatari del Protocollo di Kyoto. Negli ultimi anni,
tuttavia, è aumentato il numero di aziende, enti locali e singoli individui che, in maniera volontaria,
desiderano monitorare e diminuire le emissioni di gas di serra. L’interesse nell’analizzare e
migliorare la propria “environmental performance” è motivato, oltre dalla possibilità di utilizzare
strumenti di comunicazione aziendale (green marketing), anche in vista di una preparazione ad
eventuali future riduzioni promosse o richieste alle aziende stesse. Non vi è dubbio che il primo
passo per poter identificare quali e quante siano le riduzioni delle emissioni da parte di un
soggetto sia la predisposizione di un inventario delle emissioni stesse.
Se è importante infatti per un paese stabilire che le diminuzioni effettuate di gas clima-alteranti
siano reali, quantificabili e verificabili, lo è anche per un’organizzazione privata.
Un elenco esaustivo delle emissioni, ed eventuali riduzioni, di GHGs permette infatti di stabilire
con maggiore concretezza un target per le riduzioni stesse,creare una base su cui impostare studi
e inventari successivi, capire come eventuali misure future prese a livello nazionale influiranno
2
L’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) raccoglie 30 stati membri, impegnati nella
discussione, elaborazione e risoluzione di problematiche economiche e sociali legate alla macroeconomia, al
commercio, all’educazione, allo sviluppo, alla scienza e all’innovazione. Impegno principale dell’OECD è di produrre e
promuovere strumenti, decisioni e raccomandazioni dalla valenza internazionale, che permettano ai paesi membri, e
non solo, di progredire verso un’economia globalizzata.
3 L’IEA (International Energy Agency) è un’organizzazione intergovernativa impegnata, attraverso una politica di
cooperazione, nel raggiungimento della sicurezza per quanto riguarda la soddisfazione del fabbisogno energetico, la
crescita economica e la sostenibilità ambientale internazionale.
75
sull’organizzazione,realizzare un’accurata analisi di costi e benefici delle ipotizzate riduzioni
e,infine, partecipare attivamente al dibattito ambientale una volta divenuti promotori di riduzioni
delle emissioni.
La stesura di un inventario necessita di pochi ma chiari principi:
conoscere la natura e il numero delle sorgenti di emissione da parte della propria
organizzazione;
stabilire l’uso e lo scopo del proprio inventario, in modo da chiarire quali siano i gradi di
completezza e di accuratezza richiesti all’inventario stesso;
stabilire limiti significativi alla raccolta dati, includendo tutte le emissioni che si possono
effettivamente controllare e realmente ridurre;
essere flessibili nelle espressioni dei risultati ottenuti, in modo da poter rispondere a
potenziali differenti usi futuri degli stessi;
essere trasparenti nel riportare dati e procedure, per poter essere credibili e dare la
possibilità agli utenti di interpretare i risultati ottenuti.
La metodologia di stesura di un inventario a livello di singola organizzazione (nella fattispecie gli
interventi strutturali legati alla realizzazione dell’EXPO 2015), data la natura volontaria e locale,
può derivare dalle linee-guida fornite dall’IPCC per gli inventari nazionali e, al contempo,avere
ampi margini di autonomia e caratteristiche peculiari. Per questa possibilità è cresciuta la lista di
organizzazioni ed enti che, acquistata esperienza nello stilare il loro inventario, hanno codificato
diversi protocolli perla raccolta dei dati e il calcolo delle emissioni, anche in relazione ai diversi
campi di attività delle organizzazioni: dei casi studio potrebbero permettere la scelta del
protocollo migliore (Loretti et al., 2000).
Di seguito vengono richiamate alcune delle linee-guida più note che potranno costituire un
riferimento per le attività relative alle compensazioni dell’EXPO 2015:
Environmental
Reporting
Guidelines
–
www.defra.gov.uk;
U.S. DOE 1605b - www.eia.doe.gov;
76
Key
Performance
Indicators
(KPIs)
-
GHG Protocol Corporate Accounting and Reporting Standard (GHG Protocol Initiative WRI/WBCSD) - www.ghgprotocol.org;
Clean Air-Cool Planet - www.cleanair-coolplanet.org;
GHG Indicator: UNEP (United Nations Environmental Programme) - www.uneptie.org.
Gli inventari locali di norma includono le emissioni di CO2, ma è possibile inserire anche tutti i
GHGs previsti dal Protocollo di Kyoto, e quelli regolamentati dal Protocollo di Montreal (PdM)4
(CFCs, HCFCs, etc.). I gas inquinanti, causa indiretta di emissioni di GHGs (NOx, CO, NMVOCs), dato
il loro Global Warming Potential (GWP)5 molto incerto, non sono normalmente inseriti
nell’inventario, oppure viene espressa solamente la loro massa, ma non i CO2 equivalenti.
La fase più delicata e difficile nella stesura di un inventario, specialmente a livello locale o di
singolo progetto come nel caso dell’EXPO 2015, risulta comunque essere la determinazione dei
cosiddetti boundaries (confini), entro i quali estendere l’analisi delle emissioni di GHGs prodotte.
Le principali problematiche attinenti alla determinazione di questi limiti sono le seguenti:
La proprietà: ovvero la necessità di stabilire esattamente chi sia il proprietario delle fonti di
emissioni;
Le emissioni dirette e indirette ovvero, quante delle emissioni a monte e a valle del
processo che si sta analizzando debbano essere contenute nell’inventario. Dirette sono le
emissioni provenienti da fonti che appartengono alle aziende coinvolte nella realizzazione
delle opere infrastrutturali dell’EXPO 2015. Le emissioni indirette, invece, “sono emissioni
da sorgenti che non sono di proprietà, o in affitto, della aziende ma che avvengono
interamente o in parte come risultato di un’attività dell’azienda stessa” (Hakes, 1999).
Classico esempio per quest’ultima voce sono le emissioni dovute alla produzione di
4
Il Protocollo di Montreal, in attuazione della Convenzione di Vienna (1985), ha stabilito nel 1987 gli obiettivi e le
misure per la riduzione delle produzioni e degli usi delle sostanze pericolose per la fascia di ozono delle misure di
controllo imposte dal Protocollo, aggiornare le norme di applicazione e quindi, dove necessario, apportare modifiche
al Trattato attraverso decisioni, aggiustamenti ed emendamenti.
5
Il GWP è un sistema di fattori di equivalenza per "pesare" le varie sostanze sulla base di un'unità di riferimento (kg
CO2/kg di sostanza) in funzione della misura di quanto queste contribuiscono all'effetto serra. Questo indice è basato
su una scala relativa che confronta il gas considerato con un'uguale massa di biossido di carbonio, il cui GWP è per
definizione pari a 1.
77
elettricità acquistata: le emissioni hanno luogo alla centrale elettrica, ma si verificano
perché l’azienda richiede energia per la produzione per esempio dei materiali da
costruzione. Poiché molto spesso proprio le emissioni indirette costituiscono la parte più
consistente delle emissioni di un ente, si cerca di inserirle nell’inventario, anche con il
rischio di essere conteggiate due volte (dalla ditta proprietaria della sorgente e dalla ditta
che causa la messa in attività della sorgente). Il DETR6 (1999) riconosce questa possibilità di
errore ma afferma che, poiché si tratta di stilare un inventario volontario per un’analisi a
livello di singolo progetto e non nazionale con precise regolamentazioni governative, ci
possono essere anche dei doppi conteggi. L’inclusione delle emissioni di GHGs da acquisto
di elettricità solleva alcune questioni pratiche dovute più che altro alla disponibilità di
informazioni necessarie per poter stimare le emissioni stesse. Il quantitativo di emissioni
per unità di elettricità consumata7 può talvolta essere un dato non molto chiaro dovuto ai
diversi combustibili impiegati,alle variazioni di efficienza della centrale elettrica stessa8e
alle perdite che si possono avere nelle linee di distribuzione. Le società di distribuzione di
energia elettrica dovrebbero quindi fornire indicazioni a riguardo ma, nel caso ciò non
avvenga, l’uso di valori standard nazionali per aziende in paesi industrializzati può essere
una soluzione sufficientemente adeguata. Alla voce “emissioni indirette” appartengono
anche le emissioni causate dai viaggi per lavoro e dagli spostamenti casa-sito di lavoro-casa
effettuati dai dipendenti, le emissioni dovute alle spedizioni delle materie prime e del
prodotto finito e le emissioni per lo smaltimento dei rifiuti9.
La rilevanza: ovvero, quali siano le emissioni veramente significative per la redazione
dell’inventario e quali invece possano essere ignorate. Un altro aspetto da considerare nel
tracciare i confini di analisi delle emissioni delle opere infrastrutturali è decidere quali
6
Il DETR (Department of the Environment, Transport and the Regions) è la precedente denominazione per il ministero
inglese dei trasporti e dell’ambiente, ora suddiviso in due nuovi ministeri il DEFRA (Department for Environment, Food
and Rural Affairs) - http://www.defra.gov.uk/ - e il DFT (Department for Transport) - www.dft.gov.uk.
