Terremoto di anime. di Laura Cavalli
Transcript
Terremoto di anime. di Laura Cavalli
Pianto di un neonato, la sua salvezza TERREMOTO DI ANIME New York in ginocchio davanti all’inesorabilità della natura Immagino di essere un reporter mandato a New York dopo il terremoto avvenuto nel novembre 2012. Macerie, macerie ovunque. Polvere, distruzione, resti di un’inesorabile forza sovrumana che prende tutto ciò che le capita davanti senza distinzioni. Ammassi di case distrutte, ammassi di rovine, ammassi di corpi inermi, ammassi di vite stroncate e gettate come rifiuti su una strada pericolante. Questo è ciò che rimane di un’irrazionale distruzione. Vi è mai capitato di domandarvi quale sia lo scopo della vostra esistenza? Vi siete mai fermati un attimo, soli con voi stessi, a chiedervi quale sia la ragione del vostro vivere o, anzi, se ne esiste una? O se siete solo stati gettati in un mondo che, forse, neanche vi desiderava o aveva bisogno di voi? E per di più, senza che voi lo aveste richiesto o desiderato. O, ancora, vi siete mai interrogati sul senso che volete dare alla vostra esistenza, se ve ne siete prefissato uno? Forse, invece, quello che succede è considerare l’umanità una bellissima opera d’arte di cui altro non ci sentiamo se non un impercettibile punto vuoto. Indefinibilmente piccolo, senza aspetto, privo di un fine, omologato a miliardi di tanti altri punti identici. Allora se vi è mai capitato di mettere pausa alla frenesia della vita che ci scivola tra le mani come granelli di sabbia senza che ce ne accorgiamo, sorge spontaneo il dubbio sul valore dell’uomo nella propria famiglia, nella società, nel mondo. L’ironia del destino vuole che un bambino appena nato pianga un pianto straziante, iniziando la sua esistenza a fatica, con sforzo. La concezione meccanicistica dei due grandi letterati Leopardi e Lucrezio, supportata dalla filosofia epicurea, ci trasmette un estremo pessimismo che considera l’uomo un insignificante ingranaggio utile esclusivamente per la continuazione dell’esistenza della specie vivente. Consolato dai genitori della primissima sventura che gli è capitata, il neonato di accinge ad entrare a far parte dell’ignoto mondo a causa di un’ineluttabile decisione del destino. Mi curvo su un corpo di un bambino inanimato, la pelle è gelida, il viso pallido. E’ la natura una tempesta di distruzioni, una nube scura che passa lasciando dietro di è nient’altro che una scia di macerie? Mi guardo intorno, mi rendo conto di come una delle più importanti metropoli a livello mondiale sia stata ridotta a un cumulo di polvere, di residui, senza alcun preavviso, senza alcuna via di scampo, come una insignificante e minuscola creatura in un angolo di fronte a un gigante. Inerme, disarmata, priva di ogni tipo di fuga, l’unica cosa che resta da fare è accasciarsi a terra, inerme e indifesa, e aspettare che il momento di terrore passi. Quest’immagine mi porta alla mente il famoso dipinto ‘Tempesta’ di Turner. Una piccola barca, insignificante di fronte alla potenza di un mare in tempesta, un vortice di nubi dove essa sembra essere risucchiata, inerme, disarmata, priva di ogni tipo di fuga. L’artista ferma con il pennello sulla tela il momento in cui la tempesta sta per scatenarsi e ci induce a pensare al terrore visibile negli occhi dei marinai presenti sulla barca intenti a chiedersi cosa ne sarà di loro se la tempesta li travolgerà. Il dissidio tra speranza e disperazione. Ma dopo essere stati colpiti da una catastrofe, come si reagisce? Come ci si scrolla di dosso tutta questa distruzione e disperazione, come fango che fa fatica a staccarsi? Come si riesce a risollevarsi ammaccati, ma non distrutti? Come il dipinto ‘la zattera della Medusa’ che ci mostra due gruppi contrapposti di uomini, due immaginarie piramidi umane, una composta da uomini che si abbandonano al proprio destino, nudi e privi di forze; altri invece che scorgendo all’orizzonte una piccola speranza rappresentata da una nave, chiedono aiuto sventolando in cielo una bandiera bianca e rossa. Continuavo a camminare con gli occhi sbarrati per un simile devastante orrore quando un pianto di un neonato richiama i miei pensieri. Provo a seguire questo lamento facendomi strada tra cumuli di uomini sotterrati da quel che rimane di una città distrutta. Finché non trovo il luogo dove quest’anima innocente si trova: una donna, accovacciata su sé stessa, è rannicchiata in modo da proteggere, per quanto possibile, un piccolo neonato. La donna è ormai priva di vita, ma il cuore del bambino ancora pulsa. Questa è la dimostrazione della potenza di Dio, del più vero e reale valore della vita, della più autentica e insita preziosità del semplice vivere, e non sopravvivere. L’uomo è libero, libero di prendere qualsiasi decisione, di dire si o no, di fare il bene o il male, libero perché gli sono state messe nelle mani una grande forza e sapienza. Ma fino a che punto egli le ha sfruttate e utilizzate al meglio? , Siamo a contatto quotidianamente con una natura stremata, portata all’esasperazione, una scienza che fa un passo avanti nel campo tecnologico e due indietro a livello umano. Basti pensare alla bomba atomica, quanti topi inventerebbero una trappola per topi?! Siamo annebbiati, quasi accecati, da quella che ormai può essere definita la foga di volere sempre di più, di puntare sempre più in alto, e non per genuine aspirazioni, ma per l‘incapacità di apprezzare ciò che si raggiunge. Il punto è che questo si fa non tenendo conto delle conseguenze che tali azioni possono provocare. Allora a questo punto la domanda da porsi è un’altra: è davvero la natura nemica dell’uomo al punto da volere il suo male e provocare tali tragedie o è la sua solo una reazione ai continui abusi ricevuti dall’uomo? Malloch ci propone un’identificazione nella natura attraverso delle bellissime metafore. ‘Se non potete essere una via maestra, siate un sentiero; se non potete essere il Sole, siate una stella’. Un’esortazione a non arrendersi quando ci rendiamo conto di non riuscire a raggiungere qualcosa, ma di continuare a perseverare riuscendo ad essere ‘il meglio di qualsiasi cosa siamo’. Allora io vorrei dirvi adesso, che forse quel quadro, senza quel punto in cui tanto vi ritrovate, non sarebbe più lo stesso. E che quel pianto del bambino appena nato potrebbe rivelarsi il suono più bello che mai vi ricapiterà di sentire e che se ancora non avete trovato il più intrinseco e vero scopo della vostra esistenza, scoprirete che, forse, era proprio salvare la vita di quel corpo minuscolo e impotente che vi regalerà il sorriso più luminoso che vedrete.