7
Massa CO2 eq/kWh.
KWh erogati/quantitativo di combustibile consumato.
9
Le linee-guida fornite dal DETR (UK) (ora DEFRA, v.nota 6) raccomandano di includere, nella voce fonti indirette, i
viaggi d’affari di lunga distanza, ma non quelli a breve distanza e nemmeno gli spostamenti dei propri dipendenti
pendolari; il report del DOE-progetto1605b invece, include le misure per limitare gli spostamenti del proprio personale
pendolare tra i progetti di riduzione delle proprie emissioni.
8
78
emissioni siano sufficientemente grandi da dover essere incluse e quali piccole abbastanza
da poter essere ignorate,senza alcun importante effetto nei risultati finali. Questa
valutazione va fatta caso per caso, poiché non esiste in sé emissione più rilevante rispetto
ad altre. Solitamente si sceglie di definire dei parametri di grandezza minima delle
emissioni10 o si stabilisce una minima percentuale di completezza dell’inventario11. In
alcuni casi viene definito un costo minimo al di sotto del quale la sorgente non viene
conteggiata. Molte voci vengono tralasciate più per la difficoltà di dover precisare quante
siano le reali emissioni prodotte, piuttosto che determinare se queste siano effettivamente
rilevanti nel complesso.
Nel caso di oggettivi impedimenti per una corretta
valutazione,questa tipologia di sorgenti viene esclusa in partenza. Si può parlare di
rilevanza anche per tutte le operazioni di rimozione dall’atmosfera di GHGs. I cosiddetti
sink possono essere spazi verdi ed alberature presenti nei dintorni delle opere
infrastrutturali, così come grandi aree rimboscate grazie ad un programma di
compensazione attuato.
Attualmente non esiste un’opinione comune su quali debbano essere le scelte da effettuare
all’interno di questi tre ambiti (la variabilità è dovuta soprattutto alle diverse tipologie di
organizzazioni e le loro diverse esigenze). Sembra chiaro però che, nel tracciare i confini, si
cercherà di comprendere quelle emissioni sulle quali si può effettivamente esercitare un controllo
più o meno completo.
Riassumendo, la questione dei boundaries e la loro definizione forniscono una numerosa serie di
opzioni sulle modalità di riportare in un inventario le proprie emissioni di GHGs. La scelta del grado
di approfondimento dipenderà da ciascuna singola compagnia, dalle sue possibilità di controllo
sulle sorgenti di emissione, dalle aspettative dei propri partecipanti e dalla volontà di utilizzare i
risultati per dei programmi di riduzione. Vi è tuttavia un generale consenso per quanto riguarda un
possibile schema generale: di base un inventario dovrebbe inserire le emissioni provocate da tutte
quelle sorgenti stazionarie e non, possedute ed utilizzate dalle aziende coinvolte nella
realizzazione delle opere infrastrutturali dell’EXPO 2015 (che di norma corrispondono alle sorgenti
poste all’interno degli stabilimenti della ditta o alle sorgenti ‘mobili’ di proprietà della ditta stessa).
10
11
X tonnellate di CO2 equivalenti/anno.
Devono essere conteggiate almeno il 99% del totale delle emissioni del progetto.
79
A queste si aggiungono le emissioni indirette provocate dall’utilizzo di energia elettrica (dato che,
per la sua ubiquità e il grado di controllo, può essere facilmente stabilito dall’azienda); allargando i
confini, possono essere inserite le emissioni causate dai viaggi d’affari e dagli spostamenti dei
pendolari degli impiegati della ditta, così come le spedizioni delle materie prime e del prodotto
finito da parte di enti terzi; un’ulteriore espansione dei limiti di analisi può prevedere uno studio
approfondito su tutte le emissioni nell’intero ciclo di vita del prodotto o del servizio forniti dalla
ditta.
1. 3 Linee-guida per la progettazione e realizzazione di interventi compensativi
Nel capitolo 2 del primo documento presentato dal Dip. TESAF nel contesto del Progetto “Iniziative
volontarie, azioni compensative, iniziative EXPO 2015”, si è accennato alla peculiarità del settori
agrario e forestali, che possono allo stesso tempo caratterizzarsi come strumenti di fissazione
(carbon sink) e fonti (carbon source) di emissioni di gas serra. Di conseguenza nelle fasi progettuali
e di realizzazione di interventi compensativi si deve porre particolare attenzione a seri problemi
legati alla permanenza degli investimenti, alla necessità di garantire il rispetto dei criteri di
addizionalità ed intenzionalità, all’assenza di fenomeni collaterali di effetto opposto (leakage), alla
qualità delle misurazioni e agli effetti positivi sull’ambiente e al tessuto sociale (Ciccarese e Piotto,
2009; Hamilton et al., 2009). A questi si aggiungono questioni legate al rischio del double counting,
ossia la possibilità che per esempio la fissazione di carbonio ad opera di un rimboschimento venga
contemporaneamente contabilizzata dal Governo Italiano per il rispetto del Protocollo di Kyoto
(PK) e dalle aziende coinvolte nella cantierizzazione dell’EXPO 2015; e problemi legati alla
complessità tecnica, e quindi al costo economico, che può privilegiare interventi su grandi superfici
spiazzando quindi gli interventi su piccola scala.
La credibilità ed il successo in termini di mitigazione del cambiamento climatico degli interventi di
compensazione si basa sempre più frequentemente sul rispetto di regole, procedure e strategie
raccolte in standard o metodologie per il carbon accounting. Gli standard ed i sistemi di verifica
indipendente contribuiscono a dare maggiori garanzie agli investimenti compensativi in campo
forestale e a rendere il mercato più trasparente e dinamico (Merger et al., 2010). Infatti, un
requisito fondamentale per lo sviluppo corretto del mercato degli investimenti forestali
compensativi è legato alla presenza di sistemi di garanzia sull’effettiva capacità di fissazione di
carbonio degli interventi realizzabili e realizzati. La veridicità delle dichiarazioni può essere
80
garantita sulla base di attestazioni dell’agenzia di intermediazione, di organismi esterni o in base a
certificazioni di enti terzi indipendenti.
L’area normativa più sviluppata in questo senso fa capo ai meccanismi flessibili del PK, ed in
particolare ai Clean Development Mechanism (CDM). All’interno dei CDM si distingue tra:
Standard - descrivono gli obblighi o i livelli di performance da rispettare per avere giudizi
uniformi sulla qualità progettuale. Gli standard vengono dettagliati in specifiche
metodologie per il calcolo dei benefici climatici delle singole tipologie progettuali (es.
metodologia per le afforestazioni / riforestazioni) e sono integrate da strumenti (tools) che
hanno la funzione di determinare, dimostrare, stimare, identificare e/o testare particolari
informazioni. Gli strumenti sono spesso comuni a più metodologie (es. strumento per il
calcolo dell’addizionalità);
Procedure – elencano azioni obbligatorie che devono essere portate a termine per
soddisfare i requisiti degli standard;
Linee-guida - forniscono informazioni aggiuntive quali per esempio metodi accettabili per
soddisfare i requisiti degli standard e delle procedure;
Chiarificazioni – utili per evitare interpretazioni scorrette dei requisiti degli standard e
procedure;
Formulari - facilitano la compilazione delle informazioni richieste attraverso l’uso di modelli
di comunicazione;
Note informative – sono messaggi che riportano scadenze, eventi, informazioni sui budget
e note di carattere amministrativo ed operativo.
Attualmente nel mercato volontario operano 18 principali standard dei quali 13 sono applicabili al
settore forestale ed in alcuni casi agrario. Secondo una stima prudenziale, circa la metà delle
transazioni che hanno interessato i crediti nel settore delle risorse agricole-forestali si è basata
sull’impiego di standard indipendenti ovvero sviluppati da organismi esterni alle agenzie di
intermediazione (Hamilton et al., 2010a).
Gli standard impiegati direttamente in fase progettuale12 sono classificabili in tre gruppi:
12
Una prospettiva completa delle infrastrutture di mercato tese ad assicurare il controllo qualitativo dei crediti è
fornita nel prossimo paragrafo ed esemplificata in figura 4.
81
standard metodologici utilizzati per la stima degli effetti sul ciclo del carbonio dei progetti
(e.g. Verified Carbon Standard - VCS13). In questo caso gli standard utilizzano complesse e
robuste metodologie di carbon accounting (calcolo dei flussi di carbonio);
standard per co-benefici utilizzati per la stima dei benefici sociali ed ambientali dei progetti
(e.g. Climate, Community and Biodiversity Stadards - CCB14). In questo caso gli standard
non forniscono metodologie per il calcolo della fissazione o delle evitate emissioni di
carbonio ma si concentrano piuttosto nell’assicurare, sin dalle prime fasi progettuali, che
sussistano i presupposti per dei reali benefici intermini di riduzione delle emissioni, per un
coinvolgimento effettivo degli stakeholders e per la massimizzazione degli impatti positivi
sulle popolazioni locali, biodiversità, ciclo idrico, etc.;
standard di buona gestione forestale come il Forest Stewardship Council (FSC) ed il
Programme for Endorsement of Forest Certification schemes (PEFC) che vengono sempre
più spesso considerati come requisiti essenziali per l’ammissibilità dei progetti forestali di
compensazione. E’ il caso per esempio della Banca Mondiale o del Chicago Climate
Exchange (CCX) che accettano all’interno dei loro schemi di finanziamento solo progetti
attuati in aree forestali certificate FSC o PEFC15. In altri casi, gli standard delle prime due
tipologie citate (metodologici e co-benefici) mirano all’integrazione con gli standard di
corretta gestione forestale e a proporre certificazioni combinate. È il caso per esempio del
CarbonFix Standard16 (CFS) che ritiene soddisfatti buona parte dei propri requisiti se le
aree forestali sono certificate FSC, abbassando in questo modo i costi di transazione legati
ai processi di certificazione.
Nelle esperienze maturate in Italia il ricorso a standard internazionali, procedure di controllo e
sistemi di certificazione indipendente è ancora limitato14. Evidentemente tali attività di
certificazione offrono maggiori tutele agli acquirenti di crediti, ma alzano ulteriormente i costi
amministrativi degli investimenti.
13
www.vcs.org
www.climate-standards.org
15
Nel giugno 2010 è stata approvata e pubblicata la prima carbon accounting methodology forestale del VCS, lo
standard che più di ogni altro serve da riferimento metodologico per la formulazione delle stime di riduzione delle
emissioni ed aumento dei carbon sinks. La certificazione FSC è uno dei requisiti essenziali di applicabilità della
metodologia (www.v-c-s.org).
16
http://www.carbonfix.info/
14
82
È importante notare come i responsabili dei progetti di compensazione tendono spesso a
combinare tra loro le tre tipologie di standard. Non è raro per esempio avere progetti che seguono
una metodologia del VCS e che nel contempo siano certificati secondo il CCB o FSC. Come spesso è
accaduto in altri campi di applicazione degli standard e procedure di controllo, si è ora
probabilmente nella fase iniziale di sviluppo del mercato con la massima proliferazione delle
iniziative, situazione che dovrebbe evolvere gradualmente verso una selezione di quegli standard
che si dimostreranno più validi, già ora oggetto di più attento monitoraggio (Merger, 2008).
Nello specifico dell’EXPO 2015 le strategie di garanzia della qualità progettuale degli interventi
compensativi, ovvero standard e procedure, dovrebbero distinguere tra:
1. crediti generati in Paesi dell’Allegato I del PK (tra i quali rientrano gli interventi su suolo
italiano) e crediti generati in Paesi esclusi dall’Allegato I del PK (paesi in via di sviluppo PVS). Mentre infatti nei Paesi dell’Allegato I la problematica principale è il double counting,
nei PVS l’assenza di leakage e la permanenza dei progetti sono di più difficile risoluzione;
2. tipologia progettuale (Afforestazione/Riforestazione, Asse 1-2-3 del PSR, etc). Infatti, a
seconda della tipologia progettuale variano le metodologie di stima della fissazione e
l’importanza relativa delle problematiche progettuali;
3. dimensioni progettuali. Come già accade per i CDM si tende a distinguere tra progetti di
piccola e grande scala, dove i primi devono sottostare a misure meno restrittive di
controllo per evitare favoritismi delle economie di scala.
La combinazione di questi tre fattori determina lo standard che i progettisti devono rispettare. Gli
standard possono essere sviluppati ex novo specificatamente per l’EXPO 2015, prendendo spunto
dagli standard specifici per gli interventi compensativi nel settore agrario e forestale (es. il Verified
Carbon Standard, il Climate, Community and Biodiversity Standard ed il CarbonFix Standard) e dai
tools e metodologie previste dai CDM. In alternativa o congiuntamente con questa scelta gli stessi
standard (VCS, CCB, CDM, etc.) possono essere riconosciuti dallo schema compensativo. Si
delineano quindi una serie di strategie che sono riassunte in Tabella 25.
83
Tabella 25 – Strategie per l’adozione di standard di qualità degli interventi compensativi per l’EXPO 2015
Paese
Distinzione tra
piccola e
grande scala
Standard
esistenti di
riferimento b
Necessità
di creare
standard
ex novo
X
CDM, VCS
X
Azione E – “Produzioni
agricole biologiche”
X
Round Table on
Organic
Agriculture and
Climate Change
X
Azione F –
“Mantenimento di
strutture vegetali
lineari e fasce
tampone boscate”
X
CDM, VCS
X
Azione G –
“Miglioramento
ambientale del
territorio rurale”
X
CDM, VCS
X
216 Investimenti
non produttivi
Realizzazione strutture
vegetali lineari e fasce
tampone boscate
X
CDM, VCS, CFS
X
221 Imboschiment
o di terreni
agricoli
Arboricoltura da legno
a ciclo medio-lungo
X
CDM, VCS, CFS
Arboricoltura da legno
con ceduazione a
turno breve (minimo 5
anni)
X
CDM, VCS, CFS
Arboricoltura da legno
a rapido
accrescimento
X
CDM, VCS, CFS
A/R c
X
CDM, VCS, CFS
REDD+
X
VCS
IFM
X
VCS
Agroforestale
X
CDM, VCS
Tipologia progettuale ammessa
secondo il burden sharing vigente
Azione C – “Produzioni
vegetali estensive”
214 Pagamenti
agroambiental
ia
Allegato I
PK (es.
Italia)
223 Imboschiment
o di superfici
non agricole
PVS
X
Note: a) Misure ed Azioni legate al PSR 2007-2013 della Regione Lombardia; b) CDM - Clean Development Mechanisms,
VCS - Verified Carbon Standard, CFS - CarbonFix Standard, c) Afforestazione/Riforestazione (A/R), Progetti per ridurre la
deforestazione e la degradazione delle foreste (REDD+), miglioramento della gestione forestale (IFM).
84
Qualora si decida di sviluppare standard ex novo dovranno essere inclusi i seguenti requisiti minimi
di base:
1. Criteri di applicabilità:
a. definire l’area minima e massima di progetto;
b. definire la tipologia di progetto (agricoltura biologia, riforestazione, etc.);
c. definire metodologie semplificate per i progetti di piccola scala;
2. Addizionalità: dimostrare che il progetto non può essere implementato senza le entrate
economiche dovute alla vendita dei crediti di carbonio. Le metodologie dei CDM possono
essere prese come riferimento per dimostrare l’addizionalità.
3. Area di progetto:
a. Definire i confini dell’area di progetto e le infrastrutture limitrofe;
b. Definire all’interno dell’area di progetto le unità gestionali dove avranno luogo le
attività di progetto con caratteristiche gestionali e di copertura arborea/erbacea
simili.
4. Proprietà dell’area di progetto e dei crediti di carbonio:
a. I proprietari dovranno dimostrare di possedere a lungo termine l’area di progetto o
di essere in possesso a lungo termine dei permessi per l’implementazione e la
gestione delle attività di progetto;
b. Stipulazione di contratti per la cessione dei crediti di carbonio all’ente finanziatore.
5. Rispetto delle leggi: le attività nell’area di progetto dovranno ricevere l’approvazione delle
autorità locali e tutte le leggi in vigore dovranno essere rispettate.
6. Definizione della baseline: all’interno dell’ area di progetto individuare le classi d’uso del
suolo prima dell’inizio del progetto e stimato il relativo contenuto di carbonio nella
biomassa dei diversi pools di carbonio (suolo, biomassa legnosa epigea ed ipogea, etc.);
7. Impatti gestionali: dettagliare le attività gestionali e dovrà essere
dimostrato che il
progetto ha impatti positivi sull’ambiente, il sociale e l’economia dell’area.
8. Calcolo dei benefici climatici: i parametri per il calcolo dei crediti ottenibili derivano da un
approccio conservativo, ovvero si eviterà che la fissazione di CO2 ottenibile dal progetto sia
sovrastimata e che baseline, leakage e emissioni di progetto siano sottostimate. Ad ogni
modo tutti i parametri legati alla determinazione dei crediti devono derivare dalle migliori
fonti e calcoli scientifici rigorosi.
85
9. Leakage: calcolare le emissioni causate dai fenomeni di leakage legati all’attuazione del
progetto, stimando la percentuale di spostamento delle varie attività svolte nell’area di
progetto che, nonostante le misure di prevenzione, si dislocheranno in zone limitrofe;
10. Emissioni di progetto: stimare le emissioni causate dalle attività di progetto. Tale valore
andrà a ridurre l’ammontare del futuro quantitativo di carbonio fissato;
11. Permanenza: per assicurare la permanenza si possono definire delle aree buffer attraverso,
fornire documentazione che dia adeguate garanzie, per quanto concerne sulla permanenza
a lungo termine del progetto. In particolare dovrà dimostrare:
a. adeguate risorse interne (staff);
b. adeguata conoscenza del territorio;
c. adeguate capacità tecniche;
d. adeguate capacità protettive;
e. fornire i curricoli dello staff di gestione del progetto, con breve descrizione delle
mansioni assegnate a ciascuno nel corso dello svolgimento del progetto;
12. Monitoraggio e reporting: fornire report che dia la possibilità di verificare le avvenute
operazioni di monitoraggio e, di conseguenza, la permanenza del progetto stesso. In
particolare monitorare:
a. stock di carbonio;
b. rapporti con la popolazione dell’area di progetto e le popolazioni limitrofe;
c. biodiversità: il mantenimento e/o miglioramento delle condizioni di vita delle specie
animali e vegetali caratteristici della zona di progetto e degli habitat ad essi
collegati;
d. leakage: lo spostamento effettivo all’esterno dell’area di progetto, a causa del
progetto stesso, di attività impattanti; segnalare scostamenti significativi,sia in
eccesso che in difetto, rispetto alle percentuali stimate ad inizio progetto.
86
2. Attori, fasi progettuali ed infrastrutture per la creazione di un mercato
volontario delle compensazioni
Gli interventi di compensazione delle opere dell’EXPO 2015 si inseriscono nel contesto delle
compensazioni volontarie. In questo capitolo verranno illustrati gli attori e le fasi progettuali degli
interventi forestali e nel settore agrario di compensazione delle emissioni di gas-serra, con
particolare attenzione alle infrastrutture che saranno richieste per il funzionamento del mercato
delle compensazioni.
2.1 Fasi progettuali degli offset forestali
Come anticipato nel contributo precedente, i due principali mercati volontari sono il CCX e l’Overthe-Counter (OTC) che rappresentano rispettivamente il 43% ed il 54% del volume complessivo di
crediti scambiati nel mercato volontario. Mentre il CCX ha un funzionamento simile ad una
comune borsa (stock change), nell’OTC le modalità organizzative sono variabili. Ad ogni modo i
progetti realizzati nei due mercati hanno simili fasi progettuali.
L’organizzazione di un progetto di compensazione nel mercato volontario rispecchia in buona
parte il funzionamento dei CDM, come stabilito nelle procedure dell’UNFCCC. Però, mentre questi
ultimi hanno delle fasi progettuali vincolanti e standardizzate in sede internazionale, nel mercato
volontario sono i singoli standard utilizzati dai project developers a dettare le tempistiche e le
sequenze progettuali (Olander and Ebeling, 2010). Generalizzando, se si prende come riferimento
l’organizzazione di un CDM e di due dei maggiori standard del mercato volontario, il Voluntary
Carbon Standard (VCS)ed il Climate, Community and Biodiversity Standards (CCB) si possono
individuare sette principali fasi progettuali (Figura 17 e Tabella 26):
1. Ideazione;
2. Design;
3. Controllo di validità e registrazione;
4. Implementazione;
5. Monitoraggio;
6. Verifica;
87
7. Registrazione dei crediti di carbonio.
In aggiunta due principali attività hanno una estrema rilevanza durante tutta la durata del
progetto: il fundraising e la commercializzazione e vendita dei crediti di carbonio. Nello specifico
delle opere compensative dell’EXPO 2015, sia il fundraising che la commercializzazione e vendita
dei crediti non sono operazioni necessarie qualora gli interventi di compensazione ecologica siano
preventivi.
Implementazione
Ideazione
Design
5 anni
Controllo di validità e
registrazione
Monitoraggio
5 anni
5 anni
Verifica
Registrazione crediti
Fundraising
Commercializzazione e vendita crediti
Figura 17 – Fase principali dell’organizzazione di un progetto di compensazione delle emissioni di gas clima-alteranti (Fonte:
adattato da www.conservationtraining.org).
Tabella 26 - Scopi, obiettivi ed output nelle fasi progettuali di interventi forestali di compensazione del mercato volontario del
carbonio.
FASE
1
PROGETTUALE
Ideazione
progettuale
SCOPO
OBIETTIVI
OUTPUT
Valutare
Definire baseline ambientale, sociale ed
differenti
economica dell’area d’intervento
tipologie
Definire locazione e siti disponibili
d’intervento;
Definire
Produrre
studio
possibili
stakeholders
uno partnership con specialisti del settore
Descrizione del sito
Confini geografici (GPS)
e Consultazione,
lettere
di
intenti e bozze contrattuali
di Stabilire fattibilità legale (proprietà del Mappatura normativa, titoli
fattibilità tecnica terreno e dei crediti)
88
dei terreni e consulenza
FASE
1
PROGETTUALE
SCOPO
OBIETTIVI
OUTPUT
ed economica;
legale
Condividere
informazioni tra i
partner
del
nell’area di intervento
relativi scenari
Creare
documentazione
per
fundraising
il
del
modello
di
baseline delle emissioni
Prospettare le tipologie d’intervento e i Bozza
progetto;
utile
Calcolare baseline dei flussi di carbonio Bozza
del
modello
di
benefici climatici
Calcolare la fattibilità finanziaria a seconda
degli standard applicati al progetto per
aumentarne
la
credibilità
e
Bozza di modello finanziario
conseguentemente il prezzo di mercato
Stimare impatti sociali ed ambientali Valutazione impatto sociale
nell’area di progetto e all’esterno
Unire le informazioni in un documento
ed ambientale
Produzione
del
Project
Idea/Concept Note (PIN)
Definire attività di progetto
Definire standard e metodologie di calcolo
dei benefici climatici
Produrre baseline
Modello di baseline
Determinare benefici ambientali
Carbon accounting model
Definire piano di monitoraggio
Piano di monitoraggio
Selezionare attori
Project Design
Definizione del
progetto
Firmare accordi legali per l’acquisto/uso
dei terreni e per la proprietà dei crediti Firmare accordi
carbonio
Definire cash flow finanziario e modalità di
redistribuzione dei proventi
Firmare accordi
Attuare coinvolgimento degli stakeholders
Documento di Design del
Unire le informazioni in un documento
Progetto
(Project
Document – PDD)
Certificare il design Contattare
Controllo di validità
del progetto
un
ente
di
certificazione
indipendente accreditato
secondo lo standard Preparare i documenti richiesti
selezionato
Informare attori e stakeholders
89
Resoconto di Validità
Design
FASE
1
PROGETTUALE
SCOPO
OBIETTIVI
OUTPUT
Auditing in ufficio e in campo
Evitare il doppio
conteggio/vendita
Registrazione del
progetto
dei crediti e rendere Aprire
pubbliche le
un
conto
per
il
progetti
e Progetto registrato in un
registrazione in un database
registro o banca dati
informazioni base
sul progetto
Ridurre le emissioni
Implementazione
o aumentare lo
stock di carbonio
Controllare
Monitoraggio
l’esattezza delle
Implementare le attività di progetti (per
esempio:
riforestazioni,
miglioramento Piano di lavoro
pratiche agricole, ecc.)
Applicare accordi legali
Monitoraggio dei benefici climatici
Monitoraggio della baseline
stime contenute nel Monitoraggio degli impatti sociali ed
design di progetto
ambientali
Contattare
ente
di
certificazione Selezionare
accreditato
Certificare la
riduzione delle
Verifica
emissioni o
l’aumento degli
stock di carbonio
Resoconto del monitoraggio
ente
di
certificazione
Preparare documenti per dimostrare il
rispetto del design di progetto, del piano di
monitoraggio e degli impatti sociali ed
Resoconto di verifica
ambientali
Informare attori e stakeholders
Auditing in ufficio e in campo
Registrazione dei
crediti
Evitare il doppio
conteggio/vendita
Registrare crediti
dei crediti
1
Rilascio dei certificati dei
crediti
Note: Non essendo rilevanti per le compensazioni delle opere di cantierizzazione dell’EXPO 2015 sono escluse le fasi
di fundraising e commercializzazione e vendita dei crediti.
90
2.2 Attori nei progetti di compensazione
Gli attori coinvolti nelle diverse fasi progettuali differiscono in parte tra il CCX, l’OTC ed il mercato
regolamentare
(Tabella
91
27)
Tabella 27.
I proprietari fondiari possono essere di cinque tipologie (Hamilton et al., 2010b):
i) singoli privati, ii) pubblici, iii) compagnie con concessioni su foreste di produzione statale, iv)
terre con diritti di proprietà pubblica o tradizionale, v) proprietà mista. I proprietari fondiari
assumono rilevante importanza nel chiarire il contesto legale di proprietà dei crediti e nella
selezione delle tipologie compensative. Il loro ruolo nel mercato compensativo dipende dalla
capacità di interagire con le problematiche legate alla stima della fissazione del carbonio e del
monitoraggio dei benefici climatici del progetto compensativo. In questo senso è opportuno
favorire una responsabilizzazione dei proprietari ed un loro ruolo attivo nel sistema periodico di
controllo e monitoraggio dei progetti.
92
Tabella 27 - Attori di progetti forestali coinvolti nei mercati volontari dell’OTC e del CCX comparati agli attori del mercato
istituzionale.
Attori
Mercato del carbonio
OTC
CCX
Istituzionale
Proprietari fondiari
V
V
V
Organizzatori dei progetti
V
V
V
Comunità presenti nelle aree forestali
V
V
V
Consulenti e agenzie di servizi
V
V
V
Imprese forestali
V
V
V
Certificatori di parte terza
V
V
V
Broker
V
Proprietari dei Registri
V
V
V
Aggregatori di progetti e wholesalers
V
V
Retailer
V
Stakeholder esterni ed indiretti
V
V
Membri e Soci
V
V
Finanziatori
V
Compratori finali
V
V
V
V
Gli organizzatori dei progetti coordinano la produzione del PIN (Project Idea/Concept Note) e del
PDD (Project Design Document) e hanno quindi un ruolo trasversale di reperimento delle
informazioni e di coordinamento delle diverse fasi progettuali.
Le comunità presenti nelle aree forestali o nelle aree d’intervento sono direttamente interessate
dagli effetti dei progetti compensativi. Le comunità devono essere informate e coinvolte nel
design e nella gestione degli interventi sin dalle prime fase progettuali.
Il processo informativo deve inoltre riguardare anche tutti gli stakeholders indiretti ed esterni al
progetto, ossia quelle organizzazioni o privati che non sono coinvolti nelle fasi progettuali e che
possono anche non risiedere nelle aree di intervento ma che risentono comunque degli impatti dei
93
progetti. Tra gli stakeholders le imprese forestali sono impiegate nell’esecuzione e manutenzione
degli interventi nonché nelle stime dello stock di carbonio e nei piani di monitoraggio.
I consulenti e le agenzie di servizi offrono consulenza tecnica e scientifica agli organizzatori dei
progetti. La presenza di consulenti è essenziale nella stesura del PDD e nella creazione di un
credibile sistema di monitoraggio. Qualora sia richiesto il rispetto di uno standard del mercato
volontario del carbonio, il sistema di controllo e monitoraggio dovrebbe prevedere la presenza di
certificatori di parte terza di enti di certificazione accreditati che possano validare il progetto e
verificare i crediti di carbonio generati.
Nella fase di commercializzazione e vendita dei crediti di carbonio assumo un ruolo rilevante i
brokers che facilitano le transazioni di crediti senza assumerne la proprietà, gli aggregatori di
progetti e i wholesalers che raggruppano crediti di carbonio provenienti da diversi progetti di
piccola entità divenendone proprietari e rivendendo i crediti direttamente ai consumatori finali o a
i retailers. Questi ultimi nel mercato volontario solitamente vendono crediti online e dispongono
di un portafoglio di progetti.
Tutte le transazioni dei crediti sono registrate e rese disponibili per la pubblica consultazione
attraverso la creazione di registri. I proprietari dei registri richiedono solitamente un costo fisso
per credito registrato. La selezione del registro da utilizzare può essere dettato dallo standard
selezionato per i progetti. Nel caso specifico del CCX esistono inoltre i soci e membri della borsa
che forniscono progetti e fondi per l’acquisto dei crediti.
Nelle costose fasi iniziali dei progetti possono inoltre essere necessari fondi e in questo senso è
sempre più comune la presenza di finanziatori che diventano poi proprietari di una quota dei
crediti derivati dal progetto.
Infine i compratori finali permettono il ritiro ultimo dei crediti ossia il vero offset delle emissioni
attraverso l’acquisto dei crediti di carbonio non seguito dalla rivendita degli stessi.
La credibilità di un mercato delle compensazioni si costruisce attraverso la costante presenza di
infrastrutture quali standard, metodologie e procedure lungo tutti gli anelli della catena di
mercato (Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.). Esistono quindi:
94
standard per la qualità dei progetti, vengono applicati in fase progettuale e servono ad
assicurare la permanenza ed addizionalità dei progetti;
programmi di certificazione dei brokers e retailers, servono a garantire la qualità e la
serietà degli intermediari;
registri e database, servono a rintracciare i crediti di carbonio generati dai progetti di
compensazione, a registrare i crediti per tipo di progetto, quantità e durata del credito,
dati della proprietà, piano di monitoraggio. I registri permettono inoltre di ritirare e
cancellare dal mercato le quote di carbonio vendute;
protocolli per il calcolo delle emissioni, come anticipato al capitolo primo consentono la
stima accurata delle emissioni.
Una fase importante della creazione di un mercato compensativo e stabilire il prezzo dei crediti di
carbonio. Il prezzo dipende da numerosi fattori,in primis:
dimensioni del progetto;
costi di transazione coinvolti nel modello di organizzazione del mercato;
tipo di standard utilizzato nella verifica/certificazione;
struttura contrattuale di acquisto dei crediti.
La dimensione del progetto è senza ombra di dubbio il fattore che più determina il prezzo dei
crediti di carbonio. La complessità e le infrastrutture richieste da ciascun modello di mercato
determinano in buona parte i costi di transazione. Secondo Hamilton et al. (2009), il ricorso ai
broker e retailer solitamente comporta dei rincari nei costi di transazione e conseguentemente
prezzi maggiori dei crediti di carbonio (4,5-6,8 €/tCO2eq) rispetto alla vendita diretta da parte degli
organizzatori dei progetti (3,8 €/tCO2eq).
Il prezzo medio dei progetti forestali nel mercato volontario (transazioni Over the Counter – OTC) è
attualmente di 6,4 €/tCO2eq (Hamilton et al., 2010b).
I prezzi di mercato dei crediti derivanti dall’uso di uno standard interno sono inferiori (0,9
€/tCO2eq) rispetto ai prezzi generati dall’uso di standard di parte terza (ad esempio VCS e CCB
rispettivamente 3,5 e 4,3€/tCO2eq).
95
Figura 18 – Operatori e strumenti nel mercato volontario dei crediti di carbonio
96
3. Modelli per il mercato delle compensazioni
Una volta chiarite quali siano in linea generale le fasi progettuali e gli attori degli interventi
compensativi forestali nel mercato volontario del carbonio, è utile avere una prospettiva dei
modelli di organizzazione del mercato del carbonio attualmente in uso o di possibile sviluppo.
I modelli dei mercati delle compensazioni volontarie, proprio per il loro carattere di volontarietà e
l’assenza di schemi ed accordi internazionali che ne legiferano lo sviluppo, possono differire
notevolmente in termini di target ambientale, ruolo dei Governi nazionali e del settore privato,
complessità
di
implementazione,
infrastrutture
di
mercato
richieste,
fornitore
delle
compensazioni, efficacia ecologica e trasparenza (Madsen et al., 2010).
Per quanto riguarda il target ambientale, l’analisi si limiterà a prendere in considerazione quei
modelli di mercato compensativo funzionali all’aumento degli stock di carbonio o alla riduzione
delle emissioni di gas-serra, escludendo quindi quei modelli di compensazione ristretti alla
preservazione della biodiversità e delle risorse idriche.
Ulteriore elemento di distinzione è il diverso ruolo dei Governi e del settore privato nella
creazione, gestione e monitoraggio dei mercati compensativi. Nella borsa del CCX il ruolo
preponderante per esempio, sia in termini di finanziamento che progettualità, è svolto da
organizzazioni private e la pubblica amministrazione può al massimo associarsi e condividere gli
obiettivi di riduzione e compensazione delle emissioni17. Invece in programmi volontari governativi
di offset come il Japan’s Keidanren Voluntary Action Plan on the Environment18, il US EPA Climate
Leaders19, il Canadian GHG Clean Start Registry20 e l’ Australia’s Greenhouse Challenge Plus i
Governi forniscono consulenza tecnica, progettuale, di reporting e verifica.
Per quanto riguarda la complessità di implementazione, questa è per lo più determinata dal
numero di attori coinvolti nelle transazioni, dal livello di controllo istituito, dalla trasparenza
richiesta dagli acquirenti e dalla scala di implementazione (internazionale, nazionale, regionale o
locale).
Collegata alla complessità organizzativa è l’infrastruttura di mercato richiesta come la
regolamentazione, i registri per monitorare le transazioni dei crediti ed il loro ritiro a progetti
ultimati e la gestione dei fondi.
17
www.chicagoclimatex.com
www.keidanren.or.jp/
19
www.epa.gov/stateply/
20
http://www.ghgregistries.ca/cleanstart/steps_e.cfm
18
97
Per quanto riguarda i fornitori delle compensazioni, questi possono essere privati o istituzioni
pubbliche attraverso proprietà in loro possesso o attraverso procedure di esproprio.
L’efficacia ambientale delle compensazioni è data innanzitutto dal rispetto del processo
gerarchico di compensazione ecologica preventiva (Figura 6) e dipende dalle modalità e fondi
disponibili per un reale controllo della corretta applicazione dello schema di mercato. La
trasparenza infine è dettata per esempio dalla presenza di protocolli che prevedano la
consultazione e partecipazione degli stakeholders locali nelle fasi di selezione delle aree e delle
tipologie d’intervento, dalla presenza di sistemi di certificazione indipendente ed accreditata (per
esempio dall’autorità pubblica o da organizzazioni non governative) e dalla presenza di registri che
permettano di evitare il double-selling e forniscano le informazioni di pubblica utilità sugli
interventi eseguiti.
Mentre nelle transazioni OTC non si possono definire precisi modelli di organizzazione del
mercato, nel CCX il modello utilizzato è quello dello stock change (Hamilton et al., 2010a). Il CCX è
un sistema cap-and-trade dove i membri (per lo più imprese) su base volontaria concordano un
target di riduzione delle missioni che devono rispettare poi obbligatoriamente con possibilità di
usare gli offset fino al 50% del target (Hamilton et al., 2010).
L’unità di scambio nel CCX è il Carbon Financial Instrument (CFI), che rappresenta 100 tCO2eq. Sia i
compratori che i fornitori di CFI devono essere soci del CCX. Il CCX non dispone di un registro
esterno indipendente dei crediti, elemento che ha spesso messo in discussione la trasparenza del
modello (Lopes, 2009).
Il CCX per la sua natura puramente privata, la scarsa trasparenza e la prassi associativa non è
applicabile al contesto della Lombardia. In alternativa al CCX Madsen et al. (2010) suggeriscono tre
modelli organizzativi dei mercati compensativi:
-
il One-Off Offset,
-
il Compensation Fund e
98
-
il Compensation Banking21 solitamente applicato ai mercati di compensazione della
biodiversità.
Per le iniziative di compensazione dell’EXPO 2015 è possibile fare riferimento ad uno di questi tre
modelli nella prospettiva di individuare la migliore forma organizzativa di un mercato volontario
del carbonio.
Il One-Off Offset è conosciuto negli Stati Uniti come permittee22 responsible mitigation e si basa
sul do-it-yourself per il quale l’organizzazione responsabile delle emissioni si incarica direttamente
o delega ad altro ente di sua scelta l’onere della compensazione.
Il Compensation Fund è un meccanismo di parte terza che raccoglie fondi dall’organizzazione
responsabile delle emissioni e li investe direttamente (per esempio attraverso una riforestazione)
o indirettamente (per esempio finanziando ricerche nel settore dell’efficienza energetica) per
compensare le emissioni. Il Fund è solitamente gestito da agenzie governative, in alcuni casi da
organizzazioni non governative.
Il Compensation Banking (meglio noto come Mitigation Banking) consiste in una o più
organizzazioni che dispongo di una banca progetti dove il quantitativo di carbonio viene
aumentato, ripristinato o preservato con lo scopo di compensare gli impatti di altri progetti. La
Compensation banking solitamente sviluppa preventivamente i progetti per poi vendere i crediti di
carbonio alle organizzazioni responsabili delle emissioni. Con il pagamento la Compensation
banking diviene responsabile per l’attuazione delle opere compensative e del loro mantenimento.
Diverse banche possono essere raggruppate all’interno di una umbrella bank, nel presupposto che
ognuna riceva un accreditamento dagli enti competenti (per esempio una agenzia governativa).
In Tabella 28 i tre modelli di mercato sono messi a confronto rispetto alle caratteristiche
sopracitate.
21
Originalmente negli stati uniti questo modello organizzativo è noto come Mitigation Banking. Per coerenza
sintattica con il principio di compensazione ecologica, in questo report verrà utilizzato il termine Compensation
Banking.
22
“Permittee” è definito come l’entità (per esempio il proprietario del progetto) che richiede un permesso di produrre
un impatto in termini per esempio di emissioni.
99
Tabella 28 - Caratteristiche dei modelli di mercato per le compensazioni delle emissioni di gas serra.
Caratteristiche
Ruolo dei Governi e del
settore privato
One-Off Offset
Compensation fund
Compensation Banking
Privato preponderante
Bilanciato
Bilanciato
Complessità di
implementazione
Media
Bassa
Alta
Infrastruttura di
mercato richiesta
Medio-alta
Minima
Alta
Responsabile delle
emissioni
Agenzia governativa o
ONG
Agenzia governativa o
ONG
Dipende dal design del
sistema di controllo
Dipende dal design del
sistema di controllo
Dipende dal design del
sistema di controllo
Bassa
Moderata
Alta
Fornitori delle
compensazioni
Efficacia ecologica
Trasparenza
Fonte: adattato da Madsen et al.(2010).
Un ulteriore modello di mercato a cui fare riferimento, nonostante rientri nel settore istituzionale,
è l’Emission Trading Scheme della Nuova Zelanda (NZ ETS), il primo tra i Paesi dell’Allegato 1 del PK
a istituire un meccanismo per la proprietà privata dei crediti di carbonio generati dalle foreste
(Chenost et al., 2010).
Come riportato da Alisciani e Carbone (2010), il Governo neozelandese distingue tra le foreste
post-1990 e quelle pre-1990. I proprietari delle prime possono aderire su base volontaria al NZ
ETS, diventano proprietari dei crediti corrispondenti allo stoccaggio effettuato dall’1.1.2008 (anno
del lancio del NZ ETS). I proprietari dovranno restituire al Governo i crediti assegnati qualora venga
meno l’assorbimento (per esempio a causa di incendi od utilizzazioni). Il controllo sull’effettivo
stoccaggio viene eseguito nel 2012, fine del primo periodo del PK, ad opera di un ente certificatore
indipendente. Ai proprietari delle foreste con specie esotiche pre-1990 (le foreste native pre-1990
sono escluse dal NZ ETS) il Governo invece distribuisce crediti in base alla superficie, all’epoca di
acquisto e all’età. Tali crediti dovranno essere restituiti al Governo in caso di deforestazione ad
esclusione di alcune eccezioni.
Parallelamente al NZ ETS il Governo neozelandese promuove la Permanent Forest Sink Initiative
(PFSI) per le riforestazioni post-1990. Il PFSI prevede un impegno di permanenza minimo di 50 anni
e restrizioni al taglio per i primi 99 anni (Hamilton et al., 2010).I proprietari ricevono crediti validi
100
per la rendicontazione del PK con modalità simili al NZ ETS.Il Ministero per lo sviluppo Economico
neozelandese utilizza il New Zealand Emission Unit Registry (NZEUR) per monitorare i flussi di
crediti attraverso la raccolta di informazioni quali i nominativi dei proprietari dei crediti e le
relative quantità possedute, i trasferimenti di crediti e i crediti restituiti al Governo.
3.1 Carbon Compensation Banking per la Regione Lombardia
Il meccanismo proposto in questo per la gestione delle compensazioni delle opere dell’EXPO 2015
è quello della Compensation Banking. Sulla base di quanto riportato in precedenza e
dall’esperienza negli Stati Uniti23 la scelta della Compensation Banking è motivata dal fatto che:
garantisce il carattere preventivo degli interventi;
è il modello che risulta avere la più alta trasparenza (Tabella 3);
prevede l’intervento delle agenzie governative e quindi si presenta come compatibile con
gli interventi di compensazione ecologica preventiva previsti dalla Valutazione Ambientale
Strategica (VAS) e dai Piano di Governo del Territorio (PGT);
lo strumento è gestito da un unico ente che può quindi, caso per caso e con flessibilità,
investire in particelle singole di grande estensione o piccole e contigue;
è uno strumento innovativo nel mercato volontario delle compensazioni delle emissioni
clima-alteranti;
permette lo scale up in termine di know how scientifico e tecnico facilitando quindi la
massimizzazione dell’efficienza dell’uso delle risorse disponibili e garantendo una gestione
adeguata degli interventi a lungo termine.
Nel definire il funzionamento della Compensation Banking Lombarda si dovranno prendere in
considerazione tutti i seguenti aspetti, già delineati all’interno di questo documento:
1. Priorità dell’approccio ERMC (Evitare Ridurre Mitigare Compensare);
2. Assicurarsi il rispetto delle buone pratiche in fase di carbon accounting (inventariazione
delle emissioni);
3. Assicurarsi il rispetto delle buone pratiche in fase di realizzazione degli interventi
compensativi quali addizionalità, permanenza, assenza del double counting e del leakage,
23
http://www.epa.gov/wetlands/guidance/mitbankn.html
101
equa ripartizione dei benefici degli interventi compensativi ed assenza di privilegi per
interventi di grande scala;
4. Distinguere le regole per la realizzazione degli interventi in Paesi dell’Allegato I dai PVS;
5. Coordinare il finanziamento degli interventi compensativi con le politiche agro-forestali e di
pianificazione territoriale esistenti
6. Ridurre i costi di transazione;
7. Definire il sistema di governance.
Per quanto riguarda interventi su scala nazionale, particolare attenzione deve essere posta
nell’identificazione degli interventi ammissibili e delle modalità di coordinamento tra le politiche
del settori agrario e forestale. Per quanto riguarda gli interventi ammissibili si profilano due
opzioni:
OPZIONE 1, prevede il mantenimento dello status quo anche nel periodo Post-Kyoto (post2012), ossia la gestione statale centralizzata dei crediti derivanti dagli art. 3.3 e 3.4 del PK.
Conseguentemente, come più volte evidenziato in questo report, dovranno essere esclusi
dal finanziamento quegli interventi che possano generare double counting e quegli
interventi che manchino del carattere di addizionalità. Sul territorio nazionale si potrà
operare solo tramite le attività 3.4 del PK non opzionate: quelle agricole e la
revegetation24;
OPZIONE 2, il problema del double counting potrebbe viene meno qualora in sede
nazionale la Regione Lombardia ottenga il consenso per una gestione decentralizzata della
rendicontazione del PK (art. 3.3 e 3.4).
24
In questo senso un modello utilizzabile potrebbe essere il trade and floor (Povellato, 2010). Ad ogni azienda agricola
rientrante nelle aree segnalate dal PGT come prioritarie per la creazione della RER verrebbe assegnato un quantitativo
minimo di stoccaggio di carbonio. Come nell’European Union Emission Trading Scheme (EU-ETS), qualora tale
quantitativo minimo venga superato si generano dei crediti vendibili alle aziende che sono scese al di sotto della soglia
di carbon stock. Il trade and floor prevede che le aziende agricole mantengano delle aree a priorità ecologica (APE)
come siepi, boschetti, ecc.
102
Il tema della definizione di un sistema di burden sharing nella gestione dei crediti da attività
forestali è quindi di centrale importanza e propedeutico alla definizione di una iniziativa di
Compensation Banking,
Ulteriore problematicità è la permanenza dei crediti. Da questo punto di vista la creazione di una
iniziativa di Compensation Banking potrebbe essere favorevole. Piuttosto che ricercare la
permanenza dello stoccaggio delle emissioni a livello di singola Unità Tecnico Economica (UTE), la
Compensation Banking potrebbe coordinare gli interventi assicurandosi una permanenza a livello
regionale o addirittura comunale degli interventi.
Qualora le compensazioni su suolo regionale e nazionale non siano sufficienti o il loro prezzo sia
troppo elevato, è plausibile pensare a compensazioni nel settore forestale ed agricolo a livello
internazionale. Chiaramente queste iniziative dovranno attuarsi nei Paesi al di fuori dell’Allegato 1.
Questa opzione richiederebbe maggiori risorse per il sistema di controllo e monitoraggio degli
interventi nonché l’adozione o la formulazione di standards del mercato volontario del carbonio
per i paesi in via di sviluppo. Un esempio in questo senso è la Provincia Autonoma di Trento, che
nel 2009 ha avviato interventi di compensazione di parte delle proprie emissioni attraverso
progetti in Paesi in via di Sviluppo appoggiandosi alle realtà trentine degli organismi volontari di
cooperazione allo sviluppo (Giunta Provinciale della Provincia Autonoma di Trento, 2008).
Per quanto riguarda i modelli organizzativi dei mercati compensativi in paesi in via di sviluppo le
opzioni analizzate per la realizzazione dell’ investimento sono tre:
il modello a gestione diretta, che prevede l’appoggio delle realtà degli organismi volontari
di cooperazione allo sviluppo;
un modello basato sull’appoggio ad un carbon broker o retailers, ossia agenzie di servizio
che propongono una serie di investimenti compensativi, mettendo in relazione le
organizzazioni che offrono progetti e quelle che intendono acquistarne i benefici da questi
derivanti. In questo caso andrebbe individuata una agenzia di servizio, preferibilmente tra
quelle operanti in Italia, con la quale instaurare un rapporto basato sul miglioramento delle
credenziali degli investimenti attraverso la produzione di standard ad hoc per la
microprogettualità nel comparto agro-forestale. Tale approccio è il più semplice in termini
organizzativi;
un modello basato sull’affidamento ad un ente esterno attuatore (una agenzia regionale,
una struttura associata tra un ente di ricerca e un organismo operativo, …) a cui viene
103
delegata la responsabilità del reperimento dei siti e dei partners di progetto. L’organismo
delegato fornisce in questo agli organizzatori del progetto il know how necessario al
corretto sviluppo dello stesso attraverso la produzione di standard e linee-guida ad hoc per
la microprogettualità nel comparto agro-forestale.
Madsen et al. (2010) analizzano i modelli di compensazione ecologica in termini di target
ecologico, ruolo dei settori pubblico e privato, complessità di implementazione, infrastrutture di
mercato richieste, fornitore delle compensazioni, efficacia ecologica e trasparenza. Tale analisi è
stata applicata ai tre modelli organizzativi proposti (Tabella 29).
Tabella 29 - Caratteristiche dei tre modelli di mercato per le compensazioni delle emissioni di gas serra prospettati
Modello
Gestione diretta
Modello
brokers& retailers
Modello
Organismo attuatore
esterno
Ruolo dei settori
pubblico e privato
pubblico preponderante
privato preponderante
bilanciato
Complessità di
implementazione
alta
bassa
media
Infrastruttura di mercato
richiesta
massima
minima
media
ONG
(organismo non
governativo)
Carbonbroker/retailer
Dipende dall’ente
selezionato
Caratteristiche
Fornitori delle
Compensazioni
Efficacia ecologica
Trasparenza
Dipende dalla formazione
dell’ONG e dal design del
sistema di controllo
Media, dipende dalle
richieste dello standard
Dipende dal design del
sistema di controllo del
broker/retailer.
Generalmente bassa.
Variabile a seconda dello
standard utilizzato
dall’organizzatore del
progetto
Fonte: adattato da Madsen et al.(2010)
104
Dipende dal design del
sistema di controllo
instaurato
Media, dipende dalle
richieste dello standard
In Figura 19 è esemplificato il funzionamento della Compensation Banking Lombarda. Sull’esempio
delle Compensation Banking nordamericane (Mercer et al., 2011; Burke, 2010; ), i singoli
proprietari interessati a proporre progetti compensativi dovranno compilare una richiesta di
partecipazione alla Compensation Banking. Se la domanda viene accettata il proprietario dovrà
sviluppare un PDD al quale seguirà una fase contrattuale e un auditing condotto da professionisti
di parte terza, riconosciuti dall’ente gestore della Compensation Banking ma indipendenti dallo
stesso. Gli auditor, come accade nei schemi di certificazione forestale25 fanno riferimento a enti di
certificazione accreditati per gli standard sviluppati ad hoc o esistenti. Il progetto dovrà essere
validato e poi registrato per evitare fenomeni di doppio conteggio. A tal proposito la
Compensation Banking potrà far ricorso ad uni dei registri disponibili nel mercato (Forest Trends,
2011) o sviluppare un registro pubblico ad hoc. Il contratto tra il proprietario e la Compensation
Banking dovrà essere sviluppato secondo le più recenti linee-guida (Hawkins et al., 2010). Le
forme contrattuali più diffuse prendono il nome di emissions reduction purchase agreement
(ERPA). I benefici climatici dei progetti di compensazione dovranno essere periodicamente
monitorati e verificati (ogni 3-5 anni).
La Compensation Banking sarà attraverso un portale di acquisto il punto di acceso al mercato per i
singoli progetti. I prezzi dei crediti generate dai singoli progetti potranno variare all’interno di
specifici range per tipologia e locazione del progetto.
25
Per esempio il Forest Stewardship Council.
105
Figura 19 - Esemplificazione del funzionamento della Compensation Banking Lombarda.
106
Una nota particolare merita la questione legata ai costi transazione. Una Compensation Banking è
uno strumento complesso che richiede una infrastruttura di mercato complessa. I costi di
transazione (es. negoziazione, certificazione e registro dei crediti) dovranno quindi essere ridotti al
minimo attraverso l’applicazione di strumenti e pratiche innovative (Tabella 30).
Tabella 30 – Strategie per la riduzione dei costi di transazione
Innovazione
Attività
Esempi
Creano un portfolio di progetti
comperando crediti all’interno di
una medesima area geografica o
specializzandosi in alcune tipologie
progettuali
CCX
Utilizzo di standard e protocolli
esistenti
Set di linee-guida per la misura,
monitoraggio e certificazione dei
benefici climatici e delle emissioni
VCS e CFS
Integrazione con le politiche e le
istituzioni esistenti (es. PSR)
Preferire tipologie progettuali cofinanziate da politiche esistenti che
possano valorizzare la molteplicità
dei servizi generati
Lo schema Australiano nel New
South Wales
Creare
meccanismi
condivisione dei costi
Agenzie
specializzate
possono
coordinare il reperimento di fondi
da
agenzie
europee,
ONG
internazionali, compagnie private,
etc.
Coltivazioni di riso australiani che
ottengono un price premium per le
pratiche “green”
Utilizzazione del Tier 1 IPCCC
Ridurre il costo dei dati
Utilizzare database disponibili e
utilizzare stime conservative degli
effetti compensativi
Definizione
di
standard
e
metodologie per i micro progetti
Ridurre gli oneri per l’ottenimento
della certificazione
CDM, FSC e CARBOMICRO (Regione
Veneto)
Aggregatori
per
la
Fonte: Forest Trends (2008)
107
Cauca Valley Water Association
(Colombia)
Bibliografia
Anfodillo, T, Pilli, R, Carrer, M, Carraro, V, Rossi, S (2006) STIMA DELLA BIOMASSA
FORESTALE: LE NUOVE POTENZIALITÀ DELLE RELAZIONI ALLOMETRICHE In: Pilli R., Anfodillo
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Glossario e abbreviazioni
A/R: Afforestation Reforestation.
APE: Area a Priorità Ecologica.
BIAS: è un errore sistematico del metodo di osservazione, il cui valore, in molti casi non è noto.
BEF (Biomass Expansion Factor - fattore di espansione della biomassa): fattore adimensionale
utilizzato per la conversione del volume della provvigione in volume di biomassa epigea.
Biomassa epigea: biomassa della componente arborea del soprassuolo, comprensiva di corteccia,
massa fogliare e blastometrica [m3 ha-1].
Biomassa ipogea: biomassa viva del suolo [m3 ha-1].
Carbon sink: “pozzo di carbonio”, cioè superficie forestale che assorbe CO2 atmosferica (fissandola
nelle molecole organiche della biomassa legnosa).
Carbon stock: stock di carbonio, cioè lo stock di carbonio immobilizzato nelle molecole organiche
(è funzione diretta dello stock di biomassa, la provvigione).
CCBA: Climate, Community and Biodiversity Standards.
CCX: Chicago Climate Exchange.
CDM: Clean Development Mechanism.
CFIs: Carbon Financial Instruments.
CFS: Carbon Fix Standard.
CO2eq: Anidride Carbonica equivalente.
Comparto “Croplands” (Aree agricole): include tutte le terre arate e seminate, i sistemi agroforestali dove la copertura vegetale scende sotto il soglia utilizzata per la categoria di terreni
boschivi, in coerenza con la scelta delle definizioni nazionali.
Comparto “Forest Lands” (Foresta): include tutte le terre occupate da boschi e foreste, così come
individuate sulla base delle definizioni nazionali (normalmente coerenti con le definizioni
scaturite dalla Conferenza di Marrakesh – Cop 7).
Comparto “Grasslands” (Praterie): include aree di pascolo non considerate come aree agricole ed
i sistemi con vegetazione arborea limitata.
113
Comparto “Other Lands”: include il suolo nudo, rocce, ghiaccio e le aree non gestite che non
ricadono nelle alter categorie di uso del suolo.
Comparto “Settlements” (Insediamenti e comparto urbano): include tutte le terre antropizzate,
comprese le infrastrutture per il trasporto e ogni insediamento umano.
Comparto “Wetlands” (Terre umide): include tutte le terre coperte o saturate dall’acqua in forma
permanente o per una parte dell’anno, che non ricadono già negli altri comparti.
CSC: Carbon Stock Change, variazione nello stock di carbonio in un determinato comparto indicato
dalle linee guida, in conseguenza ad accumuli e perdite.
DETR: Department of the Environment, Transport and the Regions.
DMEF (Dead Mass Expansion Factor – fattore di espansione della necromassa): fattore
adimensionale utilizzato per la conversione del volume della provvigione in volume di
necromassa.
ERMC: Evitare, Ridurre, Mitigare, Compensare.
ERPA: Emissions reduction purchase agreement.
EU-ETS: European Union Emission Trading Scheme.
FSC: Forest Stewardship Council.
GHGs: Greenhouse Gases, gas-serra.
GWP: Global Warming Potential.
IEA: International Energy Agency.
IFM: Improved Forest Management.
Incremento corrente: incremento della biomassa relativo all’ultimo anno *m3 ha-1].
Inventario Forestale Nazionale (1985): è il primo inventario forestale nazionale, realizzato nel
1985 dal ministero dell’Agricoltura e delle foreste (con progettazione, direzione tecnica e
responsabilità scientifica dell’Istituto sperimentale per l’assestamento forestale e per
l’alpicoltura - ISAFA).
Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio (CFS, 2004): secondo ed
ultimo inventario del patrimonio forestale italiano. Tra i suoi obiettivi figura anche la
valutazione delle immobilizzazioni di carbonio presenti nelle foreste, finalizzata a
circostanziare parte degli impegni sottoscritti dal nostro Paese nell'ambito del Protocollo di
Kyoto.
114
IPCC: Intergovernmental Panel on Climate Change, organo tecnico dell’UNFCCC (United Nations
Framework Convention on Climate Change).
LULUCF: acronimo di “Land Use, Land Use Change and Forestry”, è uno dei sei settori
dell’Inventario nazionale delle emissioni ed assorbimenti di gas serra nell’ambito delle
attività di monitoraggio circa i flussi di questi gas richieste dall’UNFCCC. Per la
quantificazione degli assorbimenti di carbonio di terreni naturali, l’IPCC ha realizzato delle
linee guida nel 2003, leggermente modificata nel 2006 da successive linee guida (ancora in
fase di approvazione).
Modelli LUE (Light Use Efficiency): modelli utilizzati per la stima della NPP da dati satellitari
(telerilevati).
Modello For-Est: modello utilizzato a livello nazionale per la stima dell’evoluzione dello stock di
biomassa delle foreste nazionali, ai fini della registrazione degli assorbimenti forestali
nazionali (da registrare annualmente nel NIR – National Inventory Report).
Necromassa: legno morto a terra [m3 ha-1].
NIR: National Inventory Report, inventario delle emissioni ed assorbimenti nazionali, per la
rendicontazione all’UNFCCC dei flussi di gas serra.
NPP: Net Primary Productivity, corrisponde all’accrescimento netto della biomassa vegetale (quale
Gross Primary Production - respirazione). E’ altresì definita come il flusso netto di carbonio
dall’atmosfera alle piante verdi per unità di tempo.
NZETS: New Zealand Emission Trading Scheme.
NZEUR: New Zealand Emission Units Registry.
PEFC: Programme for Endorsement of Forest Certification schemes.
Provvigione (growing stock): massa legnosa di un popolamento espressa in metri cubi (volume del
legname in piedi). E’ lo stock di biomassa forestale. [m3 ha-1].
Rapporto root/shoot (R o BEF2): rapporto adimensionale di biomassa fusto/radici. E’ il fattore
adimensionale utilizzato per la conversione del volume della provvigione in volume di
biomassa ipogea.
REDD+: Reduced Emissions from Deforestation, forest Degradation, conservation, sustainable
management of forests, and enhancement of forest carbon stocks in developing countries.
Relazioni alsometriche: relazioni di accrescimento legnoso (riferite ai parametri di crescita di un
popolamento arboreo).
115
Relazioni auxometriche: relazioni di accrescimento legnoso (riferite ai parametri di crescita di
singolo individuo).
Tavole alsometriche: tabelle contenenti una serie di informazioni tra cui il volume della massa
legnosa per ettaro di una data specie forestale, e l'incremento corrente e medio alle varie
età, per singole classi di produttività.
Tecnica bootstrap: è una tecnica statistica di ricampionamento per approssimare la distribuzione
campionaria di una statistica. Permette perciò, di approssimare media e varianza di uno
stimatore e costruire intervalli di confidenza quando non si conosce la distribuzione della
statistica di interesse.
Tier method: metodo a livelli. Le linee guida dell’IPCC identificano diversi livelli metodologici per il
calcolo del CSC, sulla base del livello di adattamento nazionale. A partire dal tier method 1,
corrispondente alla metodologia standard presente nelle linee guida ed utilizzata con i dati
standard qui presenti, si passa al tier method 2, costituito dalla metodologia 1 a cui sono
applicati specifici dati nazionali, al tier method 3 che è –invece- una specifica ed originale
metodologia nazionale “tailored to address national circumstances”.
UNEP: United Nations Environmental Programme.
UNFCCC: United Nation Framework Convention on Climate Change.
VCS: Verified Carbon Standard.
WBD: Wood Basal Density, densità basale del legno, rapporto adimensionale tra peso secco - in
tonnellate - e volume fresco in metri cubi.
116